Jugoinfo

La puntata precedente di questa serie di contributi sui crimini di
guerra della NATO ai danni della popolazione di Pancevo e' reperibile
alla URL:

> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/619

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Bombe Nato sulla Jugoslavia.
Una guerra, una guerra ecologica.

di Paolo Bartolomei (ricercatore ENEA - Bologna) e Alberto Tarozzi
(Prof. Sociologia - Univ. Bologna)

E' da poco uscito il rapporto dell'Onu sulle conseguenze ambientali dei
bombardamenti Nato sulla Jugoslavia. Un rapporto ambivalente. Da un lato
l'Onu reclama dalla Nato, senza risposta, informazioni sui luoghi
bombardati, per verificare la presenza cancerogena dell'uranio
impoverito. Inoltre segnala i punti caldi, città' in cui si ritiene
necessario un intervento immediato, per scongiurare sciagure ecologiche.
D'altro lato, le conclusioni Onu negano l'esistenza di una catastrofe e
enfatizzano la presenza di guasti ambientali antecedenti alla guerra.
Qui si inserisce il contributo del prof. Krusewitz, del Politecnico di
Berlino e fondatore dell'Istituto per la ricerca sull'ambiente e sulla
pace di Kunzell, di prossima pubblicazione sull'annuario
Kasselerfriedenratschlag, oltre che collaboratore del bellissimo
documentario Bomben auf den Chemieindustrien presentato al
Cinemaambiente di Torino. La lettura di Krusewitz è orientata a
smantellare l'approccio discolpatorio dell'Onu nei confronti della Nato.
Esiste cioè un diritto internazionale di guerra, la convenzione di
Ginevra, aggiornato in seguito ai crimini perpetrati dagli Usa in
Vietnam coi defolianti. Sulla base di tale diritto, secondo Krusewitz,
l'intervento Nato va ritenuto un crimine di guerra, chimica ed
ecologica, per le sue conseguenze gravi, estese e durevoli, conseguenze
prodotte intenzionalmente. Il che cancella la possibile scappatoia dei
'danni collaterali'. Un'accusa grave come un macigno che 'spiega' i
tentativi dei governi delle Allied force, come l'Italia, di negare, per
evitare il rischio di un'incriminazione come criminali di guerra,
l'esistenza stessa di una guerra, ridotta a 'intervento umanitario' o a
'operazione di polizia'.

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L'AUTORE: Knut Krusewitz, della Technische Universitaet di Berlino,
docente di
Pianificazione ambientale e autore di una delle relazioni più rigorose e

intelligenti sul tema dei bombardamenti nei Balcani (industrie chimiche
e uranio), pubblicata da 'Il Manifesto' del 4.1.2000 p. 10.
(http://www.geocities.com/Paris/Chateau/9161/comitato/krusewitz.html)

10 novembre 1999
traduzione: 20 novembre 1999
a cura di Alberto Tarozzi

Versione integrale

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NATO.: condotta di guerra e conseguenze ambientali

1. Proposizione del problema.
La domanda che deve porsi dal punto di vista delle scienze ambientali è
quali metodi bellici e quali mezzi la NATO abbia utilizzato durante la
sua Operation Allied Force e quali danni essa abbia causato all'ambiente
naturale e sociale. La domanda deve essere posta in quanto sussiste il
fondato sospetto che l'alleanza bellica contro la Jugoslavia abbia
urtato i principi e le norme del Trattato sul divieto di guerra
ecologica e contro il divieto di danneggiamento ambientale prescritto
dal diritto internazionale umanitario. Le relative prescrizioni del
diritto internazionale bellico includono in primo luogo l'intenzionale
danneggiamento dell'ambiente nell'ambito della condotta bellica. Inoltre
esse si applicano anche ai danni collaterali, se questi conducono a
conseguenze dannose gravi, estese e durature, e perciò portano con sé un
perturbamento significativo della vita umana, delle risorse naturali ed
economiche. In questo caso sarebbe rilevante non solo dal punto di vista
ambientale, ma anche di quello del diritto internazionale poter provare
che l'Alleanza abbia fatto uso nell'ambito della sua condotta bellica di
metodi e mezzi che dal punto di vista ambientale erano mirati o da cui
ci si doveva aspettare che essi causassero danni ambientali persistenti
di simile entità. Si tratterebbe allora di gravi violazioni delle leggi
e consuetudini belliche, che potrebbero essere punite come crimini di
guerra.
Su questo sfondo è divenuta un argomento di dibattito internazionale la
questione se il bilancio ambientale della guerra consenta la conclusione
che la NATO abbia effettivamente condotto una guerra ecologica contro la
Jugoslavia. Con il mio contributo io cerco di dare un apporto al
chiarimento di questa controversia. A questo fine è necessario
innanzitutto trattare dei danni ambientali nel teatro di guerra; infine
cercherò di ordinare e valutare questi danni secondo il diritto
internazionale.

2. Come si comunicano e valutano i danni ambientali di guerra?
2. 1. Per la critica del concetto dell'UNEP.
Già durante la guerra, ancor prima che vi fosse il primo bilancio
empirico dei danni ambientali, il direttore esecutivo del Programma
Ambientale delle Nazioni Unite (ingl.: United Nations Environmental
Programme: UNEP), l'ex ministro dell'ambiente Klaus Töpfer
(cristiano-democratico), riferì che la guerra non aveva causato alcuna
catastrofe ecologica. L'11 maggio 1999 costui rese nota la costituzione
di una Balkan Task Force (BTF), un gruppo di lavoro speciale per
l'ambiente nell'area di guerra. Esso avrebbe dovuto "raccogliere e
confrontare informazioni credibili sulle conseguenze ambientali della
crisi del Kossovo" (Haavisto, 1999), al fine di togliere fondamento a
"speculazioni su una catastrofe ecologica dovuta alla guerra del
Kossovo" (Süddeutsche Zeitung, (a), 1999, p. 7). Infatti a Töpfer non
interessavano speculazioni, ma cose concrete. La sua BTF doveva
raccogliere per tempo determinate informazioni ambientali, con cui la
NATO potesse eventualmente provare di aver condotto una guerra conforme
a diritto internazionale. Mentre Töpfer strumentalizzava l'UNEP e la
BTF, rendeva ogni dichiarazione sul significato ecologico della guerra
un argomento ambientale e di politica militare, ma soprattutto di
diritto internazionale dalla forza dirompente. Dall'UNEP-BTF si pretese
una prestazione apologetica, che strutturò il rapporto interno tra
incarico di indagare, metodo d'indagine e risultato dell'indagine. A
causa della preponderante funzione discolpatoria del rapporto finale
dell'UNEP è giocoforza contrapporvi una critica sui metodi.
2. 2.1. Incarico di indagine:
Töpfer conferì al BTF solo un incarico di indagine tecnicamente
ristretto, che non doveva mettere in luce né gli aspetti militari, né di
giusinternazionalistici, né sociali del problema ambientale. L'incarico
di indagine non riguardava quindi la questione, evidente dal punto di
vista ecologico e sollevabile dal punto di vista del diritto
internazionale, della concatenazione tra metodi di condotta della guerra
NATO e i danni ambientali che ne sono derivati nella regione dei
Balcani. Pekka Haavisto, direttore di questa technical mission, formulò
poi questo equivoco concetto di indagine in un programma di valutazione
apparentemente obiettivo: "L'incarico viene suddiviso tra cinque gruppi
tematici: 1. Stima dei danni ambientali derivanti dagli impianti
industriali distrutti; 2. Danubio; 3. Conseguenze della guerra sulle
risorse naturali; 4. Effetti a lungo termine della guerra sulla salute
degli uomini e sull'ambiente; 5. Insediamenti umani." (Haavisto, ibid.).

