Informazione


(ovaj tekst na srpskohrvatskom: 


WHY SERBIA SHOULD NOT JOIN NATO

In the view of certain statements published recently that Serbia`s representatives may in recent future submit application for membership in NATO, the Belgrade Forum for a World of Equals, not withstanding possibility that such statements aim at testing Serbian public opinion, considers it necessary to draw the attention to certain facts.

NATO is military conquering alliance; Serbia is a peace loving country. 
NATO attempts to put under its control sources of energy, minerals and other natural wealth, to control geopolitically important territories and communications, to impose might above the right lead to global conflict with unpredictable consequences. Such strategy should be condemned and not condoned.
NATO ignores the fact that the era of the concept of uni-pollar world relations belongs to the past and that the process of multilateralization and democratization of international relations cannot be stopped. 
NATO conquering strategy represents source of serious threats to peace and security in Europe and the world.
During aggression on Yugoslavia (Serbia and Montenegro) 15 years ago, NATO destroyed Serbia, caused the death of about 4.000 persons, wounding about 10.000, mainly civilians, poisoned soil, water and air by missiles with depleted uranium. How many citizens had died in the meantime and how many of them will die as a result of the NATO use of depleted uranium, will hardly be established. 
Serbia`s adherence to NATO would mean amnestying the leadership of the Alliance of its responsibility for the war crimes and economic damage, as well as unforgivable sin towards human victims. 
Such a step would certainly jeopardize strategic relations with Russia being Serbia`s traditional friend, supporter and closest ally in two world wars. Maintaining strategic cooperation and mutual trust with Russia is of paramount importance for survival of Serbia as sovereign independent and prosperous state. 
NATO aggression, called “humanitarian intervention”, its continuation up to these days by other means, occupation of the Serbia`s state territory in order to establish a mafia state called “Republic of Kosova”, as well as repetition of the aggression in Afghanistan, Iraq, Libya, Mali, Syria and other countries – illustrate profound human, moral, political and economic crises of western civilization.
Elites of the leading western states came to the point that they see no other solutions for maintaining its privileged position and prosperity but to conquer and occupy other countries wealth by military force of NATO. The majority of the world community, however, is not ready to surrender but to defend freedom, sovereignty and territorial integrity.
Under the guise of the defender of, human rights, security of civilians, democratic values, in general, NATO has been violating basic principles of international law, imposing regime changes by force and provoking deaths and misery of civilians, only to serve the greedy interests of corporate capital of leading powers. Thus, NATO has become key factor of spreading militarism and totalitarian ideology.
EU has adopted NATO strategy and plans of expansion toward East, including installing of new so called anti-rocket bases towards Russia, as a common strategy.
Serbia`s foreign debt is extremely high; joining NATO would require buying new military hardware, therefore to further rise of the foreign debt and financial enslavements. 
NATO interventions in Afghanistan, Iraq, Libya and elsewhere have left deaths of civilians, refugees, divisions, civilian conflicts. The public is against Serbia`s involvements in such policy and operations; Serbia`s soldiers should not by dying for the alien greedy interests.
The public demands full respect of the will of 75% of Serbia`s citizens who are against membership in NATO. Reinforcing present official status of militarily neutrality is in the best interest of Serbia.

Belgrade, July 2013.
BELGRADE FORUM FOR A WORLD OF EQUALS




Da: anpi.vt @...

Oggetto: Repliche Drug Gojko estate '13 Tuscia

Data: 16 luglio 2013 16.44.47 GMT+02.00


Il Cp Anpi Viterbo è lieto di comunicare le repliche, nella Tuscia, del proprio spettacolo

DRUG GOJKO
di Pietro Benedetti, regia di Elena Mozzetta
In vista dell’uscita del testo presso l’editore Ghaleb, nell‘anno in cui Nello Marignoli di anni ne compie novanta.
Viterbo, Cortile di palazzo Gentili (palazzo della Provincia), giovedì 18 luglio, ore 21,00.
Montefiascone (Vt), piazza Frigo, lunedì 29 luglio, ore 21,00.
Capodimonte (Vt), piazza della Rocca, mercoledì 31 luglio, ore 21,00.
Latera (Vt), giovedì 1° agosto (ora e luogo da confermare).
Civitavecchia (Rm), Spazio cultura Marina, giovedì 8 agosto, ore 20,00.
 

E le stelle si poggiarono al suolo
Erano ali di insetti illuminate dai riflettori
Si sentiva vibrare il dolore di quella tragedia che la storia umana portava con sé
Solo un muro e il palcoscenico
Come nella vita dopo la guerra
Le mura e la città vuota che a caro prezzo pagava la sommessa commedia della libertà.
Veronica Pacifico, 13 agosto 2012
 

Drug Gojko (Compagno Gojko) narra, sottoforma di monologo, le vicende di Nello Marignoli, classe 1923, gommista viterbese, radiotelegrafista della Marina militare italiana sul fronte greco - albanese e, a seguito dell8 settembre 1943, Combattente partigiano nellEsercito popolare di liberazione jugoslavo. Lo spettacolo, che si avvale della testimonianza diretta di Marignoli, riguarda la storia locale, nazionale ed europea assieme, nel dramma individuale e collettivo della Seconda guerra mondiale. Una storia militare, civile e sociale, riassunta nei trascorsi di un artigiano, vulcanizzatore, del Novecento, rievocati con un innato stile narrativo emozionante quanto privo di retorica.

Scheda spettacolo e attore, dal sito Cnj: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm




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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

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Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) al link: https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0413.doc 
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla nuova URL: https://www.cnj.it/NBMSC.htm
Gallerie fotografiche ed ulteriori informazioni sono riportate alla pagina facebook:
http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Per approfondimenti si vedano anche:
* il report del segretario del Sindacato Unitario (JSO) della Zastava di luglio 2013, dedicato a privatizzazioni e povertà in Serbia:
* tutto il nostro archivio della documentazione rilevante sulle questioni economiche e sindacali:


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ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle - Trieste

DI RITORNO DA KRAGUJEVAC

Viaggio del 4-7 aprile 2013


Introduzione

Vi inviamo la relazione del viaggio svolto tre mesi fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL.

Questi viaggi servono anche a verificare lo stato dei numerosi progetti che sono stati portati a termine e per la messa in cantiere di nuovi progetti.

Come sempre in questa relazione saranno presenti alcune fotografie per illustrare questi progetti; ne troverete molte di più per ogni singolo progetto sulla nostra pagina facebook

http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Tutte le nostre informazioni vengono pubblicate regolarmente sui due siti che seguono; altri siti di tanto in tanto riportano le relazioni dei nostri viaggi oppure le schede informative che periodicamente inviamo.

Sul sito del Coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative (a partire dal 1999) alla pagina:

http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm

I nostri resoconti sono presenti dal 2006 anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:

https://www.cnj.it/NBMSC.htm


CRONACA DEL VIAGGIO; I PROGETTI IN CORSO



Giovedì 4 aprile 2013; in viaggio e l’arrivo al Sindacato


Ci ritroviamo alle 8 a Trieste per la partenza.

Siamo in cinque, Stefano da Fiumicello, Gabriella, Gilberto e Marco da Trieste, Lorena da Pordenone e quindi viaggiamo ben comodi (si fa per dire... viste le sospensioni) nel glorioso pullmino a nove posti della Associazione di Solidarietà Internazionale Triestina, che orami da dodici anni ci porta senza tanti problemi in questi nostri viaggi balcanici.

Il viaggio di andata si svolge senza inciampi; siamo ormai abituati a vedere poco traffico durante le lunghe ore che ci separano dalla nostra meta, ma mai come questa volta abbiamo incontrato un vuoto così assoluto in questa lunga autostrada che collega tante grandi città e attraversa molti Paesi. Il traffico commerciale è del tutto inesistente.

Finalmente incontriamo i nostri amici del sindacato nella loro sede. L’atmosfera è come sempre festosa, come se ci si fosse lasciati il giorno prima. Ci accolgono Rajko, Gordana, Dragan e Rajka. Rajko e Gordana sono rispettivamente il segretario e la vicesegretaria della organizzazione Jedinstvena Sindikalna Organizacija, il Sindacato con il quale collaboriamo ormai da 14 anni e che riunisce in una unica struttura organizzativa tutti i lavoratori iscritti al Sindacato Samostalni delle varie unità produttive nelle quali è stato smembrato il gruppo Zastava nel 2001.

Rajka e Dragan sono stati allontananti dal loro posto di lavoro nel febbraio 2011, dopo la pesante ristrutturazione della Zastava Auto seguita alla sua definitiva trasformazione in Fiat Auto Serbia.

Rajka era stata inserita nel gruppo di circa 100 lavoratori che si trovavano a due anni dalla pensione e inseriti nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego, con una indennità di disoccupazione pari a circa il 60% del salario precedente. Ora Rajka è in pensione da marzo scorso.

Dragan invece, essendo molto più giovane, è stato inserito insieme a circa altri 1000 lavoratori nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego; questi lavoratori hanno ricevuto un sussidio di 22000 dinari/mese per un anno e 19.000 dinari/mese per un successivo secondo anno indipendentemente da anzianità e qualifica. Ora questo sussidio di disoccupazione è terminato e Dragan si ritrova definitivamente disoccupato, senza salario e senza contributi.

Dragan ha sempre svolto il ruolo di informatico per l’ufficio adozioni, e la sua presenza è assolutamente necessaria per mandare avanti gli affidi e i progetti che sono in corso.

Rajka, che molti in Italia conoscono di persona, non è solo la NOSTRA interprete da sempre, ma è l’anima e la coscienza storica di tutte le nostre attività.

E' chiaro che senza di loro la nostra campagna di solidarietà materiale con i lavoratori di Kragujevac, in piedi ormai da 14 anni, sarebbe destinata a finire molto presto, tra l’altro in una fase come questa, in cui il modesto ma concreto aiuto che periodicamente portiamo diventa ancor più indispensabile.

Per questi motivi alcune delle associazioni italiane che intervengono a Kragujevac hanno deciso due anni fa di creare un apposito fondo, SENZA toccare il denaro destinato agli affidi, che integra in parte il reddito per queste due persone permettendo quindi di continuare l’attività dell’ufficio.

Dopo aver vuotato le valigie contenenti i medicinali e un poco di vestiario usato che abbiamo portato con noi prepariamo tutte le buste con gli affidi che saranno consegnati durante l’assemblea pubblica di sabato 6 aprile, organizziamo gli appuntamenti che avremo nei due giorni successivi ed infine consegniamo le due buste con i contributi per l’ufficio adozioni, per le quali ci viene rilasciata una regolare ricevuta.


Venerdì 5 aprile; la verifica dei progetti


Alle 9 il primo incontro è con tutti i segretari del Sindacato Samostalni di tutte le fabbriche dell’ex gruppo Zastava; è un incontro annuale che serve a verificare i rapporti e i progetti che la Jedinstvena Sindikalna Organizacija porta avanti con tutte le associazioni con cui è in contatto. L’incontro è stato fissato oggi in modo da permetterci di essere presenti.

La riunione avviene nella grande sala, quella in cui noi teniamo le assemblee per la consegna degli affidi a distanza; sulla parete dietro il tavolo della presidenza sono esposte molte bandiere, ricordo di alcune delle delegazioni sindacali e politiche e delle associazioni passate in questo posto a portare la solidarietà dei lavoratori italiani ai lavoratori di Kragujevac.

L’assemblea è piuttosto affollata: oltre ai delegati sindacali sono presenti vari amministratori locali e molti rappresentanti delle Scuole e degli Enti con i quali abbiamo collaborato in questi lunghi anni per realizzare tanti progetti.

[FOTO: Una parte delle bandiere]

Durante la riunione viene proiettato un lungo filmato, realizzato puttosto bene, che ricorda le tante cose fatte insieme.

Prendono anche la parola i rappresentanti di diverse associazioni, tra le ultime nelle quali sono stati realizzati progetti importanti; il nostro Stefano porta il saluto di Non Bombe Ma Solo Caramelle.

Ecco il suo intervento.

Parlo a nome delle associazioni italiane che voi avete ricordato nel bellissimo filmato che abbiamo appena visto.

Siamo molto commossi per tutti i vostri ringraziamenti.

Noi invece dobbiamo ancora chiedere scusa a voi perchè non siamo riusciti a fermare l’aggressione criminale della NATO contro di voi nel 1999.

Quello che siamo riusciti a fare è solo un po’ di solidarietà umana e questo lo facciamo volentieri perchè aiuta anche noi in realtà di sentirci meno colpevoli di abitare in uno dei paesi aggressori.

Quello che noi riusciamo a fare è solo una minima parte di ciò che bisognerebbe fare tra Paesi, popoli, governi, ma evidentemente le priorità in questo momento sono altre e non sono certo il benessere delle popolazioni e la pace tra i vari Paesi.

Mi piace essere oggi in un contesto come questo, in cui i rappresentanti dei lavoratori discutono del loro futuro, perchè se mi permettete mentre i padroni distruggono tocca poi sempre ai lavoratori ricostruire, materialmente e moralmente, il futuro per l’umanità.

Grazie ancora a tutti voi


Dopo questa assemblea siamo invitati a pranzo dall’assessore alla Pubblica Istruzione Dragoslav Milosevic insieme a una ampia delegazione del sindacato e alla dottoressa Jasmina Mnedovic, oncologa presso l’ospedale di Kragujevac e nuova assessora ai servizi sociali, con la quale certamente collaboreremo in futuro.

Discutiamo con lei della recrudescenza dei casi di tumore in Serbia e ci conferma che il loro numero è sicuramente in aumento, ma che nessuno compie studi epidemiologici seri su questi argomenti. Ci informa che il registro dei tumori esiste solo nella provincia della Vojvodina. Non c’è la volontà politica di affrontare le connessioni tra i tumori e le cause che li determinano.


L’incontro successivo è alla sede centrale della Scuola Primaria Jovan Popovic per la verifica del progetto sul superamento delle barriere architettoniche in molte scuole della città.

Questo progetto ci era stato presentato a ottobre scorso dalla assessora ai servizi sociali allora in carica Sladjana Boskovic, che ne aveva parlato con l’associazione Zastava Brescia per la Solidarietà Internazionale durante il loro viaggio di inizio ottobre, e successivamente con noi nel nostro viaggio di fine ottobre.

Kragujevac è la prima città della Serbia che sta avviando il progetto nazionale di inclusione sociale che prevede l’inserimento dei portatori di handicap nelle scuole normali.

Si voleva iniziare con il superamento delle barriere architettoniche che impediscono il libero accesso nelle scuole ai bambini in carrozzina, e su questo l’assessora Boskovic aveva chiesto il nostro aiuto, perchè non c’erano sufficienti risorse economiche. Si trattava di intervenire su 6 scuole, prevalentemente localizzate in periferia. Grazie alle rampe di accesso quei pochi gradini all’ingresso o dentro alcuni corridoi delle scuole non costituiranno più un problema e garantiranno a questi bambini una qualità di vita certamente superiore (anche dal punto di vista psicologico).

Ne avevamo discusso a fondo nel nostro direttivo e avevamo immediatamente accettato questo progetto, che corrisponde in pieno ai parametri che utilizziamo per valutare le proposte di collaborazione che ci vengono presentate: forte impatto sociale dei progetti, che devono andare incontro a reali bisogni di categorie deboli, e dai costi contenuti, affrontabili dalle (scarse) risorse della nostra associazione e di quelle che collaborano con noi.

