Come ricorda Natalija Meden su fondsk.ru, nel 1947 la libera città anseatica di Brema fu estromessa dalla zona di occupazione britannica per diventare un'enclave in quella americana, comoda agli USA perché comprendeva il porto di Bremerhaven, sul mar del Nord, che un anno dopo fu eletto a punto logistico del piano di Winston Churchill “Unthinkable” per un attacco all'Urss. Dopo settant'anni, venerdì scorso la Deutsche Welle annunciava che centinaia di mezzi militari USA – 250 carri armati, oltre a obici semoventi M-109, artiglierie pesanti, centinaia di mezzi “Humvee” e di trasporti truppe blindati – erano stati sbarcati al porto “Kaiserhafen” di Bremerhaven, per poi essere trasferiti in Polonia e Paesi baltici. Le operazioni di sbarco, iniziate mercoledì scorso, si sono concluse ieri con l'arrivo di tre cargo statunitensi (“Resolve”, “Endurance” e “Freedom”) e per tutta questa settimana i mezzi militari attraverseranno la Germania settentrionale a bordo di 900 vagoni merci per una lunghezza totale di 14 km. “Gli USA scaricano panzer in Germania per la guerra contro la Russia”, scriveva nei giorni scorsi la Bundesdeutsche Zeitung, aggiungendo allarmata che la carovana attraverserà “una serie di länder: Brema, Bassa Sassonia, Mecklenburg-Pomerania, Brandeburgo e forse anche Amburgo e Berlino”, con la Bundeswehr e la sua scuola di logistica di Garlstedt che “si fa carico dell'intera logistica di questa operazione militare”.
Insieme ai mezzi, giungono anche 3.500 militari della “Iron Brigade” della 4° Divisione di fanteria USA. Stando a rusvesna.su, altri duecentocinquanta soldati della 3° brigata meccanizzata della stessa 4° Divisione sono stati trasferiti direttamente a Breslavia, in Polonia, a bordo di aerei militari e nei prossimi giorni sono attesi a Illesheim, in Baviera, più di 60 elicotteri, tra cui 50 "Black Hawk" multiuso, oltre a 24 “Apache” da combattimento. L'arrivo del contingente statunitense in Europa – in tutto il 2017 è previsto l'invio di 5.700 militari USA – era stato annunciato nei primi giorni del 2017 dal portavoce del Ministero della difesa Peter Cook, ma già nella primavera scorsa il Segretario alla difesa Ashton Carter aveva parlato del dispiegamento in Europa di un'ulteriore brigata.
“La macchina da guerra è in movimento”, titola stamani la Junge Welt: “Dispiegamento di soldati alle frontiere orientali della NATO – la Germania è la chiave di volta per l'aggressione USA alla Russia”.
Al rafforzamento Nato a oriente, nota Deutsche Welle, contribuisce anche il Battaglione tedesco di circa 500 uomini stanziato in Lituania, a nord della cosiddetta “finestra” di Suwalki, una specie di saliente di circa 65 chilometri, in territorio polacco, per qualche ragione considerato il “tallone d'Achille” della Nato nella regione.
Ma, in Polonia e nei Paesi baltici, da diversi anni e soprattutto a partire dal 2014, militari americani, britannici, canadesi, tedeschi, stanno addestrando sia reparti regolari e battaglioni neonazisti ucraini, sia militari attivi e della riserva dei tre Paesi baltici. In questi ultimi, in particolare, si è preso a focalizzarsi sulla preparazione a una presunta “guerra partigiana” contro la “minaccia russa”. A tale preparazione, che sta andando avanti da almeno un anno, secondo il New York Times, che cita il generale Raymond Thomas, comandante delle US Special Operations Command, prendono parte attiva corpi speciali statunitensi; in particolare, secondo rusvesna.su, si tratterebbe di addestratori dei “berretti verdi” (Special Forces Operational Detachment-A), specializzati in operazioni di ricognizione e diversione dietro le linee. La presenza di tali distaccamenti sarebbe indirettamente confermata anche da alcune dichiarazioni pubbliche dell'ambasciatore USA a Riga, del tipo: “concentrano la preparazione sull'abilità da cecchino, nelle attività di genio e brillamento e nelle comunicazioni da campo". In generale, il fatto che, sia da parte dei Paesi baltici, sia da parte statunitense, si stia dando pubblicità alla cosa che, dal punto di vista strettamente militare non può certo rappresentare un “pericolo”, costituisce un preciso segnale lanciato a Mosca.
