Traduzione dal russo di Mauro Gemma
Mentre il commissario lettone Dombrovskis, in piena sintonia con le élite ultraliberiste che governano l'Unione Europea e con i fanatici, cinici e irresponsabili sostenitori italiani (a cominciare dal PD e dai suoi alleati radicali e di +Europa) della fedeltà alle “regole dell'Europa”, invoca le sanzioni più severe contro l'Italia esigendo in sostanza la cancellazione delle pur timide riforme sociali approvate dall'attuale governo e minaccia uno scenario di terribile austerità paragonabile a quello della Grecia, nel suo paese, già distintosi per le intollerabili discriminazioni nei confronti della minoranza russa, si consolidano le misure di legge funzionali alla riscrittura della storia e alla riabilitazione del passato più oscuro di collaborazione con l'occupazione hitleriana. Tutto nella più totale indifferenza dell'opinione pubblica del nostro continente e con l'aperta complicità di coloro che indirizzano le scelte politiche ed economiche dell'UE. (MG)
Scrive Petro Simonenko, Segretario del Partito Comunista di Ucraina: “Oggi il neo-fascismo e il neo-nazismo rialzano la testa. Guardatevi attorno: in Europa e nel mondo, i partiti di estrema destra e nazionalisti stanno prendendo piede. (...) Le celebrazioni dei complici e collaboratori di Hitler, come ad esempio in Lettonia, Lituania, Estonia (che sono anche paesi membri dell'UE), si tengono a livello statale”.
Emendamenti alla legislazione della Lettonia che proibiscono di indossare le uniformi di "regimi totalitari", inclusa l'uniforme dell'Armata Rossa, in occasione di eventi pubblici sono stati approvati dalla Commissione per i diritti umani e gli affari pubblici del Saeim (il parlamento lettone) in terza lettura, riferisce DELFI.
Il divieto si applica principalmente alle uniformi dell'Armata Rossa, del NKVD e di altre forze dell'ordine dell'URSS e delle sue ex repubbliche ( il fatto che le uniformi della Germania nazista compaiano nell'elenco non impedisce che i legionari lettoni delle SS siano celebrati come eroi nazionali.
È anche proibito usare la stella rossa se è associata a una falce e martello.
Questi emendamenti alla legislazione della Lettonia sono stati proposti dal "Blocco nazionale", una fomazione di destra radicale. L'autore del disegno di legge, Edwin Schnore, ha giustificato questa iniziativa affermando che "l'esercito dell'URSS in Lettonia era un esercito di occupazione. Le persone con l'uniforme dell'Armata Rossa e del NKVD hanno commesso crimini contro i cittadini della Lettonia - genocidio, omicidio e deportazione. È assolutamente inaccettabile che oggi in Lettonia questa uniforme possa essere indossata in occasione di eventi pubblici ".
Evidentemente, né Edwin Schnore né i legislatori lettoni hanno rilevato alcuna contraddizione nel fatto che la Lettonia è stata liberata dal nazismo tedesco dall'esercito rosso sovietico, nei cui ranghi hanno combattuto gli stessi lettoni.
In precedenza, il Seim lettone aveva respinto una petizione in difesa dei monumenti ai combattenti contro il nazismo nella repubblica, firmata da oltre 23 mila cittadini lettoni.
di Galina Sapoznikova
https://www.ibs.it/p/e/9788888249704
I fantasmi sovietici della Lituania europeista
Nel corso della riunione dei Ministri della giustizia e degli interni dei paesi UE, il Ministro della giustizia lituano Elvinas Jankevičius ha sollevato la questione dell’indagine aperta in Russia contro procuratori e giudici lituani impegnati nel caso dei fatti del 13 gennaio 1991 alla torre della televisione di Vilnius. Allora si arrivò allo scontro di piazza, dopo che la Lituania aveva unilateralmente proclamato l’indipendenza dall’URSS, ma il Soviet Supremo aveva giudicato l’atto illegale e mobilitato l’esercito. Durante gli scontri, furono esplosi diversi colpi di fucile (nessuno conosceva allora il tipico scenario di majdan…) e alla fine si contarono 14 morti e oltre 60 feriti.
