COORDINAMENTO
NAZIONALE PER LA JUGOSLAVIA
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0. Appello: VIVA IL SOGNATORE DEL NONO PAESE ES LEBE DER TRÄUMER, DER AN DAS
„NEUNTE LAND“ GLAUBTE 1. Introduzione,
bibliografia, collegamenti 11.
Handke contestato a Oslo (2015) 12.
Handke Premio Nobel per la Letteratura (2019 e seguenti ...) |
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# Introduzione,
bibliografia, collegamenti (IN COSTRUZIONE) Già nel 1991 Handke era stato al centro di una forte polemica con Milan Kundera, che viceversa aveva proclamato il suo sostegno all'indipendenza slovena nel nome della Mitteleuropa. Si legga in proposito l'Addio al sognatore del nono paese (in italiano all'interno di "Jugoslavia perche'", a cura di Tommaso di Francesco) e l'intervista pubblicata su "Ai confini e nei dintorni del nono paese", ed. Braitan, Brazzano 1994 (lire 15.000). Per il teatro, sugli stessi temi Handke ha scritto "Viaggio in
piroga" e "Un disinvolto mondo di criminali"
(Einaudi 2002). Di Handke, sul "Tribunale ad hoc" dell'Aia e sul "processo" a Milosevic, ricordiamo in particolare il testo: "Le Tablas di Daimiel - relazione di un testimone di passaggio sul processo contro Slobodan Milosevic". Esso risale al gennaio 2005, ed è apparso nel fascicolo estivo 2005 del bimestrale tedesco "Literaturen". Una lunga recensione, a cura di Italo Slavo, è leggibile qui: https://www.cnj.it/documentazione/phandke05.htm Altra bibliografia consigliata, testi e interviste:
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Parliamo dunque della Jugoslavia
Finalmente, dopo più di un decennio di
linguaggio giornalistico a
INTERVISTA A PETER HANDKEeffettuata dal giornalista televisivo
tedesco Martin Lettmayer nel gennaio 1997 e trascritta
in
inglese
sul sito del Congresso dell'Unità Serba. Le note
tra parentesi quadre sono del traduttore J. Peter
Maher, a meno di altra indicazione. Oggi, molte settimane dopo l'apparizione del suo libro, come si sente? Come mi sento? Bene, sono contento di averlo scritto. Naturalmente sono grato al mio editore che lo ha pubblicato, dopo che ha riscosso tanta attenzione sui quotidiani. E' stato pubblicato per questo o nonostante questo? No, si era già deciso che questa storia sulla Serbia sarebbe uscita un paio di settimane dopo il pezzo sulla Suddeutsche Zeitung. L'idea di scrivere un libro e' nata insieme alla sua decisione di intraprendere il viaggio? Il viaggio volevo farlo comunque. Durante il viaggio, come ho sottolineato altrove, non ho preso appunti su quanto vedevo in Serbia. E' stato durante il viaggio di ritorno, lasciata la Serbia, mentre guidavo attraverso l'Ungheria verso Ovest, attraverso l'Austria e la Germania, che gradualmente mi sono reso conto del contrasto tra i vari paesi, ed ho sentito che bisognava scrivere qualcosa sulla Serbia. In questi anni non mi era mai accaduto. Cosi', l'idea del libro mi e' venuta durante il viaggio di ritorno. Qual e' stato il fattore decisivo? Come ho detto, tutte le storie che ho letto riguardanti la guerra sono state scritte come di fronte ad uno specchio. Io volevo arrivare al di la' dello specchio. Non si e' mai scritto niente sulla Serbia in quanto paese [durante la guerra]. Un'unica volta ho trovato qualche cosa su Belgrado, ma sempre frammista ad una marea di cliché: "e' tutto grigio, nessuno vuole parlare, l'opposizione e' debole, i feriti di guerra non hanno modo di ritornare a casa", ecc. ecc. Ogni reportage era lo stesso, e sempre Belgrado...Pensai che mi sarebbe piaciuto andare in Serbia, ma fuori, in campagna. Volevo farlo, dovevo andare nella Bosnia martoriata dalla guerra, ma non come la gran parte dei giornalisti. Loro arrivavano sempre da Ovest. Io volevo arrivare in Bosnia dalla parte opposta, dall'Est, attraverso la Serbia e passando la Drina, il fiume che segna il confine con la Bosnia. Ecco il mio piano di viaggio. Nessuno lo aveva fatto in tutti e cinque Gli anni di guerra. Si sentiva adirato... per questi reportage dei media? Si. All'inizio credevo ai reportage, ma sentivo che non c'era equilibrio. Continuavo a sentire lo stesso giro di frasi, la stessa contorsione grammaticale e nella scelta dei vocaboli... Sentivo che o non poteva essere, oppure, se e', allora ognuno - che sia giornalista o scrittore - almeno ha il dovere di considerare l'altra parte senza fare un processo. Una volta un giornalista ha scritto: "se osservi dalla torre d'avorio, allora e' tutto uguale". Beh, per me non e' tutto uguale, perche' io da sempre mi sento vicino alla Jugoslavia, e' stato cosi' per tutta la mia vita, a cominciare dai miei avi, che erano slavi, della Slovenia, o meglio della minoranza slovena che si trova in Carinzia, da parte di mia madre. In secondo luogo, per me la Jugoslavia era l'Europa. Io ci andavo, anche a piedi, non solo in autobus o in macchina o in aereoplano. La Jugoslavia, per quanto frammentata sia potuta essere, era il modello per l'Europa del futuro. Non l'Europa come e' adesso, la nostra Europa in un certo senso artificiale, con le sue zone di libero scambio, ma un posto in cui nazionalita' diverse vivono mischiate l'una con l'altra, specialmente come facevano i giovani in Jugoslavia, anche dopo la morte di Tito. Ecco, penso che quella sia l'Europa, per come io la vorrei. Percio', in me l'immagine dell'Europa e' stata distrutta con la distruzione della Jugoslavia. Questa immagine dell'Europa... multiculturale, multietnica... [confuso]? Si, certo, cosi'. Ma non sopporto piu' la parola "multi-culturale". E' stata una scusa disonesta per far nascere dal nulla uno stato musulmano in Bosnia. Non posso accettarla, se la parola e' applicata a Sarajevo. Se invece ci si riferisce alla vecchia Jugoslavia, dove le nazionalita' vivevano insieme, l'una con l'altra, eppur autonomamente, allora posso accettare le parole "multi-etnica" e "multi-culturale" - non, tuttavia, se ci si riferisce alla Bosnia. Per me creare uno Stato da quella che era una regione, una pura unita' amministrativa - e questa era la Bosnia nella vecchia Jugoslavia - e' stata una infamia. La Bosnia non aveva mai costituito uno Stato sovrano. Per me, creare Stati autonomi in Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina e' stato proprio come fabbricare delle menzogne storiche. All'inizio credevo anch'io a tutto il discorso sulla liberta' ed i suoi paladini, in lotta contro il "panzer"-comunismo per la multietnicita'... All'inizio ci credevo. Ma adesso non credo piu' ad una sola parola di tutto cio'. Come spiega che gli sloveni ed i croati abbiano improvvisamente voluto i loro Stati nazionali? Era un momento opportuno. Io non sono un commentatore politico e non lo saro' mai. Era un momento favorevole, dopo la morte di Tito, un momento in cui ognuno ha potuto scapicollarsi ad afferrare quanto piu' poteva per se' stesso. E' stato scritto troppo poco su quello che ha fatto Hitler, insieme con la Chiesa Cattolica, nei Balcani. Anche la Chiesa Cattolica e' stata terribilmente dannosa in Croazia, a tutti gli effetti fondamentalista e distruttiva - forse in misura solo un po' minore in Slovenia. E sui crimini commessi in Croazia durante la Seconda Guerra Mondiale dalla Chiesa Cattolica e dal nazismo, dal nazionalismo... C'era il campo di concentramento di Jasenovac, dove sono stati eliminati tra i seicentomila e gli ottocentomila serbi, ebrei, ed anche musulmani. Questo ha portato alla rivalsa degli uomini di Tito per i crimini del regime degli ustascia in Croazia e dei domobranci in Slovenia. Ci sono state deportazioni, spesso ingiustificate, dalla Croazia e dalla Slovenia verso tutta l'Europa, in Argentina, ed anche in America. Il terreno di coltura in cui si sono poste le basi per la distruzione della Jugoslavia e' la Croazia, con la sua ignota storia nazi-cattolica della Seconda Guerra Mondiale, ed anche prima. Noi europei, e tutto il mondo attorno, sappiamo troppo poco di tutto questo. E proprio mentre la storia degli ebrei prima e durante la Seconda Guerra Mondiale viene esaminata e chiarita, come ho detto nel mio libro, adesso e' necessario portare alla luce tutto quello che ha fatto il fascismo durante la Seconda Guerra mondiale in Jugoslavia, ed il suo Olocausto degli ebrei. A piu' riprese sentiamo pronunciare la parola "Jasenovac". Questo per i serbi e' un trauma. La guerra attuale, nonostante il lungo intervallo di tempo intercorso, e' in fondo una continuazione di quella di 40 anni fa? Si, e' una metamorfosi, anzi: una metastasi, come si dice per il cancro. E' una continuazione della Seconda Guerra Mondiale. E' significativo che, mentre i Croati conquistavano l'area di Jasenovac [di nuovo il primo maggio 1995, dopo le distruzioni del 1991; n.d.crj], abbiano distrutto ogni monumento a chi li' fu ucciso. Il campo di Jasenovac - in quanto monumento - e' stato distrutto di nuovo quest'anno [1996]. E' significativo. Ecco che cosa mi ha portato a scrivere. Il suo libro non e' proprio politico, oppure si? Che vuol dire "politico"? Il mio libro tratta dei problemi. Racconta dei problemi, i problemi che ha un lettore di quotidiani a capire. Parla dei problemi di un lettore di storia. Parla dei problemi di visuale di uno che osserva una foto, i problemi di uno spettatore televisivo. Parla inoltre dei problemi di come un lettore distante, come me, come quasi tutti noi, come veda, come legga i reportage di guerra. La critica e' rivolta alle strutture. Uno critica le forme estetiche della tecnica di ripresa, della grammatica, dell'arte dell'inviato di guerra. Al mio libro vengono rivolte critiche di cecita' estetica. La politica e la poetica si fondono nel mio libro. E' perche' lei afferma che tanto il politico quanto il poetico sono presenti nella sua storia sulla Serbia. Non c'e' contraddizione. C'e' una frase nel suo libro: "Wilhelm, non farti instupidire dal tuo afflato poetico verso il mondo". Io ci ho messo tanto prima che il mio sentimento per il mondo divenisse sentimento poetico, un sentimento delle piccole cose, un sentire i "pars pro toto". Io credo che nei piccoli fenomeni si possa intravedere un grande affresco. E' un metodo induttivo (...). Mi piace partire dal fenomeno piccolo e vedere dove riesco ad arrivare. Naturalmente voglio andare il piu' lontano possibile. Questo e' il processo induttivo, o poetico. Anche Peter Handke