Alla realizzazione del progetto hanno aderito anche la Associazione Zastava Brescia per la Solidarietà Internazionale con 3000 euro e la Associazione Mir Sada di Lecco; quest’ultima ha messo a disposizione 2500 euro devoluti da un loro socio per onorare la memoria della madre scomparsa da poco.

Penso che questa sia una ottima occasione per descrivere in dettaglio come arriviamo alla decisione di portare avanti i nostri progetti a Kragujevac, in nome sempre di valori molto precisi, il Lavoro, la Pace, la Libertà e la Solidarietà tra i lavoratori e tra i popoli.


E’ da molto tempo che realizziamo insieme a queste due associazioni, ma anche insierme ad altre (ABC solidarietà e pace di Roma, Aiutiamo la Jugoslavia di Bologna, Cooperazione Odontoiatrica Internazionale di Trieste, Misericordia della Bassa Friulana di San Giorgio di Nogaro, SPI CGIL di Brescia, Un ponte per di Roma, alcuni enti pubblici del Friuli Venezia Giulia), interventi presso strutture pubbliche e sociali che, grazie ai nostri contributi, tornano ad essere pienamente idonee alle loro finalità e restituiscono nuova dignità e consapevolezza di sè come gruppo sociale ai loro destinatari.

Le scuole, i centri sociali, le associazioni di tutela per persone portatrici di handicap fisici e mentali, i campi profughi, localizzati quasi sempre in zone popolari della città di Kragujevac, ci hanno visti presenti ed interessati a dare una mano per migliorare le condizioni di vita e di studio di chi li frequenta o vi abita.

Uno dei fatti positivi della nostra azione solidaristica è che i gruppi, le associazioni, i privati che hanno deciso di prendere parte attiva per contribuire a realizzare i tanti progetti, sono andati via via aumentando nel tempo.

Tutti ci siamo resi conto, infatti, che l' unione fa la forza - vecchia massima del movimento operaio - e, in particolare nel nostro caso di piccole associazioni e gruppi, abbiamo compreso che insieme, ognuno con quel poco o tanto che abbiamo a disposizione, riusciamo a fare quello che da soli non potremmo mai neanche lontanamente sperare... e difatti abbiamo fatto tanto.

L'abbiamo fatto obbedendo alla regola di partire dagli ultimi, che sono poi i lavoratori, le loro famiglie, i loro bambini, gli anziani dimenticati dallo stato e dalla società, gli invalidi, e via dicendo, cercando sempre di non creare discriminazioni tra gli umili, tra i poveri.

A volte le cose che facciamo dovrebbe farle il Comune, o i vari Ministeri (e su questo le discussioni al nostro interno sono a volte molto infuocate), spesso la nostra è una operazione di supplenza, ma se queste cose non le facciamo noi non le fa nessuno!


Tornando alla costruzione delle rampe, i preventivi ci sono stati presentati come sempre in modo molto dettagliato, per un totale di 12475 euro; le rampe saranno costruite seguendo le normative di legge.

Ecco l’elenco delle scuole interessate; sono tutte scuole primarie:

21 Oktobar

Svetozar Markovic

Dositej Obradovic

Dragisa Lukovic Spanac

Jovan Popovic

Miloje Simovic


I primi 8000 euro erano stati consegnati il 3 di gennaio, approfittando del passaggio a Trieste di una delegazione di adottanti di Torino che andava a consegnare le proprie quote di affidi.

In questa maniera si sono potuti realizzare durante l’inverno gli interventi in tutte le scuole, ed abbiamo ricevuto durante il tempo una documentazione fotografica assai ampia dello stato dei lavori che sono terminati a marzo, anche se il denaro necessario non era stato tutto versato.

Durante la visita alla Scuola Popovic consegniamo la quota mancante di 4275 euro a Rajko, che ricordo è il segretario del Sindacato, perchè per noi il nostro referente locale a Kragujevac per tuttti gli interventi è sempre il Sindacato, che si fa garante della corretta gestione dei fondi e della esecuzione dei lavori, e rilascia le dovute ricevute.

Riceviamo anche le fatture emesse a nostro nome dalla ditta costruttrice.

Alla Scuola Popovic sono state costruite due rampe, la prima per superare una scala interna e l’altra per facilitare l’ingresso alla palestra.

Consegniamo una bandiera della Pace bilingue al Preside della Scuola e sarà esposta nell’atrio, a ricordo del nostro intervento, così come la targa posta a fianco ad una delle rampe.

Vi allego alcune delle foto relative alla Scuola Jovan Popovic, e metteremo a breve sulla pagina Facebook della nostra ONLUS foto relative a tutte le Scuole.

[FOTO: La scala interna / Ingresso alla palestra]

Naturalmente non possiamo visitare tutte le scuole, ci vorrebbe troppo tempo, ma probabilmente nel prossimo viaggio di ottobre faremo una riunione con tutti i direttori, gli insegnanti e delegazioni di genitori e di alunni.

[FOTO: Ecco le nuove rampe / La consegna della bandiera al Direttore / La targa ricordo]


Ci aspetta ora una visita alla Associazione Malati di Sclerosi Multipla e Cerebrolesi.

Conosciamo da molti anni questa associazione ed abbiamo collaborato con loro intensamente.

A ottobre 2008 la Misericordia della Bassa Friulana di San Giorgio di Nogaro aveva regalato loro (per nostro tramite) un pullmino dotato di sollevatore elettrico per il trasporto di invalidi in carrozzina, e poi avevamo restaurato la loro sede e realizzato, partendo da zero, una piccola ma assai fornita palestra per fisioterapia riabilitativa. Questi interventi erano iniziati nel marzo 2009 e ad ottobre avevamo festeggiato l’inaugurazione dei nuovi locali alla realizzazione dei quali avevano partecipato molte associazioni.

Ed è anche per questa palestra che siamo qui.

La ONLUS ABC Solidarietà e Pace di Roma ci ha chiesto di consegnare per loro conto la cifra di 400 euro per l’acquisto di un nuovo strumento medicale (denominato Vibro Power) per la palestra.

Consegniamo alla nostra amica Jasmina Brajkovic, presidente della associazione, questa cifra.


C’è anche una seconda consegna da fare.

Un anno fa una associazione di adottanti di Torino ci aveva segnalato una caso assai difficile tra i ragazzi a loro affidati; ecco la storia.

Djordje Milic ha quindici anni e a 11 mesi di vita era stato colpito da meningoencefalite che lo aveva reso tetraplegico.

La sua famiglia non ha grandi risorse... e Djordje fino ad ora era stato trasportato in un passeggino in plastica per bambini molto piccoli. Sta crescendo, è diventato intrasportabile, e la famiglia ha chiesto se era possibile trovare una carrozzina per lui.

Per queste persone con queste patologie gravissime le carrozzine devono essere costruite su misura, e sono MOLTO costose, il prezzo è inarrivabile per i Milic.

L’associazione Zastava Brescia ha deciso di occuparsene; sono stati ricevuti alcuni preventivi da ditte diverse ed alla fine è ne è stata scelta una che avrebbe fabbricato la carrozzina per un costo di circa 2200 euro. E’ stata aperta una sottoscrizione; una parte della spesa è stata coperta dal sindacato dei pensionati SPI CGIL di Brescia, da alcuni donatori privati che hanno risposto all’appello di Zastvava Brescia; noi di Trieste dobbiamo ringraziare profondamente la Comunità Serbo-Ortodossa della nostra città che ha contribuito a questo progetto con 750 euro.

La carrozzina era stata trasportata a Trieste da una persona che passava di qui, in modo da risparmiare sulle spese di spedizione.

Consegniamo questa carrozzina al padre di Djordje nella sede della Associazione Malati di Sclerosi Multipla, la commozione è tanta...

[FOTO: La carrozzina / Il padre di Djordje firma la ricevuta]


La giornata si conclude con la consegna dei fondi per la realizzazione di due altri progetti.

Si tratta della ristrutturazione delle sedi di due associazioni, che avevamo visitato ad ottobre 2012 e che poi avevamo deciso di aiutare in questi lavori insieme alla associazione Zastava Brescia.

La prima è la Associazione per una Vita Autonoma, che ha circa 60 iscritti, di cui più di 40 invalidi costretti in carrozzina; la sede serve come centro di aggregazione per queste sfortunate persone; si tratta di un locale di proprietà pubblica che presenta il grave inconveniente di avere la porta dei servizi igienici troppo stretta per permettere i passaggi delle carrozzine. Insieme all’allargamento di questa porta gli utenti del Centro vorrebbero realizzare un piccolo locale da adibire ad ufficio della associazione. Per il resto i locali sono in buone condizioni, così come gli arredi.

La spesa complessiva per realizzare questi lavori è di 1800 euro, che consegniamo a Rajko.

L’altro ente che a ottobre scorso ci aveva chiesto aiuto è la Associazione Vittime Civili di Guerra, fondata nel 1973: riunisce le persone che a partire dalla seconda guerra mondiale fino ai bombardamenti NATO del 1999 hanno subito danni fisici da questi eventi. Hanno quasi 100 soci in tutta la regione della Sumadija e si occupano soprattutto di tutelarne i diritti pensionistici e sanitari. La sede della associazione è priva dei servizi igienici, pur essendo presenti tutti gli attacchi idraulici necessari. Si presenta inoltre in pessime condizioni generali, è molto tempo che per mancanza di fondi non viene effettuata nessuna manutenzione.

Anche per questa associazione interveniamo insieme a Zastava Brescia e consegniamo a Rajko i 3000 euro per eseguire i lavori, secondo i preventivi che ci sono stati consegnati.

Potrete vedere le foto di questi lavori nella nostra pagina facebook.


Sabato 6 aprile 2013


E’ la giornata dell’assemblea della consegna degli affidi a distanza.

Prima però, come sempre, abbiamo un lungo incontro con i delegati sindacali della Fiat Auto Serbia (FAS), per fare il punto della situazione di questa fabbrica. Incontriamo Zoran Markovic, segretario sindacale del Samostalni in FAS. Inseriremo le cose che ci hanno raccontato nella relazione che descrive la situazione economica attuale e le prospettive del Paese.

Quando finiamo questa riunione troviamo come sempre, e come sempre è un colpo al cuore, centinaia le persone che con pazienza ci stanno aspettando davanti all’ingresso della grande sala dove si distribuiranno le quote, nella storica palazzina della direzione della Zastava.

Queste persone probabilmente non leggono i giornali serbi e italiani che descrivono Kragujevac, perchè altrimenti non sarebbero qui, ma a festeggiare il magnifico Eldorado in cui l’arrivo della Fiat ha trasformato la loro città. Ma questa è la città ideale.

No, per loro, per i nostri amici e le loro famiglie, la realtà è un’altra: vivono sì a Kragujevac, ma nella difficilissima città reale, dove la disoccupazione è quasi al trenta per cento; se sono senza lavoro resteranno molto probabilmente ai margini della sopravvivenza e nessuna vaghissima (e sempre rimandata) promessa di ingresso nella comunità europea riuscirà a tramutare in condizioni di vita dignitose le loro speranze. Se invece hanno la fortuna di lavorare il loro salario è poco più 300 euro al mese. E tutto questo in un paese europeo che poteva aspirare ad un futuro normale, prima di essere distrutto dai bombardamenti dei civilissimi Paesi aderenti alla NATO. Tra cui, non dimentichiamolo mai, l’Italia.

Come ogni volta mi fa male vedere i volti di questi bambini, di questi ragazzi, di questi adulti che attendono di essere chiamati per ricevere la busta con l’affido e firmare la ricevuta.

Non siamo dei benefattori, ma donne e uomini solidali, ma sarà chiaro questo concetto? Non siamo lì con l’ipocrisia di fare genericamente del bene, ma sarà chiaro?

Questi concetti vengono ribaditi con forza da Rajko e da me negli interventi iniziali di saluto, viene chiaramernte ricordato che noi siamo qui perchè crediamo in valori molto precisi, il Lavoro, la Pace, la Libertà e la Solidarietà tra i lavoratori e tra i popoli, e siamo convinti che la solidarietà e l’unità tra i lavoratori è il bene più grande che abbiamo nelle nostre mani.

Da tutti i nostri amici c’è un saluto, un abbraccio, una stretta di mano, regali da portare alle famiglie italiane; molti vogliono raccontarci dei loro problemi e vogliono sapere notizie sulle famiglie italiane donatrici.

Durante questa assemblea distribuiamo 159 quote di affido (per la maggior parte quote pari ad un semestre) per un totale di 27385 euro; malgrado le difficoltà legate ad alcune rinunce, alle quali fa fronte la ONLUS con i fondi propri (che però si assottigiano sempre più) riusciamo anche questa volta a aprire 1 nuovo affido.

Inoltre consegniamo due quote (430) provenienti da due sottoscrittori della Associazione Most Za Beograd di Bari.


Un nuovo progetto: la Scuola Primaria nel villaggio di Bukorovac.

Con l’assemblea di consegna di solito chiudiamo il nostro viaggio; in questa occasione non è così perchè non siamo ancora riusciti a svolgere tutto ciò che era stato pianificato di fare.

Così, dopo aver caricato sul pullmino le valigie con i regali da portare in Italia, ci inoltriamo per una tortuosa, stretta e dissestata strada di campagna, attraverso le colline che circondano Kragujevac.

Dopo una decina di chilometri arriviamo un un piccolo villaggio, Bukorovac, una manciata di case sparse. Qui c’è una piccola scuola primaria, che fa parte del circolo didattico Vuk Karadzic di Kragujevac, lo stesso circolo da cui dipende la scuola nel campo profughi di Trmbas dove siamo intervenuti due anni fa.

Ci attendono molte persone: il Direttore e tutti gli insegnati del circolo, alcuni abitanti, i rappresentanti di una associazione ecologica che utilizza questa scuola e il suo giardino come base per le proprie escursioni, alcuni amministratori locali.

La scuola è un edificio a un piano, in mezzo a un grande prato.

L’interno è suddiviso in due aule e un ingresso per circa 150 metri quadrati di superficie.

Tutto l’edificio si presenta in condizioni assai precarie, manca da decenni qualunque manutenzione.

Quello che colpisce di più è che manca l’acqua corrente e che i servizi igienici (semplici pozzi neri) sono all’esterno, a circa trenta metri dalla scuola. Il riscaldamento è fornito da una vecchia stufa a legna posizionata in una delle due aule.

La scuola è frequentata da una quindicina di bambini in una unica pluriclasse dalla prima alla quarta elementare. Conosciamo da alcuni anni la maestra che attualmente li segue, perchè insegnava nella Scuola di Trmbas durante il nostro primo sopralluogo nel campo profughi.

I rappresentanti della associazione ecologica di Kragujevac ci garantiscono che, nel caso noi si decida di intervenire, si faranno carico dell’allaccio dell’acqua utilizzando una fonte poco distante, che si trova più in alto della scuola stessa e quindi senza grandi difficoltà di trasporto. Inoltre rimetterebbero in sesto il giardino, che è piuttosto incolto.

Di questo possibile progetto ci erano state date alcune informazioni di massima poco prima della nostra partenza da Trieste; avevamo ricevuto alcune foto ma non il preventivo dei lavori, se non una indicazione piuttosto generica che il costo complessivo si sarebbe aggirato intorno ai 7000 euro.

Il direttivo della nostra associazione ne aveva discusso, delegando a me e a Stefano l’incarico di verificare in loco la fattibilità.

