Informazione

L'asse Washington - Pristina – Damasco

1) Progetti di destabilizzazione: l'asse Pristina – Damasco (sibialiria.org)
2) Kosovo: Tutti gli affari degli americani. Una colonia a stelle e strisce (eastjournal.net)


=== 1 ===

Sullo stesso argomento dei rapporti tra ceto mafioso pan-albanese in Kosovo e banditi anti-Assad in Siria si veda anche:

Market Economy for Syria
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58308

DALJE RUKE OD SIRIJE! (italiano / english / srpskohrvatski)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7368
spec.:
La Russia protesta contro l'addestramento di fazioni siriane in Kosovo
http://www.voltairenet.org/La-Russia-protesta-contro-l
Rebel groups in Syria backed by NATO?
http://english.ruvr.ru/2012_06_09/77630671/

USA torpedieren friedliche Lösung in Syrien
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7360

Fascisti anti-siriani in tour dal Kosovo a Miami (english / francais / italiano)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7354

Terroristi anti-siriani addestrati dalla NATO in Kosovo (english / italiano)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7350

NATO terrorism in Kosovo and Syria (italiano / english)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7339

---

http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1046

Progetti di destabilizzazione: l'asse Pristina – Damasco

di Gianmarco Pisa
25 ottobre 2012

Per alcuni aspetti sembra tornare una vecchia storia. Le motivazioni della guerra della NATO e della "santa alleanza" euro-occidentale contro la Serbia e per la separazione del Kosovo avevano molto poco a che vedere con la protezione dei diritti umani dei cittadini kosovari (non solo albanesi kosovari, ma anche serbi, rom, gorani etc.) e molto, invece, a che vedere con gli interessi strategici che si concentravano e si concentrano tuttora su quel quadrilatero a crocevia tra i Balcani Occidentali e l'Europa Orientale e il Medio Oriente.
Interessi economici, come si vede dalla rotta del South Stream, uno dei più importanti investimenti russi nel mercato della distribuzione del gas, in compartecipazione ENI – Gazprom, nel continente europeo. Ed interessi militari, come si vede da una rapida ricognizione sulla base di Camp Bondsteel, grande quanto una città, una delle basi USA più grandi di tutta Europa e la più grande in tutti i Balcani, capace di ospitare fino a settemila (settemila) soldati (più risorse, macchinari, strumenti, munizioni, equipaggiamenti).
Dunque, il Kosovo come una gigantesca piattaforma militare per gli interessi USA e NATO? Le informazioni, circolate (poco) nel corso dell'estate e più recentemente tornate a galla con il precipitare della crisi siriana e le nuove proposte negoziali del nuovo mediatore internazionale (Lakhdar Brahimi), circa l'arrivo di membri dell'opposizione siriana armata a Pristina, capoluogo del Kosovo, al fine di ricevere consigli, sostegni e aiuto nella battaglia sul campo contro il governo siriano di Bashar al-Assad, non sembrano avere sorpreso più di tanto il pubblico serbo (né hanno scosso più di tanto il pubblico kosovaro), e tuttavia la notizia dei membri dell'ex formazione terrorista UCK (il cosiddetto "Esercito di Liberazione del Kosovo", ex testa di ponte dell'intervento NATO contro la Serbia) impegnati nella preparazione di un campo internazionale per la formazione dei ribelli armati ha destato e continua a destare preoccupazione, nei Balcani e non solo.
Come è facile intuire, la Russia è stata la prima a reagire alla notizia di connessioni di ispirazione jihadista tra l'opposizione armata siriana e le autorità politiche e militari della auto-proclamata (e non internazionalmente riconosciuta) "Repubblica del Kosovo" e ha dichiarato che la formazione, la preparazione e l'addestramento di ribelli armati siriani è in netto contrasto con gli sforzi delle Nazioni Unite per calmare la situazione in Siria, con il lavoro della mediazione internazionale alla ricerca di una soluzione negoziale alla guerra civile e per procura in corso nel Paese, nonché, vale la pena di aggiungere, con il rilancio di un tavolo politico e negoziale per il dialogo tra Belgrado e Pristina, nella comune strada verso l'integrazione europea.
