(deutsch / italiano)

"Srebrenica" / 1: In Svizzera condanna per reato di opinione

1) Donatello Poggi sulla procedura penale avviata nei suoi confronti per “discriminazione razziale” per avere espresso una visione non omologata sui fatti di "Srebrenica" (6 giugno 2015)
2) Donatello Poggi condannato in primo grado per “discriminazione razziale” (giugno 2016)
3) Poggi wegen unliebsamer Äusserungen zu Srebrenica verurteilt (Kommunisten.ch)


Riceviamo e pubblichiamo questa notizia gravissima. A essere condannato è un uomo politico che ha espresso il suo punto di vista pubblicamente e il fatto specifico sembra non avere nient'altro a che fare se non con l'interpretazione dei fatti di "Srebrenica": è un precedente assoluto di censura su questi temi. 

Facciamo per inciso notare come in Italia su di un crinale delicato e ambiguo, che ci può potenzialmente portare alle stesse limitazioni della libertà di opinione e di ricerca storica, si trova il dispositivo di modifica della "legge Mancino" (13 ottobre 1975, n. 654) sul "reato di negazionismo", recentemente approvato in via definitiva:
Sul tema si vedano ad es. 
Negazionismo di Stato (Gherush92 Committee for Human Rights)
Arriva in Italia l’ambiguo reato di negazionismo (PTV news 9 giugno 2016)

(A cura di Italo Slavo)


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http://www.ticinolive.ch/2015/06/06/la-procedura-penale-avviata-contro-donatello-poggi-di-donatello-poggi/

La procedura penale avviata contro Donatello Poggi 


di Donatello Poggi
6 giugno 2015

Nel novembre del 2012 scrissi una lettera a proposito della cittadina bosniaca di Srebrenica descrivendo tutte le incongruenze e la disinformazione portata avanti dalla stampa occidentale. Il mio scritto non presentava nessuna dichiarazione razzista o diffamatoria nei confronti della comunità musulmana nel paese balcanico ma mettevo semplicemente in dubbio la versione ufficiale secondo cui vi fu “genocidio” da parte dei serbi ortodossi. Oltretutto, il governo della Republika Srpska (l’entità serba di Bosnia) ha potuto documentare come quasi 4’000 serbi furono massacrati in quell’area attorno a Srebrenica dalle milizie estremiste di mussulmani guidati da Naser Oric.

Oltre a questo fatto, del tutto ignorato se non si è competenti nella storia dei conflitti che hanno dilaniato l’ex Jugoslavia, nessuno in pratica è a conoscenza delle diverse migliaia di serbi morti durante l’operazione “Tempesta” dell’esercito croato che voleva purgare la Slavonia orientale dall’etnia serba: circa 250’000 civili sono stati costretti ad abbandonare le proprie dimore sotto i colpi croati. In tal senso, credo che Srebrenica sia stata usata come “diversivo” per confondere l’opinione pubblica mondiale e per nascondere questa operazione militare appena descritta.

Sulla base di questo mio scritto, sono stato denunciato per “discriminazione razziale” ma questa imputazione non ha nessuna ragione di essere dato che ho semplicemente spiegato il mio punto di vista a proposito degli eventi appena descritti senza fare considerazioni a proposito di razza o di etnia: le ragioni che ho spiegato sono apertamente condivise da molte persone in Svizzera, Serbia, Russia, Stati Uniti e altri paesi del mondo: una recente e attesa (da parecchi anni) sentenza della Corte dell’Aja ha sancito che nessuno durante le guerre dei Balcani ha perseguito l’obbiettivo di genocidio. A maggior ragione questa denuncia nei miei confronti, portata avanti da una persona che lavora presso il Tribunale d’appello, appare ancor più fuori luogo. È ancora possibile esprimere la propria opinione, per quanto controversa sia, o dobbiamo arrenderci di fronte alla prepotenza di chi fa della giustizia lo strumento per i propri interessi?

Ricordando Srebrenica, ho poi illustrato come anche in Kosovo la stampa internazionale si è apertamente schierata con i miliziani dell’UCK (Esercito di liberazione del Kosovo) che hanno dato inizio alla situazione di ostilità verso quella che è diventata una minoranza in casa propria, quella serba, a partire dagli anni ’60 con attacchi a dimore, proprietà e luoghi di culto ortodossi. L’intervento “umanitario” a favore dell’UCK è stato fatto sulla base di un massacro, quello di Racak, falsamente attribuito ai serbi ma effettivamente perpetrato dai combattenti di etnia albanese.