può essere tratto in inganno talvolta dal suo senso poetico per il mondo? A questo ha pensato qualche volta, o no? No, non posso esserlo. Se e' inganno allora e', come si dice, un metodo del tipo 'prova e sbaglia': uno impara dai propri errori. Ecco il mio atteggiamento di base quando scrivo delle cose del mondo. Sbagliando mi rendo conto di cosa non andava. Non posso affermare in anticipo che quello che scrivo e' la verita', ma facendo un errore capisco come puo' essere la verita'. E' tutto qui il mio lavoro di narratore. C'e' un'altra frase: "Se solo la dimensione poetica e quella politica potessero essere una ed una sola..." In questo libro lo sono solo parzialmente? Io penso che non siamo molto lontani da una sintesi ideale tra la dimensione storica, quella politica e quella poetica, proprio come tre percorsi separati che si riuniscono formando una specie di radura dentro ad un bosco, il bosco della storia. Non sono molto lontano da questo. Cito ancora: "Quella sarebbe la fine della nostalgia, e la fine del mondo". E lei ha detto da qualche parte di non sapere, dopo la pubblicazione del libro, se non tornerà mai a scrivere qualcosa. E' assurdo. Questo e' quello che hanno scritto di me solo come per reagire al mio libro sulla Serbia. In primo luogo, vogliono reagire proprio contro la mia impudenza per aver scritto questa storia. (...) [Qui inizia un lungo scambio di battute di argomento letterario che poco hanno a che vedere con il problema della Serbia] Lei ha affermato che l'osservazione vale di piu' dell'immaginazione quando si scrive. Per quanto riguarda i libri, in altre parole la letteratura - in una parola, la scrittura - io non sono un amante del fantastico. A questo riguardo uno scrittore svizzero, Ludwig Hohl, ha detto che la fantasia e' una evocazione degli oggetti che ti sono di fronte, come un tavolo, una pietra, l'occhio di un'altra persona. Tutto questo acquista significato e senso improvvisamente. (...) Immagino che il suo libro ha provocato una tale opposizione in Germania ed in Austria soprattutto perche' mette in discussione due dogmi assolutamente essenziali della politica occidentale. Il primo e' la questione dell'aggressore: esiste un aggressore? Non per come e' stato rappresentato. Ecco ripresentarsi il problema dell'autorita'. La "Repubblica di Croazia" [come ex-unita' amministrativa della SFRJ] diventa uno Stato. Di essa e' stato arbitrariamente fatto uno Stato sovrano con poteri costituzionali, ma questo su di un territorio abitato da 600mila persone di un'altra nazionalita'. Prima della Seconda Guerra Mondiale, prima del regime ustasha di Pavelic', li' abitavano un milione di serbi. Persino adesso [all'inizio della guerra] in Croazia vivevano circa 400mila serbi. Almeno un quinto della popolazione apparteneva ad un'altra nazione. Sotto la costituzione croata questi sono diventati cittadini di seconda classe, una minoranza. Si era ritenuto che questi fossero d'accordo ad essere trattati come cittadini di seconda classe. Ecco la questione che ho sollevato nel mio libro: come si puo' creare uno Stato laddove esiste una minoranza cosi' forte, considerevole, appartenente ad un'altra nazionalita'? Non si puo' considerare un'aggressione questa? Non puo' uno difendere la sua nazione di fronte a cio'? Non c'e' modo di confutare il fatto che questa e' un'aggressione contro l'altra nazionalita' [da parte del nuovo Stato]. Ma tutto questo non e' un po' troppo in bianco-e-nero, come i bambini che strillano "hai cominciato tu, hai cominciato tu!"? Questo e' proprio quanto affermo nel mio libro. Posso difendere me stesso in base a quanto ho scritto. Naturalmente io ho le mie opinioni e le mie convinzioni, ma quello che ho scritto non ha niente a che fare con esse: ha a che fare esclusivamente con questioni basilari. La mia espressione migliore per questo e' la seguente: si tratta di raccontare una storia, per come essa e', come ho fatto sempre nella mia letteratura sin da quando cominciai a scrivere. Non ho mai lasciato trapelare le mie opinioni. Ecco perche' trovo incredibile questa esplosione di odio ed astio contro il mio libricino, soprattutto in Germania. Lei sarebbe disposto ad "allungare il collo" tanto da affermare che gli aggressori non si sa chi siano, ma certamente non sono i serbi? Non sono loro gli aggressori. E' precisamente cosi'. Le cose possono e devono essere viste diversamente. E' quello che chiedo nel mio libro. Il secondo dogma: lei riflette su Srebrenica e si pone degli interrogativi su questo [seconda cassetta] (...) Come per Srebrenica, dove il massacro e' stato commesso subito prima della fine, nel giugno-luglio 1995, io mi chiedo: "perche' [sarebbe successo]?". Per fini argomentativi, diciamo ch'io non mettero' in dubbio i fatti nemmeno per un attimo. Non sono competente per dare giudizi... Ma gli altri dovrebbero avere dei dubbi sui fatti, visto che la storia del massacro e' stata rivenduta per cinque volte su tutta la stampa mondiale. Finora nessuno ha provato che siano state ammazzate tra le tre e le ottomila persone. Non e' stato provato. - Pero', chiedo io, se dopo tre anni di spargimento di sangue e' potuta accadere una cosa del genere, perche'. Come si e' potuto verificare li' un massacro di 3-8mila uomini musulmani. Perche' questo? E perche' si leggono di nuovo e di nuovo interventi su quel fatto? Dal giugno 1995 la storia del massacro e' stata riciclata quattro o cinque o sei volte nella stampa mondiale. Nell'autunno ci sono state delle copertine sul Time, sul Nouvel Observateur, sullo Spiegel e cosi' via. Di nuovo e di nuovo, in primavera, in autunno... Vengono mostrate fotografie aeree di zone dove, si dice, sarebbero situate delle fosse comuni. Da una fotografia satellitare ricavano che un bulldozer avrebbe dilaniato i cadaveri. Ma anche assumendo, a soli fini argomentativi, che tutto questo sia accaduto, perche', chiedo io, dopo tre anni, mentre tutti erano cosi' stanchi di ammazzare, sarebbe dovuta o potuta accadere una cosa del genere? Io mi chiedo perche' il generale Mladic' avrebbe potuto far saltare in aria tutta quella gente. Ecco cosa mi chiedo. Sarebbe bene che uno storico, od un giornalista, sollevasse questa questione - perche'? Qui ho ascoltato due cose, il "perche'?" e ... Quel "perche'" sta nel mio libro. Io chiedo "perche'?". Ha una risposta?... Alcuni serbi della regione mi hanno detto - ed io non so se questo corrisponde a verita', mi limito a riferire quanto mi hanno detto - mi hanno detto che i villaggi attorno a Srebrenica furono attaccati dai musulmani. Srebrenica e' una cittadina piccola, di modeste dimensioni, abitata da musulmani. I villaggi rurali che la circondano sono serbi. Laggiu', da tempo immemorabile, le citta' sono musulmane ed i villaggi di campagna sono serbi. All'inizio della guerra, contadini serbi furono fatti a pezzi da musulmani. La guerra e' stata una guerra delle citta' contro la campagna. Il comandante musulmano di Srebrenica era particolarmente portato a distruggere. Prima della caduta dell'enclave questo comandante di Srebrenica, uno dei pochi musulmani sospettati di crimini di guerra, [Nasir] Oric, fu trasferito a Tuzla dal Comando Generale bosniaco-musulmano una settimana prima della caduta della citta'. Nel frattempo costui ha aperto una discoteca a Tuzla. Bisogna chiedersi se questo tizio non sia uno dei profittatori di guerra. Personalmente non ho informazioni dirette di prima mano, ma i miei amici serbi mi dicono che il massacro, se ha avuto luogo, e' stato per rivalsa per tutti i villaggi serbi attorno a Srebrenica, distrutti [dai musulmani] in tre anni di guerra. E' stata una rivalsa per le distruzioni e gli annientamenti, e sicuramente per i massacri attuati a danno dei serbi attorno a Sarajevo. Questo e' cio' che mi e' stato raccontato. E non la preoccupa il fatto ... [incomprensibile] Per lo meno quella e' una spiegazione, una spiegazione che non ho mai visto dare sulla stampa occidentale. Ho anche sentito che molti soldati musulmani che scappavano da Srebrenica non cercavano rifugio ad ovest, nella loro Bosnia musulmana, ma nel paese del nemico, al di la' della Drina, all'est... Cercavano la loro salvezza nella madrepatria dei serbi. Hanno attraversato la Drina su zattere e simili. Hanno attraversato la Drina verso est e tanti di loro li' sono stati internati in campi di concentramento, dove certamente non venivano trattati bene, eppure sono sopravvissuti. Ora, bisogna che si chiarisca a quanti dei soldati musulmani in ritirata e' stata garantita la liberta' di transito. Pare chiaro che qualcuno ha attraversato la Drina per andare in Serbia e qualcun altro ha cercato di muoversi a nord-est di Srebrenica, per raggiungere il cuore della Bosnia musulmana. Io vorrei sapere quanti sono stati e che cosa e' realmente successo loro. E la disturbano le speculazioni su questa sofferenza? Mi preoccupano molto. E la preoccupa la manipolazione... Inizialmente non la vedevo in questa maniera. Come molti altri ritenevo che l'esercito dei serbi di Bosnia fosse un manipolo di meri assassini. Questo pensavo. Stazionando sulle alture strategiche attorno a Sarajevo, pensavo, questi potevano proprio giocare con la citta' di Sarajevo. Era tremendo. Di nuovo e di nuovo un bambino colpito a morte sulla strada. Vedevi le foto, e sembrava giustificato il paragone con i peggiori crimini di questo secolo. Nel frattempo ho cambiato opinione. Hans Koschnick, amministratore della citta' di Mostar, ha detto bene quando ha affermato che la creazione di una Bosnia-Erzegovina dominata dai musulmani e dalla quale i serbi erano esclusi comportava un terribile vuoto di potere. Perche' la Bosnia e' un paese montagnoso, fatto di villaggi isolati che si susseguono. Qualcuno come Karadzic, o persino uno come il generale Mladic, non potrebbe assolutamente esercitare il potere dappertutto. Percio' abbiamo creato a tutti gli effetti un sistema di bande, proprio secondo il vecchio stereotipo balcanico, che non e' completamente errato. Ma questa idea del vuoto di potere, laddove la forza bruta riempie il vuoto, e' solo una spiegazione. Tutti noi cerchiamo spiegazioni - e questa non mi sembra del tutto errata. Trogir (Croazia), 1997: "Jugonostalgicare U jamu" ("gli jugo-nostalgici nella fossa", con la U maiuscola secondo la grafia