Intervento del prof.. Raoul Pupo (IT):
[Traduzione in sloveno dell'intervento del prof. R. Pupo]
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=_4zD_4kHpuw
Come rilevato dal quotidiano sloveno di Trieste, il Primorski Dnevnik, l'assessore comunale di Trieste, Lorenzo Giorgi (in quota Forza Italia), ieri, in occasione della Festa della Repubblica italiana, sul proprio profilo Facebook ha pubblicato l'immagine del tricolore italiano sormontato dalla carta geografica dell'Italia comprensiva però anche dell'Istria, della Dalmazia e della Corsica. Il post è corredato dalle parole "Nulla può ritenersi concluso finché non è concluso con giustizia; Viva l'Italia redenta".
Tale pubblicazione riprende in parte quanto detto qualche mese fa dal Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che in occasione della cerimonia per il Giorno della Memoria, presso la Foiba di Basovizza esclamò "Viva l'Istria e la Dalmazia italiane" scatenando polemiche in Slovenia e Croazia. (red)
Vincenzo Cerceo e Sergio Mauri ragionano sulla decisione di posizionare la statua di Gabriele D'Annunzio, opera di Alessandro Verdi, in Piazza della Borsa a Trieste. Sono corretti i toni esclusivamente elogiativi con cui si parla di Gabriele D'Annunzio? Come letterato e uomo di cultura fu davvero grande? Può essere indicato in termini positivi come cittadino? Come uomo politico che giudizio darne? Come giudicare l'impresa di Fiume? Che rapporti ebbe col fascismo?
Nel proliferare di segni di ideologie e pratiche che un po’ all’ingrosso possiamo etichettare come «fascismo», quanto sta accadendo sul «fronte orientale», in particolare nella sua capitale, Trieste, ha assunto in quest’anno, centenario della fondazione dei Fasci di Combattimento, caratteri inquietanti.
Il «giorno del ricordo» del febbraio scorso, con le grottesche dichiarazioni a Basovizza di Tajani, allora presidente del Parlamento Europeo, concluse con l’invocazione di Istria e Dalmazia «italiane» (arrivando al limite dell’incidente diplomatico con Slovenia e Croazia), e il fuoco di fila della destra, locale e nazionale, nell’imbarazzato silenzio della storiografia e della cultura triestina, con poche lodevolissime eccezioni. La destra giunta recentemente al governo di città e regione, ha cominciato da allora ad accelerare in un percorso di sfacciato revisionismo, che nelle ultime settimane sta giungendo a forme estreme, di autentico «rovescismo».
IL PUNTO d’arrivo è l’inaugurazione, avvenuta ieri, di una mostra su D’Annunzio e Fiume, con un intervento cabarettistico spacciato come «lectio magistralis» del curatore, Giordano Bruno Guerri, accreditato come storico (ovviamente revisionista) oltre che opinionista su media amici; tutte credenziali che lo hanno portato alla presidenza della Fondazione Il Vittoriale di Gardone Riviera, la sontuosa e mortifera villa in cui D’Annunzio soggiornò per quasi un ventennio, mantenuto da Mussolini. Il Vittoriale promuove la mostra, la quale fin dal titolo («Disobbedisco. La rivoluzione di D’Annunzio a Fiume»), che è lo stesso del libro di Guerri su D’Annunzio, dà una precisa interpretazione del «poeta-vate» qualificato come (assai improbabile) «disobbediente» all’insegna di una tentata separazione, e contrapposizione tra D’Annunzio e il fascismo, mentre l’occupazione di Fiume è spacciata come «rivoluzione».
LE BISLACCHE «tesi» di Guerri sono state rilanciate dall’Amministrazione comunale (Lega/Forza Italia). Ecco che cosa dichiara il sindaco Di Piazza: l’episodio di Fiume «merita di ritrovare la giusta collocazione attraverso un racconto corretto, chiaro e libero da fantasmi propagandistici che ne hanno alterato il contenuto e la portata». Oltre alla mostra, ad abundantiam, si è deliberata la realizzazione di un monumento al «Vate», che dovrebbe essere inaugurato per la ricorrenza del centenario dell’impresa fiumana, il 12 settembre. Il tutto per la modica cifra di 382 mila euro.
