Jugoinfo

ALLA LARGA!


Security Advisroy for Belgrade
Date: Thu, 14 Jun 2001 14:45:28 +0200
From: Sinisa Durkulic <DURKULIC@...>
CC: icva-bgd@...




We have received the following security advisory from the UN
Designated Official for Security in the FRY (UNLO Belgrade):

Quote:

"On 16 June, at 16:00 hours, the Socialist Party of Serbia
(SPS) plans to stage a rally in Trg Republike.

If the gathering reaches about 30,000, the organizers may
march from Trg Republike to the Central prison.

International agencies based in Belgrade are recommended
to exercise caution on 16 June at the timing indicated and to
avoid being in the center of town at that time". unquote

Regards


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"SAREMO INESORABILI"

In applicazione dei diktat del sistema finanziario globale, che impone
la ristrutturazione drastica delle imprese statali e parastatali e la
loro veloce privatizzazione ovvero svendita al capitale monopolistico
transnazionale, circa 5000 addetti delle banche jugoslave perderanno il
lavoro nelle prossime settimane.
A chi gli chiedeva se se ne fosse reso conto e come intendesse reagire
al malcontento, il Governatore della Banca Centrale di Jugoslavia
Mladjan Dinkic - membro del "Gruppo G17", appoggiato dal FMI e dalla
"sinistra" italiana antimilosevic - ha risposto laconico: "Saremo
inesorabili".

DINKIC:WE WILL BE INEXORABLE
BELGRADE, June 13 (Tanjug) National Bank of Yugoslavia governor
Mladjan Dinkic said Wednesday that on June 15 will start preparations
for
interventions in the domestic banking system within the reconstruction
process, so that on July 1 it will be know which banks are "good" and
which are "bad."
Dinkic said at a working meeting with journalists, on the topic
"Strategy of reconstruction of the banking system," highlighted the fact
that 28 banks whose recovery is uncertain employ over 20,000 people,
while
the entire Yugoslav banking sector has about 24,000 employees.
The governor assessed that in the process of consolidation of
banks about 5,000 employees will lose their jobs.
Asked whether he was aware of possible political pressure on the
National Bank of Yugoslavia and on him as governor, not only because of
the
liquidation of banks but also because of protests of people who will be
left without jobs, Dinkic underlined that the process of recovery and
return of confidence in the domestic banking system must be carried out
without compromise, and warned: "we will be inexorable."

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(3/6 - continua)

> http://www.citinv.it/iniziative/info/ratlines.html



I krizari

Il motivo per cui il Vaticano ed i servizi segreti occidentali
lasciarono fuggire gli ustascia era la necessit� di sconfiggere il
nemico "ateo bolscevico", creando un movimento di resistenza
clandestino per far scoppiare un'insurrezione nella neonata
Jugoslavia di Tito.

Oltre al compito di aiutarli a scappare, nel dopoguerra Draganovic
aveva anche ``quello di coordinare e dirigere l'attivit� degli ustascia
in Italia'' (108).

Poche settimane dopo la conclusione della guerra, il 25 giugno 1945,
gli ustascia si erano messi in contatto con la missione papale a
Salisburgo, nella zona dell'Austria controllata dagli Stati Uniti (60).
``Chiedevano l'assistenza del papa per creare un altro Stato croato
indipendente, o almeno un'unione adriatico-danubiana in cui la
Croazia, secondo le leggi di natura, avrebbe la possibilit� di
svilupparsi'' (60).

``Uno degli ecclesiastici che maggiormente si impegnarono ad
aiutare gli ustascia fu l'arcivescovo di Salisburgo Andreas
Rohracher [il quale] mise la Chiesa a disposizione della
Confederazione Pandanubiana dell'Intermarium'' (136).

I servizi segreti occidentali conoscevano benissimo queste trame, ed
un rapporto dei servizi segreti USA di quegli anni lo riassumeva con
le seguenti parole: ``Stanno tentando di istituire lo Stato
Intermarium o Inter-Danubio, composto da tutte le nazioni
cattoliche dell'Europa sudorientale'' (149). Anche ``importanti
politici e burocrati italiani aiutavano le operazioni terroristiche dei
krizari'' (135).


Nel 1945 gli ustascia formularono ``l'offerta di mettersi a
disposizione del comando anglo-americano. [...] Gli inglesi avevano
accettato immediatamente questa offerta'' (136).

``Sia gli inglesi sia, in un secondo momento, gli americani avevano
assoldato quegli stessi nazisti che venivano protetti dalla Chiesa''
(128) per ``colpire con azioni terroristiche bersagli strategici e
uomini al servizio dei comunisti'' all'interno della Jugoslavia (129).
``Questi agenti venivano presi dalle fila degli ustascia sconfitti di
Pavelic. Riandando ai giorni della cristianit� militante, il poglavnik
chiam� questi guerrieri cattolici "krizari", ossia i suoi crociati''
(129). Tale nome derivava da quello di un gruppo ecclesiastico
ufficiale degli anni Trenta, denominato anch'esso "krizari" (145).

``Il distaccamento del CIC a Trieste riceveva informazioni sulle
operazioni che inglesi e americani dovevano compiere
congiuntamente, tra cui una campagna di reclutamento patrocinata
dagli alleati al fine di procacciare volontari per il movimento
krizari. Molti di questi volontari erano gi� stati portati in un campo
di addestramento americano ad Udine o l� vicino, dove ricevevano la
preparazione necessaria. Venivano dati loro approvvigionamenti e
uniformi dell'esercito americano, pi� 700 lire al giorno di paga.
Alla fine del loro addestramento, gli uomini venivano muniti di armi
americane e portati in Austria, dai cui confini entravano in territorio
jugoslavo. Potevano utilizzare i campi inglesi in Austria, nei quali si
ritiravano periodicamente per riposarsi'' (145).

Uno dei principali collegamenti americani con la ratline di
Draganovic ``durante gli anni 1946-47 [era] il colonnello Lewis
Perry, [che] faceva parte del distaccamento del CIC a Trieste''
(145-146). Costui manteneva rapporti in particolare con Srecko
Rover (146).

``Pavelic e Draganovic collaboravano strettamente, impartendo di
comune accordo i loro ordini ai gruppi terroristici'' (132). ``Pavelic
e i camerati pi� vicini a lui s'incontravano regolarmente con
elementi simpatizzanti delle forze armate inglesi, che avevano
pagato per la riorganizzazione unitaria degli ustascia da usare, alla
fine, contro Tito'' (136).