ustascia); "Oj, Hrvati, Srbe cemo klati" ("oh, croati, massacreremo i serbi") - da "Feral Tribune", settembre 1997 Nel suo libro si legge: "Quasi tutti ritengono che la Jugoslavia non risorgera' per i prossimi cento anni." Risorgera' o no? Credo che non possa essere altrimenti. Risorgera'. E' l'unica cosa sensata. Guardiamo l'economia, la geografia - i fiumi, le catene montuose. La storia comune dopo il 1918 non e' stata poi cosi' malvagia. C'e' stato il Regno di Jugoslavia, c'e' stata la Jugoslavia comunista dei partigiani di Tito. Con il 1980 il comunismo finisce. Per me quello e' stato un fatto dal sapore quasi religioso. A differenza di molti Stati europei, la Jugoslavia era un modello per tutta l'Europa. Essa non puo' restare spezzettata, a dispetto di questi poteri occulti, come la Chiesa Cattolica. La Chiesa Cattolica ha un potere incredibile - io stesso sono cattolico e tale voglio restare per tutta la vita. - Ma nei Balcani la Chiesa Cattolica pratica le conversioni. Questa e' l'essenza della Chiesa Cattolica, il proselitismo: qualcosa che la Chiesa serbo-ortodossa non ha mai fatto. A parte le uccisioni a danno dei serbi, durante la seconda Guerra mondiale ci sono state ripetutamente conversioni forzate, violente di Serbi da parte dei cattolici. In molte epoche della storia la Chiesa e' stata accusata di questo. Cosi', finché ci sara' il nazionalismo ed una chiesa militante, non si potra' far rinascere la Jugoslavia. Quali sono le cose che l'hanno colpita in particolare? Ho chiesto qualcosa sulla leggenda del Memorandum dell'Accademia Serba delle Scienze del 1986, come racconto nel mio libro. Si dice che nel libro si sostiene che ovunque nel mondo abiti un serbo, li' c'e' uno Stato serbo. Questo diventa poco a poco un mito del "back stab" [pugnalata alla schiena] [come la "teoria della pugnalata" relativa alla sconfitta tedesca nella seconda Guerra Mondiale, ndt]. Ma personalmente ritengo che questo Memorandum non sia nulla in confronto con le molteplici attivita' dei desperados e degli agit-prop croati, e forse anche rispetto a quelli della "diaspora" - in Germania, America, Argentina, Italia, qualcuno di meno in Francia, eppure anche li' -, forse anche in buona fede. E' un fenomeno molto piu' massiccio e con caratteri di militanza. C'e' stato un vero movimento per la Grande Croazia. Il Memorandum dell'Accademia Serba delle Scienze del 1986, consistente di pochi paragrafi neanche ben articolati, e' stato usato come un coltello affilato contro la gente serba. Contemporaneamente io ho smesso di credere alle storielle sulla "Grande Serbia". Eppure c'e' molta piu' evidenza dell'esistenza di una ideologia della Grande Croazia che di quella della "Grande Serbia". L'ideologia della Grande Croazia era e rimane un fatto. Belgrado (Serbia/RFJ), 1997: allo svincolo autostradale di Novi Beograd, sul vecchio cartello (ancora non rimosso) che indica la direzione per Zagabria qualcuno ha imbrattato il nome della città affiancandolo ad una svastica, ed ha scritto la parola "Izdaja" ("tradimento") - foto CRJ, agosto 1997 Le persone generalmente hanno percezione del mondo attraverso i media - televisione, giornali... Anche io. E cosi' tutti quelli che non vanno in loco Ma anche se uno va in loco, ci va con gli interpreti, per cui io non credo necessariamente nell'evidenza che uno trae solo dall'essere stato in un posto. Molti giornalisti possono rimediare a questo quando usano gli interpreti, ma e' molto raro che ci riescano. La maggior parte dei giornalisti occidentali prendono un interprete che parli inglese o tedesco. Dove lo prendono? Cosa gli racconta poi quell'interprete? Dove li porta? Prima di tutto, i giornalisti di solito non capiscono l'idioma locale. Non sanno leggere l'alfabeto cirillico e non hanno la minima idea, per tacere poi di conoscenze reali, su cosa fosse la Jugoslavia prima dello scoppio della guerra. Vengono sempre portati dove sono le vittime o in base ad accordi, o in base a notizie giornalistiche. Tutti sono stati a Sarajevo. Questo ha sempre destato dei sospetti in me, a parte tutto. Sente che sarebbe stato strumentalizzato, depistato, ingannato? Molti giornalisti, della cui bravura non ho dubbi, sono stati "nuetzliche Idioten" ["useful idiots", nelle parole di Lenin] nelle mani dei due regimi che si sono dichiarati prime vittime, cioe' quello croato e quello dei musulmani di Bosnia. Lei personalmente che esperienza ha avuto dei serbi? Sono un popolo intollerante, privo di interesse per le altre culture? Questa e' una delle bugie peggiori e piu' mostruose. Quasi degna di Goebbels. Cio' che si dice sul conto dei serbi e' falso. Io credo che non si tratti solo della mia esperienza personale, ma di chiunque abbia avuto a che fare con la cultura serba e con la gente serba. Se c'e' un popolo nei Balcani aperto sia all'Est che all'Ovest, al Sud o semplicemente che ha una qualche sensibilita' nei confronti del resto del mondo, questo e' in Serbia, non certo in Croazia ne' in Slovenia. Dov'e' che si possono trovare libri provenienti dal mondo intero, oggi come ieri, pubblicati e tradotti? In Serbia. Molto di meno in Croazia, ed ancor meno in Slovenia. La Serbia posso raccomandarla entusiasticamente a chiunque si interroghi su come puo' essere un paese. Un paese di fiumi, che altro puo' essere un paese situato lontano dal mare? Naturalmente, la Serbia e' svantaggiata nella visuale dei media se la confrontiamo con la Croazia - Dubrovnik, Spalato, Zara... Ma a parte queste citta' incantevoli sull'Adriatico, la Croazia e' un paese che si estende interamente all'interno, quasi sconosciuto al viaggiatore o al turista... Ma la Serbia, direi, e' un paese caldo... Nella sua storia la Serbia e' stata sempre tollerante. Nella seconda Guerra Mondiale se c'era un paese che accettava gli ebrei, che li proteggeva, che li ospitava nelle sue case, questo non era la Croazia, ne' la Slovenia, ma la Serbia. La Serbia fu l'unico paese filosemita nei Balcani, insieme alla Grecia - benche' la Grecia, a voler essere precisi, non e' Balcani... Quello che e' stato fatto al popolo serbo ed alle sue terre negli ultimi cinque anni e' una enorme ingiustizia. E' una ingiustizia da urlare fino al cielo il fatto che si sia paragonata la Serbia alla Germania nazista. Ma qual era lo slogan durante la guerra civile spagnola? - no pasaran!, non passeranno. Ecco, non potranno continuare cosi' per sempre. Cosa pensa delle illazioni sugli interventi militari occidentali contro i serbi? Le trovo oscene. Disgraziatamente, il governo francese e quello britannico, che inizialmente mostravano scetticismo sulla propaganda anti-serba, sono sprofondati in tutto questo agitar di braccia e questa violenta propaganda anti-serba. La Francia e la Gran Bretagna hanno preso parte a questo terribile affare della NATO contro Pale, con giustificazioni da santarellini. Percio' non mi sarei sorpreso se alla fine, per costringere alla pace, avessero bombardato Belgrado per la terza volta in questo secolo. Prima furono i nazisti, poi gli inglesi e gli americani, a distruggere Belgrado di nuovo nel gennaio del 1944. Ed anche stavolta probabilmente a Belgrado ci sono andati vicino. ...Kinkel affermo' che gli aggressori serbi dovevano essere messi in ginocchio. Questa per lei e' arroganza ed infamia. Cosa si sente di dire? Se uno come Klaus Kinkel dice una cosa del genere, beh secondo me si tratta di una persona che e' priva di ginocchia, che non sa cosa siano le ginocchia, che ha soltanto trampoli o forse una baionetta al posto della gamba. Nessuno dovrebbe parlare in quella maniera, eppure stanno succedendo un sacco di cose nella politica e nella pubblica opinione tedesca... Io credo che il mio libro abbia portato un soffio d'aria fresca. Lei e' austriaco, e anche l'Austria ha giocato un ruolo significativo con gli interventi del Ministro degli Esteri Alois Mock. Egli e' stato uno dei primi a riconoscere Slovenia e Croazia, e quindi a demolire il paese. Ma almeno egli si e' mosso dalla sua scrivania. Io conosco appena l'ex Ministro degli Esteri austriaco. Ma credo di poter dire che egli e' un convinto antifascista, poiche' egli proviene, come una volta mi disse, dalla regione del campo di concentramento di Mathausen. Egli ha passato li un'infanzia e un'adolescenza scioccante. Non credo che abbia fatto cio' cercando qualche rivincita. Il regime austriaco e' piu' meritevole di biasimo. Piu' o meno consapevolmente noi rimproveriamo ai serbi, collettivamente, di aver fatto crollare l'impero asburgico. Il popolo austriaco, ovviamente non tutto, ancora mantiene un grande odio per l'assassino di Sarajevo, Gavrilo Princip. Gli austriaci sono convinti che egli fu mandato li' dal governo serbo e dallo stato serbo. Essi incolpano i serbi di aver ridotto l'Austria a un paese cosi' piccolo. Per me questo e' un evidente atavismo (...). Per quanto mi concerne, Alois Mock non e' personalmente responsabile per il riconoscimento di Slovenia e Croazia. Questo diritto all'autodeterminazione veniva sbandierato da tutti, ma non l'ho mai sentito applicato ai serbi. Questo e' il massimo dell'assurdo. La nazione serba in Croazia e il 35% dei serbi in Bosnia Erzegovina: nessuno ha riconosciuto per loro il diritto all'autodeterminazione. Dove sta la giustizia? Ci sono un mucchio di chiacchiere ipocrite sul diritto alla'autodeterminazione nazionale. Ma queste nazioni, i croati e gli sloveni, credo, se ne era gia' andate via dallo stato Jugoslavo. Specialmente nei dieci anni dopo la morte di Tito, esse non si sono mai lamentate di maltrattamenti o di essere svantaggiate sotto il governo federale di Belgrado. I loro (recenti) reclami per questi motivi, sono delle bugie provate storicamente. I croati e gli sloveni, al contrario, hanno ricevuto trattamenti privilegiati, economicamente, per quanto riguarda il commercio con il Mediterraneo, e per il turismo, e altro. Il loro cattolicesimo li ha collegati di piu' all'Europa di quanto non sia stato per gli ortodossi. Ha notato che i serbi, per anni, hanno lasciato in pace il ponte, ma che i croati lo hanno fatto saltare in aria? Certo, a Mostar, e' stata una evidente pazzia. Ha qualche spiegazione per questo fatto? se i serbi avessero ridotto il ponte di Mostar a pezzi, allora avremmo letto articoli su questo sui giornali, un giorno e si e un giorno