A new book about a weapon that was a taboo issue over many years: << Todesstaub – Made in USA >> by Frieder Wagner. ProMedia
Plus de 30 000 projectiles à l’uranium appauvri ont été lancés sur la Serbie durant les 78 jours de bombardements de l’Otan, en 1999. Jusqu’à présent, aucune recherche sérieuse n’a étudié les conséquences de ces bombes sur la santé de la population et l’environnement. Pourtant dans un récent rapport, le gouvernement serbe affirme que « plus d’un million d’enfants » pourraient avoir été contaminés...
Uranio impoverito e salute militari. Conclusi lavori della Commissione Parlamentare. Ecco cosa è emerso
Mai come questa volta il mondo militare della sicurezza è stato scandagliato in ogni sua piega anche più riposta. D’ora in avanti, sarà arduo non partire in qualsiasi analisi sul mondo militare dalla scoperta degli otto meccanismi procedurali e organizzativi che convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere. LA RELAZIONE
- Casi di militari gravemente ammalatisi, a seguito di esposizione ai fattori patogeni inclusinell’oggetto dell’inchiesta.
- Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, sia sul territorio nazionale che all’estero.
- Adeguatezza degli istituti indennitari e previdenziali.
- Rischio ambientale determinato dall’attività delle Forze armate nei poligoni di tiro, anche con riferimento ai territori limitrofi e alle popolazioni ivi residenti.
Rinviando alla lettura del Testo integrale della Relazione, si è cercato di sviluppare sinteticamente i diversi punti che compongono il documento. La presenza di amianto ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri. Tanto è vero che la Commissione d’inchiesta è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate.
Desta poi allarme la situazione dei teatri operativi all’estero. La Commissione ha dovuto constatare l’esposizione a inquinanti ambientali in più casi nemmeno monitorati. Questi due anni di investigazioni a tutto campo hanno consentito di fare finalmente piena luce sugli otto meccanismi procedurali e organizzativi che oggettivamente convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere:
1) datori di lavoro sprovvisti di autonomi poteri decisionali e di spesa;
2) ispettori “domestici”: nei luoghi di lavoro delle Forze armate, la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso la predetta amministrazioni. La loro azione si è dimostrata insufficiente;
3) DVR e DUVRI omessi o inadeguati: la diffusa inosservanza degli obblighi inerenti alla valutazione dei rischi risulta perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive. Una conferma si trae dall’esame dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Comandante del Comitato Operativo Interforze, irremovibile in data 23 febbraio 2017 nel dichiarare che nei teatri operativi all’estero non sarebbe doverosa una stretta osservanza dell’obbligo di valutazione dei rischi;
4) Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e Medici competenti (MC) tra inerzie e note di linguaggio. In alcuni siti, RSPP e/o MC sono risultati addirittura assenti. Inoltre RSPP esaminati dalla Commissione hanno palesato seri limiti nello svolgimento della propria attività. Utile è prendere in considerazione le dichiarazioni dell’RSPP di Capo Teulada: “Ho appreso oggi che esistono altre tipologie di rischio, come quello delle nanoparticelle”;
5) RLS nominati dal datore di lavoro;
6) la crisi del CISAM e del CETLI: nel corso dell’inchiesta, il CISAM ha dichiarato la propria incapacità operativa a provvedere a una completa caratterizzazione radiometrica. Anche gli accertamenti sulle attività svolte dal CETLI NBC in merito a fattori di rischio chimici e biologici hanno evidenziato diverse criticità. Già nell’esame testimoniale dell’8 marzo 2017, il Direttore interinale del Centro Tecnico Logistico Interforze NBC aveva affermato che “l'ente non è in grado di effettuare analisi su particolato aerodisperso e nanoparticolato”;
7) un Osservatorio epidemiologico della difesa scientificamente non accettabile.
8) sanzioni pagate dallo Stato.
Basilare sarebbe, anzitutto, la ripresa nella prossima legislatura della Proposta di Legge Scanu AC 3925, firmata dalla quasi totalità dei componenti della Commissione, più che mai indispensabile al fine di garantire un’effettiva prevenzione contro i rischi incombenti su militari e cittadini. Dalla comparazione tra il trattamento riservato al personale delle Forze armate e quello garantito alla generalità dei lavoratori, compresi i dipendenti civili dello Stato, è risultato di tutta evidenza che la tutela indennitaria prevista dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è di maggior favore rispetto a quella garantita dall’equo indennizzo.