``I rifornimenti militari ai krizari provenivano quasi esclusivamente
dagli inglesi e comprendevano mortai, mitragliatrici, fucili
mitragliatori, radio ricetrasmittenti da campo e uniformi di fattura
inglese'' (136-137). In Vaticano si trovava ``il centro del comando.
Gli aiuti [...] armi e altri rifornimenti di base arrivavano dal
Vaticano con metodi clandestini. [...] Le armi che giungevano in
Croazia provenivano dalla Svizzera'' (137).

Il finanziamento del movimento avveniva attraverso le operazioni di
riciclaggio di denaro sporco di sangue proveniente dal furto nei
confronti degli ebrei e dei serbi durante la guerra; inoltre
``attraverso figure molto influenti in ambito ecclesiastico, il
comando dei krizari riceveva dei fondi vaticani. Alcuni furono usati
per indurre il governo italiano di Alcide de Gasperi a fornire le armi
richieste per la loro crociata contro Tito'' (143).

``Il colonnello dei krizari Drago Marinkovic [...] aveva la
responsabilit� di procurarsi armi e fondi di provenienza italiana,
viaggiando in lungo e in largo per le missioni tra Trieste, Venezia e
Roma. Inoltre Marinkovic aveva contattato il Vaticano a Roma, dove
[era] riuscito ad ottenere una grossa somma di denaro. [...] Questi
soldi servirono per procurarsi delle armi: [...] un camion con
rimorchio che trasportava fucili mitragliatori nascosti tra pezzi di
mobilio [fu consegnato ad] un gruppo di persone in attesa di portare
le armi in Jugoslavia'' (143).

``I criminali comuni, soprattutto spacciatori di droga e operatori del
mercato nero, venivano spesso utilizzati per aiutare i krizari ad
attraversare il confine jugoslavo'' (145). Il traffico delle armi
avveniva ``dietro la copertura della Croce Rossa Italiana'' (145).

A dicembre 1945 ``padre Ivan Condric e altri quattro preti furono
riconosciuti colpevoli di aver organizzato le azioni terroristiche dei
krizari'' (131). Si trattava del primo processo contro i krizari in
Jugoslavia: in seguito ne vennero altri.

``Nell'agosto del 1946, una quantit� considerevole di opuscoli venne
gettata sul territorio croato da alcuni aeroplani, decollati, a quanto
pare, dalla zona inglese dell'Austria. Questi opuscoli, firmati da
Pavelic, dichiaravano che la guerra sarebbe continuata senza tregua
fino alla definitiva eliminazione di Tito [...]'' (136).

Negli anni 1946-47, i krizari si infiltrarono in Croazia a partire
dalle loro basi in Austria: ``i loro ordini erano di rafforzare il
movimento clandestino e di lanciare una violenta campagna di
assassinii e sabotaggi, per prepararsi al momento in cui avrebbero
finalmente regolato i conti coi loro vecchi nemici. Il loro scopo era
quello di ricongiungersi coi potenti reparti che operavano
sull'impervio terreno, distruggere le comunicazioni telegrafiche,
telefoniche e ferroviarie, attaccare l'industria e assassinare i pi�
importanti rappresentanti politici e militari. Invece di trovare un
movimento clandestino ben organizzato di 300.000 uomini,
s'imbatterono presto nell'efficiente e spietata polizia segreta di Tito.
A pochi giorni, se non addirittura a poche ore, dal superamento del
confine, la maggior parte di loro si ritrov� in mano ai comunisti''
(130-131).

Tra di loro ``c'erano alcune persone che avevano eseguito le stragi
pi� brutali per conto di Ante Pavelic, uomini che avevano messo in
atto i sanguinosi metodi politici e razziali del loro poglavnik con
incredibile accanimento'' (130).

``Il contatto radio era mantenuto mediante una radio da campo fatta
funzionare da Vrancic [...] e situata nella zona inglese dell'Austria.
Si ritiene che al servizio di corriere ustascia all'interno delle zone
austriache collaborasse la Chiesa cattolica romana in Austria [e in
particolare] il cardinale di Graz'' (133).

``L'uomo al comando delle operazioni era uno dei pi� fedeli
servitori del poglavnik, Bozidar Kavran, assistito da Lovro Susic''
(134).


``Gli Sloveni avevano istituito la loro sezione del movimento
krizari'' sotto la leadership spirituale del vescovo di Lubiana
Rozman, che si era rifugiato a Klagenfurt (137-138). Il capo dei
krizari sloveni era Franjo Lipovec (143). ``Nel 1945 [Lipovec] fu
arrestato dal SIS a Trieste, dove [...] fu assunto e stipendiato'' dal
servizio segreto inglese (143).

``Lipovec costituiva il principale legame tra i krizari e il governo
italiano. Nell'agosto 1946, s'incontr� con alti ufficiali del servizio
segreto militare italiano, i quali proposero di stabilire un certo
grado di collaborazione. Lipovec accett� la loro offerta e vendette
completamente se stesso e i suoi piani agli italiani. Tali piani
vennero a loro volta forniti al capo di gabinetto di De Gasperi e, in
seguito, il presidente del Consiglio italiano assicur� a Lipovec che il
suo governo avrebbe fatto, in via ufficiosa, qualsiasi cosa in suo
potere per rafforzare l'opposizione a Tito, promettendogli un
appoggio incondizionato nel caso in cui la situazione si fosse fatta
pi� favorevole.

Con il sostegno finanziario dei servizi segreti italiani, Lipovec e i
suoi camerati lanciarono quindi una campagna di propaganda per
procurarsi nuove reclute tra gli esuli politici a Trieste. Il passo
successivo fu quello di armare le unit� di krizari che si trovavano
nella zona e, dopo diversi incontri col servizio segreto italiano,
Lipovec raggiunse un accordo secondo cui armi provenienti dai
depositi dell'esercito italiano sarebbero state messe a sua
disposizione per essere inviate ad elementi krizari che si trovavano a
Trieste. Nei mesi di febbraio e marzo del 1947, secondo l'accordo,
[...] furono consegnati otto carichi d'armi, che comprendevano 500
armi automatiche, circa 4.000 granate a mano, 100 pistole e pi� di
30 bombe a orologeria. I servizi segreti italiani pagarono le spese di
trasporto per portare le armi fuori dalla zona alleata di Trieste fino
in Jugoslavia'' (143-144).

``Trieste [che si trovava sotto l'amministrazione militare degli
inglesi] rappresentava il punto d'incontro tra le forze di resistenza
all'interno della Jugoslavia e le forze che le stavano finanziando,
controllando e dirigendo in Italia. Il principale collegamento era
costituito dal professor Ivan Protulipac, [...] l'uomo di padre
Draganovic a Trieste'' (144-145). Protulipac ``dopo la guerra
assunse un ruolo di primo piano [...] finch� verso la fine del 1946 gli
agenti comunisti non lo assassinarono a Trieste'' (145).