no? ... Si puo' dire che i serbi hanno piu' rispetto per la cultura e i suoi tesori, come Dubrovnik, dei croati? Questo puo' avere a che fare con il vuoto di potere. Io non mi considero competente e autorizzato a dire che l'esercito croato porta delle responsabilita' per la distruzione del ponte, ma apparentemente non c'erano vuoti di potere, la'. Ancora: non mi piace speculare. La Germania ha un grande interesse per il diritto all'autodeterminazione, specialmente di Slovenia e Croazia. Sospetta che ci sia sotto un altro motivo? Sospetto? Che cosa potrebbe essere piu' chiaro di cosi! Temo che sia la solita lezione amara della storia per cui accade sempre quando la Germania si espande. Non c'e' sempre bisogno di un piano dietro a cio'. Io credo che questo avviene attraverso il magnetismo economico. I negoziati politici vengono fatti sempre attraverso il potere economico. Non credo che avvenga nell'altro modo, cioe' che la politica venga prima. Quale puo' essere l'interesse della Germania nella dissoluzione della Jugoslavia? Mi chiede troppo. Non mi piace parlare di politica. Ci sono libri che lei conosce, in cui si dice che i servizi segreti tedeschi hanno collaborato con il governo croato (jugoslavo) e hanno sistematicamente preparato il collasso della Jugoslavia. Anche prima della guerra, negli anni '80, ci sono documenti che azzardano tali sospetti. Ma come autore, io devo tenere la bocca chiusa. Una volta, lei disse che la Germania aveva interesse ad avere dei piccoli stati lacche' attorno ai suoi confini... E' vero. Dopo il crollo della Jugoslavia, sono stato spesso in Slovenia, che una volta era una delle regioni mie favorite, in parte per via dei miei antenati, mia madre e i fratelli di mia madre, che erano sloveni. Ci sono andato spesso, e ogni volta ho constatato... che lo stato [indipendente] di Slovenia veniva ridisegnato o come una provincia dell'Austria o come una fonte di manodopera per la Germania. Anche le persone che si trovavano a capo della Repubblica di Slovenia, quando faceva parte della Jugoslavia, avevano piu' presenza, piu' potere, piu' carisma come uomini di Stato di quanto ne abbiano adesso. La leadership della Slovenia e' diventata un tirapiedi, come degli inservienti di teatro, e neanche cosi' capaci, per servire Germania, Austria, e in qualche modo, anche l'Italia. E questo e' qualcosa che chiunque va li' puo' notare subito. Con Tudjman hanno fatto male i calcoli... Ora e prima della guerra, ho apprezzato molto alcuni articoli apparsi sul supplemento della domenica della "Frankfurter Allgemeine Zeitung" ["FAZ" - Gazzetta Generale di Francoforte, il principale quotidiano tedesco; n.d.crj]. Essi hanno sempre presentato la Slovenia in un modo che a me piaceva molto; per esempio c'era una fotografia di una chiesa barocca in un campo di grano e cosi' via. Mi piacevano questi articoli; non c'era irredentismo, ma soltanto un soffermarsi sul paesaggio, sulle regioni, sulla vita di villaggio. Non si stava scrivendo la storia, la'. Ma appena la guerra e' iniziata, tutto questo ha avuto fine. Non lo notai sul momento, ma non sono da biasimare (...) ... Il sig. Reissmueller [editorialista della FAZ per le questioni internazionali, n.d.crj] e' molto aggressivo... Per me quell'uomo e' un criminale di guerra. Qualcuno dovrebbe raccogliere con precisione tutto quello che ha scritto, esaminarlo alla lettera. Lo farei molto rispettosamente. E' trasparente incitamento alla guerra, come dicevano loro, un chiaro caso di odio etnico. Non c'e' niente di piu' da dire. Ho sentito delle storie di stupro. Su queste storie sono state fatte pochissime ricerche. Ma poi il parlamento tedesco ha tenuto una sessione speciale. Mi chiedo se non sia venuta prima l'iniziativa politica e poi gli articoli e i commenti. No, seppure strano, non penso sia stato cosi'. Non e' venuta prima la politica tedesca e poi la stampa. E' stata la stampa tedesca, specialmente la stampa di destra, la "Frankfurter Allgemeine Zeitung" e i suoi giornalisti, che hanno fortemente influenzato la politica tedesca. E' chiaro! E' un fenomeno strano, questo immenso potere che oggi hanno i media e la stampa. Avevo ragione a dire, forse con durezza, che per quanto riguarda la Germania, la stampa, e in particolare il Frankfurter Allgemeine, costituisce il "Quarto Reich". Esattamente come Viktor Klemperer, ebreo, ha di recente studiato il linguaggio del Terzo Reich, cosi' oggi noi possiamo caratterizzare, in base al linguaggio, il Frankfurter Allgemeine come il linguaggio del Quarto Reich. ... e Reissmueller e' il Goebbels del Quarto Reich. Quello di Reissmueller e' un misto di visionario piu' Goebbels. Ma Reissmueller non ha il gergo sportivo di Goebbels. Egli parlava sempre come un pugile o un maratoneta. No e' piu' un misto tra un utopista e un boia. Questa gente dovrebbe essere portata davanti a un giudice e incriminata. [Essi richiedono] questo e quello; sarebbe meglio fare questo, oppure... Questo e' il modo in uso nei Tribunali del popolo nazisti [Volksgericht]. Ricordiamoci di Mr. Roland Fleicher [avvocato nazista]. Anche se il confronto puo' sembrare un po' forzato, ogni epoca ha i suoi demonizzatori e nuove forme di maliziosita' e disprezzo per l'umanita' e sempre nuove tecniche di travestimento. Al momento, le cose sono state camuffate per bene. La cosa peggiore e' che gli affari del Quarto Reich non si fermano mai. Andra' avanti fino alla fine del tempo. La stampa, un certo tipo di stampa, avra' potere fino al Giudizio Universale. E a sua disposizione ha apparenze civilizzate. Un racconto di un testimone oculare funziona sempre. Notevole. Ho fatto una ricerca sulla grammatica e sulla struttura di questi racconti apparentemente obiettivi. Dallo stile grammaticale della prima frase, gia' si capisce quale sara' la conclusione. Pochi mesi fa sul New Yorker Magazine ho letto una storia ambientata a Tuzla. La guida dell'autore vive la' e naturalmente parla inglese. E' andata ad una scuola americana. Si trovavano a Tripoli, in Libia... Questo giovane uomo che parla inglese, diventa cosi' l'eroe della storia. La prima frase dice: "Harun - oppure Haris - subi' la pulizia etnica giocando a carte con gli amici a Sarajevo." Questa e' la prima frase, e, io penso, prima di tutto, che questa e' pessima letteratura. In secondo luogo il taglio della storia diventa immediatamente trasparente. Terzo: e' politicamente miope scrivere certe cose. E la cosa va avanti cosi' per tutto l'articolo. Per me il modo come sono stati trattati i serbi, come popolo intero, e' chiaramente il primo grande passo dei media verso il Quarto Reich. ... un breve chiarimento: In Austria, attualmente, circola l'idea del Quarto Reich come una nuova edizione, se non una continuazione, del Terzo Reich. E' questo quello che intende? oppure lei ha in mente in Quarto Reich come un quarto potere nello stato? E' una metastasi del Terzo Reich. Il Quarto Reich e' proprio altrettanto pessimo come lo fu il Terzo. La sola differenza e' che si nasconde sotto una superficie umana. Esso scatta per aiutare le vittime. Ma e' altrettanto pessimo. E' un altro cancro, che temo non sia curabile. Si diffonde soltanto. Il sig. Levy e il sig. Finkielkraut, naturalmente l'hanno attaccata... Esatto. Ma loro non sono scrittori. Loro sono "I nuovi filosofi". Non so perché siano stati chiamati "nuovi" o "filosofi". C'è stata un'epoca all'inizio della guerra in cui loro hanno avuto bisogno di me. Avevano bisogno di qualcuno che non fosse un filosofo, ma un autore, un autore riconosciuto che, al contrario di loro, avesse una qualche conoscenza della Jugoslavia. Dopo alcuni incontri con Finkielkraut e Bernard Henri Levy, mi fu chiaro che loro volessero soltanto usarmi. Ma appena presi le difese della Serbia, non mi vollero più vedere. Questo è un gruppo veramente poco comunicativo. E appartiene al Quarto Reich. Ci sono un sacco di soldi in ballo. E potere. In Francia i libri e i mezzi elettronici sono completamente controllati da una catena di gente come questa. Non si riesce più a far arrivare nessuna notizia. La stampa francese e la TV sono pressoché totalmente sotto il controllo di Bernard Henri Levy, così come di Finkielkraut. Alcune persone lo ridicolizzano, ma in virtù di tutti quegli indecenti, decorati, pessimi diari che lui [Levy] pubblica sulla guerra in Bosnia, nessuno lo attacca più. Non un singolo attacco. Prendono tutto come una buona letteratura. Tutto quello che basta fare è prendere un paio di frasi nel dizionario Robert's dei luoghi comuni. Il suo lavoro è sbagliato nei suoi punti di vista, e pieno di errori di grammatica. Da non credere. Ma nessuno fa niente. C'è in giro un sacco di denaro, e di potere. Tutto questo mi fu chiaro dopo che mi incontrai un paio di volte con i "nuovi filosofi". Decisi di non firmare nulla. E non sarei più andato ai loro incontri. Hanno usato questo fatto contro di me, ma è meglio così. Questi signori Finkielkraut e Levy pero' mi interessano. Potrebbero guadagnare soldi scrivendo altro, invece il primo elogia la democrazia di Tudjman, l'altro dice che l'Europa inizia a Sarajevo. Chi li ha ingaggiati? Gli intellettuali (non intendendo niente di negativo) non sono a corto di denaro, oggigiorno. Perciò non è il denaro che li spinge. E' il potere, il potere più del denaro. Certamente denaro e potere sono strettamente connessi. Bernard Henri Levy, credo, non ha una spiegazione per la sua demonologia. E' taciturno, ma ingannevole. Taciturno e ingannevole, malizioso. E' una meraviglia speculare come il suo diario di Bosnia ci mostri una quadro in cui esiste un secondo potere, oltre a quello del governo, di Chirac, etc., un potere etico e morale. Questo è quello che lui immagina. Ma questa è la difficoltà, poiché moralmente ed eticamente, lui è una papera morta. (Come noi diciamo in un proverbio austriaco, "sotto il cane"). Una volta vidi una scena girata, penso, dalla TV tedesca, in cui Levy va al Centro Culturale Jugoslavo a Parigi, con un gruppo di suoi seguaci. A questo punto la donna che dirige il centro desidera chiudere l'edificio. Lei rifiuta di passare la chiave agli intrusi. Levy e il suo assistente, prendono la chiave alla donna con la forza. Per due o tre minuti questa donna, abbastanza anziana, urla, grida: "No, non voglio darvi la chiave, non vi