Come non vedere un nesso tra le due situazioni? La superpotenza americana fa leva sulla comunità musulmana per vedere realizzati i propri obbiettivi geostrategici e, nel caso dei Balcani, volevano essere la fine dell’influenza russa nella regione, con la devastazione completa della Serbia che viene considerata nazione sorella appunto della Russia.

Spingendomi più in là, la “comunità internazionale” sostiene dal 2011 i ribelli siriani così detti “moderati” ma che di moderato non hanno proprio nulla: non si conta nemmeno più il numero di cristiani massacrati da fondamentalisti legati ad Al Qaeda istruiti alle armi dagli Stati Uniti in Turchia e finanziati dai cari alleati della potenza a stella e strisce e cioè l’Arabia Saudita.

Come non vedere un filo conduttore comune nel tentativo di “False flag” prodotto nell’agosto del 2013 che pretendeva di accusare il Governo Siriano dell’impiego di armi chimiche per dar così via ad un nuovo intervento della NATO che avrebbe semplicemente lasciato le frange più fondamentaliste la potere nel paese del vicino oriente?

Tutti noi abbiamo visto i risultati della guerra in Kosovo: da quella che secondo una risoluzione della Nazioni Unite è ancora una provincia serba, il flusso di emigranti è esploso negli ultimi mesi confermando che l’intervento militare occidentale non ha risolto assolutamente nulla. E se dobbiamo soffermarci sull’esplosione dei flussi migratori, come si può considerare la guerra in Libia come positiva quando il numero di rifugiati in partenza verso le coste europee è un problema destinato a durare, purtroppo, ancora diversi decenni?

E cosa sarebbe successo nel caso in cui gli Stati Uniti, fortemente appoggiati da Francia e Gran Bretagna, fossero riusciti nel loro intento terrorista di colpire al cuore il governo siriano, abbattere la nazione guidata da Assad per lasciarla in mano ai fondamentalisti dell’ISIS/Al Qaeda? Altri milioni di profughi in fuga dalle proprie dimore proprio grazie all’ ”intervento umanitario” invocato dalla NATO?

Oggi purtroppo siamo testimoni di un’altra situazione di grave instabilità che si sta verificando nella regione attorno a Kumanovo, una città della Macedonia che ospita una minoranza etnica albanese che negli scontri di due settimane fa ha potuto godere dell’appoggio proprio degli ex combattenti dell’UCK che hanno l’intenzione di creare la “Grande Albania” sottraendo con guerre e massacri porzioni di territorio alla Serbia (obbiettivo raggiunto), Macedonia (in corso), alla Grecia (non ancora tentato) e al Montenegro (non tentato ma nel paese ci sono state già tensioni). La storia prova che gli eventi dalla fine del blocco sovietico ad oggi, in particolare le guerre “preventive” portate avanti dalla NATO non sono state altro che una scusa per espandere l’influenza occidentale senza prendere in minima considerazione la sorte di milioni di persone.

Farsi una propria idea in base alla lettura di documenti che non sono diffusi dalle agenzie di stampa occidentali, per poi esprimerle pubblicamente, è considerato razzismo? Purtroppo c’è gente che deve svegliarsi e riconoscere che quello che sperava fosse un cambiamento positivo, si è invece rivelato come un disastro di proporzioni immani destinato ad influenzare la storia mondiale. Se poi la situazione nei paesi considerati, cioè principalmente Bosnia e Kosovo, perché le persone originarie di queste regioni non tornano alle proprie dimore d’origine? Provate a chiederlo a un albanese, e come risposta otterrete solo il silenzio o l’eco delle vostre parole. E questo è una spiegazione che vale più di mille testi accademici.

Non mi sento colpevole di nulla ed anzi provo uno stimolo ancora maggiore di prima perché se le mie parole danno fastidio a qualche piccolo funzionario che pensa di far della legge il suo strumento politico, allora farò in modo che non manchi mai la discussione, giusta, sana ed aperta, su vari temi di rilevanza mondiale. Non sarò mai servo delle “verità ufficiali e confezionate” di CIA e NATO. Sono un cittadino svizzero e libero e non un burattino.

