Informazione

(slovenščina / italiano)

Celebrazioni dei nazifascisti a Gorizia e Trieste

1) Vergogna a Gorizia... e su RaiTre (Claudia Cernigoi, Gigi Bettoli, gennaio 2018)
2) A Trieste e Gorizia ancora una volta attaccato il 25 aprile: \"niente da festeggiare\" (Marco Barone, aprile 2017)
3) Nazisti celebrano nazisti a Basovizza e Opicina (2017)


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V mestni hiši v Gorici so prvič prepevali himno odreda X Mas - All\'interno del comune di Gorizia l\'inno della X Mas 

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VERGOGNA A GORIZIA

Questa mattina, a Gorizia, un municipio di un Comune italiano, nella Repubblica nata dalla Resistenza, è stato violato dalla presenza delle bandiere fuorilegge e golpiste della RSI, sventolate in nome di un malinteso senso di \"amor patrio\" dai nostalgici di quella parte d\'Italia che, tradendo il legittimo governo in carica, scelsero di dare vita ad una repubblica golpista alleata con gli invasori nazisti; alleanza che contribuì a far proseguire ancora per quasi due anni la scellerata guerra scatenata dai nazifascisti, causando in tal modo la morte di altri milioni di persone: nei combattimenti, sotto le bombe, nei lager nazisti, ma non solo. I militi della Decima Mas (commemorata oggi a Gorizia da nostalgici, nazionalisti e fascisti) collaborarono nelle azioni di rappresaglia a fianco dei nazisti massacrando altri italiani, propri connazionali, \"colpevoli\" di volere un\'Italia libera e non fascista. Oggi ce li presentano come difensori della patria e dell\'italianità, ma noi sappiamo bene che gli italiani che combattevano nelle formazioni al fianco del Reich di Hitler combattevano contro la loro stessa patria.

Oggi abbiamo sentito dichiarare da più parti che è giusto commemorare chiunque abbia lottato ed è morto per le proprie idee: a quando una commemorazione solenne anche per Adolf Hitler? Oppure, per fare un paragone coi giorni nostri, dovremmo rendere onori anche ai kamikaze sedicenti dell\'Isis che in nome delle loro idee provocano stragi nel mondo?

Manifestazioni come quella di stamattina a Gorizia non solo sono inaccettabili politicamente ed umanamente, ma va aggiungo che l\'esposizione di vessilli e simboli fascisti costituisce violazione di legge. 

Non dobbiamo permettere ai fascisti di tornare nelle piazze a seminare odio! L\'antifascismo oggi è necessario più che mai per fermare questa avanzata reazionaria che ci sta minacciando.

Claudia Cernigoi, 20 gennaio 2018

(nelle foto: le bandiere della RSI dietro lo striscione di CasaPound e poi portate all\'interno del palazzo municipale


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Lo scandaloso servizio di RaiTre: 

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Nazionalfascismo di Stato in diretta Rai da Gorizia

di Gigi Bettoli - 21 gennaio 2018

Scandaloso il servizio della Rai regionale del Friuli Venezia Giulia di ieri alle 14 (1).

Si parlava della manifestazione goriziana dell’associazione dei reduci della banda neofascista repubblichina “X Mas” e dei loro giovani eredi di Casa Pound. I quali sono stati ricevuti in pompa magna dall’amministrazione comunale, uno dei “fari” di quella riconquista progressiva dei municipi delle città friulgiuliane da parte di coalizioni di centrodestra. Infarcite, queste ultime – e talvolta guidate direttamente – di esponenti del neofascismo, che sta trasformando le nostre strade in luoghi di pattugliamento per polizie varie e per squadristi in divisa (oggi ribattezzati “stewards”). Mentre un pluriprocessato e condannato, risorto per meriti altrui, punta nuovamente al cuore dello Stato per ri-farsi i suoi affari, i suoi sostenitori si dedicano alla caccia ai sempre più numerosi poveri ed emarginati, indigeni ed immigrati.

Fantastica la descrizione dell’evento, dedicato a commemorare i tempi gloriosi in cui “la X Mas si oppose all’avanzata del X Korpus jugoslavo verso Gorizia” (2). Ciò secondo i giornalisti Rai, notoriamente sottopagati e troppo occupati a riciclare in fotocopia le stesse “notizie” per giorni e giorni – ove scarseggino le gradite libagioni per “Telesagra” – per documentarsi minimamente. O così almeno speriamo. Altrimenti, se fossero pure coscienti di quello che dicono, sarebbe pure peggio.

Così si finisce per trasformare i torti in ragione, e commemorare positivamente chi – tra l’altro – rastrellava gli ebrei per mandarli nei forni creamatori, in Germania, ma anche in Italia (nella Risiera di San Sabba a Trieste). Come dire: mentre il Presidente della Repubblica nomina Senatrice a Vita Liliana Segre, bambina sopravvissuta ad Auschwitz, a Gorizia ed a Trieste si commemorano i suoi cacciatori e gli sterminatori della sua famiglia. Congratulazioni!

Cosa fosse la X Mas (e cosa abbia continuato ad essere nel dopoguerra, tra partecipazione alle stragi mafioso-politiche come Portella della Ginestra ed i golpe del suo capo, il principe Junio Valerio Borghese) lo hanno già scritto in tanti, e qui ci limitiamo a rimandare alla più recente sintesi di L.M. Puppini (3).

Quello che ci interessa qui sottolineare è l’acritica, e temiamo ormai inconsapevole acquisizione dei temi della propaganda nazionalfascista nelle menti degli stessi giornalisti di un servizio pubblico radiotelevisivo, ormai scaduto ai più bassi livelli del Grande Fratello renzusconiano. Infarcito di tanta propaganda, di intrattenimento di basso livello e di infima capacità di informazione. Tanto da non chiedere neanche alla storica Anna Di Gianantonio, presente tra i contestatori alla contromanifestazione indetta dall’ANPI di Gorizia, di dare una versione corretta degli eventi.

In sintesi:

1) la X Mas era una banda di predoni, stupratori ed assassini seriali. Una delle tante tristi gangs che accompagnavano i nazisti tedeschi occupatori nelle loro scorrerie, volte a ritardare con ogni tipo di violenza la vittoria del fronte dei cosiddetti “alleati” di allora, ufficialmente designati “Nazioni Unite” (ed il nome era, non certo casualmente, quello che poi sarebbe diventata l’organizzazione mondiale dell’ONU);

2) il territorio goriziano, insieme con tutto il Sudtirolo (e lì, ammettiamolo, qualche ragione i tedeschi pure ce l’avevano…), il Trentino, il Bellunese, il Friuli e la Venezia Giulia, fino all’annessa nel 1941 “Provincia di Lubiana”, non era già più Italia, per i tedeschi ed i loro alleati della Repubblica di Salò, essendo stato annesso al Terzo Reich germanico. Per cui chi avesse voluto difendere l’italianità di quelle terre aveva una sola possibilità: entrare nella Resistenza antifascista, che era alleata delle Nazioni Unite;

3) la X Mas qui non stava quindi a difendere l’italianità di queste terre, ma faceva da truppa di complemento degli occupanti nazisti, in ben poco augusta compagnia: tra franchisti spagnoli della “Division Azul” e cetnici monarchici jugoslavi, collaborazionisti sloveni (domobranci), croati (ustaše) e russi (cosacchi e caucasici) ed ogni altra morchia del pianeta. Dedicandosi prevalentemente ad angariare le popolazioni locali ed a dare la caccia ai partigiani (cioè la Resistenza, cioè le Nazioni Unite);

4) quella della difesa dell’italianità al confine orientale – rivendicazione per altro anche della maggioranza della resistenza friulana: e non solo degli osovani – è diventata, durante la successiva Guerra Fredda, una falsificazione ideologica per riciclare i fascisti in funzione anticomunista. Con quali danni, in termini di infiltrazione degli apparati dello Stato e di successivo stragismo nero/di Stato lo sappiamo tutti. Fino a stravolgere la memoria storica, riducendo la Resistenza jugoslava attiva dal 1941 – anche nel territorio del Regno sabaudo, che aveva inglobato più di mezzo milione di sloveni e croati – nello stereotipo negativo del “titino”, volgarizzando le questioni nazionali in un territorio mistilingue e nascondendo i crimini del nazionalismo italiano e del fascismo;

5) in ogni caso, la allora Provincia di Gorizia aveva una popolazione per la stragrande maggiornanza di lingua e cultura slovena; fenomeno che nel territorio a nord-ovest della città si trasformava in una totale assenza di italiani, se si eccettuavano il maresciallo dei carabinieri e qualche maestro e dipendente pubblico che avevano sostituito i precedenti titolari, fuggiti in Jugoslavia o confinati in altre (lontane) regioni italiane al fine di  snazionalizzare la popolazione occupata nel 1918;

6) dalla Selva di Tarnova/Trnovski Gozd (territorio etnicamente sloveno) non erano in arrivo orde barbariche pronte a calare su Gorizia – tra l’altro, nel gennaio 1945, la Resistenza era ancora debole, e le armate delle Nazioni Unite ancora congelate sull’Appennino Tosco-Emiliano, nei Balcani ed ai confini dei Reich – ma c’era una delle più grandi zone libere della Resistenza jugoslava. Cioè di uno dei più grandi eserciti delle Nazioni Unite, una delle poche forze armate partigiane capaci di liberare il proprio territorio praticamente da sole. Che dovessero avanzare, faceva parte del progetto comune per liberare il pianeta dalla peste nazifascista;

7) infine: di fronte ai fascisti della X Mas non c’era solamente  il IX Corpus (che poi sembra una cosa così truce a citarlo: mentre era meramente il Nono Corpo d’Armata dell’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia), ma c’era in prima fila la più grande divisione partigiana italiana allora in attività: la Divisione Garibaldi Natisone.

Ecco, i partigiani friulani della Natisone. L’Italia, per fortuna, furono e la difesero innanzitutto loro. Checché ne dica la Rai.