Inoltre, il percorso amministrativo che porta al riconoscimento della cosiddetta «causa di servizio» per le Forze armate non garantisce sufficientemente la terzietà di giudizio. Nel corso dei lavori, sono emerse rilevanti criticità che investono in primo luogo i temi della salute dei lavoratori e dei cittadini che vivono nelle aree adiacenti agli insediamenti militari, nonché della salubrità degli ambienti. La Commissione non ritiene accettabile che l’adozione di misure di prevenzione e sicurezza nei poligoni e nelle strutture industriali della difesa possa essere condizionata dalla indisponibilità di mezzi finanziari adeguati.
È auspicabile che le disposizioni recentemente varate nell’ambito della manovra di bilancio per il triennio 2018-2020 possano concorrere a modificare questa situazione e segnare una decisa inversione di tendenza rispetto a una realtà di grave compromissione dell’ambiente e di colpevole inerzia delle istituzioni che avrebbero dovuto assicurarne la salvaguardia.
Dal primo gennaio sono in vigore nuove norme che regolano l’attività dei poligoni militari. Il testo, elaborato in Commissione e approvato con la Legge di Bilancio (articolo 1, comma 304), mette ordine tra le diverse criticità, a cominciare dalla dispersione nel territorio dei residui dei colpi esplosi nel corso delle esercitazioni militari. Per evitare la potenziale contaminazione dell'area circostante, si rende necessaria una rapida e generalizzata attività di recupero, che presuppone la puntuale conoscenza di tutti i colpi in partenza, qualunque sia la Forza Armata che svolge le esercitazioni militari. In particolare, con la nuova norma viene introdotto presso ciascun poligono e sotto la responsabilità del comandante, il registro delle attività a fuoco, nel quale sono annotati il munizionamento utilizzato, la data dello sparo e i luoghi di partenza e di arrivo dei colpi. Il registro è esibito agli organi di vigilanza e di controllo ambientali (ISPRA e ARPA) e di sicurezza e igiene del lavoro, per gli accertamenti di rispettiva competenza.
Si tratta di un’importante innovazione, sul piano della trasparenza delle procedure e dei controlli, poiché si prevede che l’attività di vigilanza sull’applicazione della normativa ambientale, anche in aree appartenenti al demanio militare, possa essere svolta dalle amministrazioni titolari di queste funzioni, diverse dalle Forze Armate, e quindi collocate in quella posizione di terzietà e indipendenza. Un altro elemento di forte innovazione riguarda l’introduzione del piano di monitoraggio permanente sulle componenti di tutte le matrici ambientali in relazione alle attività svolte nel poligono. Con un’ulteriore disposizione si prevede la possibilità di istituire un Osservatorio ambientale regionale sui poligoni militari.
Nel complesso, sono entrate a fare parte dell’ordinamento una serie di disposizioni che coronano l’attività di inchiesta svolta dalla Commissione e ne raccolgono l’indirizzo di fondo, rivolto alla realizzazione di una gestione più trasparente delle attività addestrative, alla garanzia della tempestività e della completezza delle attività di bonifica e al rafforzamento delle funzioni di vigilanza e controllo sul rispetto della normativa in materia ambientale.
Tra i temi approfonditi dalla Commissione, fanno spicco anche quelli concernenti la sorveglianza sanitaria e la profilassi vaccinale sul personale dell’Amministrazione della Difesa. La Commissione, al fine di garantire una effettiva tutela della salute (e della sicurezza) dei militari impegnati in Italia e all’estero, nonché per perseguire la sicurezza nella somministrazione dei vaccini, nell’ottica dell’eliminazione o quanto meno della massima riduzione del rischio di effetti negativi conseguente all’uso di vaccini in dosi multiple, raccomanda l’utilizzo di vaccini monodose, stante la concreta possibilità che il militare, data l’età adulta, risulti già immunizzato contro alcuni antigeni contenuti nei vaccini in dosi multiple. Si raccomanda altresì che non vengano inoculati, in un’unica soluzione, più di cinque vaccini, essendo questa la soglia oltre la quale possono verificarsi eventi avversi.
