Jugoinfo

 
N.B. la registrazione audio della conferenza-dibattito tenuta domenica 24/2 u.s. a Roma è ascoltabile alla pagina della iniziativa:
https://www.cnj.it/home/it/informazione/confine-orientale/9079-aggiornato-roma-24-2-2019-resistenza-jugoslava,-foibe-o-fratellanza.htm
o scaricabile al link diretto:
https://www.cnj.it/home/images/INIZIATIVE/roma240219.mp3
 
L'intervento di A. Martocchia, che riproduciamo di seguito, è stato pubblicato anche su Contropiano
http://contropiano.org/documenti/2019/02/26/il-giorno-del-ricordo-ecco-dove-sta-il-problema-0112792
e Diecifebbraio.info
http://www.diecifebbraio.info/2019/02/giorno-del-ricordo-dove-sta-il-problema/
 
https://www.cnj.it/home/it/informazione/confine-orientale/9079-aggiornato-roma-24-2-2019-resistenza-jugoslava,-foibe-o-fratellanza.html#martocchia
 

“GIORNO DEL RICORDO”, DOVE STA IL PROBLEMA? 

 

di A. Martocchia (segretario, Jugocoord Onlus – intervento alla iniziativa “Resistenza jugoslava. Foibe o fratellanza?“, tenuta a Roma domenica 24 febbraio 2019)


L’iniziativa di oggi non nasce per esigenze di rito, né per la affermazione di meri principi o per testimonianza. E la mia non sarà una semplice Introduzione – anzi mi scuso da subito e vi chiedo pazienza per la lunghezza del mio intervento.Con quanto è successo quest’anno attorno al 10 Febbraio, nel nostro paese abbiamo oltrepassato il livello di guardia.È stato infatti abbattuto ogni residuo tabù in merito alla possibilità di offendere i valori antifascisti fondanti la nostra Repubblica, di distorcere in modo indecente la auto-percezione e coscienza storica della nazione. Siamo stati inoltre gettati in un clima di intimidazione permanente, una vera e propria “caccia alle streghe” – come l’ha definita Alessandra Kersevan – nei confronti dei pochi che non si allineano alla canea revisionista e revanscista.


GIORNO DEL RICORDO 2019


Quest’anno, le urla di Antonio Tajani per “Istria e Dalmazia italiane” hanno causato un nuovo incidente diplomatico con Slovenia e Croazia  Alla trasmissione in prima serata televisiva del film di propaganda fascista “Red Land / Rosso Istria” non hanno fatto seguito formali proteste da parte di alcuno, così come non ci sono state reazioni importanti alle affermazioni deliranti di Salvini su “i bimbi delle foibe e i bimbi di Auschwitz”. Alle invettive di Mattarella, che non è uno storico, contro gli storici da lui definiti “negazionisti”, ha fatto eco il presidente della Regione FVG secondo il quale tale “negazionismo è lo stadio supremo del genocidio“. Dopo che alla Commissione Cultura della Camera è passata una nuova Risoluzione che nega nelle scuole la facoltà di parola agli antifascisti in tema di Confine Orientale, gli squadristi di Blocco Studentesco hanno diligentemente applicato il provvedimento interrompendo, due giorni fa, una conferenza dell’ANPI all’Istituto Giordano Bruno di Roma. Per non parlare dei divieti di utilizzo delle sale comunali e pubbliche per le nostre iniziative, divieti che ogni anno abbiamo subito ma che sono oramai divenuti sistematici.


Ecco dunque sotto agli occhi di tutti le conseguenze ultime della istituzione del Giorno del Ricordo; conseguenze “gravissime” e non semplicemente “gravi” come le ha definite un paio di anni fa lo storico moderato, di area democristiana, Raoul Pupo. Noi andiamo lamentando tale gravità sin dall’inizio, cioè dal 2004 – anno di promulgazione della Legge istitutiva. In effetti la propaganda su “foibe” ed “esodo” era stata scatenata a livello di massa già prima, dalla metà degli anni Novanta, sulla base di molte menzogne e di lenti di ingrandimento ad hoc che fanno apparire come abnormi fatti sostanzialmente assimilabili a quelli accaduti ovunque durante la Seconda Guerra Mondiale. Inizialmente poteva sembrare che tale propaganda fosse solo la vendetta morale di chi avendo perso la guerra voleva adesso una rivincita dal punto di vista del giudizio storico; certamente, questa propaganda è anche la modalità specifica italiana di partecipare a quella riscrittura della Storia, che è in corso in Europa, dalla Croazia all’Ucraina alla Polonia, ovunque la politica abbia bisogno di un puntello ideologico alla operazione di inversione degli esiti della Seconda Guerra Mondiale.Tuttavia, la vera e propria escalation cui assistiamo di anno in anno, e la crescita degli investimenti in risorse finanziarie e di altro tipo, soprattutto da quando è stato istituito il Giorno del Ricordo, non sono spiegabili se non riferendosi ad interessi molto concreti e strutturali. 


DOVE VOGLIONO ANDARE A PARARE


Il noto massone Augusto Sinagra, legale di fiducia di Licio Gelli ed avvocato dell’accusa nel “processo foibe” che fallì ignominiosamente negli anni Novanta, all’epoca dichiarò che “il disfacimento della Jugoslavia” riapriva “per l’Italia prospettive un tempo impensabili, per dare concretezza all’irrinunciabile speranza di riportare il Tricolore nelle terre strappate alla Patria dal diktat [cioè dal Trattato di pace] e dal trattato di Osimo”.Negli anni successivi, l’integrazione di Slovenia e Croazia nella UE ha reso ardua, almeno per la fase attuale, tale prospettiva neo-irredentista, cioè di vero e proprio cambiamento dei confini. Ciononostante rimane un interesse geo-strategico ad esercitare pressioni ai danni dei nuovi piccoli Stati balcanici, sorti dallo squartamento della Jugoslavia, i quali non possono efficacemente difendersi né dalle campagne propagandistiche – essendo stati essi stessi fondati sulla diffamazione dell’esperienza jugoslava – né tantomeno dalle mire neocoloniali dei paesi limitrofi. In particolare, si punta tuttora:

1) a rinfocolare la vertenza sui cosiddetti “beni abbandonati” dagli esuli, mettendo in discussione il Trattato di Osimo e la soluzione già molto favorevole all’Italia che era stata concordata allora;
2) ad agevolare una più generale penetrazione economica sulla costa adriatica, aumentando l’influenza geopolitica italiana in quello scacchiere
.


Queste sono le chiavi di lettura materiali, alle quali nessuno fa mai riferimento, ma che invece dovrebbero incardinare il nostro discorso critico ogni volta che si scatena la propaganda sul Confine Orientale.


Noi possiamo organizzare infatti 100mila iniziative su questo o su quell’aspetto specifico riguardante il Confine Orientale, sui crimini italiani o sui falsi delle foibe, ma se non sintetizziamo una analisi critica complessiva sul perché lo Stato italiano da una ventina d’anni abbia investito tanti milioni di euro per una narrazione anti-fattuale su questi temi, non andremo mai al cuore del problema. 


COME INTERVENIRE


Dico questo perché, rispetto alla feroce offensiva in atto, esistono tra gli antifascisti strategie diverse, idee diverse sulle priorità, cioè su cosa sia più importante fare o evidenziare. Qualcuno dice: dobbiamo ricordare e celebrare il carattere internazionalista di quella Resistenza. Si tratta allora di ricordare i 40mila partigiani italiani inquadrati nell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, oppure di rievocare anche la storia simmetrica, quella degli antifascisti jugoslavi dapprima internati nei tanti campi di concentramento italiani e poi operanti nella Resistenza sul nostro Appennino, vicenda cui noi ci stiamo dedicando da qualche anno
Qualcun altro dice che si deve piuttosto parlare dei crimini italiani, cioè del contesto di occupazione militare e di prevaricazione nazionale da parte del nazifascismo. 
Altri ancora ritengono che sia prioritario entrare nel merito della questione “foibe” con ricerche di carattere storico e statistico che sbugiardano le esagerazioni della vulgata. Ecco allora, ad esempio, il nuovo ottimo libro di Claudia Cernigoi “Operazione Plutone”.


In effetti, di iniziative controcorrente importanti, anche dirompenti e di alto livello, ne sono state organizzate molte fino ad oggi. Su questi temi hanno lavorato egregiamente i ricercatori del gruppo Resistenza Storica formatosi attorno alla editrice KappaVu. Esistono comitati antifascisti, come quello di Parma, che ogni anno promuovono iniziative pubbliche di controinformazione nel Giorno dei Ricordo. Sono state iniziate campagne, come quella su “Magazzino 18” di Simone Cristicchi, che hanno fortemente disturbato i manovratori in alcuni frangenti. Abbiamo creato siti internet come Diecifebbraio.info dove si può trovare tutta la documentazione rilevante su questi temi, per contrastare la propaganda dominante.


Ogni approccio ovviamente va bene: ogni iniziativa è opportuna soprattutto se accresce la conoscenza e se permette di rifuggire dalla sterile dimensione dello scambio di insulti via Facebook. Tuttavia non basta! Non basta, perché il problema principale che dobbiamo affrontare quando arriva il Giorno del Ricordo è proprio… il Giorno del Ricordo! Cioè questa ricorrenza che è stata introdotta per legge nel calendario civile, con il suo significato e le sue conseguenze.


L’ANPI E IL “GIORNO DEL RICORDO”


Per spiegarmi faccio l’esempio della posizione ufficiale dell’ANPI, che appare mirata a “limitare il danno” derivante dalla istituzione del Giorno del Ricordo. All’origine l’ANPI non espresse una contrarietà netta, evidentemente risentendo dell’influenza del Partito Democratico i cui esponenti avevano partecipato al processo istitutivo (sin dall’incontro Fini-Violante a Trieste nel 1998) fino ad approvare il testo della Legge n.92/2004 contentandosi del fatto che esso contiene un accenno alla contestualizzazione nella “più complessa vicenda del confine orientale”.