Ora, Jankevičius giudica l’attuale azione investigativa russa “una pressione diretta” sui giudici lituani. Dopo che lo scorso 27 marzo il tribunale distrettuale di Vilnius aveva proclamato il verdetto sul “caso del 13 gennaio”, il Comitato investigativo russo ha avviato un’inchiesta sui giudici lituani per “sentenza illegittima” e ha intentato una causa penale. Secondo Mosca, inchiesta e sedute giudiziarie lituane si sono svolte in violazione di tutte le norme legali, interne e internazionali, e la polizia non ha presentato un singolo fatto a conferma che fossero stati militari sovietici ad aprire il fuoco il 13 gennaio del ’91.
Una delle vittime più note di quella che si dimostra essere una vera e propria perenne “fobia senza prescrizione” di Vilnius per il passato sovietico, è l’ex leader del Fronte Popolare Socialista di Lituania, Algirdas Paleckis. Imprigionato dall’ottobre 2018, con l’accusa di “spionaggio ai danni della Lituania”, ovviamente al servizio di Mosca, Paleckis ha fatto sentire la propria voce con una lettera aperta pubblicata lo scorso 28 maggio dal portale Ekspertai.eu.
Durante i primi mesi di reclusione, scrive Paleckis, “continuavo ad avere una speranza, ancorché piccola, che la procura conservasse almeno una porzione di buon senso. Che essa, in attuazione delle istruzioni del VSD (Dipartimento per la Sicurezza di Stato), mi trattenesse e, accertata l’assenza di prove, avrebbe chiuso il caso. Tuttavia, la procura, continua sistematicamente a muoversi al guinzaglio del VSD e questo, a sua volta, al guinzaglio di Gribauskajte”, la Presidente lituana, ex dirigente repubblicano del PCUS.
Dalija Gribauskajte, continua Paleckis “è la principale fascista della Lituania. E’ lei che ha completato la costruzione del fascismo democratico nel nostro paese. E’ questo un fascismo importato dagli USA. E’ in America che, alla fine del XIX secolo, è comparsa questa smorfia di democrazia degenerata. L’oligarchia finanziaria, comprando i media liberi, si è insediata in modo permanente al vertice della piramide finanziaria. E finora ha avuto successo, dato che, in apparenza democraticamente, si libera di tutti coloro che la pensano diversamente, sia in America che fuori dei suoi confini”.
“L’essenza del fascismo democratico” – afferma Algirdas Paleckis – “è proprio la sua capacità di “liberarsi per tempo e con tatto ‘democratico’ di coloro che dissentono. Comincia con l’indirizzare i media contro di loro. Se non si arrendono, allora li attacca finanziariamente, con sanzioni, pressioni sul lavoro. Se nemmeno così si arrendono, allora intenta cause e li sbatte in prigione. I fascisti democratici in America hanno perfezionato fino a livelli finissimi l’arte di disfarsi dei dissidenti. E poi l’hanno esportata da noi. Chi vuole vivere e respirare tranquillamente in Lituania, deve dire un ‘no’ chiaro e deciso al fascismo democratico. Ieri hanno preso me. Domani voi. Io non mi arrenderò mai. E voi? Firmato: Algirdas Paleckis, 27 maggio 2019, Vilnius, prigione Lukiškių”
Gli antecedenti della lettera aperta di Paleckis sono più o meno questi: il 19 dicembre 2018 il governo di Vilnius annunciò la neutralizzazione di una “rete di spie russe”. Furono arrestati un cittadino russo, lo storico e attivista politico Valerij Ivanov (rilasciato dopo due giorni, ma poi condannato il 27 marzo scorso a quattro anni di galera), il politico Algirdas Paleckis e altre 5 o 6 persone, i cui nomi non furono resi noti. In quel momento, Paleckis era detenuto già da circa due mesi, anche se il suo arresto fu comunicato solo il 19 dicembre.
Fu detto che si era ricorsi a “un arresto segreto”, per smascherare l’intera “rete di spionaggio”. Paleckis è accusato di aver raccolto informazioni su giudici, pubblici ministeri e tutti i funzionari impegnati nel caso degli avvenimenti del 13 gennaio 1991. Dicono che, su ordine dei Servizi speciali russi, avrebbe raccolto informazioni su tutte quelle persone, con l’obiettivo di avviare poi procedimenti penali contro di loro in Russia e chiedere successivamente l’intervento dell’Interpol.
In Lituania, gli avvenimenti del 13 gennaio 1991 alla torre della televisione a Vilnius sono ufficialmente interpretati come “aggressione contro la Lituania indipendente” e si sostiene che tutte le vittime siano cadute per mano dei paracadutisti della guarnigione di Pskov, inviati a fronteggiare le azioni del “Sajudis” separatista.