appartiene. Non potete entrare qui." Levy rimane li, proprio come il commissario comunista dei film di seconda categoria con il suo soprabito di pelle nero, e, sorridendo, osserva il suo amico mentre rigira e strappa la chiave dalle mani della donna. Questa immagine dovrebbe essere trasmessa dai notiziari della sera, per tutti i tre minuti, su ogni emittente TV del mondo per far vedere come questo autoproclamato difensore di Sarajevo e della Bosnia, si comporta con la gente di tutti i giorni. Mi piacerebbe che tutto il mondo lo guardasse. E' convinto che tutte queste persone che oggi fanno queste cose, potranno correggersi? No, sarebbe troppo facile. E' tragica, la storia della Jugoslavia, la storia dell'Europa in questo secolo. Come la storia avviene e come la storia viene scritta, sono due cose unite insieme. Questa storia va insieme con la storia del popolo ebreo. Queste sono le due storie tragiche. E probabilmente non saranno corrette. Pensare in questo modo, che un giorno le cose potranno essere viste differentemente, penso, sarebbe un falso ottimismo. Questa gente non cambia. Con il loro linguaggio e le loro immagini hanno commesso così tanti crimini, crimini veri, contro la Jugoslavia. Ci sono crimini che possono solo essere perpetuati. Non c'è via di ritorno. Quale è stata la sua peggiore esperienza dopo la pubblicazione del libro? Ha ricevuto incoraggiamenti da qualcuno al di fuori della sua famiglia? Non ho avuto nessuna brutta esperienza. Ci sono stati insulti e manifestazioni di odio verso di me nei media, specialmente nei tedeschi, austriaci e svizzeri, e anche francesi e spagnoli. Mi hanno colpito, ma come un personaggio di Kafka, li accetto, come se appartenessero alla storia. ...Posso incassare tutto quello che dicono di me, senza che mi colpiscano realmente... La "Frankfurter Allgemeine Zeitung" (di destra) scrive del mio "respirare l'odore di sangue, di terra, di corpi e di guerra" etc. E la "Frankfurter Rundschau" (di sinistra) dice che io "passeggio sui corpi", con quello che scrivo. Questo mi colpisce. Ma quando vado indietro e passo al setaccio ogni frase che ho scritto, trovo, dopo tutto quello che viene detto e fatto, che io non ho scritto una sola frase che sottovaluti le vittime. Ognuna delle mie frasi, credo, è estetica, morale e giusta. In Francia il mio libro uscirà tra due mesi. E sono pressoché certo che la critica dirà, come in Germania, che io ho macchiato il mio lavoro precedente con quello che ho scritto qui. Il mio unico traduttore in Francia, mi disse: "Non osare pubblicare quella cosa, oppure farai kaputt da te stesso, o sarai la rovina di te stesso." Ma sono grato alla Gallimard che mi ha pubblicato il libro. Reissmueller la bolla come profittatore di guerra. Non credo di esserlo. Per la prima volta in 24 anni, ho dato una lettura pubblica del libro, in Austria e in Germania. E il piccolo guadagno che ho fatto l'ho donato per aiutare le vittime. Il viaggio nella Serbia l'ho pagato con i miei soldi, di tasca mia - biglietto aereo, albergo, cibo, tutto - Mi piacerebbe sapere se i giornalisti fanno la stessa cosa, se esiste un solo giornalista in tutto il mondo che abbia viaggiato nelle zone di guerra a proprie spese. I media sono i più grandi profittatori di guerra. Chi li appoggia? Molta, molta gente che io non conosco mi scrive, molti lettori. Essi dicono: "almeno prendiamo una boccata di aria fresca. Almeno leggo qualcosa di diverso sulla guerra." Nessun personaggio pubblico ha avuto la ventura di appoggiarla? Nessuno, ma non ne ho bisogno. Sarebbe potuto succedere che qualcuno dicesse: "Bene, ci uniremo al movimento. Hai ragione." E' impossibile avere questa opinione in Europa Occidentale? E' impossibile. E' anche peggio del politically s-correct. E' come un tabù. E' come rompere un tabù o commettere un crimine contro la storia. E' qualcosa che non deve essere fatto, non ora, almeno. Nel frattempo, prima del mio, sono apparsi altri libri, ma parzialmente nascosti alla visione pubblica. Altri ancora appariranno. Il giornalista Mira Becher, che probabilmente lei conosce, ha pubblicato una storia dei media in tutte le guerre degli ultimi 150 anni, cominciando con la guerra di Crimea e terminando con la guerra in Bosnia. L'editore e' la DTV. E' un buon segno che questo libra esca con la DTV, poiché è un grande editore. Ma rimane da vedere se questo problema verrà discusso sul serio. Finora ci sono stati uno o due casi di pensiero alternativo sulla guerra in Jugoslavia, ma nessuno ha raggiunto il pubblico. Anche l'articolo di Bittermann, che avete pubblicato. Io non credo neanche che abbia attratto un gran numero di lettori. Il mio e' stato il primo e potrebbe essere l'ultimo libro sulla guerra in Jugoslavia. Potrebbe anche non essere mai letto, ma la parola è uscita, rivolta al popolo tedesco, al popolo austriaco - semmai esiste un "popolo tedesco". Cio' che sento per strada è: "Hai ragione". La gente dice: "I serbi non dovrebbero essere trattati così". Una cosa, allora, è venuta fuori: i serbi non possono essere così. E anche se il libro non venisse letto, sarà utile quando la gente in questo paese penserà: "No, non possiamo più accettare questa roba". [L'articolo viene presentato per provocare commenti, critiche e ricerche, sotto il "fair use" delle leggi sul copyright.]
--- Peter Handke attacca gli ipocriti
---
«Avrei desiderato non essere l'unico
scrittore qui, a Pozarevac.
<< Contrariamente all' "opinione
generale", di cui metto in dubbio il
# Documentazione sulla censura operata dalle istituzioni culturali francesi e tedesche contro Peter Handke --- http://www.ilmanifesto.it/
From:
jugocoord ---
---
--- BOSNIA: MATVEJEVIC E LE POLEMICHE FRA GLI
INTELLETTUALI --- Peter Handke attacca gli ipocriti ---
--- HANDKE
DICE QUE KOSOVARES NO MERECEN SU ESTADO "La
prensa ha preparado bien la guerra, es culpable" Intervista a Peter Handke
in lingua spagnola apparsa su EL MUNDO nel dicembre
2007.
Una versione ridotta e poco fedele all'originale è stata pubblicata sul Corriere della Sera del 31/12/2007 - in formato PDF alla pagina: http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?currentArticle=GOD2B http://www.semanarioserbio.com/modules.php?name=News&file=article&sid=2614 --- «In Kosovo c'è solo odio» Intervista a Peter Handke
TOMMASO DI FRANCESCO su IL MANIFESTO -
http://www.ilmanifesto.it/
16 GENNAIO 2008 - pagina 3 «Senza il coinvolgimento nelle ferite dei Balcani non sarei un vero scrittore» «Niente diritti umani, né garanzie democratiche. Ai serbi rimasti non è permesso neanche il culto dei morti, vivono nel terrore. E l'Ue, guidata dallo sloveno Janez Janza, primo criminale del dramma jugoslavo, riconoscerà l'indipendenza, altrimenti gli albanesi minacciano una nuova guerra» http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5859 La nostra venerabile
Europa ha perso il cuore La Jugoslavia è stata
durante la seconda guerra mondiale, un paese che si è
liberato (quasi) da solo dall’occupazione nazista. Cos’è
che penserebbero oggi, i partigiani, i resistenti
dell'epoca, quegli sloveni, quei croati, quei bosniaci,
quei serbi, macedoni ed anche quegli albanesi nel
sentire il refrain (diventato assillante) che la grande
Jugoslavia, per la quale si sono battuti insieme, era
uno "Stato artificiale" e che il suo smantellamento non
è stato uno strappo e soprattutto non una tragedia?
Riconoscendo lo Stato albanese del Kosovo (KOCOBO in
cirillico), questi autoproclamatisi medici dell'emisfero
occidentale si sono schierati per un paziente contro un
altro paziente. Riconoscendo lo Stato albanese del
Kosovo, questi medici hanno violato il giuramento di
Ippocrate e si sono dimostrati falsi medici.
Riconoscendo lo Stato albanese del Kosovo, gli stati
criminali occidentali, che avevano prima bombardato e
distrutto l'Jugoslavia serba, hanno accolto tra loro uno
Stato criminale per eccellenza. Riconoscendo lo Stato
albanese kosovaro, l'occidente ha privato, in un solo
colpo mortale, il popolo serbo del Kosovo della sua
patria e lo ha reso, prigioniero ed esiliato allo stesso
tempo, nel suo paese. Riconoscendo lo Stato albanese del
Kosovo, la nostra degna Europa ha definitivamente perso
il suo cuore. Piangiamo silenziosamente insieme a tutti
gli esseri imparziali e di buona volontà, con il popolo
serbo del Kosovo perduto.
KOSOVO KOCOBO. Da Le Figaro (22/02/08) Traduz a cura del FBIt Notre vénérable Europe a perdu son cœur http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5934
VIVA
IL SOGNATORE DEL NONO PAESE ES LEBE DER TRÄUMER, DER AN DAS
„NEUNTE LAND“ GLAUBTE Qualcuno
pensava di avere già visto tutto; invece mancava
ancora qualcosa.
Avevamo già visto la guerra fratricida, scatenata dai revanscisti dell'Ordine Europeo hitleriano. Fatta di distruzioni, sevizie e spostamenti forzati di popolazioni intere. Avevamo visto la cancellazione di un grande paese per decreto della "comunità internazionale", e, sempre per decreto della "comunità internazionale", la sua sostituzione con sei republichette delle banane, che pare diventeranno almeno otto, secondo il criterio del sangue, il criterio delle SS. D'altronde, avevamo visto santificare i nazisti; bombardare i treni; trafficare armi nelle autoambulanze; delocalizzare lo sfruttamento; imporre che la stessa lingua fosse chiamata con quattro o cinque nomi diversi; chiamare "invasore" chi abitava la propria terra e "liberatore" chi usava uranio impoverito; regalare un feudo al contrabbandiere di sigarette; stuprare con le bottiglie; rapire e non restituire il cadavere; prendere a piccozzate gli affreschi medioevali; cannoneggiare i ponti; tagliare le teste; espropriare le case ai poveri per darle agli investitori stranieri; riscrivere la storia per infangare i partigiani della libertà e riabilitare visir e feudatari. Qualcuno di noi pensava di avere già visto tutto. E invece mancava ancora la messa all'Indice dei poeti. Al più grande drammaturgo di lingua tedesca contemporaneo stanno ritirando i riconoscimenti e stanno impendendo la rappresentazione delle sue pièces. Non avviene laggiù, nel "paese delle
guerre", bensì qui, in Francia e Germania,
nell'Europa che vorrebbe essere di Voltaire e di
Goethe. È qui, nel paese della Commissione, che
viene considerato peccato mortale aver visto
tutto quanto sopra e volerne persino riferire.
