LA NATO SI ESERCITA IN MONTENEGRO, LA RUSSIA RISPONDE IN SERBIA (PTV News 4 Novembre 2016)
MONTÉNÉGRO : LE CHEF PRÉSUMÉ DES « TERRORISTES » DU 16 OCTOBRE AVAIT COMBATTU EN UKRAINE (Vijesti, 5 novembre 2016)
Il serait l’un des principaux organisateurs de la tentative de « coup d’État » ratée du 16 octobre dernier. Le ressortissant serbe Aleksandar Sinđelić est détenu depuis le 1er novembre à la prison de Spuž, au Monténégro. L’homme est également recherché par la justice ukrainienne, car il aurait combattu aux côtés des forces pro-russes dans ce pays...
MONTENEGRO: DJUKANOVIC IMBARAZZA L’OCCIDENTE (PandoraTV, 31.10.2016)
DIKIĆ TVRDI DA SU MU DOKAZI PODMETNUTI (Bojana Jovanović, oktobar 24, 2016)
Bratislav Dikić, bivši komandant Žandarmerije, koji je pre devet dana uhapšen u Crnoj Gori zbog sumnje da je planirao napad na državne institucije tokom izborne noći, rekao je da su mu dokazi podmetnuti, piše u izveštaju Saveta za građansku kontrolu rada policije... [<< Među stranim institucijama i fondacijama koje su pomogle naš rad do sada su: OCCRP, National Endowment for Democracy (NED), Open Society Foundations (OSF), Rockefeller Brothers Fund (RBF) i Civil Right Defenders (CRD)... >>]
TRAD.: VRAI FAUX PUTSCH RATÉ AU MONTÉNÉGRO : L’ANCIEN CHEF DE LA GENDARMERIE SERBE DÉNONCE UN COUP MONTÉ (Krik | Traduit par Chloé Billon | jeudi 27 octobre 2016)
Un putsch raté le soir des législatives ? L’ancien chef de la gendarmerie serbe, Bratislav Dikić, arrêté au Monténégro le 16 octobre avec dix-neuf individus, dénonce un coup monté. Les preuves contre lui ont été fabriquées de toutes pièces, affirme-t-il. Belgrade assure ne rien savoir. Mais d’autres personnes, soupçonnées de fomenter un coup d’État au Monténégro, ont depuis été interpelées en Serbie, a déclaré le Premier ministre serbe Vučić...
MONTÉNÉGRO : MILO ĐUKANOVIĆ NE SERA PAS PREMIER MINISTRE (Courrier des Balkans | Par la rédaction | mercredi 26 octobre 2016)
Après plus d’un quart de siècle au pouvoir, l’homme fort du Monténégro, Milo Đukanović, ne se représentera pas à sa propre succession au poste de Premier ministre, a annoncé son parti, le DPS. Il sera remplacé par un de ses proches alliés, Duško Marković...
HAOS U CRNOJ GORI: GLOBALNO SA BORISOM MALAGURSKIM (BN) (Boris Malagurski, 21 ott 2016)
Sezona 2 | Epizoda 1. Gosti: Adam Šukalo, Čedomir Antić, Darko Trifunović, Srđan Perišić
Tema: Šta se, zapravo, desilo na izborima u Crnoj Gori i šta se dešava u regionu?
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=oP0EdjFoMdQ
Emisija „Globalno sa Borisom Malagurskim“ bavi se svetskim temama iz domaće perspektive i domaćim temama iz svetske perspektive, kroz diskusiju sa relevantnim stručnjacima iz našeg regiona, kao i intervjue sa stranim ekspertima širom sveta.
Facebook: http://www.facebook.com/malagurski
Podržite novi film Borisa Malagurskog: http://www.WeightOfChains.ca/3/
LÉGISLATIVES AU MONTÉNÉGRO : LA « MANIP’ » DE TROP POUR MILO ĐUKANOVIĆ ? (par Andreas Ernst, Neue Zürcher Zeitung / Vijesti | Traduit par Jasna Tatar Anđelić | jeudi 20 octobre 2016)
Dimanche, le DPS de l’indéboulonnable Milo Đukanović a remporté un succès étriqué lors des législatives, nouvelle preuve de son essouflement après un quart de siècle de pouvoir ininterrompu. L’opposition dénonce de nombreuses irrégularités et une obscure « tentative de coup d’État » serbe orchestrée par le pouvoir pour mieux remobiliser ses troupes. Si le gospodar reste encore maître de la situation, le Monténégro est-il à la veille d’un chamboulement politique ?...
