Sessantuno anni fa:
LO STERMINIO DELLE "SUMARICE" A KRAGUJEVAC
=== * ===
>
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/MemorialeKragujevac.=
html
PER NON DIMENTICARE: 21. ottobre 1941- 21. ottobre 2002
L'invito da Milja, Rajka e Dragan del Sindacato "Samostalni" della
Zastava Kragujevac, a non dimenticare
> http://digilander.iol.it/convogliogiorgiana/kragujevac1941.html
STERMINIO IN SERBIA. In un solo giorno 7300 morti nella città martire.
È l'autunno del 1941. Pochi mesi dopo la dissoluzione del regno di
Jugoslavia, la penisola balcanica è insorta contro l'occupante
nazifascista. Alla rivolta partigiana i tedeschi rispondono facendo
strage della popolazione civile...
(di A. Pitamitz. Da "Storia Illustrata", gennaio 1979)
=== * ===
Per la memoria storica:
Kragujevac, Jugoslavia - 21 ottobre 1941
E' un autunno freddo in quell'anno 1941 nella Sumadjia, la regione di
cui è capoluogo la città di Kragujevac... in un breve lasso di tempo
si trasformerà in gelido per i suoi abitanti.
L'occupazione nazifascista della Jugoslavia è in atto, e
contemporaneamente comincia la lotta di liberazione e si formano i
primi distaccamenti partigiani guidati dai comunisti, che nella
clandestinità avevano costruito una rete di combattenti sia nelle
città che nelle campagne e sotto la cui guida, i popoli jugoslavi
uniti, diedero vita ad una stagione di eroismi storici e sacrifici
immani, ma vittoriosa. Come raccontano i vecchi combattenti: ".. non
appena una suola straniera ha calpestato la nostra terra, il nostro
popolo ha cominciato la lotta di liberazione, senza indugi e senza
dubbi, come sempre è stato dai tempi degli ottomani in poi, la
consegna era lottare comunque. Vincere forse, ma comunque lottare...".
Quella mattina una delle tante rappresaglie (ma certamente una delle
più feroci e atroci), che poi segnarono la storia quotidiana di quelle
terre (non va mai dimenticato che, dopo il popolo sovietico, è stato
il popolo jugoslavo ha pagare il tributo di sangue e di mutilati più
alto, per la liberazione dell'Europa dal fascismo italiano e dal
nazismo tedesco), fu messa in atto in quella città, dove il rifiuto
dell'occupante ed il patriottismo erano unica cosa e continuamente
dimostrata in mille piccoli atti di ostilità verso gli occupatori.
Attorno la città vi sono una serie di colline: una di queste fu scelta
come luogo per la rappresaglia, lì furono condotti con i camion
migliaia di cittadini presi con i rastrellamenti del 20 ottobre,
prelevati nei posti di lavoro, nelle strade, nelle scuole: uomini,
donne e bambini indistintamente, persino invalidi e ragazze incinte.
Vengono sistemati in baracche e casette di legno, raggruppati a
gruppi in attesa del loro turno di fucilazione, che avvenne in varie
zone dove, in ciascun posto vennero poi costruiti, dopo la
liberazione, i vari monumenti che ancora oggi formano quello che è
chiamato il Parco della Rimembranza di Kragujevac.
All'interno delle baracche, vergati su muri, saranno poi ritrovati gli
ultimi pensieri alle famiglie, messaggi di condannati a morte, che,
come sempre in queste situazioni estreme, si rivolgono come un ultimo
saluto: alcuni intrisi di disperazione, altri colmi di un senso di
serenità finale quasi come atto liberatorio, altri come monito e grido
di una battaglia che deve continuare. Altri sono sotto forma di auto
riflessione sulla speranza, sulla vita, sul sole, sull'umanità, su
padri o su figli che non si rivedranno mai più. Ancora oggi chi visita
trova su alcuni pannelli esterni al Museo, le scritte lasciate , ormai
sempre più sbiadite, sempre più illeggibili, perché il "nuovo corso"
jugoslavo, non ha troppo interesse a mantenere e coltivare il
patrimonio dell'antifascismo e del patriottismo: ideali su cui per
oltre 50 anni le nuove generazioni venivano stimolate e indirizzate.