Questi sono gli interventi che preferiamo, perchè si rivolgono ai più deboli, i bambini, a comunità fortemente svantaggiate che non riescono a trovare un riconoscimento dei loro diritti. E' chiaramente una operazione di supplenza rispetto agli enti pubblici, ministeri o Comune, che dovrebbero occuparsi di queste cose, ma poichè questi tipi di interventi pubblici sono inesistenti (sia per disinteresse politico sia per oggettiva mancanza di fondi) se non intervenissimo questi diritti continuerebbero ad essere negati.

Dopo aver verificato la situazione decidiamo di derogare dalle nostre procedure abituali (decidere di intervenire per un progetto solo dopo lunghe e attente valutazioni e solo dopo aver ricevuto i preventivi dei lavori) e lasciamo immediatamente a Rajko 2000 euro per poter iniziare.

Inoltre prendiamo una decisione importante, che farà senz’altro aumentare i costi ma che renderà certamente più dignitosa la situazione degli alunni: costruiremo un bagno all’interno della scuola usando una porzione dell’ingresso.

I preventivi ci giungeranno successivamente, dopo questo viaggio, durante la primavera (per un costo totale di 8600 euro), e l’Associazione Zastava Brescia deciderà di unirsi a noi:

Anche l’associazione Mir Sada di Lecco si unirà, decidendo di acquistare le lavagne.

Inoltre il Comune attraverso l’assessore Milosevic ha dichiarato che acquisterà gli eventuali arredi necessari.

Con questo nuovo progetto termina il nostro viaggio tra i nostri (quasi tutti ex) lavoratori serbi nel cuore dell’Europa civile...


Il giorno dopo rientriamo in Italia, e inizieremo a preparare il prossimo viaggio con la stessa determinazione e convinzione con cui abbiamo preparato tutti i precedenti.

Grazie a tutte/i voi per il sostegno che date a questa campagna solidale!

[FOTO: La facciata della scuola di Bukorovac / I servizi igienici esterni / Le finestre / I muri / Le porte]


CONCLUSIONI


In Serbia l’occupazione complessiva è sempre in discesa, il potere di acquisto dei salari e soprattutto delle pensioni è in costante diminuzione, non si vedono speranze per i giovani che sono costretti ad emigrare, soprattutto se dotati di una buona formazione scolastica.

La nostra ONLUS tiene duro, consapevole della responsabilità che si è assunta insieme alle altre associazioni italiane con cui collaboriamo ed al Sindacato dei lavoratori Zastava.

Riusciamo a mantenere pressochè inalterato il numero di affidi in corso, mentre abbiamo ampliato il numero di progetti che vanno incontro a reali bisogni sociali della popolazione di Kragujevac, e che lo stato di povertà della città non permette di soddisfare, nel campo della scuola, della sanità, del disagio fisico e mentale, in tutto ciò che può regalare una piccola speranza alle nuove generazioni.

Sappiamo bene che le condizioni materiali stanno deteriorandosi sempre più anche qui da noi in Italia, ma siamo anche sicuri che i nostri sostenitori si rendono conto delle gravissime difficoltà che i lavoratori della Zastava e le loro famiglie continuano a sopportare, e che di conseguenza non mancheranno di sostenere la campagna di affidi, perchè la crisi non deve minare la solidarietà tra lavoratori e popoli, ma anzi rafforzarla, non deve dividere, ma unire, in nome di una globalizzazione dei diritti che, unica, può impedire le guerre tra i poveri e la disgregazione sociale.


ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

Sede legale: Via dello Scoglio 173 I-34127 Trieste

Codice Fiscale 90019350488


Coordinate bancarie: Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza,

Via Gruden 23, I-34149 Basovizza-Trieste

Codice IBAN IT18E0892802202010000021816

intestato a ‘’Non bombe ma solo caramelle –ONLUS’’


www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle


Trieste, 8 luglio 2013





http://www.beoforum.rs/en/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/312-diplomatic-sources-putin-tells-g8-qyou-want-asad-to-resign-look-at-the-leaders-youve-made-in-the-middle-eastq.html


By Dawud Rimal

Beirut: A diplomatic source has reported that the West has been discussing for some time the issue of the escalating role of Islamists in Lebanon and the Arab countries. The source reports that this discussion might wind up concluding that there is a need to rein in the role of the Islamists. It is along this line of thinking that the West has been encouraging the Lebanese regular army since the 'Abra Battle. [A two-day battle between Lebanese regular army forces and the gang of a Sunni Salafi Shaykh Ahmad al-Asir 'Abra near the southern Lebanese city of Sidon in late June 2013. Translator's note.]

The diplomatic source reports that the changes underway in Egypt were expected by the Western countries and that the leaders of the G8 discussed the matter of Islamists coming to power in a number of Arab countries, including Egypt, in their recent meeting in Northern Ireland. [The Group of Eight or "G8" (Britain, Canada, France, Germany, Italy, Japan, the USA, and Russia) met in Lough Erne, Northern Ireland, on 17-18 June 2013. Translator's note.]

The diplomatic source reports that during that G8 meeting, Russian President Putin delivered a long intervention on that subject.

The prominent European diplomatic source reports that in his statement, the Russian President addressed the leaders participating in the G8 meeting, saying:

"You want President Bashshar al-Asad to step down? Look at the leaders you've made in the Middle East in the course of what you have dubbed the "Arab Spring." Now the peoples of the region are rejecting those leaders. The revolution against Muhammad Mursi in Egypt continues and anybody who knows the character of Egyptian society is aware of the fact that it is a deeply rooted secular society of varied cultures and civilizations with a history of advanced political activity. It will never accept attempts to impose things upon it by force. As to Receb Tayyib Erdoğan [in Turkey], the street is moving against him and his star is beginning to wane. In Tunisia the Muslim Brotherhood-Salafi rule that you formed there is no longer stable and the fate of Tunisia won't be very far from the army seizing power, because Europe will never accept chaos on its borders and Tunisia is an entry way to Europe." (Putin said this before the Chairman of the Joint Chiefs of Staff of Tunisia resigned to declare his candidacy for president of the republic. Note by as-Safir.)

Putin went on: "You have spread anarchy in Libya after Mu'ammar al-Qadhdhafi. Nobody can put together an authority capable of working to rebuild the state there. Yemen after the departure of 'Ali 'Abdallah Salih lacks stability in government and there is no peace in the streets. Military and security unrest continues to prevail in all the regions of the country. As to the Persian Gulf, the whole area from Bahrain to the rest of the states there is sitting atop a volcano," Putin said.

The diplomatic source reported the Russian President as saying: "You want Russia to abandon Asad and his regime and go along with an Opposition whose leaders don't know anything except issuing fatwas declaring people heretics, and whose members - who come from a bunch of different countries and have multiple orientations - don't know anything except how to slaughter people and eat human flesh. You use double standards and approach the crisis in Syria using summer and winter styles under one roof. You lie to your own peoples so as to further your interests. This is none of our business. But it is impermissible for you to lie to us and to the countries and peoples of the world, because the international stage is no longer yours alone. Your ability to monopolize it the way you did two decades ago is now gone for good."

Putin continued: "In Syria all of you are standing on the side of the forces that for the last 10 years you have claimed to be fighting against under the rubric of 'fighting terror.' Now today you are with them, helping them to take power across the region. You declare that you're going to arm them and work to facilitate sending their fighters to Syria to bring it down, weaken it, and break it up." Putin asked, "In God's name what kind of democracy are you talking about? You want a democratic regime in Syria to take the place of the Asad regime, but are Turkey and the countries you're allied with in the region blessed with democracy?"

Putin addressed US President Obama specifically, saying: "Your country sent its army to Afghanistan in the year 2001 on the excuse that you are fighting the Taliban and the al-Qa'idah Organization and other fundamentalist terrorists whom your government accused of carrying out the 11 September attacks on New York and Washington. And here you are today making an alliance with them in Syria. And you and your allies are declaring your desire to send them weapons. And here you have Qatar in which you [the US] have your biggest base in the region and in the territory of that country the Taliban are opening a representative office."

Putin turned to the President of France [François Hollande] to ask, "How can you send your army to Mali to fight fundamentalist terrorists on the one hand, while on the other you are making an alliance with them and supporting them in Syria, and you want to send them heavy weapons to fight the regime there?"

British Prime Minister David Cameron came in for some of Putin's sharpest remarks, when the Russian President told him: "You are loudly demanding that the terrorists in Syria be armed and yet these are the same people two of whom slaughtered a British soldier on a street in London in broad daylight in front of passers by, not caring about your state or your authority. And they have also committed a similar crime against a French soldier in the streets of Paris."

The diplomatic report indicates that the leaders gathered at the summit were surprised then when German Chancellor Angela Merkel supported every word that Putin said in his address. She declared her rejection of any solution in Syria other than a peaceful one, saying "because the military solution will lead Syria and the whole region into the unknown." She strongly opposed arming the Syrian Opposition, "so that these weapons don't get into the hands of the terrorists who plan to use them in attacks against cities in the European Union." She also indicated that she did not want to see some of her European partners getting involved in military and political adventures that would only serve to further deepen their financial and economic deficits, "because Germany is no longer able to serve as a financial and economic rescue line for those countries in order to help cover up their mistakes."


As-Safir newspaper, No 12522, Saturday, 6 July 2013.




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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
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Il progetto di oleodotto strategico USA-UE, "Nabucco", è seriamente in crisi dopo il ritiro dell'Azerbaigian, che ha annunciato che userà piuttosto la tratta trans-adriatica. Ne risulta così favorito il progetto alternativo, detto "South Stream", sponsorizzato dalla Russia e che passerà anche per la Serbia.
Vedi anche: L'Azerbaigian si ritira dal Nabucco
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The Nabucco West Project Comes to an End


Stratfor
  
субота, 13. јул 2013.

Azerbaijan's decision to transport its natural gas via the Trans-Adriatic Pipeline instead of the proposed Nabucco West pipeline will create new challenges for countries through which Nabucco West would have passed. The energy consortium that is developing Azerbaijan's Shah Deniz II field, which will supply natural gas to Europe, officially announced the decision June 28. On the day of the announcement, Stratfor wrote that Azerbaijan's preference for the Trans-Adriatic Pipeline probably was a compromisemeant to placate Russia, which wants to continue dominating the energy market in Central Europe, while securing access to natural gas export markets beyond Turkey. But the decision also means that the Nabucco West project probably will die, and its death will affect the competition between the West and Russia for primacy in the region. Hungary and Bulgaria will continue to be highly dependent on Russian energy, while Romania will intensify its efforts to develop its own energy reserves.
Analysis
The Nabucco West pipeline, which was backed by the European Union, is a smaller version of the Nabucco project, a massive pipeline that would have linked Turkey's Eastern Anatolia region to Austria. Nabucco West would have delivered non-Russian Caspian natural gas to Central and Southern European countries that have been looking for a way to circumvent Russia, which they believe was bullying them with its energy resources. The pipeline would have started at the Bulgaria-Turkey border and passed through Romania and Hungary before culminating in Austria.
For its part, Russia already is planning to build a pipeline through the route known as the Southern Corridor to service Central and Southern European markets. Known as the South Stream natural gas pipeline, the project will run from Russia through the Black Sea into Bulgaria, and from there it will traverse Serbia, Hungary, Slovenia and Italy.
Bulgaria and Hungary
If Nabucco West is shelved -- as we expect it to be -- its would-be transit countries will be affected in radically different ways. For Bulgaria and Hungary, the two countries involved in both projects, an end to Nabucco West likely means an end to the balancing act they had been performing with Moscow and Brussels. For the past two years, Hungary and Bulgaria have benefitted from competition between the two pipeline consortia. Moscow gave Sofia and Budapest several incentives, including contract discounts, for their support of the South Stream pipeline at the expense of Nabucco West. The incentives notwithstanding, these two countries now find themselves nearly wholly dependent on Russian natural gas imports for the foreseeable future.
The end of Nabucco West validates a key geopolitical trend Stratfor identified long ago: As the European Union weakens, Russia is encroaching on Central Europe through commercial means.
Romania
Romania is perhaps even more concerned about its future after Nabucco West. Originally excluded from the South Stream project in favor of Bulgaria, Romania now finds itself without an EU-backed intercontinental pipeline project. Nabucco West could have helped Romania economically through infrastructure investment and transit tariffs. More important, it could have strengthened the fraying ties between Bucharest and the core of the European Union.
Interestingly, the end of Nabucco West could prompt Bucharest to expedite the development of its own energy resources. Romania has some of the largest hydrocarbon reserves in Europe. The country traditionally has been an oil and natural gas producer, but depleting fields have forced Bucharest to curb production. Romania still has vast untapped unconventional gas plays (shale in particular) and significant offshore deposits that have only recently been exploited. The loss of Nabucco West could be the impetus Romania needs to develop its energy reserves -- a process that has suffered from the country's political upheavals.
Of course, Romania lacks the money and the technology to pursue offshore and unconventional deposits by itself. Bucharest will have to try harder to attract foreign partners. We expect the government to allow greater participation of foreign firms -- probably through joint ventures -- while asserting more control over the energy resources themselves. Western and Russian firms already have shown interest in developing one of the more attractive "new" energy markets. Western firms hope to turn a profit from Romania; Russian firms want to mitigate the threat Romania poses as a potential rival to its energy dominance in the region.
Romania is only one component of a much larger competition between the West and Russia for primacy in Central Europe. The decision to proceed with the Trans-Adriatic Pipeline does not determine the outcome for Bulgaria and Hungary -- they can still balance between the West and Russia somewhat -- but it does ensure a long complex competition over these countries.




European Union’s Nabucco pipeline project aborted


By Clara Weiss 
13 July 2013

The Nabucco pipeline project, which was to have transported gas from the Caspian Sea to Europe in order to bypass Russia, has been cancelled.

The pipeline, sponsored by the European Union (EU), had already been reduced last summer in length from the original 3,900 km to 1,300 km. The eastern section, which was to have run from Azerbaijan across Georgia and Turkey to the Bulgarian border, was abandoned. Instead, the Trans Anatolian Pipeline (TANAP), funded by Azerbaijan and Turkey, is due to come into operation in 2018.

Nabucco-West, which was to have carried gas from Turkey to Austria, through Bulgaria, Romania and Hungary, was the only remaining part of the original project. At the end of June, it was announced that this project would also be dropped.

The Shah-Deniz II consortium, which runs the largest gas field in Azerbaijan, awarded the contract for the transportation of gas to the Trans Adriatic Pipeline (TAP), which runs through Greece and Albania and under the Adriatic Sea to Southern Italy. This route is 500 km shorter than that proposed by Nabucco-West.

The failure of the Nabucco project was due to a combination of geopolitical factors and business considerations.

Although the TANAP and TAP pipelines will reduce Europe’s dependence on Russian supplies of gas, its capacity of 10 billion cubic metres of gas per year is only around one third of the amount Nabucco was to have carried. This equates to just 1 percent of Europe’s total demand. And while Nabucco was a joint European project, Turkey and Azerbaijan are behind TANAP and TAP.

The decision to abandon Nabucco was not taken in Brussels, but in Baku. According to reports in the Russian media, the Shah-Deniz II consortium invited representatives of the Nabucco and TAP projects to the Azerbaijani embassy in Budapest, where the decision in favour of TAP was announced.