``La sezione croata della Croce Rossa fondata da Cecelja era, in
effetti, sotto il controllo degli ustascia, che ne utilizzavano i vari
uffici come agenzia per la raccolta di informazioni per operazioni
clandestine in Jugoslavia e in Austria. Inoltre Cecelja era noto come
uno dei principali organizzatori ustascia in Austria, dove [venivano
organizzati] regolarmente raduni militari'' (104).

Una delle loro basi era a Trofaiach (Austria), ed era diretta da
Bozidar Kavran e Srecko Rover (146). Quest'ultimo fu
successivamente sospettato di essere una spia di Tito, in quanto tutte
le operazioni da lui dirette si rivelarono disastrose: i suoi uomini
venivano regolarmente arrestati appena mettevano piede in
Jugoslavia, mentre lui la scampava sempre (147-148).

``Tanti dei criminali di guerra che vennero [tratti in salvo dalla rete
di Draganovic] furono catturati in seguito durante missioni
terroristiche compiute all'interno della Jugoslavia'' (121).

In luglio ed agosto del 1948, si tenne a Zagabria un processo
giudiziario contro 57 imputati, per gli atti di terrorismo compiuti
dai krizari. ``Il verdetto, dichiarando colpevoli gli imputati, li
condannava a morte o a lunghi periodi di carcere'' (130).

In Ratlines, il procedimento viene chiamato sarcasticamente
"processo pilotato", e viene manifestato chiaramente il disprezzo
degli autori nei confronti della Jugoslavia di Tito. Dopo sei pagine di
denigrazione del processo, tuttavia, gli autori arrivano alla seguente
conclusione:

``� possibile che le strane accuse fatte dagli jugoslavi
durante il "processo pilotato" ai krizari avessero,
dopotutto, una certa sostanza'' (137).

Il Foreign Office smentiva le accuse che gli venivano formulate al
processo, accusando invece l'alleato americano; tuttavia ``dietro la
rinascita militare e politica degli ustascia c'era proprio il SIS''
(132).

``Nel 1948 le prove presentate durante il processo pilotato ai krizari
lasciarono ben pochi dubbi sul fatto che la polizia segreta comunista
si fosse servita di agenti doppiogiochisti per condurre una
contro-operazione molto sofisticata. Erano riusciti in qualche modo
a procurarsi i codici radio segreti usati dai krizari ed erano
informati, con buon anticipo, sui dettagli precisi delle loro
operazioni. Conoscevano gli itinerari esatti adoperati dai gruppi che
cercavano di entrare clandestinamente in Jugoslavia, come pure la
data e l'ora del loro ingresso nel paese. Grazie a questi vantaggi, era
facile per la polizia segreta attirare i krizari inconsapevoli nelle
loro
mani, servendosi dei loro stessi codici radio. Una volta all'interno
del paese, potevano catturarli quando volevano.

[...] Nonostante questi terribili rovesci, le operazioni proseguirono e
si estesero addirittura in altri paesi comunisti. Per tutti gli anni
Cinquanta, fino agli inizi degli anni Sessanta, il governo jugoslavo
continu� a processare gli agenti catturati, molti dei quali erano
presumibilmente finanziati da padre Draganovic e agivano dietro
suoi ordini'' (148-149).

``Altri eserciti cattolici clandestini erano stati radunati per
disgregare e, se possibile, rovesciare i regimi comunisti dell'Europa
centrale e orientale. In Cecoslovacchia, in Polonia, negli Stati
Baltici e in Ucraina gruppi di nazisti clandestini operavano a stretto
contatto con i krizari. [Fra i] complici dei krizari c'erano famigerati
[fascisti ucraini, sotto il comando di] Stjepan Bandera, per costruire
[...] il Blocco delle Nazioni Anti-bolsceviche. Cominciarono presto a
lavorare per l'occidente'' (149).



Riciclaggio di denaro sporco (di sangue)

Oltre a nascondere i fuggiaschi ed a impiegarli nel terrorismo, alcuni
funzionari ecclesiastici riciclavano i tesori rubati dai nazisti alle
loro
vittime (32). Erano coinvolte nelle operazioni numerose ``banche
situate in Gran Bretagna, in Palestina, in Italia e in Svizzera.''

Inoltre Walter Rauff, dopo aver preso contatto con l'arcivescovo Siri
``si impegn� a riciclare denaro falso con l'aiuto di Frederick
Schwendt, un ex-collega di Rauff nelle SS. Schwendt � considerato
tra i pi� grandi falsari della storia'' (47).


``Con l'aiuto dei preti cattolici, all'inizio del 1944 Pavelic aveva
cominciato a trasferire [a Berna] notevoli quantit� d'oro e di
valuta.'' Il tesoro doveva ammontare a 2500-3000 kg di oro (142),
``ossia in realt� i valori delle vittime assassinate da Pavelic, rubati
dagli ustascia in fuga'' (127-128).

Una parte del tesoro fu portata a Roma con dei camion dal tenente
colonnello inglese Jonson. ``Due autocarri [...] che trasportavano
una parte del tesoro degli ustascia avevano [...] raggiunto l'Austria''
e furono trasferiti in Italia ``per finanziare il movimento croato di
resistenza in Jugoslavia'' (133).

Inoltre, ``a Wolfsber erano stati nascosti 400 kg d'oro, del valore di
milioni di dollari, nonch� una considerevole quantit� di valuta
straniera, e l� si trovavano sotto il controllo dell'ex-ministro
ustascia Lovro Susic.'' Gli ufficiali ustascia ``dissero a Draganovic
di tenere [il tesoro] al sicuro. Il sacerdote obbed� fin troppo
volentieri; contatt� Susic e, con il suo accordo, prese 40 kg di
lingotti d'oro e li port� a Roma, nascosti in due casse da
imballaggio'' (133).

``Susic nomin� Draganovic membro di un comitato di tre persone
incaricato di controllare il tesoro. [Gli altri due erano]
l'ex-ministro ustascia Stjepan Hefer e il generale di gendarmeria
Vilko Pecnikar'' (134). Draganovic ``consent� a Pecnikar di avere
accesso al tesoro accumulato per la sua ratline. [...] Parte di quel
tesoro and� a finanziare anche una nuova campagna terroristica,
appoggiata dall'occidente, all'interno della Jugoslavia'', ossia il
movimento dei krizari (112).

Nella veste di ``tesoriere della sezione ufficiale croata della
Pontificia Commissione di Assistenza Profughi [padre Mandic]
provvedeva alla vendita dell'oro, dei gioielli e della valuta straniera
depositati dagli alti ufficiali ustascia in cambio di valuta italiana''
(127-128).