Qualunque tentativo di far luce sul caso – ad esempio, perché alcune delle vittime presentassero ferite da proiettili esplosi da carabine “Mosin”, in dotazione all’esercito russo nella Prima guerra mondiale, con cui i paracadutisti non avrebbero potuto essere armati – sono perseguiti come “negazione dell’aggressione sovietica”, accusa che prevede la galera. Nel 2011, lo stesso Paleckis era già stato incriminato per la frase “i nostri hanno sparato sui nostri”, a proposito degli scontri di 20 anni prima.
Per quei fatti, ricorda l’agenzia iarex.ru, da cinque anni è trattenuto in isolamento un cittadino russo, il colonnello della riserva Jurij Mel. Arrestato nel marzo 2014 alla frontiera Lituania, mentre stava rientrando in Russia, il 27 marzo 2019 Mel è stato condannato a sette anni di prigione, accusato addirittura di “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”, per aver preso parte, come capocarro (allora tenente ventiduenne) agli scontri nei pressi della torre televisiva, esplodendo tre colpi a salve; quattro anni sono stati inflitti a Valerij Ivanov.
Condannati in contumacia altri 69 sospettati, tutti cittadini di Bielorussia, Ucraina e Russia; tra essi, l’ex ufficiale del KGB Mikhail Golovatov (12 anni), il novantacinquenne ex Ministro della difesa dell’URSS Dmitrij Jazov (10 anni) e l’ex Comandante della guarnigione di Vilnius, Vladimir Uskhopčik (14 anni). La Procura lituana è ricorsa in appello, giudicando la sentenza “eccessivamente mite”.
Il politologo Alexandr Nosovic afferma su Balticnews.lt che quello di Mel rappresenta un chiaro esempio di persecuzione politica, dato che le stesse autorità lituane ammettono che nessuno fosse rimasto ferito in seguito alle sue azioni, “ma riversano su di lui la responsabilità collettiva per i morti” del 1991.
Nel febbraio scorso anche al Parlamento europeo si erano svolte alcune sedute sulla questione delle persecuzioni politiche nei Paesi baltici: a quanto pare, senza che si arrivasse a particolari conclusioni. Molto più “funzionale” agire in altra direzione: ad esempio, col perpetuare ininterrottamente manovre militari, come le “Iron Wolf 2019”, iniziate ieri al poligono di Pabradė, alla frontiera con la Bielorussia, e a quello di Gaižiūnai, a nordovest di Vilnius, con militari da Belgio, Gran Bretagna, Germania, Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Stati Uniti, Estonia, Repubblica Ceca.
Molto più adatto alla funzione assegnata ai Paesi baltici nella contrapposizione alla Russia, perché la Lituania, potrebbe recitare oggi Marco Antonio, “è terra d’onore”, per UE e NATO; è terra di “fascismo democratico”.
da solidnet.org
Traduzione dal russo di Mauro Gemma
“Ieri hanno arrestato me. Domani potrà toccare a te” (Algirdas Paleckis, dalla prigione di Vilnius)
Durante i primi mesi [della mia prigionia] ho nutrito una piccola speranza, quella che l'accusa avesse almeno mantenuto qualche elemento di buon senso. In tal caso il VSD (Valstybės Saugumo Departamentas - Dipartimento di Sicurezza dello Stato) che ha ordinato di farmi arrestare, riconoscerebbe la mancanza di prove e interromperebbe il procedimento.
Tuttavia, la procura persiste sistematicamente nello stare al guinzaglio del VSD che, a sua volta, è al guinzaglio di Grybauskaté (presidente della Lituania e una delle più solerti esecutrici degli ordini dell'Amminitsrazione USA, della Commissione Europea e della NATO, sostenuta apertamente da Trump, Merkel e Macron, NdTr).
Dalia Grybauskaité – una vera e propria fascista - ha completato la costruzione del fascismo “democratico” nel nostro paese. Questa costruzione è importata dagli Stati Uniti. Fu in America, alla fine del 19 ° secolo che apparve quello scempio di democrazia degenerata. Un'oligarchia finanziaria che aveva comperato strumenti di comunicazione liberi, si insediò stabilmente al vertice e fino ad ora, con successo, perché all'apparenza lo ha fatto “democraticamente”, si è sbarazzata di tutti i dissidenti in America e all'estero.
