Commemorata la ribellione dei Rom rinchiusi ad Auschwitz

1) Una pagina di rivolta contro lo sterminio. La ribellione dei Rom nel lager di Auschwitz-Birkenau (F. Rucco)
2) Auschwitz, la rivolta degli ultimi (A. De Biasi)
3) Rom e sinti: lo sterminio nazista (Patria Indipendente)


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Una pagina di rivolta contro lo sterminio. La ribellione dei Rom nel lager di Auschwitz-Birkenau

di Federico Rucco, 15 maggio 2018

Il 16 Maggio 1944, nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, le SS in armi si presentarono agli ingressi dello Zigeunerlager (il campo di stermimio degli “zingari”) per liquidare gli ultimi 5000 Rom e Sinti, donne, uomini e bambini che vi erano rinchiusi..
Normale amministrazione, tutti in fila per entrare nelle camere a gas e poi nei forni crematori, ma questa volta succede qualcosa di anormale: gli “zingari, questi vagabondi, queste persone indegne di vivere”, invece di subire si ribellano. Donne e uomini con ogni mezzo oppongono resistenza e, fatto inaudito, le SS si ritirano, il massacro è sospeso. La rivolta degli “zingari” nel 1944 ad Auschwitz, insieme a quella degli ebrei del 1943 nel lager di Sobibor,  furono gli unici episodi di Resistenza attiva, mai verificatisi nei lager nazisti.
Settantaquattro anni dopo, in un convegno a Roma, per la prima volta in Italia, istituzioni e comunità Rom e Sinta ricordano insieme e commemorano quella giornata, fanno memoria  di  un atto di orgoglio e di dignità per: ricordare e onorare  lo sterminio dimenticato di oltre mezzo milione di Rom e Sinti,    quegli ultimi 5000 “zingari” dello Zigeunerlager, i circa 2000 più forti  che vennero trasferiti in altri Lager e poi i 2.897 rimasti, bambini, donne e vecchi, che  vennero sterminati tutti insieme nella notte del 2 Agosto di quello stesso anno.
L’iniziativa servirà a riflettere insieme sugli effetti che quel pregiudizio che portò allo sterminio ancora oggi produce, radicato nella coscienza collettiva che emargina Rom e Rinti considerati estranei e ostili perché diversi. Un pregiudizio che condanna all’emarginazione sociale e civile un popolo che chiede solo riconoscimento e rispetto, condizioni fondamentali per una normale convivenza.
L’iniziativa di Roma si colloca nell’ambito dei due giorni organizzati dall’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale (UNAR) in collaborazione con il Forum RSC per ricordare la rivolta dei Rom e dei Sinti dello Zigeunerlager di Auschwitz: con  un convegno il giorno 15 dalle 14.00 alle 17.00 presso la sede dell’UNAR   e il giorno 16 con  una visita all’ex campo di internamento di Agnone, in Molise.
Nel corso dell’incontro sarà consegnato un documento e presentata una testimonianza: due momenti per unire  un passato che non si vuole che si ripet  e un presente che ci riporta a quel passato.
All’incontro parteciperà anche  Tobbias, il giovane Rom suonatore di fisarmonica che il 10 Maggio  scorso,    sul tram numero 8, e  dopo aver intonato “o bella ciao”, è stato  aggredito da tre persone, spinto fuori dal tram e picchiato selvaggiamente davanti alla sua famiglia. “Zingaro di merda” gli dicevano distruggendogli la fisarmonica, mentre le persone intorno osservavano indifferenti. Nonostante la fisarmonica distrutta e due mesi di prognosi, Tobbias sarà con noi per intonare la sua canzone preferita, prima della partenza della delegazione del Forum RSC per Agnone, dove insieme al direttore dell’UNAR, Luigi Manconi, alcuni figli e parenti di internati incontreranno  le istituzioni locali e i ragazzi delle scuole per ricordare i tempi neri dei campi di internamento per soli “zingari” istituiti in Italia dal regime fascista a partire dall’11 Settembre del 1940.