Al contrario di quanto annunciato la BTF non si occupò in loco degli
"effetti a lungo termine della crisi sulla salute umana e
sull'ambiente". Ciò potrebbe essere effettuato da uno studio di lungo
periodo ordinato di recente dalla Commissione Europea. Il suo titolo:
"Valutazione accurata degli influssi sull'ambiente della guerra in
Jugoslavia" (Commissione Europea, 1999). Il suo rapporto finale verrà in
essere tuttavia solo nell' autunno del 2000. Il Gruppo di lavoro UNEP ha
tentato nonostante ciò di valutare la contaminazione dell'ambiente
dovuta al munizionamento all'uranio impoverito (depleted uranium: DU).
Esso fu costretto a convocare un Depleted Uranium Desk Asessment Group
(che si riuniva a Ginevra), giacché la NATO si era rifiutata di fornire
indicazioni sulla quantità di armi DU impiegate e sui loro bersagli.
2.2.2. Metodo di indagine:
La direttiva politica del direttore UNEP propiziò presso la BTF una
percezione specifica delle conseguenze ecologiche della guerra, che
rimase quindi allineata non a riflessioni di natura obiettiva, quanto
piuttosto di natura opportunistica. Dal momento in cui la BTF accettò
acriticamente la direttiva extrascientifica del suo committente
politico, andò perfino ad oscurare quegli ambiti di realtà
scientificamente considerevoli, che un resoconto obiettivo avrebbe
sicuramente resi parte costitutiva di un'analisi e valutazione
imparziale.
La BTF concepì il suo programma d'indagine in modo tale da relegare in
un novero di dati extrascientifico la connessione tematica tra condotta
bellica NATO, scelta dei mezzi bellici e danni ambientali da esse
provocati. Solo in questo modo essa poteva considerare i gravi danni
della guerra all'ambiente naturale e sociale come meri danni
collaterali, a guisa di "incidenti sul lavoro" di guerra.
2.2.3. Risultati dell'indagine.
Non pare aver minimamente disturbato la BTF il dover presentare un
rapporto il cui riusultato era già stabilito prima che si esaminasse la
prima misurazione dei danni in loco, premessa irrinunciabile della
valutazione tecnica dei danni ambientali di guerra. Nonostante -od a
causa- dell'immunizzazione politicamente stabilita della realtà e della
connessa minimizzazione del problema la BTF trovò prove sul fatto che la
Nato aveva ripetutamente causato consistenti danni ambientali in quattro
località, cioè Pancevo, Kragujevac, Novi Sad e Bor. I risultati delle
loro indagini furono banali, giacché essi confermarono soltanto ciò che
esperti ed esperte di disastri sapevano già in precedenza:
chi distrugge militarmente complessi industriali - installazioni
petrolchimiche, raffinerie, depositi di carburante, centrali elettriche,
fabbriche di munizioni, di fertilizzanti, ed impianti chimici - libera
con ciò sostanze nocive all'ambiente ed alla salute, che naturalmente si
depositano anche nelle vicinanze degli impianti bombardati. Ma certo non
solo lì, giacchè esse si diffondono a grande distanza con le termiche, i
venti, il ciclo delle acque. La BTF trascurò deliberatamente questo
importante dato di fatto ecologico, nonostante allora le fossero noti i
risultati delle misurazioni al riguardo eseguite dal Dipartimento di
Tecniche Ambientali dell'Università Demokritos di Xanthi (Tracia)
(Rapsomanikis, 1999 pag. 1-4; Süddeutsche Zeitung, (b) 1999, pag. 5).
Ergo: il concetto metodico dell'UNEP-BTF non era minimamente idoneo all'
elaborazione di un bilancio dei danni ambientali che sarebbe bastato
alla loro stessa pretesa di presentare "un rapporto completo che sia
neutrale, obiettivo e scientificamente credibile" (Haavisto, ibid.).
Perciò la parte empirica del rapporto UNEP contribuiva ben poco al
chiarimento del quesito qui trattato, se la NATO abbia o meno condotto
una guerra ecologica.
2.3. Problematica della pianificazione ambientale.
Le guerre mondiali e le successive forme della "moderna" condotta di
guerra hanno causato danni non soltanto all'ambiente naturale, ma anche
a quello sociale (Krusewitz, 1985; idem, 1999, pag. 5-7). Compito di una
scienza ambientale illuministica è perciò rilevare e valutare non solo i
"danni collaterali ecologici", effetti primari della guerra, alla qual
cosa si è limitata essenzialmente la UNEP-BTF, ma anche i suoi effetti
secondari e terziari. Se la guerra contro la Jugoslavia abbia in effetti
causato soltanto danni collaterali all'ambiente naturale, o se non abbia
prodotto piuttosto pregiudizi macroscopici, duraturi e gravi
all'ambiente naturale e sociale, può giudicarsi solo se si esaminano i
suoi effetti primari, secondari e terziari. A questo fine utilizzo un
metodo di ricerca che ho sviluppato nell'analisi delle guerre moderne.
2. 3.1. Effetti primari.
Quali metodi e mezzi di condotta bellica ha scelto la NATO? Quali armi
vi ha impiegato? Quali sostanze tossiche/cancerogene/radioattive sono
finite nell' ambiente, da quali sorgenti provenivano, in quali quantità
ciò è accaduto e come si sono diffuse nello spazio? Quali danni si
possono documentare nella biosfera (nel bilancio naturale regionale),
nei paesaggi culturali, nei territori protetti, nei territori di
ricreazione, come pure nelle regioni-modello internazionali (riserve
della biosfera dell'UNESCO)? Con riguardo agli effetti primari della
guerra si conosce qualche cosa rispetto ai danni ambientali di limitata
estensione, ma poco riguardo a quelli di ampio raggio. Dati primari sono
stati rilevati soprattutto presso i siti industriali bombardati. Sono
stati aggrediti e distrutti da attacchi con bombe o missili oltre 20
impianti che contenevano sostanze e/o energie pericolose come:
? Raffinerie di petrolio, oleodotti, depositi di carburante, stazioni di
carico;
? Impianti industriali chimici e farmaceutici;
? Fabbriche di ammoniaca, fertilizzanti e fitofarmaci.
Con ciò sono state liberate in un'area considerevole sostanze
cancerogene, tossiche ed ecotossiche. Finora tali inquinanti sono stati
misurati e segnalati nelle seguenti località (Stephan/Strobel/Klaß,
1999; FOCUS, 1999; Tehnokratia, 1999; UNEP/UNCHS, 1999):
? Pancevo
1,2 dicloroetano (ECD), cloruro di vinile monomero (VCM), diossina,
furani, fosgene, benzo(á)pirene, ammoniaca, bifenili policlorati (PCBs),
mercurio, anidride solforosa, ossido d'azoto, fuliggine, fumo;
? Kragujevac
PCBs, diossina, furani, benzolo, toluolo, tetracloroetilene,
tricloroetano, rame, zinco, cobalto;
? Novi Sad
PCBs, ç-esano, idrocarburi liquidi, anidride solforosa, piombo,
mercurio, fuliggine, fumo;
? Bor
PCBs, rame, arsenico, cadmio, piombo, zinco;
? Kraljevo
idrocarburi liquidi, gasolio, toluolo, benzolo;
? Nis
idrocarburi liquidi, PCBs, diossina;
? Novi Beograd
idrocarburi liquidi, benzina;
? Smederova
fuliggine, fumo, PCK, idrocarburi liquidi; Cacak: metalli pesanti.
Questi gli effetti primari della guerra. E' incontestabile che la
Operation Allied Force ha danneggiato notevolmente l'ambiente naturale
nei dintorni dei complessi industriali distrutti, e con ciò ha
compromesso la salute della popolazione. E' tuttavia controverso se i
danni all'ambiente siano solo notevoli o non piuttosto gravi, estese e
durature. Su ciò ritornerò nella sezione dedicata alla valutazione della
condotta di guerra secondo il diritto internazionale.
2.3.2. Effetti secondari.
Come agiscono tali inquinanti e tali danni ambientali su uomini, salute,
agricoltura, forestazione, risorse acquee, aree protette,
regioni-modello, approvigionamento idrico, infrastrutture del traffico,
ed insediamenti? Quali tendenze seguono nel corso del tempo le
concentrazioni degli inquinanti e quali ne sono i motivi? Si devono
adottare misure di emergenza in aree ad alto rischio (per es. presso le
fabbriche chimiche distrutte)? Quali procedure tecniche devono essere
messe in atto per la diminuzione o l' eliminazione dei danni? Le
discariche militari sono riconoscibili e da risanare? Può essere
ripristinato lo status quo ante ecologico? In questo momento nella
Repubblica Jugoslava sono stati rilevati solo pochi dati riguardanti gli
effetti secondari. Ciò per motivi di politica interna, per le sanzioni,
per motivi strutturali, ma anche per motivi legati alle tecniche di
misurazione ambientale, di cui non ci si occupa più dettagliatamente.
Tuttavia, nel caso dei complessi industriali bombardati a Pancevo, si
può esporre in modo esemplare il nesso causale tra effetti sull'ambiente
della condotta bellica NATO primari e secondari. La NATO attacca più
volte con missili (Cruise Missiles) la località industriale Pancevo - un
complesso di stabilimenti petrolchimici, raffinerie di idrocarburi,
fabbriche di fertilizzanti, impianti di cloruro di vinile monomero ed
etilene - e lo distrugge insieme con i suoi grandi depositi. Le sostanze
tossiche da ciò sprigionate formavano ad ogni attacco nubi tossiche, che
contenevano di volta in volta miscugli corrosivi di ECD, cloruro di
vinile monomero (VCM), diossine, fosgene, anidride solforosa, ossidi di
azoto, benzo(á)pirene ed ammoniaca.
In alcune notti di bombardamento le concentrazioni di veleni erano
altrettanto alte che dopo un grande attacco con armi chimiche. La
popolazione è stata ripetutamente esposta, in quasi tutti i casi
indifesa, a queste sostanze tossiche. Perciò i danni alla salute "si
mostreranno in parte soltanto fra molti anni" (Stephan, 1999, pag. 42).
2.3.3. Effetti terziari.
Quali costi per l'economia nazionale sorgeranno dai programmi di
ricostruzione e risanamento? Chi li finanzierà? Come agiranno le
conseguenze della guerra sul mercato e sulle condizioni del lavoro? Come
i costi naturali e sociali della guerra cambieranno lo standard di vita,
le condizioni culturali ed educative della società? Le opzioni di
sviluppo economiche, politiche ed internazionale delle parti in
conflitto sono ragguardevolmente limitate? I danni economici sono perciò
significativi dal punto di vista della pianificazione ambientale, poiché
le loro dimensioni decidono se, e, se sì, sotto quali condizioni, si
potranno sostenere i costi ambientali naturali e sociali della guerra. I
tre settori-chiave dell'industria jugoslava, chimico, energetico,
metallurgico sono stati gravemente danneggiati. La petrolchimica, il
ramo industriale più redditizio del paese, è quasi completamente
distrutto, con nefaste ed incalcolabili conseguenze ecologiche, il
moderno impianto chimico Petrohemija di Pancevo è stato raso al suolo.
Altrettanto distrutte sono entrambe le fabbriche di fertilizzanti di
Novi Sad e Pancevo. Ciò significa "un'ipoteca particolarmente pesante
per il futuro. La Jugoslavia è un paese agricolo, ed è sopravvissuta
agli anni dell 'isolamento solo della propria produzione alimentare.
Negli anni scorsi la quota dell'agricoltura nel prodotto interno lordo è
salita dal 35 a quasi il 50%" (Israel, 1999, pag. 8). A Pancevo si
trovavano anche le maggiori raffinerie della Jugoslavia, che ora sono
ridotte in macerie. L'economia energetica è il secondo settore economico
fondamentale che è stato duramente danneggiato dalla guerra. "Nel
settore-chiave della metallurgia gli stabilimenti del gruppo Zastava,
soprattutto a Kragujevac, sono stati largamente distrutti. 120 imprese
fornitrici dipendono da questo complesso industriale automobilistico"
(Spiegel, 1999, pag. 153).
Un primo bilancio degli effetti terziari nell'economia nazionale
presenta, secondo l'inventario di un economista jugoslavo, il seguente
quadro: "A causa della guerra e delle sue conseguenze la produzione
industriale nella Repubblica Federale Jugoslava, confrontata coll'anno
precedente, calerà del 44, 4% [...]. Il prodotto interno lordo dovrebbe
affondare del 40,7%, l' impotr-export di oltre il 50%, la disoccupazione
dovrebbe salire al 32,6%" (Süddeutsche Zeitung, 1999, pag. 25).

