Jugoslavia e Israele
Mentre scriviamo sembra reggere la fragile tregua tra Israele e Hamas dopo quasi due mesi di bombardamenti e massacri dell’esercito israeliano contro la Striscia di Gaza e i suoi abitanti. Sarebbe un errore considerare l’operazione israeliana semplicemente come una risposta agli attacchi dei miliziani di Hamas del 7 ottobre. La “questione palestinese”, infatti, non nasce due mesi fa e l’offensiva israeliana lanciata all’indomani di quelle stragi è solo l’ultima di una lunga serie.
In passato, tra i paesi che hanno difeso la causa palestinese, la Jugoslavia ha avuto un posto speciale. Nonostante sia stato tra i primi a riconoscere lo Stato di Israele, presto il paese guidato da Josip Broz Tito si schierò con il mondo arabo e successivamente con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), giocando un ruolo fondamentale anche grazie alla guida del Movimento dei Non Allineati.
I lavori dell’Unscop
Con la Dichiarazione Balfour del 1917, l’idea del movimento sionista di creare “un focolare nazionale per il popolo ebraico” in Palestina ottenne il sostegno dell’Impero britannico, successore di quello Ottomano nel controllo della regione. Dopo le persecuzioni subite in Europa, la creazione di uno Stato ebraico cominciò a diventare sempre più concreta. Il trasferimento di centinaia di migliaia di ebrei in Palestina alimentò il conflitto con la popolazione araba, tanto da spingere la Gran Bretagna a rimettere il mandato alle Nazioni Unite che, nel maggio 1947, crearono un Comitato Speciale sulla Palestina (Unscop) formato da 11 paesi, tra cui la Jugoslavia, con l’esclusione delle grandi potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale.
All’interno del Comitato, con il sostengo di India e Iran, Belgrado si fece portatrice di una soluzione “jugoslava” con la proposta di dare vita a uno Stato federale di Palestina che comprendesse uno Stato arabo e uno ebraico, con un’unica nazionalità (palestinese) concessa a tutti i gruppi etnici e con Gerusalemme capitale divisa in due comuni. La proposta non ottenne però la maggioranza dei voti dei membri dell’Onu che invece sostennero, con l’astensione jugoslava e il voto favorevole dell’Unione Sovietica, la formazione di due Stati indipendenti con Gerusalemme sotto amministrazione internazionale.
Il riconoscimento di Israele
Quando David Ben Gurion, il 14 maggio 1948, dichiarò la nascita dello Stato di Israele passarono solo pochi giorni perché la Jugoslavia ne riconoscesse l’esistenza. Le autorità jugoslave, attratte dal sistema di ispirazione socialista dei kibbutz, permisero agli ebrei presenti nel paese di trasferirsi in Israele rinunciando però a tutte le proprietà che furono cedute allo stato. Si stima che tra il 1948 e il 1952 furono più di 8.600 gli ebrei che lasciarono il paese balcanico. Il coinvolgimento jugoslavo andò però ben oltre, sostenendo militarmente l’esercito israeliano nella guerra del 1948 permettendo il transito di armi provenienti dalla Cecoslovacchia e dirette in Israele attraverso il porto croato di Šibenik (Sebenico) e l’aeroporto montenegrino di Nikšić.
L’avvicinamento ai paesi arabi
Poco più di un mese dopo la nascita di Israele si consumò un evento politico che segnò lo sviluppo del socialismo jugoslavo nei decenni successivi e che provocò una spaccatura all’interno del blocco comunista. Il 28 giugno 1948 il Cominform decise di espellere la Jugoslavia, sancendo la definitiva rottura tra Tito e Stalin. L’episodio ebbe importanti ricadute sulla politica estera jugoslava con qualche apertura verso il blocco occidentale ma soprattutto con la creazione di un’alternativa ai due blocchi dominanti.
