Bulgaria, Turchia, Kosovo

Due link ed un articolo, tutti piuttosto inquietanti, dal sito
"Osservatorio Balcani", che rappresenta le posizioni della Commissione
Europea ed è apertamente schierato con tutti i secessionismi etnici
dell'area. (IS)

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Bulgaria e Kosovo, la diplomazia del pendolo

22.12.2005 scrive Tanya Mangalakova
Un viaggio a Pristina e Belgrado del proprio Ministro degli Esteri e
poi incontri di mediazione organizzati sul proprio territorio. La
Bulgaria è particolarmente attiva sul fronte kosovaro. Non per
interessi commerciali ma piuttosto di geopolitica: uno su tutti
salvaguardare la stabilità della Macedonia

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5071/1/51/

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Nazionalismo e conversioni

24.10.2005 scrive Tanya Mangalakova
Vi è una comunità musulmana in Bulgaria. Sono i pomachi e vivono sui
Monti Rodopi. Alcune controverse figure stanno premendo per una loro
conversione alla chiesa ortodossa. Tra queste la discussa figura di
Padre Saraev. La nostra corrispondente l'ha incontrato

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/4824/1/51/

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http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5414/1/51/

Bulgaria, nazionalismo in crescita anche fra i turchi?

23.03.2006 Da Sofia, scrive Tanya Mangalakova
Nostro reportage tra la minoranza turca, a seguito delle polemiche
suscitate da una dichiarazione promossa su iniziativa di alcune Ong
della regione di Kazanlak, nella Bulgaria centrale, con la quale si
chiede che la minoranza turca venga menzionata nella costituzione
bulgara, e che venga soppresso il divieto di creare partiti etnici


"Seimilacinquecento turchi vogliono uno stato nello stato". Così il
quotidiano "Troud" titolava il 20 febbraio scorso, commentando la
dichiarazione in dieci punti sottoscritta su iniziativa di alcune Ong
della regione di Kazanlak, nella Bulgaria centrale, che chiede che la
minoranza turca venga menzionata nella costituzione bulgara.

La petizione si articola in dieci punti, e oltre a chiedere "il
ripristino e la tutela della minoranza turca in Bulgaria, stato
multinazionale, sovrano e territorialmente integro", chiede, tra
l'altro, l'adozione di una legge speciale sulle minoranze e la
creazione di un ministero apposito, l'apertura di un'università in
lingua turca, lo studio obbligatorio del turco per i giovani della
comunità, la soppressione del divieto costituzionale di istituire
partiti su base etnica e l'abbandono dell'attuale "modello etnico
bulgaro", definito come "prosecuzione dell'assimilazione e del
genocidio contro le minoranze turca e mussulmana".

Anche dopo aver sottoscritto nel 1999 la Convenzione sulla protezione
delle minoranze, la società bulgara rimane particolarmente sensibile
alle richieste della minoranza turca, che secondo l'ultimo censimento
del 2001 ammonta a circa 750mila persone, di essere citata
esplicitamente nella costituzione, preferendo utilizzare il termine
"gruppo etnico", tanto che la comunità turca in Bulgaria viene
solitamente definita comunità dei "turchi bulgari".

L'iniziatore della petizione, Menderes Koungun, ha criticato
aspramente il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), espressione
politica della comunità turca, parte dell'attuale maggioranza di
governo, e il suo leader Ahmed Dogan, sostenendo che "il DPS crea
ghetti etnici in Bulgaria monopolizzando la comunità turca, ed è un
vero ostacolo alla realizzazione diretta della democrazia" e
dichiarando polemicamente che "il modello etnico è un tumore".

Dal mondo politico bulgaro sono arrivate dure critiche alla petizione,
letta come una velata richiesta separatista, o comunque di
federalizzazione. I commenti più negativi sono arrivati, come
prevedibile, dalle formazioni di ideologia nazionalista, come il VMRO
che ha chiesto l'intervento della procura e Ataka, che ha proposto di
rigettare la Convenzione per la protezione delle Minoranze.

Il Bulgarian Helsinki Committee è stata una delle poche Ong a
supportare la richiesta di soppressione del divieto di creare partiti
etnici, che considera discriminatoria. Il suo direttore Krasimir
Kanev, ha però espresso molti dubbi sull'opportunità di citare
esplicitamente la minoranza turca nella costituzione, visto che questa
richiesta potrebbe allargarsi a catena alle altre minoranze che vivono
in Bulgaria.

Un caffè a Kazanlak

Ci sono circa 15mila mussulmani nella regione di Kazanlak, piccola
città nella famosa Valle delle Rose, tra Turchi, Pomacchi e Millet,
rom di lingua turca. E' da due Ong della zona che è partita la
petizione che chiede il riconoscimento formale della minoranza turca.
Osservatorio ha incontrato i leader di queste organizzazioni nella
casa del loro portavoce, Menderes Koungun. Koungun, ingegnere tessile,
52 anni, è stato a lungo attivista del DPS a Kazanlak, ma oggi è
uscito dal partito. Insieme a lui Osservatorio ha incontrato Osman
Bulbul, leader dell'Associazione Nazionale per l'euro-integrazione
delle Minoranze, Smail Dervish, presidente dell'associazione dei
cittadini mussulmani "Millet" e Hikmet Djafer, vice-presidente del
Movimento Nazionale per i Diritti e le Libertà, formazione da non
confondere col quasi omonimo partito di Dogan.