Donatello Poggi


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“Il mio è un processo politico”

l'ex granconsigliere Donatello Poggi deve rispondere di ripetuta discriminazione razziale in merito al genocidio di Srebrenica - La sentenza in giornata
31 maggio 2016

BELLINZONA - "È un processo politico". Ha esordito così Donatello Poggi oggi in Pretura penale a Bellinzona. Il 60.enne ex granconsigliere e municipale di Biasca deve rispondere di ripetuta discriminazione razziale per due opinioni pubblicate in Ticino in merito al genocidio di Srebrenica dell'11 luglio 1995.
"Non nego che ci sia stato un massacro (morirono oltre 8.000 mila musulmani bosniaci, ndr. [Non furono affatto 8000 e non fu una strage di civili, cfr.:  ndCNJ] ), ma vi sono stati anche dei morti serbi. E questi sono stati trattati come cittadini di serie B", ha precisato l'operaio delle Officine FFS di Bellinzona. Il dibattimento prosegue ora con la requisitoria della procuratrice pubblica Valentina Tuoni e l'arringa del difensore Andrea Rotanzi. La sentenza in giornata.


Accuse confermate, condannato Poggi

Ritenuto colpevole in Pretura penale a Bellinzona di ripetuta discriminazione razziale per le offese alle vittime di Srebrenica
31 maggio 2016

BELLINZONA – Condannato. Il giudice della Pretura penale di Bellinzona Siro Quadri ha ritenuto l'ex granconsigliere e municipale di Biasca Donatello Poggi colpevole di ripetuta discriminazione razziale per via di due opinioni pubblicate sui media ticinesi riguardanti il massacro di Srebrenica. "Ha fatto passare in secondo piano la tragedia, il genocidio, minimizzando la sofferenza dei parenti delle vittime", ha spiegato il pretore. Confermata quindi la tesi della procuratrice pubblica Valentina Tuoni, la quale si era battuta per una condanna con la condizionale a 45 aliquote da 130 franchi (così come confermato dalla sentenza), e del patrocinatore dell'accusatore privato, l'avvocato Paolo Bernasconi. Dal canto suo il legale difensore Andrea Rotanzi aveva chiesto il proscioglimento dell'imputato. Donatello Poggi ricorrerà quasi sicuramente contro la sentenza alla Corte di appello e di revisione penale. Ulteriori dettagli sull'edizione di domani del CdT. 


Donatello Poggi non ci sta

È dichiarazione di ricorso contro la condanna inflittagli in Pretura penale per aver minimizzato il genocidio di Srebrenica del 1995
03 giugno 2016

BELLINZONA - L'ex granconsigliere e municipale di Biasca Donatello Poggi non ci sta. Attraverso il suo legale, l'avvocato Andrea Rotanzi, ha inoltrato dichiarazione di ricorso alla Corte di appello e di revisione penale contro la condanna che gli è stata inflitta martedì in Pretura (pena sospesa di 45 aliquote giornaliere da 130 franchi). Il 60.enne è stato ritenuto colpevole di discriminazione razziale per aver «ripetutamente disconosciuto, minimizzato grossolanamente e cercato di giustificare» il genocidio di Srebrenica dell'11 luglio 1995. Il giudice Siro Quadri ha accolto in toto il castello accusatorio della procuratrice pubblica Valentina Tuoni. La difesa, per contro, si era battuta per il proscioglimento. Il legale Andrea Rotanzi attende ora le motivazioni scritte della sentenza per decidere se confermare o meno la dichiarazione di Appello.


Il caso-Poggi sconfina

La condanna dell'ex deputato biaschese per discriminazione razziale sui fatti di Srebrenica suscita l'interesse di giornalisti tedeschi e TV serba
17 giugno 2016

BELLINZONA - Ha avuto eco oltre i confini cantonali la vicenda giudiziaria dell'ex deputato e municipale di Biasca Donatello Poggi legata alle sue controverse tesi sul massacro avvenuto a Srebrenica nel 1995, espresse in due lettere pubblicate sul CdT e sul sito TicinoLibero. La condanna dello scorso 31 maggio in Pretura penale per ripetuta discriminazione razziale (cfr. articolo suggerito) ha suscitato l'interesse di due giornalisti tedeschi. A fine mese giungeranno in Ticino per intervistare l'imputato, che nel frattempo ha ricorso contro la sentenza. «Si tratta di due redattori di una rivista tedesca che faranno un'azione a mio sostegno dalla Germania e anche verso il Tribunale d'Appello», spiega il 60.enne. Donatello Poggi annuncia anche l'interesse manifestato dalla TV serba.