Tito trovò un ottimo alleato nel primo ministro socialista egiziano Gamal Abd el-Nasser, salito al potere nel 1954. Tra i due, protagonisti indiscussi della Conferenza di Bandung (1955) e della successiva nascita del Movimento dei Non Allineati (1961), si instaurò una stretta amicizia personale e una proficua collaborazione politica. L’alleanza tra i due paesi si rafforzò notevolmente durante la crisi di Suez del 1956. La nazionalizzazione della compagnia che gestiva il canale voluta da Nasser aveva infatti provocato la reazione militare di Israele, sostenuto da Francia e Gran Bretagna. Dopo aver provato una mediazione tra le parti, la Jugoslavia, che nel frattempo si era riavvicinata a Mosca pur mantenendo la propria autonomia politica, si schierò apertamente con l’Egitto condannando l’attacco israeliano e presentando, e facendo adottare, all’Assemblea Generale dell’Onu una proposta di cessate il fuoco e il dispiegamento di una forza di pace internazionale, cui partecipò con circa 300 uomini.
Né con Israele né con l’Olp
A partire dagli anni Sessanta, il peso della Jugoslavia nello scacchiere internazionale aumentò notevolmente. Lo stesso Ben Gurion nel 1962 tentò di organizzare un incontro con Tito per convincerlo a parlare con l’egiziano Nasser per il raggiungimento di un accordo di pace tra Israele ed Egitto. Tito rispose alla richieste solo diversi mesi dopo apprezzando le intenzioni di Ben Gurion ma rifiutando la proposta perché non sufficientemente in grado di influenzare le decisioni egiziane.
Dall’altro lato, pur considerando sempre più Israele uno strumento dell’imperialismo occidentale in Medio Oriente, per la Jugoslavia la questione palestinese si limitava al tema del rientro dei profughi del 1948, senza considerare il diritto ad uno Stato palestinese né tantomeno la messa in discussione dell’esistenza dello Stato ebraico. Anche per questo i rapporti con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, nata nel 1964, si mantennero a un livello non ufficiale fino alla guerra dei sei giorni del 1967. Lo statuto originario dell’Olp considerava infatti la lotta armata come unica forma di resistenza, mentre Belgrado spingeva ancora per una risoluzione pacifica e politica del conflitto con il coinvolgimento delle Nazioni Unite. Più volte le autorità jugoslave rifiutarono la richiesta di aprire un ufficio di rappresentanza dell’Olp a Belgrado.
La rottura delle relazioni diplomatiche tra Jugoslavia e Israele
Il definitivo cambio di schieramento avvenne durante la guerra dei sei giorni, combattuta tra il 5 e il 10 giugno 1967 tra Israele, Egitto, Siria e Giordania che portò all’occupazione israeliana della Palestina (comprese la Cisgiordania e Gaza), della penisola del Sinai e delle alture del Golan.
Poche ore dopo l’inizio delle ostilità, il governo jugoslavo condannò senza mezzi termini l’aggressione israeliana chiedendo l’immediato cessate il fuoco. Nel frattempo non mancarono le azioni di solidarietà in favore dei paesi arabi con l’invio di cibo e medicinali per milioni di dollari, raccolti anche grazie alla partecipazione dei lavoratori jugoslavi che donarono l’equivalente di una giornata di stipendio.
Ancora più significativo quello che successe nei giorni immediatamente successivi. Il 7 giugno, Tito ricevette una telefonata dal sovietico Leonid Brežnev che lo invitava ad un incontro dei leader dei partiti comunisti per decidere come reagire alla crisi in Medio Oriente. Tito, scavalcando i suoi collaboratori, accettò l’invito e due giorni dopo partì per Mosca. Si trattava della prima partecipazione jugoslava a un summit del genere dalla rottura con Stalin del 1948. La linea stabilita durante l’incontro, cui solo la Romania non aderì, prevedeva la rottura delle relazioni diplomatiche, ma non economiche e culturali, con Israele. La sera dell’11 giugno 1967 il vicesegretario di Stato agli affari esteri Mišo Pavićević fece recapitare al governo israeliano una nota di protesta in cui specificava che se Israele non avesse ritirato immediatamente l’esercito dai territori occupati, le relazioni diplomatiche tra i due paesi sarebbero state interrotte. Cosa che avvenne due giorni dopo.