3. Valutazione dei danni ambientali secondo il diritto internazionale
bellico.
Alla spiegazione della questione, se la NATO abbia condotto una guerra
ecologica contro la Jugoslavia contribuisce il diritto internazionale
bellico. Le norme ed i principi relativi si trovano:
? nell'accordo sul divieto dell'uso militare o comunque ostile di
tecniche che alterino l'ambiente, unitamente all'appendice e intesa del
18 maggio 1977 - accordo sul divieto di guerra ecologica, ingl.:
Environmental Mpodification Convention, citato come ENMOD-Convention
(Fahl, 1980, pagg. 136-143)
? nel 39° protocollo aggiuntivo dell'8 giugno 1977 alla Convenzione di
Ginevra del 12 agosto 1949 sulla protezione delle vittime dei conflitti
armati -citato come PA I- (Randelzhofer, 1999, pagg. 569-617).
In base all'esperienza della condotta bellica USA in Vietnam l'ONU varò
nel 1977 la ENMOD-Convention; la Repubblica Federale Tedesca la ratificò
nel 1983.
Secondo l'art. I dell'accordo è vietato l'uso "di tecniche che alterino
l' ambiente che producano effetti gravi, estesi e duraturi" come mezzo
di condotta bellica. "Il bersaglio è dunque l'uso delle cosiddette
environmental modification techniques come strumenti militari, cioè il
mirato abuso dell'ambiente come arma" (Oeter, 1994, pag. 98). Ogni
"manipolazione" militare "dei processi naturali" (art. II) è pertanto
interdetta.
Le Intese (Understandings) sugli articoli I e II stabiliscono che si
intende "esteso" un ambito di varie centinaia di chilometri quadrati;
per "duraturi" s'intendono danni militari che si prolungano per vari
mesi (circa una stagione), e "grave" è un effetto che porta con sé
disturbi seri e significativi alla vita umana, alle risorse economiche e
naturali e ad altri beni.
Se viene violato uno di questi limiti, entra in gioco il divieto
dell'ENMOD. Con l'art. 35, sez. 3, PA I e le norme complementari
dell'art. 55 nello stesso Protocollo Aggiuntivo è stato "introdotto un
assoluto divieto di danni ambientali persistenti nel diritto
internazionale umanitario" (Oeter, ibid.). Se è chiaro o presumibile che
si pervenga a danni ambientali gravi, estesi e duraturi, anche l'impiego
di tali mezzi e metodi dannosi per l'ambiente non è più ammissibile,
nemmeno se asseritamente necessario dal punto di vista militare.
Arrecare consapevolmente od accettare semplicemente il rischio di creare
danni gravi e persistenti all'ambiente sono coomportamenti con ciò
pienamente considerati nell'ambito della condotta bellica.
Le norme del protocollo aggiuntivo I superano in principio il divieto
della ENMOD. Non vi sono solo compresi l'intenzionale danneggiamento
dell'ambiente nell'ambito della condotta bellica (come nel caso della
convenzione sul divieto di guerra ecologica), ... ... ... ... danni
collaterali" (Oeter, ibid.). Poiché ogni condotta bellica causa notevoli
danni collaterali all'ambiente, la questione sulle disposizioni
limitative della guerra nel Protocollo Aggiuntivo I non è soltanto di
prevalente interesse militare, ma anche di interesse per la pace. "La
Conferenza Diplomatica ha perciò utilizzato i concetti-soglia esteso,
duraturo e grave impiegati analogamente alla ENMOD, non ugualmente in
modo alternativo (come per la ENMOD) ma in modo cumulativo. Solo i danni
collaterali coinvolgenti grandi superfici, che contemporaneamente
persistono per lunghi lassi di tempo e che inoltre comportano gravi
pregiudizi per l' ambiente, sono compresi dai divieti dell'art. 35, 3°
co., e 55 del PA I (Oeter, loc. cit. pag. 99).

