Prenos tela podudara se s 70-om godišnjicom smrti Viktora Emanuela III, koji je sahranjen u Aleksandriji u Egiptu.
Viktor Emanuele III odrekao se u maju 1946. godine prestola u korist sina, Umberta II, a mesec dana nakon toga na referendumu je uspostavljena Italijanska Republika.
Viktor Emanuele umro je u Aleksandriji, Egiptu, godinu nakon odlaska iz Italije, a njegova udovica ostala je u izgnanstvu u Francuskoj.
Kraljica Jelena umrla je u Monpeljeu 1952. godine.
Jelena Petrović Njegoš bila je šesta kćerka crnogorskog kralja Nikole i kraljice Milene.
Imala je petoro dece.
RTCG navodi da su zasluge Jelene Savojske za italijanski narod bile su tolike da je katolički biskup Rišar iz Monpeljea inicirao da se ona proglasi za sveticu.
(Tanjug/Telegraf.rs)
su Il Manifesto del 19.12.2017
Sono poco interessato alla sede sepolcrale che raccolga i resti di Vittorio Emanuele III, detto «Sciaboletta».
Scongiurato il Pantheon o Superga, sono finiti in un santuario piemontese: in fondo una «cristiana sepoltura» non si nega a nessuno.
Ma, come’è ovvio, «la questione è politica»: e un breve ripasso storico ci può aiutare a capire e giudicare.
Davanti alle polemiche sollevate da più parti, si è dovuto constatare qualche difesa d’ufficio, volta a sminuire le responsabilità del «re vittorioso», e della casata sabauda. Sono risonate parole già udite in passato: il buon re Vittorio non era consenziente con le sciagurate iniziative del Duce, anche se, sbagliando, sottoscrisse gesti politici, iniziative diplomatiche, atti giuridici, che sarebbe stato bene non avesse sottoscritto.
E a chi incalza, ricordando che comunque egli fece tutto questo, si risponde che il re lo fece un po’ per quieto vivere, un po’ per debolezza, un po’ per via dell’isolamento in cui era stato confinato da rapporti di forza sfavorevoli con il fascismo.
Insomma, un sovrano più «actus» che «agens», che assomiglia tanto al Mussolini di Renzo De Felice, che «non voleva», che «non era d’accordo», che «venne costretto a…».
A coloro che invece imprecano contro questo ennesimo «ritorno dei Savoia», va ricordato, tuttavia, che le colpe di quel bel tomo che ha trovato infine da ieri l’eterno riposo terreno, sono ben antecedenti alle infami leggi razziali del 1938: in sintesi, la sua intera carriera politica è stata all’insegna del tradimento degli interessi della nazione, della volontà del suo popolo, degli stessi orientamenti politici del Parlamento. Nel maggio 1915 egli firmò l’entrata in guerra dell’Italia, contro il volere della larga maggioranza del Parlamento, d’accordo soltanto con il primo ministro (Salandra) e il responsabile degli Esteri (Sonnino)..
Si trattò di un vero e proprio colpo di Stato: il primo di una serie, come ricordò il grande Luigi Salvatorelli.
Il modo con cui l’esercito – di cui il re era pur sempre il comandante in capo – nella persona del suo capo militare, il generale Luigi Cadorna (poi sostituito da Armando Diaz), affrontò la crisi di Caporetto nell’autunno ’17 fu vergognoso: l’aver dar la colpa ai soldati «vilmente arresisi», costituì un’autentica infamia. Seguirono persecuzioni verso i socialisti, accusati di avere provocato la disfatta, una pessima gestione dei profughi italiani provenienti dalle terre venete invase dal nemico austro-germanico, e via seguitando.
In quella guerra il fascismo affondò le sue radici, ed ecco che si arrivò al secondo colpo di stato di Vittorio: la mancata firma del decreto di stato d’assedio per fronteggiare la Marcia Su Roma, deciso dal Governo Facta, l’ultimo dei ministeri liberali, aprendo così la strada all’avvento mussoliniano al potere.
Un’azione palesemente illegale, un attacco armato alla capitale del Regno, da parte di un partito militare come il Pnf, venne tranquillamente accolto dal sovrano, che non solo ritirò il decreto, ma due giorni dopo accolse in pompa magna Mussolini che sfacciatamente gli sibilò: «Maestà vi porto l’Italia di Vittorio Veneto», e fu preso sul serio.
Nel Ventennio il re, checché ne dicano «storici» compiacenti, appoggiò e sostenne ogni impresa del Duce, al quale concesse addirittura la massima onorificenza della casa regnante, il Collare dell’Annunziata, che rendeva Mussolini «cugino» di Vittorio.