Nei primi mesi del 1948 il vescovo di Lubiana Rozman si rec� a
Berna, dove ``2400 kg d'oro e altri valori rimanevano ancora
nascosti. [...] Avrebbero dovuto essere usati per aiutare i profughi di
religione cattolica'', il solito eufemismo per dire gli ex-ustascia.
Gli alleati, e in particolare gli americani, erano perfettamente a
conoscenza dell'esistenza di questo tesoro (142). ``Gli amici ustascia
di Rozman erano impegnati in un'enorme truffa, in cui ci si serviva
del mercato nero per convertire l'oro in dollari e, pi� tardi, in
scellini austriaci'' (142).

(3/6 - continua)

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(4/6 - continua)

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I personaggi

I preti

papa Pio XII (Eugenio Pacelli)

Fu papa dal 1939 al 1958, era un fervente anticomunista, e a
causa delle sue posizioni politiche veniva detto "il papa
tedesco" (54). Durante la guerra appoggi� la Croazia di Ante
Pavelic (82-83). Era perfettamente al corrente delle ratlines
organizzate da Hudal e Draganovic, in quanto era tenuto al
corrente da Montini (122,126).

Giovanni Montini, il futuro papa Paolo VI

Assistente personale di papa Pio XII nella veste di
sottosegretario di Stato per gli affari ecclesiastici (25-26).
Durante la guerra fu coinvolto nelle trattative fra nazisti e
occidente (25) e fu organizzatore, per conto del papa, del
Servizio Informazioni del Vaticano (il servizio segreto
vaticano) (26).

Fu lui a rifiutare l'udienza a Bokun, inviato dalla monarchia
jugoslava per trasmettere al Vaticano le prove delle atrocit� di
Pavelic, malgrado che ``non ci fossero dubbi che Montini fosse
ben informato sulla reale situazione'' (82).

Aiut� e collabor� con Hudal per l'organizzazione della fuga
dei nazisti (43). Era anche l'amico di Draganovic (67,94).
Questi talvolta ``chiedeva a Montini di procurarsi pi� visti da
paesi che non ne emettevano in numero adeguato, e il
burocrate vaticano intercedeva presso i diplomatici
competenti'' (125). Altre volte, invece, era Montini a chiedere
a Draganovic di ``far espatriare clandestinamente certa
gente'' (125). Era sempre Montini che nascondeva Ante
Pavelic a Castel Gandolfo (87).

``In quel periodo Montini era il prediletto del papa e dirigeva
l'opera caritatevole della Santa Sede a beneficio dei profughi.
Dato che i due prelati s'incontravano quotidianamente per
parlare del lavoro che la Segreteria di Stato doveva svolgere, �
inconcepibile che Pio XII fosse all'oscuro di tutto'' (126).

Alois Hudal

Vescovo austriaco, amico di Pio XII (40), antisemita convinto
(55), e principale organizzatore della rete di fuga (ratline) per i
criminali di guerra tedeschi nell'immediato dopoguerra.

``Nato il 31 maggio 1885, divenne professore di studi
sull'Antico Testamento all'Universit� di Graz nel 1919.
Quattro anni pi� tardi, Hudal si trasfer� a Roma come rettore
del Pontificio Collegio di Santa Maria dell'Anima, situato su
una strada che paradossalmente si chiama Via della Pace''
(37).

In tale veste, durante la guerra il vescovo aveva ``prestato
servizio come commissario dell'episcopato per i cattolici di
lingua tedesca in Italia [e] come padre confessore della
comunit� tedesca a Roma'' (37).

Il Pontificio Collegio, uno dei tre seminari per preti tedeschi a
Roma (34), ``era stato fondato nel XVI secolo per la
formazione teologica dei preti tedeschi, ma nel dopoguerra
divenne un centro nevralgico per l'espatrio clandestino dei
nazisti'' (37).


Hudal ``era un ardente anticomunista, convinto che la vera
minaccia per l'Europa fosse rappresentata dal bolscevismo
ateo. Era perci� favorevole al raggiungimento di un accordo
con i nazionalsocialisti tedeschi, che rappresentavano l'unica
potenza abbastanza forte da sconfiggere i comunisti. [...]
Riteneva che questa fosse una lotta di importanza vitale per la
Chiesa, una lotta che avrebbe deciso chi, fra il comunismo e la
cristianit�, sarebbe alla fine sopravvissuto'' (37-38).

``All'inizio degli anni Trenta [...] appoggi� apertamente
Hitler, viaggiando in molte zone dell'Italia e della Germania
per arringare le grandi folle di cattolici di lingua tedesca''
(37).
``Pensava di essere stato chiamato da Dio per stabilire dei
rapporti fra i nazisti e la Chiesa Cattolica'' (37).

Nell'aprile 1933 negozi� con Franz von Papen, il
vicecancelliere di Hitler, il concordato tra Berlino e la Santa
Sede. ``Prima della fine di quello stesso anno divenne
senz'altro l'alleato politico di von Papen e fu da lui consultato
immediatamente dopo il fallito putsch nazista in Austria''
(38).

``Nel 1936 pubblic� un trattato filosofico intitolato I
Fondamenti del Nazionalsocialismo'', libro che ottenne
l'imprimatur (ossia il permesso ufficiale della Chiesa per la
pubblicazione) da parte del primate della Chiesa austriaca, il
cardinale filonazista Theodore Innitzer (38). ``Il cardinale lo
approv� calorosamente come prezioso tentativo di pacificare
la situazione religiosa del popolo tedesco'' (38-39).

Il libro fu bandito dal ministro tedesco della propaganda
Joseph G�bbels, il quale ``non permetteva che i fondamenti del
movimento venissero analizzati e criticati da un vescovo
romano'' (39). Ciononostante, Hudal rimaneva ben visto alla
gerarchia nazista, e ``portava un distintivo d'oro di
appartenenza al partito di Hitler'' (39). Inoltre se ne andava
``orgogliosamente in giro per Roma con il vessillo di una
Germania pi� grande sulla sua automobile; ma quando, nel
giugno del 1944, gli alleati giunsero nella capitale italiana,
Hudal fu il primo a cambiarla: improvvisamente la sua
bandiera divenne austriaca'' (42).

``Nel 1945, dall'oggi al domani, Hudal, da ideologo fascista
qual era, cominci� a manifestare le sue nuove aspirazioni
democratiche. Abbandonando la sua posizione favorevole alla
Germania, s'affrett� a unirsi al libero comitato austriaco di
Roma, e collabor� persino all'organizzazione di una
liberazione simbolica della legazione austriaca.''
Quest'atteggiamento ipocrita era molto diffuso fra gli
Austriaci, popolo ``la cui percentuale di iscritti al partito
nazista era pi� elevata di quella della Germania'' e che
malgrado ci� ha ``immediatamente richiesto un trattamento
speciale in quanto prima vittima di Hitler'' (42).