Le proteste di associazioni democratiche e antifasciste locali (il Circolo Modotti e il gruppo Resistenza Storica, in testa) e il loro appello con numerose firme di studiosi, non sono valse a fermare la decisione, su cui ci sono stati equivoci, nei quali, per esempio, è caduto anche un triestino eccellente, Claudio Magris, che sul Corriere, sbagliando obiettivo, ha difeso la statua, ritenendo che la mobilitazione contraria abbia colpito un letterato: e invece no, qui non si intende celebrare l’autore del Piacere o del Trionfo della morte, bensì un attore politico, che dopo essere stato il più sguaiato promotore delle campagne nazionaliste e imperialiste (la Libia, la Grande guerra, la «Vittoria mutilata»…), e aver fatto da sponda a Benito Mussolini, fu protagonista, con complicità militari, della «gesta», l’occupazione di Fiume, e la creazione di un effimero Stato.
DA ANNI una corrente mediatico-storiografica presenta Fiume come un luogo di libertà, che anticipò addirittura i movimenti degli anni Sessanta. Fiume fu invece la prova generale della Marcia su Roma, specie nel momento in cui la componente nazionalista ebbe il sopravvento su quelle anarco-libertarie presenti inizialmente. Lo ribadisce il sindaco di Rijeka (Fiume), Vojko Obersnel, che annuncia passi ufficiali con le autorità italiane, scrivendo tra l’altro: «Le iniziative che festeggiano l’occupazione delle terre degli altri, sono in opposizione con la politica europea, che, come una delle proprie basi, ha l’antifascismo».
NON È FINITA. In aggiunta a mostra e monumento, oggi si tiene a Trieste un’altra preoccupante iniziativa che ricorda i fatti del 13 luglio 1920, quando i nazionalfascisti italiani assaltarono e distrussero l’Hotel Balkan, sede del Narodni Dom, la «Casa nazionale» degli slavi (con biblioteca, teatro, sale di incontro…). Fu il primo atto organizzato dello squadrismo in grande stile, dopo l’assalto all’Avanti! a Milano del 15 aprile 1919, con identica conclusione: le fiamme, gli omicidi, l’impunità straordinariamente raccontate dallo sloveno-italiano Boris Pahor. Ebbene, gruppi revanscisti hanno organizzato una “conferenza” che nel testo d’invito è un esempio spudorato di rovesciamento della verità storica. In esso si additano “gli jugoslavisti” come responsabili dell’incendio e delle morti. E proprio oggi il presidente sloveno Borut Pahor sarà a Trieste a commemorare l’eccidio del Narodni Dom del 13 luglio 1920 per mano dei fascisti. Erano anni che il rovescismo non toccava questi abissi. La Trieste (e l’Italia) intellettuale, democratica e multietnica, lo può tollerare?
"D'Annunzio in particolare fece a pezzi il tessuto cosmopolita della città, mettendo gli italiani e i croati l'uno contro l'altro e gettando le basi per ulteriori rotture nella seconda guerra mondiale. (...) I croati locali hanno subito continue intimidazioni. I seguaci di D'Annunzio proclamarono la pena di morte per chiunque non fosse fedele alla "causa di Fiume", causando la partenza dei più importanti croati. Gli uffici del quotidiano croato Primorske Novine furono fatti a pezzi. La società croata si raggruppò nel sobborgo di Sušak, appena a sud del centro: il fiume Riječina divenne un nuovo confine, tagliando la città in due. Per D'Annunzio, i croati erano semplicemente un popolo culturalmente inferiore a cui mancava la storia, e quindi non avevano alcun diritto reale di governare sulle rive orientali dell'Adriatico."