Gian Luigi Bettoli 

NOTE:

(1) L’edizione del Tg Rai del Fvg, replicata alle 19.30, é consultabile a questo indirizzo: http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-4face55d-dac2-44da-bc83-f3df694e3f7b.html#p=0

(2) Citazione testuale.

(3) Laura Matelda Puppini, Storia della collaborazionista X Mas con i nazisti occupanti, dopo l’8 settembre 1943. Per conoscere e non ripetere errori,all’indirizzo: http://www.nonsolocarnia.info/storia-della-collaborazionista-x-mas-con-i-nazisti-occupanti-dopo-l8-settembre-1943-per-conoscere-e-non-ripetere-errori/


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Trieste e Gorizia, ancora una volta viene attaccato il 25 aprile:\"nessuna liberazione, niente da festeggiare\"

di Marco Barone, 9 aprile 2017

Un dibattito maturato sulla ricorrenza del Trattato di Pace del \'47, che qualcuno continua a ritenere iniquo, quando è stata anche la conseguenza di un Paese che ha in modo vigliacco tramite il fascismo, cagionato catastrofi, guerre,crimini che ancora oggi attendono verità e giustizia, ed aggressioni unilaterali senza neanche aver dichiarato formalmente guerra, come nel caso di Belgrado. Paese che ha determinato pulizie etniche, favorito per le sue politiche l\'esodo, ancora oggi rimosso, di oltre 100 mila sloveni soprattutto, da terre che verranno poi \"colonizzate\" da gente proveniente soprattutto dal Sud Italia nell\'ottica di quella italianizzazione forzata, che è stata una delle più grandi e becere operazioni delinquenziali mai accadute nel centro Europa e nell\'Occidente, prima ancora delle politiche nefaste che verranno attuate dal nazismo. Il fascismo è nato nelle zone del Confine Orientale e nelle zone occupate dall\'Italia subito dopo la prima guerra mondiale, prima della pagliacciata reazionaria della marcia su Roma, passando per l\'intermezzo dell\'occupazione di Fiume. E qui, ovviamente, la resistenza è nata prima che altrove, e la liberazione è avvenuta dopo il 25 aprile, ovvero il primo maggio del \'45.  Ma la Liberazione vi è stata, ed è stata durissima. 
Un dibattito dove sono emerse delle dichiarazioni, come pubblicate dal Piccolo del 9 aprile 2017, di una gravità inaudita, di una interpretazione storica pazzesca. 

 «Noi non eravamo gli alleati degli alleati. Noi eravamo i perdenti». Il risultato? «La Costituzione italiana è nata senza il contributo delle province di Trieste e Gorizia. Non c’è stata nessuna Liberazione qui e quindi non c’è nessun 25 Aprile da festeggiare». 
[FOTO: il ritaglio di giornale: https://4.bp.blogspot.com/-z-B_MaimahM/WOoNWd2TEtI/AAAAAAAATNk/ZwIrujrjyvwkad9ahgpPIeGIPksgvpzOACLcB/s1600/25%2Baprile.PNG ]

Posizione che vengono di norma assunte dai soliti nazionalisti estremisti ed ultras faziosi, dall\'estrema destra, ma questa volta non è stato così.  E\' vero che tecnicamente Gorizia solo nel settembre del \'47 e Trieste il 26 ottobre del \'54 verranno cedute all\'amministrazione italiana, dopo una breve parentesi Jugoslava ed una più lunga del GMA ( governo militare alleato). Ma se non ci fosse stata la resistenza tra Gorizia e Trieste come l\'abbiamo conosciuta, se non fosse maturata quell\'alleanza ed unità tra italiani e sloveni e croati all\'interno della resistenza, probabilmente si racconterebbe una storia diversa, e l\'Italia non avrebbe avuto la Costituzione che oggi ha. Anzi, è proprio da quell\'unità maturata tra italiani, sloveni e croati che si sono poste le basi per arrivare a creare una Europa unita nelle diversità, ideale massimo da preservare e difendere in ogni luogo e circostanza. Ma quale storia si insegna oggi alle nuove generazioni? Quali precetti si insegnano nelle scuole e nelle università? Che a Trieste e Gorizia non vi è stata alcuna liberazione? Che non vi è alcun 25 aprile da festeggiare? Il 25 aprile non è la festa del Risorgimento, non è festa nazionalista, è il giorno di riscatto dell\'Italia,  è il giorno della liberazione dall\'occupante nazifascista.


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fonte: pagina FB \"Dieci Febbraio\", 27 aprile 2017

IL FRONTE VENETO SKINEADS E IL GRUPPO UNIONE DIFESA DI TRIESTE rendono omaggio ai loro \"eroi\" infoibati a Basovizza (25/4/17)

Di infoibati nello Šoht [\"foiba di Basovizza\"] ne risulta in realtà uno solo, il tranviere triestino Mario Fabian che lasciò l’impiego per arruolarsi volontario nell’Ispettorato Speciale di PS. Le persone che confessarono di avere arrestato Fabian e di averlo gettato nel pozzo della miniera furono processate e condannate nel 1949. Riassumiamo di seguito quanto emerge dal processo, come riferito dalla stampa (l\'Unità 28/6/50).
«Daniele Pettirosso ha raccontato come l’8 gennaio del 1945 in seguito ad un rastrellamento effettuato dai nazisti e da agenti della Collotti a S.. Antonio Moccò, egli venne arrestato e condotto all’Ispettorato di via Cologna. Quivi fu interrogato saltuariamente per ben diciassette giorni e fra i suoi aguzzini il Fabian fu quello la cui fisionomia gli restò impressa. Infatti fu proprio il Fabian che lo legò alla famosa “sedia elettrica” durante “l’interrogatorio” all’osteria di Moccò». 
Ed ancora:
«L’imputata Hrvatič ha detto: -Avevo notato il Fabian fra gli agenti che parteciparono al rastrellamento del 10 gennaio 1945 nel paese di Moccò-, fatto confermato indirettamente dalle dichiarazioni della teste Vittoria Zerial, vicina di casa della famiglia Fabian: -Conoscevo il Fabian. Un giorno (…) mi disse di avere partecipato a un rastrellamento in quel di Moccò e se avesse comandato lui, avrebbe fatto arrestare anche il parroco del paese che aveva suonato le campane per dare l’allarme agli abitanti».
Del tutto coerenti, dunque, i neonazifascisti nostrani hanno reso onore al proprio eroe, il torturatore Mario Fabian.

(Claudia Cernigoi)


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fonte: pagina FB \"Dieci Febbraio\", 27 aprile 2017

IL TROMBETTISTA MARIO FRAGIACOMO rende omaggio, alla \"foiba\" 149 di Opicina campagna, ai caduti dell\'esercito tedesco (nazista)

Nella fossa infatti furono gettati i corpi dei militari germanici caduti nella battaglia di Opicina che durò dal 29 aprile al 3 maggio 1945 e nel corso della quale persero la vita da una parte 149 partigiani, 32 appartenenti al battaglione sovietico, 8 abitanti del paese e 119 non identificati; i tedeschi persero 780 uomini e 3.500 furono i prigionieri. Fu dunque necessario dare urgente sepoltura a tutti questi morti: dei tedeschi 220 trovarono posto nel cimitero militare di Opicina, mentre gli altri 560 vennero sepolti d’urgenza nell’abisso 149. Dai registri cimiteriali risulta che nell’estate ’45 questi ultimi furono traslati al cimitero triestino di S. Anna e poi, in seguito ad un accordo tra i governi tedesco ed italiano ratificato nel 1957, inumati nel cimitero militare germanico di Costermano (VR)




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(english / deutsch / italiano)

Sudtirolo \"los von Rom\" / \"via da Roma\"

1) In Moldavia come in Sudtirolo si iniziò coi passaporti... (A. Tarozzi)
2) Tirolo, il neo-imperialismo austriaco è una minaccia alla pace (A. Fazolo)
3) Die Ära der Nationalismen (German Foreign Policy)


Si vedano anche:

DER ALSACE IN VORDERSTER FRONT (Fortschritte für deutschsprachige Autonomisten – GFP 10.12.2012)
STRASBOURG (Eigener Bericht) - Deutschsprachige Autonomisten in Ostfrankreich bejubeln den Beschluss französischer Gremien zur Gründung eines \"elsässischen Landrats\" und fordern für die zugehörige Region Alsace Autonomierechte wie in Südtirol. Die vor kurzem in Strasbourg gefällte Entscheidung, wichtige Kompetenzen unterschiedlichster Gebietskörperschaften in einem neuen \"Conseil d\'Alsace\" zu bündeln, sei in ihrem Sinn, erklären Anhänger der Autonomiebewegung. Der \"elsässische Landrat\" verleihe erstmals dem gesamten Alsace sowie seiner teils deutschsprachigen Bevölkerung eine wirkungsvolle politische Vertretung und schaffe damit die Voraussetzungen zur Stärkung der \"elsässischen Identität\". Weitere Schritte sollten folgen, etwa die Aufwertung der deutschen Sprache. Das Ziel sei letztlich eine Autonomie, wie sie die norditalienische Provinz Südtirol besitze. In Südtirol wird gegenwärtig in zunehmender Intensität die Abspaltung von Italien gefordert. Spezialisten der deutschen \"Volksgruppen\"-Politik gehen davon aus, dass die Beschlüsse, die im Alsace getroffen wurden, weiteren französischen Regionalisten Auftrieb verleihen - etwa baskischen Separatisten....
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58486