MONTÉNÉGRO : L’OPPOSITION REFUSE DE RECONNAÎTRE LES RÉSULTATS DES LÉGISLATIVES (Courrier des Balkans | mardi 18 octobre 2016)
Les partis d’opposition s’allient pour dénoncer les fraudes et les irrégularités lors des élections législatives du 16 octobre. Ils dénoncent surtout l’instrumentalisation par le DPS de l’arrestation de 20 serbes soupçonnés d’avoir fomenté un coup d’État. Explications.
MONTENEGRO: ANCORA ĐUKANOVIĆ (17/10/2016 - Nela Lazarević)
... Come durante tutte le elezioni precedenti, nemmeno questa volta sono mancate le accuse di abusi di potere, ma in assenza di una divisione tra i poteri dello stato più netta rimangono poco più che grida nel vuoto.
Nei giorni scorsi i media locali hanno riferito di numerosi casi di compravendita di voti, pubblicando liste con nomi di persone che hanno ottenuto soldi in cambio del proprio voto; di acquisti di carte d'identità da parte di attivisti del Dps e di centinaia di emigrati montenegrini rimpatriati con biglietti andata/ritorno pagati dal partito di Đukanović. Infine, durante la giornata elettorale, l'organizzazione non-governativa anti-corruzione Mans ha presentato 117 denunce di abusi, riferendo che elementi d'abuso sono stati registrati in quasi tutti i seggi, per lo più relativamente alla violazione del diritto ad un voto libero e segreto.
Anche questa volta si è parlato di come il potere di Đukanović fosse più debole che mai. Ma si fatica ancora a vedere, anche in futuro, un Montenegro senza di lui.http://www.balcanicaucaso.org/aree/Montenegro/Montenegro-ancora-Dukanovic-174936
DJUKANOVIC VINCE TRUCCANDO LE ELEZIONI (PandoraTV, news 17 Ottobre 2016)
IL MONTENEGRO TRA "MONDO LIBERO" E CREMLINO (JUGOINFO 16.10.2016)
... Il premier serbo Vučić opportunamente commenta: "A me che tutto questo succeda proprio il giorno delle elezioni pare molto strano, ma è meglio che sto zitto"...
FLASHBACK – INTERVISTA A ANDRJIA MANDIC: “In Europa sì, ma al primo posto l’interesse nazionale” (PandoraTV, 14/10/2016)
Domenica 16 ottobre 2016 si terranno in Montenegro le elezioni parlamentari. Il Partito democratico dei socialisti, capeggiato da Milo Đukanović, eletto da OCCRP “uomo dell’anno del crimine organizzato” nel 2015, spera di strappare un settimo mandato come primo ministro. A poche ore dalle elezioni, Giulietto Chiesa intervista in esclusiva per Pandora TV Andrjia Mandic, leader di Nuova Serbia Democratica, maggiore partito d’opposizione. Non si tratta di una sfida locale riguardante una popolazione di 600mila abitanti. La posta in palio è ben più alta perché, nemmeno troppo dietro alle quinte, ci sono anche gli interessi di Washington e Mosca. Se a vincere fosse ancora Đukanović, il Montenegro, a un passo dal divenire il 29esimo membro della NATO e impegnato nell’avvicinamento all’Unione europea, potrebbe rinfocolare tutte le perplessità sulla solidità delle sua democrazia.
Sul regime atlantista instaurato in Montenegro da un quarto di secolo si veda la documentazione raccolta al nostro sito:
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La ONG MANS ha raccolto 117 denunce penali e 490 segnalazioni per brogli elettorali:
KONAČNI PODACI ZA IZBORNI DAN: MANS PODNIO 117 KRIVIČNIH PRIJAVA, PRIMILI POZIVE OD 490 GRAĐANA (MANS 16.10.2016)
U toku izbornog dana MANS je kontaktiralo 490 građana, a na osnovu obezbijeđenih dokaza i svjedoka Specijalnom tužilaštvu smo podnijeli ukupno 117 krivičnih prijava zbog sumnji da su počinjena krivična djela protiv izbornih prava.
Većina krivičnih prijava se odnosi na kupovinu ličnih karata, pritiske i predizborna potkupljivanja birača.
Pozivamo Specijalnog tužioca da obavijesti javnost o rezultatima postupanja tužilaštva i policije po krivičnim prijavama podnešenim u toku izbornog dana.
MANS se zahvaljuje na ukazanom povjerenju svim građanima koji su nas tokom izbornog dana kontaktirali tražeći pomoć u ostvarivanju biračkog prava, ali i ukazivali i prijavljivali izborne zloupotrebe i krivična djela.