Present-day Rijeka’s reputation as the most open and tolerant of Croatia’s cities is a tradition sustained, to a certain extent, by memories of the human tragedies that have rent the city in the past. D’Annunzio’s escapade in particular tore the city’s cosmopolitan fabric apart, setting Italians and Croats against each other and laying the foundations for further ruptures in World War II. Given such a traumatic twentieth century, it’s not surprising that the anti-fascist spirit of today’s Rijeka is regarded a something to be celebrated.
D’Annunzio himself was more famous as an aesthete and playboy until World War I turned him into a man of action. He campaigned vigorously for Italy’s entry into the conflict on the side of the Entente (France, great Britain and Russia), and found something of a new vocation as the tub-thumping nationalist orator who could hypnotize a willing crowd. Having volunteered for the services at the age of 52 and taken part in several daring airborne and naval missions, D’Annunzio became a talismanic figure for nationalist Italians once the war ended.
Even though the city of Rijeka, or Fiume in Italian, had never been promised to Italy in the secret treaties signed with the Entente powers, the city became a tantalizing symbol of unfulfilled national destiny for an Italian public exhausted by over three years of war.
The question of national identity was made more complex by the collapse of the Habsburg Empire in 1918, when Rijeka was earmarked for inclusion in the nascent Kingdom of Serbs, Croats and Slovenes (subsequently Yugoslavia). Rijeka’s Italian-speakers rose up in an attempt to prevent the Yugoslavs from taking control. Entente peacekeepers occupied the city, pending the deliberations of the international peace conference convened at Versailles in January 1919. Fearing that the conference would definitively award the city to the Yugoslavs, however, Italian nationalists within the city began to plan a takeover that would present the international community with a fait accompli.. They needed a figurehead, and the flamboyant D’Annunzio seemed to fit the bill.
D’Annunzio drove into the city on September 12 1919 at the head of 300 volunteers. He was greeted with jubilation by Italian sections of the populace, and a mixture of bemusement and fear by everyone else. D’Annunzio immediately declared Rijeka’s union with Italy. The Italian government in Rome disowned such a union, fearful of the radical energies that D’Annunzio seemed to embody.
For D’Annunzio and his followers, the Rijeka enterprise was the first step in an anti-parliamentary revolution that would sweep through Italy itself. Post-war Italy was in deep crisis, troubled by left-wing strikes and right-wing calls for order. Soldiers returning from the front felt that they had risked their lives for a corrupt parliamentary elite that was incapable of addressing the country’s problems. Calls for authoritarian leadership were widespread – D’Annunzio seemed to be the personification of these desires.
As we now know it was Mussolini, not D’Annunzio, who took control of Italy three years later. Indeed Mussolini ended up stealing most of D’Annunzio’ ideas. The aesthetics of Italian Fascism were taken directly from the poet’s short-lived regime in Rijeka. D’Annunzio’s love of uniforms, parades, and set-piece speeches proved that radical right-wing politics worked far better as a spectacle with audience participation than a string of manifestoes.
The idea that D’Annunzio’s Rijeka was a radical social experiment as well as a political uprising played well in the popular imagination. Futurist and war-veteran Mario Carli called D’Annunzio’s Rijeka a “work of art”, a living example of “futurist theatre”. The city had a racy reputation; it offered free love, freedom from bourgeois constraints, and a (more legendary than real) supply of cheap cocaine.
Judging by the memoirs of Giovanni Comisso, a war veteran and writer who was also bisexual, the city was full of intellectual encounters, outlandish personalities and erotic possibilities. Together with Guido Keller, a dashing pilot who kept an eagle as a pet, Comisso established Yoga, an absurdist avant-garde movement that floated all kinds of utopian ideas.
Subsequent historians have paid too much attention to the cult of D’Annunzio, the cocaine-snorting, bed-hopping egomaniac who never really cared much for Rjieka and simply saw it as a platform for his own fame. The freewheeling society he presided over has been over-romantically portrayed as a 17-month-long fiesta, an art performance in the tradition of the Italian avant-garde, or an anarchic exercise in anti-globalist protest, with D’Annunzio the jolly pirate giving the finger to the liberal elite..