4. Applicazione dei criteri di valutazione giusinternazionalistici alla
condotta bellica della N.A.T.O.
Si ammette qui che una complessiva, sistematica analisi dei dati
rilevanti dal punto di vista ambientale, se fosse in effetti possibile,
non è stata fino a questo momento (ottobre 2999) ancora fornita.
Tuttavia le informazioni introdotte nei dati sono sufficienti ad
ottenere istruttivi risultati sul nesso causale tra condotta bellica e
conseguenze ambientali; conformemente a ciò determinati effetti primari,
secondari e terziari sono duraturi, si presentano in modo esteso, ed
indicano danni gravi all'ambiente naturale, dai quali la salute della
popolazione è considerevolmente minacciata.
4.1. Danni ambientali duraturi.
Violazioni delle disposizioni delle intese relative all'art. I, II della
ENMOD-Convention in relazione con l'art. 35, sez. 3, art. 55, sez. 1, PA
I. Al contrario dell'impressione comunicata dal Gruppo di lavoro
dell'UNEP, raccolta dei dati e valutazione della pericolosità dei danni
ambientali si mostrano complicate, poiché con la distruzione dei
complessi industriali si sono formate contaminazioni miste di varie
sostanze. "L'effetto dell' interazione di tali miscugli di inquinanti
nel sottosuolo è assai difficilmente valutabile ed ancora poco
studiato". (UBA, 1999, pag. 9). "Sicuramente dal ciò che resta dalla
distruzione di discariche industriali deriverà nelle regioni colpite una
minaccia per gli esseri umani che agirà ben oltre la fine della guerra".
Questo giudizio prognostico è stato confermato dall'Ufficio per le
sostanze pericolose (Halle) e dall'÷ko-Control (Dessau) nel caso di
Opovo: "Near Opovo, forest damage which suggests contamination by fumes
was clearly perceptible. [...] Crop losses (probably over a period of
several years) should be taken in account, as well as a detrimental
impact upon the natural fauna and flora" (Stephan/Strobel/Klaß, loc.
cit., pag. 54).
4.2. Danni ambientali estesi.
Violazioni delle disposizioni delle intese sugli artt. I e II della
ENMOD-Convention in relazione con l'art. 35, sez. 3, ed art. 55, sez. I,
PA I. Inoltre la minaccia si estende largamente oltre le regioni
colpite. Due prove empiriche al riguardo:
? "The results from Pancevo (including Opovo) and Novi Sad show that the
chemical consequences of the war are not limited to local effects but
are of at least regional impact, and since they also effect the Danube
they could have also trans-border impacts" (Stephan/Strobel/Klaß, loc.
cit., pag. 54).
? "Between March 24 and June 10, 1999 a large number of chemicals were
ejected in the atmosphere because of air strikes in chemical industries
and oil storage facilities in former Yugoslavia. Chemicals released in
the atmosphere under suitable meteorological conditions can be
transported across borders to large distances. The releases contain not
only conventionel air pollutants but also semi-volatile organic
compounds (SVOs) which include dioxins, furans, PCBs, PAHs and organic
phthalates, all known to be hazardous to health" (FOCUS, 1999).
Resta da chiarire come mai soltanto istituti ecologici greci abbiano
misurato la diffusione di inquinanti su spazi estesi in Europa.
4.3. Danni ambientali gravi.
Violazioni delle disposizioni nelle intese relative agli artt. I, II
della ENMOD-Convention in relazione agli artt. 35, sez. 3; 54, sez. 2,
55 sez. 1, PA I. L'Ufficio Federale dell'Ambiente (Umweltbundesamt: UBA)
già il 5 maggio 1999 avvisava che per le conseguenze ambientali della
guerra un "uso civile di larga parte di queste regioni non sarà
possibile per la minaccia alla salute derivante dalla contaminazione del
suolo e delle acque profonde e superficiali" (UBA, 1999, pag. 10).
Questa previsione è stata finora confermata in due gravi casi. Si tratta
del significativo danneggiamento delle risorse naturali ed economiche,
come anche della vita umana, in un caso per lo sprigionamento di
policlordibenzodiossine (PCDDs: diossina di Seveso) e di
policlordibenzofurani (PCDFs); ed altrettanto nell'altro caso, relativo
allo sprigionamento di prodotti radiotossici e chemiotossici della
disintegrazione di munizioni di uranio (munizioni DU).
4.3.1. Azione dei PCDDs e PCDFs:
"It can be claimed that considerable amounts of PCDDs/PCDFs must have
been distributed by gas clouds. [It] would therefore be necessary [to]
examine the contamination of agricultural and horticultural lands over
which the gas clouds passed, the substances carried by the clouds would
have been partly distributed by precipitation. The values obtained [...]
reach limits for agricultural and horticultural land use and suggest the
need for inspection and remidial action of restricted use"
(Stephan/Strobel/Klaß, loc. cit., pag. 52). Ciò sarebbe "non una
catastrofe ambientale, ma chiaramente una perturbazione dell'ambiente",
sentenzia il direttore della Divisione Chimica Ambientale
dell'Università di Ulm, Karlheinz Ballschmiter. I cancerogeni furani e
diossine sarebbero immagazzinati prevalentemente nei prodotti agricoli
ed "al 95 per cento introdotti nella catena alimentare". Così le vacche
avranno prossimamente anche dalle nostre parti un carico più elevato.
"Gli esseri umani sono colpiti attraverso i prodotti lattiero-caseari".
Tuttavia il "carico a Belgrado e dintorni" sarebbe "molto più elevato".
"Se in quei luoghi tra due anni si analizzasse il latte materno, il
risultato si rispecchierebbe negli inquinanti in esso contenuti"
(Süddeutsche Zeitung, (a), loc. cit., pag. 5).
4.3.2. Effetti delle munizioni DU:
Nell'aprile 1999 diversi media tedeschi annunciavano che la NATO aveva
"confermato, che la forza d'attacco USA impiega in Jugoslavia
munizionamento radioattivo. Allo stesso tempo l'alleanza smentiva però
voci sulla pericolosità per i civili estranei" (Fuldaer Zeitung, 1999,
pag. 3). Questa affermazione della NATO era falsa. Vero è al contrario
che l'impiego di queste munizioni rappresenta un notevole pericolo per
uomo e natura.Allo stato naturale il metallo pesante uranio è un
miscuglio degli isotopi U235 e U238. L'isotopo U235 è presente in questo
metallo pesante soltanto in misura limitata. Per l'utilizzzo dell'uranio
nelle armi nucleari è necessario elevare la quota di U235 con dei
procedimenti di arricchimento. Con ciò avanza U238 in grandi quantità.
Questo U238 viene anche qualificato come depleted uranium
(DU).L'interesse militare per il DU fu svegliato poiché esso possiede
una densità molto più elevata di altri materiali imopiegati nella
produzione di munizioni. Così il DU è quasi tre volte più pesante
dell'acciaio, cosa che ad una granata riempita di DU consente di avere
una forza di penetrazione molto maggiore nei confronti delle corazze dei
veicoli militari. Poiché il DU è più tenero dell'acciaio, esso si
polverizza nel penetrare le corazze. Se un tale proiettile colpisce la
superficie del bersaglio, una gran parte dell'energia cinetica si
converte in calore. Allora il proiettile si accende ed agisce
all'interno del carro armato come un proiettile incendiario.
(Rodejohann, 1977, pagg. 39 e segg.) Dopo l' esplosione l'U238 si
comporta da radiotossico, in quanto emette raggi alfa, e da
chemiotossico in quanto metallo pesante. "Secondo ricerche intraprese
nel frattempo la produzione di radioattività alla superficie del
proiettile da me [cioè il prof. Siegwart-Horst Günther] rinvenuto nel
1991 ammontava ad 11 microSievert al minuto. La dose ammessa in Germania
viene definita in 300 microSievert all'anno. Avendo a che fare con un
proiettile di uranio, pertanto, la dose annua si raggiunge
abbondantemente in un giorno" (Günther, 1999, pag. 184). Nell'aria le
particelle di uranio si legano ad areosol. Essi possono essere inalati
attraverso le vie respiratorie od ingeriti attraverso la catena
alimentare. Possibili conseguenze: "anemia, leucemia, tumore osseo,
danni all'embrione" (Wolff, 1998, volantino).
Sebbene la NATO finora si rifiuti di dare indicazioni sulle aree e
quantità di impiego del munizionamento DU, è sicuro che essa ha
adoperato quest'arma nella regione di Prizren. "In aprile, durante il
conflitto del Kossovo, scienziati dell'Istituto Nazionale per la Difesa
della Salute in Macedonia hanno misurato nell'aria valori otto volte più
elevati di quegli emettitori di raggi alfa derivanti dai proiettili di
uranio" (Peterson, 1999, pag. 11). Anche il Ministero dell'Ambiente
serbo ha misurato "in Kossovo una maggiore emisssione radioattiva nella
misura di 3,4 Mega Becquerel. Essa sarebbe stata causata da U238 non
fissile, contenuto nei proiettili sparati dagli aerei americani modello
A-10" (IPPNW, 1999, pag. 23). L'Autorità Britannica per la Protezione