Il 21 ottobre scolaresche da tutta la Jugoslavia venivano ogni anno
portate sui luoghi della memoria, cercando di far mantenere le radici
della propria storia, di condividere collettivamente i valori su cui
altri ragazzi e ragazze, in altri tempi avevano perso il bene più
prezioso, la vita.
Oggi sarebbe impresa non facile per questi nuovi governanti, che
mentre il proprio popolo moriva e subiva il bombardamento della Nato,
invitavano (dall'estero!) la stessa ad aumentarne l'intensità, in
quanto era l'unico modo per staccarli dal precedente governo, inviso
ai padroni del mondo. E il caso ha voluto che il primo missile della
Nato che cadde sulla città, centrò e distrusse proprio una delle
baracche museo, uno dei tanti missili "intelligenti" che in quel caso
non uccisero, ma nel proseguio dell'aggressione, uccisero e
devastarono, soprattutto edifici civili, fabbriche come la Zastava
distrutta, scuole e civili inermi, ma sempre con spirito "UMANITARIO".
Una leadership che in due anni ha provocato e favorito, con politiche
devastanti e antipopolari il disfacimento morale e sociale in corso in
quel paese, che fino a pochi anni fa era un esempio di convivenza e
progresso civili di popoli diversi, ma uniti (notare bene: ancora oggi
l'unica repubblica multietnica e multiculturale è la Jugoslavia, e
ancora oggi in questa operaia e popolare città convivono,
pacificamente 32 etnie diverse... eppure ci avevano raccontato in
occidente che bisognava bombardare, distruggere, uccidere per poter
riportare diritti, libertà, democrazia e multietnicità; come mi disse
una donna di lì... forse è solo tutto un terribile sogno...).
In quel lontano 1941 ci vollero tre giorni, dal 21 al 23 ottobre per
completare lo sporco lavoro: in quelle 70 ore furono oltre 7000 c'è
chi dice quasi 10000 i fucilati (il numero esatto non è mai stato
possibile stabilirlo, anche perché i carnefici occuparono ancora per
anni la terra jugoslava e certo non fecero l'elenco degli assassinii
commessi).
L'UNESCO decretò Kragujevac Città Martire della Resistenza al
nazifascismo.
Quando visitai la prima volta il Parco e ogni volta che ci ritorno
anche solo per pochi minuti, provo una sensazione interiore profonda:
è come se quel silenzio così gravido di storia, di sofferenze, di
atrocità, provocasse un' atmosfera particolare che quasi costringe a
raccogliersi con se stessi, con la propria anima. Perché una cosa che
si nota è che chiunque si incontra passeggiando tra quelle pietre,
quelle sculture sparse, bambini, adulti, anziani, camminano o
chiacchierano sommessamente, senza alzare mai il tono della voce, come
per non disturbare i propri martiri.
Ci sono due episodi che vorrei raccontare perché ritengo diano tutto
il senso di quella tragedia,ma che rappresentano anche quanto fosse
profondo e sentito nella stragrande maggioranza del popolo jugoslavo
il sentimento e la coscienza della lotta antifascista e patriottica.
Il primo riguarda la toccante storia della classe di studenti
prelevata mentre faceva lezione e il cui insegnante, decise di
condividere la stessa sorte dei ragazzi mentre avrebbe potuto salvarsi
e che quando il plotone d'esecuzione stava per fucilare i ragazzi, si
mise tra essi e gli assassini di spalle, con il libro di testo in
mano, al che l'ufficiale tedesco gli chiese cosa stesse facendo ed
egli rispose : "...io sto facendo il mio dovere di uomo e di
insegnante con i miei alunni, voi fate quello che dovete fare..". E
così cadde con i suoi ragazzi: a loro è dedicato il monumento detto
delle "Ali spezzate".
L'altro profondo episodio è quello dei lustrascarpe Rom: un piccolo
Rom lustrascarpe si rifiuta di pulire gli stivali di un ufficiale
tedesco che lo uccide per strada per l'affronto, dopodiché manda a
prendere un fratellino del ragazzo, il quale si rifiuta e anche lui
viene ucciso, allora si manda a prendere i familiari che rifiutandosi
vengono fucilati. Giunta a quel punto la vera e propria sfida, vengono
portati tutti i piccoli Rom che si trovano, chi si fosse rifiutato di
lustrare gli stivali sarebbe stato ucciso, ma non uno di questi
piccoli lustrascarpe accetta, così vengono condotti alla collina e
fucilati tutti. 300 piccoli Rom uccisi... per DIGNITA': a loro è
dedicato il Monumento dei " Fiori di pietra".