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Auschwitz, la rivolta degli ultimi


Antonella De Biasi (18.5.2018)
Quando rom e sinti fecero resistenza alle SS. Mezzo milione i rom sterminati nei lager nazisti durante il “Samudaripen”. I mostruosi esperimenti del capitano delle SS Josef Mengele

Il 16 maggio del 1944 ad Auschwitz ci fu una rivolta. Nello Zigeunerlager, “il campo degli zingari”, avvenne l’unico episodio di resistenza in un lager. Le SS quel giorno avevano intenzione di sterminare circa 5mila uomini, donne e bambini, tra rom, sinti e manush, a cui era stato permesso di stare insieme, nelle stesse baracche, ultimi tra gli ultimi.
Le condizioni di vita nel settore occupato dai rom e sinti ad Auschwitz-Birkenau contribuirono al diffondersi delle epidemie di tifo, vaiolo e dissenteria che decimarono la popolazione del campo. Alla fine di marzo, le SS uccisero nelle camere a gas circa 1.700 rom, giunti pochi giorni prima dalla regione di Bialystock. Molti di loro erano già malati. Così quel giorno di primavera, il 16 maggio del 1944, gli amministratori del campo decisero di trucidare tutti gli abitanti dello Zigeunerlager.
Le guardie delle SS circondarono il settore nel quale vivevano i rom, per impedire a chiunque di fuggire. Quando fu loro ordinato di uscire, i rom e i sinti si rifiutarono perché erano stati avvertiti delle intenzioni dei tedeschi e si erano armati di tubi di ferro, vanghe e altri attrezzi usati normalmente per il lavoro.
I capi delle SS decisero così di evitare lo scontro diretto con quei rom caparbi e stremati e si ritirarono. Dopo aver trasferito 3mila tra rom e sinti ancora in grado di lavorare ad Auschwitz I e in altri campi di concentramento in Germania, tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate 1944, il 2 agosto le SS deportarono i rimanenti 2.898, come si legge sul portale dell’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti. La maggior parte di quei prigionieri era costituita da malati, anziani, donne e bambini. Furono uccisi quasi tutti nelle camere a gas di Birkenau. Un piccolo gruppo di ragazzini che erano riusciti a nascondersi durante le operazioni di trasferimento fu catturato e ucciso nei giorni successivi. Almeno 19mila dei 23mila rom che furono inviati ad Auschwitz morirono nel campo.
Eppure donne e uomini di un’etnia tanto denigrata ancora oggi – deperita per la fame e il freddo, maltrattata dagli aguzzini, sfiancata dai lavori forzati – riuscì a reagire, ad alzare la testa per non arrendersi alla brutalità e alla morte quel giorno di maggio nel lager. Erano uomini e donne che difendevano i loro bambini con le ultime forze rimaste: «non vi daremo i nostri piccoli perché li facciate uscire dai vostri camini. I vostri medici ne hanno già straziati tanti sperimentando la loro scienza mostruosa su di loro» gridavano, come si legge nella ricostruzione fatta da Davide Casadio, presidente della Federazione rom e sinti insieme in Italia sul suo blog.
Nel discorso pubblico il dolore e lo sterminio subìto dai rom e dai sinti durante il Terzo Reich non ha avuto – nel corso di più di settant’anni dagli eventi – pari dignità con le altre vittime dell’Olocausto. Furono mezzo milione i rom a perire vittime delle atrocità del nazifascismo durante il Porrajimos o Samudaripen, cioè i termini in lingua romaní usati per indicare lo sterminio del popolo rom durante la seconda guerra mondiale. Secondo Franciszek Piper, lo storico che dirige il Museo Statale Auschwitz-Birkenau, la maggior parte dei rom e sinti sono morti di fame e malattie. Dopo gli ebrei e i polacchi, i rom sono stati per numero il terzo gruppo nazionale sterminato dai nazisti ad Auschwitz-Birkenau.
Ad Auschwitz intere famiglie vivevano ammassate nel settore destinato ai rom e sinti.
I medici assegnati a quel complesso, come il capitano delle SS Josef Mengele, ricevettero l’autorizzazione a selezionare soggetti umani tra quei “particolari” prigionieri – considerati di “razza inferiore” – per i loro esperimenti pseudoscientifici. Mengele per i suoi test selezionò gemelli e nani, alcuni provenienti dalle famiglie rom e sinti del campo. Circa 35mila rom, adulti e adolescenti, erano rinchiusi in altri campi di concentramento tedeschi: i medici selezionarono i soggetti per le loro ricerche anche negli altri lager. Gli esperimenti avvenivano o nei campi stessi o in istituti situati poco lontano.
Nell’opera di narrativa Io non mi chiamo Miriam(edizioni Iperborea 2016), che abbiamo recensito su Patria Indipendente, la scrittrice e giornalista svedese Majgull Axelsson, raccontando la storia della protagonista, si è basata su eventi realmente accaduti: in particolare proprio sulla descrizione della resistenza opposta nel settore dei rom e sinti ad Auschwitz. Il documento da cui Axelsson ha attinto si chiama Voices of Memory 7: Roma in Auschwitz e riporta anche informazioni sulla cosiddetta “notte degli zingari” in cui appunto si consuma la vendetta nazista alla Resistenza dei rom nella quale, tra il 2 e 3 agosto 1944, circa in 3mila vennero uccisi con i gas e bruciati.
Dopo la guerra, la discriminazione contro i rom continuò in tutta l’Europa dell’est e in quella centrale. La Repubblica federale tedesca determinò che tutte le misure prese contro i rom prima del 1943 erano state misure ufficiali e legittime contro persone che avevano commesso atti criminali e non, invece, il risultato di politiche dettate dai pregiudizi razziali. Questa decisione impedì di fatto il riconoscimento di un risarcimento ai sopravvissuti per le migliaia di vittime rom, sinti, manush incarcerate, sterilizzate e deportate dalla Germania senza aver commesso alcun crimine. La polizia criminale della Baviera, dopo la guerra, prese possesso dei documenti frutto delle ricerche del regime nazista, incluso il registro dei rom residenti nella “grande Germania”. Nel 1979 infine il Parlamento della Germania occidentale riconobbe ufficialmente che la persecuzione dei rom e sinti ad opera dei nazisti era stata motivata dal pregiudizio razziale, consentendo così ai sopravvissuti di poter fare richiesta di risarcimento per le sofferenze e le perdite subite. A quel punto, però, molti tra coloro che avrebbero potuto presentare domanda erano già morti.
Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. È stata redattrice del settimanale La Rinascita. Ha scritto La Spa nell’orto (Ultra – Castelvecchi 2014) e curato il vademecum Il mio nome è ROM. Tutto ciò che devi sapere per non chiamarli “zingari”, con il contributo del programma “Fundamental Rights and Citizenship” dell’Unione Europea