dalle Radiazioni avvertiva in luglio, che i maggiori rischi in Kossovo
erano da ricercare ove erano state sparate munizioni di uranio. Perciò
le truppe britanniche ivi stanziate erano state avvertite di indossare
tute protettive, "se il contatto con obiettivi colpiti da munizioni di
uranio è inevitabile" (Peterson, ibid.). Per un'efficace protezione
della popolazione civile dai persistenti pericoli per la salute di
questi componenti per la salute, nessuno si è in ogni caso finora
dichiarato competente.
4.4. I danni ambientali persistenti erano prevedibili (art. 35 sez. 3,
55 sez. 1, PA I)
Le prove qui esposte del fatto che la NATO con la sua condotta bellica
abbia causato danni estesi, duraturi e gravi all'ambiente naturale e
sociale, volgono l'interesse sull'interrogativo, se essa abbia agito in
modo premeditato od inconsapevole. Il Governo Federale ha preso la
seguente posizione al riguardo. "La pianificazione degli obiettivi, cioè
l'individuazione dei bersagli e la scelta della procedura d'attacco era
studiata in modo tale da evitare possibili danni collaterali,
soprattutto ai civili, ma anche all'ambiente. Perciò la NATO ha
impiegato una complessa procedura, in cui giocavano un ruolo tutte le
informazioni disponibili sul bersaglio stesso, su possibili bersagli
collaterali, così come sull'azione dei vari tipi di armamento in
questione nel combattimento. In parte sono state usate simulazioni
computerizzate, per testare l'arma col più ridotto rischio di danni
collaterali. Dei giuristi hanno valutato ogni bersaglio dal punto di
vista della liceità del combattimento secondo il diritto internazionale"
(Parlamento Tedesco -Bundestag, Drs. 14/1788, pag. 4).
Questa argomentazione non convince affatto, perché non chiarisce i danni
ambientali duraturi della guerra. Ancor più notevole è il riferimento al
diritto internazionale, e ciò per due motivi. In primo luogo poiché
all'interno degli Stati belligeranti v'erano concezioni notevolmente
diuverse su ciò che nell'ambito della Operation Allied Force era o non
era conforme a diritto internazionale. Contrariamente agli altri Stati
della NATO, gli Stati Uniti da oltre vent' anni non hanno ratificato i
relativi trattati di diritto internazionale bellico. In secondo luogo,
in quanto esso suscita la questione su che tipo di giuristi
internazionalisti debbano essere quelli che ritengono conformi a diritto
internazionale dei metodi di condotta bellica secondo i quali è lecito
utilizzare impianti chimici come armi ecologiche secondarie, al fine di
condurre una guerra chimica contro natura ed uomo senza armi chimiche. E
se i pianificatori di obiettivi abbiano effettivamente impiegato allo
scopo simulazioni computerizzate, non si potrà indagare fintanto che i
ministeri della guerra della NATO non renderanno pubblici le analisi,
segretate, degli effetti delle armi (BDA: Battle Damage Assessment)
(Bundestag tedesco, loc. cit., pag. 3). In conclusione con tali
simulazioni i militari avrebbero potuto scegliere anche l'arma più
pericolosa.
Nel caso di Pancevo vi sono indizi che convalidano questa ipotesi. Dopo
i bombardamenti dell'impianto di VCM della fabbrica chimica HIP AZOTARA
con missili Cruise si sprigionò tra l'altro del fosgene, una sostanza
una volta e mezzo più velenosa dell'acido cianidrico (o prussico).
"After the bombing on April 15 and 18, and thus after the distruction of
the VCM plant by fire, test results showed the following pollution
levels: [...]phosgene: concentration detected: 10 ppm; concentration
causing irritation: 1-3 ppm; lethal concentration: 10 ppm"
(Stephan/Strobel/Klaß, loc. cit., pagg. 21 e segg.). 1 ppm (parte per
milione) è l'abbreviazione riferita al peso (1 mg/kg). Con tali attacchi
la NATO ha messo in pericolo consapevolmente vita, salute e sicurezza
della popolazione civile, come anche la biosfera nell'area urbana di
Belgrado. Consapevolmente, giacché essa poteva prevederne le conseguenze
devastanti. L'alleanza militare aveva sviluppato già due decenni fa un
marcato interesse proprio per gli scenari di ricaduta del fosgene. Uno
degli studiosi di ricadute dell'epoca, nel frattempo divenuto membro
della direzione della Shell tedesca s.p.a., il chimicon Fritz
Vahrenholt, riferiva nel 1979 in un simposio NATO a Roma i risultati
delle relative simulazioni al computer: "Quanto al fosgene, che fu
impiegato nella guerra mondiale come arma chimica contro i Francesi e
che oggi è utilizzato in una serie di processi chimici, nel 1978 è stato
calcolato dal TÜV (ente di supervisione tecnica) della Renania quali
effetti potrebbe avere una ricaduta in condizioni estremamente
sfavorevoli: in regioni densamente popolarte come la zona di Colonia
oltre 2. 000 morti e quasi 20.000 feriti gravi" (Vahrenholt, 1982, pag.
193). Nel 1979 la ricerca fu ripetuta, su incarico della NATO, dal
meteorologo berlinese Bernd Gutsche, con un modello di diffusione
matematico-meteorologico. Risultato: "A seconda delle condizioni
meteorologiche una nube di fosgene si può estendere fino a sei, ma anche
oltre 100 chilometri, nel qual caso nella zona interna morirebbe un
abitante su due. Nel caso peggiore potrebbe essere investita un area di
circa 1200 chilometri quadrati" (Gutsche, 1980, pag. 217). La quantità
critica di questi prodotti chimici esplosivi in grado che potrebbe
causare una tale dinamica catastrofica, consiste di 2 tonnellate. Quanti
morti o feriti si aspettava la NATO nell'aprile del999 dal suo attacco
alcomplesso chimico? Evidentemente dobbiamo riconsiderare il nostro
concetto di guerra chimica. Guerre chimiche moderne non vengono più
condotte con armi chimiche primarie, bensì secondarie, cioè attraverso
il bombardamento, secondo le condizioni ecologiche e metereologiche, di
impianti contenenti sostanze e/o energie pericolose.
Dal momento che i pianificatori di guerra della NATO conoscevano la
quantità critica di questi prodotti chimici, che agiscono in modo simile
alle armi chimiche se liberate durante un attacco, io rinfaccio loro che
proprio l' incontrollabilità delle ricadute chimiche di natura militare
è insita nell' elemento tattico essenziale della condotta di guerra.
Questa ipotesi è suffragata dall' ufficio federale per l'ambiente
attraverso la seguente congettura sulla prognosi di ricaduta:
"generalmente si presuppone che attraverso la liberazione, incendio,
esplosione di sostanze pericolose:
? in impianti di raffinerie petrolifere sono coinvolti tutti i derivati
compreso l'idrocarburo policiclico;
? in fabbriche di concimi sono coinvolti in particolare ammoniaca, acido
nitrico, fosfati; in caso di incendi bisogna mettere in conto grandi
quantità di gas nitroso;
? inoltre nel caso di serbatoi di carburante e di magazzini di gas
liquido bisogna tenere conto eventualmente di notevoli danni a causa di
esplosioni con ricaduta di detriti, inoltre gli idrocarburi liquidi
liberati provocano inquinamento del terreno e dell'acqua;[…]
? in impianti chimici può sussistere un evidente pericolo a causa delle
qualità specifiche dei materiali coinvolti." (UBA,a.a. O, S 4).
I materiali pericolosi possono essere immessi nell'atmosfera, nel
terreno, e perciò sia nelle acque sotterranee che in quelle di
superficie. "Incendi di grandi dimensioni causano, sulla base della
termica connessa, un ampio , sconfinato spargimento di materiale
dannoso." (UBA, ebda. S.5).
Il caso Pancevo spiega infine il perché la NATO riteneva di poter
raggiungere il proprio fine strategico solo coi metodi e mezzi della
condotta bellica ecologica. Essa causò premeditatamente dei danni
collaterali che coinvolsero vaste aree; tali danni parimenti permangono
più a lungo e perciò mettono seriamente in pericolo la salute della
popolazione: e questo con l'intenzione di far insorgere la popolazione
contro il governo da essa scelto. "La campagna aerea della NATO [sic!]
ha contribuito militarmente al cedimento finale di Slobodan Milosevic.
Il presidente jugoslavo si è accorto infine che la popolazione non era
pronta a sopportare più a lungo le privazioni della vita quotidiana
causate dagli attacchi ad obiettivi di rilievo militare". (Deutscher
Bundestag, Drs. 14/1788, p 4).
Solo dalla prospettiva di una condotta di guerra totale devono sembrare
rilevanti dal punto di vista militare tutti gli obiettivi naturali e
sociali. Ma solo in questa prospettiva. Per gli uomini colpiti dalla
guerra, invece, l'affermazione del nostro governo federale secondo cui
gli attacchi aerei NATO "non sono stati rivolti né contro la popolazione
né contro l' economia jugoslava" (Deutscher Bundestag, Drs.14/1788, p.4)
suona come una presa in giro delle loro sofferenze per la guerra .