La Federazione Russa, di conseguenza, ha nuovamente invitato le forze internazionali presenti in Kosovo (la supervisione internazionale dell'indipendenza kosovara è formalmente cessata, ma restano attive sia la missione militare della NATO, KFOR, sia la missione giuridica della UE, EULEX) ad intervenire per fermare la formazione di una opposizione armata siriana in Kosovo, aggiungendo che fare della provincia una base internazionale per la formazione di eserciti irregolari e paramilitari potrebbe diventare il principale fattore di destabilizzazione nei Balcani e, in prospettiva, dell'intera Europa centro-orientale. Fonti di informazione russe hanno infine accreditato la versione secondo la quale la delegazione dei ribelli siriani armati sarebbe giunta a Pristina direttamente dagli Stati Uniti, dove, presumibilmente, avrebbero ricevuto assistenza, consigli e istruzioni funzionali a tale "missione". Non è stata fatta piena luce su questo aspetto, particolarmente torbido ed inquietante, della vicenda. Se se ne dimostrasse la veridicità, sarebbe l'ennesima conferma della gravità e della carica destabilizzatrice del cosiddetto "precedente kosovaro" e l'ennesima attestazione dell'ormai ampia e consolidata internazionalizzazione del conflitto siriano con questi "ribelli" armati ed etero-diretti da potenze straniere e ben inseriti nei circuiti (politici e militari) dell'imperialismo euro-atlantico.
E Pristina? Le autorità albanesi-kosovare hanno ufficialmente negata l'esistenza dei campi di addestramento militare. E' stata riportata, tuttavia, dalla stampa locale, una dichiarazione di un "attivista siriano", che, a quanto si apprende, risponde al nome di Ammar Abdulhamid (il cui curriculum su wikipedia è davvero di tutto interesse:en.wikipedia.org/wiki/Ammar_Abdulhamid), il quale ha riferito che riceveranno da ex membri del KLA o UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo) "istruzioni" su come unire i diversi gruppi armati presenti in Siria, sviluppare un vero e proprio coordinamento logistico e militare e condurre una guerriglia sistematica contro il regime di Bashar al-Assad. Le sue dichiarazioni valgono per tutte: "L'esempio del Kosovo può essere fonte di ispirazione per noi. I militanti dell'UCK hanno già percorso quella strada e hanno la necessaria esperienza che può rivelarsi utile anche per noi. Siamo particolarmente interessati a imparare a riunire in un unico esercito i nostri gruppi armati". Vale la pena riportare, a proposito, anche il commento della stampa serba, secondo la quale: "Il pubblico esperto non è sorpreso di fronte a tali eventi. Gli analisti ricordano che per molti anni ci sono stati legami solidi tra gli estremisti albanesi in Kosovo e vari Paesi islamici. La formazione si terrà probabilmente nei vecchi campi dell'UCK al confine con l'Albania e in altri luoghi dove non ci sono ormai più serbi da diversi anni". Vengono persino menzionati i luoghi deputati per una tale "formazione", dalle montagne Prokletije, viste le somiglianze morfologiche con la situazione sul terreno in Siria, alle vecchie basi dell'UCK a Kukes e Tropoja, nel nord dell'Albania.
Gli analisti sottolineano inoltre che nel contesto della situazione attuale della regione balcanico-occidentale e la minaccia di destabilizzazione continua non solo in Kosovo ma anche in Macedonia settentrionale e Serbia meridionale, il tutto potrebbe avere ripercussioni gravi e minacciose – non solo per i Balcani, ma su una scala più ampia. Il torneo delle ombre sembra ripreso e la giostra del "Big Game" accelera sempre di più.