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Montenegro: Ue, elezioni 'ordinate' [sic], ora accelerare con riforme
Mogherini-Hahn, Paese continui integrazione euro-atlantica [sic]
ANSA – 18 ottobre – BRUXELLES - Le elezioni in Montenegro si sono svolte in maniera "calma e ordinata" [sic], ora "aspettiamo la costituzione di un nuovo parlamento, la rapida formazione di un nuovo governo e la continuazione del cammino stabile del Montenegro verso l'integrazione euro-atlantica" [sic]. Questo il commento dell'Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, e del commissario all'Allargamento Johannes Hahn sull'esito delle elezioni in Montenegro, vinte [sic] dal Partito democratico dei socialisti (Dps) del premier uscente Milo Djukanovic. Le opposizioni hanno detto di non riconoscere il risultato delle elezioni a causa di presunte [sic] irregolarità.
"Gli osservatori dell'Odihr (l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Ocse, ndr) nel loro resoconto preliminare hanno affermato che le elezioni parlamentari si sono svolte in un ambiente competitivo [sic] e sono state caratterizzate da un generale rispetto delle libertà fondamentali" [sic] fanno notare Mogherini e Hahn in una nota congiunta. "Qualsiasi caso di irregolarità procedurali osservato deve essere debitamente seguito [sic] alle autorità competenti" puntualizzano, indicando però che "i mesi a venire devono essere usati per rafforzare e accelerare le riforme economiche e politiche" nel Paese, "in particolare nello stato di diritto [sic], dove vogliamo vedere un'implementazione anche più forte" [sic].
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Montenegro: nuovo premier, solito governo
Đukanović non sarà più premier. Al suo posto il fedelissimo - ex capo dei servizi segreti - Duško Marković. I retroscena della recente tornata elettorale
Dopo aver ottenuto il 41% dei voti alle politiche dello scorso 16 ottobre, il Partito democratico socialista (DPS), che governa il Montenegro ininterrottamente dal 1991, ha nominato a guida del nuovo governo Duško Marković, ex capo dei servizi segreti, da decenni noto come uno dei principali uomini di fiducia del premier uscente, Milo Đukanović.
Per la terza volta da quando è al potere, Đukanović ha annunciato quindi il suo ritiro, sempre però con il vantaggio di essere lui stesso - dalla posizione di capo del partito - a nominare il proprio successore, mantenendo una forte influenza pur non governando direttamente. Non sorprende quindi che anche questa volta a rimpiazzarlo sia stato scelto un suo fedelissimo.
All’Ue e alla Nato quest’ultima mossa da scacchi di Đukanović fa comodo, in quanto toglie di mezzo, almeno in apparenza, uno scomodo e controverso leader che governa da quasi tre decenni un paese prossimo all’adesione. Per Đukanović, significa il lusso di poter mantenere le redini del potere, pur ritirandosi (o come sospettano alcuni, prendendosi una pausa) dall’incarico del quale si diceva stanco già dieci anni fa.
Elezioni "calme e ordinate"
Bruxelles è sembrato avere fretta nel definire le elezioni del 16 ottobre come ‘calme e ordinate’, svolte in un ambiente “competitivo”. Una valutazione in dissonanza con il (presunto?) tentato colpo di stato e la decisione del governo di bloccare Whatsapp e Viber il giorno delle elezioni.
Per Daliborka Uljarević, direttrice del Centro per la transizione democratica, CDT, le elezioni si sono svolte, “a dir poco, in un clima di tensione”, mentre le numerose irregolarità hanno “messo in seria discussione la legalità e la legittimità della giornata elettorale”.
Due settimane prima delle elezioni il ministro degli Interni Goran Danilović - rappresentante dell’opposizione nel governo Đukanović, rimpastato con lo scopo di garantire un maggiore controllo del processo elettorale - ha rifiutato di firmare il registro elettorale per via di decine di migliaia di nominativi ritenuti irregolari, senza però riuscire a bloccare le elezioni in attesa della soluzione delle irregolarità. Alcune ong, tra cui MANS, hanno parlato persino di 120 mila nomi irregolari sui 590 mila aventi diritto al voto in Montenegro: quasi un quinto. Mentre il Fronte democratico (DF), la maggior forza di opposizione, ha parlato di almeno 80 mila nomi falsi (morti, espatriati, ecc). Inoltre, numerose sono state le accuse di irregolarità durante la giornata elettorale (più di cento denunce presentate solo da MANS) e numerosi gli episodi di compravendita dei voti con tanto di prove riportate dai media locali.