---

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Sarajevo: Izetbegovic sapeva tutto
Pristina: racket della prostituzione
Vukovar: l'importante di una storia e' non raccontarla per intero


---

da alberto tarozzi e zivkica nedanovski.

1.FONTE: FrVesti.

2.TITOLO: Alija Isetbegovic visitava i luoghi di tortura.

3.INSDICE : Patologo belgradese sulle prove contro il capo dei
mussulmani.

4.SITO INTERNET: http://www.frvesti.com/vest.asp?t=83545&s=vesti.gif&e=k

5. NUMERO DI PAGINE: ½.

6. DATA: 11.02.2001.



Il patologo dell'Ospedale militare a Belgrado, dott.Zoran Stankovic,è
convinto che il Tribunale dell'Aia sulle base delle prove esistenti
muoverà
atto d'accusa contro Alija Isetbegovic, ex capo
dei musulmani in Bosnia.
"Esistono le testimonianze degli internati dai campi di raccolta del
territorio della Federazione
BosniaHerzegovina che Alija Isetbegovic li haveva visitati. Esiste anche
il
video, si nota, sulle visite del campo
Celebici, che significa che lui sapeva tutto quello che vi succedeva a
quell'epoca- ha detto
Simic, agenzia "Srna"
Lui ha ricordato che queste prove sono state raccolte dal Comitato per
la
raccolta dei dati sulle
violazioni del diritto internazionale umanitario, del Governo della
Repubblica di Jugoslavia.
Secondo le sue parole, di nuovo verra' fatta richiesta nel merito delle
responsabilità per l'attacco della colonna
dell'Esercito Jugoslavo (JNA) nella via Dobrovoljacka a Sarajevo,
nonché
il tentativo
di nascondere le fossi comuni al Cimitero di Sarajevo, Lav.



1.FONTE: POLITIKA AD

2.TITOLO: Kosovo il centro della tratta delle bianche in Europa.

3.AUTORE: "Indipendent"

4.SITO INTERNET: http://www.politika.co.yu/2001/0211/01_09.htm

5.NUMERO DI PAGINE: 1.

6.DATA: 11.02.2001.

Secondo il giornale londinese"Indipendent", il Kosovo è il centro
europeo
della tratta delle bianche e della prostituzione.Tutto si svolge
"davanti
al naso"della polizia internazionale e della amministrazione delle
Nazioni
Unite.Il crimine organizzato, per la maggior parte, compra le donne nei
paesi dell'Europa orientale e in Albania , dopodiché le rivende alla
mafia
locale
nel Kosovo. La maggior parte di queste giovani donne finisce nelle case
di
tolleranza nel Kosovo,
ma alcune di loro vanno in Italia per diventare prostitute.
L'amministrazione delle Nazione Unite non presta affatto attenzione a
questo problema grave,
scrive "L'Indipendent" e cita che Pristina è strapiena di polizia
internazionale, ma solo 22 persone
si occupano di questo problema. Inoltre, queste 22 persone hanno a
disposizione solo un veicolo.

---

              BBC News 11 February 2001
              Letter to the Editor
 

              To the Editor:

              I am writing in response to the BBC News of Saturday, 10
February, "Calls for arrests over Vukovar Massacre."
              Serbs are accused of being responsible for the killing of
more than 200 non-Serbs who were removed from the
              Vukovar hospital during the Croatian war of independence
from Yugoslavia.  Did BBC intentionally mean to not
              specify exactly who the "non-Serbs" were or was it an
honest mistake?