TO HEIGHTEN TENSIONS (German ethnic policy – 2012/12/11)
BERLIN/BUDAPEST/BOLZANO (Own report) - A new study published by the German Institute for International and Security Affairs (SWP) warns of the heightened \"potential for conflicts\" in the EU due to the ethnic policy promoted by Berlin. Most recently, according to the paper, the Hungarian government under Prime Minister Viktor Orbán particularly made waves with provocative steps for supporting \"Hungarians Abroad\" in neighboring countries. Dissention is currently growing also in other countries over ethnically defined minorities, particularly since certain governments have begun granting their citizenship to ethnic minorities of neighboring countries. Berlin also - erroneously - praises the South Tyrolean Autonomy Statute as a model solution. Erroneously, because, as can be seen by current secessionist demands in northern Italy, this can, under no circumstances, be \"the model for solutions to conflicts\" of other minorities. Throughout the study, there was no mention of the Federal Republic of Germany\'s ethnic policy though it describes its application by other countries such as Hungary and Romania, as well as the German-speaking minority of South Tyrol - criticizing them sharply. Germany not only practices this incriminated ethnic policy generally, it is elaborately granting German citizenship to members of minorities in neighboring countries, which, according to the SWP, is even in violation of official OSCE recommendations...
ORIG.: WIE MAN SPANNUNGEN ANHEIZT (Konfliktpotenzial der deutschen Ethno-Politik – GFP 11.12.2012)
BERLIN/BUDAPEST/BOLZANO (Eigener Bericht) - Eine neue Studie der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) warnt vor zunehmendem \"Konfliktpotential\" in der EU aufgrund der von Berlin forcierten Ethno-Politik. Zuletzt habe vor allem die Regierung des ungarischen Ministerpräsidenten Viktor Orbán mit provokativen Schritten zur Stärkung der \"Auslandsungarn\" in den Nachbarstaaten von sich reden gemacht, heißt es in dem Papier. Die Auseinandersetzungen um ethnisch definierte Minderheiten nähmen derzeit aber auch in anderen Ländern zu, besonders seit manche Regierungen begonnen hätten, Minderheiten-Angehörigen in den Nachbarstaaten die eigene Staatsbürgerschaft zu verleihen. Als Lösungsmodell werde auch in Berlin oft das Südtiroler Autonomiestatut gepriesen - zu Unrecht: Wie die aktuellen Sezessionsforderungen in Norditalien zeigten, könne es keinesfalls \"das konfliktlösende Vorbild\" für andere Minderheitenkonflikte sein. Die Studie erwähnt an keiner Stelle die Ethno-Politik der Bundesrepublik, beschreibt jedoch ihre Anwendung durch Drittstaaten wie Ungarn und Rumänien sowie durch die deutschsprachige Minderheit in Südtirol - und übt daran scharfe Kritik. Nicht nur die inkriminierte Ethno-Politik allgemein, auch die Vergabe der eigenen Staatsbürgerschaft an Minderheitenangehörige in Nachbarländern wird von Deutschland im großen Stil praktiziert; letztere laufe, schreibt die SWP, sogar offiziellen Empfehlungen der OSZE zuwider...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58488


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MOLDAVIA, COME IN AUSTRIA SI INIZIO’ COI PASSAPORTI. OGGI E’ CONFLITTO RUSSIA/NATO

di Alberto Tarozzi, 18/12/2017

Curiosa coincidenza. Il nascente governo di destra austriaco lancia, tramite i suoi componenti più nazionalisti, una proposta che ci stupisce più che preoccuparci: la concessione del passaporto austriaco agli altoatesini che abbiano optato per il gruppo etnico tedesco.

Dovremmo allora sapere che una proposta analoga, trasformatasi in legge un anno fa in un altro angolo d’Europa, ha innescato una reazione a catena che, proprio in questi giorni, sembra aver gettato le basi di un nuovo fronte Nato contro Russia nell’est europeo.
Pochi si stanno infatti accorgendo che la Romania (governo filo Nato), si sta orientando a un assorbimento di fatto della vicina Moldavia (governo filo occidentale, ma Presidenza della Repubblica filo russa e alla Russia legata da forti rapporti economici).

Tutto iniziò, per l’appunto, un anno fa, con la concessione del passaporto rumeno ai moldavi di “parte” rumena.
La Moldavia, per la cronaca, è un paese con una forte minoranza di lingua russa e una maggioranza di lingua moldava. Sul fatto che il moldavo sia una lingua e non solamente una variante dialettale del rumeno i linguisti sono disposti a battersi a duello.
Venendo ai giorni nostri, per tagliare corto, su evidente pressione di Bucarest, il governo moldavo ha recentemente deciso che sia il rumeno, non il moldavo, a rappresentare la lingua di Stato.
Se si somma questo provvedimento a quello di un anno fa, relativo alla possibilità di un passaporto rumeno per i moldavi (modello Austria per i sudtirolesi/altoatesini, per intenderci) il gioco è fatto.
Ne esce un combinato disposto o se preferite un effetto cumulativo che cambia i connotati della povera Moldavia.

Da paese in miseria che cerca però di tutelare la distensione tra le sue due anime (rumena e russa) a paese strategicamente oggetto dei desideri della Nato a causa della sua collocazione strategica nei pressi del Mar Nero, che potrebbe perdere la sua identità multietnica e venire risucchiata, quanto meno militarmente, sul fronte occidentale. In omaggio a quella che Yurii Colombo, su il Manifesto, definisce un’iniziativa “neo-coloniale” del governo rumeno.

Spaccatura in Moldavia, tra il Presidente Dodon socialsta e filorusso e governo di centrodestra e filo Nato.
Possibile preludio a un nuovo fronte di guerra fredda da brividi, che andrebbe a sommarsi con la guerra calda nel Donbass e con le tregue mai definitive nei Balcani (è di poche settimane fa la denuncia del Ministro degli esteri serbo Dacic contro i tentativi Nato di inglobare la Serbia nell’Alleanza a dispetto delle sue scelte di equidistanza).

Ulteriore particolare inquietante: l’assorbimento della Moldavia nella Romania e la sua eventuale scomparsa determinerebbero il probabile riconoscimento da parte dei russi della autoproclamata repubblichetta secessionista della Transnistria, di cui le moltitudini del pianeta hanno ben scarsa conoscenza.
Solo una cosa è certa: la Transnistria risulta essere un vero e proprio arsenale di armi, nucleari probabilmente comprese.

Come si può ben vedere si comincia coi passaporti e si può finire con le bombe atomiche. La politica estera italiana è bene che ci rifletta sopra, anche se al momento a Vienna si balla un valzer che potrebbe apparire innocuo.


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Tirolo, il neo-imperialismo austriaco è una minaccia alla pace

In Italia dicendo \"Tirolo del Sud\" ci riferiamo alla provincia di Bolzano (anche detta Alto Adige, un toponimo non apprezzato dai locali), mentre in Austria intendono tutto il Trentino-Alto Adige più piccole porzioni di Veneto e Lombardia, un\'area che alcuni da noi definiscono \"Tirolo Storico\". La provincia di Bolzano è a maggioranza abitata da persone d\'etnia tedesca, il resto del \"Tirolo Storico\" non lo è affatto.
Il nord Italia è stato per moltissimi anni sotto al giogo dell\'Impero austro-ungarico, non solo il \"Tirolo Storico\", ma anche il resto della Lombardia e del Veneto, nonché tutto il Friuli Venezia-Giulia. Gli attuali confini sono stati perlopiù definiti in seguito alla Prima Guerra Mondiale, con la quale l\'Italia si riproponeva di raggiungere due obiettivi: annettere tutte le regioni a maggioranza popolate da italiani e contenere gli austriaci al nord delle Alpi. Sebbene questo secondo obiettivo avesse un chiaro senso strategico di legittima difesa, entrava tuttavia in contraddizione con il primo, sia perché alcuni luoghi a maggioranza italiana erano rimasti aldilà dei nuovi confini, sia perché non vi era reciprocità. Infatti, con il nuovo confine alpino, regioni a maggioranza tedesca si ritrovarono in Italia.
Nonostante la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale e il crollo dell\'Impero austro-ungarico (il cui motto era \"indivisibilmente e inseparabilmente\"), l\'Austria non cessò mai di provare a estendere nuovamente il proprio dominio sui territori perduti.
Con la Seconda Guerra Mondiale si presentò l\'opportunità di riunire il Tirolo, ma Hitler per non far saltare l\'alleanza con Mussolini accantonò il progetto, limitandosi a siglare un\'intesa con cui si dava la possibilità di optare per la cittadinanza tedesca ai tirolesi del sud che ne avessero fatto richiesta (l\'idea era di usarli come coloni per il Reich). Questo sistema fu un vigore fino al 1943, quando con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, Mussolini di fatto cedette la provincia di Bolzano ai tedeschi. A quel punto moltissimi tirolesi del sud si arruolarono nell\'Esercito tedesco o nelle SS, di norma vennero impiegati in Italia per la repressione anti-partigiana.
Dopo esser stata sconfitta anche nella Seconda Guerra Mondiale, l\'Austria si separò dalla Germania e venne occupata dalle forze vincitrici fino al 1955, quando cioè venne siglato il Trattato di Stato Austriaco. Nonostante il patto sottoscritto, dall\'anno successivo nel Tirolo del sud iniziarono a operare dei gruppi secessionisti armati che godevano di sostegno e coperture in Austria. La lotta armata nel Tirolo del sud era un fenomeno variegato, c\'erano gruppi ultra-nazionalistici d\'estrema destra, ma anche movimenti (talvolta progressisti) che si battevano per temi pienamente condivisibili.
La stagione della lotta armata nel Tirolo del sud durò fino a ridosso degli anni \'90, cioè quando l\'Austria capì che si presentava l\'occasione per rientrare in possesso di altri (ben più importanti territori) del suo ex-Impero, in primis la Slovenia e la Croazia; conquistandole, l\'Austria avrebbe riottenuto il proprio storico sbocco al mare. Tuttavia l\'Austria (almeno formalmente) non intervenne militarmente in quei due stati, si adoperò con la burocrazia e l\'economia. Il 15 gennaio del 1992, anticipando quasi tutta la comunità internazionale, l\'Austria e l\'Ungheria riconobbero l\'indipendenza della Slovenia e della Croazia (su quest\'ultima ci fu un ritardo ungherese di tre giorni). Destabilizzando la Jugoslavia di fatto contribuivano allo scoppio del conflitto che negli anni successivi insanguinò i Balcani. La guerra può essere una grande occasione per la speculazione economica, fu così che industrie, infrastrutture e terre divennero di proprietà austriaca o tedesca.
Negli ultimi tempi, in spregio allo spirito europeo, l\'Austria ha schierato le proprie forze armate lungo il confine italiano, di fatto disponendone a discrezione esclusiva.
Come se tutto ciò non bastasse, dall\'Austria ora arriva la proposta di dare la cittadinanza a italiani d\'etnia tedesca. Dopo il bagno di sangue dei Balcani, l\'imperialismo austriaco ancora spinge sulle contrapposizioni etniche: come allora, si vogliono espandere a sud e usano la strategia del \"dividi et impera\". Così facendo rischiano di accendere lo scontro etnico in Italia.
Le pulsioni imperialistiche austriache non sono mai cessate, vogliono rimpossessarsi di tutti i loro vecchi territori. D\'altronde, il nome ufficiale dell\'Austria è ancora Osterreich, che significa \"Impero orientale\".
Ormai l\'Austria ha calato la maschera, non cerca più di coprire le proprie mire, ma la prima vittima sarà proprio l\'indipendentismo del Tirolo del Sud, è ovvio che l\'Italia non può permettere un\'espansione imperialista a sud delle Alpi.
Si parla d\'indipendentismo quando una regione decide di essere indipendente e di andare da sola. Se invece un Paese attua delle ingerenze in un altro, al fine di staccarne una parte di cui poi intende appropriarsi, allora si tratta di \"espansionismo\" (che è una componente fondamentale dell\'imperialismo).
A prescindere dal concetto d\'integrità territoriale (a cui si può essere o meno interessati) e nella speranza che le mire di Vienna si limitino al Tirolo del sud, il problema più grave è che l\'imperialismo austriaco potrebbe portare la guerra in Italia. Alla luce del fatto che l\'Austria non ha mai accettato l\'esito della Prima Guerra Mondiale e che per un secolo ha cercato di stravolgerlo, non ci si può sentire per nulla tranquilli. L\'imperialismo austriaco è una minaccia alla pace, deve essere immediatamente fermato.