Ma due episodi hanno particolarmente dato alla giornata elettorale un’aria da regime tutt'altro che libero e sicuro: il tentato colpo di stato e la decisione del governo di sospendere Whatsapp e Viber fino alla chiusura dei seggi.
Mentre i cittadini si recavano alle urne, le autorità annunciavano di aver arrestato 20 uomini di nazionalità serba con l’accusa di aver programmato di aggredire la polizia davanti al Parlamento e annunciare la vittoria di un partito, non meglio precisando quale, di loro scelta. Tra gli arrestati, l’ex capo della gendarmeria serba in pensione, Bratislav Dikić.
Molti, compresa la Uljarević di CDT, hanno descritto questo evento come “cinematografico” per via della tempistica e delle modalità con cui l’evento si è sviluppato, in contemporanea con la tornata elettorale. Mentre Đukanović insinuava il coinvolgimento delle forze vicine alla Russia, per l’opposizione si trattava di una messa in scena da parte di Đukanović stesso, che avrebbe potuto usarlo nel caso di sconfitta elettorale per annullare le elezioni e inasprire il suo controllo sul paese.
Intanto, anche il premier serbo Aleksandar Vučić ha annunciato lo scorso lunedì che le autorità di Belgrado hanno arrestato diverse persone con l’accusa di aver pedinato Đukanović programmando attività illegali in Montenegro, sottolineando l’assenza di collegamenti degli arrestati con il governo serbo.
Per Uljarević si è trattato di “un evento che ha disturbato i cittadini, mentre le istituzioni, fornendo informazioni selettive e agendo con modalità insolite, hanno innalzato la tensione durante la giornata elettorale aprendo la questione della legittimità o meno delle elezioni”.
Il blocco di Whatsapp e Viber
Il giorno delle elezioni, dalle 17 alle 19.30 Whatsapp e Viber non erano disponibili in Montenegro. L’ente competente, l’Agenzia per le comunicazioni elettroniche, si è giustificata annunciando che è stata una decisione mirata “a proteggere i cittadini” da un’inondazione di messaggi di contenuto politico. Una decisione del tutto legale e in linea con gli standard internazionali, hanno precisato.
Per Uljarević con questa decisione l’Agenzia si è messa “al servizio del partito di Đukanović”.
“L’agenzia è giunta a questa decisione per proteggere il DPS, contro il quale erano partiti numerosi messaggi. Questo tipo di limitazione dei mezzi di comunicazione contrario alla volontà degli utenti rappresenta una chiara violazione degli standard democratici”, ha osservato l’analista.
In effetti, come precisato dalla stessa Agenzia, si è trattato di messaggi anti-Đukanović, e in particolare di un messaggio in cui si invitavano i cittadini a votare, e si facevano riferimenti a episodi di compravendita di voti. Così recita il messaggio:
“Il Partito democratico socialista (DPS) sta organizzando i bosgnacchi e gli albanesi e l’intera diaspora e paga 250 a voto. Zijad Škrijelj, residente in Francia, ha detto al quotidiano Vijesti che è stato invitato da Izet Škrijelj, membro del consiglio comunale a guida DPS a Petnjica, promettendogli 250 euro per le spese di viaggio. Questo sta accadendo in tutto il Montenegro tra i bosgnacchi e gli albanesi. Non permettete al DPS di rubare altre elezioni - andate a votare!!!”
“In questo contesto, è difficile aspettarsi che il Montenegro possa ottenere un governo stabile e credibile solo col DPS e i suoi partner tradizionali, ed anche che un governo del genere sia capace di portare a termine le riforme e le sfide richieste dal processo di adesione all’Ue e alla Nato, con un consenso adeguato da parte dei cittadini”, ha concluso la Uljarević, sottolineando che “è riduttivo dire che che la scelta tra DPS e l’opposizione era una semplice opzione pro-Ue o pro-Russia”, dato che oltre all’euroscettica e pro-russa coalizione DF (20% di voti) tra le forze dell'opposizione vi era tutta una serie di piccoli partiti pro-europei che non hanno ottenuto risultati soddisfacenti pur essendo entrati in Parlamento.
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NATO in Montenegro: Securing the rear before Barbarossa II?
Nebojsa Malic for RT. Published time: 26 May, 2016
The strategic importance of Montenegro is inversely proportional to its size. With it, NATO will have full control of the Adriatic Sea, finish the encirclement of Serbia, and be emboldened to pursue a more aggressive stance towards Russia.
Last week, the government of Montenegro signed a protocol on joining the North Atlantic Treaty Organization. If ratified by the Alliance’s other 28 members – and it will be – the membership may become a formality by the end of this year. While the country has a population fewer than 700,000 and no more than 1,500 members of the military, the reason NATO wants Montenegro is not its military might, but in equal measures strategic location and symbolism.