La proposta di pace jugoslava
Visto il sempre maggiore coinvolgimento jugoslavo nella vicenda, il presidente statunitense Lyndon Johnson chiese a Tito di assumere il ruolo di mediatore. Anche in questo caso, però, la proposta venne respinta dal Maresciallo dato il sostegno statunitense a Israele, stato aggressore che non aveva mai rispettato le risoluzioni dell’Onu. Lo stesso Tito si recò in Egitto, Siria e Iraq nel mese di agosto. Come riportato dalla trascrizione di un incontro tra le massime autorità jugoslave ed egiziane dell’agosto 1967, Tito ribadì alla controparte statunitense che “gli Stati arabi non capitoleranno mai e un giorno saranno costretti a imbracciare le armi per le ingiustizie perpetrate contro di loro e saranno pienamente giustificati a combattere come vorranno”.
Il leader jugoslavo giocò tuttavia un importante ruolo di mediazione, pur sostenendo apertamente i paesi arabi, proponendo un piano che prevedeva il ritiro delle forze israeliane dai territori occupati dopo il 5 giugno, la garanzia da parte delle grandi potenze dei confini esistenti prima del conflitto, l’apertura del Canale di Suez e la libertà di navigazione nel Golfo di Aqaba fino alla decisione della Corte internazionale di giustizia. Praticamente un ritorno agli equilibri precedenti l’offensiva israeliana.
L’obiettivo era raggiungere un cessate il fuoco senza costringere i paesi arabi a riconoscere formalmente lo Stato di Israele. La proposta non venne però accolta, in favore della Risoluzione Onu 242 approvata il 22 novembre 1967 che prevedeva, tra le altre cose, il ritiro delle forze israeliane dai territori occupati, la cessazione di ogni dichiarazione di belligeranza, il riconoscimento reciproco della sovranità e l’inviolabilità territoriale ed indipendenza politica di ogni stato della regione. Dopo la sconfitta diplomatica Belgrado continuò a sostenere militarmente l’Egitto, raggiungendo diversi accordi per la fornitura di armi.
Il sostegno all’Olp
Gli equilibri cambiarono nuovamente dopo la morte di Nasser avvenuta nel 1970 e l’ascesa al potere in Egitto di Anwar al-Sadat. Quest’ultimo, in un primo momento, si riavvicinò all’Unione Sovietica dopo la reciproca diffidenza del periodo di Nasser e cercò in tutti i modi di ottenere il sostegno di paesi occidentali come la Francia e la Gran Bretagna. Nel frattempo l’Olp era stato invitato per la prima volta al summit dei Non Allineati di Lusaka del 1970, a dimostrazione del sempre più marcato supporto verso la lotta palestinese. In questa fase, Belgrado cominciò a sostenere la formazione di uno Stato comprendente Gaza e la Cisgiordania e accettò, nel 1971, di aprire una rappresentanza dell’Olp nel paese. L’anno successivo Yasser Arafat, insieme a rappresentanti di Fatah e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (di ispirazione marxista), visitò per la prima volta la Jugoslavia pur senza incontrare il presidente Tito.
Questi eventi prepararono il terreno a un’azione diplomatica ancora più spinta, soprattutto dopo la Guerra del Kippur del 1973. In quell’occasione Tito non condannò l’offensiva militare dei paesi arabi ma al contrario lanciò un chiaro messaggio a tutte le cancellerie mondiali per il riconoscimento delle legittime aspirazioni nazionali del popolo palestinese. Un posizionamento netto che spinse anche l’Unione Sovietica a riconoscere, per la prima volta, tale diritto. Il riconoscimento ufficiale dell’Olp come rappresentante legittimo palestinese chiuse il cerchio. Lo stesso Arafat ricordò durante un incontro del 1974 a Brioni, in Croazia:
“Quando sono venuto in Jugoslavia per la prima volta, è stato con il presidente Nasser. Ricordo ancora le parole che mi disse prima del nostro arrivo in Jugoslavia quando mi disse che saremmo andati a trovare il più grande e leale amico degli arabi.”