The Austrian firm OMV, which had promoted Nabucco for years, will be affected most by the decision, as well as Bulgaria’s BEH, Romania’s Transgaz, and the Hungarian firm FTSZ. These firms would all have profited from the transport of gas. The German firm RWE, which had been heavily involved in support of Nabucco, withdrew from the project some time ago.

Rival firm E.on is part of the competing project, together with the Swiss concern AXPO and Norway’s Statoil. The latter in turn controls 25.5 per cent of the Shah-Deniz consortium, which awarded the contract to TAP.

The second major part owner of Shah-Deniz is BP, which also controls 25.5 per cent. In addition, the Azerbaijani state-owned SOCAR (10 per cent), France’s Total, the Russian firm LUKOIL, the Iranian State Oil Company (NIOC), and the Turkish firm TPAO are all involved.

Planning for Nabucco began in 2002. From the start, the pipeline was a joint European and American project aimed at undermining Russian influence over the European continent by reducing Russian energy imports. Europe currently obtains 36 per cent of its gas and 20 per cent of its oil from Russia.

From a technical standpoint, however, the project never got very far. In 11 years, no country could be found to be an energy supplier. Iran, Turkmenistan, Egypt and Iraq all pulled out, and Azerbaijan finally rejected the idea.

Responding to Nabucco, Russia built the North Stream pipeline, which has been exporting gas from Russia under the Baltic Sea to Germany since 2011. In this way, it has bypassed transit countries such as the Ukraine and Belarus. The pipeline now has two lines and could possibly be expanded in the coming years, even though it is currently only supplying gas at half of its capacity.

In addition, Russia took on the South Stream project in 2007, which is to export gas from Russia, under the Black Sea and through the Balkans to western Europe. Work on South Stream began in December 2012, and it should be completed by 2018. The pipeline will be capable of supplying 63 billion cubic metres of gas per year.

Although representatives of the EU and the US state department declared their support for the decision in favour of TAP, it is a defeat for the EU. It shows how divided member states are over questions of energy and foreign policy. Until recently, there was no unanimous agreement among EU states to build the Nabucco pipeline.

In Germany, which is economically dependent on Russia but orients politically to Washington, there have been sustained conflicts for years over energy policy and relations with Russia. Germany obtains 40 per cent of its gas from Russia and is its most important trading partner in the EU. Questions of foreign policy orientation and the importing of energy from Russia played an important role in the disintegration of the Social Democratic Party (SPD)-Green governing coalition in 2005.

While former chancellor Gerhard Schröder (SPD) backed Russia’s NorthStream pipeline, Joschka Fischer of the Greens called for greater independence from Russian energy imports. In 2009, Fischer became a consultant to the Nabucco consortium. After his election defeat, Schröder became chairman of North Stream’s board of management. In April 2012, SPD politician Henning Woscherau was elected chairman of the board of directors of the South Stream project.

The question of Russian energy supplies also caused divisions throughout the EU. Last year, Hungarian president Victor Orbàn announced his country’s exit from the Nabucco project after differences with the EU over the state budget. Hungary has continued to participate in South Stream, however.

The increased independence of Turkey from Moscow was one of the main goals of the southern route from the outset. Turkey is one of the largest importers of Russian gas, but at the same time is a key political partner of NATO and the EU in Eurasia and the Caspian region. The route will now not be built under the direction of the EU, but instead primarily under the control of Turkey and Azerbaijan. The laying of the TANAP and TAP pipelines will increase the geopolitical importance of these two countries as EU energy partners.

The failure of the Nabucco project was also caused by the fact that it has not appeared economically viable for some time.

Gas expert Rudolf Huber described Nabucco in the Austrian daily Standardas “a relic from the past,” when the expanding market for gas made investment in long-range pipelines more or less secure. Due to the recession, the demand for gas has declined by more than 11 per cent since 2009. It is not currently clear if the supplies from TAP are required.

Through the development of shale gas in the United States, and the growing significance of liquefied gas, the demand on the energy market specifically for natural gas has dropped.

In eastern Europe, where the Nabucco pipeline was to have supplied gas from the Caspian region to countries that are highly dependent on Russian gas, governments are seeking to develop the production of shale and liquefied gas.

The decline in demand for natural gas and the increased importance of shale and liquefied gas has seen the position of Russia’s energy supplier Gazprom sharply weaken. Last year, gas exports to Europe from Gazprom dropped by 10 per cent. In 2012, Norway sold more gas to the EU than Russia for the first time. The growing role of Azerbaijan as an energy supplier for the EU and the TAP will see this tendency intensify.

In comparison with Nabucco-West, TAP emerged as a better business prospect due to the smaller number of transit countries. This reduced the costs and political risks involved in the business. Almost two thirds of TAP will run over Greek territory.

Greek prime minister Antonis Samaras hailed TAP in a statement as “The most important and most positive development in the last ten years for our country.” According to Samaras, TAP will put Greece “on the international energy map.”

Through the EU’s austerity measures, Greece has been forced to privatise the state-controlled energy company DEPA, as well as the state gas provider DESFA. DESFA was bought a few weeks ago by the Azerbaijani state company SOCAR, which is also involved in delivering gas for TAP.

While it currently obtains the majority of its gas from Russia, Greece will likely soon become one of the largest importers of gas from Azerbaijan. More than three quarters of Greek gas and 40 per cent of its oil imports currently come from Russia.

The Albanian government also welcomed the project as a sign of the growing geopolitical role of the country. But according to analysts, a worsening of the economic crisis, above all in Greece, could place the completion of the TAP project in doubt.




[Il seguente comunicato della SKOJ - organizzazione giovanile del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ) - racconta i fatti successi lo scorso 5 luglio in piazza a Belgrado, nel corso di una manifestazione anticapitalista convocata via Facebook. Elementi anarcoidi si sono avvicinati ai militanti di SKOJ e NKPJ esigendo che rimuovessero le bandiere con la falce e martello. Solo il sangue freddo dei militanti comunisti, che si sono rifiutati, ha impedito incidenti. Siamo effettivamente in una fase in cui, in ambito anticapitalista, l'area movimentista e anarchica cerca di acquistare spazio a discapito dell'area comunista, fino a limitare l'agibilità politica di quest'ultima. Con il rischio che l'opposizione di piazza sia ridotta all'agitazione individualista ed episodica degli "arrabbiati" senza partito, senza organizzazione, e quindi senza prospettive. (a cura di Italo Slavo)]


http://www.skoj.org.rs/protest.html

NKPJ I SKOJ NA ANTIKAPITALISTIČKOM PROTESTU U BEOGRADU

Aktivisti Nove komunističke partije Jugoslavije (NKPJ) i Saveza komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ) učestvovali su 5.jula 2013. godine na antikapitalističkom protestu na Trgu Republike u Beogradu organizovanom preko društvene mreže Fejsbuk.

Na tom protestu komunisti su nosili crvene zastave NKPJ i SKOJ kao i zastave naše socijalističke domovine SFRJ i Socijalističke republike Srbije. Prisutnima na skupu je deljen list “Glasnik SKOJ-a” i letak protiv antinarodnih mera buržoaske pro-imperijalističke vlade Srbije. Komunisti i skojevci su skandirali “ Danas gori Španija, danas gori Grčka, goreće i Srbija samo nek se krčka”, “Neću vlast buržuja, nego radnog naroda”, “EU, napolje, napolje iz Srbije, “Bando buržujska” i druge.

U nekoliko navrata predstavnici organizatora skupa, koji dolaze iz redova raznih anarhističkih struja i lumpenproleterskih struktura, prilazili su aktivistima Partije i SKOJ-a tražeći od njih “da spuste zastave jer okupljeni narod ne želi da stane iza tih simbola”. S obzirom da iza takvog drskog zahteva nije stajala nikakva “volja većine prisutnih” već samovolja desetak anarhista i lumpenproletera, i da komunisti ne prihvataju bilo kakve ultimatume od drugih grupacija ili pojedinaca, članovi NKPJ i SKOJ su odbili da spuste svoje zastave koje su se ponosno i prkosno vijorile do samog kraja skupa. Tri puta su anarhisti i lumpenproleteri pokušali pretnjama da privole komuniste da sklone zastave tvrdeći “ nas je više i moraćete da spustite vaša obeležja”, vičući u pokušaju da zaplaše i govoreći da u slučaju da se njihova samovolja ne ispuni može doći do problema. S obzirom da komunisti, kako u svetu tako i u Srbiji, ne prihvataju anarho-fašističke metode pritiska, aktivisti NKPJ su mirno i staloženo, ali istovremeno borbeno i odlučno, objasnili onima koji su od njih to tražili da od ispunjenja drskih zahteva za spuštanjem zastava nema ništa niti da za to postoji racionalan razlog. Situacija je u pojedinim trenucima bila na ivici incidenta pa je redarska sekcija NKPJ i SKOJ bila u pripravnosti za samoodbranu ali srećom do toga nije došlo.

Razlozi zbog kojih NKPJ i SKOJ nisu želeli da sklone svoje zastave su sledeći:

1.

NKPJ i SKOJ su se odazvali pozivu za učešće na antikapitalističkom protestu. S obzirom da zastave i drugi transparenti NKPJ i SKOJ predstavljaju simbol borbe protiv kapitalističke eksploatacije njihovo isticanje na samoproklamovanom antikapitalističkom skupu je u potpunosti prihvatljivo, uobičajeno i normalno.

2.

NKPJ i SKOJ su uvek spremni na zajedničku antikapitalističku akciju sa svima onima koji se iskreno bore protiv buržoaskog eksploatatorskog sistema, ali nijedna od tih antikapitalističkih grupacija, uključujući tu i anarhiste, niti može niti sme da određuje komunistima kakve zastave i transparente će da nose na skupovima. To je unutrašnja stvar NKPJ i SKOJ na koju bilo ko van njihovih organizacinih struktura niti treba niti može da utiče. Kada god anarhisti u Srbiji postupaju racionalno u klasnoj borbi, NKPJ i SKOJ su spremni na zajednički nastup u segmentima u kojima je to moguće. Međutim, kada god anarhisti u Srbiji pokušaju da nameću svoju samovolju komunistima, NKPJ i SKOJ će to tretirati kao anarho-fašistički atak kome će se beskompromisno suprotstaviti.

3.

Jedan od anarhističkih i lumpenproleterskih “argumenata” zašto komunisti treba da spuste zastave je bio da “je reč o protestu naroda, i da narod nije za komunističke zastave”. Međutim, sem desetak anarhista i lumpenproletera, niko od prisutnih na skupu, nije uputio reč kritike niti je izrazio bilo kakav revolt protiv komunističkih, jugoslovenskih i zastava SR Srbije. Takođe, komunisti su deo naroda, NKPJ i SKOJ su njegov neodvojiv deo, a zastave i drugi komunistički transparenti su simboli borbe radnog naroda za slobodu i pravdu, zbog čega crvene zastave većini prisutnih nisu smetale.

4.

Anarhistički i lumpenproleterski elementi koji su organizovali protest pokušali su da ga predstave kao “nepartijski” i “direktnodemokratski” pod firmom da se navodno protive svakoj političkoj manipulaciji. Međutim, upravo su oni bili ti koji su se ponašali politikantski pokušavajući svim prisutnima na skupu da nametnu utopistički i nenaučni anarhistički način borbe i ideologiju. Većina prisutnih na skupu nisu bili anarhisti, pa samim tim nemaju razloga da prihvate antidijalektičke anarhističke stavove o “autoritarnosti” organizacija koje se bore protiv kapitalizma i dogmatske tvrdnje da se “spontanom individualnom borbom” radni narod može izboriti za svoja prava. Dakle, istina je da su upravo anarhisti na skupu 5.jula nastupili sektaški razbijajući ujedinjeni front revolucionarne levice iz politikantskih razloga sprovođenja anarhističke demagogije o “direktnoj demokratiji”. NKPJ i SKOJ ističu da je reč o apsurdnom, nenaučnom i nedijalektičkom pristupu unapred osuđenom na propast jer je bilo kakav “direktno demokratski” oblik borbe nemoguće ostvariti u uslovima kapitalističkog okruženja. Direktno demokratski način odlučivanja moći će da se sprovede tek kada kapitalizam kao sistem bude iskorenjen u potpunosti, tek kada ceo svet postane socijalistički. Onog ternutka kada država bude odumirala, direktno demokratski oblici odlučivanja će zaživeti. Dakle, direktna demokratija je moguća, ali samo u komunističkom besklasnom društvu. U uslovima postojanja kapitalističkog okruženja nemoguće je ostvariti kako komunističko besklasno društvo tako i direktnu demokratiju. Zbog toga je, kako pravilno uči marksizam-lenjinizam, potrebna izgradnja socijalističkog društvenog uređenja kao tranzicionog puta ka komunizmu. To što anarhisti ne prihvataju socijalističku državu i proletersku političku partiju je deo njihove utopističke dogme ali to nije razlog da drugima nameću svoju demagošku antidijalektičku političku strategiju licemerno se još predstavljajući kao “antipolitikanti”. Na skupu 5.jula im to nije pošlo za rukom ni sa aktivistima NKPJ i SKOJ niti sa većinom prisutnih.

5.

Licemerje i dvostruki aršini anarhista i lumpenproletera su još jedan razlog zbog kojih NKPJ i SKOJ nisu sklonili svoje zastave i još jedan dokaz perfidnosti koje sprovode prvenstveno razne anarhističke frakcije koje deluju u Srbiji. Naime, dok su lumpenproletrski organizatori skupa bezuspešno pokušavali da uklone crvene komunističke zastave licemerno su “tolerisali” vojorenje jedne crne anarhističke zastave. Dakle, iz toga se sasvim jasno vidi da su lumpenproleterima i anarhistima smetale samo crvene zastave na protestu.

Iako su NKPJ i SKOJ očekivali provokacije anarhista, nadajući se iskreno ipak da do njih neće doći, iako su očekivali jalovost i bezidejnost na skupu, s obzirom na to ko ga zakazuje, doneta je odluka da se uzme učešće na protestu kako bi se podržala antikapitalistička manifestacija. Time su NKPJ i SKOJ pokazali svoje anti-sektaštvo i principijelnu težnju za stvaranje ujedinjenog fronta radnog naroda kao jedinog rešenja za suprotstavljanje samovolji međunarodne i srpske buržoazije. Aktivisti Partije i SKOJ niti su delovali samoreklamerski niti su pokušavali da preuzmu skup, već su skandirajući opšteprihvaćene antikapitalističke parole demonstrirali potrebu za ujedinjenu akciju svih onih koji se bore za prava radnog naroda. NKPJ i SKOJ poručuju da se radni narod ne može izboriti za svoja prava niti može suprotstaviti kapitalističkoj eksploataciji “spontanom”, “individualnom” i “direktnodemoratskom borbom”. Takva taktika nigde u svetu niti daje bilo kakve rezultate niti postiže bilo kakav uspeh. Istorija pokazuje da je anarhistička praksa suprotstavljanja kapitalizmu utopistička, bezidejna i unapred osuđena na propast.