È qui, nel paese dei Tribunali Internazionali,
che è vietato porsi domande, viaggiare,
interloquire con chi non si deve conoscere. È
qui che è vietato descrivere il "nemico" come
un essere umano, parlargli, capire. Questa "Europa" che crea nemici mortali nel suo seno è ripugnante. L'Europa senza la Jugoslavia è ripugnante. Essa non potrà mai essere il nostro paese. Handke si riferì al "Nono Paese" come metafora della Jugoslavia nel primo testo da lui scritto in merito alla tragedia scatenatasi nei Balcani dal 1991. Abbiamo un fortissimo bisogno di "sognatori del Nono Paese"come Peter Handke. A lui va tutta la nostra stima, ammirazione e solidarietà.
Primi firmatari (in ordine alfabetico): Tamara Bellone (Torino) Peter Behrens (Trieste / Trst) Giuseppe Catapano (Roma) Paola Cecchi (Firenze) Claudia Cernigoi (Trieste / Trst) Adriana Chiaia (Milano) Spartaco Ferri (partigiano, Roma) Mauro Gemma (Torino) Fulvio Grimaldi (Roma) Dragomir Kovacevic (Alessandria) Olga Juric (Paris) Teodoro Lamonaca (Torino) Serena Marchionni (Bologna) Andrea Martocchia (Bologna) Gian Luigi Nespoli (Sanremo) Sandra Paganini (Roma) Ivan Pavicevac (Roma) Miriam Pellegrini Ferri (partigiana, Roma) Fausto Sorini (Bologna) Jasna Tkalec (Zagreb) Gilberto Vlaic (Trieste / Trst) Giuseppe Zambon (Frankfurt am Main) Successive adesioni pervenute (in ordine cronologico): Enzo Apicella (London) Alessandro Leoni (PRC Toscana) Aldo Manetti (PRC Toscana) Mauro Lenzi (PRC Toscana) Stefano Cristiano (PRC Toscana) Susanna Angeleri (PRC Arezzo) Donella Petrucci (PRC Toscana) Ugo Bazzani (PRC Pistoia) Sandro Trotta (PRC Livorno) Luciano Giannoni (PRC Livorno) Roberto Cappellini (PRC Pistoia) Claudia Rosati (PRC Firenze) Jacopo Borsi (PRC Firenze) Mauro Gibellini (PRC Massa-Carrara) Sergio Quarta (Giugliasco, CH) Mirella Ruo (Casale Monferrato) Francesco Pappalardo (PRC Piombino) Angela Biscotti (Mainz) Luciano Giannoni (PRC Livorno) Gio Batta (Titen) Prevosto (Circolo SanremoCuba, Sanremo) Pasquale Vilardo (Giuristi Democratici, Roma) Carlo Pona (Roma) Marcello Graziosi (Modena) Andrea Catone (Bari) Enrico Barba (Gorizia / Stara Gorica) Jean Toschi Marazzani Visconti (Milano) Boris Bellone (Torino) Rudolf Baloh (Kočevje SLO) Massimiliano Ay (Partito Svizzero del Lavoro, Bellinzona CH) Alexander Hobel (Napoli) Silvano Ceccoli (Genova) Giuseppe Aragno (Napoli) Uberto Tommasi (Verona) Paolo Teobaldelli (Buenos Aires) Curzio Bettio (Padova) Gianni Volonté (Como) Carla Francone (Nuova Unità, Firenze) Daniele De Berardinis (Nereto, TE) Centro Popolare La Fucina / Pacifico Saber (Sesto San Giovanni MI) Enrico Vigna (Torino) Angelo Baracca (Firenze) Amélie Glissant (Paris) Marie-Françoise Philippart (Paris) Radmila Wolf (Paris) Robert Wolf (Paris) René Lefort (Paris) Annie Lacrox Riz (Paris) Joseph Kaminski (Paris) Branko Kitanovic (NKPJ Beograd) Branimir Ivanovic (Beograd) Tiziano Cavalieri (PRC Firenze) Nikola Stojiljkovic (Vranje) ALJ / Paola Ferroni (Bologna) Anita Krstic (Milano / Beograd) Ida Vagli (Torino) Stana Milanovic (Torino) Mauro Cristaldi (Roma) Francesco Bachis (Cagliari) Pierfrancesco Semerari (Bari) Gianni Ursini (Trieste) Ljiljana Milic (Vranje) Ivana Kerecki (Milano) Roberto Capizzi (PRC Enna) Emanuela Caldera (Milano) Hannes A. Fellner (Wien) Claudio Debetto (Pontestura AL) Alfred L. Marder (USA) Roman Mulic (NKPJ Beograd) Branko Ivanovic, (NKPJ Beograd) Vladimir Jankovic (NKPJ Beograd) Dusan Tomovic, (NKPJ Beograd) Vesna Milunovic (NKPJ Beograd) Aleksandar Jovanovic (NKPJ Beograd) Ljubisav Krunic (NKPJ Beograd) Andrej Glisic (NKPJ Pančevo) Aleksandar Djordjevic (NKPJ Kobilje) Biljana Knezevic (NKPJ Stara Pazova) Vlastimir Petrovic (NKPJ Golubac) Djordje Junkovic (NKPJ Požarevac) Zivorad Mitic (NKPJ Makce) Radomir Milojevic (NKPJ Veliko Gradište) Petar Susnjar (NKPJ Novi Sad) Predrag Jeremic (SKOJ Beograd) Marijan Kubik (SKOJ Veliko Gradište) Mirjana Milojevic (SKOJ Veliko Gradište) Bojan Radosavljevic (SKOJ Kragujevac) Teodor Stankovic (SKOJ Vrnjačka Banja) Communist Youth League of Norway New Communist Party of Britain / Andy Brooks (General Secretary) Bruno Steri (Roma) Romanian Peace Council (member of the BAN-Center) Antonio Grassedonio (CGIL Torino) Guido Montanari (Torino) Aleksandra Radonic (Srbija) Mario Favaro (Albaredo - TV) Federico Degni Carando (Roma, mailing list RESISTENZA PARTIGIANA) Libera Palmeri (Tortona - AL) Per aderire all'appello scrivere
a: jugocoord @
tiscali.it . Per
informazioni sulle opere di Handke e per alcuni
dei suoi testi riguardanti Milosevic e la
Jugoslavia, oltre a tutti gli aggiornamenti
sulle censure operate dalla Comedie Francaise e
dal Comune di Duesseldorf si veda: ES LEBE DER TRÄUMER, DER AN DAS „NEUNTE LAND“ GLAUBTE Irgendjemand glaubte bereits alles gesehen zu haben, doch es fehlte noch etwas. Wir sahen bereits den
Bruderkrieg, entfesselt durch die Revanchisten der neuen
europäischen Hitler-Ordnung mit all der Zerstörung,
Folter und gewaltsamen Vertreibung ganzer
Bevölkerungsgruppen. Wir sahen, wie die „Internationale
Gemeinschaft“ beschloss, ein großes Land von der
Landkarte verschwinden zu lassen, sechs
Bananenrepubliken zu schaffen, die nach völkischer
Methode der SS möglicherweise bald acht sein werden.
Darüber hinaus sahen wir, dass die Nazis heilig gesprochen wurden. Züge wurden bombardiert, Waffen in Krankenwagen verschoben, Arbeitsplätze ausgelagert, die Menschen gezwungen, die selbe von ihnen benutzte Sprache mit vier oder fünf verschiedenen Namen zu bezeichnen. Die bodenstämmige Landbevölkerung wurde als „Invasor“ bezeichnet und als „Befreier“ jene, die die Uranabreicherung brauchen. Der Zigarettenschmuggler wurde mit einem Lehen beschenkt; Menschen wurden mit Flaschen vergewaltigt, oder entführt und ihre Leiche tauchte nicht mehr auf; mittelalterliche Fresken wurden mit Pickeln herausgeschlagen, Brücken mit Kanonen beschossen, Köpfe abgeschnitten, Häuser der armen Bevölkerung beschlagnahmt und fremden Investoren gegeben. Die Geschichte wird neu geschrieben, um die Partisanen mit Schmutz zu bewerfen und Wesire und Feudalherren zu rehabilitieren. Irgendjemand von uns
meinte, dass er bereits alles gesehen hätte. Es fehlte
allerdings noch, dass Dichter auf den Index gesetzt
wurden. Dem größten zeitgenössischen deutschsprachigen
Dramaturg werden die Anerkennungen entzogen und seine
Stücke zensiert.
Es kommt nicht von dort
unten, aus dem „Land der Kriege“, wohl aber von hier,
aus Frankreich und Deutschland, aus jenem Europa,
welches jenes von Voltaire und Goethe sein möchte. All
das gesehen zu haben und sogar darüber berichten zu
wollen, wird jetzt hier, in diesem Europa als Todsünde
betrachtet. Hier auf dem Boden der internationalen
Gerichte, wo es verboten wird, Fragen zu stellen, zu
reisen, Gespräche zu führen mit jenen, die man nicht
kennen darf. Hier ist es, wo es verboten ist, den
„Feind“ wie einen Menschen zu beschreiben, mit ihm zu
reden, zu verstehen.
Die „Todsünde“ Peter Handkes ist tatsächlich, dass er als „Zeuge“ – wie er es selbst bezeichnete – an der Beerdigung von Slobodan Milosevic teilnahm. Jenem Milosevic, der für Europa als einziger, absoluter Sündenbock herhalten soll, jener Milosevic, der bis zuletzt der zerstörerischen Rechthaberei Europas Widerstand leistete und schliesslich in den Tod getrieben wurde. Dieses „Europa“, das
sich seine Todfeinde aus seinen eigenen Reihen schafft,
ist einfach widerwärtig. Europa ohne Jugoslawien ist
unerträglich. Es kann niemals unsere Heimat sein.
Handke bezieht sich auf das „neunte Land“ als Metapher für Jugoslawien, wie er in seinem ersten Text, den er zu Beginn der losbrechenden Tragödie auf dem Balkan im Jahre 1991 schrieb. Wir haben den dringenden Bedarf von Menschen wie Peter Handke, die vom „neunten Land träumen“. Ihm gilt unsere Hochachtung, Bewunderung und Solidarität. „Das multiethnische Jugoslawien war
das Modell für ein Europa der Zukunft. Anders als
unser künstliches Europa des Freihandels von heute.