Negli anni successivi Belgrado continuò a rappresentare uno dei più stretti alleati dei palestinesi. Non solo a livello diplomatico ma anche culturale, con l’accoglienza di centinaia di studenti nelle università jugoslave, ed economico, con numerose raccolte fondi delle organizzazioni socialiste del paese slavo.
Dopo la morte di Tito
Il 5 maggio 1980 moriva Josip Broz Tito. La scomparsa del carismatico leader aprì le porte a un periodo di crisi e a un repentino crollo della credibilità del paese a livello internazionale. In pochi anni la Jugoslavia perse il suo ruolo di potenza diplomatica, attraversata da dissidi interni e dai tentativi di cancellare la memoria dei precedenti trent’anni.
Pur senza dimostrare particolare simpatia verso Israele, il regime di Belgrado si mostrò sempre meno entusiasta nel sostenere la causa palestinese. I colloqui segreti portati avanti con il Mossad a partire dall’inizio degli anni Ottanta rappresentano forse il caso più emblematico del nuovo corso. La normalizzazione delle relazioni venne avviata alla fine del decennio, con le prime visite ufficiali di politici israeliani come quella del 1987 di Elázar Granot, segretario generale del partito di sinistra Mapam.
Gli scambi commerciali e culturali, mai interrotti neppure durante il periodo titino, si fecero sempre più frequenti. La visita, nell’estate del 1990, del primo ministro serbo Stanko Radmilović con circa 300 uomini d’affari jugoslavi in Israele rappresentò il chiaro segnale che la Jugoslavia era ormai pronta a ristabilire relazioni diplomatiche con Israele. Cosa che avvenne nel gennaio 1992 quando della Jugoslavia non era ormai rimasto quasi più nulla.
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.
Drug Đenić je istako da NKPJ izražava punu solidarnost sa palestinskim borcima za slobodu i da naša partija ističe da istinskog mira ne može biti dok Tel Aviv ne prizna volju Ujedinjenih nacija i ne povuče svoje okupatorske trupe sa područja Gaze i Zapadne Obale i bezuslovno prizna nezavisnost palestinske države.
Ambasador Države Palestine u Srbiji Mohamed Al Namora se zahvalio na solidarnosti našoj partiji. On je detaljno informisao izvršnog sekretara NKPJ o permanentinim zločinima koje cionistički režim u Izraelu vrši prema civilima u Gazi i Zapadnoj Obali. Takođe, on je istako da cionistički režim Izraela želi da izazove humanitarnu katastrofu sprečavajući snadbevanje vodom, životnim namirnicama i lekovima građane Palestine i da je cilj cionista etničko čišćenje. Ambasador Države Palestine u Srbiji Muhamed Al Namoura ponovio je da je jedino rešenje za rešavanje sukoba priznanje države Palestine od strane Izraela.
Izvršni sekretar NKPJ, drug Aleksandar Đenić je najavio niz akcija solidarnosti sa narodom Palestine tokom narednog perioda u čijim aktivnostima će biti uključeni aktivisti naše partije, na čemu se ambasador države Palestine u Srbiji Muhamed Al Namoura zahvalio, istakavši da su naša partija i naš narod tradicionalni prijatelji Palestine.
Informativna služba Nove komunističke partije Jugoslavije,
Beograd 09.02.2024.
