da: “Messaggero Veneto”, 01/07/2023, p. 36, edizione nazionale
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Quei partigiani “rossi” uccisi dai “bianchi” prima di Porzus
Intervengo su Ferruccio Roiatti (Spartaco) e Pietro Roiatti (Gracco), riguardo alle lettere di Lupieri, Lestani e Calligaris uscite nei giorni scorsi. Contattai Ugo de Grandis nel 2011 proponendo all’Anpi e all’Istituto storico di Udine di presentare il suo libro sull’eccidio di Malga Silvagno dove, il 30 dicembre 1943 era stato ucciso, con altri tre, il partigiano comunista di Cussignacco Ferruccio Roiatti (Spartaco) su ordine di un Comitato militare provinciale di Vicenza formato soprattutto da ufficiali badogliani; ma la proposta non andò a buon fine. Tuttavia nel novembre 2011 De Grandis fu invitato a Casarsa da Paolo Strazzolini, con Forum Democratico, e in dicembre il libro venne presentato proprio nella sede della Quinta Circoscrizione di Cussignacco dall’Associazione “Tiliaventum” in collaborazione con Kappa Vu, su iniziativa sempre di Paolo Strazzolini e di Claudio Zanier. Alla conferenza fu presente tra il pubblico anche Elvio Ruffino, allora presidente dell’Anpi regionale, che però non intervenne. Sull’iniziativa ci fu un articolo del Messaggero Veneto, che sinteticamente riassumeva la vicenda e le problematiche connesse. Il libro fu presentato poi, nel 2014, dall’Anpi di Cividale nel cui sito (http://www.anpicividale.eu) si trova una buona sintesi della vicenda.L’ottima ricerca di Ugo De Grandis avrebbe dovuto essere non osteggiata, ma fatta propria dagli Istituti storici della Resistenza (dell’eccidio si parlava seppur sinteticamente già nel libro di Egidio Ceccato dal titolo significativo di “Patrioti contro partigiani”, del 2004). E avrebbe dovuto essere ben promossa dall’Anpi regionale e nazionale. Sarebbe stato importante non tanto perché l’uccisione dei quattro partigiani comunisti avvenne molto prima del fatto di Porzûs, dimostrando un precoce odio anticomunista da parte della Resistenza “bianca”, ma perché avrebbe contribuito a far comprendere il complesso contesto della Resistenza, aprendo una stagione di riflessioni, studi e confronti in maniera finalmente più storica e meno politica. Ciò avrebbe potuto contrastare la canea antipartigiana sviluppatasi soprattutto dagli anni Novanta e poi alimentata dalla cosiddetta Legge del Ricordo che ha portato alla triste situazione attuale. Nel 2012 nella rassegna “èStoria” a Gorizia durante la presentazione del libro dell’Apo “Porzûs” curato da Tommaso Piffer, Paolo Mieli sostenne che nessun comunista o garibaldino era mai stato ucciso da partigiani cattolici o bianchi o verdi. Dal pubblico chiesi la parola e feci proprio l’esempio dell’eccidio dei quattro comunisti di Malga Silvagno e per quanto riguarda il Friuli anche dell’uccisione da parte di un osovano De Silma del garibaldino Salvo Castenetto (Alighieri) di Savorgnano del Torre e di 4 garibaldini a Conoglano di Cassacco da parte dell’osovano G. (comandante di un battaglione dell’Osoppo) nel novembre 1944, e altri episodi simili, nel mese di gennaio 1943, tutti prima di Porzûs. Mieli allora disse che si sarebbe informato, ma non mi pare ne abbia parlato nei suoi programmi di storia in Rai né sui giornali. Ma neppure questo, come le sopracitate presentazioni del libro di De Grandis, ha smosso l’ambiente storiografico regionale, concorde nel non intaccare il mito manicheo della bontà dei “verdi” e della cattiveria dei “rossi” su cui si basa sostanzialmente tutta la “narrazione” pluridecennale su Porzûs.Per quanto riguarda Pietro Roiatti, commissario del Gruppo Brigate Garibaldi-Friuli Nord, morto un anno dopo il fratello Ferruccio, riporto quanto don Moretti scriveva sulla situazione in Carnia, il 23/11/1944, alla Democrazia Cristiana di Udine: «Per nostra buona sorte le disavventure dei rastrellamenti hanno ridotto di molto i quadri della Garibaldi specie nella Carnia, dove essi volevano fare una specie di repubblica sovietica». Così Moretti parlava all’interno della DC della morte di partigiani garibaldini: come «buona sorte». Tralascio qui di commentare il giudizio sulla Repubblica libera della Carnia, di cui pure gli osovani facevano parte. Tre settimane dopo, il 14 dicembre, il numero di questi “quadri” garibaldini fu ulteriormente “ridotto” con l’uccisione da parte dei nazifascisti di Pietro Roiatti (Gracco).
Alessandra Kersevan