=== 2 ===

http://www.eastjournal.net/kosovo-tutti-gli-affari-degli-americani-una-colonia-a-stelle-e-strisce/21974

KOSOVO: Tutti gli affari degli americani. Una colonia a stelle e strisce


Posted 2 OTTOBRE 2012 in BALCANI OCCIDENTALI, KOSOVO


di Matteo Zola


E gli americani tornano in Kosovo, se mai se ne sono andati, per fare affari. Madeleine Albright, già Segretario di Stato americano, è in procinto di accaparrarsi la Ptk (Pošta i Telekomunikacije Kosova), principale compagnia kosovara di telecomunicazioni, finora a maggioranza pubblica. Questo è senz'altro il caso più eclatante ma la Albright è in buona compagnia. Wesley Clark, già comandante delle forze Nato in Europa, alla testa della società canadese Envidity, ha presentato alle autorità kosovare una licenza per sfruttare le risorse di carbone e lignite del paese per ottenerne carburante. Clark fu l'uomo che diede l'ordine di bombardare Belgrado, il 24 marzo 1999, al fine di abbattere il regime di Milosevic all'epoca impegnato nella guerra in Kosovo [In realtà non c'era alcuna guerra in Kosovo fino alla aggressione NATO, ndCNJ], con un'operazione militare che non ricevette l'avallo Onu e che vide l'Italia in prima linea. La Bechtel Group sta intanto costruendo l'autostrada che collegherà Pristina a Skopje. Il gruppo Bechtel è il quinto gruppo americano per importanza nel settore delle costruzioni e dell'ingegneria. E' quello – per intenderci – che ha costruito il tunnel sotto la Manica. Bechtel sta lavorando al progetto insieme alla Enco, società turca alla cui poltrona di amministratore delegato siede Jock Covey, già esponente dell'Unmik.

Quello della privatizzazione della Ptk è stato presentato dal quotidiano croato Jutarnji List come "l'affare del secolo", e frutterà circa 400 milioni di dollari al giovane Stato. Sotto la pressione di Bruxelles, il governo kosovaro ha lanciato un'offerta d'acquisto pubblica ma fonti ufficiose riportate dal quotidiano zagrebese suggeriscono come tutto sia stato organizzato in modo che la Albright Capital Management vincesse la gara. Come si è detto, si tratta della società dell'ex Segretario di Stato americano, Madalaine Albright, responsabile della diplomazia durante l'amministrazione Clinton, che ha giocato un ruolo chiave nel processo di indipendenza del Kosovo ed oggi ne raccoglie i frutti.


Che il Kosovo fosse terra di conquista per gli Stati Uniti era un sospetto che si covava già da qualche anno, quando si apprese del progetto Ambo, un oleodotto transabalcanico, in fase di ultimazione, il cui consorzio, con sede negli Stati Uniti, è direttamente collegato alla società dell'ex vice-presidente Dick Cheney, Halliburton Energy. Secondo Michel Chossudovsky, importante economista canadese, la politica Usa di "proteggere le rotte degli oleodotti" provenienti dal bacino del Mar Caspio (e che attraversano i Balcani) era stata espressa dal Segretario all'Energia di Clinton, Bill Richardson, appena pochi mesi prima dei bombardamenti sulla Jugoslavia del 1999. Le dichiarazioni di Richardson furono riprese dal Guardian (A Discreet Deal in the Pipeline, 15 febbraio 2001): "Qui si tratta della sicurezza energetica dell'America. Si tratta anche di prevenire incursioni strategiche da parte di coloro che non condividono i nostri valori. Stiamo cercando di spostare questi Paesi, da poco indipendenti, verso l'occidente. Vorremmo vederli fare affidamento sugli interessi commerciali e politici occidentali, piuttosto che prendere un'altra strada. Nella regione del Mar Caspio abbiamo fatto un investimento politico consistente, ed è molto importante per noi che la mappa degli oleodotti e la politica abbiano esito positivo".