Si raccomanda ancora una particolare attenzione all’anamnesi pre-vaccinale. Data la rilevanza dei temi affrontati nelle osservazioni del gruppo di lavoro sui vaccini ai fini di un’adeguata tutela della salute dei militari, la Commissione provvederà a trasmetterle all’Istituto Superiore di Sanità per una indispensabile valutazione scientifica dei relativi contenuti. Se la considerazione della specificità del “mestiere delle armi” può senza dubbio motivare per alcune fattispecie l’adozione di discipline speciali, essa non può tradursi, come di fatto sembra essersi verificato per le materie di cui si è occupata la Commissione, nella teorizzazione e soprattutto nella pratica di uno spazio operativo separato e privo di controlli esterni.
Poiché la conclusione della Legislatura ha coinciso con la decisione del Governo di inviare un contingente militare italiano in Niger, la Commissione, sulla scorta della documentazione acquisita, raccomanda al prossimo Parlamento di vigilare con il massimo scrupolo sulle modalità di realizzazione della missione, anche per quanto attiene alla valutazione dei rischi, all’idoneità sanitaria e ambientale dei luoghi di insediamento del contingente, alla congruità delle pratiche vaccinali adottate e alle pratiche di sorveglianza sanitaria. È essenziale che, anche nel prossimo Parlamento, non venga abbandonato un terreno di riflessione sulla necessità di mantenere fermo l’equilibrio tra le prerogative di discrezionalità, di cui le Forze Armate godono e devono godere in quanto pubblica amministrazione, e l’affermazione inequivoca della centralità del ruolo del Parlamento e del Governo nell’esercizio della funzione di indirizzo politico.
Ambizioso appare l’obiettivo che la Commissione si è proposta di raggiungere: quello di essere, non solo la quarta, ma soprattutto l’ultima Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito. Il suo bilancio è altamente positivo, in particolare sotto tre profili. Un primo profilo concerne la tutela ambientale nei poligoni di tiro nazionali, sollecitata dalle apposite modifiche normative introdotte nell’ambito della legge di bilancio per il triennio 2018-2020 in seguito a un’apposita proposta di legge preparata dalla Commissione. In secondo luogo, grazie a una molteplicità di accertamenti mirati (sia esami testimoniali, sia richieste di documentazioni), si è oggettivamente ottenuto un risultato non perseguito, ma quanto mai gradito: e, cioè, in più casi la scomparsa come d’incanto di comportamenti o situazioni contrastanti con le norme vigenti in materia di sicurezza del lavoro.
Il terzo profilo: mai come questa volta il mondo militare della sicurezza è stato scandagliato in ogni sua piega anche più riposta. D’ora in avanti, sarà arduo non partire in qualsiasi analisi sul mondo militare dalla scoperta degli otto meccanismi procedurali e organizzativi che convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le responsabilità dei reali detentori del potere.
Spetterà ancora al prossimo Parlamento approvare due capitoli fondamentali quali quelli attinenti alla sicurezza sul lavoro e alla tutela previdenziale. Tanto più che i principi ispiratori delle proposte elaborate al riguardo dalla Commissione - e, in ispecie, il superamento della giurisdizione domestica in materia di sicurezza del lavoro e un nuovo regime previdenziale ed assistenziale per il personale militare - hanno riscosso il consenso anche di altri comparti del settore sicurezza, quali le forze di polizia, la guardia costiera e la polizia penitenziaria. E per giunta hanno espresso parere favorevole i ministeri della Difesa, dell’Interno, della Giustizia, delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché il ministero del Lavoro.
In questo quadro, per dare concretamente seguito alle proposte di miglioramento dei livelli della salute e sicurezza e della tutela previdenziale del personale delle Forze armate e del comparto sicurezza, la Commissione chiede al Governo di avviare un tavolo di concertazione tra il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Interno, gli altri ministeri interessati, e l’INAIL per definire le più efficaci modalità di transizione dal regime vigente a quello che entrerà in vigore dopo l’auspicata approvazione, da parte del prossimo Parlamento, della proposta di legge elaborata da questa Commissione.
Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali
Università degli Studi di Salerno
09 febbraio 2018
Uranio impoverito e salute militari. Necessaria l’approvazione della proposta di legge Scanu
Per dare seguito alle proposte di miglioramento dei livelli della salute e sicurezza e della tutela previdenziale del personale delle Forze armate e del comparto sicurezza, si è chiesto al Governo di avviare un tavolo di concertazione per definire le più efficaci modalità di transizione dal regime vigente a quello che entrerà in vigore dopo l’auspicata approvazione, da parte del prossimo Parlamento, della proposta elaborata dalla Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito.
Nel nostro Paese ha detto il parlamentare dei Balcani, da studi fatti nel periodo 2000-2004 sulla popolazione infantile e le malattie vascolari congenite, è stato accertato che la percentuale di queste patologie ha raggiunto il 14,8 per cento, rispetto a quella europea dello 0,8 per cento. Nel periodo antecedente i bombardamenti in Serbia, i valori erano uguali a quelli del resto dell’Europa.
“Ecco perché - ha detto il Presidente Scanu, introducendo la conferenza stampa - respingo con determinazione le accuse sollevate da più parti all’indomani della presentazione della Relazione finale, definendo inacettabili i risultati della medesima Commissione. In quella occasione anche il Ministro della Difesa Pinotti, altrettanto inopinatamente, stigmatizzò il nostro atteggiamento parlando di una criminalizzazione delle Forze Armate, orchestrata proprio dalla Commissione. Dieci giorni fa abbiamo inviato al Parlamento europeo e a tutti i gruppi parlamentari il risultato del nostro lavoro, ribadendo il valore scientifico e politico di quanto in essa riportato e sottolineando che tutto ciò rende internazionale il nostro lavoro, affinchè tutte le assocazioni potessero divulgarla nel resto del mondo”.
Speranza di Scanu è che la Serbia "possa attingere dalla nostra conoscenza, attraverso un travaso di esperienze che diventerà patrimonio anche della Serbia. Si tratta di aree tragicamente colpite dalle atrocità di una guerra resa disumana per le modalità impiegate".
"La relazione - replica Laketic - dimostra un grande valore e coraggio della Commissione.. Dal punto di vista scientifico i risultati sono molto rilevanti. La relazione finale ha fatto fare un passo avanti sulla coscienza ecologica, in Italia ma non solo. Stiamo cercando da tempo di capire quali sono le cause di queste malattie che colpiscono specialmente le nuove generazioni. Sono certo che la relazione ci aiuterà ad andare fino in fondo. Al mio rientro in Serbia proporrò alla Commissione Salute e Famiglia del Parlamento serbo di costituire una simile commissione d'inchiesta nel parlamento serbo simile a quella che esiste in Italia".
Con la relazione finale si è fatta finalmente chiarezza su argomenti per i quali c’erano non poche perplessità e ancora numerosi dubbi:
• Casi di militari gravemente ammalatisi, a seguito di esposizione ai fattori patogeni inclusi nell’oggetto dell’inchiesta.
• Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, sia sul territorio nazionale che all’estero.
• Adeguatezza degli istituti indennitari e previdenziali.
• Rischio ambientale determinato dall’attività delle Forze armate nei poligoni di tiro, anche con riferimento ai territori limitrofi e alle popolazioni ivi residenti.
• Rischi alla salute derivanti dall’esposizione all’amianto e al radon, e dalla somministrazione dei vaccini.
La presenza di amianto ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri. Tanto è vero che la Commissione d’inchiesta è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate. Desta poi allarme la situazione dei teatri operativi all’estero. La Commissione ha dovuto constatare l’esposizione a inquinanti ambientali in più casi nemmeno monitorati.