Jugoslawien war ein Ort, in dem verschiedene
Nationalitäten auch nach dem Tod Titos friedlich
miteinander lebten. Das wäre ein Europa, wie ich es
gern hätte. Deshalb wurde Europa, so wie ich es mir
vorgestellt hatte, mit der Zerstörung von Jugoslawien
zerstört.“
ŽIVEO ZALJUBLJENIK U 9.
ZEMLJU !
Mozda je neko smatrao da smo sve videli, ne, ima toga jos ! Videli smo bratoubilacki
rat revansista Novog evropskog hitlerovskog poretka,
rat u kome su upotrebljenja sva oruzja, rat
jezovitih zverstava, razaranja i masovnog izgona
stanovnistva.
Videli smo "medjunarodnu zajednicu" kako ukazom brise jednu suverenu zemlju i umesto nje upisuje opet ukazom, sest banana-republika, kojima ce se ce po svemu sudeci pridruziti jos dve, opet uzimajuci krv za jedini kriterijum, po uzoru na SS-ovce. Videli smo naciste
uzdignute u svece, bombardovanje putnickih vozova,
krijumcarenje
oruzja u kolima hitne pomoci, kalemljenje
eksploatacije, komadanje srpskohrvatskog na 4-5
izmisljenih jezika, zigosanje vekovnog
stanovnistva kao uljeza a velicanje okupatora koji
se uranijumskim bombama
ustolicio. Videli smo kako sverceru za
nagradu dodeljuju pasaluk, silovanje flasom,
kidnapovanje i uskracivanje posmrtnih
ostataka
ubijenih, otsecanje glava, oduzimanje licnih stanova
i njihovog ustupanja stranim lihvarima,
revidiranje
istorije i kaljanje uspomene na slavnu NOB,
rehabilitovanje fasistickih slugu.
I nije to sve! Sada
eto glasovitih pesnika na stubu srama! NAJVECEM
NEMACKOM DRAMSKOM PISCU ODUZETA
JE KNJIZEVNA NAGRADA A NJEGOV KOMAD SKINUT
SA PROGRAMA UKAZOM.
Ne, nije rec o Brdovitom Balkanu. To bezcasce je u Nemackoj i Francuskoj, u Evropi koja se toboze dici Geteom i Volterom. Na prostoru Komisije vlada misljenje da je neoprostiv greh videti i licno se uveriti u gore navedeno, ovde u zemlji Medjunarodnih tribunala zabranjeno je postavljati pitanja, putovati, opstiti sa prokazanima, ovde je zabranjeno "neprijatelja" tretirati kao ljudskog stvora. Neoprostiva greska Petera Handkea ogleda se u tome sto je prisustvovao sahrani Slobodana Milosevica, sto je bio ocevidac, kako se licno izrazio. Da, u pitanju je sahrana Milosevica koga "Evropa" da bi sprala sopstvenu krivicu koristi kao zrtvenog jarca, Milosevica koji je odolevao pomahnitaloj "Evropi" dok ga nije mucki likvidirala. Gadna je ta "Evropa" koja prozdire svoje najdarovitije sinove. Gadna je ta "Evropa" koja je iz sopstvenih nedara iscupala Jugoslaviju. Takva nam nikada ne moze biti otadzbina! U prvom svom osvrtu na Jugoslaviju u povodu tragedije koja se srucila na Balkan 1991. Handke pominje 9. zemlju metaforicki. Osecajuci neizmernu potrebu za pesnicima 9. zemlje, Handkeu upucujemo svo nase divljenje, postovanje i solidarnost.
"Bez obzira na to sto je mozda bila
razjedinjena, Jugoslavija je bila uzor za buducu
Evropu. Ne Evropu kakva je ona postala danas, donekle izvestacenu sa
svim tim zonama slobodne razmene, vec prostor gde
narodi zive izmesani, a narocito omladina, kako je
to bilo u Jugoslaviji pa i posle Titove
smrti. Eto, ja takvu Evropu zelim. Zato je sa
unistenjem Jugoslavije u meni unistena ideja o
Evropi."
P. HANDKE potpise slati na adresu : jugocoord @ tiscali.it Potpisi LONG LIVE THE DREAMER OF THE NINTH COUNTRY Somebody
thought to have seen all of it; but there was still
something to come. Some of us thought to have seen all of it. But putting poets on the Index of Prohibited Books was still to come. Indeed, the
greatest living german-language playwrighter is stripped
of his honors and awards and his plays are being
cancelled in theaters. “Yugoslavia,
however
riven it was by problems, could have been the model
for a Europe of the future. The Europe of today
cannot. This Europe may have its “free trade” zones,
but former Yugoslavia was a place where diverse
nationalities lived mixed one with another, and
specially the young people, even so after the death of
Tito. That would be Europe, as I would want it. For me
the very image of Europe is destroyed with the
destruction of Yugoslavia.”
(Peter Handke) To join the appeal:
jugocoord @ tiscali.it ŽIVEL ZALJUBLJENI V 9.
DEŽELO ! Videli smo bratomorno
vojno revanšistov Novega evropsko hitlerjevskega reda,
vojno v kateri so uporabljena vsa orožja, vojno
zverinskih grozovitosti, uničevanja in masovnega
preganjanja prebivalstva.
Videli smo »mednarodno skupnost« kako z dekretom briše suvereno državo in namesto nje zopet z dekretom formira šest banana-republik, katerim se bosta po vsemu sodeč pridružili še dve, s krvavim kriterijem, po vzoru na SS-ovce. Videli smo naciste povzdignjene v svetnike, bombardiranje potniških vlakov, tihotapljenje orožja v vozilih prve pomoči, izkoriščanje, razkosanje srbohrvatskega na 4 – 5 izmišljenih jezikov, ožigosanje tisočletnega prebivalstva kot uzurpatorja in veličanje okupatorja kateri se je ustoličil z uranovimi bombami. Videli smo kako tihotapcu za nagrado dodeljujejo pašaluk, posiljevanje s steklenico, ugrabitve in prikrivanje posmrtnih ostankov likvidiranih, obglavljanja, odvzemanje lastnih stanovanj in odstopanje le teh tujim špekulantom, revidiranje zgodovine in blatenja slavne narodno osvobodilne borbe, rehabilitiranje fašističnih služabnikov. To pa še ni vse! Sedaj
so eminentni pesniki na sramotilnem stebru!
NAJVEČJEMU NEMŠKEMU DRAMATIKU JE ODVZETA KNJIŽNA NAGRADA, NJEGOVO DELO Z UKAZOM ODSTRANJENO Z REPERTOARJA. Ne, ne govorimo o hribovitem Balkanu. Ta nečastnost se dogaja v Nemčiji in Franciji, v Evropi katera se bojda ponaša z Goethejem in Voltairom. Na teritoriju Komisije vlada mišljenje, da je neodpustljiv greh videti ter se osebno prepričati v zgoraj navedenem, tukaj v deželi Mednarodnih tribunalov je prepovedano postavljati vprašanja, potovati, komunicirati s stigmatiziranimi, tukaj je prepovedano »sovražnika« obravnavati kot človeško bitje. Neoprostljiva napaka
Petera Handkea je v tem, da je prisostvoval pogrebu
Slobodana Miloševića, ker je bil očevidec, kot se je sam
izrazil. Da, sporen je pogreb Miloševića katerega
»Evropa«, da bi sprala lastno krivdo izkorišča kot
grešnega kozla, Miloševića kateri je kljuboval podivjani
»Evropi« dokler ga ni zahrbtno likvidirala.
Gnusna je ta »Evropa« katera žre svoje najbolj nadarjene sinove. Gnusna je ta »Evropa« katera je iz lastnih nedrji iztrgala Jugoslavijo. Takšna nam nikoli ne more biti domovina. V svojem prvem pogledu na Jugoslavijo, na tragedijo, ki se je zgrnila na Balkan leta 1991. Handke metaforično imenuje deveto deželo. Z neizmerno potrebo po pesnikih 9. dežele, Handkeju pošiljamo vse naše občudovanje, spoštovanje in solidarnost. »Ne glede na to, da je bila
morebiti razdvojena, je bila Jugoslavija vzor za
bodočo Evropo. Ne Evropo kakršna je postala danes,
izumetničena z vsemi conami svobodne menjave, temveč
prostor kjer živijo narodi pomešani med seboj, posebno
mladina, kakor je bilo to v Jugoslaviji še po Titovi
smrti. Torej, jaz si želim takšne Evrope. Zato je z
uničenjem Jugoslavije v meni uničena ideja o Evropi.«
P. HANDKE potpise slati na adresu: jugocoord @ tiscali.it Potpisi
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BERLINER HEINRICH
HEINE PREIS http://www.berliner-heinrich-heine-preis.de
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(aggiornamento aprile 2007) Handke in Kosmet consegna
gli aiuti del "Premio Heine"
http://www.kosovo.net/news/archive/2007/April_09/1.html Peter Handke e Claus Peymann hanno visitato il Monastero di Visoki Decani Decani, 9 Aprile 2007 Il noto scrittore austriaco Peter Handke, il Direttore del Teatro « Berliner Ensemble », Claus Peymann, e loro colleghi, hanno visitato oggi il Monastero di Visoki Decani. Con Handke e Peymann sono giunti l'attrice Kaethe Reichel, il drammaturgo Jutta Ferbers e il politologo Eckart Spoo. Hanno trascorso le festività pasquali assieme con i Serbi di Velika Hoca ed a questa cittadina hanno consegnato il contributo di 50.000 Euro che Handke aveva ricevuto quale premio alternativo "Heinrich Heine", raccolto da più di 500 donatori. Handke aveva in precedenza espresso il desiderio che questo premio venisse distribuito agli abitanti Serbi in Kosovo e Metohija, quale gesto di sua personale solidarietà e sostegno. Da "BLIC" quotidiano belgradese: (a cura di DK e AM)
Embattled
playwright
aids Serb enclave Berliner Heinrich-Heine-Preis gespendet: Schriftsteller Peter Handke übergibt 50000 Euro an serbische Enklave im Kosovo. NATO-Truppen in Alarmbereitschaft. Von Peter Wolter (jW) http://www.jungewelt.de/2007/04-10/050.php http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5419 Zur Reise Peter Handkes ins
Kosovo Blick in den Elendstrichter (2006) Per protesta contro la censura e la repressione culturale di cui il più grande drammaturgo di lingua tedesca Peter Handke è stato recentemente vittima, intellettuali e militanti di Berlino, d'accordo con lo stesso Handke, hanno istituito un "Premio Heinrich Heine" alternativo. Esso verrà attribuito agli abitanti di una delle enclave serbe del Kosovo-Metohija, soggetti dal giugno 1999 ad un infame regime di apartheid, e completamente dimenticati dalla sedicente "intellettualità democratica" europea. L'iniziativa avrà successo se si riusciranno a
raccogliere 50mila euro. Sono circa 14mila quelli che
ancora mancano. Le modalità per contribuire sono
indicate più sotto in lingua tedesca. Per l'Italia, i