S obzirom da je buržoazija ujedinjena i pozicionirana u svojim reakcinarnim organizacijama za odbranu eksploatatorskog sistema, po istom principu mora biti ujedinjen i pozicioniran u svojoj borbenoj organizaciji radni narod kako bi se izborio za slobodu i pravdu. Samo organizovanom borbom, samo stvaranjem borbene organizacije koja će biti alternativa kapitalističkom izrabljivanju može se sprovesti samooslobođenje radničke klase od diktature kapitala. Takođe, organizovanje antikapitalističkog protesta nije stvar volje nekolicine pojedinaca već je potreban konkretan razlog za protest i odgovarajuća organizaciona forma. U Srbiji konkretno to znači, da radni ljudi treba da se ujedine, odnosno okupe oko ideje odbrane aktuelnog zakona o radu od izmena koje planira vladajuća buržaozija koje će za radnog čoveka biti još lošije jer će omogućiti veći stepen eksploatacije i olakšati kapitalističkim poslodavcima otpuštanje radnika. Zbog toga radni narod Srbije treba da se usprotivi antinarodnim merama “za borbu protiv krize” koje je donela buržoaska pro-imperijalistička vlada Srbije a naročito reakcionarnim izmenama zakona o radu. Sve istinske levičarske organizacije i pojedinci, sve klasno svesne sindikalne organizacije treba da se ujedine u jedinstveni narodni radnički front koji će se koordiniranom akcijom i delovanjem suprotstaviti reakcionarnoj politici kapitalističkih vlastodržaca. U cilju agitovanja za stvaranje takvog ujedinjenog narodnog radničkog fronta, u cilju stvaranja takve opštenarodne antikapitalističke organizacije. u cilju sprečavanja reakcionarnih izmena zakona o radu, su delovali aktivisti NKPJ i SKOJ na antikapitalističkom protestu 5.jula na Trgu Republike u Beogradu. Samo organizovanim otporom buržaziji, samo stvaranjem borbenog fronta, radni narod može ostvariti pobedu u borbi za svoju egzistenciju i prava.

Sekretarijat SKOJ-a
Beograd, 5. jul 2013.god.




UNITED STASI OF AMERICA

Lo scorso 7 luglio l’artista tedesco Oliver Bienkowski ha proiettato sulla facciata dell’ambasciata degli USA a Berlino la scritta "UNITED STASI OF AMERICA", con riferimento allo scandalo dello spionaggio orwelliano al quale tutti noi siamo sottoposti, svelato dall'ex agente Edward Snowden nelle scorse settimane. La proiezione è durata poche decine di secondi, finché la polizia non ha bloccato la performance.




(srpskohrvatski / italiano)

Le ricorrenze dell'epopea partigiana jugoslava

E' questo il periodo dei grandi anniversari antifascisti nelle repubbliche jugoslave: dopo le ricorrenze delle grandi battaglie, specialmente Neretva e Sutjeska, in luglio - mese antifascista per eccellenza nella RFSJ - cadono tra l'altro la Giornata del Combattente (4 Luglio - anniversario dell'appello del PC jugoslavo all'insurrezione, 1941) e le Giornate dell'insurrezione antifascista in Serbia (7 Luglio) e Montenegro (13 Luglio)...

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7. Jul: DAN USTANKA U SRBIJI
Celebrazioni e comunicati per la Giornata dell'insurrezione antifascista della Serbia

http://www.subnor.org.rs/dan-ustanka
http://www.subnor.org.rs/tekeris

VRATITE NARODU SEDMI JUL! 
Il SUBNOR (ass. naz. Partigiani della Serbia) fa appello al ripristino ufficiale della festività legata all'inizio della Lotta di Liberazione Nazionale - 7 luglio 1941.
Un simile appello era stato diffuso lo scorso anno dal SUBNOR anche per il 29 Novembre, Dan Republike.
http://www.subnor.org.rs/pismo-predsedniku-skupstine-srbije

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4. Jul: DAN BORCA

https://www.youtube.com/watch?v=aVGy8WuF58U
http://www.studiob.rs/info/vest.php?id=90451
http://www.subnor.org.rs/andricev-venac
http://www.komunistisrbije.rs/4juli2013.html

Festeggiata la Giornata del Combattente ...

... a Belgrado-Surcin
http://www.subnor.org.rs/dan-borca

... a Vranje
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=-rnQrfwe5B4

... a Obrenovac
http://www.obrenovac.rs/index.php?option=com_content&view=article&id=2757%3A-4-&catid=37%3A2009-01-30-23-14-12&Itemid=214

... a Pancevo
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=2ASvCFm88AA

... a Kragujevac
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=r-j_iHgaOEg

... ad Aleksinac
https://www.youtube.com/watch?v=xUuSbBbNdTQ&feature=player_embedded

... in Montenegro
http://trebinjelive.info/2013/07/04/u-boki-obiljezen-dan-borca/

... a Trebinje
http://www.trebinjedanas.com/content/u-trebinju-obilježen-dan-borca

... a Bor
http://www.najvesti.com/gradovi-srbija/grad-bor/1221319-SUBNOR-Bora-obelezio-Dan-borca.html

... nello Srem
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=-NhY4ALFmb8

... a Brcko
http://www.ebrcko.net/2013/vijesti-brcko/10989-obiljezen-dan-borca-u-drugom-svjetskom-ratu

... a Subotica
https://www.youtube.com/watch?v=BWCwEnsmHoI&feature=player_embedded

... a Topola
http://www.subnor.org.rs/topola#more-4551

... ad Apatin
http://www.radiodunav.com/subnor-u-cetvrtak-4-jula-obelezava-julske-praznike/

... in Vojvodina
http://www.subnor.org.rs/dan-borca-3

... nella Sumadija
http://www.subnor.org.rs/dan-borca-4

(gran parte delle segnalazioni provengono dal gruppo SFR Jugoslavija - SFR Yugoslavia su facebook: https://www.facebook.com/pages/SFR-Jugoslavija-SFR-Yugoslavia/36436743833 )

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http://www.advance.hr/vijesti/socijalisticka-radnicka-partija-hrvatske-uz-4-juli-dan-borca/

Socijalistička Radnička Partija Hrvatske

UZ 4. JULI DAN BORCA


Prošle su 72 godine od kada je Politbiro Komunističke partije Jugoslavije pod predsjedavanjem Josipa Broza Tita u Beogradu, donio povijesnu odluku o pokretanju općenarodnog ustanka protiv okupatora i njihovih domaćih slugu.

Bio je to najznačajniji događaj i kruna ukupnih aktivnosti, koje je partija provodila nakon okupacije zemlje, od strane sila Trećeg Reicha. A posebnu povjesnu dimenziju daje mu činjenica u vidu jedinstvenog modela pružanja otpora na okupiranim teritorijima.

Evocirajući uspomenu na taj događaj, mi ne umanjujemo niti jednu aktivnost, koja je doprinosila zajedničkom cilju, oslobođenju zemlje.
Međutim, da nije bilo ovog događaja i spomenute odluke, sasvim je izvjesno da bi tok oslobodilačke borbe i otpor neprijatelju, bio potpuno drugačiji.

Vrlo je vjerojatno, da bi se ona vodila neorganizirano, nekoordinirano i razjedinjeno po pojedinim dijelovima zemlje, poput otpora razjedinjenih indijanskih plemena. Teško je zamisliti, da bi u takvim uvjetima bila izvediva i socijalistička revolucija, a izostala bi i vlastita pobjeda, te bi sloboda bila donesena na bajunetima tuđih vojski. Stoga je ovaj događaj prirodno značajan i svim autentičnim ljevičarima i antifašistima.

Revizija povjesti i restauracija retrogradnih poraženih ideja koja traje od secesije 90-ih, može samo na određeno vrijeme odložiti rezultate, povjesne poruke i društvene vrijednosti proizišle iz događaja koje slavimo, ali ih ne može izbrisati, niti zaustaviti njihovo povjesno poslanje. Zato u jeku klero-fašističke regeneracije na širem prostoru, raduje svaka pojava koja odudara od tog trenda.

S time u vezi treba istaknuti hvale vrijednu odluku slovenske vlade iz 2011. godine, koja je povodom 100-e godišnjice rođenja španjolskog borca, partizanskog generala i narodnog heroja Jugoslavije, Franca Rozmana-Staneta, emitirala prigodnu kovanicu od dva eura, sa likom heroja Rozmana i stiliziranom petokrakom zvijezdom, "kao simbolom pokreta, kojemu je komandant Rozman pripadao", kako stoji u obrazloženju, koje je tom prilikom objavljeno.

Istovremeno sa indignacijom odbijamo svaki pokušaj usporedbe i povezivanja Narodno oslobodilačke i antifašističke borbe sa kontrarevolucijom sprovedenom 90-ih godina prošlog stoljeća, u vidu međuetničkog i konfesionalnog oružanog sukoba. Pa s time i vrlo česte izjave predstavnika hrvatskog etablismenta na svim nivoima i u svim prilikama, kako je "domovinski rat bio nastavak antifašističke borbe".

Pri tome dotična gospoda tu tvrdnju ne potkrjepljuju nijednim argumentom iz jednostavnog razloga što argumenata za to naprosto nema. Oružani sukob iz 90-ih je bio sušta suprotnost i negacija antifašističke borbe. Njime su ukinuta sva dostignuća antifašističke borbe i poslijeratne izgradnje društva, u tom sukobu nije zapijevana nijedna antifašistička pjesma, ali jesu ustaške; u tom sukobu nije istaknut nijedan antifašistički simbol, ali jesu ustaški i u tome je sukobu i nakon njega uništeno između 3000 i 4000 spomen obilježja koji su podsjećali upravo na antifašističku borbu, što znači da je izostala svaka poveznica između ta dva događaja.

04. 07. 2013. Kapuralin Vladimir

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JEDAN JE PUT U SLOBODU
La celebrazione a Belgrado per gli anniversari delle epopee partigiane della Neretva e della Sutjeska
http://www.subnor.org.rs/beograd-8-6

Vedi anche / isto procitaj:
http://www.nkpj.org.rs/clanci-la/clanak_id=39-la.php
http://www.subnor.org.rs/jubileji-2



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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

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L'UNION EUROPÉENNE RÉELLEMENT EXISTANTE



Le gouvernement estonien rend hommage au nazisme

RÉSEAU VOLTAIRE | 8 JUILLET 2013
Le ministre estonien de la Défense, Urmas Reinsalu, président de Union Pro Patria et Res Publica (IRL), a adressé, le 7 juillet 2013, un message de soutien aux membres de l’« Alliance des combattants pour la liberté de l’Estonie », réunis pour leur meeting annuel.
L’« Alliance des combattants pour la liberté de l’Estonie » rassemble d’anciens SS qui se battirent pour « préserver l’Estonie du communisme ».
En 2012, Urmas Reinsalu s’était personnellement rendu à ce rassemblement annuel sur l’île de Saaremaa. Il y avait félicité d’anciens SS pour avoir « libéré la patrie » (sic).
Depuis une dizaine d’années, l’Estonie et la Lettonie affichent leur soutien au nazisme. Ces deux États sont à la fois membres de l’Otan et de l’Union européenne, deux organisations officiellement créées sur les ruines du nazisme.

 « La présidente de la Lettonie réhabilite le nazisme », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 16 mars 2005. 
 « Estonie : pour France-Info, la réhabilitation du nazisme compte moins que les déductions fiscales », par Cédric Housez,Réseau Voltaire, 31 août 2006.


Si veda il necrologio fatto dai suoi sodali nazional-irredentisti:
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E’ stata definita in mille modi. Ne hanno fatto un idolo. L’hanno confusa con il simbolo dell’Italia ‘mutilata’ dal trattato di pace di Parigi. E’ ancora oggi richiamata in molti siti web di ispirazione neofascista e neonazista. E’ “la maestrina d’italiano”, il “coraggio” personificato, il “fiore nato da un pantano”, il simbolo della destra per il sociale e di tutti i veri fascisti vecchi e nuovi che non vogliono morire.

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Ma a leggere i documenti della storia che, grazie a Dio, ci indicano le strade della verità e dei fatti umani , il giudizio che ne possiamo trarre è che  Maria Pasquinelli fu tutt’altra cosa che un’eroina. Coperta da apparati che resistevano e si riorganizzavano nel nome della lotta cosiddetta antibolscevica, fu in realtà una donna che  si prestò semplicemente a realizzare una missione omicida che le consentirono di fare.

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Ed ecco i fatti.

“La mattina del 10 febbraio 1947, verso le ore 9.00, mi trovavo a cinquanta metri dal quartier generale britannico, in un punto da cui potevo osservare il cambio della guardia. Alle ore 9.30 vidi arrivare l’automobile del Comandante e, immediatamente, mi avviai verso l’edificio. La pistola era nascosta all’interno di una delle maniche del mio cappotto. Nell’avvicinarmi, notai che il generale stava parlando con i soldati schierati. Gli sparai tre colpi alla schiena, a bruciapelo. Ferito, iniziò a barcollare, mentre i quattro militi si dileguavano all’interno della caserma. Pochi secondi dopo, vidi arrivare un soldato britannico con il fucile puntato verso di me. Si avvicinò, ma sembrava incerto se sparare o meno. Lasciai cadere la pistola a terra e aspettai di essere arrestata.”

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Maria Pasquinelli – fiorentina, classe 1913, di professione insegnante – così rievoca uno degli episodi più sensazionali del dopoguerra sul confine orientale: l’uccisione del generale britannico Robert W. De Winton, comandante della Tredicesima Brigata di Fanteria a Pola, all’epoca sotto il controllo del Governo militare alleato (Gma). La deposizione avviene a Trieste  dinanzi agli agenti del Secret intelligence bureau (Sib).

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Il fatto, che avrebbe dovuto passare agli annali dei crimini politici commessi in quel tempo, diventa al contrario l’occasione per fare dell’omicida l’eroina dell’“italianità tradita”. Un controverso simbolo nazionalista per le migliaia di famiglie istriane e dalmate che proprio in quelle settimane prendono la via dell’esilio volontario.

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Due mesi dopo, la Pasquinelli, è condannata a morte da una Corte militare alleata, a Trieste. In maggio, però, la pena è commutata in ergastolo per decisione del generale John H. Lee, comandante delle Forze alleate nel Mediterraneo. Dopo aver trascorso diciassette anni nelle carceri di Venezia, Perugia e Firenze, torna in libertà nel settembre 1964.

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Per oltre mezzo secolo si è pensato al gesto disperato di una giovane andata fuori di testa a causa della guerra. Altri, più ottimisticamente, hanno fatto propria la giustificazione dell’assassina: il gesto era il risultato del trattamento umiliante riservato al nostro Paese da Stati Uniti, Gran Bretagna e Urss. Il Trattato di Pace di Parigi, firmato proprio il 10 febbraio 1947, dopo che l’Italia aveva perduto disastrosamente la guerra, obbligava infatti l’Italia a rinunciare all’Istria e a Fiume, fomentando i movimenti nazionalistici all’insegna dell’Italia “mutilata”.  E passeranno molti anni prima che la “questione” di Trieste e della “Zona B” trovi una soluzione definitiva.

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Sembrava una storia consegnata per sempre alla memoria un po’ sbiadita di quegli anni in bianco e nero. Ma ora nuovi particolari emergono dagli scaffali del Public Record Office di Kew Gardens, gli Archivi Nazionali britannici. Decine di documenti del War Office, ritrovati nell’agosto 2009, ci dicono che sarebbe stato possibile evitare quel clamoroso omicidio. Come dimostrano i telegrammi, le lettere e i rapporti redatti dalle autorità militari angloamericane nelle ore e nei giorni immediatamente successivi all’attentato, carte secret e top secret custodite nel fascicolo War Office 204/12896 (“Shooting of Brigadier De Winton”).

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Ma procediamo con ordine e vediamo di seguire ciò che i documenti ci raccontano.