Povodom bestijalnog masakra i etničkog čišćenja pojasa Gaze od strane Izraela:
MASAKR PALESTINSKOG NARODA – SRAMOTA SVIJETA
Svjedoci smo neviđenog terora kojeg Izraelska država od samog osnutka, već više od 75 godina, vrši nad Palestinskim narodom onemogućavajući mu stvaranje vlastite države, permanentno otimajući im životni prostor i tjerajući ih u sve uže okvire, protivno rezolucijama UN-a i međunarodnim sporazumima,. Upravo ovih dana, takav teror nad građanskim i političkim pravima palestinskog naroda nalazi se na vrhuncu, protivno međunarodnom pravu, posebno međunarodnom ratnom pravu, te se vrši nad njima neviđeni teror koji ima obilježja etničkog čišćenja i masovnih zločina prema civilnom stanovništvu, posebno ženama i djeci, kao i sustavno uništavanje infrastrukture, stambenog fonda, bolnica, škola i tvornica pod izlikom „istrebljenja Hamasa“. Tako je u protekla dva mjeseca, zbog neselektivnog bombardiranja, poginulo više od 21.500 djece i žena. Međunarodna zajednica šuti ili zauzima mlake stavove ne želeći se zamjeriti Izraelu i njihovim sponzorima u Americi. Upravo ta bezrezervna podrška Amerike Izraelu u svim sferama bilateralnih odnosa; vojnoj pomoći, blokadi potencijalnih izraelskih neprijatelja, kao što su Jemen, libanonski Hezbollah i Iran, kao i blokada snažnijeg suprotstavljanja arapskih zemalja, omogućuju nastavak agresije na ovu Palestinsku enklavu.
Istina o stvarnom stanju na području Gaze i o razmjerima katastrofalne sudbine civilnog stanovništva se skriva od naših očiju zahvaljujući našoj sluganskoj Vladi i prodanim medijima. Pogledajmo slike onih medija koji jedini objavljuju stvarno stanje stvari dostupno svima onima koji se žele istinito informirati, više empatije doći će u naša srca. Samo dobro informirani su u stanju boriti se za istinu i pravdu. Na tom putu koristimo društvene mreže kao i sve druge oblike informiranja i pritisaka, kako kod nas tako i na međunarodnom planu. Sjetimo se koliko smo krvi prolili u partizanskoj narodnooslobodilačkoj borbi u koju smo krenuli goloruki protiv fašističkih okupatora i bijesnih hordi njihovih pomagača – narodnih izdajnika ustaša i četnika, te svojim velikim doprinosom pobjedi zaslužili podršku, priznanje i pomoć zemalja Antifašističke koalicije, kao što se danas protiv takve profašističke sile suprotstavlja goloruki palestinski narod opkoljen u otvorenom zatvoru zvanom Gaza. Sad takvu pomoć ponudimo napaćenom palestinskom narodu kojemu je ta pomoć itekako potrebna.
Socijalistička radnička partija Hrvatske zahtjeva momentalni prekid ratnih operacija zaraćenih strana, hitnu dostavu hrane, vode, goriva, energije, osposobljavanje bolnica, želi mir među narodima koji bi se ostvario održavanjem međunarodne konferencije pod nadzorom Ujedinjenih naroda na temelju relevantnih rezolucija međunarodnog legitimiteta s ciljem postizanja sveobuhvatnog političkog rješenja koji jamči prekid okupacije, postizanje suvereniteta nad svojom zemljom, s Jeruzalemom kao glavnim gradom, u granicama od 4. lipnja 1967. godine te rješavanje pitanja izbjeglica na temelju UN-ove rezolucije 194, da se vrate u svoje domove i imanja s kojih su prognani od 1948. godine.
Za mir i slobodu palestinskom narodu! Za samostalnu palestinsku državu potpunog suvereniteta! Izraelske kolovođe masakra pred Međunarodni sud za ratne zločine!
29. 12. 2023.