Anche questo dovrebbe far pensare molti, sul perché il popolo Rom si è
schierato e ha difeso la Jugoslavia contro i bombardamenti, l'unico
posto dove è accettato e vive tuttora, con dignità.
Questo è un pezzettino di storia, che sembra lontana in questo
occidente opulento e corrotto, ormai quasi estraneo a certi valori, a
certe profondità dell'anima, al concetto di dignità e identità
nazionali, intesi soprattutto come valore profondo di libertà e
indipendenza. Eppure io credo che chiunque in questi ultimi anni di
questa sventurata Jugoslavia, sia stato là, abbia potuto parlare e
riflettere con qualcuno di questo popolo; chi sia riuscito a
condividere dolori, speranze, attese, tradimenti, ha conosciuto anche
un profondo e radicato senso generalizzato di umanità, solidarietà,
amicizia, non in qualche persona ma come un bene e una cultura comune.
Sono posti dove si piange, si soffre ma dove ancora si canta, si
balla, ci si abbraccia... naturalmente, TUTTI INSIEME!
E questa è la SPERANZA che un giorno questo popolo, ritroverà le forze
per rialzarsi in piedi anche materialmente e caccerà i propri
traditori e gli asserviti agli interessi stranieri, che stanno
massacrando e svendendo il paese e il popolo.
FIABA CRUENTA
" Avvenne in un paese di contadini, nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni, in un giorno solo morì di morte gloriosa.
Avevano tutti la stessa età, scorrevano uguali per tutti, i giorni di
scuola
andavano alle cerimonie in compagnia, li vaccinavano tutti contro la
stessa malattia.
E morirono tutti in un giorno solo.
Avvenne in un paese di contadini, nella Balcania montuosa :
una compagnia di alunni in un solo giorno morì di morte gloriosa.
Cinquantacinque minuti, prima che la morte se li portasse via
sedevano sui banchi di scuola, i ragazzi della piccola compagnia
E con lo stesso compito assillante :
andando a piedi, quanto impiega un viandante... e così via.
Erano pieni delle stesse cifre i loro pensieri,
e nei quaderni, dentro la cartella,
giacevano assurdi innumerevoli, i cinque e gli zeri...
Stringevano in tasca con ardore, una manciata di comuni sogni
di comuni segreti, patriottici e d'amore.
E ognuno, lieto della propria aurora, credeva di correre molto,
tanto ancora, sotto l'azzurro tetto rotondo
fino a risolvere, tutti i compiti di questo mondo.
Avvenne in un paese di contadini, nella Balcania montuosa :
una compagnia di alunni in un giorno solo morì di morte gloriosa.
File intere di ragazzi, si presero per mano
e, dall'ultima ora di scuola, si avviarono alla fucilazione
Calmi, col cuore forte, come se nulla fosse la morte.
file intere di compagni, salirono nella stessa ora
verso l'eterna dimora."
(Desanka Maksimovic)
Come disse S. Pertini - l'unico partigiano presidente di questo paese
chiamato Italia:
"Ricordare è un dovere, dimenticare un delitto"
Torino 21 Ottobre 2002,
dedicato a tutti gli uomini e donne di Jugoslavia che hanno lottato,
resistito, sfidato l'ordine mondiale imposto. Oggi sono caduti,
offesi, umiliati ma la speranza è che un giorno insieme agli altri
popoli resistenti, ritrovino la loro strada verso un futuro degno di
essere vissuto e che si sono meritati. E a quelle compagne e compagni
jugoslavi che mi hanno onorato della loro stima e fiducia, di cui sono
fieramente orgoglioso. Essi e questo fiero popolo, sappiano che per
quanto sarà nel possibile. :" Nessuno è dimenticato, Niente è
dimenticato "
Enrico Vigna - Associazione "SOS Yugoslavia" (Torino), Coordinamento
Nazionale per la
Jugoslavia
LO STERMINIO DELLE "SUMARICE" A KRAGUJEVAC
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PER NON DIMENTICARE: 21. ottobre 1941- 21. ottobre 2002
L'invito da Milja, Rajka e Dragan del Sindacato "Samostalni" della
Zastava Kragujevac, a non dimenticare
> http://digilander.iol.it/convogliogiorgiana/kragujevac1941.html
STERMINIO IN SERBIA. In un solo giorno 7300 morti nella città martire.