Perciò, già nel primo decennio della Legge le sezioni ANPI sono andate in ordine sparso, talvolta promuovendo iniziative fortemente critiche, talaltra partecipando a incontri con esponenti dell’associazionismo revanscista istriano-dalmata nella logica della “memoria condivisa”. Quest’ultimo spirito è quello che sottende anche alla “pacificazione” promossa in Friuli attorno alla questione di Porzûs, per cui reduci partigiani garibaldini si sono incontrati con reduci combattenti “osovani”.
Solo nel 2015, a seguito dello scandalo scoppiato sul caso del repubblichino Paride Mori e quindi alla scoperta di centinaia di riconoscimenti assegnati a caduti che “facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia” – riconoscimenti di cui ci dirà in dettaglio Sandi Volk – l’ANPI ha chiesto di sospendere gli effetti della Legge sul Giorno del Ricordo.. Viceversa, però, i termini per i suddetti riconoscimenti sono stati prorogati per ulteriori 10 anni: di qui nel 2016 una lettera dell’allora presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia con richiesta di chiarimenti, in particolare, agli esponenti PD Del Rio e Serracchiani, lettera cui non è stata data alcuna risposta pubblica.
A dicembre 2016 il Comitato Nazionale ANPI approvava il documento “Il confine italo-sloveno. Analisi e riflessioni”, sintesi di un seminario interno, nel quale però non si affronta la questione dei “premiati” né si contesta l’istituzione del Giorno del Ricordo.
Nel 2018 la neo-presidente nazionale Carla Nespolo salutava il convegno di Torino “Giorno del Ricordo. Un bilancio”, oggetto di un attacco politico-giornalistico e del divieto di celebrazione in una sala comunale. Tuttavia nel 2019, con una svolta di 180°, la stessa Carla Nespolo ha criticato come “non condivisibile” il convegno di Parma “Foibe e Fascismo”, quattordicesimo di una serie che per lunghi anni aveva sempre avuto la partecipazione dell’ANPI. 

ALLARME ROSSO PER L’ANPI

Con questa presa di posizione della Nespolo parrebbe iniziare una fase di aperto distanziamento dell’ANPI dalle ricerche storiche che su questi temi hanno realizzato in particolare il gruppo di ricercatori indipendenti di Resistenza Storica e Diecifebbraio.info. Questo è ovviamente molto inquietante, ma a ben vedere è difficilmente evitabile se si assume la premessa dell’avversario, cioè che, a prescindere da ogni ricerca scientifica nel merito e da ogni distinguo sulla moralità della Resistenza, le “foibe” sono comunque state “una tragedia nazionale” – espressione che quest’anno abbiamo sentito usare identica da due persone: Carla Nespolo e Sergio Mattarella.

Io stesso sono un iscritto all’ANPI e credo che l’attività che svolge l’ANPI sia lodevole e preziosa e vada tutelata. Perciò in questa sede lancio un segnale d’allarme alle istanze dell’ANPI a tutti i livelli, dagli iscritti ai dirigenti nazionali passando per le tantissime sezioni: guardate che l’istituzione del Giorno del Ricordo ha messo l’ANPI e l’antifascismo italiano in una trappola mortale. Se si accetta che esista per lo Stato italiano una celebrazione per i cosiddetti “infoibati” quando non ne esistono di analoghe non dico per le vittime dei bombardamenti angloamericani, ma nemmeno per le vittime delle grandi stragi nazifasciste, da Marzabotto a Sant’Agata sulla Majella passando per le Fosse Ardeatine, allora possiamo chiudere baracca e burattini. Istituendo il Giorno del Ricordo è stata aperta la falla che farà affondare la nave. Inoltre, non contestare le conseguenze della Legge – cioè l’attribuzione di riconoscimenti di Stato a centinaia di fascisti e collaborazionisti del nazismo –, non chiedere la sospensione degli effetti della Legge, significa lasciare aperto il varco dal quale stanno scappando tutti i buoi.


Non ci si può allora lamentare se agli antifascisti viene negata la parola nelle scuole.


SQUADRISMO STORIOGRAFICO E DISSIDENZA


Ho già menzionato il convegno “Giorno del Ricordo. Un bilancio” che abbiamo organizzato a Torino un anno fa. Con esso volevamo mettere a fuoco le conseguenze devastanti della istituzione di questa ricorrenza. Il convegno è stato ovviamente ostacolato dal solito tandem politico-giornalistico, al punto che abbiamo dovuto presentare una denuncia penale per diffamazione contro la giornalista Lucia Bellaspiga, organica alla lobby degli esuli, denuncia della quale ancora aspettiamo l’esito. Ciononostante, quel convegno si è tenuto, con grande clamore e partecipazione di pubblico. Eppure non possiamo dirci soddisfatti del suo esito. Non siamo soddisfatti perché i quesiti fondamentali e le necessità che il progetto del convegno voleva evidenziare sono stati scarsamente compresi e valorizzati anche da chi era in quel progetto assieme a noi. L’obiettivo, che avremmo dovuto coronare con la pubblicazione degli Atti del convegno, era quello di dare a questi temi una nuova dignità pubblicistica, uscendo dal solito giro dei “fissati” delle questioni del Confine Orientale. Come ho già detto, in passato sono state fatte tante iniziative, libri ed anche convegni, e di ottimo livello, su “foibe ed esodo”; ma nonostante la gravità di quanto accaduto con l’istituzione del Giorno del Ricordo siamo oggettivamente intrappolati in una dimensione autoreferenziale, per cui la polemica è troppo spesso condotta con toni e strumenti più consoni alla lite di condominio che non alla storiografia o all’analisi delle relazioni internazionali. 
Una delle poche strade forse ancora percorribili per il necessario salto di qualità poteva allora essere la presa di responsabilità da parte di un pezzo di mondo scientifico-accademico, che avrebbe dovuto rendere “oggetto scientifico” ad es. il dato di fatto che il numero degli “infoibati” onorati dallo Stato italiano è prossimo a trecentocinquanta, e tra questi la maggiorparte sono nazifascisti e loro collaboratori, mentre degli altri nemmeno uno è vittima di “pulizia etnica titina” – come spiegherà Sandi nel seguito


Però tale assunzione di responsabilità non c’è stata, e così noi rimaniamo confinati nel solito angolino di protesta minoritaria, con le solite coazioni a ripetere tipiche dei minuscoli ambienti della dissidenza nelle società totalitarie – per usare due categorie, quelle di “dissidenza” e “totalitarismo”, che a me non piacciono ma che dovrebbero far riflettere chi è abituato ad usarle.


QUANTO CI COSTA

 

Per concludere voglio dunque richiamare i temi di quel convegno di Torino, elencando le voci di tale necessario “bilancio” di 15 anni di esistenza del “Giorno del Ricordo”.


Innanzitutto, quanto ci è costato il Giorno del Ricordo finanziariamente? Quanto incide sulle tasche dei contribuenti?

Per rispondere dovremmo innanzitutto andare a vedere le spese per le realizzazioni in termini di Monumenti e di Toponomastica.Poi fare la somma dei costi delle Cerimonie di Stato, o organizzate da Enti Locali a tutti i livelli, o da enti terzi (non esclusi gli Istituti di Storia).
Si dovrebbero quantificare i costi delle produzioni di telefilm (come il “Cuore nel Pozzo”), film (come “Red Land”), o spettacoli come quelli di Cristicchi.Nota bene: Renzo Codarin presidente della ANVGD ha affermato che per «Red Land» hanno «compiuto un enorme sforzo economico» e nemmeno con i fondi del Giorno per Ricordo bensì con quelli «della legge dello Stato 72 del 2001 che finanzia le attività che noi svolgiamo per divulgare la nostra storia.»Quantifichiamole allora tutte, le elargizioni alle singole associazioni degli «esuli» ed alla loro Federazione. Ricordiamoci che già nel 2010 la trasmissione Report di RAI3 aveva sollevato lo scandalo dei milioni di euro elargiti ogni anno all’associazionismo revanscista in virtù della Legge istitutiva del Giorno del Ricordo. Ed oltre alle elargizioni in denaro, ricordiamo le cessioni di beni immobili, come ad esempio qui a Roma, a S. Giorgio al Velabro.E che dire dei finanziamenti mirati agli ISMLI, alle Deputazioni di Storia Patria, alle Università, per orientare le attività di ricerca e celebrative?
E quanto sono costate le iniziative «didattiche» del MIUR, i corsi di formazione annuali, i viaggi degli studenti a Basovizza?


Parlando dunque delle scuole, veniamo a quanto ci è costato il Giorno del Ricordo dal punto di vista culturale.

Parliamo della aperta violazione della libertà di insegnamento, prevista dall’Art.33 della Costituzione, esemplificata dalla azione squadristica di ieri all’Istituto Giordano Bruno di Roma.. I provvedimenti di censura derivano direttamente dalle Risoluzioni votate all’unanimità dalle Commissioni Cultura del Parlamento e non colpiscono più solamente gli storici non-allineati ed i ricercatori più coraggiosi, ma anche direttamente l’ANPI; e la teppa di Blocco Studentesco, Casapound, Forza Nuova ed affini possono presentarsi come i più consequenziali garanti del “nuovo ordine” storiografico.Veti e censure sono operanti da anni, specialmente con il diniego sistematico di sale comunali per le iniziative.Ma la involuzione culturale la misuriamo anche nelle intitolazioni (toponomastica, sale pubbliche, ecc.) in onore di personaggi compromessi con il nazifascismo. E poi, nel dilagare del revisionismo storico in TV, al cinema, al teatro, su giornali e riviste.Ci viene infine alienato il vocabolario: i termini «negazionisti», «giustificazionisti», «revisionisti», «pulizia etnica», «sterminio» non riguardano più necessariamente fatti e colpe del nazifascismo.


Il danno arrecato dalla istituzione del Giorno del Ricordo è quindi per la cultura di massa, ma è anche per il mondo scientifico e accademico, dal quale, già l’ho accennato, l’antifascismo è progressivamente marginalizzato. D’altronde, in questo scontiamo anche il declino verticale e generale del comparto della conoscenza e della funzione intellettuale, che ha altre cause sulle quali non posso soffermarmi qui. In ogni caso, la conseguenza è che non esiste un ambito di validazione scientifica per le ricerche di Claudia Cernigoi o di Sandi Volk, cioè: si può fare un enorme lavoro per pubblicare un libro che “scandaglia” la foiba Plutone ma i risultati di queste ricerche non sono materia di studio né di successivo sviluppo in alcuna Università o Istituto di Storia. Il dirottamento delle disponibilità accademiche (fondi, persone) è totale. Chi non si allinea è espulso dagli ambienti della ricerca, come è successo in prima persona a Sandi, licenziato dal posto di lavoro.
In tale maniera viene garantito il controllo di Stato sulla scrittura della Storia.


Vediamo infine cosa comporta l’esistenza del Giorno del Ricordo sul piano della politica.
La retorica su questi temi ha accompagnato il processo di equiparazione fascismo-antifascismo, o “memoria condivisa”, su cui si fondano la “Seconda” e “Terza” Repubblica.
Questa retorica è un formidabile piede di porco per lo svuotamento del dettato costituzionale.
Un’altra conseguenza è l’arretramento dell’ANPI e dell’associazionismo antifascista, arretramento che arriva dopo quello della sinistra “radicale” e dopo il vero e proprio tradimento della sinistra “storica”. La non comprensione dei processi storici al Confine Orientale complica inoltre la già difficile opera di chiarificazione sulle questioni jugoslave attuali. Assistiamo ad una paradossale diffamazione della esperienza della RFS di Jugoslavia, multietnica e internazionalista, accusata di essere il contrario di quello che era. Ovviamente anche questo fa il gioco di chi ha voluto la divisione e la guerra tra i nostri vicini.