versamenti possono anche essere effettuati sul nostro
conto corrente postale: Conto Bancoposta
n.47595665, ABI 07601 CAB 01600 CIN F,
intestato ad A. Krstic, Milano CAUSALE: HEINRICH HEINE PREIS
RUNDMAIL
Liebe Unterstützerinnen und Unterstützer unseres Aufrufs, Liebe Freundinnen und Freunde - bis heute sind von Ihnen 35.636,10 Euro gespendet worden, mehr als 250 haben unterschrieben. Wir haben Anlass zu hoffen, das angestrebte Preisgeld von 50.000 Euro zu erreichen. Um unser Anliegen zu verbreiten, erscheint bis auf weiteres jeden Samstag in "die junge Welt " eine Anzeige, die über den Stand unserer Aktion Auskunft gibt. Außerdem haben wir eine Website, die regelmäßig aktualisiert wird, eingerichtet - mit folgenden Rubriken: Konto und Kontostand, Unterzeichner, Zuschriften, aus Publikationen. Sie können uns über die Website auch anschreiben. www.berliner-heinrich-heine-preis.de Unsere Bitte an Sie: helfen Sie uns, unseren Aufruf zu verbreiten! Unsere Möglichkeiten und Kontakte reichen nicht aus. Es geht nicht nur um das Preisgeld, das wir zusammen mit Peter Handke an Menschen in einer der serbischen Enklaven des Kosovo übergeben wollen. Es geht vor allem, wie Peter Handke schreibt, um "ein nicht nur episodisches Aufmerksamwerden" auf die, die infolge des unter Beteiligung der deutschen Bundeswehr geführten Angriffskriegs der NATO "im Elendstrichter von Europa vegetieren müssen". Ihnen allen Dank und die besten Grüße - Rolf Becker, Käthe Reichel, Eckart Spoo Bitte spenden Sie - Treuhandkonto: Rolf Becker/ Berliner Heine-Preis
Hamburger Sparkasse, BLZ 20050550 Konto-Nr: 1001212180 Auslandsüberweisungen: Der BIC/SWIFT-Code
lautet: HASPDEHHXXX
die IBAN des Kontos: IBAN DE50 2005 0550 1001 2121 80 Kontostand, 15.09.2006: 35.636,10 (31.08.2006: 29.850,18) (Lo storico sudtirolese Kurt Gritsch ha effettuato una dettagliata disamina del linciaggio mediatico cui nel 1999 fu sottoposto il principale drammaturgo tedesco, Peter Handke, per le sue posizioni contro i bombardamenti e la demonizzazione del popolo serbo) Da: Y.&K.Truempy <trumparzu @ bluewin.ch> Oggetto: Wissensch. Aufsatz zu Streit über Peter Handke Data: 18 dicembre 2011 18.00.47 GMT+01.00 Der Südtiroler Historiker Kurt Gritsch untersucht in seinem Aufsatz "Feuilletonistische Hinrichtung? Peter Handkes Äusserungen zum ‚Kosovo-Krieg’ in den deutschsprachigen Printmedien 1999." umfassend die vehementen Auseinandersetzungen um die Haltung des österreichischen Dichters Peter Handke zum Krieg gegen Jugoslawien. Detailliert wird das Geschehen um die von einem Grossteil der Intellektuellen akzeptierte Besetzung der Moral durch die NATO-Kriegsallianz dargestellt. Es kommt die bis heute anhaltende aufgeheizte Stimmung zum Ausdruck, in der eine Auseinandersetzung mit den Gründen für Handkes pro-serbische Haltung kategorisch abgelehnt wird. Der Dichter wird als unzurechnungsfähig erklärt, in die Nähe neo-faschistischer Propaganda gestellt oder seiner zynischen Komplizenschaft mit dem Bösen angeklagt. Historisch bedingte Affinität wird sichtbar, wenn der deutsche Herausgeber H.M.Enzensberger eine Bewaffnung der kosovo-albanischen UCK fordert (welche von den USA, trotz des offiziellen Terrororganisations-Status, tatsächlich schon länger betrieben wurde, KT), oder andere eine Besetzung und Umerziehung Serbiens fordern! Gegen Ende des NATO-Überfalls auf Jugoslawien geht überraschenderweise die FAZ stellenweise etwas milder mit Handke um und schreibt etwa, dass "der Dämonisierung Milsoevics die reflexartige Verurteilung Peter Handkes entspricht". Weiterhin bescheinigen unzählige Intellektuellen (welche sich neu auf den totalen Triumph der Neoliberalen-Ideologie eingerichtet haben, KT), Hanke sei ein politischer Idiot, welcher seine Vorstellungen einer vorkapitalistischen Idylle auf die Serben projiziere oder "sein hochfahrendes ästhetisches Programm auf die Kriegswirklichkeit übertrage". Tatsächlich beschränkt sich Peter Handke auf den Standpunkt des Dichters und Sprachkritikers und unterlässt es auch, in seinen Schriften auf Fakten zu verweisen, welche seine Thesen stützen. Die grösste Ablehnung erfährt Handke im Spiegel, FAZ und taz (in CH im Tagesanzeiger, KT). In voller Schärfe treten die Vorwürfe gegen Handke anlässlich der vorgesehenen Verleihung des Heine-Preises 2006 wieder auf. Sein Standpunkt wird als Verstoss gegen die political correctness, vorgegeben im Nato-new-speak, fast einhellig abgelehnt. Gritsch schreibt, dass die Weigerung, die Ereignisse auf dem Balkan von verschiedenen Seiten zu betrachten, das Handke’sche Vorurteil gegenüber der Voreingenommenheit vieler westlicher Intellektuellen rechtfertige. Handke stelle sich gegen die Vorverurteilung, und dort leiste sein Werk Wesentliches für den Anspruch auf Gerechtigkeit. K.Trümpy, ICDSM Schweiz Im mir zugegangenen e-mail schreibt Kurt Gritsch: Es ist schon unglaublich, was Siegerjustiz alles im Stande ist zu erreichen. Auch wenn ich nicht alles an Handkes Motivationen und Argumenten teilen kann, bin ich doch froh darüber, dass es mit ihm zumindest einen Intellektuellen gibt, den auch die NATO-Feuilletons nicht einfach totschweigen können. Wobei sie sich durchaus anderer Methoden zu bedienen wissen, wie sie in meinem beigefügten Aufsatz lesen können (der übrigens noch unveröffentlicht ist). Dennoch merkt man in letzter Zeit, dass zumindest die alte Eindeutigkeit zahlreicher westlicher Medien hinsichtlich Jugoslawien/Serbien als "Bösewicht" aufzuweichen beginnt. Peter Handke diventa membro della SANU (Accademia Serba delle Scienze e delle Arti) ЧЕСТИТКА ПЕТГЕРУ ХАНДКЕУ, ПИСЦУ, НОВОМ ЧЛАНУ САНУДраги господине Хандке, Београдски форум за свет равноправних жели да Вам најискреније честита на Вашем избору за иностраног члана Српске академије наука и уметности (САНУ). То је заиста једно дуго очекивано признање Србије, не само за Ваша изванредна достигнућа у литератури, већ исто тако за Вашу огромну интелектуалну храброст, спремност за жртвовање и за допринос, без преседана, откривању истине о коренима југословенске кризе, хуманитгарним последицама агресије НАТО 1999. Године и отимању Косова и Метохије, срца Србије. Ви сте, заиста, један од највећих пријатеља Србије и српског народа на размеђу 20. и 21. века. Желимо Вам нова достигнућа у Вашој мисији великог европског писца, независног мислиоца и хуманисте, Искрено Ваш, БЕОГРАДСКИ ФОРУМ ЗА СВЕТ РАВНОПРАВНИХ Живадин Јовановић, председник (2 novembre 2012) Nikolic ha consegnato la Medaglia d’oro a Handke08. 04. 2013. (fonte: Glassrbije.org) - Il Presidente della Serbia Tomislav Nikolic ha consegnato la Medaglia d’oro allo scrittore austriaco Peter Handke per il suo contributo eccezionale alla difesa del prestigio internazionale della Serbia. Nikolic ha ricordato che Handke ha cominciato a difendere la Serbia nel 1996 e che ha subito molte ingiustizie a causa della sua lotta per la Serbia e il popolo serbo. Siamo stati benedetti perché un uomo come Lei ha respinto molti riconoscimenti e premi, ed ha accettato di portare la medaglia della Serbia e del suo popolo, i quali sono i Suoi amici. La difesa della Serbia nell’anno 1996 e negli anni successivi richiedeva molto coraggio. Quella difesa è eterna, ha detto Nikolic. Il popolo jugoslavo e il popolo serbo hanno arricchito il mio spirito. Io non sono vittima di nessuno. Il popolo serbo è la vittima, ha risposto Handke a Nikolic. Handke: I serbi sono prigionieri dell’Occidente08. 04. 2013. (fonte: Glassrbije.org) - Il famoso scrittore austriaco Peter Handke, il quale ha dimostrato di essere grande amico del popolo serbo non soltanto nei suoi libri, ha ricevuto nel palazzo del parlamento del comune di Belgrado il premio che porta il nome dello scrittore e pittore serbo Momo Kapor, per il suo romanzo La notte della Morava. Dopo la cerimonia dell’assegnazione del premio Handke non ha voluto commentare la situazione sul Kosovo e gli avvenimenti che lo riguardano. Nell’intervista rilascita all’agenzia Tanjug Handke ha detto però che i serbi sono prigionieri dell’Occidente e che questo è un’ingiustizia. Handke è diventato recentemente membro dell’Accademia delle scienze e delle arti della Repubblica serba, la cui delegazione gli ha consegnato oggi i suoi emblemi. Handke visiterà domani l’Accademia delle scienze e le arti della Serbia, la quale ha deciso che egli diventasse suo membro. Handke contestato a Oslo da bosgnacchi e razzisti antiserbi: "Fascista!", "Negazionista!" Eklat beim Ibsen-Preis in Oslo (Von H. Spiegel, FAZ 22.09.2014) In Oslo, wo Peter Handke den hochdotierten Ibsen-Preis entgegennehmen sollte, wurde der Dichter mit Buhrufen empfangen und als Faschist beschimpft. Jetzt hat er seine Pläne mit dem Preisgeld geändert... Handke, un intellettuale contro tutti. Dopo i bosniaci attacca il regista Haneke (di T. Mastrobuoni, 29/9/2014) Il celebre scrittore austriaco non smette di far parlare di sé: a Oslo ha rifiutato i 300 mila euro del premio Ibsen e in patria ha duramente criticato il regista di “Funny Games”. «Se oggi tutti vogliono scrivere è un po’ colpa mia... Magari pensano: “se lo può fare quello stronzo, allora pure io”»...
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Coordinamento Nazionale per la
Jugoslavia - onlus
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