Questi due anni di investigazioni a tutto campo hanno consentito di fare finalmente piena luce sugli otto meccanismi procedurali e organizzativi che oggettivamente convergono nel produrre il duplice effetto di offuscare i rischi incombenti su militari e cittadini e nel contempo di arginare le
responsabilità dei reali detentori del potere:
1) datori di lavoro sprovvisti di autonomi poteri decisionali e di spesa;
2) ispettori “domestici”: nei luoghi di lavoro delle Forze armate, la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso la predetta amministrazioni. La loro azione si è dimostrata insufficiente;
3) DVR e DUVRI omessi o inadeguati: la diffusa inosservanza degli obblighi inerenti alla valutazione dei rischi risulta perfettamente funzionale a una strategia di sistematica sottostima, quando non di occultamento, dei rischi e delle responsabilità effettive. Una conferma si trae dall’esame dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Comandante del Comitato OperativoInterforze, irremovibile in data 23 febbraio 2017 nel dichiarare che nei teatri operativi all’estero non sarebbe doverosa una stretta osservanza dell’obbligo di valutazione dei rischi;
4) Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e Medici competenti (MC) tra inerzie e note di linguaggio. In alcuni siti, RSPP e/o MC sono risultati addirittura assenti. Inoltre RSPP esaminati dalla Commissione hanno palesato seri limiti nello svolgimento della propria attività. Utile è prendere in considerazione le dichiarazioni dell’RSPP di Capo Teulada: “Ho appreso oggi che esistono altre tipologie di rischio, come quello delle nanoparticelle”;
5) RLS nominati dal datore di lavoro;
6) la crisi del CISAM e del CETLI: nel corso dell’inchiesta, il CISAM ha dichiarato la propria incapacità operativa a provvedere a una completa caratterizzazione radiometrica. Anche gli accertamenti sulle attività svolte dal CETLI NBC in merito a fattori di rischio chimici e biologici hanno evidenziato diverse criticità. Già nell’esame testimoniale dell’8 marzo 2017, il Direttore interinale del Centro Tecnico Logistico Interforze NBC aveva affermato che “l'ente non è in grado di effettuare analisi su particolato aerodisperso e nanoparticolato”;
7) un Osservatorio epidemiologico della difesa scientificamente non accettabile.
8) sanzioni pagate dallo Stato.
Basilare sarebbe l’approvazione della Proposta di Legge Scanu AC 3925, firmata dalla quasi totalità dei componenti della Commissione, più che mai indispensabile al fine di garantire un’effettiva prevenzione contro i rischi incombenti su militari e cittadini. Dalla comparazione tra il trattamento riservato al personale delle Forze armate e quello garantito alla generalità dei lavoratori, compresi i dipendenti civili dello Stato, è risultato di tutta evidenza che la tutela indennitaria prevista dall’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è di maggior favore rispetto a quella garantita dall’equo indennizzo.
Inoltre, il percorso amministrativo che porta al riconoscimento della c.d. "causa di servizio" per le Forze armate non garantisce sufficientemente la terzietà di giudizio. Per dare concretamente seguito alle proposte di miglioramento dei livelli della salute e sicurezza e della tutela previdenziale del personale delle Forze armate e del comparto sicurezza, la Commissione ha chiesto al Governo di avviare un tavolo di concertazione tra il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Interno, gli altri ministeri interessati, e l’INAIL per definire le più efficaci modalità di transizione dal regime vigente a quello che entrerà in vigore dopo l’auspicata approvazione, da parte del prossimo Parlamento, della proposta di legge elaborata da questa Commissione.
Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali
Università degli Studi di Salerno
09 marzo 2018
Prestò servizio a Forlì, addio al carabiniere Daniele Nuzzi. "Un'altra vittima dell'uranio impoverito"
Durante una missione di pace in ex Bosnia sarebbe venuto a contatto con uranio impoverito. I funerali si sono svolti mercoledì mattina
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Ancora due vittime tra i militari italiani che hanno partecipato a missioni nei Balcani ed esposti all'uranio impoverito. Secondo l'Osservatorio Militare, ad oggi sono 366 i morti e 7.500 i malati. Ora anche la Serbia ha istituito una commissione di indagine
"A soli due giorni dalla scomparsa di Daniele Nuzzi un altro militare ci lascia. Considerato il sopraggiungere improvviso del peggioramento e la successiva morte, l'Osservatorio ancora non ha avuto l'autorizzazione dalla famiglia a divulgare i dati".. È Domenico Leggiero, portavoce dell’Osservatorio Militare ad annunciarlo sulla pagina Facebook “Vittime dell’uranio impoverito ” il 18 aprile scorso.