Per concludere: qual è quindi il problema del Giorno del Ricordo? Sono i numeri delle foibe? Il fatto che non si parla dei crimini italiani? Il fatto che si offendono anche i partigiani italiani? Certamente anche tutto questo, ma soprattutto il problema del Giorno del Ricordo è l’esistenza stessa del Giorno del Ricordo. Di fronte a ciò, le

COSE DA ESIGERE, IN ORDINE DI URGENZA

sono le seguenti:

– Rilanciare la proposta avanzata dalla segreteria nazionale ANPI nel 2015 di sospensione degli effetti della Legge n.92/2004 spec. per quanto riguarda l’attribuzione delle onorificenze, e di un riesame di quelle finora attribuite. I materiali istruttori della Commissione che se ne è occupata devono essere resi pubblici.


– Operare per la abrogazione della Legge oppure, in subordine, trasformare il 10 Febbraio da giornata della recriminazione in giornata dell’amicizia tra i popoli che abitano le due sponde dell’Adriatico (questo può essere tentato con una proposta di revisione della Legge).

 – Al MIUR vanno ribadite le richieste di cui alla Lettera Aperta firmata il 10/2/2017 da numerose personalità antifasciste (inclusa la stessa Carla Nespolo) ad evitare ulteriori derive della didattica in senso revisionista, revanscista, anticostituzionale.

– Effettuare un bilancio complessivo dei finanziamenti pubblici che da 15 anni a questa parte sono andati a iniziative di ogni tipo su questi temi.


– Riesaminare le modifiche alla toponomastica introdotte negli ultimi anni, con due finalità:

(1) scongiurare che siano celebrati personaggi non degni (criminali di guerra, militanti fascisti); 

(2) eliminare le intitolazioni ai “martiri delle foibe” laddove introdotte, poiché trattasi di allocuzione letteralmente “fuori legge” in quanto l’espressione “martiri” non appare in alcun punto della stessa Legge 92/2004.

 
(english / slovenščina / hrvatskosrpski / deutsch / italiano)
 
 
Domani a Roma per contrastare lo squadrismo storiografico
 
1) PROMEMORIA Roma 24/2: RESISTENZA JUGOSLAVA: FOIBE O FRATELLANZA?
2) Demanding immediate resignation of Antonio Tajani / Zahtevamo takojšen odstop Antonia Tajanija, predsednika Evropskega parlamenta / Tražimo neopozivu ostavku Antonia Tajanija, predsjednika Europskog parlamenta / Wir fordern den sofortigen Rücktritt von Antonio Tajani, Präsident des Europäischen Parlaments / Chiediamo le dimissioni immediate di Antonio Taiani presidente del Parlamento europeo
3) Memorandum per il presidente Mattarella: pagine tratte dal libro di Angelo Del Boca "Italiani brava gente"
 
 
Si veda anche:
 
Roma, Blocco Studentesco contro l'Anpi: blitz interrompe una lezione sulle Foibe
22.2.2019 – Hanno interrotto il relatore e hanno iniziato a contestarlo recitando slogan come "Basta con questo revisionismo storico" o "La Storia non va infangata". Un gruppo di militanti di Blocco Studentesco, organizzazione giovanile vicina a CasaPound, ha fatto irruzione a una lezione dell'Istituto Giordano Bruno di Roma. Alcuni insegnanti hanno tentato di interropere il blitz dei militanti; sono seguiti alcuni minuti di disordine, terminato con l'abbandono dell'aula da parte degli studenti che stavano assistendo alla lezione. L'incontro, organizzato dall'Anpi capitolino in collaborazione con il Campidoglio, era dedicato ai massacri delle foibe e agli eccidi ai danni di militari e civili in prevalenza italiani tra Venezia Giulia e Dalmazia tra gli anni '30 e '40 [SIC] del secolo scorso.
 
 
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RESISTENZA JUGOSLAVA: FOIBE O FRATELLANZA?

 

Roma, domenica 24 febbraio 2019
presso il Teatro di Porta Portese, Via Portuense 102

 

Una conferenza di Sandi Volk e la pièce teatrale DRUG GOJKO. Per contrastare il revisionismo ed il negazionismo di chi getta fango sulla Lotta Popolare di Liberazione dei partigiani e sul suo carattere internazionalista


ore 16:30 Conferenza
– Andrea Martocchia: "Giorno del ricordo", dove sta il problema?
– Sandi Volk: "Giorno del ricordo", un bilancio 
ore 17:45 Discussione 
ore 18:30 Teatro
DRUG GOJKO di e con Pietro Benedetti
Monologo ispirato alle vicende di Nello Marignoli, partigiano nell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo


Promuove: Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS

ENTRATA A SOTTOSCRIZIONE LIBERA

 
ADESIONI RICEVUTE:

Miriam Pellegrini Ferri (partigiana)
Partito Comunista Italiano
Centro Studi Italia Cuba
Associazione Antifascista Italia-Donbass
Fronte Anti imperialista sezione Italia
Centro culturale Berkin Elvan Viareggio 
Comitato Ucraina Antifascista Massa Carrara
rivista e sito Contropiano
Rete dei Comunisti

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/317886095527356/

Sullo spettacolo DRUG GOJKO
la nostra pagina dedicata: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm
 
 
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Socialni demokrati (SD) ha lanciato questa petizione e l'ha diretta a European Parliament e a Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo

Demanding immediate resignation of Antonio Tajani, president of the EU parliament
We, the citizens of the free and united European Union, are horrified by the unacceptable words the President of the European Parliament Mr Antonio Tajani declared at a commemoration on Sunday, February 10 2019 in Basovizza, Italy. 
His statement provoked sharp reactions by citizens of at least two neighbouring countries, the Republic of Slovenia and the Republic of Croatia, as well as in the public sphere of the wider region. 
Historical revisionism echoed in the words of Mr Tajani, which justifies fascism, encouraged us, the citizens of individual member states of the European Union, to demand his irrevocable resignation as a President of the European Parliament as he failed to show credibility needed for this honourable function. 
In his statements Mr Tajani used completely unacceptable rhetoric and clearly showed historical revisionism by saluting the ‘Italian Istria’ and ‘Italian Dalmatia’, undoubtedly expressing fascist, irredentist tendencies, which we deem absolutely  inappropriate in the 21st century Europe. 
Furthermore, the signatories of this petition demand immediate reaction by the European Commission and the European Council as we are convinced that this kind of rhetoric should be clearly condemned by the European Union.

FIRST SIGNATORIES (IN ALPHABETICAL ORDER):
• Davor Bernardić, president of SDP Croatia and MP of Croatian Parliament
• dr. Borut Bohte, professor at the Faculty of Law, University of Ljubljana
• Biljana Borzan, European MEP SDP Croatia/S&D
• dr. Milan Brglez, Slovenian MP and former President of the National Assembly of the Republic of Slovenia
• Neda R. Bric, actress and director
• Jan Cvitkovič, film director
• dr. Gabi Čačinovič Vogrinčič, psychologist and professor at the Faculty of Social Work, University of Ljubljana
• Mitja Čander, editor and essayist
• Tanja Fajon, MEP SD Slovenia/Vice-President of the S&D Group in the European Parliament
• Knut Fleckenstein, MEP SPD Germany/S&D
• Spomenka Hribar, Slovenian author, philosopher, sociologist and public intellectual
• Zoran Janković, Major of Ljubljana
• Roni Kordiš - Had, Slovenian blogger
• Jadranka Kosor, former Prime Minister of the Republic of Croatia
• Jurij Krpan, artistic director of the Kapelica Gallery Ljubljana
• Milan Kučan, former President of the Republic of Slovenia
• dr. Branko Marušič, Slovenian historian
• Stjepan Mesić, former President of the Republic of Croatia
• Matjaž Nemec, Slovenian MP and Chair of the Committee on Foreign Policy in the National Assembly of the Republic of Slovenia
• Tonino Picula, MEP SDP Croatia/S&D
• dr. Ciril Ribičič, a distinguished professor at the University of Ljubljana and a former constitutional judge
• ddr. Rudi Rizman, a distinguished professor at the University of Ljubljana and the University of Bologna
• Tatjana Rojc, Senator in the Italian Parliament in Rome
• Aldo Rupel, writer, sports teacher and translator
• dr. Vasilka Sancin, associate professor at the Faculty of Law, University of Ljubljana
• Jožef Školč, former President of the National Assembly of the Republic of Slovenia
• Davor Škrlec, MEP Greens/EES
• Marko Sosič, writer and director
• Barbara Spinelli, MEP Confederal Group of the European United Left - Nordic Green Left
• dr. Igor Šoltes, MEP Greens/EES
• Aleš Šteger, writer
• Tit Turnšek, president of the Union of the Associations for the Values of the National Liberation Movement of Slovenia
• dr. Danilo Türk, former President of the Republic of Slovenia
• dr.. Marta Verginella, Slovenian historian from the Slovene minority in Trieste/Italy
• dr. Patrick Vlačič, former Minister of the Government of the Republic of Slovenia and associate professor at the Faculty of Maritime Studies and Transport of the University of Ljubljana
• Lenart Zajc, writer
• mag. Dejan Židan, President of the Social Democrats and the National Assembly of the Republic of Slovenia
• Josef Weidenholzer, MEP SPÖ Austria/Vice-President of the S&D Group in the European Parliament
 
Zahtevamo takojšen odstop Antonia Tajanija, predsednika Evropskega parlamenta
Državljanke in državljani svobodne in povezane Evrope smo zgroženi nad nedopustnimi izjavami predsednika Evropskega parlamenta Antonia Tajanija, ki jih je izrekel v nedeljo, 10. februarja 2019, na spominski slovesnosti v Bazovici v Italiji.
Njegove izjave so izzvale burne reakcije pri ljudeh vsaj v dveh državah članicah Evropske unije, v Republiki Sloveniji in v Republiki Hrvaški, se pa javnost odziva tudi v širši regiji.
Revizionistične izjave predsednika Evropskega Parlamenta Antonija Tajanija, ki opravičujejo fašizem, so nas spodbudile, da kot državljanke in državljani posameznih držav Evrope zahtevamo njegov nepreklicni odstop s predsedniške funkcije izjemno pomembne institucije Evropske unije, ker je s takšnimi izjavami izgubil verodostojnost, ki jo mora imeti predsednik Evropskega parlamenta..
Tajani je v svojih izjavah v Bazovici s povsem nedopustno retoriko izvajal revizijo zgodovine in ob tem pozdravljal italijansko Istro, italijansko Dalmacijo, s tem pa izkazoval fašistične ozemeljske težnje, ki ne sodijo v Evropo 21. stoletja.
Ob tem podpisniki peticije zahtevamo, da se do izjav predsednika Evropskega parlamenta nujno opredelita tudi Evropski Svet in Evropska Komisija, saj želimo, da takšne retorike visokih funkcionarjev Evropske unije ne podpirata in jo zavračata.