È l'autunno del 1941. Pochi mesi dopo la dissoluzione del regno di
Jugoslavia, la penisola balcanica è insorta contro l'occupante
nazifascista. Alla rivolta partigiana i tedeschi rispondono facendo
strage della popolazione civile...
(di A. Pitamitz. Da "Storia Illustrata", gennaio 1979)
=== * ===
Per la memoria storica:
Kragujevac, Jugoslavia - 21 ottobre 1941
E' un autunno freddo in quell'anno 1941 nella Sumadjia, la regione di
cui è capoluogo la città di Kragujevac... in un breve lasso di tempo
si trasformerà in gelido per i suoi abitanti.
L'occupazione nazifascista della Jugoslavia è in atto, e
contemporaneamente comincia la lotta di liberazione e si formano i
primi distaccamenti partigiani guidati dai comunisti, che nella
clandestinità avevano costruito una rete di combattenti sia nelle
città che nelle campagne e sotto la cui guida, i popoli jugoslavi
uniti, diedero vita ad una stagione di eroismi storici e sacrifici
immani, ma vittoriosa. Come raccontano i vecchi combattenti: ".. non
appena una suola straniera ha calpestato la nostra terra, il nostro
popolo ha cominciato la lotta di liberazione, senza indugi e senza
dubbi, come sempre è stato dai tempi degli ottomani in poi, la
consegna era lottare comunque. Vincere forse, ma comunque lottare...".
Quella mattina una delle tante rappresaglie (ma certamente una delle
più feroci e atroci), che poi segnarono la storia quotidiana di quelle
terre (non va mai dimenticato che, dopo il popolo sovietico, è stato
il popolo jugoslavo ha pagare il tributo di sangue e di mutilati più
alto, per la liberazione dell'Europa dal fascismo italiano e dal
nazismo tedesco), fu messa in atto in quella città, dove il rifiuto
dell'occupante ed il patriottismo erano unica cosa e continuamente
dimostrata in mille piccoli atti di ostilità verso gli occupatori.
Attorno la città vi sono una serie di colline: una di queste fu scelta
come luogo per la rappresaglia, lì furono condotti con i camion
migliaia di cittadini presi con i rastrellamenti del 20 ottobre,
prelevati nei posti di lavoro, nelle strade, nelle scuole: uomini,
donne e bambini indistintamente, persino invalidi e ragazze incinte.
Vengono sistemati in baracche e casette di legno, raggruppati a
gruppi in attesa del loro turno di fucilazione, che avvenne in varie
zone dove, in ciascun posto vennero poi costruiti, dopo la
liberazione, i vari monumenti che ancora oggi formano quello che è
chiamato il Parco della Rimembranza di Kragujevac.
All'interno delle baracche, vergati su muri, saranno poi ritrovati gli
ultimi pensieri alle famiglie, messaggi di condannati a morte, che,
come sempre in queste situazioni estreme, si rivolgono come un ultimo
saluto: alcuni intrisi di disperazione, altri colmi di un senso di
serenità finale quasi come atto liberatorio, altri come monito e grido
di una battaglia che deve continuare. Altri sono sotto forma di auto
riflessione sulla speranza, sulla vita, sul sole, sull'umanità, su
padri o su figli che non si rivedranno mai più. Ancora oggi chi visita
trova su alcuni pannelli esterni al Museo, le scritte lasciate , ormai
sempre più sbiadite, sempre più illeggibili, perché il "nuovo corso"
jugoslavo, non ha troppo interesse a mantenere e coltivare il
patrimonio dell'antifascismo e del patriottismo: ideali su cui per
oltre 50 anni le nuove generazioni venivano stimolate e indirizzate.