Per quanto riguarda l'oleodotto Ambo, apparirebbe che l'Ue sia stata ampiamente esclusa dalla programmazione e dalle negoziazioni. Con i governi di Albania, Bulgaria e Macedonia furono firmati "memorandum d'intesa" che spogliano quei paesi della sovranità nazionale sui corridoi dell'oleodotto e dei trasporti fornendo "diritti esclusivi" al consorzio anglo-americano.

La Halliburton Energy avrebbe ottenuto anche importanti commesse per le forniture militari americane in Kosovo, dove ha sede la base militare a stelle e strisce più grande d'Europa, quel camp Blondsteel costruito proprio dalla Hulliburton tramite la sua sussidiaria Kellogg, Brown and Root.

Insomma, dalle telecomunicazioni alle risorse minerarie, dall'oleodotto a camp Blondsteel, quella kosovara sembra sempre più una colonia americana data in gestione a una banda di criminali di guerra prima osteggiati (l'Uck era tra le organizzazioni terroristiche osteggiate da Washington fino al 1998 e alcuni suoi leader sono sotto processo all'Aja) e poi asserviti al nobile scopo della sicurezza a stelle strisce. Una sicurezza che per molti, europei compresi, è sinonimo di sopruso e violenza. Alla luce di questi elementi, l'indipendenza tanto voluta e sbandierata dai kosovari, è un'illusione quando non una truffa. Una truffa cui l'esercito italiano, impegnato in Kosovo per operazioni peacekeeping, partecipa volente o nolente. Cosa ne viene alle tasche del Belpaese, però, è un'altra storia.

(italiano / srpskohrvatski)


DANAS KADA SE FAŠIZAM PONOVO I PERFIDNO UVLAČI U NAŠA DRUŠTVA U KOME VLASTODRŠCI POKUŠAVAJU REHABILITOVATI NjEGOVE KOLABORANTE I DOMAĆE KVISLINGE TREBA SE SETITI ŽRTAVA TOG ISTOG FAŠIZMA.....

POKUŠAJ REVIZIJE ISTORIJE U KOME SE TVRDI DA BI BILO BOLjE DA SMO PRISTUPILI TROJNOM PAKTU JE SAMO OGAVNI POKUŠAJ SKRIVANjA ISTINE U KOME SE PERFIDNO PREĆUTKUJU ČINjENICE O SAMOM KARAKTERU HITLERA I NjEGOVOJ RASNOJ IDEOLOGIJI VIŠIH I NIŽIH RASA U KOJOJ NIJE BILO MESTA ZA SLOVENE KAO ŠTO TO NIJE BILO ZA JEVREJE I ROME ! 

ISTORIJSKI REVIZIONIZAM JE DANAS POTREBAN IZDAJNIČKO-POLTRONSKOM PRINCIPU OVDAŠLjIH VLASTODRŽACA NA KOJEM ONI ZASNIVAJU SVOJ OPSTANAK NA VLASTI UZ POMOĆ ONIH KRUGOVA U INOSTRANSTVU KOJI SU POKUŠALI OKUPIRATI SVET PRE STO GODINA !

DANAS I SUTRA OVA FB GRUPA ODAJE POŠTU STRELJANJIMA U KRAGUJEVCU ......20-21. 10.1941.


........SEĆAMO SE SVIH STRATIŠTA POČINJENIH NAD GRAĐANIMA JUGOSLAVIJE OD OKUPATORA I DOMAĆIH IZDAJNIKA U SVIM NAŠIM KRAJEVIMA JER JE TO I JEDAN OD CILJEVA OVE GRUPE ALI I UPOZORENJE DA SE ZLO NE ZABORAVI JER KADA SE ZABORAVI UVEK NAM SE PONAVLJA U JOŠ GOREM OBLIKU KAO ŠTO SE PONOVILO DEVEDESETIH GODINA PROŠLOG VEKA OD ISTIH IDEOLOGIJA DOMAĆIH IZDAJNIKA ČETNIKA,USTAŠA,BALISTA.HANDŽARLIJA KOJI SU BILI PROTERANI I POBEĐENI 1945. OD PARTIZANSKIH SNAGA POD VODSTVOM MARŠALA TITA !