Alberto Fazolo
24.12.2017


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Die Ära der Nationalismen (I)

German Foreign Policy, 16.01.2018

WIEN/ROM/BERLIN(Eigener Bericht) - Für den heutigen Dienstag stellt die Außenministerin Österreichs erste Gespräche über die Verleihung der österreichischen Staatsbürgerschaft an bis zu 390.000 Bürger Italiens in Aussicht. Die Pläne gelten sämtlichen Deutschsprachigen in der Provinz Bolzano-Alto Adige, die als \"Südtirol\" einst zum Reich der Habsburger gehörte. Während in Rom Proteste laut werden, weiten die Landeshauptmänner des österreichischen Bundeslandes Tirol und des italienischen Südtirol ihre Zusammenarbeit aus; die italienische Partei \"Süd-Tiroler Freiheit\" legt einen ersten Entwurf für ein österreichisches Gesetz zur Doppelstaatsbürgerschaft vor. Die Partei steht - wie einer der Autoren des Gesetzesentwurfs - in der Tradition völkischer Terroristen, die in den 1950er und 1960er Jahren mit Bombenanschlägen den Anschluss Bolzano-Alto Adiges an Österreich durchzusetzen trachteten und dabei zahlreiche Menschen ums Leben brachten. Die völkische Szene Bolzano-Alto Adiges ist jahrzehntelang von Bonn und dann von Berlin gefördert worden.

\"Eine eiserne ethnonationalistische Faust\"

Die Pläne der neuen Rechtsaußen-Regierung Österreichs, deutschsprachigen Italienern aus der italienischen Autonomen Provinz Bolzano-Alto Adige (\"Bozen-Südtirol\") die österreichische Staatsbürgerschaft zu verleihen, sind am heutigen Dienstag erstmals Gegenstand eines Gesprächs auf Regierungsebene. Wie berichtet wird, wird die österreichische Außenministerin Karin Kneissl (FPÖ) die Angelegenheit im Verlauf ihres Antrittsbesuchs bei ihrem italienischen Amtskollegen Angelino Alfano thematisieren. Rom hat bereits mit offener Ablehnung auf die entsprechende Passage im österreichischen Regierungsprogramm reagiert. \"Europa\" habe \"viele Mängel, aber es hat die Ära der Nationalismen hinter sich gelasssen\", erklärte etwa der italienische Präsident des Europaparlamentss, Antonio Tajani.[1] Das entspricht zwar nicht den Tatsachen, dafür aber der in der EU gängigen Ideologie. Benedetto della Vedova, Staatssekretär in Italiens Außenministerium, hat im Zusammenhang mit dem Wiener Vorstoß von einer \"eisernen ethnonationalistischen Faust\" gesprochen.[2] Heftige Auseinandersetzungen sind nicht auszuschließen.


Der Doppelpass

Tatsächlich hat die neue Regierung aus der Neuen Volkspartei und der völkisch-nationalistischen FPÖ sich in ihrem Programm nicht nur auf die \"aktive Wahrnehmung der Schutzfunktion für Südtirol\" geeinigt; eine Rolle als \"Schutzmacht\" für deutschsprachige Bürger Italiens macht Wien seit der Unterzeichnung des Pariser Abkommens im September 1946 durch die Außenminister Karl Gruber (Österreich) und Alcide De Gasperi (Italien) geltend. Der neue Koalitionsvertrag sieht darüber hinaus vor, \"den Angehörigen der Volksgruppen deutscher und ladinischer Muttersprache\" in der Provinz Bolzano-Alto Adige \"die Möglichkeit einzuräumen, zusätzlich zur italienischen Staatsbürgerschaft die österreichische Staatsbürgerschaft zu erwerben\".[3] Anspruch darauf hätten mutmaßlich alle Italiener, die sich in der sogenannten Sprachgruppenzugehörigkeitserklärung zur deutschen oder zur ladinischen Sprache bekannt haben; die Erklärung muss von allen erwachsenen Einwohnern der Provinz Bolzano-Alto Adige abgegeben werden, um den Proporzbestimmungen des Pariser Abkommens Rechnung tragen zu können. Aktuell ordnen sich 69,4 Prozent der gut 520.000 Provinzbewohner der deutschen, 4,5 Prozent der ladinischen Sprachgruppe zu.


Nord, Ost und Süd

Wien treibt den Vorstoß, der einer alten Forderung der FPÖ entspricht [4], systematisch voran. Am Sonntag haben führende Politiker aus Österreichs westlichen Bundesländern (Nord- und Osttirol, Vorarlberg, Salzburg) gemeinsam mit Vertretern der österreichischen Regierung und der Wirtschaft den Landeshauptmann der italienischen Provinz Bolzano-Alto Adige, Arno Kompatscher, zu umfangreichen Gesprächen in Wien empfangen. Kompatscher erklärte anschließend: \"Mit dem heutigen Treffen haben wir das starke Signal abgegeben, dass der Westen eng zusammenarbeitet und sich gemeinsam für große politische Agenden einsetzt\".[5] Südtirol ordnet sich damit verbal in das westliche Österreich ein. Parallel hat die Partei \"Süd-Tiroler Freiheit\" Ende der vergangenen Woche zahlreiche Gespräche in Wien geführt; unter anderem ist sie mit Infrastrukturminister Norbert Hofer (FPÖ) zusammengetroffen. Während es dabei offiziell - mit Blick auf Hofers Amt - vor allem um Verkehrsprojekte gehen sollte, nahm die Staatsbürgerschaftsfrage tatsächlich einen zentralen Platz in den Verhandlungen ein. Hofer habe der Süd-Tiroler Freiheit zugesichert, man sei entschlossen, die Südtirol-Vorgaben der Koalitionsvereinbarung nun auch zügig umzusetzen, hieß es nach der Zusammenkunft. Details werden bereits besprochen; so ist laut Hofer ein freiwilliger Wehrdienst italienischer Doppelstaatler in den österreichischen Streitkräften angedacht; eine Wehrpflicht soll allerdings ausgeschlossen sein.


Gesamttirol

Um Druck zu machen, hat die - italienische - Süd-Tiroler Freiheit nun einen ersten Entwurf für ein österreichisches Gesetz zur Verleihung der Staatsbürgerschaft an deutschsprachige Norditaliener vorgelegt. Das ist aus zweierlei Gründen bemerkenswert. Zum einen steht die Süd-Tiroler Freiheit, deren europaweite Dachorganisation \"European Free Alliance\" [6] im Europaparlament in einer Fraktion mit Bündnis 90/Die Grünen kooperiert, in direkter Tradition zu völkischen Attentätern, die mit Sprengstoffanschlägen sowie Schusswaffenüberfällen die Abspaltung Bolzano-Alto Adiges von Italien und seinen Anschluss an Österreich herbeizwingen wollten (german-foreign-policy.com berichtete [7]). Sie strebt ihrerseits die Sezession von Italien und die Angliederung Bolzano-Alto Adiges an Österreich an. Zum anderen steht einer der Autoren des Gesetzesentwurfs in derselben Tradition. Franz Watschinger, Rechtsanwalt einer bekannten Innsbrucker Kanzlei, war zumindest zeitweise Mitglied der Innsbrucker akademischen Burschenschaft Brixia. Die Brixia wiederum war tief in den Südtirol-Terrorismus der 1950er und 1960er Jahre involviert; ihr gehörte auch Franz\' Vater Rudolf Watschinger an, der wegen Anschlägen in Bolzano-Alto Adige verurteilt wurde und ein enger Mitarbeiter von Norbert Burger war, einem führenden Kopf der Südtiroler Terrorszene. Franz Watschinger zählte zu den Organisatoren des \"Gesamttiroler Freiheitskommerses\" von 1994, einer Veranstaltung, die maßgeblich von der Brixia getragen wurde und bei der Burschenschafter der äußersten Rechten forderten, das österreichische Bundesland Tirol mit \"Südtirol\" zu vereinigen.[8] Der von ihm mitverfasste Gesetzesentwurf ist laut Berichten der Süd-Tiroler Freiheit jetzt in Wien auf breite Zustimmung gestoßen. Laut dem Entwurf würden Einwohner Bolzano-Alto Adiges die österreichische Staatsbürgerschaft in Innsbruck beantragen - in der Hauptstadt des ersehnten \"Gesamttirol\".