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E’ trascorsa una settimana dall’attentato di Pola. Il 17 febbraio 1947 – in un salone del castello di Miramare, a pochi chilometri da Trieste – si insedia una Commissione militare d’inchiesta composta dal tenente colonnello Gaisford e dai maggiori Mitchell e Stephenson. Il testimone chiave è il sergente H. Ross, agente del Field security servicebritannico (Fss), di stanza a Pola: “Il 25 ottobre 1946, ricevetti un telegramma che mi allertava dell’imminente arrivo di Maria Pasquinelli a Pola e della sua intenzione di assassinare il Comandante militare alleato”.

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Il testo del dispaccio non lascia dubbi sulle intenzioni della donna: “General staff intelligence (Gsi) / 208. Segreto. Informazione ricevuta dall’unità ‘Z’ dello Special counter intelligence (Sci) di Milano. Una fonte solitamente attendibile afferma che Pasquinelli Maria (lo ripetiamo: Pasquinelli Maria, un metro e 75 centimetri di altezza, robusta, sui 30 anni, capelli castani, scuri e riccioluti, occhi scuri, naso schiacciato, portamento maschile, fisicamente forte) potrebbe attentare alla vita del Comandante militare alleato dell’area di Pola, in segno di protesta per le decisioni di Parigi. Si presume che il Soggetto lascerà Milano per Pola tra pochi giorni e che farà sosta a Venezia per andare a trovare il fratello, un tenente al momento convalescente all’ospedale militare della città. A Pola, l’indirizzo fornito è l’hotel Miramare”.

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Il sergente aggiunge altri dettagli: “Contattai immediatamente il mio superiore a Trieste – il capitano Middleton, comandante del XXI Port Security Section (Pss) – e chiesi istruzioni. Egli mi rispose che le avrebbe ottenute dal Gsi. Ventiquattro ore più tardi, mi telefonò per fornirmi le seguenti direttive: a) per nessun motivo la donna doveva essere arrestata o interrogata. Inoltre, non si doveva agire in modo da destare i suoi sospetti; b) il Gma e la Polizia della Venezia Giulia dovevano essere allertate sulle sue intenzioni; c) dovevo chiedere alla Polizia della Venezia Giulia che mi informassero dell’arrivo della donna e fare in modo che fosse posta sotto osservazione. […] Mi recai quindi all’hotel Miramare e appurai che la Pasquinelli era partita il 20 ottobre. […] Il 3 dicembre 1946, la polizia della Venezia Giulia e il gerente dell’hotel Miramare ci avvertirono del suo arrivo. La sera stessa, verso le 20.00, la donna si presentò nel mio ufficio. Ne controllai la carta d’identità e le domandai il motivo della sua visita a Pola. Mi rispose che era una professoressa di scuola e che si interessava di cultura istriana. Attenendomi alle istruzioni ricevute, non la interrogai. La mattina dopo, il 4 dicembre, telefonai al capitano Middleton, a Trieste, per avvertirlo che la donna era tornata a Pola. […] Il capitano mi disse di allertare la Ventiquattresima Brigata e il Gma e di chiedere alla Polizia della Venezia Giulia di tenerla d’occhio”.

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Ross informa anche il tenente colonnello Orpwood – il Commissario britannico dell’area polesana – e Benvenuti, un funzionario italiano della Criminal investigation division (Cid).

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“L’Fss non ricevette ulteriori istruzioni o informazioni sulla donna fino al giorno dell’omicidio – precisa il sergente – . L’11 febbraio mi recai all’hotel Miramare per controllare il registro delle presenze. Constatai che la donna era partita da Pola il 6 dicembre 1946 e che era ritornata in città l’11 gennaio 1947. Poi, il 5 febbraio, era nuovamente partita per fare ritorno in città l’8 febbraio.”

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Il secondo testimone ad essere ascoltato è il tenente Garvin: “In data 16 dicembre 1946, assunsi il comando del XXI Pss, a Trieste. Il capitano Middleton mi aggiornò sulle questioni più importanti ma non menzionò mai il caso della Pasquinelli. Il giorno dell’omicidio, tuttavia, rinvenni le informative [dell’ottobre 1946, ndr] nei nostri archivi.”

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Davanti ai giudici sfilano poi il tenente Feldman, il maggiore Robin, il maggiore Portham.

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Arriva il turno del sergente Reeves: “Sono l’ufficiale di collegamento tra il XXI Pss e la Polizia della Venezia Giulia, al Molo Pescheria di Trieste. Il 25 ottobre 1946, il capitano Middleton mi ordinò di trasmettere alla Polizia della Venezia Giulia il nome completo e la descrizione fisica di Maria Pasquinelli, in modo che la Polizia potesse avvertirci quando la donna fosse partita per Pola. Così ho fatto, ma non ho mai ricevuto alcun rapporto in proposito.”

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Il brigadiere Erskine, infine, racconta di aver incontrato il generale De Winton alla fine di gennaio del 1947, a Trieste, ma di non avergli parlato delle segnalazioni riguardanti la Pasquinelli. Con candore, ammette che la questione “gli era sfuggita di mente”.

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Nel tardo pomeriggio del 18 febbraio 1947, la Commissione giunge alle seguenti, sconcertanti conclusioni: “L’omicidio è stato reso possibile da precisi ordini che sarebbero giunti dal Quartier generale alleato. Secondo questi ordini, la donna non doveva essere arrestata, perquisita o interrogata. Al momento, questa Commissione ritiene impossibile stabilire chi abbia emanato queste direttive. Sembra che il capitano Middleton (che ora è stato collocato in congedo) abbia ottenuto tali istruzioni dal Gsi/Quartier generale alleato. Dalle indagini condotte presso il Gsi, sembrerebbe che l’ufficiale che ha trasmesso le direttive al capitano Middleton è stato anch’egli congedato.”

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Il 19 febbraio, il generale britannico Loewen, Comandante della Prima Divisione Armata di Trieste, commenta con durezza le deliberazioni della Commissione: “L’inchiesta non è stata in grado di spiegare per quale motivo – e per ordine di chi – a Maria Pasquinelli fu consentito di muoversi liberamente nell’area di Pola.”

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Le indagini del Comando alleato proseguono in gran segreto, tra imbarazzi, sospetti e reticenze. Sembra sia stata la sede milanese dello Sci/Z ad allertare il Gsi del Comando alleato sui propositi omicidi della Pasquinelli. La fonte è definita “solitamente attendibile”. Ecco perché, il 14 febbraio 1947, un cablogramma del Quartier generale angloamericano chiede “con urgenza” di essere messo al corrente sull’identità di questo confidente e su “ulteriori dettagli” contenuti nei rapporti dello Sci/Z dell’ottobre 1946.

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La risposta arriva il giorno dopo: “La source è Zolyomy Andrea, alias ‘Bandi’, ex agente dell’Ufficio Quarto [dei servizi segreti nazisti, ndr] di Milano, arrestato nel maggio 1945.[…] E’ attualmente detenuto presso il carcere militare di Milano, in attesa di essere processato dalla Corte di Assise Straordinaria della città. Nel rapporto Sci/Z, Maria Pasquinelli è citata una sola volta per i suoi collegamenti con la Decima Flottiglia Mas e con le attività anti-slave nella Venezia Giulia.” Zolyomy, un gitano ungherese, diventerà anni dopo una figura molto nota nel panorama sportivo italiano: allenerà la nazionale di pallanuoto alle olimpiadi di Melbourne (1956) e di Roma (1960).

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Il 16 febbraio 1947, lo Sci/Z invia al Comando alleato copia di un altro cablogramma, datato 24 ottobre 1946. I dettagli non potrebbero essere più agghiaccianti: “Si ritiene che Maria Pasquinelli abbia studiato gli spostamenti quotidiani [del generale De Winton, ndr] e che abbia deciso di sparargli mentre questi è intento a passare in rassegna le truppe. […] La donna è la nipote dell’ex ministro della Guerra della Rsi, Soddu, ed è dipinta come fanatica e determinata.”

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Qualche giorno dopo, un nuovo colpo di scena: con un telegramma top secret inviato a vari uffici, il Gsi rivela di aver appreso che la source non è Zolyomy e – cosa ben più grave – che “lo Sci/Z non intende rivelare l’identità del vero confidente. La questione è al vaglio del Quartier generale delle Forze alleate”.

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Insomma, se la fonte di informazione non è il fascista ungherese, da dove arrivano le informazioni top secret? Il governo britannico continua a non vederci chiaro. Soprattutto è fuori di sé per l’apparente facilità con cui la donna ha potuto assassinare De Winton. Il 30 maggio 1947 Londra torna all’attacco. Un telegramma top secret, inviato al Comando delle Forze alleate in Italia, riferisce che “il Foreign Office desidera sapere se, in effetti, siano state le fonti ufficiali italiane a informare lo Sci/Z; oppure se, al contrario, sia stato lo Sci/Z ad utilizzare confidenti non collegati al Servizio informazioni militare (Sim) o a qualche altra organizzazione ufficiale italiana”.

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Fin qui, i documenti ritrovati a Kew Gardens nell’agosto scorso.

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A più di sessant’anni da quegli avvenimenti, non sappiamo ancora se Maria Pasquinelli fosse soltanto una scheggia impazzita in azione tra Milano, Trieste e l’Istria nel caos del dopoguerra.

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Di certo, però, sappiamo che è proprio l’unità “Z” dello Special counter intelligence a coordinare le operazioni più oscure contro la “minaccia bolscevica” rappresentata dal Pci di Togliatti. Lo Sci/Z è al comando di un ambizioso capitano non ancora trentenne, James Angleton. Arriva in Italia alla fine del 1944 come responsabile dell’X-2, il controspionaggio dell’Office of strategic services (Oss), i servizi segreti Usa attivi su tutti i fronti durante il conflitto mondiale. Ora, nel 1946, una nuova sigla spionistica ha preso il posto dell’Oss – lo Strategic services unit (Ssu) – che ben presto cederà il posto alla Central intelligence agency, la Cia.

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Sotto la guida occulta di Angleton, prende corpo una vasta rete terroristica composta da una miriade di formazioni paramilitari anticomuniste. Per gli americani, la situazione si sta facendo difficile. Il 2 giugno 1946, il Pci e i socialisti di Nenni ottengono la maggioranza relativa all’Assemblea Costituente, superando la Dc di De Gasperi. La Repubblica prevale sulla Monarchia con un vantaggio di due milioni di voti. E da Washington gli analisti più attenti prevedono la vittoria certa del blocco socialcomunista alle politiche del 1947.

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Nel 1946, gli squadroni della morte più pericolosi sono la Divisione Osoppo, le Squadre d’azione Mussolini (Sam) e l’Esercito clandestino anticomunista (Eca). Vi aderiscono gli ex partigiani “bianchi” e monarchici della Osoppo, nella Venezia Giulia, e dell’Organizzazione Franchi di Edgardo Sogno. E, soprattutto, gli ex militi salotini della Decima Mas del principe Junio Valerio Borghese e delle Brigate Nere di Alessandro Pavolini. Ma in tutto il Paese sono attive decine di  formazioni armate che prendono i nomi di Fedelissima, Gruppi Azione Mussolini, Vendetta Mussolini, Audaci, Federati Neri, Partito insurrezionale fascista, Lupo, Leonessa, Sagittario, Etna, Onore e Combattimento. Nel maggio 1945, a Milano, è il capitano Angleton in persona a salvare la pelle a Borghese e a trasferirlo in gran segreto a Roma. Le sue competenze, scrive qualche tempo dopo, saranno molto utili “nell’ambito delle operazioni di lungo periodo” in Italia. In ottobre, il Comando alleato firma un atto segreto con cui garantisce la “totale immunità” agli uomini della Decima di stanza nella base navale dell’isola di Sant’Andrea, a Venezia. Nella primavera del 1946, anche Pino Romualdi – l’ex vicesegretario del Partito fascista repubblicano (Pfr) nella Rsi – finisce nell’orbita di Angleton: gira per Roma sotto falsa identità, contatta centinaia di suoi ex commilitoni e scrive un pamphlet intitolato “Il Fronte italiano antibolscevico”. Alla fine dell’anno fonda i Fasci d’azione rivoluzionaria (Far), che in breve inizieranno una lotta terroristica senza quartiere contro il Pci e le Camere del Lavoro.

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Nel 1947 – secondo vari rapporti del Servizio informazioni e sicurezza (Sis), lo spionaggio italiano – sarà il “Nuovo Comando Generale” (composto da Far, Eca e Sam) a coordinare la strategia terroristica della banda di Salvatore Giuliano in Sicilia, in vista della strage di Portella della Ginestra (1° maggio 1947). Due mesi dopo, un arsenale dei Far sarà scoperto in uno stabile di via Romagna, a Roma, a poche decine di metri dalla sede dei servizi Usa.

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Trieste e la Venezia Giulia sono una presenza costante nelle migliaia di rapporti desecretati negli ultimi anni a Londra e a Washington.

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All’inizio del 1946, è il capitano statunitense Huppert (di origini triestine) a entrare in contatto con un altro triestino, il colonnello Nino Buttazzoni, per proporgli di lavorare per l’intelligence di Angleton con il nome di copertura di “Ingegner Cattarini”. Huppert è il responsabile del Cid a Trieste, mentre Buttazzoni è stato uno dei principali collaboratori del principe Borghese nella Rsi, al comando dei Nuotatori-Paracadutisti (Np) della Decima Mas. Al momento del suo incontro con lo spionaggio americano, a Roma, vive in clandestinità in un appartamento di via Panisperna. E’ infatti ricercato dalla Commissione delle Nazioni Unite per i Crimini di Guerra per le rappresaglie compiute dai suoi uomini nella zona di Asiago, nel Veneto, nella primavera del 1944. “Sono momenti in cui, per molti, Repubblica significa Comunismo – scrive Buttazzoni nel volume “Solo per la bandiera” (Mursia), pubblicato nel 2002 -  e la nostra scelta non ha incertezze. Abbiamo a disposizione armi e depositi al completo. Faccio contattare alcuni Np del Sud.” All’“Ingegner Cattarini”, Angleton affianca il comandante Calosi, responsabile dell’intelligence navale italiana, e la signora Vacirca (nome in codice: “Miss Quinn”) dei servizi segreti statunitensi. In breve, il colonnello diventerà il referente numero uno dell’Eca.

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I dispacci delle spie di Sua Maestà sono sempre più allarmati. E’ dal ’43 che l’intelligence britannica è in ansia per la situazione al confine orientale italiano. Le atrocità nazifasciste in Jugoslavia, la guerra partigiana dell’Esercito di liberazione e le esecuzioni di massa perpetrate per ordine del maresciallo Tito a Trieste e nella Venezia Giulia nel maggio-giugno del 1945, hanno creato un clima impossibile da gestire. Londra guarda con preoccupazione crescente ai dirty tricks, ai giochi proibiti che alcuni settori militari e dell’intelligence degli Stati Uniti stanno mettendo a punto in quell’estate del 1946. E il controspionaggio britannico decide di passare all’azione. In settembre, a Trieste, arresta un neofascista di origini siciliane, Mario Cocchiara.