PRVOPODPISNIKI PETICIJE (po abecednem vrstnem redu):
• Davor Bernardić, predsednik SDP Hrvaške in zastopnik v Saboru Republike Hrvaške
• dr. Borut Bohte, zaslužni profesor Pravne fakultete Univerze v Ljubljani
• Biljana Borzan, evropska poslanka SDP Hrvatske/S&D
• dr. Milan Brglez, poslanec SD in nekdanji predsednik Državnega zbora Republike Slovenije
• Neda R. Bric, igralka in režiserka
• Jan Cvitkovič, režiser
• dr. Gabi Čačinovič Vogrinčič, psihologinja in profesorica na Fakulteti za socialno delo Univerze v Ljubljani
• Mitja Čander, urednik in esejist
• Tanja Fajon, evropska poslanka SD/S&D
• Knut Fleckenstein, evropski poslanec SPD/S&D
• Spomenka Hribar, filozofinja, sociologinja in publicistka
• Zoran Janković, župan Mestne občine Ljubljana
• Roni Kordiš - Had, bloger
• Jadranka Kosor, nekdanja predsednica Vlade Republike Hrvaške
• Jurij Krpan, umetniški vodja Galerije Kapelica
• Milan Kučan, nekdanji predsednik Republike Slovenije
• dr. Branko Marušič, zgodovinar
• Stjepan Mesić, nekdanji predsednik Republike Hrvaške
• Matjaž Nemec, poslanec SD v Državnem zboru Republike Slovenije
• Tonino Picula, evropski poslanec SDP Hrvatske/S&D
• dr. Ciril Ribičič, zaslužni profesor Univerze v Ljubljani in nekdanji ustavni sodnik
• ddr. Rudi Rizman, zaslužni profesor Univerze v Ljubljani in Univerze Bologna
• Tatjana Rojc, senatorka v italijanskem Parlamentu v Rimu
• Aldo Rupel, pisatelj, športni pedagog in prevajalec
• dr. Vasilka Sancin, izredna profesorica Pravne fakultete Univerze v Ljubljani
• Jožef Školč, nekdanji predsednik Državnega zbora Republike Slovenije in ZSMS
• Davor Škrlec, evropski poslanec Zeleni/ESZ
• Marko Sosič, pisatelj in režiser
• Barbara Spinelli, evropska poslanka Konfederalna skupina Evropske združene levice - Zelene nordijske levice
• dr. Igor Šoltes, evropski poslanec Zeleni/ESZ
• Aleš Šteger, pisatelj
• Tit Turnšek, predsednik ZZB NOB Slovenije
• dr. Danilo Türk, nekdanji predsednik Republike Slovenije
• dr. Marta Verginella, zgodovinarka
• dr. Patrick Vlačič, nekdani minister Vlade Republike Slovenije in izredni profesor na Fakulteti za pomorstvo in promet Univerze v Ljubljani 
• Lenart Zajc, pisatelj
• mag. Dejan Židan, predsednik Socialnih demokratov in Državnega zbora Republike Slovenije
• Josef Weidenholzer, evropski poslanec SPÖ Avstrije in podpredsednik Skupine S&D v Evropskem parlamentu
 
Tražimo neopozivu ostavku Antonia Tajanija, predsjednika Europskog parlamenta
Mi građanke i građani slobodne i ujedinjene Europe šokirani smo nedopustivim izjavama predsjednika Europskog parlamenta Antonia Tajanija, izgovorenima na svečanosti u Bazovici u Italiji, u nedjelju 10. veljače 2019.
Njegove izjave izazvale su burne reakcije u barem dvama državama članicama Europske unije, Republici Hrvatskoj i Republici Sloveniji, no javnost se odazvala i u široj regiji.
Revizionistične izjave predsjednika Europskog parlamenta Antonia Tajanija, koje opravdavaju fašizam, potaknule su nas da kao građanke i građani pojedinih država Europe zatražimo njegovu neopozivu ostavku s mjesta predsjednika iznimno važne institucije Europske unije, budući da nije pokazao vjerodostojnost potrebnu za obnašanje takve časne funkcije.
Tajani je svojim izjavama u Bazovici izvršio reviziju povijesti i, služeći se potpuno nedopustivom retorikom, pozdravima talijanskoj Istri i talijanskoj Dalmaciji iskazao fašističke teritorijalne tendencije, za koje u Europi 21. stoljeća nema mjesta.
Također zahtijevamo da se Europsko vijeće i Europska komisija ograde od takvih izjava predsjednika Europskog parlamenta, budući da smatramo da visoki dužnosnici Europske unije ne bi smjeli odobravati takvu retoriku.
 
Wir fordern den sofortigen Rücktritt von Antonio Tajani, Präsident des Europäischen Parlaments
Wir, die Bürgerinnen und Bürger eines freien und vereinigten Europas sind schockiert über die empörenden Äußerungen des Präsidenten des Europäischen Parlaments, Antonio Tajani, am Sonntag, 10. Februar 2019, bei einer Gedenkzeremonie in Basovica/Basovizza, Italien.
Seine Äußerungen haben zumindest in zwei EU-Mitgliedstaaten, der Republik Slowenien und der Republik Kroatien, scharfe Reaktionen hervorgerufen, aber auch in der Öffentlichkeit der gesamten Region.
Die revisionistischen Töne des Präsidenten des Europäischen Parlaments, Antonio Tajani, die den Faschismus rechtfertigen, haben uns Bürgerinnen und Bürger verschiedener Länder Europas dazu veranlasst, seinen sofortigen Rücktritt von der Präsidentschaft einer äußerst wichtigen Institution der Europäischen Union zu fordern. Er hat seine Glaubwürdigkeit als Präsident des Europäischen Parlaments verloren.
In seinen Erklärungen in Bazovica/ Basovizza benutzte Tajani eine völlig inakzeptable Rhetorik und demonstrierte klar revisionistisches Gedankengut, indem er das "italienische Istrien" und das "italienische Dalmatien" hochleben ließ.. Er zeigte damit faschistisch-irredentistische Tendenzen, die absolut nicht in das Europa des 21. Jahrhunderts gehören.
Gleichzeitig fordern die Unterzeichner, dass  der Europäische Rat und die Europäische Kommission unverzüglich Stellung beziehen zu den Äußerungen Präsidenten des Europäischen Parlaments.. Wir sind der tiefen Überzeugung, dass eine solche Rhetorik von der Europäischen Union deutlich verurteilt werden sollte.
 
Chiediamo le dimissioni immediate di Antonio Taiani presidente del Parlamento europeo
I sottoscritti cittadini di questa Europa libera e unita siamo esterrefatti in merito alle dichiarazioni inaccettabili del Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, pronunciate domenica, 10 febbraio 2019, durante la commemorazione svoltasi a Basovizza – Bazovica in Italia.
Le sue dichiarazioni hanno suscitato animate reazioni tra la gente in almeno due stati dell’Unione europea, nella Repubblica di Slovenia e nella Repubblica di Croazia, ma l’opinione pubblica si fa sentire in un’area anche più ampia.
Le dichiarazioni revisionistiche del Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani che giustificano il fascismo ci hanno indotto, in veste di cittadine e cittadini di due Stati europei, ad esigere le sue irrevocabili dimissioni dalla funzione di Presidente di un’istituzione estremamente importante dell’Unione europea. Con le dichiarazioni di questo tenore ha perso la credibilità che deve distinguere il Presidente del Parlamento europeo.
Tajani ha messo in atto con la sua inammissibile enfasi oratoria la revisione della storia salutando al contempo l’Istria italiana e la Dalmazia italiana esplicitando in questo modo le mire territoriali fasciste che non appartengono all’Europa del XXI secolo.
Inoltre i sottoscritti chiediamo per mezzo di questa petizione che nei confronti delle dichiarazioni del Presidente di un’istituzione europea prendano posizione anche il Consiglio d’Europa e la Commissione europea. Auspichiamo che non supportino e, anzi, respingano le dichiarazioni pronunciate da un alto funzionario dell’Unione europea.
 
 
=== 3 ===
 
 
Memorandum per il presidente Mattarella
15/02/2019
 
Dedichiamo queste pagine tratte dal libro di un grande storico, Angelo Del Boca, Italiani brava gente, al presidente Mattarella – che nel giorno del ricordo, nell’escludere ogni nesso, fosse anche di contesto, tra l’orrore delle foibe e i “torti del fascismo” ha insinuato l’accusa di “negazionismo” e “riduzionismo” verso gli storici che quel nesso invece hanno indagato –  con l’augurio che gli possano in futuro evitare simili scivoloni storiografici.  Qui sono documentate le atroci sofferenze inflitte  dall’esercito fascista e dagli italiani alla popolazione slovena all’inizio degli anni ’40, senza considerare le quali  i successivi orrori delle foibe – che pur colpirono anche degli innocenti – non troverebbero altra spiegazione che la naturale barbarie slava e il delirante odio ideologico. Rimuovere le “nostre” colpe (le colpe dell’Italia fascista) come a suo tempo furono rimosse le responsabilità penali dei criminali di guerra che le ordinarono e compirono, significa attizzare nuovi odii tra popoli che invece dovrebbero e potrebbero convivere nel rispetto reciproco.
 

Capitolo 11

L’occupazione italiana nei Balcani

Oltre che sulle regioni dell’intero Corno d’Africa e sulla Libia, Vittorio Emanuele III regnava sull’Egeo, l’Albania, il Kosovo, il Dibrano, lo Struga, la provincia slovena di Lubiana, la Dalmazia, parte della provincia di Fiume … Ma truppe italiane presidiavano anche il Montenegro, parte della Bosnia e della Croazia, la Grecia, parte della Francia meridionale e la Corsica, alcune zone dell’Unione Sovietica. Alla fine del 1942, quando l’Africa Orientale Italiana era ormai persa, erano dislocati sui vari fronti all’estero oltre 1.200.000 uomini. Nei soli Balcani, sui quali si appunta maggiormente la nostra attenzione, erano presenti 650.000 soldati, suddivisi in dieci corpi d’armata, mediocremente equipaggiati (Posizione 3636).