Si tratta della morte della 366esima vittima per uranio impoverito tra i militari italiani, la cosiddetta “Sindrome dei Balcani”. Il caso era scoppiato nel 2001 con l’emergere dei primi casi di militari italiani ammalatisi o deceduti al rientro dalle missioni in Bosnia Erzegovina e Kosovo. Paesi che, assieme alla Serbia, erano stati bombardati dalla Nato - nel 1995 la Bosnia e nel 1999 gli altri due - con proiettili all’uranio impoverito (DU Depleted Uranium).
L'uranio impoverito deriva da materiale di scarto delle centrali nucleari e viene usato per fini bellici per il suo alto peso specifico e la sua capacità di perforazione. Quando un proiettile al DU esplode ad altissima temperatura rilascia nell'ambiente nanoparticelle di metalli pesanti. Ad oggi viene confermato dalla ricerca scientifica che questi proiettili sono pericolosi sia per la radioattività emanata sia per la polvere tossica che rilasciano nell'ambiente.
Daniele Nuzzi, deceduto lo scorso 15 aprile a soli 48 anni di età, aveva prestato servizio nel 1^ Reggimento Carabinieri Paracadutisti del Tuscania in diverse missioni in territori bombardati con il DU e al rientro in Italia si era ammalato. Come riportato dal comunicato stampa emesso dall’Osservatorio Militare nel giorno del suo decesso, "gli era stato negato dall’amministrazione militare il riconoscimento di vittime del dovere, ottenuto solo dopo qualche anno, attraverso il legale dell’Osservatorio Militare, e al momento aveva ancora in corso il procedimento giudiziario per il riconoscimento di un adeguato risarcimento".
Una questione che rappresenta dal 2001 una vera battaglia: tra chi nega l’esistenza di una correlazione tra esposizione al DU e malattia, e chi sostiene il contrario con numeri di morti e malati alla mano e sentenze di condanna a carico del ministero della Difesa.
Lo ha ricordato il giornalista Paolo Di Giannantonio, nell’apertura della conferenza tenutasi a Roma presso la Camera dei Deputati lo scorso 4 aprile, organizzata dall’Osservatorio Militare. Dopo aver fornito i numeri del prezzo pagato dai militari italiani impegnati in missioni di pace – ad oggi 7.500 malati e 366 decessi – ha aggiunto che il mancato riconoscimento da parte dello stato italiano dello stato di malattia, o decesso, ha portato molti militari a rivolgersi alle aule dei tribunali. "Sono state emesse 119 sentenze di condanna a carico del ministero della Difesa, tutte seguite dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, mentre sono ad oggi 352 le pendenze in corso di giudizio".
Tutto questo è avvenuto nonostante l’istituzione nel dicembre del 2000 della cosiddetta Commissione Mandelli , al quale è seguito il lavoro di indagine di ben quattro Commissioni parlamentari d’inchiesta che si sono susseguite tra febbraio 2005 e febbraio 2018, sulle complesse questioni che concernono l’utilizzo dell’uranio impoverito nelle missioni all’estero come nei poligoni e nelle installazioni militari in Italia.
Nella relazione finale dell’ultima Commissione , del 15 febbraio 2018, oltre a proporre un disegno di legge con diversi obiettivi relativi alla tutela dei militari, si è ribadito il "nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari" attraverso, come ha ricordato il 4 aprile a Roma Gianluca Rizzo, presidente della Commissione Difesa della Camera e anche membro della Commissione, "sette missioni, 50 audizioni libere, oltre 50 esami testimoniali, 33 collaborazioni esterne e 109 sedute".
La novità, rispetto al passato, è che la relazione è stata tradotta e consegnata da Gian Piero Scanu, presidente della quarta e ultima Commissione d’inchiesta, a Darko Laketić, attuale presidente della neonata Commissione di indagine sulle conseguenze del bombardamento Nato del 1999 sui cittadini della Serbia ("Komisija za istragu posledica NATO bombardovanja 1999. godine po zdravlje građana Srbije") in un incontro avvenuto a Roma a marzo 2018..