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Rom e sinti: lo sterminio nazista


Redazione (18.5.2018)

Il messaggio della Presidente nazionale Anpi Carla Nespolo, per l’iniziativa del 16 maggio ad Agnone – promossa dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali (Unar) della Presidenza del Consiglio – in ricordo della rivolta (e del successivo sterminio) dei rom e dei sinti nel lager di Auschwitz

Come si ricorda in un articolo su questo numero di Patria Indipendente(“Auschwitz, la rivolta degli ultimi”), il 16 maggio 1944, nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, le SS si presentano agli ingressi dello Zigeunerlager (il campo degli “zingari”) per eliminare gli ultimi 5000 “gitani”, donne, uomini e bambini che vi sono rinchiusi. Questi però si ribellano e il massacro è sospeso. Circa 2000 vengono trasferiti in altri Lager e i 2.897 rimasti, bambini, donne e vecchi, vengono sterminati tutti insieme nella notte del 2 agosto di quello stesso anno. In occasione di questa ricorrenza Carla Nespolo ha inviato il seguente messaggio all’iniziativa di Agnone in memoria della rivolta: “Le grandi tragedie contemporanee dei rom e dei sinti sono due: il primo è il tentativo di genocidio perpetrato dai nazisti, che ne sterminarono quasi mezzo milione; il secondo è la rimozione di questo sterminio nella coscienza civile.
Come può un’Europa, un’Italia moderna, dimenticare, cancellare, ignorare? In questo oblio cresce il veleno della discriminazione, quella breve traccia che porta al razzismo. Nella società dello spettacolo in cui siamo immersi infastidisce una presenza sociale e umana distinta, con un’altra cultura, altre abitudini, altri stili di vita. E cresce l’esclusione come soluzione del problema, la simbologia della ruspa come della grande macchina per cancellare una realtà che non ci piace.
No, noi non ci stiamo, l’Anpi non ci sta. E chiediamo relazioni e integrazione. Lo chiediamo in primo luogo alle istituzioni. E lo chiediamo, meglio, lo rivendichiamo, in particolare oggi, a pochi giorni da un anniversario. Il 16 maggio 1944, nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, quattromila “zingari’, donne, bambini, uomini, si ribellano alle SS venute per condurli ai forni. Loro si ribellarono allo sterminio, si ribellarono a un potere che prima aveva loro negato i diritti e poi negò loro la vita. Si ribellarono, come in Italia – per conquistare libertà, eguaglianza e democrazia – si ribellarono i partigiani.
Da ciò il nostro primo compito: contrastare la rimozione, informare, ricordare ciò che è avvenuto.
Avvenne – conclude la Presidente nazionale dell’Anpi – per i rom e i sinti, avvenne per gli ebrei, avvenne per gli omosessuali, per gli oppositori politici, per tanti militari italiani. Abbiamo sempre detto, dal dopoguerra, mai più! Oggi, davanti a un mondo che sembra aver dimenticato ogni lezione del passato, lo diciamo con più forza. Continuiamo a fare memoria, a costruire civiltà”.