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Dal rapporto dell’interrogatorio – desecretato nel 2005 -  apprendiamo che il terrorista “sta organizzando un gruppo paramilitare di destra sotto gli auspici del Sim. Si reputa che abbia già radunato 500 elementi e che sia in rapporti diretti con alcuni membri del governo italiano e con alti ufficiali del Sim, ai quali invia le sue relazioni. […] E’ in contatto con elementi neofascisti e di destra a Milano, Roma e altrove, e con i gruppi delle Sam in Lombardia e a Milano. […] Cocchiara afferma di aver incontrato, il 19 agosto 1946, i gruppi della resistenza nazista che operano nelle Alpi bavaresi. Sembra che queste formazioni utilizzino come emissari ex soldati dell’esercito tedesco rimasti in Italia (muniti di documenti di identità civili), nella zona di Merano. Per ottenere fondi, i gruppi nazisti hanno allestito un ampio traffico di cocaina verso l’Italia. Qui, i loro emissari vendono cocaina di tipo ‘Merck’ (genuina) a buon prezzo, ossia a 800.000 lire al chilogrammo. Il prezzo è mantenuto basso per incrementare le transazioni. In Italia, le organizzazioni neofasciste traggono profitto dall’acquisto di cocaina, garantendo così i finanziamenti alle loro attività. […] Anche le entrate economiche dell’organizzazione di Cocchiara potrebbero, in parte, dipendere dal traffico di cocaina”.

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Dal documento spunta anche il nome di Huppert: “In agosto, Cocchiara ha ricevuto dall’ufficio del capitano Huppert [il Cid, ndr] un’offerta di collaborazione con l’intelligence statunitense, da attuarsi dopo che tale ufficio lascerà il territorio. […] Il documento con la proposta era diviso in tre parti: quella militare (che prevedeva una serie di attività anche in territorio jugoslavo) sarebbe stata affidata al tenente Giacchelli (lavora per Huppert); quella politica a Cocchiara, mentre il settore economico doveva essere curato dal direttore di una banca di Trieste (non se ne conosce il nome). […]. I capi delle tre sezioni avrebbero avuto il compito di scegliere gli agenti e i confidenti, i cui nomi sarebbero poi stati sottoposti al vaglio dell’ufficio del capitano Huppert.”

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Due mesi dopo, Londra riferisce che “a Trieste, è sorto un nucleo formato da aderenti al Partito fascista democratico (Pfd) e alle Sam. Le attività del gruppo sono coordinate dalla Croce rossa italiana (Cri) tramite un certo Eugenio Cecchini, ex operatore cinematografico della Decima Mas. Cecchini manterrebbe stretti rapporti con le formazioni neofasciste di Milano, dalle quali riceverebbe ordini. Possiede una moto Guzzi con la quale si reca di frequente a Brescia e a Milano”.

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Le rivelazioni di Cocchiara confermano le informative dello spionaggio italiano. Nel maggio 1946, il Sis scrive che “la maggior parte delle Sam ed altre formazioni attivistiche e terroristiche neo-fasciste si sono spostate nella Venezia Giulia, in quanto corre voce che i fascisti e i monarchici intenderebbero determinare un incidente provocatorio al confine orientale, tale da poter polarizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla Venezia Giulia. […] Le divisioni Osoppo e Gorizia, paramilitari, ed il nucleo universitario di Trieste, già segnalati, sono quasi esclusivamente costituiti da ex fascisti ed operano in accordo con le autorità militari”.

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Ma è dell’8 ottobre 1946 il documento britannico più sensibile, reso pubblico nel 2005: “Corre voce che a Roma sia attivo un centro neofascista al quale, secondo alcuni rapporti, aderiscono degli ufficiali americani. Tra i nomi menzionati vi è quello del capitano Philip J. Corso (intelligence statunitense nella Capitale).” Il rapporto precisa che il gruppo romano è composto dal colonnello Agrifoglio, ex capo del Sim; Augusto Turati, ex segretario del Partito nazionale fascista (Pnf); Angelo Corsi, sottosegretario agli Interni nel secondo governo De Gasperi; Leone Santoro, responsabile dell’Ufficio politico del ministero dell’Interno; Luigi Ferrari, capo della Polizia. Il Foreign Office conclude allertando che “numerosi ufficiali americani di origine italiana (tra costoro, il capitano Corso sopra menzionato) sono attivamente legati a questo centro”.

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Nelle stesse settimane, secondo lo spionaggio italiano, Turati circola indossando un’uniforme dell’esercito Usa, gode “della stima e del rispetto” degli americani ed è ospite di un monsignore in via Giacomo Venezian, a Roma, nel “palazzo vaticano della Sacra Congregazione Concistoriale dei Riti”.

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La strategia golpista dello Sci/Z funziona ormai a pieno ritmo. Il capitano Corso – del Counter intelligence corps (Cic), il controspionaggio militare statunitense – è uno stretto collaboratore di Angleton, assieme a Raymond Rocca, Charles Siragusa, George Zappalà e a molte altre spie americane di origine italiana. Un’azione di forza contro il Pci sembra imminente. Vari episodi lo preannunciano.

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Una nota del Sis informa che il “Comando generale del movimento fascista” – costituito da Carlo Scorza, ex segretario del Pnf, e da Augusto Turati – intende far scoppiare “qualcosa di grosso” a gennaio o a febbraio del 1947. Nasce l’Unione patriottica anticomunista (Upa), costituita in prevalenza da militari dell’Arma. Il Fronte internazionale antibolscevico (Fia) e i Far di Romualdi iniziano un’attività terroristica su vasta scala. Infine, secondo un lungo rapporto del Sis, Salvatore Giuliano si mette “a completa disposizione delle Formazioni Nere”, che pianificano di affidargli la liberazione del principe Borghese, detenuto nel penitenziario militare dell’isola di Procida. Lo spionaggio italiano riferisce che il capobanda siciliano si sposta da Nord a Sud per coordinare le attività delle Sam insieme al suo luogotenente, il killer Salvatore Ferreri, alias “lo Scugnizzo di Palermo”. Stando ai rapporti del Sim, Giuliano è in contatto con i reparti speciali della Decima Mas dall’estate del 1944, quando alcuni commandos del principe Borghese raggiungono segretamente Partinico e Montelepre, in provincia di Palermo, per finanziare, armare e addestrare alla guerriglia gli uomini della sua banda. Si fanno i nomi di Rodolfo Ceccacci, Pasquale Sidari, Giovanni Tarroni, Dante Magistrelli e dei fratelli Giovanni e Giuseppe Console, tutti in missione nell’Italia liberata su ordini del colonnello Buttazzoni. E’ la “guerra segreta oltre le linee”, messa in campo dai servizi segreti nazifascisti all’indomani dello sbarco alleato in Sicilia del luglio 1943.

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Ma i piani dell’intelligence di Angleton e delle bande armate anticomuniste si sviluppano lungo tutto il 1947.

Nel luglio 1947, il Sis registra gli anomali comportamenti di Selene Corbellini, ex membro della banda Koch ed ex agente dei servizi di Salò, responsabile delle Sam tra Roma e Torino. La Corbellini è segnalata in contatto con la banda di Salvatore Giuliano, a Palermo. Ma è anche definita “elemento pericoloso” per la propaganda diffusa tra gli “esuli giuliani” della Capitale: “E’ stato riferito che elementi non ancora individuati lavorerebbero intensamente in questi giorni nei confronti di elementi giuliani, che sono abitudinari del dormitorio istituito presso i profughi e i reduci della stazione Termini, in Roma, allo scopo di organizzare gruppi di uomini destinati ad azioni di piazza in Roma e nella Venezia Giulia, all’evidente scopo di aggravare con atti inconsulti (si parla anche con insistenza di un attentato contro Tito) la situazione nazionale ed internazionale. L’iniziativa partirebbe dalle Sam, già rappresentate a Roma dalla nota ricercata Selene Corbellini.  Circolerebbe fra i predetti abbondante denaro (si parla di veri e propri ingaggi a lire 10.000).” Un’altra informativa italiana scrive che “per ordine del Fronte anticomunista, profughi giuliani ex fascisti vengono fatti partire isolatamente alla volta di Trieste, Fiume, Pola e Gorizia, col compito di creare localmente cellule di propaganda e di azione anti-russa e anti-Tito”.

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Nel biennio 1946-1947, vari rapporti dell’intelligence alleata parlano di “elementi del separatismo siciliano” nella Venezia Giulia e a Trieste. Presenze decisamente sospette, vista la lontananza geografica con la grande isola mediterranea. Nel giugno 1946, il controspionaggio del Sim segnala la presenza nel capoluogo giuliano di “due militanti dell’Esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia (Evis), provenienti da Catania: Tullio di Mauro, nato a Trieste nel 1923, ed Enzo Finocchiaro, nato a Catania nel 1925”. I due sono in possesso di speciali documenti di identità che certificano la loro appartenenza all’Evis, firmati da un certo “colonnello Spina”.

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Al “sergente maggiore Spina” della Cri, a Trieste, accenna il lungo documento britannico su Cocchiara del settembre 1946, già visto. Il neofascista è dato in contatto permanente con il sergente maggiore, definito un “confidente” del Sim nel capoluogo giuliano, alle dipendenze del capitano Huppert. In specie, il rapporto comunica che Spina “organizza le squadre d’azione italiane”.

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Nell’estate del 1947, Londra scrive di uno Spina “comandante del Terzo corpo volontari della libertà (3Cvl) nella Venezia Giulia”. L’organizzazione è composta dalla Divisione Osoppo, dalla Divisione Julia e dal Gruppo Aspro. Il 24 luglio 1947 il Foreign Office allerta: “Spina si è incontrato con il colonnello Zitelli (Sim)”, che ha promesso di inviare “armi, munizioni e finanziamenti al 3Cvl. […] Zitelli si è poi detto d’accordo nel fare tutto il possibile per coordinare gli analoghi gruppi operanti nell’Italia meridionale con quelli attivi nel settentrione”. Si fa il nome dell’Unione monarchica italiana (Umi), un partito che, secondo lo spionaggio italiano, finanzia le attività terroristiche della banda Giuliano, dell’Evis e di altre  formazioni separatiste in Sicilia, Calabria e Basilicata tra il 1945 e il 1947. Il collegamento tra Salvatore Giuliano e l’Umi, a Roma, viene garantito dal neofascista catanese Franco Garase, alias “lo zoppo”, da Caterina Bianca, ex agente dei servizi segreti della Rsi, e da Silvestro Cannamela, ex milite dei commandos della Decima Mas al Sud.

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All’indomani della strage di Portella della Ginestra, altra circostanza anomala è la presenza in Sicilia di alcuni “continentali”. Fermati e identificati dai carabinieri sulle montagne di Montelepre, vengono rispediti a casa in fretta e furia: “Un gruppo di settentrionali composto da Giancarlo Celestini, 20 anni da Milano, Enzo Forniz, 18 anni da Pordenone e Bruno Trucco, un ragazzo di Genova, ebbero a entrare nella banda di Salvatore Giuliano. A quale appello avevano risposto? Tra il 10 luglio e il 14 agosto 1947, furono poi fermati sulle montagne di Montelepre undici misteriosi individui nativi di Cava dei Tirreni (Francesco Lambiase e Vincenzo di Donato); Sicaminò, in provincia di Messina (Francesco Minuti); Taranto (Cosimo Vozza, Pietro Capozza, Cataldo Sorrentino, Santo Balestra); Cagliari (Carlo De Santis); Vicenza (Gaetano Dalconte e Edoardo Affollati); Ragusa (Giuseppe Ferma).” (Cfr. “Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato”, FrancoAngeli, 1997).

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Che cosa ci facciano in una formazione paramilitare della Sicilia occidentale cinque giovani provenienti da Milano, Vicenza, Pordenone e Genova, rimane un gran bel mistero. O, almeno, tale è stato fino all’apertura integrale degli archivi del War Office britannico e dell’Oss statunitense, dopo il 2000.

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L’Evis è una formazione terroristica attiva dal 1944, definita “neofascista” dai dispacci dell’intelligence Usa in Sicilia. Nel settembre 1945 ne assume il comando il “colonnello” Salvatore Giuliano, con una solenne investitura sulle montagne di Sàgana, nei pressi di Montelepre, alla presenza dei massimi dirigenti del Movimento per l’indipendenza della Sicilia (Mis). Ma, come dimostrano decine di rapporti dell’intelligence alleata resi pubblici negli ultimi anni, l’Evis ha le sue origini nei servizi segreti della Rsi e nei commandos della Decima Mas. E’ un fronte della più generale guerra che i neofascisti hanno dichiarato al governo di Badoglio e Bonomi dopo l’8 settembre. Nell’aprile 1945, poche settimane prima della disfatta nazifascista nell’Italia settentrionale, 120 militi della brigata “Raffaele Manganiello”, di stanza a Montorfano (Como), raggiungono la Sicilia per continuare la “resistenza fascista” al Sud. Fanno parte del battaglione “Vega”, un corpo di èlite di 350 uomini voluto dal principe Borghese nell’estate del 1944 e addestrato dal tenente di vascello Mario Rossi. Gli uomini del “Vega” provengono in gran parte dalle fila degli Np del colonnello Buttazzoni. Negli elenchi stilati dal colonnello Hill-Dillon del controspionaggio statunitense nell’aprile  1945, compaiono i nomi del “tenente Giuliano” e di altri futuri componenti della cosiddetta “banda” del monteleprino, come il parà Giuseppe Sapienza. A Como, gli uomini della “Manganiello” sono guidati da Fortunato Polvani, ex federale di Firenze e stretto collaboratore di Romualdi nella Rsi. Nell’autunno del 1945, da Palermo (dove rimarrà fino alla primavera del 1947), entra in contatto con il capitano Angleton e assume il coordinamento delle squadre armate  neofasciste per tutta l’Italia, a cominciare dalle Sam.

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Il 12 giugno 1946, in Sicilia arriva anche l’ex partigiano bianco Giuseppe Caccini,  il “Comandante Tempesta” della brigata Carnia (Osoppo), con l’obiettivo di stabilire contatti permanenti con l’Umi a Palermo. Ma qui, dopo pochi giorni, viene arrestato dalla Polizia nei pressi della stazione ferroviaria.

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Dal suo interrogatorio, conservato negli archivi del Sis,  apprendiamo che “dopo l’8 settembre 1943, in contrapposizione dell’influenza panslava nel Friuli e nella Carnia, formai la brigata Osoppo, brigata a carattere nazionalista-monarchico. Fino al 1° maggio 1945 rimasi a capo della brigata Carnia. Fino all’ottobre 1945, rimasi in montagna assieme alla mia brigata per avere dopo il 1° maggio combattuto contro le forze jugoslave che volevano invadere il territorio del Friuli, e precisamente oltrepassare il Tagliamento e la Fella e occupare anche la zona carnica. Di ciò ne può dare conferma la missione inglese che dirigeva in quella località i movimenti militari e politici delle brigate osovane (il capitano Patt e il maggiore Rudolph del Field security service)”.