Geographically speaking, the country is a natural fortress, and could be held against an invading force by a much smaller number of defenders, Thermopylae-style. That is precisely what the Montenegrin Army did at Mojkovac in 1916, protecting the flank of the retreating Serbian Army against a numerically superior Austro-Hungarian force.
Then there is the symbolism part. Back in the 15th century, even after they successfully overran the Serbian principalities of the central Balkans and advanced on Vienna, the Ottoman Turks found that they could never fully subjugate the mountain clans of Montenegro. After trying many times and failing, they settled for exacting tribute instead. This enabled the small Orthodox Serb community to preserve their faith, culture and memories – until their statehood could be resurrected in the 1800s. The Prince-Bishops of Montenegro were a loyal ally of Imperial Russia, to the point of declaring war on Japan in 1904 in solidarity with the Tsar.
Montenegro united with Serbia in 1918, and soon thereafter became part of the Kingdom of South Slavs, later known as Yugoslavia. It stayed in the union with Serbia even after Yugoslavia was dismembered by the EU and NATO in the early 1990s. It, too, was bombed by NATO airplanes in 1999, when the Alliance attacked Yugoslavia in support of the ethnic Albanian separatists in Kosovo. When NATO sought to drive a wedge between Serbia and Montenegro by sparing the latter, the following graffiti appeared in the city of Niksic: “Bomb us too, we’re not lepers.”
Yet the leader of Montenegro, Milo Djukanovic, decided to switch allegiances after that war. Having come to power in 1989 as a fierce supporter of union with Serbia, he reinvented himself a decade later into the biggest anti-Serb in the former Yugoslavia, a fairly daunting task.
Djukanovic aided the US-backed activists in their October 2000 coup that seized power in Belgrade, arguing that Montenegro’s suddenly-discovered problems with Serbia were due to a deficit of democracy. Within months, however, he was campaigning for independence. NATO and the EU were happy to oblige. They first negotiated an agreement between Montenegro and Serbia, abolishing the very name of Yugoslavia and proclaiming a “State Union.” Within three years, right on script, Djukanovic called a referendum on independence.
A
video surfaced of Djukanovic agents openly buying votes, persuading people to
“break their minds” and vote yes. Tens of thousands of Montenegrins living in Serbia were disenfranchised, while buses and charter jets of ‘Bosnians’ and ‘Kosovars’ were brought in. On May 21, 2006, the separatists won by fewer than 2,000 votes, or 0.5 percent. The US-controlled government of Serbia shrugged and accepted the outcome.
Djukanovic proceeded to turn Montenegro into a virulently anti-Serb society, establishing a new “Orthodox Church,” proclaiming a new language, and essentially redacting all mention of the country’s Serb identity from history books and literature. The crowning achievement of this ‘identity change’ would be membership in NATO and the EU.
The regime in Belgrade, which oscillates madly between practical submission to NATO and gestures of eternal friendship towards Russia, doesn’t appear too concerned about Montenegro’s membership in the aggressive military bloc. Neither, for that matter, does Moscow.
“This is their personal matter, it’s their personal choice. It’s up to them to decide on this. If they think that this will benefit their national security, then this is so,” is how Yevgeny Lukyanov, Deputy Secretary of Russian Security Council, commented on Montenegro’s NATO membership to reporters on Monday,
according to TASS.
Is it? So, one supposes, was the choice faced by Regent-Prince Pavle Karadjordjevic of Yugoslavia in March 1941, when Hitler and Mussolini pressured him to join the Tripartite Pact, promising safety in the Axis rear. Traumatized by the bloodbath of WW1, his government signed the pact, only to be overthrown in a coup two days later. The enraged Hitler – who needed the Balkans pacified before he could launch his invasion of the Soviet Union – ordered Yugoslavia
“wiped off the map,” postponing Operation Barbarossa from mid-May to late June. The end of that particular story was
commemorated on May 9 – though hardly by any NATO members, one should note.
Yugoslavia was literally decimated, and the USSR lost almost 27 million people fighting the Nazis, only for the modern map of Europe to look eerily like it did in 1942. Many of Hitler’s allies then are NATO members now, and German troops are once again in artillery range of Leningrad (now called St. Petersburg). Having secured Montenegro and expecting no resistance from “softly”occupied Serbia, NATO may be emboldened to act even more aggressively towards Russia. This is madness, of course, but there is an alarming lack of sanity in Brussels and Washington these days.
That is why Montenegro matters.