In fact the whole escapade is a warning about the dangers of populism, and the way in which libertarians of both left and right so often end up donning a uniform and joining someone else’s parade. The D’Annunzio administration was a revolving door for ideological oddballs, kept in power by the large number of young men roaming the streets, people who could always be relied upon to cheer the loudest whenever the leader staged a rally.
December 1919 saw Rijeka’s citizens vote for a compromise solution that would have secured Rijeka’s independence as a free city and the departure of D’Annunzio and his followers at the same time. A shocked D’Annunzio annulled the vote, and organized an open-air ‘plebiscite’ of his own supporters to legitimize the continuation of his rule.
Local Croats suffered constant intimidation. D’Annunzio’s followers proclaimed the death penalty for anyone disloyal to the “cause of Fiume”, causing most prominent Croats to leave. The offices of Croatian newspaper Primorske Novine were smashed up. Croatian society regrouped in the suburb of Sušak, just south of the centre: the Riječina river became a new border, cutting the city in two.
D’Annunzio’s rule over Rijeka collapsed towards the end of 1920, more as a result of internal apathy than the Italian army’s half-hearted attempt at a blockade. The Italian navy bombarded the city during the so-called Bloody Christmas of 1920, and D’Annunzio agreed to leave peacefully two weeks later. Rijeka was designated a “free city” before being swallowed by Fascist Italy in 1924. D’Annunzio himself retired to Lake Garda, half-hoping that the people of Italy would summon him to power when the time was right. The invitation never came.
However the D’Annunzio playbook never seems to go out of fashion. Marching into disputed territory on the pretense of defending the local population; using coup tactics in order to pre-empt peaceful negotiations; manipulating plebiscites to make it look as if extreme courses of action have a democratic mandate; the use of extravagant behavior to signal contempt for the “establishment”; calling out the falsehoods of liberal democracy in order to construct even bigger lies; all of these are as familiar today as they were to the Europeans of the inter-war years.
Maybe we are only now entering the truly D’Annunzian times: politicians flout notoriety and shamelessness as a way of building popular support, manipulative half-truths are applauded more heartily than complicated explanations, and the megaphone of social media makes mob orators of us all.
Rijeka will mark the centenary with a D’Annunzio-themed exhibition at the Museum of Maritime History. The display will devote specific attention to the female half of Rijeka’s population - the women who supported, opposed, or simply endured the D’Annunzio period – thereby moving the narrative away from the self-styled men of destiny who stood at D’Annunzio’s side and wrote memoirs about it afterwards. Presenting D’Annunzio’s legacy in a museum will be one way of teasing out the true nature of his short-lived regime, and discarding the myths.
Tudi sam župan Obersnel ostro nasprotuje postavitvi spomenika D’Annunziu, pri čemer omenja ravno zasedbo Reke. »On sam je bil predhodnik fašizma in je navdihnil Benita Mussolinija, ki je potem sam zelo voljno sprejel Hitlerjevo ideologijo in se je pridružil krvavim misijam v drugi svetovni vojni,« opozarja župan v pismu, kjer dodaja, da je prav po D’Annunziovi krivdi Reka »med prvimi okusila smrtno roko fašizma.« Obersnel D’Annunzia označuje za »napadalca in tirana«, postavitev spomenika, posvečenega zasedbi Reke, pa bi bila absolutno sramotna in nevarna stvar.. »Hrvaška obala in Reka sta hrvaški, branili in osvobodili so ju partizani v drugi svetovni vojni, prav tako, kot je bil osvobojen Trst. Spomeniki D’Annunziu, praznovanja in politični populizem, ki popušča najbolj nizkotnim nagonom, tega ne bodo spremenili. Če obstaja namen postavitve nekega spomenika, ga je torej treba postaviti partizanskim četam, ki so osvobodile Trst,« zelo odločno piše reški župan, ki pričakuje odziv hrvaške vlade, sam pa je napovedal, da bo obvestil hrvaški konzulat v Trstu in tržaškega župana Roberta Dipiazzo.
di CLAUDIA CERNIGOI
[[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/9072 ]]