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In un documento successivo (“Movimento e costituzione bande armate”, 26 giugno 1946), leggiamo un’altra dichiarazione di “Tempesta” riportata dagli agenti italiani: “Poiché la situazione si delineava grave e constatando che elementi contrari alla Monarchia avrebbero reagito, qualora l’esito del referendum [del 2 giugno 1946, ndr] fosse stato a questa favorevole, decise di condurre a Roma [da Udine, ndr] gli uomini della sua ex brigata per difendere eventualmente gli interessi del popolo e la legalità delle elezioni. Ritornò pertanto a Roma nei primi dello scorso mese di maggio, alloggiando in casa di vari amici, che non ha voluto indicare. Entro il 10 dello stesso mese di maggio arrivarono nella capitale, alla spicciolata, i suoi uomini in  numero di 221, i quali nelle rispettive valigie tenevano nascosta la divisa militare degli alpini. Alcuni di essi, giunti con un autocarro del regio esercito, portarono a Roma 4 fucili mitragliatori, uno marca Brem e gli altri 3 tipo n. 37 di fabbricazione italiana, molti mitra steen, mitra parabellum, pistole automatiche e bombe a mano. […] Fra i 221 uomini, formanti due compagnie, si trovavano due sottotenenti, dei quali egli non ha voluto fornire il nome. Il Caccini ha dichiarato di essere il comandante militare con lo pseudonimo di ‘Tempesta’. Il giorno 5 del corrente mese, poiché il risultato del referendum era stato favorevole alla Repubblica, egli e i suoi uomini decisero di sciogliersi, e con lo stesso camion, che nel frattempo era ritornato dal Friuli per portare i viveri, rispedivano armi e divise al luogo di provenienza, mentre il grosso degli uomini faceva ritorno in montagna con mezzi propri. Soltanto una ventina di essi si trattenevano nei dintorni di Roma per procurarsi una occupazione. Risultato vano tale tentativo, il Caccini decideva di venire in Sicilia nella persuasione di trovarsi in ambiente più favorevole alla sua fede, per cercare impiego ed anche, secondo la sua asserzione, per sfuggire alla persecuzione di agenti titini che lo ricercavano.”

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Nel giugno 1946, tra i venti partigiani armati che rimangono con “Tempesta” a Roma, troviamo un certo De Santis, alias “Marco”. Un certo Carlo De Santis – lo abbiamo visto – verrà fermato dai carabinieri un anno dopo, sulle montagne che circondano Montelepre.

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Il racconto di Caccini coincide in parte con quello di Buttazzoni, nel già citato volume “Solo per la bandiera”: “E’ in questo periodo [agli inizi del 1946, ndr] che nasce l’Esercito clandestino anticomunista – racconta il colonnello degli Np – . Possiamo contare su un nucleo ristretto di gente decisa e bene addestrata. Un esponente militare vuole valutare visivamente la consistenza di questo gruppo. Al Pincio facciamo una prova. Viene mandato un osservatore che non conosco. Io sono seduto su una panchina e davanti a me faccio sfilare tutti gli aderenti con un segno di riconoscimento. Alla fine sono 212.”

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Al giorno d’oggi, qualche verità potrebbe arrivare anche da saggi e testimonianze di recente pubblicazione, come il volume “La giustizia secondo Maria” (Del Bianco editore), una lunga intervista realizzata dalla scrittrice triestina Rosanna Giuricin nel 2008. “Nel libro, Maria Pasquinelli parla poco e continua a mantenere il segreto su alcune questioni non di poco conto – osserva Pietro Spirito su ‘Il Piccolo’ del 14 settembre 2008 – . Come la circostanza secondo la quale l’attentato non fu un’iniziativa squisitamente personale, ma ci fossero dietro uno o più complici. Sull’argomento c’è solo una velata ammissione, per altro riportata da terzi: ‘Non era Maria che avrebbe dovuto sparare – scrive Giuricin -, il compito era stato assegnato a Giuliano. Chi poi fosse Giuliano non si sa, la trattazione si ferma all’ipotesi secondo la quale, all’ultimo momento, ‘Giuliano’, preso dagli scrupoli, avesse passato la pistola alla Pasquinelli’ (che per altro, nel libro, continua a ripetere di averla trovata per strada, per puro caso, a Milano).”

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Il governo De Gasperi partecipa attivamente alla strategia anticomunista sul confine orientale, in totale sintonia con l’intelligence Us

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Giacomo Scotti

MONTENEGRO AMARO
L’odissea dei soldati italiani tra le Bocche di Cattaro e l’Erzegovina dal luglio 1941 all’ottobre 1943.

Prefazione di Davide Conti

Con numerose illustrazioni

Collana Blu
ISBN 978-88-96487-25-9
pp. 420 € 26,00
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PREZZO SPEDIZIONE COMPRESA

Il Montenegro fu regione ribelle, zona di opposizione e resistenza all'aggressione del fascismo italiano e dell’esercito tedesco, coadiuvati dai collaborazionisti cetnici e ustascia. Le divisioni italiane – la “Taurinense” alpina e la “Venezia” di fanteria, oltre a sparsi reparti dell’“Emilia”– ebbero alcune migliaia di caduti e quasi pari furono le perdite dei partigiani jugoslavi, mentre le vittime nella popolazione, compresi vecchi, donne e bambini – morti negli incendi dei villaggi, fucilati nei rastrellamenti e deportati nei campi di concentramento in Albania e Italia – furono circa quarantamila.
Il libro, documentatissimo, è una rappresentazione viva e puntuale della guerra combattuta dalle divisioni partigiane jugoslave contro tedeschi e italiani, e restituisce le due facce della presenza armata italiana in Montenegro e dintorni: la faccia (e il ruolo) dell’invasore a partire dal 1941, e la faccia liberatrice delle migliaia di militari italiani passati a combattere con i partigiani jugoslavi dopo l'8 settembre 1943. 
La ricostruzione di scenari complessi consente di guardare da prospettive non strumentali, come quelle configuratesi nell'ultimo decennio con l'uso politico della vicenda delle foibe, né retorico-celebrative, proprie della narrazione della «epopea resistenziale», fatti ed eventi che hanno segnato i rapporti bilaterali tra Italia e Jugoslavia nell'era post-bellica della Guerra Fredda e poi in quella post-'89 dopo la caduta del muro di Berlino ed il dissolvimento della Jugoslavia.


Giacomo Scotti (Saviano 1928). Scrittore, giornalista e letterato, ha trascorso  gran parte della vita in Croazia, a Fiume-Rijeka, viaggiando da un capo all'altro dell'ex Jugoslavia per circa 60 anni come giornalista. Dal 1982 si muove fra l’Italia e Balcani. Scrittore bilingue (italiano e croato), ha all'attivo circa cinquanta opere. Ha pubblicato ricerche riguardanti la lotta antifascista e di liberazione jugoslava, tra cui, con Mursia: Ventimila caduti 1970, Il battaglione degli straccioni1974, I disertori 1980, Juris, juris, all'attacco! 1986, Le aquile delleMontagne nere (con L.Viazzi) 1987, L'inutile vittoria (con L.Viazzi) 1989. E ancora: Kragujevac, la citta' fucilata 1967, Ustascia tra il fascio e la svastica 1976, Rossa una stella (con L.Giuricin) 1971), Goli Otok, ritono all'Isola Calva 1991, Il partigiano del cielo 2004, Tre storie partigiane 2006, Il bosco dopo il mare 2009. Con Odradek ha pubblicato “BONO TALIANO”. Militari italiani in Jugoslavia dal 1941 al 1943: da occupatori a disertori ( http://www.odradek.it/Schedelibri/bonotalianob.html ) e, a sua cura, A te mia Dolores ( http://www.odradek.it/Schedelibri/Bozovic.html ) di Saša Božovic'.



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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
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(english / italiano.

français: Le juge Theodor Meron absout les chefs militaires de crimes contre l’humanité
 
english: Judge Theodor Meron absolves military leaders of crimes against humanity
 
deutsch: Richter Theodor Meron entbindet Militärführer der Verbrechen gegen die Menschlichkeit
 
español: El juez Theodor Meron absuelve a jefes militares acusados de crímenes contra la humanidad

Sullo stesso argomento: Il TPIJ dell'Aia assolve spie e servi della NATO (srpskohrvatski / francais / italiano)
Sul carattere illegittimo, servile e fazioso del "Tribunale ad hoc" si veda anche la documentazione raccolta al nostro sito: 

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Il giudice Theodor Meron assolve i capi militari per crimini contro l’umanità

RETE VOLTAIRE  | 26 GIUGNO 2013

In Ruanda, la Commissione nazionale per la lotta contro il genocidio, e in Slovenia, l’Istituto di Studi Internazionali per il Medio-Oriente e i Balcani (IFIMES), chiedono la rimozione del giudice Theodor Meron, presidente del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia e presidente della Corte d’appello del Tribunale penale internazionale per il Ruanda.
Sotto la sua guida, i tribunali internazionali hanno profondamente cambiato la loro giurisprudenza. Hanno smesso di condannare i capi militari per i crimini commessi dai loro subordinati e che non avevano punito.
I tribunali ora ritengono che l’autorità di vigilanza non può essere condannata che quando venga stabilita l’"intenzione diretta" nel commettere questi crimini. Per il dissenziente giudice danese, Frederik Harhoff, che ha inviato una e-mail ai colleghi il 6 giugno (vedi sotto), questo cambiamento è dovuto all’influenza delle forze armate statunitensi e israeliane preoccupate di dover rendere conto, un giorno, delle loro responsabilità.
Il giudice Theodor Meron, 83 anni, è stato successivamente polacco, israeliano e statunitense. È stato consigliere giuridico del governo israeliano e ambasciatore israeliano in Canada e alle Nazioni Unite. Ha acquisito la cittadinanza degli Stati Uniti diventando presidente dell’associazione giuridica internazionale.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

ICTY Judge FREDERIK HARHOFFs
EMAIL to 56 CONTACTS, JUNE 6, 2013
Dear friends,
Some of you may by now have read the two articles I sent round, and I thought it only proper to add a few personal comments to what you have read. The articles are good because they focus on measures that cause deep concern both for me and among colleagues here in the corridors of the court .
In brief : Right up until autumn 2012, it has been a more or less set practice at the court that military commanders were held responsible for war crimes that their subordinates committed during the war in the former Yugoslavia from 1992- 95, when the Daytona Agreement brought an end to the war in December 1995.
The responsibility then was either normal criminal responsibility as either (1) contributing to or (2) responsibility for the top officers with command responsibilities in a military system of command authority where these failed to prevent the crime or punish the subordinates.There is nothing new in this. We had also developed an extended criminal responsibility for people (ministers, politicians, military leaders, officers and others), who had supported an overall goal to eradicate ethnic groups from certain areas through criminal violence, and which in one way or a nother contributed to the achievement of such a goal ; it is this responsibility that goes by the name of "joint criminal enterprise".
But then the court’s Appeals Chamber suddenly back-tracked last autumn with the three Croatian generals and ministers in the Gotovina case. They were acquitted f or the Croatian army’s war crimes while driving out Serbian forces and the Serbian people from major areas in Croatia - the so-called Krajina area in August 1995 (home to generations of Serbians).
Shortly after , the Appeals Chamber struck ag ain with the acquittal of the Serbian Commander Chief of Staff, General Perisic, when the Chamber decided that even though his military and logistical support from Serbia in the Bosnian-Serbian forces in Bosnia had contributed to the forces’ crimes against Bosnian Muslims and the Bosnian Croatians in Bosnia, Perisic had “not intended ” for his forces to be used to commit crimes.He provided the support, but was unaware, according to the Appeals Chamber, that the support would be and was used to commit crimes in Bosnia.This despite the media’s daily coverage of the Bosnian-Serbian forces’ macabre crimes against Muslims (and to a less extent Croatians) in Bosnia.
It is however very hard to believe that Perisic didn’t know what the plan was in Bosnia, and what his support was actually used for.
And now follows the judgement last week that acquitted the head of the Serbian secret service, General Jovica Stanisic and his henchman Franko Simatovic, for their assistance in the Bosnian-Serbian forces ’ notorious crimes in Bosnia against the Bosnian Muslims and Croatians, and with the same reason used for Perisic , that those in question were "unaware" that their efforts would be used to commit crimes.
What can we learn from this ? You would think that the military establishment in leading states (such as USA and Israel) felt that the courts in practice were getting too close to the military commanders’ responsibilities. One hoped that the commanders would not be held responsible unless they had actively encouraged their subordinate forces to commit crimes. In other words : The court was heading too far in the direction of commanding officers being held responsible for every crime their subordinates committed. Thus their intention to commit crime had to be specifically proven.
But that is exactly what the commanders get paid for:They MUST ensure that in their area of responsibility no crimes are committed, and if they are they must do what they can to prosecute the guilty parties. And no one who supports the idea of ethnic eradication can deny the responsibility of, in one way or a nother, contributing to the achievement of such a goal .
However, this is no longer the case. Now apparently the commanders must have had a d irect intention to commit crimes – and not just knowledge or suspicion that the crimes were or would be committed. Well, that begs the question of how this military logic pressures the international criminal justice system ? Have any American or Israeli officials ever exerted pressure on the American presiding judge (the presiding judge for the court that is) to ensure a change of direction ?
We will probably never know. But reports of the same American presiding judge’s tenacious pressure on his colleagues in the Gotovina-Perisic case makes you think he was determined to achieve an acquittal - and especially that he was lucky enough to convince the elderly Turkish judge to change his mind at the last minute. Both judgements then became majority judgements 3-2.
And so what of the latest judgement in the Stanisic-Simatovic case ? Here it was not t he Appeals Chamber that passed the judgement, but a department in a premium authority with the Dutch judge Orie as presiding judge supported by the Zimbabwean judge , but with dissent from the female French judge...? Was Orie under pressure from the American presiding judge ? It appears so ! Rumour from the corridors has it that the presiding judge demanded that the judgement against the two defendants absolutely had to be delivered last Thurs day – without the three judges in the premium authority having had time to discuss t he defence properly – so that the presiding judge’s promise to the FN’s security service could be met. The French judge only had 4 days to write the dissent, which was not even discussed between the three judges in the department. A rush job. I would not have believed it of Orie.
The result is now that not only has the court taken a significant step back from the lesson that commanding military leaders have to take responsibility for their subordinates’ crimes (unless it can be proven that they knew nothing about it) – but a lso that the theory of responsibility under the specific “joint criminal enterprise" has now been reduced from contribution to crimes (in some way or another) to demanding a direct intention to commit crime (and so not just acceptance of the crimes being committed). Most of the cases will lead to commanding officers walking free from here on. So the American (and Israeli) military leaders can breathe a sigh of relief.
You may think this is just splitting hairs. But I am sitting here with a very uncomfortable feeling that the court has changed the direction of pressure from “the military establishments” in certain dominant countries.
In all the courts I have worked in here, I have always presumed that it was right to convict leaders for the crimes committed with their knowledge within a framework of a common goal. It all boils down to t he difference between knowing on the one hand that the crimes actually were committed or that they were going to be committed, and on the other hand planning to commit them .
That’s the bottom line !
How do we now explain to the 10 00s of victims that the court is no longer able to convict the participants of the joint criminal enterprise, unless the judges can justify that the participants in their common goal actively and with direct intent contributed to the crimes ? Until now, we have convicted these participants who in one way or another had showed that they agreed with the common goal (= to eradicate the non-Serbian population from areas the Serbians had deemed “clean” ) as well as, in one way or another, had contributed to achieving the common goal – without having to specifically prove that they had a direct intention to commit every single crime to achieve it. It is almost impossible to prove...
And I always thought that was right. I have delivered my judgements in trust that those at the top could see that the plan to “eradicatethe others” from “own” areas contradicted the basic order of life, a challenge of right or wrong, and not least in a world where internationalisation and globalisation rejects any notion of someone’s "natural right" to live incertain areas without the presence of others. Seventy years ago we called it Lebensraum.
However, apparently this is no longer the case. The latest judgements here have brought me before a deep professional and moral dilemma, not previously faced. The worst of it is the suspicion that some of my colleagues have been be hind a short-sighted political pressure that completely changes the premises of my work in my service to wisdom and the law.
Kind regards
Frederik