Militari e funzionari civili miravano anzitutto a una fascistizzazione accelerata della regione, anche se, in cambio, non offrivano alla popolazione neppure la cittadinanza italiana a pieno titolo, ma soltanto l’ambigua qualifica di « cittadino per annessione » . E quando in Slovenia, come del resto in Dalmazia, in Montenegro, in Croazia, cominciavano ad accendersi i primi fuochi della rivolta, la repressione era immediata e inesorabile . D’altronde molti dei militari e dei funzionari impiegati nei Balcani si erano già fatti le ossa in Libia, in Etiopia, in Spagna. Essi consideravano le popolazioni slave appena un gradino più in su di quelle africane. Uno di essi, il generale Alessandro Pirzio Biroli, era riuscito, in qualità di governatore dell’Amhara, a riscuotere l’ammirazione dello stesso Graziani per aver ordinato l’impiccagione di 20 paesani di Quoratà e la fucilazione di quattro preti. Il 27 luglio 1937, il viceré così lo elogiava : «Ben ha fatto Sua Eccellenza Pirzio Biroli ad imitare l’esempio di Debrà Libanòs, che per il clero dell’ex Scioa è stato assai salutare, perché preti e monaci adesso filano che è una bellezza». Pirzio Biroli aveva anche coperto l’eliminazione segreta di alcuni capi villaggio, che erano stati gettati, con una pietra al collo, nelle acque del lago Tana (Posizione 3646).

 

Un bilancio terribile

Anche se la presenza dell’Italia fascista nei Balcani ha superato di poco i due anni, i crimini commessi dalle truppe di occupazione sono stati sicuramente, per numero e ferocia, superiori a quelli consumati in Libia e in Etiopia. Anche perché, nei Balcani, a fare il lavoro sporco, non c’erano i battaglioni amhara – eritrei e gli eviratori galla della banda di Mohamed Sultan. Nei Balcani, il lavoro sporco, lo hanno fatto interamente gli italiani, seguendo le precise direttive dei più bei nomi del gotha dell’esercito: i generali Mario Roatta, Mario Robotti, Gastone Gambara, Taddeo Orlando, Alessandro Maccario, Vittorio Ruggero, Guido Cerruti, Carlo Ghe, Renzo Montagna, Umberto Fabbri, Gherardo Magaldi, Edoardo Quarra – Sito. Si aggiungano i governatori della Dalmazia Giuseppe Bastianini e Francesco Giunta ; l’alto commissario per la provincia di Lubiana, Emilio Grazioli; il governatore del Montenegro, Alessandro Pirzio Biroli (Posizione 3660).

La «Relazione n. 4 (Slovenia)» [della Commissione di Stato Jugoslava sui crimini italiani alla United Nations War Crimes Commission di Londra, del febbraio 1945] ha un incipit terrificante: «Durante l’occupazione dall’11-IV-1941 all’8-IX-1943 gli invasori italiani, nella sola provincia di Lubiana, hanno fucilato 1000 ostaggi, ammazzato proditoriamente oltre 8000 persone, fra le quali alcune erano state prosciolte dal famigerato tribunale militare di guerra di Lubiana; incendiarono 3000 case, deportarono nei vari campi di concentramento in Italia oltre 35.000 persone, uomini, donne e bambini, e devastarono completamente 800 villaggi. Attraverso la questura di Lubiana passarono decine di migliaia di sloveni. Là furono sottoposti alle più orrende torture, donne vennero violentate e maltrattate a morte. Il tribunale militare di Lubiana pronunciò molte condanne all’ergastolo e alla reclusione, cosicché nel solo campo di Arbe perirono di fame più di 4500 persone».

In altre parole, più di 50.000 sloveni o persero la vita o subirono gravissime offese da parte delle truppe di occupazione, nell’arco di appena due anni (Posizione 3669).

Questi dati, per la provincia di Lubiana, venivano in seguito confermati, e anzi ampliati, da nuove e più estese ricerche. Facciamo riferimento, in modo particolare, a due indagini rese pubbliche nel 1999, quella di Tone Ferenc, dal titolo «”Si ammazza troppo poco !”. Condannati a morte, ostaggi, passati per le armi nella provincia di Lubiana, 1941-1943», e il testo della denuncia penale, presentata dall’avvocato Dus?an Puh, di Portorose, contro i criminali di guerra italiani. Quest’ultima indagine dà una cifra complessiva di 12.807 uccisi, così suddivisi: ostaggi fucilati 1500, civili assassinati durante l’offensiva Primavera 2500, civili deceduti in seguito a torture 84, civili arsi vivi o uccisi in altro modo 103, partigiani catturati e giustiziati 900, deceduti nei campi di concentramento 7000. Tone Ferenc, dal canto suo, fornisce notizie molto precise sull’attività del tribunale militare di guerra a Lubiana. Questo tribunale, presieduto dal colonnello Antonino Benincasa e, in seguito, dal colonnello dei carabinieri Ettore Giacomelli, trattò 8737 cause a carico di 13.186 imputati e comminò 83 condanne a morte, 434 ergastoli, 2695 pene detentive dai 3 ai 30 anni, per un totale di 25.459 anni (Posizione 3679).

 
[FOTO: La testa mozzata del partigiano Andrej Arko portata come trofeo dagli alpini nel novembre del 1942 ]
 

Una pulizia etnica

Che nella provincia di Lubiana si sia tentata, più che un’italianizzazione rapida e forzata, un’operazione di autentica bonifica etnica, non è soltanto confermato dall’altissimo numero degli uccisi e dei deportati, e dalle stesse dichiarazioni di alcuni alti ufficiali (generale Robotti: « Si ammazza troppo poco!»; maggiore Agueci: «Gli sloveni dovrebbero essere ammazzati tutti come cani e senza alcuna pietà»), ma da un documento che è rimasto agli atti, la famigerata circolare n. 3C, del primo marzo 1942, e i suoi allegati del 7 aprile, a firma del generale Mario Roatta. Questa circolare, che stabiliva le modalità per contrastare e liquidare i ribelli in Slovenia e in Dalmazia, non soltanto ordinava il «ripudio delle qualità negative compendiate nella frase “bono italiano”», ma contemplava l’incendio di case e di interi villaggi, la fucilazione degli ostaggi, la deportazione dei civili sospetti. Al punto IV, inoltre, stabiliva che «il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula: “dente per dente” ma bensì da quella “testa per dente!”» (Posizione 3688).

Il governatore del Montenegro, Pirzio Biroli, nel giugno 1943 faceva fucilare 180 ostaggi a titolo di rappresaglia per l’uccisione di nove ufficiali del 383° reggimento di fanteria .

 

Il “rapporto riservato” del Commissario Rosin

In due «riservatissime personali», del 30 luglio e del 31 agosto 1942, indirizzate all’alto commissario per la provincia di Lubiana, Grazioli, il commissario civile Rosin del distretto di Longatico tracciava un quadro veramente disastroso della condotta dei soldati: «Si procede ad arresti, ad incendi ed a fucilazioni senza un perché positivo. […] Nei paesi avvengono scene veramente orrende e pietose di donne, uomini e bambini che si trascinano in ginocchio davanti ai nostri soldati implorando a mani giunte, seppure invano, di non incendiare le case, di lasciare in vita i loro cari. […] Le fucilazioni in massa fatte a casaccio e gli incendi dei paesi fatti per il solo gusto di distruggere (e i granatieri si sono conquistati un triste primato in questo campo) hanno incusso nella gente un sacro timore, ma ci hanno anche tolto molta simpatia e molta fiducia, tanto più che ognuno si accorge, se non è cieco, che i soldati sfogano sugli inermi la rabbia che non hanno potuto sfogare sui ribelli. […] La frase «gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi, che si sente mormorare dappertutto, compendia i sentimenti degli sloveni verso di noi».

Il commissario Rosin concludeva i suoi rapporti con una dura e precisa accusa alle autorità militari, le quali, essendo convinte «di avere un nemico in ogni sloveno, predicarono ai soldati la strage e la distruzione dei beni ottenendo effetti disastrosi, specialmente ai fini politici: mancando i ribelli, i reparti si dedicarono alla epurazione senza badare troppo per il sottile. Poiché il motto insegnato alle truppe è: “Ammazza e porta via tutto, perché dove prendi è ben preso”» (Posizione 3739).

 

Il rastrellamento infinito del luglio-novembre 1942

La «bella marcia» fra i campi e i boschi della Slovenia durava quasi cinque mesi, e mai rastrellamento fu più metodico, più feroce, più distruttivo. I partigiani uccisi in combattimento furono 1807 ; quelli fucilati dopo la cattura 847; i civili assassinati 167, comprese 11 donne 452. Il tremendo bilancio non deve sorprendere perché nella fase conclusiva dei preparativi per l’offensiva, il generale Robotti aveva manifestato molto chiaramente le proprie intenzioni ai suoi ufficiali: «A qualunque costo deve essere ristabilito il dominio e il prestigio italiano, anche se dovessero sparire tutti gli sloveni e distrutta la Slovenia» (Posizione 3746).

Il cappellano militare don Pietro Brignoli, aggregato al 2° reggimento della divisione di fanteria Granatieri di Sardegna, così descrive, in data 23 luglio 1942, l’attacco al paese di Kotel e il risultato delle fucilazioni e delle razzie: «Come lasciammo quel disgraziatissimo paese! Lo abbandonammo con una turba di vecchi senza figli, di donne senza mariti, di bambini senza padri, tutta gente impotente, in gran parte privata anche delle case, che erano state bruciate, completamente priva di mezzi di sussistenza (stalle, pollai, campi: tutto era stato spogliato), li lasciammo ignudi a morire di fame» (Posizione 3882). (...)

 
(hrvatskosrpski / italiano)
 
Foibe o fratellanza? Altre iniziative e documenti
 
1) Iniziative segnalate
– Orvieto (TR) 21 febbraio

– Terni 22 febbraio
– Perugia 23 febbraio

– Roma 24 febbraio
– Villanova (PN) 2 marzo
2) Kako su fojbe postale tema za potrebe ujednačenja dvaju totalitarizama (Federico Tenca Montini)
3) La "foiba" di Basovizza, monumento nazionale: cippi e lapidi del tutto fuori luogo e privi di valore storico (La Nuova Alabarda)
 
 
Si vedano anche:
 
Intervento di Claudia Cernigoi per "Foibe e confine orientale 1920-1947" (Rete Antifascista Cologno, 19.2.2019)
Riportiamo di seguito la traccia scritta dell’intervento della ricercatrice e giornalista Claudia Cernigoi pronunciato durante l’incontro Le foibe nelle complesse vicende del confine orientale (1920-1947), svoltasi presso la Casa del Popolo di Brugherio il 7 febbraio 2019
https://reteantifascistacologno.wordpress.com/2019/02/19/intervento-di-claudia-cernigoi-per-foibe-e-confine-orientale-1920-1947/
FILE PDF: https://reteantifascistacologno.files.wordpress.com/2019/02/intervento-cernigoi-7.2.2019.pdf

Perugia, strappato lo striscione per le vittime delle Foibe: le immagini delle telecamere (Redazione Perugia Today, 12 febbraio 2019)
Due giovani a volto coperto e un altro complice in auto hanno strappato e gettato via uno striscione a Perugia che ricordava il sacrificio dei martiri delle Foibe in occasione del giorno della Memoria. Il tutto è stato immortalato da alcune telecamere che i militanti di Casapound, autori dello striscione, hanno denunciati e messo sui social. Il fatto è avvenuto la sera del 10 dicembre a Perugia.
VIDEO: http://www.perugiatoday.it/video/striscione-vittime-foibe-strappato-immagini-telecamere.html
 