Dopo la guerra Hudal fece scappare numerosi criminali di
guerra attraverso la rete di fuga che aveva provveduto a
predisporre sin dal 1943. Nel 1947 il suo operato fu scoperto e
lo scandalo lo costrinse a farsi da parte. Tuttavia ``ci vollero
quasi quattro anni per sostituire il vescovo austriaco come
rettore del Collegio di Santa Maria dell'Anima. Infine, nel
Natale del 1951 Hudal si arrese di fronte all'ineluttabile,
annunciando che avrebbe lasciato il Collegio nel luglio
seguente.'' (55).

``Convinto che la sua unica colpa fosse quella di avere una
cattiva immagine presso la stampa, Hudal rimase a Roma fino
alla sua morte, [che avvenne nel 1963 a Grottaferrata], senza
pentirsi mai della sua opera a beneficio dei criminali di guerra
nazisti:

Aiutare la gente, salvare qualcuno, senza pensare
alle conseguenze, lavorando altruisticamente e con
determinazione, era naturalmente ci� che ci si
sarebbe dovuti aspettare da un vero cristiano. Noi
non crediamo all'"occhio per occhio" degli ebrei''
(55).

Siri

Il vescovo di Genova Siri era il terminale genovese della rete
del vescovo Hudal. ``Era uno dei principali coordinatori di
un'organizzazione internazionale il cui scopo era quello di
provvedere all'emigrazione di europei anticomunisti in
Sudamerica. Questa classificazione generale di anticomunisti
comprende, ovviamente, tutte le persone compromesse
politicamente agli occhi dei comunisti, vale a dire fascisti,
ustascia e altri gruppi del genere. [...] Siri rappresentava il
contatto di Walter Rauff nella messa a punto del sistema usato
da Hudal per far fuggire clandestinamente dall'Europa i
latitanti tedeschi'' (117).

``Anche se pensava soprattutto a mantenere la propria
organizzazione, Siri sapeva tutto sulla rete croata'' e aiutava
talvolta Petranovic ``dandogli una mano ogni volta che
poteva'' (117).

Krunoslav Draganovic

Prete croato, stretto collaboratore di Ante Pavelic, sia durante
che dopo la guerra. In quanto ``rappresentante croato
all'Intermarium in veste quasi ufficiale'' (65) si impegn� a far
fuggire molti criminali ustascia ed a organizzare il movimento
dei krizari. Era noto come "l'eminenza grigia dei Balcani"
(123) ed anche ``come "il prete d'oro" poich� controllava gran
parte del tesoro rubato'' alle vittime degli ustascia durante la
guerra (133).

Nacque nel 1903 a Brcko, in Bosnia, e prese i voti nel 1928.
Dal '32 al '35 studi� al Pio Pontificio Istituto Orientale e
all'Universit� Gregoriana Pontificia, lavorando negli archivi
vaticani (66). ``Divenne in seguito segretario del vescovo di
Sarajevo Ivan Saric, che raggiunse una certa notoriet� durante
la guerra come boia dei Serbi'' (66,136).

``Quando i nazisti occuparono Zagabria nell'aprile del 1941,
era professore di teologia all'universit� locale. In seguito
raccont�:

Quando venne proclamato lo stato croato
indipendente ero in attesa a Zagabria con le
lacrime agli occhi. Pensavo che la nazione croata,
dopo otto secoli, avesse finalmente realizzato il
suo pi� profondo desiderio d'indipendenza e
d'autonomia'' (106).

(In realt� lo stato croato non era per nulla indipendente: era
uno stato fantoccio impiantato dai Tedeschi senza che i Croati
avessero neanche dovuto combattere)

``Era vicepresidente dell'Ufficio per la Colonizzazione
ustascia. Questo ufficio costituiva parte integrante della
macchina usata dai nazisti per il genocidio, poich� disponeva
dei serbi o degli ebrei destinati allo sterminio, oppure, se
erano molto fortunati, alla deportazione'' (106).

``Draganovic era un criminale di guerra latitante: la
Commissione Jugoslava per i Crimini di Guerra mise a
verbale che il sacerdote era stato un alto funzionario del
comitato addetto alla conversione forzata al cattolicesimo dei
serbi ortodossi. Inoltre aveva scoperto il suo ruolo di primo
piano nella requisizione forzata di cibo durante la sanguinosa
offensiva anti-partigiana compiuta dai nazisti sul Monte
Kozara, nella Bosnia occidentale, durante l'estate del 1942.
Fu la stessa offensiva in cui l'ex-presidente austriaco Kurt
Waldheim svolse un ruolo di primo piano come ufficiale
nazista. Pavelic confer� a Waldheim un'importante
decorazione per i suoi servigi e poi, alla fine della guerra, lo
segu� in Austria'' (105-106).

``Nell'agosto del 1943, Pavelic e l'arcivescovo Stepin�c
inviarono Draganovic a Roma [con la carica di] rappresentante
ustascia in Vaticano [per] costruire la rete clandestina per
l'espatrio dei nazisti'' (107). In tale veste, ed in quella di
rappresentante della Croce Rossa croata, inizi� a preparare i
percorsi di fuga per i criminali di guerra (66).

``Riceveva l'appoggio dell'arcivescovo di Croazia, Aloysius
Stepin�c, che gli aveva procurato influenti contatti in
Vaticano'': si incontrava regolarmente con il segretario di
Stato Maglione, con il vicesegretario di Stato Montini (il
futuro papa Paolo VI), e persino con papa Pio XII (66-67,94).

Divenne segretario della Confraternita croata di San
Girolamo, situata a Roma, in Via Tomacelli 132 (65).
``Fondata nel 1453 con il patrocinio di papa Nicola V, la
Confraternita di San Girolamo aveva sfornato alcuni dei pi�
eminenti studiosi, scienziati, scrittori e preti della Croazia''
(66).


Nel dopoguerra sar� lui a coordinare e dirigere il movimento
ustascia in Italia (108), facendo fuggire i criminali di guerra
attraverso la sua rete clandestina e reclutandoli per entrare a
far parte dei krizari (131).

``Draganovic era non soltanto un capo del Partito Clericale
Croato, ma anche uno dei maggiori leader dei krizari.
Manteneva eccellenti contatti con le sue forze all'interno della
Croazia e riceveva il sostegno della Chiesa Cattolica'' (137).

``Nell'estate del 1945, Draganovic fece personalmente un giro
dei campi in cui erano stati sistemati ex-componenti delle
forze armate e delle organizzazioni politiche ustascia. Avvi�
ben presto un'intensa attivit� politica e prese contatto con i
principali rappresentanti ustascia. In questo era assistito da
altri sacerdoti croati, con l'aiuto dei quali si mantennero
stretti rapporti fra la Confraternita di San Girolamo e i gruppi
ustascia in tutta Italia e anche in Austria. Ci� condusse alla
formazione di un servizio di spionaggio politico che permise
alla Confraternita di raccogliere resoconti e dati sulle
tendenze politiche tra gli emigrati. � altres� probabile che le
informazioni apprese da questi rapporti venissero poi
trasmesse al Vaticano'' (107).