              For "the rest of the story," we need to take a closer look
at what transpired prior to the incident--the story that
              doesn't make the headlines.

              In late 1991 the Yugoslav Army captured the city of
Vukovar from Croatian forces who had been systematically
              massacring (ethnically cleansing) the ethnic Serb minority
in the city.

              A Defense & Foreign Affairs Strategic Policy article in
London in December 1992 said:  "At least 1,000 Serbs,
              mostly women, old people and children, were shot, knifed,
axed or bludgeoned to death systematically, one-by-one,
              in two main centres....One visiting Croat female
journalist, during the Vukovar fighting, unfamiliar with firearms,
              asked one of the young gunmen to cock a pistol for her so
that she could feel what it was like to kill a Serb.  She
              shot, indiscriminately, an old Serb woman who was standing
under Croat guard."  In November 1991, the Toronto
              Star said that "a photographer reported seeing black
plastic bags containing pieces of the bodies of [Serbian]
              children about 5,6,or 7 years old."

              When Serb forces broke through and discovered the grisly
scenes, Croatian soldiers, in an attempt to escape
              justice, fled to the protection of the Vukovar hospital,
jumped into bed, and became "patients," their weapons at their
              side.

              Perhaps one can look at the events that took place at the
Vukovar hospital as an act of revenge, but if your wife,
              child, parents and grandparents had just been slaughtered
by your enemy and you had seen your children cut up
              into little pieces and stuffed into plastic bags by
Croatian soldiers who were trying to escape justice by taking refuge
              in a hospital, be honest--what might you have done?

              Stella L. Jatras
              USA
 
 ---

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[Emperor's Clothes]

As Serbian workers threaten nationwide General
Strike -
The Issue is, Who Gets the Shares?

By Milos Zorich - Special to Emperor's Clothes
Belgrade, 2-12-2001
Translated by Tika Jankovich and Jared Israel



Will the ranks of 800,000 already jobless Serbian
workers be swelled by thousands laid off following
planned changes in the Privatization Law?

Belgrade is being watched carefully by international
business. They want auctions where they can buy
companies at bargain prices and they want legal
guarantees protecting investments. Meanwhile, the
Serbian Parliament will decide whether to halt a wave
of privatizations by workers. And the workers are
threatening a General Strike

A Proclamation to the People

"In short, the state is selling. Foreigners are buying.
Workers and citizens are loosing. We workers are
not for sale. Let's stop the plunder!"

Thus writes the Association of Serbian Unions. Urging the
Serbian people to protest changes in the Privatization Law
announced by the Serbian Government, the unions have called
a General Strike starting February 14 at 8:00 AM.

The Core of the Conflict

The current Privatization Law was passed during the
Miloshevich administration, a coalition of the Yugoslav Left,
the Socialist Party and the Radical Party. If a company was
privatized, the first priority in obtaining shares would go to
the workers who invested their labor for many years.

Anticipating the present regime's intention to sell companies
which are supposedly in bad financial shape to foreign
bidders, workers and managers have speeded-up
privatization under this law. They are trying to preempt the
process before a government sell-out to foreign interests can
take place.

Thus a race is underway, with the workers privatizing state
and public property, and the government trying to halt it.

This reporter spoke to several people on the street about the
proposed sell-off. Here are the words of Vladimir
Matvejevic, an engineer and one of 800,000 men and women
in Serbia who are unemployed and looking for work:

"Before our eyes we have the examples of
Bulgaria, Romania, Russia and other economies in
"transition" where the largest industrial enterprises
have been handed over to foreign corporations. As
a consequence, thousands of workers were fired, in
obedience to rules imposed by the International
Monetary Fund and the World Bank.

"One should bare in mind that for decades our
Yugoslav model of social-economy differed from
those in Eastern Europe. They had central state
economic control. We built a system where
businesses under workers' self-management existed
side by side with others that were privately owned.
In the self-managed sector, the companies were run
by elected representatives. Workers shared the
profits."

Workers Ask: Why Give Up Our
Shares?

So, nobody is against privatization per se. The conflict is
over how to do it. The workers demand to be the majority
shareholders. The present regime insists that the major
shareholders be investors, whose money, they say, can revive
production, introduce more economical operating structures
based on up-to-date technology and maximize savings in
production.

While this battle escalates, Belgrade is being watched closely
by foreign investors and businessmen. Last week a delegation
from the European Union visited Belgrade. Also, there was a
two-day meeting of the Business Council of the Stability Pact
for Southeastern Europe with representatives from sixty
companies in Europe, Asia and the U.S.

This "Investors Mission" met with 150 leading Yugoslav
industrial managers. Mr. Bodo Hombah, special coordinator
for the Stability Pact, and Manfred Nusbaumer,
Vice-President of the Business Council, held a press
conference where they demanded that: "the Belgrade
Government provide suitable conditions for business, along
with a law that it will guarantee the safety of foreign
investments."

"Please, no more help," says Mrs. Brezovacki

"They are offering to help us from abroad? Please!"
says Mrs. Goritsa Brezovachki, who works at a
garment factory . "First they impose sanctions. Then
they instigate civil war, stop production, bomb our
factories. Now finally after devastating our country
and putting us in a desperate position, they swarm
in with their bags of gold to buy our businesses
cheap and make us a colony. No more help!" (1)

The above opinion is not shared by Mrs. Mirosinka Dinkich,
a member of the G-17 group of economists. (2) Says Mrs.
Dinkich:

"It is better to be a well paid employee in a foreign
owned company, than a poor shareholder in a
company that makes no profits."

But workers counter this, asking, "Who says we will have any
job at all if these foreign interests get a hold of our
companies?" And Mrs. Dinkic admits that in the first year of
the regime's proposed economic reforms approximately
300,000 more workers would be left jobless. Out of these,
some 50,000 could find jobs in reconstructed companies and
another 50,000 in new companies. What about the remaining
200,000 desperate, hungry people? She recommends spending
around $400 million. But this is only to help them during the
first year. What about later on? And in any case, where would
this money come from? The government has no answer.

"Stop stealing the Electrical Power Assets"

Today (Monday, February 12) the Government will submit its
proposal for changing the old Law on Privatization to
Parliament. Meanwhile, workers are angry and getting
angrier.

Mr. Radomir Smiljanic, President of the Council of the
Serbian Association of Unions, says that:

"This Government 'writes the lunch bill for the
waiter,' avoiding consultations with the workers.
As proposed by the Government, workers are
entitled to 10% of the free shares. Other private
parties may obtain 15%. But 60% of the shares are
earmarked for bidders in public auctions to be run
by the state. The money thus obtained is to be used
by the state to meet its obligations, including
providing pensions."

Many workers feel this amounts to blackmail. If you want
your pensions, the argument goes, you have to give up your
right to shares in companies where you labored with the
understanding that you were the shareholders.

Mr. Aleksandar Vlahovic, the Minister of Privatization,
argues that, "it is essential that 'strategic partners', those with
a fresh money supply, enter the company."

To secure this plan, the new law would immediately halt the
current wave of worker-oriented privatizations.

While the conflict between the regime and the workers
intensifies, workers in major Serbian companies are sending
out urgent messages about the "organized plunder" of national
economic assets. "Stop the stealing of Serbian Electrical
Power Assets", alerts the paper of the Serbian Electrical
Power Industry. The employees say there's been a rapid
erosion of asset-value by management. Last Fall management
declared the assets to be worth more than $20 billion. Now
the figure is down to $4.2 billion.

Social Upheaval?

Last year, around 870 facilities out of a total of 7,000 were
privatized under the old Privatization Law. But this year, in
the past three months alone, 630 state and public companies
have gotten new, private owners.