 
=== 1: Iniziative segnalate ===
 
Orvieto (TR), 21 febbraio 2019
alle ore 17:30 presso il Palazzo dei Sette, Sala del Governatore
 
presentazione del nuovo lavoro di Claudia Cernigoi 
 
"OPERAZIONE PLUTONE. Le inchieste sulle foibe triestine" 
 
(Udine: Edizioni Kappa Vu, 2018
 
alla presenza dell'Autrice
 
---
 
Terni, 22 febbraio 2019
alle ore 16:30 presso il CSA "Cimarelli", Via del Lanificio 19
 
La guerra della memoria
LE FOIBE E LA BRIGATA GRAMSCI
La storia e il suo uso pubblico tra dimensione nazionale e locale
 
Angelo Bitti: Giudicare o comprendere? Lo storico di fronte alla Storia: una riflessione sulla Resistenza in Umbria
Marco Venanzi: Il giudice e lo storico. Il cantastorie e il politico: la Resistenza ternana tra mito e realtà
Claudia Cernigoi: presentazione del libro "OPERAZIONE PLUTONE. Le inchieste sulle foibe triestine" 
 
incontro promosso da
CSA "Cimarelli" 
CESP Centro Studi per la Scuola Pubblica
COBAS
 
---
 
Perugia 23 febbraio 2019
alle ore 18 presso il Circolo CRX Island (minimetrò Madonna Alta)
 
presentazione del nuovo lavoro di Claudia Cernigoi 
 
"OPERAZIONE PLUTONE. Le inchieste sulle foibe triestine" 
 
(Udine: Edizioni Kappa Vu, 2018
 
alla presenza dell'Autrice
 
---
 
Roma, domenica 24 febbraio 2019
presso il Teatro di Porta Portese, Via Portuense 102
https://www.facebook.com/teatroportaportese/

RESISTENZA JUGOSLAVA: FOIBE O FRATELLANZA?
 
Una conferenza di Sandi Volk e la pièce teatrale DRUG GOJKO. Per contrastare il revisionismo ed il negazionismo di chi getta fango sulla Lotta Popolare di Liberazione dei partigiani e sul suo carattere internazionalista

ore 16:30 Conferenza
– Andrea Martocchia: "Giorno del ricordo", dove sta il problema?
– Sandi Volk: "Giorno del ricordo", un bilancio 
ore 17:45 Discussione 
ore 18:30 Teatro
DRUG GOJKO di e con Pietro Benedetti
Monologo ispirato alle vicende di Nello Marignoli, partigiano nell'Esercito popolare di liberazione jugoslavo

Promuove: Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS
ENTRATA A SOTTOSCRIZIONE LIBERA
Evento facebook: https://www.facebook.com/events/317886095527356/
Eventuali aggiornamenti saranno riportati anche sulla pagina della iniziativa: 
https://www.cnj.it/home/it/informazione/confine-orientale/9079-aggiornato-roma-24-2-2019-resistenza-jugoslava,-foibe-o-fratellanza.html
Sullo spettacolo DRUG GOJKO si veda anche la nostra pagina dedicata: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm
 
ADESIONI ricevute fino alle ore 12 del 20.2.2019:

Miriam Pellegrini Ferri (partigiana)
Partito Comunista Italiano
Centro Studi Italia Cuba
Associazione Antifascista Italia-Donbass
Fronte Anti imperialista sezione Italia
Centro culturale Berkin Elvan Viareggio 
Comitato Ucraina Antifascista Massa Carrara
 
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Villanova (PN) 2 marzo 2019
alle ore 18 presso il Prefabbricato di Via Pirandello 22
 
LE FOIBE NELLE COMPLESSE VICENDE DEL CONFINE ORIENTALE IERI E OGGI
storia, attualità e dibattito attorno alle speculazioni politiche
 
con
Alessandra Kersevan – ricercatrice storica, coordinatrice collana Resistenza Storica delle Edizioni KappaVu
Luca Meneghesso – Osservatorio Regionale Antifascista
 
seguirà dibattito
 
Biblioteca Mauro Cancian
Circolo libertario E. Zapata
 
 
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https://www.jutarnji.hr/magazin/kako-su-fojbe-postale-tema-za-potrebe-ujednacenja-dvaju-totalitarizama-one-su-od-uzajamne-koristi-za-postfasisticku-desnicu-i-postkomunisticku-ljevicu/8385791/

KAKO SU FOJBE POSTALE TEMA ZA POTREBE UJEDNAČENJA DVAJU TOTALITARIZAMA 

One su od uzajamne koristi za postfašističku desnicu i postkomunističku ljevicu

AUTOR: Federico Tenca Montini
OBJAVLJENO: 17.02.2019.

Fojbe su od uzajamne koristi za postfašističku desnicu, kojoj je bilo milo relativizirati krivnje fašizma, kao i za postkomunističku ljevicu koja se, odajući počast žrtvama stranih komunista, mogla distancirati od političkog naslijeđa talijanske Komunističke stranke

Ključ za razumijevanje najnovijih izjava koje dolaze iz vrha talijanske politike u tradicionalnom je govoru koji je predsjednik Republike Sergio Mattarella održao 10. veljače, za Dan sjećanja na žrtve u fojbama i egzodus talijanskih izbjeglica iz Istre, Rijeke i Dalmacije.

Predsjednik je, naime, opisao stanje talijanskog stanovništva u pograničnoj regiji nakon Drugoga svjetskog rata kao “istu sudbinu mnogih naroda europskog Istoka koji su izravno prešli od nacističkog do komunističkog tlačenja. Oni su na vlastitom životu iskusili cijeli dehumanizirajući repertoar velikih totalitarizma 20. stoljeća koji su, iako ideološko različiti, bili jako slični u metodama progona, kontrola, represije i ubijanja disidenata”.

Trebalo bi, u navedeni citat, ubaciti samo još jedan pojam, odnosno “ljude druge rase/narodnosti” kako bi razlika između jednog i drugog totalitarizma postala vidljiva. Ali tu nema mjesta za analizu povijesne ispravnosti govora. Ono što je tu relevantno političke su posljedice argumentacije ujednačavanja “dvaju totalitarizama”, koje su počele kružiti u devedesetima odmah nakon pada Berlinskog zida, danas, odnosno u vrijeme fake newsa kada se mnoge zemlje davne i nedavne demokratične tradicije suočavaju s krizom populizma i sa sve većim uspjehom neofašizma. Ali, bolje je krenuti redom.

Kratka povijest pitanja fojba u Italiji

Pitanje ubijanja osoba talijanske narodnosti od strane Jugoslavena prilikom istarskog ustanka u jeseni 1943. godine i nakon oslobođenja Trsta i Gorice u svibnju 1945. u Italiji je otišlo u zaborav nakon što je, sve do 1954., bilo intenzivno iskorištavano u diplomatskoj bici za priključenje Trsta Italiji. Tih je godina talijansko javno mnijenje u toj mjeri bilo preplavljeno temama “istočne granice” da je čak i pjevačica Nilla Pizzi osvojila glavnu nagradu u drugom izdanju festivala San Remo 1952. godine za pjesmu “Leti golubice” o čežnji za Trstom.

Početkom devedesetih fojbe su opet postale relevantne, i to u trenutku kada neki desničarski krugovi promatraju mogućnosti da bi rat u Jugoslaviji mogao Italiji otvoriti put do Istre. Od tog brašna nije bilo pogače, ali o temama vezanim za “istočnu granicu” nastavilo se govoriti. Bile su od uzajamne koristi za postfašističku desnicu, kojoj je bilo milo relativizirati krivnje fašizma, kao i za postkomunističku ljevicu koja se, odajući počast žrtvama stranih komunista, mogla distancirati od političkog naslijeđa talijanske Komunističke stranke.

Takav konsenzualni pakt sjećanja vodio je do proglašenja, uz suglasnost ogromne većine talijanskih parlamentarnih zastupnika, 10. veljače Danom sjećanja na žrtve u fojbama i egzodus talijanskih izbjeglica iz Istre, Rijeke i Dalmacije u 2004., bez obzira na dva problematična aspekta. Prvo, izabrati za datum obljetnice baš godišnjicu Ugovora mira značilo je tiho polemiziranje s tadašnjom odlukom velikih sila. Osim toga, datum koji dolazi samo 14 dana nakon 27. siječnja, odnosno Međunarodnog dana sjećanja na žrtve holokausta, olakšava homologaciju dvaju događaja - planiranog istrebljenja više milijuna europskih Židova i ubijanje, u raznim okolnostima, nekoliko tisuća ljudi talijanske narodnosti - koji zapravo imaju vrlo malo zajedničkog i samo ih politički potez može činiti istima.

Tako se došlo do govora Giorgia Napolitana, prvoga talijanskog predsjednika koji je prethodno bio član Komunističke stranke. On je u 2007. evocirao “krvoločnu mržnju i bijes te slavenske aneksionističke težnje”. Predsjednik Mesić u tom je govoru detektirao “natruhe otvorenoga rasizma, povijesnog revizionizma i političkog revanšizma”. Nakon toga je Napolitano, očito, shvatio teške posljedice talijanske politike sjećanja na razini odnosa triju (uključujući i Sloveniju) susjednih zemalja pa se u roku od samo tri godine došlo do koncerta u Trstu 2010. godine, prilikom čega su trojica predsjednika - Josipović, Napolitano i Türk - posjetili i jedan spomenik istarskom egzodusu kao i Narodni dom, sjedište raznih institucija slovenske manjine, a koje su fašisti spalili 1920. godine.

Nacionalizam 2.0 (BDP 0.2)

No, kako bi se shvatile najnovije izjave talijanskih političara oko fojba, koje su toliko uznemirile duhove na ovoj strani Jadrana, treba imati u vidu transformacije talijanskog političkog sustava nakon izbora prethodne godine. Ove su vodile do formacije takozvane žuto-zelene vlade, odnosno “najpopulističkije vlade Europe” prema ocjeni engleskog lista The Guardian. Tu vladu čine “žuti” Pokret 5 zvijezda, politička “ni lijevo ni desno” sila koju u vladi predstavlja ministar rada Di Maio i “zelena” Liga, reformirana verzija stranke talijanskog sjevera sa znatnim antiimigrantskim naglaskom pod geslom “Talijani prvo”.. Njezin je vođa ministar unutarnjih poslova Matteo Salvini.