Dunque, “è possibile scongiurare il rafforzamento della Nato in Europa orientale?”, si chiede Andrej Polunin su svpressa.ru, che ricorda come, in ogni caso, Washington avesse già impegnato 3,4 miliardi di $ aggiuntivi al bilancio 2017 (quattro volte più che nel 2016), per l'aumento della presenza in Europa. A differenza delle altre due brigate USA presenti in Germania e Italia, questa terza brigata non disporrà di caserme proprie, essendo previsto un avvicendamento ogni nove mesi e sarà suddivisa tra Polonia, Paesi baltici, Romania e Bulgaria. In tal modo, viene formalmente rispettata la clausola base del trattato Russia-Nato del 1997, secondo cui l'Alleanza non deve dispiegare in modo permanente “forze militari considerevoli” in Europa orientale. Ma, comunque, nota il politologo Mikhail Aleksandrov, Barack Obama ha dato il via con un mese di anticipo, prima dell'insediamento di Donald Trump, al dislocamento della 3° Brigata, programmato dal vertice Nato di Varsavia del luglio 2016 e che prevede l'arrivo di quattro Battaglioni in Polonia e Paesi baltici. Battaglioni che, in forza della loro natura di forze di pronto intervento, in brevissimo tempo possono costituire una forte testa di ponte, puntata soprattutto sull'area di Kaliningrad, con le flotte tedesca e polacca che tengono a guardia la flotta russa del Baltico. Secondo Aleksandrov, la risposta russa più appropriata potrebbe consistere, più che in un concentramento di forze nella regione di Kaliningrad (per sua natura, non in grado di accogliere un numero sufficiente di truppe) nella creazione di due armate corazzate da dislocare ai confini con Estonia e Lettonia, pronte a intervenire in caso di attacco occidentale su quella direttrice. Ma, prima di tutto, a parere del politologo, Mosca dovrebbe cercare di convincere Donald Trump a rivedere la decisione di Obama sul dispiegamento delle forze USA e Nato in Europa, che porterebbe a un'adeguata risposta russa e a una spirale al rialzo che lascerebbe gli USA sguarniti sui fronti asiatico e mediorientale.
Non è difficile osservare come l'amministrazione americana uscente, proprio nelle ultime settimane, si stia dando un gran daffare per creare i maggiori ostacoli al possibile entente Washington-Mosca. Ne è un esempio anche la preoccupazione Nato per il possibile riavvicinamento alla Russia del neo presidente moldavo Igor Dodon che, nonostante la maggioranza parlamentare euroatlantica, ha iniziato un “repulisti” ai vertici militari – a partire dal dimissionato Ministro della difesa, il liberale Anatol Șalaru – legati alla Nato nel quadro del cosiddetto Individual Partnership Action Plan. La Moldavia è un obiettivo significativo nel contesto aggressivo dell'Alleanza, non foss'altro perché confina con la Romania – che dal maggio scorso ospita il sistema “Aegis”, forte di missili USA Mk-41 – e l'Ucraina.
Per il momento, purtroppo, sembra che le uniche resistenze ai piani USA e Nato siano limitate a quelle poche centinaia di pacifisti che, come riporta Junge Welt, attenderanno i convogli militari che nei prossimi giorni attraverseranno la Germania e che, contro quello che la BBC definisce il più grande dispiegamento Nato dalla fine della guerra fredda, sabato scorso si erano dati appuntamento al porto di Bremerhaven, riunendo attivisti del Forum di Brema per la pace, militanti di Die Linke, del DKP di Brema e dell'Associazione della Comunità curda.
Che, ad altre latitudini, la strategia atlantica venga tenuta molto sul serio, lo testimonia il fatto che proprio oggi la Rossijskaja Gazeta riporta la notizia di emendamenti alla legge russa sull'obbligo di servizio militare, secondo cui si “consente di concludere contratti temporanei, per un massimo di 12 mesi, con richiamati e riservisti”, apparentemente per la lotta “contro i terroristi fuori dei confini russi e per spedizioni navali”. Sarà un caso.