FAŠIZAM JOŠ NIJE POBEĐEN,ON SE JAVLJA UVEK U NEKOM NOVOM I ČESTO SKRIVENOM OBLIKU ALI MU JE SUŠTINA UVEK ISTA.....NAŠA JE DUŽNOST DA GA PREPOZNAMO I UKAŽEMO NA NJEGA 

★ SMRT FAŠIZMU- SLOBODA NARODU ★



===

20-21 ottobre 1941: 
La strage delle "Šumarice" presso Kragujevac

Il monumento e la tradizionale Grande Lezione di Storia / Spomenik i Veliki  školski  čas

Desanka Maksimović: Krvava bajka (Fiaba cruenta)

* la traduzione italiana della poesia di Desanka Maksimović 
* AUDIO: la lettura di Monica Ferri
* la stessa poesia in una diversa traduzione in italiano

P. Diroma: Occupazione nazista, stragi e collaborazionismo in Serbia

---


Il seguente articolo e' tratto da "Storia Illustrata" del gennaio 1979

STERMINIO NAZISTA IN SERBIA

In un solo giorno 7300 morti nella città martire. È l'autunno del 1941. Pochi mesi dopo la dissoluzione del regno di Jugoslavia, la penisola balcanica è insorta contro l'occupante nazifascista. Alla rivolta partigiana i tedeschi rispondono facendo strage della popolazione civile.

   di ANTONIO PITAMITZ

Il 20 ottobre 1941, sei mesi dopo l'invasione tedesca della Jugoslavia, nei due Ginnasi di Kragujevac (leggi Kragujevaz), la città serba posta nel centro della regione della Šumadija, le lezioni iniziano alle 8.30, come di consueto. Sono in programma quel giorno la sintassi della lingua serbocroata, matematica, la poesia di Goethe, la fisica. In una classe, un professore croato, un profugo fuggito dal regime fascista instaurato in Croazia da Ante Pavelic, sottolinea il valore della libertà. Poco lontano, un altro spiega l'opera di un poeta serbo del romanticismo risorgimentale. La mente rivolta alle secolari lotte sostenute dai serbi per la loro indipendenza e a quella presente che cresce irresistibilmente, anch'egli parla di libertà. La voce calma e profonda che illustra i versi del poeta: "La libertà è un nettare che inebria / Io la bevvi perché avevo sete", ne nasconde a fatica la tensione, che aleggia anche nell'aula, che grava su tutti, sulla cittadina, sui suoi abitanti, e che l'eco strozzata di fucilerie lontane da alcuni giorni alimenta.

Dal 13 ottobre 1941 Kragujevac e la sua regione sono teatro di una vasta azione di rappresaglia, che i tedeschi stanno conducendo con spietata decisione contemporaneamente anche nel resto della Serbia. La ferocia di cui essi in quei giorni danno prova ha una ragione specifica contingente. La rapida vittoria dell'Asse ha dissolto uno Stato, il regno dei Karadjordjevic, ma non ha prostrato i popoli della Jugoslavia. L'illusione tedesca di una comoda permanenza in quella terra è stata presto delusa. Sin dai primi giorni dell'occupazione, i tedeschi hanno avuto filo da torcere. La guerra, che anche in Šumadija i resistenti fanno, è senza quartiere. Sabotaggi sensazionali e diversioni in grande stile si registrano sin dal mese di maggio. Linee telefoniche e telegrafiche vengono tagliate, ponti e strade ferrate saltano. Il movimento di resistenza cresce così rapidamente, ben presto è così ampio che i tedeschi e le truppe collaborazioniste del quisling serbo Milan Nedic abbandonano il presidio dei villaggi. Gli invasori si sentono troppo esposti, isolati, preferiscono arroccarsi in città. La lotta contro i patrioti la organizzano dai centri urbani, e la conducono secondo il metro nazista che misura in tutti gli slavi una razza inferiore, da sterminare. La traduzione pratica di questo principio è all'altezza della fama che si guadagnano. A Belgrado, una moto incendiata della Wehrmacht vale la vita di 122 serbi. Solo nella capitale, in sette mesi fucilano 4700 ostaggi.