Si sospetta che Draganovic agisse nell'ambito del servizio
segreto vaticano, agli ordini di monsignor Angelo Dell'Acqua;
sono inoltre confermati ``stretti legami tra Draganovic e i
servizi segreti italiani'' (123).


Draganovic ``dichiarava inequivocabilmente che coloro i
quali hanno commesso crimini di guerra, soprattutto crimini
contro l'umanit�, devono essere puniti. Tuttavia sosteneva che
proprio i pi� colpevoli non avrebbero dovuto essere classificati
come criminali di guerra'' (119). ``Le uniche persone
condannate da Draganovic come criminali di guerra furono i
soldati che s'insanguinarono effettivamente le mani [...]. Egli
escludeva [...] i politici che avevano effettivamente decretato le
leggi razziali che avevano reso legale la strage'' (120).

Vilim Cecelja

``Schedato dal governo di Tito come criminale di guerra
numero 7103'' (101), questo prete ustascia collabor�
attivamente con il regime di Ante Pavelic durante la guerra, e
dopo divenne il collegamento austriaco della rete di
Draganovic (100).

``Dieci giorni dopo che Pavelic fu messo al potere dai nazisti,
il quotidiano ufficiale ustascia "Hrvatsky Narod" (Nazione
Croata) pubblic� una lunga intervista con Cecelja. L'articolo
s'intitolava "Il prete ustascia Cecelja" e rivelava quelle che
erano, all'epoca, le sue vere attitudini. Nel corso di esso,
Cecelja si vantava dell'importante ruolo svolto, prima della
guerra, nelle attivit� illegali del movimento a Zagabria, dove
molti capi ustascia che operavano clandestinamente s'erano
incontrati in segreto nella sua parrocchia.

Ammise [di fronte agli autori di Ratlines, che lo intervistarono
nel 1989] di aver fatto parte segretamente del movimento
ustascia, descrivendo con orgoglio il giuramento rituale che
aveva compiuto davanti a due candele, a un crocifisso e a una
spada e una pistola incrociate. Ci� gli valse il titolo di
"Ustascia Giurato", concesso soltanto a coloro che militavano
nel partito da prima della guerra. Successivamente il prete
fascista offr� a Pavelic il suo crocifisso e le sue candele in
segno di devozione. Cecelja parl� con orgoglio anche del suo
ruolo di primo piano nel coordinamento di 800 contadini che
combatterono a fianco dei nazisti invasori.

Quando ci fu bisogno di un sacerdote per officiare alla
cerimonia del giuramento di Pavelic, Cecelja fu ben lieto di
farlo, impartendo cos� la benedizione della Chiesa al regime
fantoccio dei nazisti. Poco tempo dopo, in pubblico, Cecelja
"salut� con gioia il momento di libert�", proclamando
apertamente i suoi stretti collegamenti con i maggiori ministri
del gabinetto ustascia, come Mile Budak. Qualche settimana
pi� tardi Budak annunci� pubblicamente il destino di due
milioni di serbi in Croazia: un terzo doveva essere ucciso, un
altro terzo deportato e il resto convertito con la forza al
cattolicesimo. Cecelja, tuttavia, non modific� il suo
atteggiamento benevolo nei confronti di Budak'' (101).

Fece parte ``della delegazione ufficiale di Pavelic a Roma,
benedetta in Vaticano da Pio XII il 17 maggio del 1941. A
quell'epoca il dittatore croato aveva gi� promulgato le sue
leggi contro i serbi e gli ebrei e il genocidio era in corso. La
principale conquista della delegazione fu la cessione della
costa dalmata all'Italia, cosa che non rappresent� certo un
atto di patriottismo croato'' (101).

``Cecelja ha tranquillamente ammesso di essere stato
cappellano militare nelle forze ustascia durante la guerra, [...]
nominato da Pavelic in persona nell'ottobre del 1941 e pi�
tardi confermato dal suo caro amico, l'arcivescovo (in seguito
cardinale) Aloysius Stepin�c'' (101).

``Nel maggio del 1944 abbandon� finalmente la sua carica [di
cappellano militare] per recarsi a Vienna, ufficialmente per
prendersi cura dei soldati croati feriti in battaglia. In realt�, il
suo compito era quello di preparare il capo austriaco della
rete per l'espatrio clandestino dei criminali nazisti, per cui
fond� anche la sezione locale della Croce Rossa Croata, che
forniva una copertura ideale alla sua attivit� illecita'' (102).
A proposito della Croce Rossa Croata, bisogna far notare che
la stessa Croce Rossa Internazionale si rifiut� di riconoscerla,
``pur offrendole ufficiosamente notevole assistenza'' (102).

``Un diplomatico americano sollev� Cecelja da qualsiasi
accusa di collaborazionismo con i nazisti. Il console
americano a Zagabria afferm� che il sacerdote era stato
esiliato a Vienna da Pavelic per il suo ruolo in un complotto
anti-ustascia.'' Queste affermazioni erano tuttavia smentite
dal fatto che ``Cecelja continu� a viaggiare su aerei ufficiali
degli ustascia tra Vienna, Zagabria, Praga e Berlino.'' Egli
inoltre ``ricevette da Zagabria l'ordine di condurre un'intensa
campagna propagandistica tra gli ustascia presenti in
Austria'' (102).

Nel 1945, Cecelja si trasfer� da Vienna a Salisburgo: ``il
sacerdote ustascia era provvisto di documenti americani e
della Croce Rossa che gli permisero di viaggiare liberamente
attraverso la zona di occupazione statunitense'' (102-103).
``Il 19 ottobre del 1945 venne arrestato dal quattrocentesimo
distaccamento CIC dell'esercito degli Stati Uniti. Rimase in
carcere per i 18 mesi successivi.'' In agosto 1946 ``il governo
jugoslavo richiese la sua estradizione come traditore,
descrivendone accuratamente le attivit� in favore degli
ustascia durante la guerra'' (103).

Tuttavia nel marzo 1947 Cecelja venne rilasciato e ci�
malgrado la ``decisione da parte dell'Extradition Board
americano in Austria di approvare la richiesta jugoslava''
(104). Avevano parlato a suo favore: l'arcivescovo Stepin�c; il
vescovo americano Joseph Patrick Hurley, che si trovava in
Jugoslavia come rappresentante del papa; il Foreign Office
inglese, secondo il quale ``la maggior parte delle sue azioni
[era] stata di carattere umanitario e non politico''; il console
americano a Zagabria, per il quale Cecelja era un ``sacerdote
di sani principi''; ed il Segretario di Stato americano George
Marshall (103-104).