SOCIJALISTIČKA RADNIČKA PARTIJA HRVATSKE
PODRŠKA NARODU PALESTINE
ODRŽAN SKUP DAN SEĆANJA NA JASERA ARAFATA – SRBIJA UZ NAROD PALESTINE
U Beogradu, u Gradskoj opštini Zemun održana je manifestacija u organizaciji NKPJ i SKOJ-a „Dan sećanja na Jasera Arafata – Srbija uz narod Palestine“. Simbolično, na dan kada je preminuo (od posledica trovanja) Jaser Arafat, otkriven je mural simbolu palestinskog naroda i velikom prijatelju Srbije i Jugoslavije. Mural je oslikao student Fakulteta primenjenih umetnosti Darko Pantelić, koji je ambasadoru Države Palestine u Srbiji Mohamedu al Namuri uručio bistu sa likom Jasera Arafata.
Program je počeo čitanjem pesme ratnog veterana Miodraga Pajića Pajketa, koji je napisao pesmu posvećenu Jaseru Arafatu. Na samom skupu su bili prisutni ambasador Republike Kube u Srbiji – drug Lejde Ernesto Rodrigez Hernadez, Palestinska dijaspora u Srbiji, SUBNOR Beograda na čelu sa predsednikom Borom Ercegovcem, Udruženje Stara Bežanija, Društvo srpsko – kubanskog prijateljstva, MOČ, KS, narodni poslanik Bojan Torbica, a protest je podržan i od strane Ruske stranke.
Skupu se prvi obratio prvi sekretar SKOJ-a, drug Miloš Karavezić. On je istakao da Srbija treba da prekine diplomatske odnose sa Izraelom i da se mora naći mirno rešenje da Palestinci dobiju svoju državu. On je rekao i da sve što radi Izrael „nije rat protiv terorisa, već palestinskog naroda“.
Nakon njega se skupu obratio gneralni sekretar NKPJ, drug Aleksandar Banjanac koji je napomenuo da NKPJ ne podržava akciju Hamasa i otimanje civila, ali da nema opravdanja za odmazdu nad desetinama hiljada palestinskih civila. Drug Banjanac je napomnuo da „američki imperijalisti preko svojih marionetskih tvorevina poput cionističkog Izraela“ nanose žrtve po svetu.
Zatim se ispred MOČ-a obratio drug Ratko Krsmanović, istakavši da je Jaser Arafat ubijen poput mnogih antiimperijalističkih boraca kao što su bili Če Gevara, Patris Lumumba i mnogi drugi, a da je bio u redu revolucionara poput Fidela Kastra i drugih boraca za slobou i pravdu.
Na samom kraju skupa se obratio ambasador Države Palestine u Srbiji Mohamed Al Namoura, koji je istako da Palestina traži da se hitno zaustavi agresija nad palestinskim narodom i ubrza pružanje humanitarne pomoći, uključujući medicinsku pomoć, hranu, vodu, struju i gorivo. On je napomenuo da:
„U ovim teškim i katastrofalnim okolnostima nema reči kojima bi se opisao genocidni rat i uništenje kojim je naš palestinski narod u Gazi podvrgnut rukama izraelske mašine za ubijanje bez obzira na pravila međunarodnog prava“. On se zahvalio našoj partiji na podršci palestinskom narodu u njegovoj „legitimnoj borbi za dobijanje svojih legitimnih prava“.
NKPJ ističe da je ceo slobodarski svet zgrožen cionističkim zločinima koji se sprovode nad narodom Palestine. Na samom skupu su sakupljene donacije koje će biti uplaćene na namenski račun za Pomoć narodu Palestine!
Sam skup je završen sa pokličima “Živela Srbija – Živela Palestina!”
“Dole okupacija!”!
“Kosovo je Srbija – Palestina država!”
U nastavku možete pročitati pesmu koju je napisao Milovan Pajić:
Simbol mira i vođa revolucionarnog pokreta,
harizmatična je ličnost Jasera Arafata.
Rodom iz drevnog Jerusalima, u vekovni poznatom Egiptu je stasao,
na čelo je Palenstinskog pokreta stao.
Palenstinci, drevni narod što po Bliskim istokom luta od nemila do nedraga,
udahnuta je u njih njegova duša i neiscrpna snaga.
Sa grančicom mira i Nobelovom nagradom u ruci,
posvetio se da nađe leka njihovoj vekovnoj muci.