Incredibilmente, gli hitleriani ritengono di poter coprire con la propaganda questo pugno di ferro che calano sul paese. Le argomentazioni che diffondono sono quelle care alla "dottrina" nazifascista dell'Ordine Nuovo Europeo. Ai contadini serbi dicono di averli salvati dagli ebrei e dai capitalisti, e promettono anche di salvarli dal bolscevismo semita, che sta per essere sicuramente sconfitto sul fronte orientale.

L'itinerario di questa vittoria, a Kragujevac può essere seguito sulla grande carta geografica che campeggia nel centro della città. Una croce uncinata segna la progressione delle forze dell'Asse in direzione di Mosca. Però, come altrove, nemmeno a Kragujevac terrore, repressione, lusinghe, denaro fatto circolare per corrompere, valgono a indebolire il sostegno alla lotta partigiana, a ridurne il seguito. A dare contorni netti alla situazione, le risposte alla propaganda tedesca non mancano. La carta geografica dell'Asse viene bruciata in pieno giorno. Il fuoco divora anche una delle fabbriche militari della città. Un treno di quaranta vagoni viene distrutto sulla linea Kragujevac-Kraljevo, provocando la morte di cinquanta tedeschi. Da vincitori e occupanti, i tedeschi si trovano nella condizione di assediati.

È Kragujevac, città da sempre ribelle, che prende il suo nome da kraguj, dal rapace grifone che popolava i sui boschi, che alimenta la Resistenza della zona. È questa città di antiche tradizioni nazionali e socialiste che guida la lotta della Šumadija, il cuore della Serbia. Gli operai comunisti che costituiscono il nerbo delle formazioni partigiane vengono dal suo arsenale militare. Dalle sue case dai cento nascondigli, che hanno già ingannato turchi e austroungarici, escono le armi, le munizioni, il materiale sanitario, i libri che donne, bambini e ragazzi portano quotidianamente ai combattenti del bosco. 
   
Per contenere la sua iniziativa, per fronteggiare questa lotta di bande, che è lotta di popolo e che sconvolge gli schemi bellici dei signori nazisti della guerra, già alla fine dell'agosto 1941 Kragujevac conta la guarnigione tedesca più forte di tutta la Serbia centrale. Ma i due battaglioni e i mezzi corazzati di cui i tedeschi dispongono non sono sufficienti ad arrestare lo slancio delle tre compagnie partigiane che operano fuori della città. Né tantomeno la Gestapo è in grado di bloccare i gruppi clandestini che si annidano dentro. La loro azione anzi si fa sempre più audace, punta sul risultato militare, ma ricerca anche l'effetto psicologico. Per i partigiani, importante è non soltanto colpire il nemico, ma aiutare anche i serbi oppressi a sperare, a vivere. Una notte d'agosto, cento metri di ferrovia vengono fatti saltare in città, proprio sotto il naso dei tedeschi.

È una sfida, che ha sapore di beffa. In questa situazione, la rabbia e il desiderio di vendetta dei tedeschi crescono quotidianamente. Quando nel settembre 1941, la ribellione guadagna tutta la Serbia, e conseguentemente mette radici ancora più profonde in Šumadija, il generale Boehme, comandante delle forze tedesche nel Paese, considera che la misura è colma. Il prestigio dei suoi soldati deve essere risollevato, una dura lezione deve essere somministrata ai serbi. Una spietata repressione, da condurre senza esitazione, è decisa. A rendere più chiara la direttiva che passa ai subalterni, e che precisa la "filosofia" del comando tedesco, Boehme ricorda che "una vita umana non vale nulla", e che perciò per intimidire bisogna ricorrere a una "crudeltà senza eguali". A metà settembre i tedeschi passano all'azione. La macchina si mette in moto.