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Poggi wegen unliebsamer Äusserungen zu Srebrenica verurteilt – Rückfall in die Maulkorb-Justiz

Der Tessiner Ex-Grossrat Donatello Poggi wurde am heutigen 31. Mai vom kantonalen Strafrichter in Bellinzona der wiederholten Verletzung von Artikel 261bis des Strafgesetzbuches (Anti-Rassismus-Norm) schuldig gesprochen und zu einer bedingten Geldstrafe von 5850 Franken nebst Busse von 1100 Franken verurteilt. Mit verschiedenen Schriften über die Vorgänge in Srebrenica 1995 habe Poggi laut dem Oberrichter “die Tragödie, den Genozid, an die zweite Stelle gesetzt und die Leiden der Angehörigen der Opfer verniedlicht”. In einem Artikel von 2012 hatte Poggi die durch die herrschenden Medien hierzulande verbreitete Darstellung der Ereignisse im Jugoslawien der 1990er Jahre kritisiert und auf allerlei Unstimmigkeiten und Desinformation durch die westliche Presse hingewiesen. Er äusserte Zweifel an der offiziellen Version, wonach in Srebrenica 1995 von serbischer Seite ein Massaker an der muslimischen Bevölkerung verübt worden sei.
Es ist so gut wie sicher, dass sich Poggi gegen den Richterspruch wehren wird. Dies umso mehr, als die Schweiz bereits im ähnlich gelagerten Fall von Dogu Perinçek vom EGMR zurückgepfiffen wurde, weil ihre Gerichtspraxis das verbriefte Grundrecht auf freie Meinungsäusserung verletzt.

Rückfall in Rechtsunsicherheit und Klima der Einschüchterung

Die Vorgänge von Srebrenica 1995 werden vom UN-Sicherheitsrat nicht als Völkermord berurteilt. Ein entsprechender Resolutionsentwurf mit einseitigen Schuldzuweisungen und Ausblendung der Opfer auf serbischer Seite scheiterte 2015 am russischen Veto. Damit und besonders durch das Perincek-Urteil des EGMR (2015 durch die von der Schweiz angerufene Grosse Kammer bestätigt) wurde eine jahrelange Rechtsunsicherheit beseitigt. Das Urteil aus Bellinzona macht diesen Erfolg zunichte und schafft neue Rechtsunsicherheit und ein Klima der Einschüchterung.
Dieser Rückfall ins Inquisitorische wird zweifellos jene Tendenzen bestärken, die eine Neufassung des Anti-Rassismus-Artikels fordern.[1]
Nämlich so, dass der Gesetztestext keinem Gericht und keinem Kläger Handhabe bietet, um das Recht auf freie Meinungsäusserung und die Freiheit von Forschung und Lehre einzuschränken oder Andersdenkende (oder anders Informierte) einzuschüchtern. Im Justizministerium von Bundesrätin Simonetta Sommarugawill man aber am umstrittenen Gesetzestext festhalten und erachtet dessen Änderung nicht für nötig, um ähnliche Fälle von Konventionsverletzungen durch die Schweiz zu verhindern. Die Äusserungen Sommarugas und ihres Bundesamtes für Justiz, welches dem Europarat im Februar einen Bericht über die Umsetzung des EGMR-Urteils in Sachen Perincek ablieferte, laufen darauf hinaus, dass das Strassburger Urteil als Einzelfall betrachtet wird, dem keine Präjudizwirkung zukommt. Die Haltung von Bundesbern und das Strafurteil aus Bellinzona bedeuten auch einen Rückschlag für die Souveränität der Schweiz. Die schweizerische Rechtsordnung wird dabei so geschwächt, dass der freie Schweizer genötigt wird, sein Recht auf ein ungerades Wort auf dem Umweg über Strassburg zu erstreiten. Ein Zustand der Schande für die Schweiz, egal ob man die Sache unter dem Gesichtspunkt der Unabhängigkeit oder aus dem Winkel der Freiheitsrechte ansieht.

Wiederbelebung der Inquisition?