Slučajno se u Italiji ujednačenje dvaju totalitarizama, koje je inače obilježje bivših zemalja pripadnika komunističkog bloka, sada podudaralo s formacijom jedne vlade u kojoj barem Liga Mattea Salvinija gleda na Orbánovu Mađarsku kao uzor. Takva je situacija rezultirala stanjem koje podsjeća na scenarij “postkomunističkog tipa”, odnosno otvoreni povijesni revizionizam, agresivnost prema “različitima” i popularnost fake newsa i raznih teorija zavjera koje su u porastu. Najvažnije, antikomunizam je u zemlji u kojoj nije bilo komunizma, ali je fašizam obilježio četvrtinu 20. stoljeća, značio dolijevati ulje na vatru najmračnijim težnjama desnice..

Danas, nakon što je provedba izbornih obećanja (reforma mirovinskog sustava u korist radnika i “dohodak od državljanstva”) ubrzo uputila talijansku ekonomiju u recesiju - BDP će u 2019. porasti samo 0,2 posto, što je bilo potvrđeno početkom siječnja - talijanska vlada je očito mislila poticati potporu birača igrajući na kartu nacionalnog ponosa i napetosti u odnosima sa susjednim državama. Tako je, na primjer, došlo do povlačenja francuskog veleposlanika u Rimu nakon što se “žuti” Luigi Di Maio službeno susreo u Parizu s jednim od vođa francuskog pokreta Žutih prsluka.

Nedavna obljetnica 10. veljače nudila je odličnu priliku da se ta strategija nastavi. Tada je “zeleni” Salvini u Bazovici kod Trsta izjavio da su - iako nema nijedan pravi dokaz da se takvo što dogodilo - “djeca ubijena u fojbama i djeca Auschwitza potpuno ista”. Istom je prilikom predsjednik Europskog parlamenta Antonio Tajani izrekao “Živio Trst, živjela talijanska Istra, živjela talijanska Dalmacija”, izjavu koju se, iako je prouzročila burne reakcije u Sloveniji kao i u Hrvatskoj, može najlogičnije tumačiti kao pokušaj jednog člana Berlusconijeve stranke Forza Italia, danas u opoziciji, da konkurira Salviniju kako mu ne bi “pojeo” glasove potomaka onih koji su napuštali Istru nakon Drugoga svjetskog rata, tradicionalno sklonih desnici. I to bez obzira na potencijalne posljedice takvih riječi iz usta predsjednika jedne od najvažnijih institucija Europske unije.

Tako se danas, skoro 70 godina nakon spomenute pjesme Nille Pizzi, u Italiji još govori uglavnom o fojbama i festivalu San Remo.. Poznatom je festivalu, naime, baš 10. veljače “žuti” Di Maio predlagao mijenjanje sustava nagrađivanja, i to nakon što je ove godine glavnu nagradu osvojio Mahmood, talijanski pjevač egipatskog podrijetla, o čijoj se seksualnoj orijentaciji dosta spekuliralo u javnosti.

*autor je talijanski povjesničar
 
 
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dalla pagina FB de La Nuova Alabarda, 17.2.2019
 
La "foiba" di Basovizza, monumento nazionale

S'è più volte detto che il monumento "foiba di Basovizza" rappresenta un falso storico. In questa galleria fotografica troverete alcuni documenti e poi i cippi che sono stati posti a ricordo e nelle didascalie i motivi per cui tali cippi sono del tutto fuori luogo e privi di valore storico. Per chi volesse approfondire gli argomenti (le didascalie non possono ovviamente essere esaustive) segnaliamo il dossier sulla Foiba di Basovizza scaricabile qui: http://www.diecifebbraio.info/2012/01/la-foiba-di-basovizza-5/.
 
FOTO 1
Il monumento prima della "riqualificazione" del 2005
 
FOTO 2
La nuova copertura del pozzo, ancora più estesa della copertura precedente, però...
 
FOTO 3 
... va innanzitutto dimostrata la reale apertura del pozzo (esplorazione effettuata nel 1947 foto in Archivio Comune di Trieste)
 
FOTO 4
Secondo molti propagandisti, a Basovizza sarebbero stati condotti prigionieri legati uno ad uno col filo di ferro e poi, sparando al primo della fila, sarebbero precipitati a decine nel pozzo. Basta guardare l'apertura dell'abisso per rendersi conto che una cosa del genere è pura invenzione, ideata da chi non ha neppure mai visto lo stato dei luoghi (esplorazione effettuata nel 1947 foto in Archivio Comune di Trieste).
 
FOTO 5
Il cippo con lo spaccato del pozzo e la stratigrafia del contenuto. In realtà il pozzo è stato svuotato quasi completamente nel 1954 e poi usato come discarica fino alla copertura avvenuta nel 1959. Al centro della pietra è posta la "lampada della fraternità", per la quale vi consigliamo la lettura nel dossier citato prima.
 
FOTO 6
Particolare del cippo, foto scattata nel giugno 1996: 
- livello originario metri 500
- settore di 300 metri cubi contenenti salme infoibati
 
FOTO 7
Foto scattata nel giugno 1997:
- il livello originario passa a metri 256 (che è l'esatta profondità del pozzo, in effetti)
- ma i metri cubi contenenti salme infoibati passano da 300 a 500.
e questo è un monumento nazionale...
 
FOTO 8
La "lampada della fraternità", dietro cui è stato appeso un "santino" a ricordo.
 
FOTO 9
Ecco il particolare del "santino": come si vede si tratta di un militare morto in combattimento nella Slovenia occupata dall'Italia. Cosa c'entri con il monumento di Basovizza non si sa.
 
FOTO 10
Questo invece lo stato della lampada nell'estate del 2015 ricoperta da "santini" ed "ex voto".
 
FOTO 11
Nel 1943 i Carabinieri facevano parte dei corpi militari di repressione della Resistenza; dopo l'annessione dei nostri territori all'Adriatisches Kustenland furono inquadrati nell'esercito del Reich e poi sciolti il 25/7/44, perché la maggior parte di essi non erano "collaborativi". I carabinieri "infoibati, scomparsi e soppressi" da quel momento in poi non erano più appartenenti all'Arma ma inquadrati in altri corpi collaborazionisti. Il lasso di tempo che va fino al 1947 è invece del tutto incomprensibile, visto che dopo la fine della guerra non vi erano più Carabinieri a Trieste, che era stata staccata dall'Italia.
 
FOTO 12
Cippo in memoria degli agenti di PS "infoibati": dei 140 poliziotti "scomparsi" nei 40 giorni, 67 risultano nei ranghi dell'Ispettorato Speciale di PS corpo repressivo che si distinse per la brutalità e violenza del proprio comportamento. Risulta da atti giudiziari che un agente di PS fu ucciso ed il suo corpo gettato nel pozzo di Basovizza, il torturatore Mario Fabian, che era stato condannato a morte da un tribunale militare jugoslavo già nel corso del conflitto.
 
FOTO 13
Questo cippo ricorda le vittime civili. E' l'unico che potrebbe avere un senso (anche se non a Basovizza), ma non comprendiamo la simbologia esoterica che è riprodotta sulla pietra.
 
FOTO 14
Nei primi giorni del maggio 1945 un centinaio di guardie di finanza furono arrestate e condotte nei campi di prigionia oltre confine. Nessun finanziere però è stato infoibato a Basovizza, perché i nominativi degli arrestati non rientrati risultano negli elenchi degli internati, la maggior parte a Borovnica.
 
FOTO 15
Questa lapide si trovava, fino a qualche anno fa, sulla caserma della GdF al confine di Basovizza. I nominativi sono dati tutti per infoibati a Basovizza, mentre si sa che i seguenti furono tutti internati a Borovnica: Abbondanza, Acanfora, Barone, Battaglia, Bonaduce, Bonetto, Caruso, Cerulli, Chianura, Chironi, Ciarlante,
Coccimiglio, Corsale, Cunsolo, De Ninno, Di Gennaro, Di Gregorio, Gandini, Giuliano, Imbesi, LaSpada, Lecce, Lieggi, Malatesta, Manos, Marino, Murgia, Navetta, Pantalena, Peralta, Piucca, Porcedda, Saccone, Saraceni, Sardo, Scaglione Scialpi, Serra, Spinelli, Stassi, Testi, Tolardo, Zacchigna e Zappone. Molea invece morì durante il tragitto verso Borovnica.
 
FOTO 16
Si noti inoltre che Barone C., ultimo nome della prima colonna è anche il primo della seconda (tra l'altro fu arrestato a Fiume e non a Trieste); e che Giandino e Giardino sono la stessa persona, il cui nome è stato trascritto erroneamente.
 
FOTO 17
Cippo della Federazione Grigioverde, che anni dopo apporrà la targa che pubblichiamo più avanti. Si noti il riferimento ai militari "stranieri": ancora oggi si dice che anche militari neozelandesi furono "infoibati" a Basovizza. Però...
 
FOTO 18
... a proposito dei "neozelandesi infoibati a Basovizza": questa la smentita ufficiale del Ministero della Guerra neozelandese, pubblicata sul numero del 25/4/96 del periodico Novi Matajur.
 
FOTO 19
Il testo (della Federazione Grigioverde) non è molto leggibile, ma ne estraiamo alcune frasi, perché bene sintetizzano come la falsità propagandistica è stata poi eretta a "verità storica di regime": "fummo precipitati a centinaia (...) nessuno ci potrà mai contare (...) essere italiani la nostra colpa (...) torme di invasori calati nella nostra terra sotto l'influsso di una malefica stella vermiglia (...)". Certe frasi, tipiche del propagandismo fascista, non dovrebbero avere cittadinanza in un sito "monumento nazionale".
 
FOTO 20
Una "poesia", di scarso valore letterario ma interessante perché pone apposta un accento sbagliato sul nome della località di Borovnica, che è accentato sulla i e non sulla o, come invece pretende la figlia di un "infoibato" istriano, Domenico Muiesan, che lei stessa così descrisse: “Mio padre era irredentista, legionario fiumano, volontario della guerra d’Africa, di sentimenti fascisti insomma”. Fu arrestato a maggio 1945 a Pirano e presumibilmente fucilato (era stato anche accusato di avere compiuto malversazioni nel suo ruolo di impiegato comunale).
 
FOTO 21
Infine pubblichiamo il più volte citato "documento dell'Ozna" che (si dice) "ammetterebbe" gli infoibamenti a Basovizza. In realtà viene semplicemente riferito che gli angloamericani avevano recuperato circa 250 kg di resti umani (pari a circa dieci salme). Negli anni questa cifra verrà riferita non più al peso ma al volume e si inizierà a parlare di 250 "metri cubi" di salme...
 