Tutti i presenti non hanno nascosto forti critiche verso il DPS, con
toni spesso paragonabili a quelli degli esponenti di Ataka. "Ahmed
Dogan era un agente di Todor Zhivkov", ha detto a Osservatorio Osman
Bulbul, "e il leader del DPS continua a ingannare le persone, dicendo
che difende i nostri interessi. Ma se guardiamo l'articolo 44 della
Costituzione, leggiamo che la Bulgaria è uno stato "etno-nazionale",
quindi il DPS aiuta lo stato nella sua politica di assimilazione".

Secondo Hikmet Djafer, che pure ne è stato uno dei fondatori nel 1989,
il DPS è in realtà un figlioccio del partito comunista. "Noi siamo
stati i primi a spiegarlo ai turchi che vivono in Bulgaria". "Oggi il
DPS è un "circolo di interessi" e in questo modo manipola
l'elettorato" continua Djafer. "Nel mio paese, Koprinka, molte persone
volevano sottoscrivere la petizione, ma hanno paura di essere
licenziati. Il DPS usa il tabacco come una spada di Damocle, minaccia
i produttori dicendo loro che il tabacco che producono non sarà
venduto, se non votano in modo "giusto".

"Il cosiddetto "modello etnico bulgaro" non esiste, è un mito."
sostiene Menderes Kougun. "Noi vogliamo quello che viene garantito dal
diritto europeo e dalla Convenzione sulla protezione delle Minoranze,
che pur essendo stata recepita non viene ancora messa in pratica. La
nostra iniziativa ha messo in apprensione i "gavazi" (parola turca che
significa "bravacci, bulli") i briganti e i capibanda, che si
frappongono tra i cittadini e lo Stato. I "gavazi" sono quelli del
DPS, i briganti quelli del VMRO e i capibanda quelli di Ataka. Tutti
loro vogliono fare da intermediari tra i cittadini e lo Stato, e non
permettono nessuna iniziativa senza il loro benestare."

I nostri figli dovrebbero studiare il turco!

Gli interlocutori di Osservatorio si lamentano che non ci siano
quotidiani in lingua turca pubblicati in Bulgaria, anche se gli
facciamo notare che esistono pubblicazioni come "Kaynak", "Balon" e
"Filiz, stampati proprio in turco. "Di fatto però i nostri figli non
sanno il turco, non lo imparano a scuola", sostiene Hikmet Djafer, "e
anche se possono sceglierlo come materia opzionale, sono già oberati
dalle lezioni obbligatorie. Non riescono nemmeno a capirsi con i loro
cugini in Turchia".

L'apertura di un'università in lingua turca in Bulgaria, una delle
dieci richieste formulate nella petizione, viene auspicata per creare
quadri professionali in grado di attirare gli investitori turchi in
Bulgaria. "Questa università è una strada privilegiata per integrare
la minoranza turca in Bulgaria, e non una forma di separatismo", ha
detto ad Osservatorio Menderes Kougun. "Il problema culturale resta
insoluto e al momento la nostra comunità guarda i canali tv dalla
Turchia con le parabole".

Richieste fuori dal tempo

"C'è una buona coabitazione tra cristiani e mussulmani qui intorno" ci
assicura Vasil Samarski, presidente del consiglio comunale di
Kazanlak, e porta ad esempio il vicino villaggio di Asen, dove la
comunità turca ha aiutato economicamente i vicini ortodossi quando
hanno deciso di costruire una nuova chiesa, ricambiando poi il favore
quando in paese è iniziata a sorgere la moschea.
Per quanto riguarda la lingua poi, ci assicura che non esistono
ostacoli all'insegnamento del turco, se i genitori lo desiderano, ma
la maggior parte degli alunni sembra più interessata all'inglese, al
francese o al tedesco.

"Mi sembra strano" commenta Samarski, "che si parli di un'università
turca in questo mondo globalizzato. Molti ragazzi bulgari vanno a
studiare a Istambul, che non è lontana e offre un'ampia scelta
formativa. C'è anche un dipartimento di lingua turca all'università di
Sofia".

Secondo lo stesso Samarski, la petizione nasce soprattutto da una
mancanza di informazione. "Forse nel passato, ai tempi del processo di
nazionalizzazione forzata, questi problemi erano di vitale importanza,
ma oggi non lo sono più. Non dovremmo tornare indietro, adesso che
siamo alle porte dell'Europa. Ci sono tendenze nazionaliste nella
società bulgara, e queste portano naturalmente a generare l'idea di
'altro'. Ma non c'è pericolo di crisi o conflitti".