Gesinnungsjustiz und Inquisition sind in Ost- und Westeuropa im Vormarsch. Heerscharen von grösseren und kleineren Inquisitoren sind am Werk. Sie treiben Lobbying für parlamentarische Mehrheitsbeschlüsse, welche ihre klasseneigene, pro-imperialistische Geschichtsauffassung den Untertanen verbindlich aufdrängen sollen. Sie operieren mit Androhung oder Durchführung von Strafprozessen, so dass ein Klima der Verfolgung und Einschüchterung geschaffen wird, in welchem abweichende Meinungen leicht mundtot gemacht werden können und die offiziellen Wahrheiten ohne Widerrede geschluckt werden müssen.
“Würden geometrische Axiome an menschliche Interessen rühren, so würde man sicherlich versuchen, sie zu widerlegen.” (Lenin)
Mit diesem Ausspruch und den daran geknüpften Ausführungen[2] gibt uns Lenin auch den Schlüssel zum Verständnis bestimmter historischer Debatten der Gegenwart. Es geht auch hier um Interessen, auch wenn im vorliegenden Fall die Thesen und Widerlegungen auf dem Kampffeld der Geschichte nicht wie im Kampf Lenins gegen die Revisionisten durch freien Wettbewerb der Argumente, sondern durch die Staatsgewalt entschieden werden. Welche Interessen haben durchgesetzt, dass sich Parlamente bestimmte historische Vorgänge zur Gesetzgebung auswählen, und andere nicht? Nicht die Kreuzzüge, nicht die Ausrottung der Urbevölkerung Amerikas, und nicht die Verbrechen der französischen und britischen Imperialisten in Afrika und Asien, darunter die Vergiftung der Völker Chinas und französisch Indochinas mit Opium und Alkohol. Die Forderungen nach obligatorischem Bekenntnis zu obrigkeitlich festgelegten Wahrheiten betreffen nicht ein einziges Mal die Bluttaten des Atlantik-Pakts und seiner historischen Vorläufer, sondern immer die Gegenseite.[3]
Der Übergang von der freien Konkurrenz zur Monopolherrschaft (Imperialismus) bedeutet Reaktion auf allen Ebenen, auch Rückfall in die Inquisition. Die Notwendigkeit für den Imperialismus, seine reaktionäre und menschenfeindliche Natur vor den eigenen Völkern zu verbergen, zwingt ihn gesetzmässig zum fortdauernden Lügen im grössten Stil. Zur Bestätigung dieser Gesetzmässigkeit hat auch die Geschichte der letzten Jahrzehnte reichlich Material geliefert. Bei jedem Angriffskrieg des Atlantikpakts – die NATOselbst ist noch nie angegriffen worden! – lagen Recht, Friedenswillen, Vernunft und Mässigung immer bei der angegriffenen Seite. Dort – wo es dem Wesen der Sache nach nichts zu verbergen gibt – ist denn auch die Wahrheit zu vermuten, und diese Vermutung erhärtet sich anhand der bereits entlarvten Propagandalügen zur Rechtfertigung von imperialistischen Angriffskriegen, darunter – allein auf Kosten des Irak – solche Schauermärchen wie die Brutkasten-Lüge von 1991 oder die Lüge der Massenvernichtungswaffen von 2003. Nach aller Erfahrung käme es einem gewaltigen Wunder gleich, wenn die NATO-Propaganda ausgerechnet im Fall des Krieges in Bosnien-Herzegowina der objektiven Realität entsprechen sollte. Kein Wunder ist, dass Neugierige sich damit beschäftigen, die Propaganda der atlantischen Lügenpresse zu hinterfragen und solche Fakten und Quellen zu berücksichtigen, welche in den westlichen Massenmedien unterschlagen oder anrüchig gemacht werden. Wenn der Propaganda-Schwindel beim Golfkrieg von 1991 nicht per Zufall herausgekommen wäre, so müsste sich unsereiner, der nie an das Märchen von der Tötung der Erstgeburt von Kuwait geglaubt hat, heute vermutlich auch als Brutkasten-Genozid-Leugner verdächtigen lassen. Schon manche geschichtliche Wahrheit ist umgestossen worden. Die parlamentarische und juristische (und überhaupt jede) Festnagelung von absoluten Wahrheiten ist generell eher fortschrittshemmend. Dies sogar im günstigsten Fall, wenn der erreichte Forschungsstand von der einhelligen Meinung der Historiker aller interessierten Völker getragen ist; erst recht in der Praxis, wo die Parlamente in einen Historikerstreit eingreifen.