Alain Finkielkraut, filosofo neo-tribale, ideologo dello "scontro di civiltà", agitatore da salotto sempre in prima fila negli ultimi decenni quando si è trattato di fornire un supporto propagandistico alla arroganza imperialista, può essere considerato un compagno di merende di BHL (al quale abbiamo dedicato un altro nostro post molto recentemente: https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/9089-9006-bhl-prepara-la-rivoluzione-colorata-anche-in-italia.html ). Noi Finkielkraut ce lo ricordiamo almeno dal 1991, per la sua forsennata campagna antijugoslava e antiserba di cui ha raccontato ad esempio Peter Handke (si veda: https://www.cnj.it/CULTURA/handke.htm#intervista ). Per un profilo politico più dettagliato di Finkielkraut si vedano tanti altri post su JUGOINFO: 
(a cura di Italo Slavo)
 
 
 
La costruzione scientifica della fake news di governo. Il caso Finkielkraut

di Redazione Contropiano, 18 febbraio 2019 - Jacques Pezet / Liberation
 

Il potere, si sa, aspira sempre al monopolio dell’informazione, oltre che a quello della violenza e dell’economia.

E viene fortemente disturbato, specie in tempi di “competizione globale”, che approssima un clima di guerra, dall’esistenza di un’informazione alternativa. Che ovviamente può essere di buona o pessima qualità, può produrre falsità e informazioni invece controllatissime.

Al potere, però interessa il monopolio. E quando un establishment internazionale – quanto meno europeo, in questo caso – decide di avviare una campagna contro le fake news in realtà sta dicendo che c’è una sola fonte d’i informazione “legalizzata e riconosciuta”: la propria. Per salvaguardare le apparenze della democrazia esistono, come sappiamo, molte testate di informazione mainstream, teoricamente in concorrenza tra loro, ma “stranamente” sincronizzate come fossimo sempre a Capodanno, la sera del messaggio a reti unificate del presidente della Repubblica.

Facciamo un esempio concreto di queste ore, per uscire dalle formulazioni generiche.

In occasione dell’Atto XIV del movimento dei gilet gialli è accaduto che Alain Finkielkraut, di professione filosofo, molto conosciuto in Francia per le sue posizioni fortemente sioniste e anti-palestinesi, sia stato preso a male parole da un folto gruppo di manifestanti.

Il governo francese, nella persona del ministro Benjamin Griveaux (quello che aveva insultato ripetutamente i gilet gialli, sfidandoli a “venirlo a cercare” – e guadagnandosi una ruspa che ha sfondato il portone del suo ministero), ha deciso che Finkielkraut era stato apostrofato come“sporco ebreo”. Insulto chiaramente antisemita, dunque utile a definire l’intero movimento come “fascista”.

La stampa mainstream italiana – a partire dall’ineffabile Corriere della Sera – ha accolto senza fiatare questo format, arrivando addirittura a sottotitolare in modo falso le frasi di un manifestante, traducendo “sionista” con “ebreo”. Come se uno traducesse “colonialista fascista” con “cristiano”. 

Lo diciamo per i non addetti ai lavori, scusandoci per lo schematismo: l’ebraismo, come il cristianesimo, è una religione. Che singoli o gruppi di fedeli di quella religione facciano cose riprovevoli e/o disumane non implica affatto che sia quella religione la “causa” di quegli atti (per quanto magari così giustificati da chi li compie). Dunque un ebreo può essere “colonialista fascista” tanto quanto un cristiano o un musulmano o un buddista. Se questa visione colonialista fascista si esercita intorno al “diritto” dello Stato di Israele di annettersi tutti i territori che rivendica, deportando o imprigionando le popolazioni che li abitano, secondo una personalissima visione della Storia, allora si usa definire questo atteggiamento come “sionista”.

Che è ovviamente un insulto politico, mentre “sporco ebreo” è un insulto razzista, di derivazione assolutamente fascista (i fascismi possono confliggere tra loro, visto che si fondano su un “prima noi” decisamente poco pacifista).

Mettere un insulto razzista al posto di uno politico è operazione sporca, infame, propagandistica. Di costruzione del nemico e di demonizzazione di quel nemico. Operazione, tra l’altro, molto pericolosa perché espone al rischio tutti gli ebrei del mondo, come se fossero corresponsabili delle attuali politiche dei governi israeliani.

L’operazione del governo francese, accettata supinamente dalla stampa cosiddetta “democratica” italiota, è così grave che un rispettato giornale francese come Libération si è sentito in dovere di decostruire la fake news governativa e ristabilire la verità.

Qui di seguito la traduzione dell’articolo di Jacques Pezet.

*****

Scendendo da un taxi nel 14 ° arrondissement, il filosofo Alain Finkielkraut è stato insultato da un gruppo di giubbotti gialli con le parole “sporca merda sionista” e “fascista” .

Interrogazione dell’on. Propaganda del 17/02/2019

Buongiorno,

Abbiamo riformulato la sua domanda iniziale: “Potresti controllare il suono del video in cui Alain Finkielkraut viene insultato? Benjamin Griveaux afferma di aver sentito “sporco ebreo”, ma molte persone sentono chiaramente “Palestina” e non “sporco ebreo“.

La tua domanda è relativa alle immagini filmate dal giornalista indipendente Charles Baudry, e pubblicate su Yahoo News, in cui il filosofo francese Alain Finkielkraut viene attaccato e insultato dai manifestanti durante le dimostrazione gilet gialli del 16 febbraio 2019 a Parigi. 

La scena avviene in un angolo del boulevard du Montparnasse e rue Campagne-Premiere, nel 14 ° distretto.

 

Questi due video, girati da due angolazioni diverse, permettono di sentire la raffica di insulti diretti verso l’accademico. 

“Sionista Zelante”, “stai per morire”, “vai a casa in Israele”

Nel video di Yahoo, girato da Alain Finkielkraut, c’è un distinto gruppo di uomini che gli urlano: “Barre-toi, sporca merda sionista. Sporca merda. Nique tua madre. Palestina.. Merda omofoba. Sei un razzista, vattene! Fascista militante. La Francia è nostra. Sporco figlio di puttana. Specie di razzista. Specie di hater. Sei un odiatore e stai per morire. Andrai all’inferno. Dio, ti punirà. Il popolo ti punirà. Noi siamo il popolo. Grande merda. Sarai riconosciuto. Specie di sionista. Grande merda. È venuto apposta per provocarci. Zitto!”.

In quello di Charles Baudry, girato da più lontano, sentiamo:  “Fascista! Palestina! Vai a casa … Vai a casa in Israele. Vai a casa in Israele. Antisemita!. La Francia è nostra. Rientroa a Tel Aviv. Sei un odiatore. Morirai. Noi siamo i francesi. Vai a casa. Ecco la strada! “

La diffusione di questa aggressione ha scatenato un’ondata di solidarietà a favore di Alain Finkielkraut su internet e da parte dell’intera classe politica, alcuni dei quali ricordano nella loro condanna dell’antisemitismo tutto ciò che li contraddice alle posizioni assunte filosofo conservatore.

Polemica attorno all’insulto “sporco ebreo”

In mezzo a queste accuse di attacco antisemita, altri, come la direttrice di Media, Aude Lancelin, hanno contestato la versione citata in un tweet dal portavoce del governo, Benjamin Griveaux, che ha condannato “il brutale odio per le strade di Parigi contro Finkielkraut, fischiato al grido di “Sporco ebreo”. La giornalista lo ha accusato di inventare “una nuova bugia molto grave per aumentare l’odio nel paese” perché secondo lei l’insulto “E Sporco ebreo” “non è udibile nel video” di Yahoo News.

CheckNews ha rianalizzato più volte i due video. Se alcuni pensano di aver identificato l’insulto “sporco ebreo”, questo non sembra distinto dal rumore della folla. Contattato da CheckNews, il giornalista Charles Baudry non è stato in grado di confermare o contestare questo insulto: “Non ho sentito nulla. Eravamo appena stati gasati. C’era molto rumore. Ho visto Alain Finkielkraut per la strada. Un manifestante ha sorriso e gli ha stretto la mano. Poi un gruppo ha cominciato ad insultarlo. Questo è quando ho iniziato le riprese, ma non posso dire se è stato insultato da “ebreo sporco”. C’era troppo rumore.”

Finkielkraut dice che non ha sentito chiaramente gli insulti

Intervistato su questo attacco da LCI, domenica mattina nello spettacolo  Le Brunch de l’actu, il filosofo ha anche detto di non aver sentito chiaramente gli insulti durante l’attacco, e che “è più chiaro sul video che nel momento in cui l’ho vissuto”. Spiega che si è trovato nella dimostrazione per caso e non per provocazione: “Avevo accompagnato mia suocera dopo un pranzo al ristorante. Sono sceso dal taxi, in rue Campagne-Première. Volevo andare a casa. E allo stesso tempo vedo questa manifestazione che scorre, quindi vado ancora a guardare. Non ero lì neanche da un minuto che sono stato effettivamente  attaccato molto violentemente dai manifestanti. E chi stava urlando cose che ho sentito male e, mio malgrado, ho dovuto tornare indietro.  Il filosofo dice di essere stato scortato via dalla polizia, e mette in evidenza il fatto che “tutti non erano in sintonia, ma la maggioranza delle persone di passaggio, in realtà, mi ha fatto vedere un astio molto anteriore al movimento dei gilet gialle”. 

Per quanto riguarda la controversia che circonda l’insulto “sporco ebreo”, Alain Finkielkraut ha detto a LCI che l’insulto di “razzista” lo ha ferito di più: “Il problema ebraico oggi, il dolore che viene loro inflitto, è che sono chiamati razzisti. Benjamin Griveaux ha protestato dicendo che ero stato definito uno sporco ebreo. Comprendo molto bene la sua protesta, sono commosso dalla testimonianza di solidarietà che ha dimostrato, ma non sono stato chiamato sporco ebreo. E non mi hanno mai chiamato uno sporco ebreo. Invece,  ogni volta che ho messo il naso fuori in questo tipo di eventi, mi chiamano  sporco razzista. […] Quando ti trattato da ebreo, puoi sollevare la testa e poi indossare quell’insulto come una corona; ma quando sei trattato da razzista, d’un tratto sei colpevole del peggiore dei crimini.” 

CheckNews ricevuto molte domande sull’attacco, alcuni lettori hanno chiesto perché insulto “sporco sionista” viene presentato come antisemita, visto che possiamo benissimo essere contro il sionismo, cioè contro l’idea di uno stato ebraico, senza essere contro l’ebraismo e coloro che lo praticano. Quando Alain Finkielkraut, accademico e filosofo francese, che vive in Francia, è insultato in piena Parigi da una folla che lo tratta di “sporca merda sionista”, e lo ha invita ad andare a casa a Tel Aviv, ossia in Israele, è perché è percepito come ebreo. È così che Benoît Hamon commenta l’insulto. In un tweet, il leader di Generation-S ha  condannato “Senza alcuna riserva quelli che hanno cospirato, insultato e trattato da “sporco sionista” che voleva dire “sporco ebreo”. E lasciare la Palestina separata da questa gratuita violenza antisemita“. 

***

Il che, diciamo noi, spiega sia la collocazione politica dei cosiddetti “socialisti” francesi – gli “inventori” di Emmanuel Macron – sia la loro sostanziale scomparsa dal panorama politico d’Oltralpe.