La messa a conoscenza delle indagini parlamentari realizzate in Italia, ma anche dei dati raccolti in vari studi epidemiologici che ha coinvolto i militari italiani, ha spinto la Serbia a istituire, due mesi dopo, una commissione. Secondo le dichiarazioni rilasciate da Laketić alla RTV lo scorso 19 marzo , la commissione ha già realizzato un’indagine medico-scientifica con la collaborazione dell’Istituto per la salute pubblica “Milan Jovanović Batut ” di Belgrado, centrata sui soggetti nati dopo il 1999 in Serbia centrale: "Dai primi risultati, emerge che nella fascia d’età 5-9 anni si ha una maggiore, e significativa, percentuale di malati rispetto ad altre fasce di età, oltre a una maggiore disposizione a contrarre nel tempo malattie tumorali maligne del sangue".
Ha inoltre aggiunto: "Sappiamo, dai dati in nostro possesso, che sull’insorgere delle neoplasia ha influito un fattore tossico, ma non sappiamo quale dei tanti (…). Rispetto all’uranio impoverito, che nel dibattito pubblico è dominante, devo infatti ricordare che il DU rappresenta solo la punta dell’iceberg. Perché a causa del bombardamento Nato sono state rilasciate nell’ambiente molte e diverse sostanze cancerogene".
Darko Laketić si riferisce alle bombe sganciate sulla Serbia tra il 24 marzo e il 10 giugno del 1999, con l’Operazione Allied Force, che hanno colpito fabbriche, industrie chimiche, depositi di materiale infiammabile e simili. Dai dati Nato, risultano essere stati bombardati con DU 112 siti di cui 1 in Montenegro, 10 in Serbia e 85 in Kosovo. Tra questi, le città di Pančevo e Kragujevac che la Task Force costituita dall'UNDP per indagare sulle conseguenze dei bombardamenti, definì "hot spot". Pančevo, il cui distretto industriale comprende anche un petrolchimico e una raffineria, è stato pesantemente bombardato a partire dal 24 marzo; Kragujevac è stata colpita tra il 9 e il 12 aprile e le bombe - come del resto a Pančevo - hanno provocato la diffusione di diversi agenti tossici e la combustione di agenti chimici.
Non solo. Alcuni mesi dopo la fine dei bombardamenti, il governo aveva stilato un piano di risanamento della fabbrica automobilistica “Zastava” di Kragujevac e gli operai si erano impegnati in prima persona nella bonifica affinché la produzione ripartisse quanto prima. La fabbrica - colpita, come si seppe poi, anche con proiettili al DU - è stata ripulita da decine di operai che, secondo le dichiarazioni pubbliche dei rappresentanti degli stessi, durante la bonifica hanno cominciato a contrarre neoplasie maligne e molti di loro sono poi deceduti.
Il caso di questi operai è stato persino affrontato nel 2007 in una seduta della seconda Commissione di indagine parlamentare italiana: a partire da informazioni sul caso Kragujevac recepiti da Pietro Comba, dirigente dell’Istituto Superiore di Sanità ed esperto di epidemiologia connessa a inquinamento ambientale, era stato proposto di avviare un’indagine epidemiologica approfondita sui circa 1500 operai definiti “casi a rischio” e di cui vi era traccia completa dei anagrafici e medici.
Non se ne fece nulla, né da parte italiana, né da parte serba. Solo il 17 aprile scorso la commissione di Laketić ha scelto Kragujevac come sede della loro sesta seduta . I membri della Commissione hanno incontrato, tra gli altri, anche una rappresentanza degli operai coinvolti nel 1999 nella bonifica della Zastava, dai quali si è fatta consegnare la documentazione medica.
Laketić, ha concluso il suo intervento del 4 aprile alla Camera dei deputati riportando alcuni dati: "In Serbia abbiamo un grande problema sanitario: assistiamo ad un significativo aumento dell’incidenza delle malattie maligne soprattutto nei giovani, mentre nei paesi dell’Ue è in calo. E siamo certi che dipende dall'esposizione a sostanze tossiche. Come Commissione abbiamo avviato la raccolta nelle zone bombardate con DU e alcuni casi mi hanno colpito molto. Ad esempio il gruppo di 40 persone che hanno bonificato la montagna Pljačkovica (vicino alla città di Vranje, distretto di Pčinj, sudest della Serbia, ndr) sulla quale c'era un ripetitore radiotelevisivo: subito dopo la bonifica tutti avevano presentato lesioni cutanee, 25 sono poi morti di tumori maligni.”