Mit deutscher Unterstützung

Mit dem Vorstoß zur Verleihung der österreichischen Staatsbürgerschaft an bis zu 390.000 Italiener erreicht die einst von Bonn, heute von Berlin unterstützte Deutschtumspolitik in Norditalien einen neuen Höhepunkt. Völkische Vorfeldverbände der deutschen Außenpolitik haben deutschsprachige Organisationen in Bolzano-Alto Adige regelmäßig gefördert und sie politisch wie materiell unterstützt (german-foreign-policy.com berichtete [9]). Die bedeutendste Partei der Provinz, die Südtiroler Volkspartei, kooperiert seit je eng mit der deutschen CSU. Selbst die Südtirol-Attentäter der 1950er und 1960er Jahre unterhielten enge Beziehungen in die Bundesrepublik, ohne dass damals Bonn - ihren Straftaten entsprechend - repressiv gegen sie eingeschritten wäre. Recherchen von Experten zufolge waren zeitweise sogar hochrangige Politiker wie etwa Franz-Josef Strauß in Unterstützungsmaßnahmen zugunsten der Attentäter involviert.[10]


Warnungen

Die jüngste Südtirol-Offensive erfolgt zu einem Zeitpunkt, zu dem völkische Organisationen in weiten Teilen Europas in der Offensive sind - unter anderem in Spanien, Belgien und Rumänien. Befürworter einer österreichischen Staatsbürgerschaft für deutschsprachige Norditaliener weisen darauf hin, dass Italien seinerseits ein entsprechendes Gesetz verabschiedet hat und italienische Pässe etwa Bürgern Sloweniens und Kroatiens mit italienischer Abstammung ausstellt. Zugleich warnen Kritiker, verabschiede Österreich das von der ultrarechten Regierungskoalition geplante Gesetz, dann sei eine Lawine ähnlicher Schritte in diversen weiteren EU-Staaten nicht auszuschließen; die jeweiligen Konflikte könnten jederzeit gefährlich eskalieren. german-foreign-policy.com berichtet in Kürze.

 

[1] Austria, cittadinanza ai sudtirolesi: prima polemica del governo di centrodestra con l\'Europa. repubblica.it 17.12.2017.

[2] www.facebook.com/BenedettoDellaVedovaOfficial/posts/10155989376364600

[3] Zusammen. Für unser Österreich. Regierungsprogramm 2017-2022. Wien, Dezember 2017.

[4] S. dazu Das deutsche Blutsmodell (III).

[5] Österreichs Landeshauptleute treffen sich - Südtirol dabei. unsertirol24.com 14.01.2017.

[6] S. dazu Europa der Völker und Unter Separatisten.

[7] S. dazu Völker ohne Grenzen.

[8] Christoph Franceschini: Der Freiheitskrampf. salto.bz 27.05.2017.

[9] S. dazu Das deutsche Blutsmodell (III)Der Zentralstaat als Minusgeschäft und Wie es der Zufall will.

[10] S. dazu Doppelrezension: Südtirol-Terrorismus.

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Die Ära der Nationalismen (II)

German Foreign Policy, 19.01.2018

WIEN/ROM/BERLIN/BUDAPEST(Eigener Bericht) - Beobachter warnen vor der angekündigten Verleihung der österreichischen Staatsbürgerschaft an mehrere hunderttausend Bürger Italiens. Wie Österreichs Außenministerin Karin Kneissl bestätigt, wird Wien in Kürze mit den Vorbereitungen für das Vorhaben beginnen. Mit gravierenden Auseinandersetzungen mit Italien wird gerechnet. Tatsächlich maßen sich mehrere EU-Mitglieder bereits seit Jahren an, Bürgern fremder Staaten die eigene Staatsbürgerschaft zu übertragen und damit ihre Loyalität zu beanspruchen. Vorreiter ist Deutschland, das schon in den 1990er Jahren begonnen hat, deutschsprachige Bürger Polens in großer Zahl zu seinen Bürgern zu machen; schon 2011 besaßen fast 240.000 Polen einen deutschen Pass. Auch Italien verleiht Bürgern Sloweniens und Kroatiens, die es als \"Italiener\" bezeichnet, italienische Papiere. Ungarn hat inzwischen mehr als eine Million Bürger seiner Nachbarstaaten zu Ungarn gemacht, Rumänien rund 300.000 Moldawier zu Rumänen. Beobachter warnen vor einer Wiederkehr von Territorialforderungen innerhalb der EU.

\"Im europäischen Geist\"

Österreichs Außenministerin Karin Kneissl (FPÖ) kündigt die Einrichtung einer interministeriellen Arbeitsgruppe an, die die Modalitäten zur Verleihung der österreichischen Staatsbürgerschaft an bis zu 390.000 Bürger Italiens regeln soll. Der Vorstoß zielt auf alle Einwohner der norditalienischen Provinz Bolzano-Alto Adige (Südtirol) ab, die Deutsch oder Ladinisch als Muttersprache sprechen (german-foreign-policy.com berichtete [1]). Wie Kneissl am Dienstag nach ihrem Antrittsbesuch bei ihrem italienischen Amtskollegen Angelino Alfano mitteilte, werden der Arbeitsgruppe Beamte des österreichischen Außen- wie des Innenministeriums sowie nichtbeamtete \"Experten\" angehören; man werde die Vorbereitungen \"immer im Austausch mit Italien\" vorantreiben - im \"europäischen Geist\".[2] Italiens Außenminister reagiert offiziell betont zurückhaltend. Man habe \"gegenseitig die Standpunkte dargelegt\", erklärte Alfano über das Gespräch mit Kneissl: Rom vertrete auch weiter \"die historische Position, wie sie immer war\". Dies bezieht sich darauf, dass die deutschsprachige Minderheit bereits jetzt weitreichende Sonderrechte genießt; Italien ist nicht bereit, drei Viertel der Einwohner Bolzano-Alto Adiges Österreich zu unterstellen. Er gehe davon aus, warnt Alfano, dass \"es keine unilateralen Schritte gibt\".[3]


Auslandsitaliener

Wiens aggressiver Vorstoß schließt an bestehende Vorbilder unter den großen Mitgliedsstaaten der EU an. Die Regierung Italiens etwa dürfe über den Vorstoß \"nicht beleidigt sein\" [4], äußerte Anfang Dezember der ehemalige Landeshauptmann von Bolzano-Alto Adige, Luis Durnwalder (Südtiroler Volkspartei): Rom verleihe zum Beispiel Bürgern Sloweniens und Kroatiens, wenn sie italienische Vorfahren hätten, ebenfalls den italienischen Pass. In der Tat schreibt das italienische Staatsbürgerschaftsrecht seinerseits ein ius sanguinis (\"Blutsrecht\") fest, dem zufolge Italiener ist, wer italienische Vorfahren hat, nicht jedoch - bzw. nur in Ausnahmefällen -, wer auf italienischem Territorium geboren worden ist.[5] Rom hat am 8. März 2006 ein Gesetz (\"Legge n. 124\") verabschiedet, das es ausdrücklich vorsieht, Menschen, die in Istrien, Fiume und Dalmatien - in Teilen Sloweniens und Kroatiens also - die italienische Staatsbürgerschaft zu geben, sofern ihre Vorfahren Italiener waren.[6] Das entspricht im Kern den aktuellen Plänen Österreichs.


Auslandsdeutsche

Vorreiter bei der Verleihung der eigenen Staatszugehörigkeit an Bürger der Nachbarstaaten ist allerdings Deutschland gewesen. Die Bundesrepublik hat bereits in den 1990er Jahren begonnen, Bürgern Polens, Tschechiens und anderer Staaten deutsche Papiere auszuhändigen, sofern sie eine deutsche Abstammung nachweisen können; Grundlage ist auch hier das völkische Blutsrecht (ius sanguinis). Zum Erlangen deutscher Papiere genügt in Polen ausweislich einschlägiger Unterlagen, die etwa auf der Website der deutschen Botschaft in Warschau abrufbar sind, ein sogenannter Volkslistenausweis, wie er von den NS-Okkupanten in der Zeit nach dem deutschen Überfall am 1. September 1939 an \"Blutsdeutsche\" ausgehändigt wurde. Die deutschen Behörden gehen bei der Verleihung der deutschen Staatsbürgerschaft an Bürger Polens ungewohnt großzügig vor. So erklärten bei der polnischen Volkszählung des Jahres 2011 gut 148.000 Menschen, \"deutsche Volkszugehörige\" zu sein. Zugleich bestätigten rund 239.300 Personen, neben der polnischen auch die deutsche Staatsangehörigkeit zu besitzen. Das Auswärtige Amt beziffert Polens \"deutsche Minderheit\" auf insgesamt 300.000 bis 350.000 Menschen - also auf weit mehr als das Doppelte derjenigen, die das für sich selbst in Anspruch nehmen.[7] Ähnlich verhält es sich in Tschechien. Während sich 2011 knapp 19.000 Bürger des Landes der deutschsprachigen Minderheit zurechneten, schätzte das Auswärtige Amt ihre Gesamtzahl auf rund 40.000. Damals hatten die deutschen Behörden bereits rund 20.780 Tschechen die deutsche Staatsangehörigkeit verliehen.[8]


Auslandsungarn

In noch größerem Stil nachgezogen hat mittlerweile Ungarn. Das Land gewährt auf Initiative von Ministerpräsident Viktor Orbán seit Anfang 2011 den Angehörigen der ungarischsprachigen Minderheiten in den Nachbarländern die ungarische Staatsbürgerschaft - wie im Fall Deutschlands und Italiens auf der Basis des völkischen ius sanguinis. Im Dezember 2017 wurde im Budapester Präsidentenpalast in Anwesenheit des ungarischen Staats- sowie des Ministerpräsidenten die millionste ungarische Staatsbürgerschaft an einen \"Auslandsungarn\" übertragen; es handelte sich um einen Bürger Serbiens. Die Budapester Praxis führt längst zu heftigen Auseinandersetzungen mit Rumänien, wo eine 1,5 Millionen Menschen starke ungarischsprachige Minderheit lebt; diese spitzt mittlerweile, verstärkt durch die Chance, die ungarische Staatsbürgerschaft zu erhalten und damit die Bindungen an den rumänischen Staat zu schwächen, ihre Autonomieforderungen zu.


