Secondo i più recenti sondaggi condotti tra la popolazione ucraina, il 72% degli intervistati si dichiara “povero” e solamente lo 0,7% ritiene di far parte della “classe media”. Il PIL procapite è oggi inferiore a quello dell’Honduras o di Papua-Nuova Guinea. Ovviamente, ciò non tocca la “coscienza” dei golpisti che due anni fa hanno iniziato l’aggressione all’area più industriale del paese, con ciò sprofondando l’Ucraina in una crisi sociale che i dettami del FMI acuiscono di giorno in giorno. E non tocca nemmeno i ras dei battaglioni neonazisti, per i quali la guerra nel Donbass è anche un mezzo per riempirsi le tasche.
Contro quella guerra stanno avanzando verso Kiev (l’arrivo è previsto per il 27 luglio: data della cristianizzazione dell’antica Rus) due processioni: una da est – partita il 3 luglio dal monastero della Montagna santa, nella parte occidentale della regione di Donetsk controllata dalle truppe ucraine – e un’altra da ovest – partita il 9 luglio dal monastero di Počaev, circa 450 km a ovest di Kiev – di alcune migliaia di persone, per lo più donne, organizzate dalla chiesa ortodossa ucraina del cosiddetto patriarcato di Mosca.
Finora non si sono registrate aggressioni contro i due cortei religiosi, anche se in varie occasioni non è stato loro consentito di attraversare le città (ad esempio Žitomir, il 18 luglio) e i pellegrini hanno dovuto prendere vie laterali, oppure vari raggruppamenti dei nazionalisti dell’OUN hanno tentato di interrompere la marcia. Nel centro di Kharkov invece, il 10 luglio, alla colonna principale si erano unite circa diecimila persone e, secondo le ultime notizie, anche la Rada municipale di Kiev sarebbe propensa a non proibire l’ingresso della processione nella capitale e il governo avrebbe adottato qualche misura di facciata per impedire ai gruppi nazionalisti e neonazisti di attaccare i cortei religiosi. Ancora ieri sera, mentre un’altra processione attraversava Dnepropetrovsk, Pravyj Sektor annunciava di voler fermare il corteo religioso nel suo avvicinamento alla capitale e, se ciò non sarà possibile, allora darà battaglia dentro Kiev: già una decina di giorni fa, il Ministro degli interni Arsen Avakov diceva di temere (o di auspicare?!) una nuova Odessa.
Anche il Servizio di sicurezza pare orientato a “dissipare i timori dei consiglieri municipali di Kiev per possibili provocazioni” e a permettere l’ingresso in città: “simili processioni si fanno ogni anno e solo questa volta” ha detto il rappresentante del SBU, “si è fatto tanto rumore, cui hanno contribuito media e politici”. Il capo della polizia, la georgiana Khatija Dekanoidze, ha detto che “naturalmente, tale iniziativa si sarebbe potuta vietare. Ma esiste un diritto costituzionale dei cittadini ad azioni pacifiche”: difficile a credersi, nell’Ucraina golpista!
Proprio a Borispol (una trentina di km a est di Kiev), il consiglio municipale, che ha poi deciso di vietare l’attraversamento della città, si era aperto con le parole del consigliere del Partito Radicale, Jaroslav Godunok: “Il Patriarcato di Mosca rifiuta i servizi religiosi ai caduti nell’Operazione antiterrorismo e voi benedite i banditi in guerra con l’Ucraina, le loro armi, e ora venite in pace? Quale pace? Tra voi ci sono persone con il nastro di San Giorgio, ritratti dello zar e simboli antiucraini. I vostri “credenti” non vanno nella direzione giusta. Dovete andare verso Mosca e là chiedere a Dio di porre fine a questa guerra. La processione è di per sé una provocazione! Nella processione ci sono agenti di Putin”. Decisa la proibizione, Godunok ha chiesto che venissero organizzati presidi di credenti del patriarcato di Kiev, protestanti, greco-cattolici ed esponenti dei partiti nazionalisti. Così, OUN e Pravyj Sektor hanno allestito posti di blocco in prossimità di Borispol e, a ovest, sulla superstrada da Žitomir, con l’obiettivo di fermare le due processioni: “Voi che pregate un dio altrui, un dio moscovita, non il nostro dio, noi vi sopportiamo come un cane sopporta le pulci”, hanno detto. E il sito “Mirotvorets” ha annunciato di pubblicare nomi e dati dei partecipanti alla processione, così come aveva fatto, ad esempio, per il deputato Oleg Kalashnikov e il giornalista Oles Buzina, poi assassinati.
Come che vada, è quasi certo che, ancora una volta, le azioni di OUN, Pravyj Sektor o di altri raggruppamenti neonazisti, avranno la benedizione della chiesa ortodossa ucraina, votata alla consacrazione della guerra nel Donbass e alla demonizzazione di tutto quanto “odori” di russo. Del resto, appena pochi mesi fa il patriarca Filaret aveva decretato che la guerra è la punizione divina scagliata contro i senzadio del Donbass e, dunque, dio permette di attaccare “l’aggressore dell’est”, con l’obiettivo di illuminare gli atei. A suo tempo, Petro Porošenko aveva implorato la beatificazione papale per il capo della chiesa greco-cattolica ucraina, Andrej Šeptitskij, schierato con le SS e i filonazisti ucraini durante la seconda guerra mondiale: pare che proprio dal 1941 dati la separazione del patriarcato di Kiev da quello di Mosca e la nascita della cosiddetta chiesa ortodossa autocefala ucraina, con il terrorismo scatenato contro i seguaci moscoviti da parte dei nazionalisti e filonazisti ucraini e la susseguente fuga dei vescovi autocefali a fianco dei nazisti in ritirata.