Još odzvanja istorijom njegov govor u Ujedinjenim nacijama,
koji neoborivo demagogiju Zapada slama.
Obeležio je kao pionir Pokret nesvrstanih,
svih onih koje imperijalizam tlači,
da u toj borbi budu smeliji i jači.
Njegov narod i danas krv proliiva,
njegov ideja u njima je jos više živa.
Pod pritiskom američke satane Izraelu je i teritoriju dao,
svetu je jasnu poruku mira slao.
Prozvaše ga da je terorista,
jer nije želeo kako su oni hteli,
moćnici su ga prezirali i mrzeli,
ali ga je poštovao miroljubivi svet celi.
Sa palestinskom maramom na glavi,
bio je istinski i hrabri vođa pravi.
Spada medju velikane dvadesetog veka,
ideja njegova živeće doveka.
Počiva negde u zemlji tuđoj,
njegov narod još nije pronašao spokoj.
I prolivaju krv napaćeni Palestinci,
sjatili se na njih i svetski moćnici.
Spremni da se bore do poslednjega,
odolevaju jačoj sili sećajući se njega.
Jasere, večna ti je slava,
u svakom Palestincu tvoj lik živi, u svakom detetu željena sloboda spava.
Sekretarijat NKPJ,
Sekretarijat SKOJ-a,
Beograd,
11. 11. 2023.
DAN SEĆANJA NA JASERA ARAFATA – SRBIJA UZ NAROD PALESTINE
Ceo slobodarski svet je zgrožen cionističkim zločinima koji se sprovode nad narodom Palestine. Iz tog razloga, na dan kada je preminuo (od posledica trovanja) simbol otpora palestinskog naroda i veliki prijatelj Srbije – Jaser Arafat, biće organizovan skup podrške narodu Palestine. Dan kad je umro predstavlja njegov fizički nestanak, ali njegova borba za slobodu koja inspiriše narod Palestine i sve progresivne ljude širom sveta je nastavila da živi. Delo Jasera Arafata je besmrtno za palestinski narod i sve slobodoljubive ljude u svetu. Na skupu će biti prisutna palestinska dijaspora, a glavni govornik će biti ambasador Države Palestine u Srbiji Mohamed Al Namoura. Takođe, biće prisutni mladi kreativni umetnici iz Srbije koji su inspiraciju za svoj stvaralački rad našli u motivima borbe palestinskog naroda.
Skup podrške narodu Palestine organizujemo kako bismo izrazili solidarnost sa ljudima koji se nalaze pod udarom nemilosrdne imperijalističke agresije, i podržali višedecenijsku borbu naroda Palestine za slobodu od okupacije. Prisutni na skupu će biti informisani na koji način mogu dostaviti humanitarnu pomoć narodu Palestine.
Narod Srbije dobro zna šta je patnja i šta je okupacija. Narod Srbije dobro zna šta je borba za slobodu! Zato je naša dužnost i moralna obaveza da se solidarišemo sa narodom Palestine koji trpi nepravadu od strane imperijalizma!
Dođite da se solidarišemo sa narodom Palestine koji je žrtva agresije i okupacije!
Dole okupacija!
Kosovo je Srbija – Palestina država!
Sekretarijat SKOJ-a
Dačić ha ricordato che "la Serbia ha condannato l'attacco terroristico di Hamas", ma ha aggiunto che bisogna anche capire cosa sta succedendo ai palestinesi.
“Siamo sinceri, Israele ha riconosciuto il Kosovo. Noi siamo la Palestina in base ad una decisione dell’ONU; nessuno qui ha violato il diritto internazionale, come è avvenuto nel nostro caso. La Palestina non ha riconosciuto il Kosovo, nonostante siano musulmani. Ecco perché il rapporto è complicato”, ha concluso Dacic.
In tutta la Serbia si stanno svolgendo proteste a sostegno del popolo palestinese, la più grande delle quali ha avuto luogo a Novi Pazar , il centro culturale dei bosniaci musulmani.