Auslandsrumänen

Rumänien wiederum hat selbst begonnen, mit der Verleihung seiner Staatsbürgerschaft in einem seiner Nachbarstaaten zu wildern - in Moldawien. Laut offiziellen Angaben aus Bukarest haben von den rund 3,1 Millionen Moldawiern mittlerweile um die 300..000 die rumänische Staatsbürgerschaft erhalten - weil ihre Sprache als ein rumänischer Dialekt eingestuft und sie selbst von rumänischen Nationalisten als \"Rumänen\" bezeichnet werden.[9] In Rumänien ist die Forderung nach einem \"Anschluss\" Moldawiens populär; zu ihren bekanntesten Protagonisten gehört Ex-Staatspräsident Traian Băsescu.


Auslandskatalanen

Sogar katalanische Sezessionisten, die für die Abspaltung ihrer Region von Spanien und für die Gründung eines eigenen Staates kämpfen, haben bereits die katalanischsprachige Minderheit im Nachbarland Frankreich im Visier. Auf Demonstrationen in Barcelona hieß es im Herbst mit Blick auf die katalanischsprachige Minderheit in der Region um das südfranzösische Perpignan: \"Weder Frankreich noch Spanien, sondern ein Land Katalonien\".[10]


Territorialforderungen

In exemplarischer Weise hat Benedetto della Vedova, Staatssekretär in Italiens Außenministerium, nun vor der Vergabe der jeweiligen Staatsbürgerschaft an Sprachminderheiten eines Nachbarlandes gewarnt. Wie della Vedova schreibt, bedroht sie nicht nur \"das Zusammenleben in den Ländern\", die davon betroffen sind; sie droht zudem \"Territorialforderungen wiederauferstehen zu lassen\", auch in der EU. Della Vedova hat in diesem Kontext von einer \"eisernen ethnonationalistischen Faust\" gesprochen, mit der aktuell Österreich Italien bedrohe.[11] Seine Warnung wäre freilich glaubwürdiger, könnte Italien sich entschließen, selbst die entsprechenden Praktiken einzustellen. Am wirksamsten wäre es selbstverständlich, könnte die dominante Macht in der EU, Deutschland, sich dazu durchringen. Das allerdings kann als ausgeschlossen gelten: Berlin gibt seit je in Sachen völkischer Nationalismus den Ton an.

 

[1] S. dazu Die Ära der Nationalismen (I).

[2], [3] Kneissl: Keine Kritik aus Italien wegen Doppelpass-Plänen. kleinezeitung.at 16.01.2018.

[4] Durnwalder: \"Ich würde als Erster ansuchen\". unsertirol24.com 02.12.2017.

[5] Cittadinanza. interno.gov.it.

[6] Legge n. 124 del 0 Marzo 2006.

[7] Deutsche Minderheit in Polen. aussiedlerbeauftragter.de 02.05.2013.

[8] Deutsche Minderheit in anderen Staaten Mittelost- und Osteuropas. aussiedlerbeauftragter.de 02.05.2013.

[9] Karla Engelhard: Rumänische Pässe sind begehrt. deutschlandfunk.de 20.02.2014.

[10] S. dazu Die Macht in der Mitte.

[11] www.facebook.com/BenedettoDellaVedovaOfficial/posts/10155989376364600




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Torino 10/2/2018: Giorno del Ricordo, un bilancio


Si terrà il giorno sabato 10 febbraio 2018 a Torino, dalle ore 10 alle ore 17 presso la sala convegni del museo dell\'ex Carcere \"Le Nuove\", in Via Borsellino 3, il convegno nazionale: GIORNO DEL RICORDO, UN BILANCIO


Obiettivo dell\'iniziativa, organizzata dalla associazione Jugocoord Onlus e dalla rivista di storia critica Historia Magistra, è una analisi delle conseguenze della istituzione del \"Giorno del Ricordo\" (Legge n.92 del 2004) e delle sue celebrazioni sino ad oggi. Attraverso qualificate relazioni scientifiche saranno investigate le ricadute dell\'inserimento del \"Giorno del Ricordo\" nel calendario civile della Repubblica, che appaiono molto pesanti a livello politico, culturale e di autopercezione identitaria della Nazione, nonché a livello didattico-scientifico e financo per le casse dello Stato. Per converso, ad oggi il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati attribuiti i riconoscimenti previsti dalla Legge è di appena 323, di cui \"infoibati\" in senso stretto una minima frazione, mentre la gran parte di queste figure sono appartenenti alle forze armate o personale politico dell\'Italia fascista, senza contare gli episodi che non hanno niente a che fare con la narrazione ufficiale delle \"più complesse vicende del confine orientale\" cui si riferisce la Legge. Tutto ciò considerato, il 2 aprile 2015 la stessa Segreteria Nazionale dell\'ANPI chiese di interrompere quantomeno l\'attribuzione di onorificenze e medaglie della Repubblica, mentre nel 2017 numerose personalità antifasciste in una Lettera Aperta al MIUR hanno invocato un drastico cambiamento di rotta rispetto alla modalità revisionista e rovescista con cui l\'argomento è trattato nelle scuole.


Al convegno sono previsti gli interventi di Bruno Segre, Angelo Del Boca, Angelo D\'Orsi, Alessandro \"Sandi\" Volk, Gabriella Manelli, Marco Barone, Nicola Lorenzin, Davide Conti, Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan. A seguire dibattito.

Hanno aderito finora [AGG. 19/1 ore 16:00]
sezioni ANPI (Ass. Naz. Partigiani d\'Italia) Grugliasco (TO), Chivasso (TO), Montebelluna (VI – sez. A. Boschieri \"D\'Artagnan\")
ANPPIA (Ass. Naz. Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) nazionale e sezione di Torino 
AICVAS (Ass. Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna)
CIVG (Centro Iniziative Verità e Giustizia)
Centro Studi Italia-Cuba
Comitato di lotta antifascista antimperialista e per la memoria storica (Parma)

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(english / italiano)

Über Alles ... e anche sopra la legge

1) Ancora liberi in Germania i colpevoli della strage sul lavoro alla ThyssenKrupp

2) Stragi naziste, il giudice condanna la Germania a risarcire ma l’Italia sta con Berlino per “paura di incidenti diplomatici”

3) Reception Refused. Reparations class action lawsuit for the German genocide carried out on the Ovaherero and the Nama threatens again to be aborted (GFP 17.1.2017)
[Sulla impunità della Germania rispetto ai crimini commessi nella ex-colonia della Namibia, oltre ai crimini di guerra in Grecia e Italia]


=== 1 ===


La Germania arresti i colpevoli della ThyssenKrupp – Lettera aperta all’Ambasciatrice Susanne Wasum-Raine

6 dicembre 2017, MASSIMO MARNETTO

Alla Ambasciatrice Susanne Wasum-Raine (*)
Le scrivo perché mi ha colpito molto negativamente la mancanza di collaborazione della Germania, per eseguire l’arresto di  Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, manager condannati per l’omicidio colposo di sette operai morti dopo il rogo avvenuto tra il 6 e il 7 dicembre 2007 nella ThyssenKrupp.  I sette lavoratori – Santino Bruno, Giuseppe De Masi,   Angelo Laurino, Rocco Marzo,  Rosario Rodinò, Antonio Schiavone, Roberto Scola – sono morti per carenze accertate negli impianti di sicurezza della fabbrica. Una gravissima negligenza che ha provocato una tragedia evitabile.
Ambasciatrice Susanne Wasum-Raine
Le chiedo di comunicare al suo Governo la diffusa indignazione di molti cittadini italiani per questa forma di ostruzionismo alla giustizia, incompatibile con il reciproco rispetto che ha sempre caratterizzato i rapporti tra i nostri Paesi.
Con vigilanza democratica,
Massimo Marnetto

(*) Chi volesse scrivere, deve andare sul sito dell’Ambasciata e inserire il testo nell’apposita scheda.
     Per arrivarci facilmente, cliccare quihttps://italien.diplo.de/Vertretung/italien/it/Kontakt.html

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Torino, i parenti delle vittime Thyssen: \"Andremo in Germania a chiedere giustizia\"

A dieci anni dal rogo che uccise sette operai la ferita è ancora aperta: \"Vogliamo che i politici di Berlino ci spieghino perché i due manager tedeschi sono ancora liberi\"

4 dicembre 2017

\"Il nostro dolore non si è attenuato, le nostre famiglie sono state rovinate. Io sono morta a 49 anni insieme a mio figlio\". Lo dice Rosina Plati, la mamma di Giuseppe Demasi, 26 anni, uno dei sette operai morti alla Thyssen di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, in occasione della presentazione della Settimana della sikcurezza a Palazzo Civico. Dal rogo sono trascorsi dieci anni, ma per i parenti delle vittime la ferita non si è mai cicatrizzata. Si capisce dalle lacrime di Antonio Boccuzzi, l\'unico sopravvissuto, e dal pianto dei familiari, ancora in attesa di giustizia perché i manager tedeschi dell\'azienda, Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, sono ancora in libertà nel loro Paese nonostante la condanna passata in giudicato. \"Presto andremo in Germania - aggiunge la signora - vogliamo che i politici ci guardino negli occhi e ci dicano 
perchè non sono ancora in galera\".
Poco distante c\'è Antonio Boccuzzi, che quella notte riuscì miracolosamente a salvarsi. \"Ricordo Giuseppe che urlava \'non voglio morire\'. Aveva soltanto 26 anni, insieme eravamo andati a vedere la macchina che poi aveva acquistato. A distanza di dieci anni non c\'è ancora giustizia, siamo ancora qui ad aspettare che i due tedeschi scontino un giorno di carcere\".