Il 21 ottobre scolaresche da tutta la Jugoslavia venivano ogni anno
portate sui luoghi della memoria, cercando di far mantenere le radici
della propria storia, di condividere collettivamente i valori su cui
altri ragazzi e ragazze, in altri tempi avevano perso il bene più
prezioso, la vita.
Oggi sarebbe impresa non facile per questi nuovi governanti, che
mentre il proprio popolo moriva e subiva il bombardamento della Nato,
invitavano (dall'estero!) la stessa ad aumentarne l'intensità, in
quanto era l'unico modo per staccarli dal precedente governo, inviso
ai padroni del mondo. E il caso ha voluto che il primo missile della
Nato che cadde sulla città, centrò e distrusse proprio una delle
baracche museo, uno dei tanti missili "intelligenti" che in quel caso
non uccisero, ma nel proseguio dell'aggressione, uccisero e
devastarono, soprattutto edifici civili, fabbriche come la Zastava
distrutta, scuole e civili inermi, ma sempre con spirito "UMANITARIO".
Una leadership che in due anni ha provocato e favorito, con politiche
devastanti e antipopolari il disfacimento morale e sociale in corso in
quel paese, che fino a pochi anni fa era un esempio di convivenza e
progresso civili di popoli diversi, ma uniti (notare bene: ancora oggi
l'unica repubblica multietnica e multiculturale è la Jugoslavia, e
ancora oggi in questa operaia e popolare città convivono,
pacificamente 32 etnie diverse... eppure ci avevano raccontato in
occidente che bisognava bombardare, distruggere, uccidere per poter
riportare diritti, libertà, democrazia e multietnicità; come mi disse
una donna di lì... forse è solo tutto un terribile sogno...).
In quel lontano 1941 ci vollero tre giorni, dal 21 al 23 ottobre per
completare lo sporco lavoro: in quelle 70 ore furono oltre 7000 c'è
chi dice quasi 10000 i fucilati (il numero esatto non è mai stato
possibile stabilirlo, anche perché i carnefici occuparono ancora per
anni la terra jugoslava e certo non fecero l'elenco degli assassinii
commessi).
L'UNESCO decretò Kragujevac Città Martire della Resistenza al
nazifascismo.
Quando visitai la prima volta il Parco e ogni volta che ci ritorno
anche solo per pochi minuti, provo una sensazione interiore profonda:
è come se quel silenzio così gravido di storia, di sofferenze, di
atrocità, provocasse un' atmosfera particolare che quasi costringe a
raccogliersi con se stessi, con la propria anima. Perché una cosa che
si nota è che chiunque si incontra passeggiando tra quelle pietre,
quelle sculture sparse, bambini, adulti, anziani, camminano o
chiacchierano sommessamente, senza alzare mai il tono della voce, come
per non disturbare i propri martiri.
Ci sono due episodi che vorrei raccontare perché ritengo diano tutto
il senso di quella tragedia,ma che rappresentano anche quanto fosse
profondo e sentito nella stragrande maggioranza del popolo jugoslavo
il sentimento e la coscienza della lotta antifascista e patriottica.
Il primo riguarda la toccante storia della classe di studenti
prelevata mentre faceva lezione e il cui insegnante, decise di
condividere la stessa sorte dei ragazzi mentre avrebbe potuto salvarsi
e che quando il plotone d'esecuzione stava per fucilare i ragazzi, si
mise tra essi e gli assassini di spalle, con il libro di testo in
mano, al che l'ufficiale tedesco gli chiese cosa stesse facendo ed
egli rispose : "...io sto facendo il mio dovere di uomo e di
insegnante con i miei alunni, voi fate quello che dovete fare..". E
così cadde con i suoi ragazzi: a loro è dedicato il monumento detto
delle "Ali spezzate".
L'altro profondo episodio è quello dei lustrascarpe Rom: un piccolo
Rom lustrascarpe si rifiuta di pulire gli stivali di un ufficiale
tedesco che lo uccide per strada per l'affronto, dopodiché manda a
prendere un fratellino del ragazzo, il quale si rifiuta e anche lui
viene ucciso, allora si manda a prendere i familiari che rifiutandosi
vengono fucilati. Giunta a quel punto la vera e propria sfida, vengono
portati tutti i piccoli Rom che si trovano, chi si fosse rifiutato di
lustrare gli stivali sarebbe stato ucciso, ma non uno di questi
piccoli lustrascarpe accetta, così vengono condotti alla collina e
fucilati tutti. 300 piccoli Rom uccisi... per DIGNITA': a loro è
dedicato il Monumento dei " Fiori di pietra".