Wo soll das alles noch hinführen?

Heute geht es um Vorwürfe der Leugnung von Genoziden, die nach Auffassung der Kläger und Richter vor rund 100 Jahren durch türkische Hand oder im Jahre 1995 durch serbische Hand geschehen seien. In den meisten Staaten Osteuropas haben Antikommunisten und russenfeindliche Nationalisten die Gesetzgebung über die Geschichte bereits als politisches Instrument verallgemeinert und versuchen die Erinnerung an die Errungenschaften der Sowjetzeiten zu beschmutzen. Ähnlich in Griechenland, das die Türkei des Genozids an den Pontos-Griechen beschuldigt, womit allerdings die faschistische Rechte noch nicht gesättigt ist: diese behauptet einen weiteren Genozid der Pontos-Griechen in der Sowjetunion. 
Wir wissen nicht, was da noch dazukommt, wohin die historische Gesetzgebung je nach politischen Kräfteverhältnissen und parlamentarischen Konstellationen noch führen und gegen wen sich die Maulkorb-Justiz noch wenden wird. Drum: Wehret den Anfängen!
Und wo führt das Ganze hin, wenn wir die Sache nicht vom Standpunkt unserer demokratischen Freiheiten betrachten, sondern vom Standpunkt der betroffenen Völker, die im Rahmen von imperialistischen Kriegen gegeneinander aufgehetzt wurden. Führt etwa die geplante Armenier-Resolution, die der Deutsche Bundestag diese Woche beschliessen soll, zu mehr Frieden und gegenseitigem Verständnis? Nein im Gegenteil: sie pflügt den Boden, auf dem der Hass gegen die Türkei gedeiht, sie liefert frischen Zündstoff zur gegenseitigen Aufhetzung unter den ethnischen und religiösen Bevölkerungsgruppen der Türkei.
Und mit einer solchen Rechtsanwendung, wie sie der Richter von Bellinzona vormacht, droht auch der gut gemeinte Ansatz der Strafnorm, die Hetze unterbinden will, ins Gegenteil umzuschlagen. Auch die Völker des ehemaligen Jugoslawien haben von den Bemühungen unserer Gesetzgeber und Richter zur verbindlichen Scheidung von historischer Wahrheit und Lüge bzw. Verfolgung der letzteren keinen Gewinn.
(Gewinn hätten sie, wenn wir beide Gruppen, die Christen und die Muslime, in ihrem gemeinsamen Interessen zusammenführen und im Bemühen unterstützen würden, die Islamisierung zu stoppen. Diese bedroht nicht nur die Serben der Republika Srpska in ihren existentiellen Rechten, unter ihr leiden besonders auch die zahlreichen nominellen Muslime in Ex-Jugoslawien. Nicht die Serben, sondern diese von korrupten Machteliten mit US-Unterstützung und saudischem Geld und importierten Imamen vorangetriebene Islamisierung der Gesellschaft ist heute die Hauptsorge auch in muslimischen Bevölkerungskreisen, in Pristina ebenso wie in Bosnien, Mazedonien, Montenegro. Dies nebenbei.)

(mh/31.05.2016)

1 Der 1993 in das Schweizerische Strafgesetzbuch eingefügte Artikel 261bis mit der Überschrift “Rassendiskriminierung” umschreibt den umstrittenen Straftatbestand mit den Worten: “wer öffentlich durch Wort, Schrift, Bild, Gebärden, Tätlichkeiten oder in anderer Weise eine Person oder eine Gruppe von Personen wegen ihrer Rasse, Ethnie oder Religion in einer gegen die Menschenwürde verstossenden Weise herabsetzt oder diskriminiert oder aus einem dieser Gründe Völkermord oder andere Verbrechen gegen die Menschlichkeit leugnet, gröblich verharmlost oder zu rechtfertigen sucht”.
2 Lenin, Werke, Band 15, Seite 17. Siehe: Marxismus und Revisionismus
3 “historische Vorläufer”: gemeint sind Grossbritannien, Frankreich und die USA. (Nicht Deutschland, obwohl man natürlich auch den Anti-Komintern-Pakt mit Recht als geistigen Vorläufer der NATObetrachten kann.)