Cecelja partecip� anche alla costituzione del movimento dei
krizari: ``era noto come uno dei principali organizzatori
ustascia in Austria, dove partecipava regolarmente a raduni
militari e faceva infuocati discorsi ai fedeli riuniti'' (104).

``In seguito, fu direttamente implicato dalle autorit� del
controspionaggio australiano in una serie di azioni
terroristiche intraprese da cellule ustascia operanti a Sidney e
Melbourne'' (104). Nel 1957 ottenne un visto per visitare gli
Stati Uniti (104).

``Cecelja mor� qualche mese dopo aver concesso
un'intervista'' agli autori di Ratlines (100). Ha ``trascorso i
suoi ultimi anni di vita in un pittoresco villaggio appena fuori
Salisburgo, dove le suore del convento Maria Pline si
prendevano cura di lui'' (100). All'epoca dell'intervista aveva
80 anni ed ``era ancora molto fiero dell'importante ruolo che
aveva svolto in favore della sua amata Croazia. Pur criticando
gli ustascia per aver procurato una brutta reputazione ai
Croati, non mostrava n� senso di colpa n� rimorso'' (100).

Nell'intervista rilasciata nel 1989, Cecelja ammise:

``Fui fiero di aiutare questi fuggiaschi,
registrandoli e offrendo loro cibo, alloggio e
documenti di immigrazione, nonch� l'opportunit�
di spostarsi in giro per il mondo fino in Argentina.
Ricevevo i documenti dalla Croce Rossa''
(104-105).

Karlo Petranovic

Nel 1934 divenne parroco di Ogulin, ``un distretto composto
sia da serbi sia da croati'' (114). ``Quando i nazisti invasero
la Jugoslavia nell'aprile del 1941, Petranovic era cappellano
nell'esercito'' (114). ``Si era unito al movimento [ustascia]
subito dopo l'invasione'' (114).

``Fu chiamato a ricoprire cariche ufficiali molto alte e
influenti. [...] Gli era stato conferito il grado di capitano
nell'esercito ustascia e aveva accettato la carica di vice del
capo ustascia di Ogulin. [...] Egli divenne un fattore molto
importante nella politica locale del regime ustascia, che
decideva della vita e della morte dei serbi di Ogulin e del
distretto circostante. [...] Tale politica consisteva nel seminare
il terrore tra la popolazione serba completamente innocente e
si risolse nello sterminio di circa duemila serbi locali'' (114).

``Una volta aveva diretto l'arresto e l'esecuzione di eminenti
personalit� serbe. Un'altra volta il prete, a quanto si diceva,
fu responsabile del prelevamento dall'ospedale di Ogulin di
cinque o sei pazienti serbi che furono uccisi nelle circostanze
pi� brutali. Un altro episodio fu l'assassinio del dottor Branko
Zivanovic, avvenuto il 31 luglio del 1941. [...] Petranovic
aveva collaborato all'organizzazione degli arresti di massa dei
serbi di Ogulin e del distretto, che furono derubati e uccisi,
alcuni a Brezno, gli altri vicino al villaggio di St. Petar. [Ebbe
un ruolo] nella morte di circa un centinaio di serbi alla fine di
luglio, un massacro compiuto in seguito a una decisione presa
dal comitato ustascia di Ogulin, di cui Petranovic era un alto
e influente membro. [...] Il comitato ustascia di Ogulin, di cui
Petranovic era funzionario, fu responsabile dell'invio di
centinaia di serbi e di croati del posto ai campi di
concentramento degli ustascia, cosa che si concluse con lo
sterminio della maggior parte di queste persone'' (115).

Nel 1947 gli jugoslavi ne chiesero l'estradizione agli inglesi
(114), ma questa non fu concessa. Fino ad oggi, Petranovic ha
continuato a negare i suoi crimini di guerra, affermando che
non era stato messo al corrente di quanto accadeva (114).


Nel 1989 Petranovic fu intervistato dagli autori di Ratlines.
``A domande relative alle sue attivit� postbelliche, Monsignor
Petranovic rispose ammettendo senza problemi di aver aiutato
un paio di migliaia di persone a lasciare l'Italia via Genova''
(115).

Al termine della guerra ``fu inviato al confine
austro-jugoslavo, dove poteva muoversi liberamente tra gli
ustascia in fuga. Si stabil� per un certo tempo a Graz, dove si
nascondevano molti famigerati criminali di guerra. L� fu
aiutato nel suo lavoro dal vescovo Ferdinand Pawlikowski, che
ottenne dal capo della polizia locale il permesso di far
rimanete Petranovic a Graz. Da l� il sacerdote croato riusc� a
scendere fino a Trieste, dove il vescovo locale provvide al suo
alloggiamento; poi prosegu� verso Milano, dove venne aiutato
dal cardinale Schuster, per arrivare finalmente a Genova verso
la fine del 1945. Voleva recarsi presso la Confraternita di San
Girolamo a Roma, ma era gi� piena; perci� rimase a Genova e
divenne l'agente locale di Draganovic'', dopo essere stato
assoldato da questi in persona durante una visita a Genova
(115-116).

Petranovic manteneva ``ottimi collegamenti nella gerarchia
ecclesiastica, soprattutto con il vescovo di Genova Siri'', il
quale era il terminale genovese dell'altra rete di fuga, quella
del vescovo Hudal (117).

Monsignor Petranovic ``ha oggi quasi 80 anni e, negli ultimi
tre decenni � vissuto a Niagara Falls, in Canada'' (113).

Gregory Rozman

``Durante la guerra, in assenza di Krek, [il vescovo di
Lubiana] Rozman si era assunto la responsabilit� del Partito
Clericale Sloveno, stabilendo stretti contatti sia con i fascisti
italiani sia con i nazisti'' (138). ``Verso la met� del 1942 and�
in Vaticano per una missione segreta, consistente nel chiedere
a Pio XII armi, cibo uniformi e altro equipaggiamento
essenziale per il suo esercito anticomunista cattolico. Di
conseguenza, gli italiani rifornirono le forze armate di
Rozman. Dietro suo suggerimento, un certo numero di preti
assunse anche ruoli chiave a livello militare e spionistico per
conto delle potenze dell'Asse.

Quando, nel settembre del 1943, gli italiani capitolarono,
Rozman fece in modo che il passaggio al dominio nazista fosse
il pi� facile possibile, suggerendo al gauleiter di Hitler la
formazione della Guardia Nazionale Slovena. Questa Guardia
Nazionale era completamente sotto il controllo tedesco, poich�
obbediva direttamente agli ordini del capo delle SS locali e
della Polizia Superiore. Fu tristemente nota per i suoi
massacri di civili, soprattutto sostenitori dei partigiani guidati
dai comunisti, mentre la polizia segreta conduceva una
campagna terroristica sotto la direzione della Gestapo.