L'essenza del fascismo “democratico” è l'eliminazione tempestiva e sottilmente "democratica" dei dissenzienti. All'inizio – indirizzando i media contro di loro. Ma se essi non si arrendono, allora arriva la pressione finanziaria. O attraverso multe, o facendo pressione sul posto di lavoro. Se costoro poi insistono - ciò che segue è la fabbricazione di un caso giudiziario e della reclusione. Negli Stati Uniti i fascisti “democratici” hanno trasformato l'eliminazione dei dissidenti in un'arte. E noi l'abbiamo importata.
Chi vuole vivere tranquillamente e respirare in Lituania dovrebbe essere interessato a dire chiaramente "no" al fascismo democratico. Ieri hanno arrestato me. Domani potrà toccare a te.
Io non mi arrenderò mai.
E tu?
Algirdas Paleckis, 27 maggio 2019, Vilnius, prigione di Lukiškės
21 Dicembre 2017
Traduzione di Marx21.it
Tra i documenti d'archivio relativi all'assassinio di J. F. Kennedy ora resi pubblici dal governo degli Stati Uniti si trova (Newsweek, 20.11.17) il memorandum “Top Secret” del Consiglio di Sicurezza Nazionale, con suggerimenti su come gli Stati Uniti potrebbero venire in possesso di aerei militari sovietici. In questo documento ufficiale si legge: “Tali aerei potrebbero essere usati […] in un'operazione di provocazione, in cui sembri che gli aerei sovietici sarebbero in procinto di attaccare gli USA e le installazioni amiche e che fornisca il pretesto per un intervento degli Stati Uniti”. La provocazione confessata richiama un altro documento ufficiale, “Giustificazioni per un intervento militare” a Cuba, preparato dai più alti vertici militari degli USA nel 1962 e più noto come “Operazione Northwoods” (Avante!, 28.12.01). Non è “teoria della cospirazione”, ma prova documentata che la cospirazione esiste, pianificata dall'imperialismo al massimo livello.
Qualche tempo fa (15.11.17) la rete televisiva italiana Canale 5 ha trasmesso un documentario con le dichiarazioni di tre georgiani che confessavano di avere partecipato a un'altra provocazione: il massacro di 80 persone in piazza Majdan a Kiev, causa immediata del golpe del 2014 in Ucraina.. Legati a Saakashvili ex presidente georgiano e uomo di fiducia degli USA che nel 2008 aveva attaccato truppe russe in Ossezia del Sud, i franchi tiratori georgiani affermano di essere stati comandati da un militare degli Stati Uniti (nome e immagini rivelate nel documentario), accompagnato da fascisti ucraini che avrebbero occupato alte cariche nel nuovo regime. L'obiettivo dichiarato era di sparare indiscriminatamente su manifestanti e poliziotti per “creare il caos”. La confessione conferma il contenuto delle telefonate (intercettate e messe su Internet) tra l'allora ministro degli Esteri dell'Estonia, Urmas Paet, e l'alta rappresentante dell'UE per la Politica Estera e di Sicurezza, Catherine Ashton, in cui Paet riferiva che durante la sua visita a Kiev il medico legale che aveva fatto le autopsie dei morti le aveva detto: “che tutti gli indizi indicano il fatto che le persone uccise – delle due parti, poliziotti e manifestanti – erano vittime degli stessi franchi tiratori (Avante!, 3.4.14).
Nel documentario di Canale 5 si fa riferimento anche alla presenza di cecchini lituani che sparano sul Majdan. Durante il processo di secessione della Lituania dall'URSS, fu compiuto il massacro di 14 persone nella capitale Vilnius, in quel momento attribuito a truppe sovietiche. Anni dopo, l'allora presidente del Fronte Popolare Socialista, Algirdas Paleckis, ha denunciato, sulla base di testimonianze, la presenza di franchi tiratori (non soldati sovietici) che sparavano dai tetti che circondavano la piazza. Paleckis è stato condannato in tribunale nel 2012 per “avere negato l'aggressione sovietica” (www.15min.lt, 12.6.12). Ma egli ha confermato: “c'erano franchi tiratori sui tetti, nessun tribunale lo può negare e la gente lo sa. Noi che difendiamo la verità, alla fine la faremo trionfare”.
Le rivelazioni delle provocazioni passate legittimano il diffuso discredito delle tesi ufficiali su eventi storici mai spiegati, tra cui gli assassinii dei Kennedy, di M.L. King e l'11 settembre. Aiutano a comprendere il passato, il presente, il futuro e la natura del mostro imperialista, che si alimenta di guerra, di menzogna e di provocazione.