Fra le tante bassezze e illegalità commesse da colui che avrebbe dovuto difendere lo Statuto Albertino – ossia la Costituzione – e lo violò ripetutamente, ricordo la firma del decreto che dichiarava decaduti i deputati aventiniani, nel 1926, e il pacchetto delle leggi fascistissime di Rocco, a cominciare dalla istituzione di un Tribunale Speciale: una incredibile fuoruscita dallo Stato di diritto.
In questa deriva, la firma delle leggi razziali furono la ciliegia sulla torta.
L’arresto di Mussolini, il 26 luglio ’43, dopo giorni di terribili (e vigliacchi) bombardamenti alleati su Roma, lungi dal costituire un gesto riparatorio, fu un nuovo atto illegale: il terzo colpo di Stato del re.
In fondo Mussolini era il capo del governo «legittimo» (reso tale da leggi illegittime), che fino al giorno prima aveva governato col pieno assenso del re. Il cui tardivo risveglio certo non può assolvere Vittorio. La successiva fuga ignominiosa al Sud, mentre l’esercito si squagliava e il Centronord era lasciato in mano ai tedeschi, fu l’ultimo oltraggio alla dignità e alla libertà d’Italia.
Insomma, se questo è un re vittorioso…
Tiziano Tussi
17/12/2017
Questa la dizione perfetta della XIII disposizione finale e transitoria della nostra Costituzione sino alla fine di ottobre del 2002
I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l\'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.
I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.
Il primo ed il secondo comma sono stati aboliti dalla legge costituzionale del 23 ottobre 2002.
Il tutto fatto senza aver sollevato allora particolari dimostrazioni di protesta, neppure dell\'ANPI. Ora ci ritroviamo sia i discendenti sabaudi che appaiono in troppe trasmissioni televisive, e lasciamo perdere ogni commento alle performances di Emanuele Filiberto, sia alla presenza di un re in pectore che molti anni fa ha sparato con un fucile verso una barca attraccata vicino alla sua, nel mare tra Sardegna e Corsica, uccidendo un giovane tedesco. Omicidio che il re senza trono non ha praticamente pagato dato che è stato condannato ad una pena ridicola, sei mesi, per porto abusivo d\'armi.
Bene, eliminati gli ostacoli personali - ma tenutisi gli averi della corona, almeno quelli che sono stati nelle possibilità di prendersi -, lo stato italiano permette ai resti di Vittorio Emanuele III di ritornare in Italia, come se questo ritorno fosse una riconciliazione storica come un\'altra. Come se il tutto fosse condito nella solita zuppa della pietà per i morti. Strano comportamento questo del governo, che manda un aereo militare in Egitto a prendersi ciò che rimane del re piccolino.
Proprio un deputato del partito che lo mantiene in vita, il governo intendo, il partito del PD, tale Emanuele Fiano, figlio di un deportato nei campi nazisti, è il primo firmatario di una legge che eleva a reato la divulgazione di analisi e posizioni fasciste. Sempre il PD ha convocato recentemente una manifestazione a Como proprio contro i rigurgiti fascisti in quelle zone, e, per estensione, nell\'Italia tutta. Altra istituzione, altro luogo. Il 12 dicembre di quest\'anno in Piazza Fontana, il sindaco Beppe Sala, uomo eletto con i voti del PD a Milano, in piazza richiama \"all\'antifascismo militante\", testuale. Insomma, parrebbe che l\'antifascismo abbia sfondato tutte le porte nel governo di centro sinistra.
Ed adesso ci becchiamo il ritorno della salma di un re che ha aperto le porte al fascismo, al nazismo, alle leggi antisemite del 1938, a ben due guerre mondiali. La prima, utilizzando D\'Annunzio come capopopolo per convincere gli italiani pacifisti, per la seconda assecondando totalmente il duce del \"vincere e vinceremo\". Un sovrano fra i peggiori della già orribile monarchia sabauda - basterebbe vedere le giravolte di alleanze nelle guerre europee del 1700 - per giungere alle sconcezze del 1900. Ed è a questi bei tipi che il governo antifascista e tutto l\'entourage del PD ha aperto l\'inumazione in un sacrario del Piemonte. Aspettiamo la traslazione, tra poco, per carità, a Roma, al Pantheon, cosa che il prode Emanuele Filiberto già reclama.
Questa come ogni altra considerazione e comportamento del nostro spudorato governo che dice una cosa e ne fa un\'altra, cercando con le parole pezze giustificative, delle toppe, alle sue lacerazioni, che il Paese deve poi pagare. E non stiamo ad ascoltare le insulse parole del sindaco del piccolo paese, Vicoforte nella provincia di Cuneo, in cui si trova il mausoleo. La storia ha già dato un giudizio negativo di questo re. Il resto riguarda l\'ignoranza civile e culturale di persone che non hanno capacità di tenere una dirittura morale civile. La difficoltà del dovere essere moralmente retti.
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