The Deputy Minister of the Ministry for Economical
International Relations, Mr. Boran Karadjola, says "Whether
we like it or not, globalization is an unstoppable process,
which has to enter Yugoslavia, if it wants to be a part of the
world." He has recently signed a document bringing
Yugoslavia into the WTO as an observer.

Similarly, the head of the new Serbian Government, Mr.
Zoran Djindjic, told a meeting with the Serbian managers of
major companies three days ago that, "We want strong foreign
capitalists to come in, not shaky ones."

Clearly the government won't willingly back down. It intends
to open the door to foreign capital although it is fully aware
that foreign bidders will collude to keep the selling price
low. (3)

The ongoing conflict between the government and workers is
entering a period of great uncertainty. Social upheavals and
the further destabilization of the otherwise poor Serbian
economy are quite possible. Interviews I conducted with a
dozen employees of the largest companies point in this
direction. For example, a woman who works at Yugoslav
Airlines, told Emperor's Clothes:

"I have been working here 25 years and have
acquired certain rights to the property of my
company. Why should I agree now to be hired by a
new owner who would buy our airplanes, buildings
and technical equipment dirt cheap? If it happened,
I would feel deceived and ripped off."

And other workers ask, after they buy our property dirt cheap,
what prevents them from taking the assets and closing us
down?

Such sentiments - that the country’s economic assets are being
ripped off, that the country is becoming dependent on foreign
powers which, during a protracted agony of economic
transformation that they would impose on Serbia, would care
only for their own interests - these sentiments of rebellion are
the driving force behind the planned General Strike by the
worker unions.

***

Further reading -

1) Two very good background pieces on the so-called civil
wars in Yugoslavia are: 'German and U.S. Involvement in
the Balkans' by T.W. Carr, at
http://emperors-clothes.com/articles/carr/carr.html and
Diana Johnstone's classic study, 'Seeing Yugoslavia
Through a Dark Glass' at
http://emperors-clothes.com/articles/Johnstone/1yugo.htm

2) 'The International Monetary Fund And The Yugoslav
Elections' by Michel Chossudovsky and Jared Israel. This
article has been reprinted around the world. It documents
the connection between the G-17 economists, the present
Serbian regime, and the nation-destroying International
Monetary Fund and World Bank. It can be read at
http://emperors-clothes.com/analysis/1.htm

3) We came across a most revealing U.S. Commerce
Department Document, see Grand Theft: Montenegro...
at http://emperors-clothes.com/news/commerce.htm

Please Support the Journalists' Fund

Emperor's Clothes is trying to assist a few families of
Yugoslav journalists. These journalists are among the
many journalists who have literally been thrown out of
work when thugs took over all TV and radio stations and
newspapers during and after the Oct. 5th coup. These
attacks are part of the terror in 'democratic' Serbia. We
are providing some financial help; we need to provide
more.

It's really a privilege to be able to help these brave men
and women who are trying to report 'the other side' within
Yugoslavia and, through Emperor's Clothes and other
media, to the outside world.

Meanwhile, our own operating costs have increased. (For
instance, monthly fees for the superb news media search
engine Lexis have more than doubled.)

If you can make a contribution either to our general
expenses or specifically to help the Journalists' Fund,
please do. Any amount will help. To use our secure server,
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ROMA

Mercoledì 14 febbraio dalle ore 22,00 al classico village in via
libetta concerto a sostegno degli operai della Zastava e dell'ospedale
di
Mitrovica IL COSTO è DI LIRE 7000
All' entrata verrà raccolto materiale sanitario e scolastico per la
scuola di Backa Topola.
promuove: CONVOGLIO DI SOLIDARIETA' INTERNAZIONALISTA GIORGIANA MASI
aderiscono: CANTIERE PER LA PACE DI VILLA MIRAFIORI, IL MANIFESTO
INFO: http://digilander.iol.it/convogliogiorgiana/ convgm@...

RAVENNA

15 Febbraio 2001 - Crimini ed omicidi - Una assemblea a Bagnacavallo
(Ravenna) sui crimini della Nato in Jugoslavia - partecipano i delegati
sindacali della zastava

VICENZA

Vicenza 15 febbraio 30,20 sala circoscrizoione 7 in via vaccari
-Filorosso-Spartakus -assemblea contro l'uranio impoverito e la nato

BASSANO DEL GRAPPA

Bassano del Grappa 16 febbraio 0re 21 sala pubblica in via Angarano
assemblea dibattito dull'uranio impoverito e contro le basi nato

ROMA

sabato 17 febbraio III incontro del "Forum Europa sociale" (Centro
congressi via dei Frentani 3, ROMA). Partecipano le delegate sindacali
della Zastava di Kragujevac. Relazioni di Heinz Bierbaum; Schmittener -
IG-Metall; Fulvio Perini - CGIL; Moreno - comisiones obreras; G. Patta,
e con la partecipazione di Espace Marx, sindacati francesi, parlamentari
europei del GUE, economisti... La locandina è al sito
http://www.ecn.org/coord.rsu/

BARI

Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
via M. Cristina di Savoia 40, 70126 BARI
tel/fax 0805562663 e-mail: ponte@...
conto corrente postale n. 13087754
Bari
lunedì 19 febbraio
voci di resistenza e solidarietà da un paese bombardato
con le delegate jugoslave
Ruzica Milosavljevic, presidente del sindacato Samostalni della Zastava
di
Kragujevac
Rajka Veljovic, organizzatrice del progetto di adozioni a distanza
ore 11.30
Facoltà di Giurisprudenza (P.zza C. Battisti)
all’interno del corso di Diritto del Lavoro dei proff.
Bruno Veneziani e Giovanni Mario Garofalo
conferenza-dibattito su
“Il sindacato in Jugoslavia”
ore 17.00
Aula Magna dell’Istituto “Pitagora” C.so Cavour 249
La situazione dei lavoratori in
Jugoslavia dopo le bombe della
NATO e l’embargo
introduce
prof. Franco Selleri (Dipartimento di Fisica)
coordina
Mariella Cataldo (associazione "Most za Beograd")
Sindacati, associazioni, circoli, impegnati nella lotta per la pace e la
difesa delle condizioni dei
lavoratori, sono invitati ad aderire all'iniziativa. Per comunicazioni:
catonean@...

PADOVA

Padova 20 febbraio ASSEMBLEA VENETA 21 sala Polivalente per realizzare
un nuovo livello di
comunicazione e iniziativa e per formare la delegazione a Bruxelles per
l'incontro internazionale sull'uranio
impoverito aderisce anche il fratello di uno dei soldati morti di
leucemia, indiscussione anche iniziative per la
Colombia, la Jugoslavia la Palestina ed il trangenico;
Vigonza (Padova) 23 febbraio ore 20,30 assemblea in solidarietà ai
popoli sotto embargo e contro la nato

VICENZA

Vicenza ore 20,30 Chiostri di Santa Corono Filorosso Spartakus assemblea
contro l'uranio impoverito e la nato con Russo Spena e l'angesol

CAGLIARI

Venerdì 23 e sabato 24 febbraio a Cagliari 2 giorni di iniziative
contro la Guerra

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Questa lista e' provvisoriamente curata da componenti
dell'ex Coordinamento Nazionale "La Jugoslavia Vivra'",
oggi "Comitato Promotore dell'Assemblea Antimperialista".

I documenti distribuiti non rispecchiano necessariamente le
opinioni delle realta' che compongono questa struttura, ma
vengono fatti circolare per il loro contenuto informativo al
solo scopo di segnalazione e commento ("for fair use only").
Archivio:
> http://www.ecircle.it/an_ecircle/articles?ecircleid%c2%91979
> http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages
Sito WEB:
> http://digilander.iol.it/lajugoslaviavivra
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