Infine, ha sottolineato l'importanza della collaborazione con l'Italia, che permetterà alla Serbia di proseguire nelle indagini; ha aggiunto che per parte serba c'è la totale disponibilità ad avviare collaborazioni europee e internazionali perché un tema che non riguarda solo i nostri due paesi. Che la questione vada ben oltre i confini italiani, e sia un "tema europeo", è stato dichiarato anche da Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento europeo uscente. Impossibilitato a partecipare all'incontro di Roma ha inviato agli organizzatori un video-messaggio: "Tanti anni fa il presidente della Commissione europea Romani Prodi promise l'istituzione di una commissione d'inchiesta europea, mai mantenuta. Noi (M5Stelle, di cui Castaldo è membro, ndr) porteremo di nuovo quest'istanza in Parlamento europeo, perché dobbiamo pretendere la verità".
Nel frattempo, sul fronte italiano prosegue la battaglia legale. Lo scorso 4 ottobre è stata emessa dalla Corte di Cassazione un'importante sentenza: oltre a ribadire il nesso causale tra uranio impoverito e malattia, ha dichiarato la Difesa colpevole di aver ignorato i pericoli ai quali aveva esposto i propri militari in teatri operativi in cui era stato usato munizionamento al DU, e dunque ritenuto legittimo il risarcimento richiesto dai familiari del militare. La sentenza riguarda Salvatore Vacca, morto di leucemia l'8 settembre del 1999, all'età di 23 anni, dopo aver partecipato ad una missione in Bosnia Erzegovina. Per ottenere giustizia ci sono voluti 20 anni.
Le domande aperte sono ancora molte. Perché lo stato italiano, nonostante l'evidenza di prove, non fa sì che i militari che ne hanno diritto ricevano i dovuti riconoscimenti di legge, senza obbligarli a passare per l'interminabile tunnel delle aule dei tribunali? Perché dopo le indagini promesse, male avviate e poi sospese , dedicate ai civili italiani delle Ong e associazioni che hanno operato nei territori bombardati dalla Nato non sono proseguite? Come mai il governo serbo si sta muovendo solo oggi, dopo che per anni i cittadini di questo paese hanno chiesto (invano) che si avviassero indagini ad hoc come, ad esempio, l'associazione costituitasi anni fa a Vranje ("Udruženja uranijumskih žrtava Pljačkovica 99 ") perché si riconoscessero le vittime della bonifica della montagna?
Come mai in Bosnia Erzegovina, a seguito di un primo tentativo nel 2004-2005 di indagine per parte governativa, i cui risultati per altro non sono stati resi pubblici, vige il silenzio assoluto? Come mai non si alza l'attenzione sulla situazione dei civili in Kosovo, considerato che dei 31mila proiettili al DU usati nel 1999 ben 25mila hanno colpito il Kosovo e, di questi, il 56,47% (17.237) concentrato sul quadrante del paese a nord-ovest (quello, appunto, sotto controllo del contigente Kfor italiano )? Ed infine: viste le molteplici e numerose conferme scientifiche della pericolosità radioattiva e chimica delle munizioni al DU e delle devastanti conseguenze su popolazioni e ambiente, perché non ne viene bandito l'uso?
A 24 anni dai bombardamenti sulla Bosnia Erzegovina e 20 anni da quelli su Serbia e Kosovo, lo scandalo uranio impoverito rimane vergognosamente attuale.
Commissioni d'inchiesta parlamentare
XIV Legislatura (I Commissione costituita il 15 febbraio 2005 )
XV Legislatura (II Commissione costituita il 12 febbraio 2007 )
XVI Legislatura (III Commissione costituita il 15 settembre 2010 )
XVII Legislatura – conclusasi il 22 marzo 2018 (IV Commissione costituita il 30 giugno 2015 )
Per approfondire consigliamo:
La pagina "Uranio impoverito " di OBCT
Il Dossier "1999-2009 Dopo le bombe "