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Rogo Thyssen, persa una carta in Germania: e i manager tedeschi condannati restano liberi

Per i tedeschi manca un documento per arrestare i due supermanager condannati per i 7 morti di Torino. Ma Via Arenula: “Spedito a giugno”. E c’è la prova della ricezione

di Andrea Giambartolomei | 28 ottobre 2017

Manca solo un documento. Per questo la giustizia tedesca non ha ancora deciso se arrestare Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, ex componenti del Cda della ThyssenKrupp Acciai Speciali, condannati a nove anni e otto mesi il primo e sei anni e dieci mesi il secondo per l’omicidio colposo di sette operai morti dopo il rogo del 6 dicembre 2007 a Torino.

L’Italia ha inviato quel documento in Germania, ma è andato perso. Questo è quanto il Fatto Quotidiano ha appreso dalla Procura generale di Essen(Renania settentrionale-Vestfalia), città in cui ha sede il colosso dell’acciaio ha la sua sede. “Non si può ancora decidere se eseguire in Germania la sentenza italiana contro Espenhahn e Priegnitz – risponde Anette Milk, procuratore e portavoce –. La procedura è in corso. Stiamo ancora aspettando un documento che è stato chiesto alle autorità italiane”. E questo è il problema: “Ci hanno informato che ci hanno già mandato i documenti mesi fa, ma sfortunatamente non sono mai arrivati ai nostri uffici”.

La Procura generale di Essen spiega che stanno cercando di risolvere e hanno richiesto una copia dell’atto mancante. Poi, una volta ricevuto, sarà possibile decidere se e come arrestare i due manager. In base agli accordi bilaterali, Espenhahn e Priegnitz potranno scontare la condanna nel loro Paese per una durata massima di cinque anni, come previsto dal codice penale tedesco per l’omicidio colposo. Dal ministero della Giustizia italiano, invece, dicono di non aver ricevuto ulteriori richieste. L’ultima risale all’8 maggio, quasi un anno dopo la condanna definitiva datata 13 maggio 2016. La Germania chiedeva chiarimenti sulla presenza dei due imputati al processo: se condannati in contumacia, il loro arresto sarebbe stato più difficile. Il dato, in realtà, era riportato nella sentenza che li indica come “presenti”. Da via Arenula hanno inoltrato la richiesta alla Procura generale di Torino, dove il sostituto pg Vittorio Corsi, poco prima del suo pensionamento, ha firmato un ultimo atto, spiegando che i due presero regolarmente parte al processo di primo grado e furono sottoposti all’esame dibattimentale il 4 novembre 2009, mentre per i due processi di appello non si sono mai presentati e sono stati rappresentati da avvocati di fiducia. Ma insomma, per l’Italia non erano contumaci.

La risposta è stata mandata via mail a Essen il 1° giugno scorso, con tanto di foto dei due imputati in aula: c’è anche l’avviso di ricezione della mail dall’account dell’indirizzo di Essen, dove evidentemente l’hanno persa.

A differenza dei manager italiani che sono entrati in carcere il giorno dopo il verdetto della Cassazione, i due tedeschi sono liberi (e dal curriculum su Linkedin risulta che Gerald Priegnitz è tuttora Cfo, direttore finanziario, della ThyssenKrupp Global Shared Services).

Il 12 ottobre scorso a Lussemburgo è intervenuto direttamente anche il ministro Orlando che, durante il Consiglio dell’Unione europea dedicato alla giustizia, ha chiesto all’omologo tedesco Heiko Maas un suo interessamento per l’esecuzione della condanna: “Alla luce dell’eccellente cooperazione giudiziaria tra Italia e Germania il ministero federale di giustizia ha offerto il suo supporto per migliorare la comunicazione tra le autorità giudiziarie tra i due Stati se necessario”, ha risposto al Fatto un portavoce di Maas.

È possibile che le autorità tedesche aspettassero soltanto l’esito dell’ultimo ricorso straordinario in Cassazione: il 19 ottobre scorso i giudici l’hanno respinto perché le condanne inflitte erano “conformi a legge e adeguatamente giustificate”. Un’ulteriore conferma della loro colpevolezza che solo la Germania fatica a riconoscere.


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ThyssenKrupp, la giustizia latitante

21 ottobre 2017, VINCENZO FRENDA

Il 6 dicembre prossimo saranno i 10 anni dalla strage della ThyssenKrupp di Torino, in cui morirono 7 operai arsi vivi dall’esplosione della linea 5 dell’acciaieria. Eppure ancora alcuni dei responsabili sono a piede libero. Si tratta dei due manager tedeschi: l’amministratore delegato Harald Espenhahn condannato a 9 anni e 8 mesi e il membro del cda Gerald Priegnitz condannato a 6 anni e 10 mesi.. Tutti in via definitiva. Colpevoli di omicidio colposo plurimo, incendio colposo e omissione dolosa di cautele per la prevenzione degli infortuni. L’acciaieria di Torino doveva chiudere così si smise tempo prima di investire in manutenzione e sicurezza, questa “colpa imponente” ha causato la morte degli operai.

Per arrivare a questa verità definitiva ci sono voluti 9 anni e 5 processi, eppure solo i condannati italiani stanno scontando le pene.  I tedeschi no, perché la loro condanna non è stata ancora recepita dalla giustizia tedesca che potrebbe anche ricalcolarla riducendola, visto che in Germania per lo stesso reato sono previste pene più miti. Ma non basta. I due manager tedeschi insieme al dirigente Daniele Moroni hanno provato a chiedere un nuovo sconto alla giustizia italiana. Un ricorso alla cassazione per avere un ricalcolo della pena rispedito al mittente dalla corte suprema. Un tentativo andato fallito che ha però garantito ai condannati tedeschi altro tempo in libertà.

Il ministro della giustizia Orlando ha sollecitato più volte i tedeschi ad applicare la condanna come previsto dai trattati, finora invano. Un nuovo sfregio alla memoria delle vittime; Graziella Rondinò madre di Rosario, morto ad appena 26 anni non si dà pace: “Le pene sono basse, almeno che non ci siano sconti per gli assassini. Avrebbero dovuto dare loro l’ergastolo, prendere la chiave della cella e buttarla via. Ora speriamo che la Germania si sbrighi a rendere esecutiva la sentenza. Non vogliamo aspettare altri dieci anni”.

Tanti, troppi anni passati per avere giustizia e le pene forse non sono quelle che i parenti delle vittime si aspettavano, ma questo processo mantiene intatta la sua importanza, perché infligge le pene più severe mai date per un incidente sul lavoro e dà un segnale forte a quei capitani d’industria che finora hanno pensato di poter derogare sui diritti dei lavoratori e sostanzialmente sulla loro salute, in virtù di una impunità garantita dal denaro scrivendo, come per il caso della Thyssen di Torino, pagine nerissime nella storia industriale non solo italiana.

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ThyssenKrupp. Corte di cassazione conferma le condanne ai manager, ma i colpevoli sono liberi in Germania

\"Questa è la realtà della Unione Europea, un sistema autoritario e truffaldino di diseguali\"


di Giorgio Cremaschi
20/10/2017 


Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 un terribile incendio distrusse lo stabilimento ThyssenKrupp di Torino condannando ad una morte orribile 7 operai. 

Grazie al lavoro instancabile e minuzioso del procuratore Guariniello i colpevoli di quella strage furono individuati, incriminati, condannati. E, caso raro per gli omicidi sul lavoro, le sentenze, pur attenuate, hanno retto fino alla Corte di Cassazione. Che pochi giorni fa ha voluto anche sottolineare la gravità del non rispetto delle norme di sicurezza, che proprio per la sua dimensione assegna la responsabilità della strage ai manager aziendali. Di essi quelli italiani stanno già scontando la pena, ma i due principali responsabili - l\'amministratore delegato Harald Espenhahn (condannato a nove anni di reclusione) e il direttore generale Gerald Priegnitz (condannato a sei anni) - sono liberi in Germania. 

Attenzione non si tratta di ritardi o sviste, perché, già nel 2016, dopo la prima conferma delle condanne, la magistratura italiana aveva spiccato un mandato di cattura europeo per i due manager. Mandato di cattura che le autorità tedesche hanno semplicemente ignorato. Ora il ministro Orlando dice che chiederà la consegna dei colpevoli al suo collega di Germania.

Buffonate.

La verità è che il governo dovrebbe fare una campagna contro l\'impunità dei manager tedeschi e far valere con tutti i mezzi le regole di giustizia europee.

Che però come al solito valgono solo per i paesi deboli e con una classe politica asservita e mai, mai per la Germania. Questa è la realtà della Unione Europea, un sistema autoritario e truffaldino di diseguali, ove se sei manager tedesco sei automaticamente immune dalla giustizia di uno dei paesi che in Germania chiamano PIGS.

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Rogo Thyssen, manager tedeschi condannati ancora liberi: lettera di Orlando al ministro Maas

L’ex ad Harald Espenhahn e l’ex consigliere Gerald Priegnitz, sono stati condannati in via definitiva il 13 maggio 2016 per omicidio colposo plurimo al termine del processo per il rogo allo stabilimento di Torino in cui, tra il 5 e il 6 dicembre 2007, morirono sette operai

di F. Q. | 12 ottobre 2017

L’ex ad della ThyssenKrupp Acciai Speciali Harald Espenhahn e l’ex consigliere Gerald Priegnitzcondannati in via definitiva il 13 maggio 2016 per omicidio colposo plurimo al termine del processo per il rogo allo stabilimento di Torino in cui, tra il 5 e il 6 dicembre 2007, morirono sette operai, sono ancora liberi. A cinque mesi dalla polemica sulla traduzione della sentenza il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha chiesto al suo omologo tedesco che la Germania dia esecuzione al verdetto.