Mentre avevano luogo queste atrocit�, Rozman sosteneva
entusiasticamente la causa nazista, emettendo numerosi
appelli affinch� gli Sloveni combattessero dalla parte della
Germania. La sua Lettera Pastorale del 30 novembre 1943
rappresent� un'espressione tipica del tono filonazista che
caratterizzava l'opera spirituale del vescovo. Dopo aver
sollecitato i suoi fedeli a combattere per la Germania,
sottoline� che soltanto "per mezzo di questa coraggiosa lotta e
di questo industrioso lavoro per Dio, per il popolo e per la
terra dei padri [gli Sloveni si assicureranno], sotto la guida
della Germania, la [loro] esistenza e un futuro migliore, nella
lotta contro la congiura ebraica"'' (138-139).

Nel 1943 fu ``fotografato sul palco con il comandante delle SS
locali, [il generale Rosener,] durante una cerimonia ufficiale.
La Guardia Nazionale aveva appena giurato di presentare
servizio sotto la guida di Hitler, e stava marciando di fronte al
suo ufficiale di comando. Il generale delle SS se ne stava
rigido sull'attenti, facendo il saluto nazista, mentre il vescovo
dava la pia approvazione al suo esercito collaborazionista''
(139).
(La stretta di mano fra Rozman e Rosener � raffigurata nella
fotografia nei risguardi della copertina del libro.)

``Sei mesi prima della fine della guerra, Krek e monsignor
Preseren perorarono la causa di Rozman presso il papa. Nel
corso di un incontro con Pio XII tenutosi il 26 novembre del
1944, consegnarono al pontefice la lettera personale del
vescovo. Rozman esponeva per sommi capi il suo piano per uno
sforzo, appoggiato dall'Occidente, destinato a sconfiggere i
partigiani di Tito e a instaurare un governo filooccidentale.
Non appena cessarono le ostilit�, il Vaticano intraprese una
campagna per ottenere la libert� del suo vescovo, chiedendo
ripetutamente che gli venisse concesso un salvacondotto
dall'Austria per potersi rifugiare presso la Santa Sede. Si
offrirono persino di inviare un sacerdote appositamente scelto
fino a Klagenfurt, [nella zona di occupazione inglese,] per
prendere Rozman. L'uomo scelto per questo compito fu
nientemeno che padre Draganovic.'' La missione ebbe luogo
nel maggio 1945 (139).

``Gli inglesi [con la complicit� statunitense] gli permisero di
fuggire e di svolgere un ruolo di primo piano nell'ambito del
movimento dei krizari'' (139-140). La decisione degli inglesi
di lasciar fuggire Rozman consegu� dalle pressioni di Krek
``sul Foreign Office, tramite i buoni uffici di un membro
laburista del Parlamento'' (140). ``L'11 novembre del 1947
Rozman spar� dal palazzo del vescovo di Klagenfurt e [...] si
rec� a Salisburgo per mettersi sotto la protezione
dell'arcivescovo Rohracher. [...] Aveva lasciato Klagenfurt in
un'automobile del personale dell'esercito americano, guidata
da un autista americano'' (142).

``Rozman, non appena fuggito da Klagenfurt, aveva ripreso
con entusiasmo il suo lavoro per il movimento clandestino
nazista. Il vescovo collaborazionista s'era unito ai krizari''
per finanziare i quali si dedic� al recupero del tesoro di guerra
(142). ``Alla fine di maggio 1948, Rozman [...] viaggi� fino
agli Stati Uniti e si stabil� a Cleveland, nell'Ohio'' (143).

Dragutin Kamber

Era ``legato alla Confraternita di San Girolamo, all'interno
della quale aveva studiato dalla fine degli anni Venti ai primi
anni Trenta'' (108). ``Dal 1936 era stato membro del partito
ustascia'' (108). ``Il sacerdote era stato anche ufficiale della
famigerata guardia del corpo personale di Pavelic'' (108).

``Padre Dragutin Kamber era un sanguinario responsabile di
omicidi di massa'' (108). ``Dopo l'invasione da parte
dell'Asse, fu messo a capo dell'amministrazione ustascia nella
citt� di Doboj, [in Bosnia,] e uno dei primi provvedimenti che
prese fu quello di istituire un campo di concentramento, di cui
era comandante lui stesso. Introdusse nel distretto le regole
razziali naziste e, di conseguenza, ordin� agli ebrei e ai serbi
di portare intorno al braccio rispettivamente una fascia gialla
e una fascia bianca. In seguito proclam� che i serbi e gli ebrei
dovevano essere sterminati in quanto dannosi per lo stato
ustascia'' (108).

``A Doboj, comp� arresti in massa e fece internare i serbi.
Molte delle vittime venivano spesso portate in casa di Kamber
per essere interrogate e, dietro suo ordine, uccise nelle cantine.
I primi ad essere assassinati in questo modo furono i sacerdoti
e gli insegnanti serbi'' (108).

Milan Simcic

``Uno dei colleghi pi� vicini a Draganovic nella rete per
l'espatrio clandestino dei criminali di guerra'' (100).
``Lavorava all'interno della Confraternita di san Girolamo e
aiutava Draganovic nelle sue operazioni'' (110). ``Lavor�
diversi anni per la ratline a Roma'' (122).

``Oggi Simcic � un alto funzionario vaticano e ammette
apertamente che la Confraternita di San Girolamo protesse
eminenti fuggiaschi ustascia. [...] Ha detto con assoluta
chiarezza che il dottor Draganovic si prendeva cura a parte
delle persone pi� importanti, tra cui ex-ministri del governo
ed ex-capi di polizia'' (124). Sempre secondo la
testimonianza di Monsignor Simcic, ``il dottor Draganovic e
Montini s'incontrarono molte volte per parlare dell'operato
della Confraternita di San Girolamo'' (125).

Dominik Mandic

Era ``rappresentante ufficiale del Vaticano presso la
Confraternita di San Girolamo: [...] era, inoltre, un alto
funzionario dell'ordine francescano, poich� ricopriva la carica
di economo generale (tesoriere)'' (109). ``Mandic era l'alto
funzionario francescano che mise la stampatrice dell'ordine a
disposizione della Confraternita di San Girolamo in modo da
poter fornire le carte d'identit� false ai fuggiaschi'' (128).
``Padre Dominik Mandic controllava le finanze dell'istituto di
san Girolamo con notevole destrezza [nella veste di] tesoriere
della

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