Anche questo dovrebbe far pensare molti, sul perché il popolo Rom si è
schierato e ha difeso la Jugoslavia contro i bombardamenti, l'unico
posto dove è accettato e vive tuttora, con dignità.
Questo è un pezzettino di storia, che sembra lontana in questo
occidente opulento e corrotto, ormai quasi estraneo a certi valori, a
certe profondità dell'anima, al concetto di dignità e identità
nazionali, intesi soprattutto come valore profondo di libertà e
indipendenza. Eppure io credo che chiunque in questi ultimi anni di
questa sventurata Jugoslavia, sia stato là, abbia potuto parlare e
riflettere con qualcuno di questo popolo; chi sia riuscito a
condividere dolori, speranze, attese, tradimenti, ha conosciuto anche
un profondo e radicato senso generalizzato di umanità, solidarietà,
amicizia, non in qualche persona ma come un bene e una cultura comune.
Sono posti dove si piange, si soffre ma dove ancora si canta, si
balla, ci si abbraccia... naturalmente, TUTTI INSIEME!
E questa è la SPERANZA che un giorno questo popolo, ritroverà le forze
per rialzarsi in piedi anche materialmente e caccerà i propri
traditori e gli asserviti agli interessi stranieri, che stanno
massacrando e svendendo il paese e il popolo.
FIABA CRUENTA
" Avvenne in un paese di contadini, nella Balcania montuosa:
una compagnia di alunni, in un giorno solo morì di morte gloriosa.
Avevano tutti la stessa età, scorrevano uguali per tutti, i giorni di
scuola
andavano alle cerimonie in compagnia, li vaccinavano tutti contro la
stessa malattia.
E morirono tutti in un giorno solo.
Avvenne in un paese di contadini, nella Balcania montuosa :
una compagnia di alunni in un solo giorno morì di morte gloriosa.
Cinquantacinque minuti, prima che la morte se li portasse via
sedevano sui banchi di scuola, i ragazzi della piccola compagnia
E con lo stesso compito assillante :
andando a piedi, quanto impiega un viandante... e così via.
Erano pieni delle stesse cifre i loro pensieri,
e nei quaderni, dentro la cartella,
giacevano assurdi innumerevoli, i cinque e gli zeri...
Stringevano in tasca con ardore, una manciata di comuni sogni
di comuni segreti, patriottici e d'amore.
E ognuno, lieto della propria aurora, credeva di correre molto,
tanto ancora, sotto l'azzurro tetto rotondo
fino a risolvere, tutti i compiti di questo mondo.
Avvenne in un paese di contadini, nella Balcania montuosa :
una compagnia di alunni in un giorno solo morì di morte gloriosa.
File intere di ragazzi, si presero per mano
e, dall'ultima ora di scuola, si avviarono alla fucilazione
Calmi, col cuore forte, come se nulla fosse la morte.
file intere di compagni, salirono nella stessa ora
verso l'eterna dimora."
(Desanka Maksimovic)
Come disse S. Pertini - l'unico partigiano presidente di questo paese
chiamato Italia:
"Ricordare è un dovere, dimenticare un delitto"
Torino 21 Ottobre 2002,
dedicato a tutti gli uomini e donne di Jugoslavia che hanno lottato,
resistito, sfidato l'ordine mondiale imposto. Oggi sono caduti,
offesi, umiliati ma la speranza è che un giorno insieme agli altri
popoli resistenti, ritrovino la loro strada verso un futuro degno di
essere vissuto e che si sono meritati. E a quelle compagne e compagni
jugoslavi che mi hanno onorato della loro stima e fiducia, di cui sono
fieramente orgoglioso. Essi e questo fiero popolo, sappiano che per
quanto sarà nel possibile. :" Nessuno è dimenticato, Niente è
dimenticato "
Enrico Vigna - Associazione "SOS Yugoslavia" (Torino), Coordinamento
Nazionale per la
Jugoslavia