Kriegsmaschine rollt
Truppenaufmarsch an NATO-Ostgrenze – BRD ist Drehkreuz für US-Aggression gegen Russland. Friedensaktivisten protestieren
Von Sönke Hundt, BremenDer US-Aufmarsch gen Osten ist in vollem Gange, und die BRD ist das Drehkreuz für diese Kriegsmaschinerie. Bundeswehr und private Unternehmen agieren als willige Vollstrecker der Aggression gegen Russland. Doch es gibt auch Widerspruch: Auf ihrem Weg werden die Militärs von protestierenden Friedensaktivisten erwartet.
Bereits am Mittwoch hatte der erste Frachter »Resolve« (Entschlossenheit) und am Freitag der zweite mit dem Namen »Endurance« (Ausdauer) im Bremerhavener Kaiserhafen angelegt. Am Sonntag kam der dritte an. 2.500 »Ladungsstücke«, darunter 446 Kettenfahrzeuge einschließlich Kampfpanzern und 907 Radfahrzeuge, werden entladen und in den kommenden Tagen nach Polen und von dort weiter nach Litauen, Estland und Lettland transportiert. Dafür sind unter anderem 900 Bahnwaggons im Einsatz, die aneinandergereiht rund 15 Kilometer lang wären. »Bis zum 16. Januar werden täglich drei Züge mit Militärgerät rollen«, sagte ein Sprecher des Landeskommandos Brandenburg der Bundeswehr laut NDR. Außerdem sind etliche Konvois auf den Straßen unterwegs. Es ist die Ausrüstung für 4.000 Soldaten der in Colorado stationierten 3. Kampfbrigade der 4. US-Infanteriedivision (»Iron Brigade«). Sie lassen künftig an der NATO-Ostgrenze gegenüber Russland provokativ die Muskeln spielen. Eine Vorhut ist bereits am Sonnabend angekommen, rund 250 US-Soldaten landeten im polnischen Wroclaw, wie die Nachrichtenagentur PAP berichtete.
Die gesamte Operation »Atlantic Resolve« läuft offiziell unter der Verantwortung des US-Militärs. Aber die Streitkräftebasis der Bundeswehr ist für die gesamte Logistik verantwortlich. Und das Löschen der Frachter übernimmt die Bremer Lagerhaus-Gesellschaft (BLG), die dieses Geschäft schon seit 1945 für die US-Army betreibt. Mit sichtlichem Stolz verkündete deren Sprecher im Regionalfernsehen: »Alle Panzer werden mit eigenen Fahrern entladen.«
Gegen den größten NATO-Aufmarsch seit Ende des Kalten Krieges hatte in Bremerhaven ein breites Bündnis – darunter das Bremer Friedensforum, die Partei Die Linke, die DKP Bremen, der Kurdische Gemeinschaftsverein – am Sonnabend zur Demonstration am Liegeplatz der Panzerfrachter aufgerufen. Etwa 400 Menschen kamen zum Hafen. Sebastian Rave, Mitglied des Landesvorstandes der Linkspartei Bremen, erklärte: »Wir trotzen hier der Kälte, weil wir keinen neuen Krieg haben wollen.« Wie schon während der Proteste im Jahr 1983 zu Zeiten des NATO-Doppelbeschlusses müsse auch heute klar sein: »Bremerhaven ist kein ruhiger Hafen für das Militär!«
Tobias Pflüger vom Linke-Bundesvorstand ging auf die Verantwortung der Bundeswehr und der BRD-Regierung ein. Sie würden sich aktiv an der Kriegsvorbereitung beteiligen. Die Ansage, die US-amerikanische Panzerbrigade solle nach neun Monaten wieder ausgetauscht werden, sei nichts als »Trickserei«, deren Verlegung in Wahrheit ein Bruch des NATO-Russland-Abkommens. Das sollte die Stationierung von Militär des Paktes in Osteuropa ausschließen. Auf Donald Trump wollte Tobias Pflüger lieber keine Hoffnungen setzen. »Ich rechne damit, dass der nächste US-amerikanische Präsident diesen Aufrüstungskurs nicht nur fortsetzen, sondern vermutlich sogar eskalieren wird.«
Anfang dieser Woche sollen weitere Proteste gegen die Militärtransporte stattfinden. So sei etwa geplant, am Montag gegen 18 Uhr am Truppenübungsplatz Lehnin im Landkreis Potsdam-Mittelmark, auf der Straße zwischen Emstal und Busendorf, zu demonstrieren, war von Aktivisten zu erfahren.