Per Espenhahn, condannato a nove anni di reclusione, e Priegnitz, condannato a sei anni, è stata chiesta l’estradizione in Italia, ma questa è stata dichiarata non ammissibile in quanto sono entrambi di cittadinanza tedesca. Nei primi mesi del 2017 l’Italia ha quindi chiesto all’autorità giudiziaria tedesca di riconoscere la sentenza ed eseguire in Germania la relativa pena a carico delle due persone coinvolte. Richiesta ora rinnovata da Orlando che a margine della riunione del Consiglio GAI in corso a Lussemburgo, ha incontrato il suo omologo tedesco Heiko Maas, che si è impegnato a svolgere nel più breve tempo possibile un approfondimento sulla questione, al fine di poter dare riscontro alla richiesta italiana. Al termine del colloquio, il Guardasigilli gli ha consegnato una lettera che riepiloga i principali passaggi della vicenda.

Gli imputati condannati invece stanno tutti scontando la pena. La sentenza della Cassazione (qui le motivazioni) è arrivata il 13 maggio 2016, un venerdì sera, e il sabato mattina gli italiani si erano consegnati alle forze dell’ordine per poi andare in carcere a Terni e a Torino. Lunedì 16 maggio, rientrati nei loro uffici, il sostituto procuratore generale Vittorio Corsi e il procuratore generale Francesco Saluzzo avevano emesso un mandato di arresto europeo per Espenhahn e Priegnitz e il 25 maggio erano state diramate le ricerche dei due condannati, localizzati in Germania.

Lì era stata consegnata la documentazione per l’arresto, ma il 4 agosto la procura generale di Hamm aveva comunicato al ministero della Giustizia il rifiuto della consegna: in base alle norme sul mandato di arresto europeo un’autorità giudiziaria può rifiutare di eseguire il mandato contro i suoi cittadini per eseguirla “conformemente al suo diritto interno”. In Germania, in base ai codici, Espenhahn e Priegnitz non sconteranno le pene stabilite dai giudici italiani, rispettivamente nove anni e otto mesi il primo e sei anni e tre mesi il secondo. La detenzione potrà durare fino a un massimo di cinque anni, pena massima prevista dal codice penale tedesco per l’omicidio colposo.

A questo punto il ministero di via Arenula aveva chiesto di seguire le procedure previste da un’altra decisione quadro dell’Unione europea. Così, una volta arrivate le motivazioni della sentenza della Cassazione, il ministero aveva fatto tradurre le sentenze e il 13 marzo le aveva inviate in Germania. La procura generale di Hamm aveva informato il ministero di aver convalidato il “certificato” (o meglio, di aver proceduto alla “delibazione”). Ma da allora nulla più è successo..


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Stragi naziste, il giudice condanna la Germania a risarcire ma l’Italia sta con Berlino. “Paura di incidenti diplomatici”

Il giudice: “La Repubblica federale è erede del Terzo Reich”. Ma la Farnesina è al fianco dei tedeschi. Il motivo? Evitare un caos diplomatico. Ma anche il timore che altri Stati se la prendano con noi per le stragi fasciste nella ex Jugoslavia o in Grecia. Gli esperti di diritto al fatto.it: “In realtà le soluzioni ci sono, ma manca la volontà politica”. Come gli ex SS condannati ma mai in carcere

di Ilaria Lonigro | 3 dicembre 2017

Contro le vittime dei nazisti, a fianco della Germania. E’ la posizione dello Stato italiano nel processoper la strage di Limmari del 1943, per la quale il tribunale di Sulmona, il 2 novembre, ha condannato la Germania, come erede del Terzo Reich, a risarcire il Comune di Roccaraso e i discendenti delle 128 vittime per danno “non patrimoniale”. Una sentenza storica, perché apre la strada ai risarcimenti anche per le altre numerose stragi naziste in Italia, da Sant’Anna di StazzemaMontesole. Ma che rischia di rimanere lettera morta, perché la Germania si rifiuta di riconoscere il processo. E dove trova sostegno? Nel ministero degli Esteri italiano secondo il quale questi risarcimenti sono inammissibili: violano la sentenza dell’Aja del 2012, che, relativa a un caso simile – Italia contro Germania in tema di risarcimenti per crimini di guerra -, aveva stabilito che gli Stati sono immunidalla giurisdizione di altri Paesi. Eppure, l’Italia dovrebbe sostenere gli eredi delle vittime: la Corte Costituzionale, con una sentenza del 2014 condivisa anche dalla Cassazione, dice che l’immunità degli Stati non vale, se i diritti umani fondamentali sono stati violati. E nel 1943, a Limmari, lo furono. Così finisce come con le condanne definitive nei confronti degli ex soldati delle Ss e della Wehrmacht individuati e processati dalle procure militari italiane per molte delle stragi avvenute tra il 1943 e il 1945, durante la ritirata tedesca che lasciò una scia di sangue dall’Abruzzo al Piemonte“E’ una questione di volontà politica” disse mesi fa al fatto.it Marco De Paolis, procuratore militare che portò a processo tra gli altri i responsabili degli eccidi di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto. “Tutta una questione di volontà politica” ripetono ora vari esperti di diritto internazionale parlando del risarcimento ai familiari delle vittime di Limmari.


Nel paesino abruzzese sopravvisse solo una bambina
In quel paesino sull’Appennino abruzzese, tra il 16 e il 21 novembre 1943, i paracadutisti tedeschi, sotto il controllo del Federmaresciallo Albert Kesselring, uccisero 128 civili: donne, anziani, alcuni invalidi e bruciati vivi, e bambini, tra cui Giancarlo Iarussi, che aveva meno di 100 giorni. Erano paesani e sfollati che si erano rifugiati lì, pensando di essere al sicuro tra i boschi di Limmari, che, per una tragica ironia della sorte, nel dialetto locale significa Valle della Vita. A seppellire i corpi, abbandonati per mesi, ci pensò la neve. Si salvò solo Virginia Macerelli, di 7 anni: il corpo della madre le fece da scudo, proteggendola dai colpi delle mitragliatrici. Nel 2013 è stata ricevuta al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Il giudice: “Germania colpevole, successore del Terzo Reich”
Chissà cosa avrà pensato Virginia quando, nella causa intentata contro la Germania da lei e dagli altri eredi delle vittime – rappresentati dagli avvocati Lucio OlivieriMonica Oddis e Claudia Di Padova – la Farnesina si è costituita in difesa di Berlino. Il ministero non voleva “incorrere in una violazione del diritto internazionale”, perché l’Italia, ricorda ancora il vertice della diplomazia italiana, ha rinunciato a ogni pretesa nei confronti della Germania nel 1947, con il Trattato di Pace di Parigi. E poi c’è la sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja. Ma, forte della sentenza della Corte Costituzionale e di quella della Cassazione, il giudice Giovanna Bilò, del tribunale di Sulmona, il 2 novembre ha condannato in contumacia la Germania, “quale successore del Terzo Reich”, come “responsabile dell’uccisione” con “modalità efferate” dei 128 civili. In più, ha obbligato Berlino a corrispondere al Comune di Roccaraso 800mila euro di “danno non patrimoniale”.

Il governo impedisce i risarcimenti.. Nonostante la Consulta
Peccato che né il Comune né gli eredi vedranno mai questi soldi. “Il governo deve dare applicazione alle sentenze – dice a ilfattoquotidiano.it Dino Rinoldi, docente di Diritto internazionale alla Cattolica di Milano – Invece, in questo caso, non consente di sequestrareconfiscare e vendere all’asta un immobile che appartiene alla Germania. Gli eredi difficilmente riusciranno a trovare un risarcimento. Quello che mi colpisce di più è il comportamento del governo italiano, che non appoggia quello che è il risultato della Corte Costituzionale e della Cassazione. Il governo teme, un domani, trattamenti spiacevoli in Germania. Tutela se stesso: non vuole, un domani, altrove, essere portato in giudizio”.

Stragi fasciste all’estero: la coda di paglia degli italiani
Tra i motivi che frenano il governo italiano probabilmente c’è il timore che un domani Paesi come l’Etiopia, la Slovenia o la Grecia vengano a chiederci il conto per le stragi fasciste, a dispetto del falso mito degli “italiani brava gente”, di un esercito che al contrario di quello tedesco ha sempre rispettato e solidarizzato con le popolazioni invase. In quel caso i risarcimenti complessivamente ci costerebbero diverse centinaia di milioni di euro. “Su questo il nostro Paese è rimasto sempre in silenzio – dice Bernardo Cortese, professore di diritto dell’Unione europea all’università di Padova – Non è da escludere che ci sia anche questo, nella somma delle ragioni che portano il nostro ministero a non muoversi contro la Germania. Ci sono tante cose che spiegano le nostre reticenze. Ovviamente non siamo solo dalla parte delle vittime”. 

Gli esperti di diritto: “Berlino e Roma sbagliano: le vittime vanno risarcite”
Non solo poche le voci autorevoli del diritto internazionale contro la posizione del governo italiano con le vittime degli eccidi. “Gli Stati non possono giocare con dei diritti sacrosanti delle vittime delle stragi – sostiene Tullio Scovazzi, professore di Diritto internazionale all’università Milano Bicocca – Qui c’è un evidente diniego di giustizia. Le vittime di gravi crimini hanno diritto a ottenere un risarcimento, indipendentemente dalla posizione degli Stati. Se l’Italia vuole sostenere le ragioni della Germania, allora si deve sostituire alla Germania e pagare gli addebiti, poi chiedere eventualmente una rifusione da parte della Germania”. Secondo Scovazzi la sentenza dell’Aja sull’immunità degli Stati, dietro cui la Germania si para per schivare i processi, è scorretta. “La Corte internazionale di giustizia – spiega Scovazzi – ha dato ragione alla Germania con un&nbs

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