Per un mese la Serbia centrale è trasformata in un campo di sterminio. 
A decine villaggi grandi e piccoli sono bruciati, spesso, come a Novo Mesto o a Debrc, con dentro gli abitanti. I serbi muoiono a migliaia, uccisi, massacrati. A Šabac, il 26 settembre, sono 3000 gli uomini dai 14 ai 70 anni che rimangono vittime della razzia tedesca. Cinquecento muoiono durante una marcia fatta fare al passo di corsa per 46 chilometri. Gli altri sono fucilati. Una sorte analoga hanno, il 10 ottobre, a Valjevo, 2200 ostaggi: finiscono al muro. "Pagano" 10 tedeschi uccisi e 24 feriti. Cinque giorni dopo, il 15, è "sentenziata" la punizione di Kraljevo, un'altra città che resiste. I plotoni di esecuzione lavorano per cinque giorni, le vittime sono 5000. Sembra impossibile immaginare una strage ancora più grande. Eppure, l'allucinante escalation non ha toccato la sua punta di massimo orrore. 
Lo farà a Kragujevac, e nel suo circondario. La "spedizione punitiva" comincia il 13 ottobre. Quel giorno, nel quartiere operaio di Kragujevac, i tedeschi prendono 30 uomini. Per 3 giorni se li trascinano dietro nella puntata che fanno contro il paese vicino, Gornji Milanovac. Affamati, percossi, costretti a rimuovere tronchi d'albero e a tirare fuori dal fango carri armati, adoperati come scudo contro i partigiani, sono testimoni della sorte del piccolo paese di pastori. Vivono un'agonia che ha fine solo con il grande massacro, nel quale scompaiono anche i 132 ostaggi di Gornji Milanovac. In quanto al paese, anche questo viene bruciato. I tedeschi saldano così un vecchio conto che avevano in sospeso. Anche per questa impresa però devono pagare uno scotto. Trentasei uomini vengono messi fuori combattimento dai partigiani, che attaccano senza sosta.

Di fronte a questo "smacco" la logica tedesca della ritorsione non tarda a scattare. Sarà Kragujevac a pagare, con la vita di 100 cittadini ogni tedesco morto, e con quella di 50 ogni tedesco ferito. Duemilatrecento persone sono condannate a morte.

La rappresaglia punta per primo sui "nemici storici" del Reich: comunisti e ebrei. Gli ebrei maschi, e un certo numero di comunisti, 66 persone in tutto, vengono arrestati sulla base delle liste che i collaborazionisti forniscono. Ma questo non basta. Il giorno successivo, il 19 ottobre, una massiccia operazione ha luogo nell'immediata periferia della città. Tre paesi, posti nel giro di tre chilometri, sono travolti della furia tedesca. Grošnica, Meckovac, Maršic bruciano, 423 uomini muoiono. A Meckovac, donne e bambini sono costretti ad assistere all'esecuzione. Lo stesso macabro rituale è imposto a Grošnica, dove si distinguono i Volontari Anticomunisti di Dimitrjie Ljotic. Il paese quel giorno celebra la festa del patrono. I fascisti serbi strappano il pope dall'altare con il vangelo ancora in mano, i fedeli vanno a morire stringendo i pani benedetti della comunione ortodossa. Vengono falciati tutti lì vicino, con le mitragliatrici. Così, intorno a Kragujevac si è fatto un cerchio di morte. La prova generale è compiuta. Ora si passa al "grande massacro".

L'azione inizia la mattina del 20 ottobre. Alle prime luci dell'alba, gli accessi a Kragujevac vengono bloccati. Mitragliatrici sono postate nei punti nevralgici. Nessuno può più uscire dalla città, nessuno può più entrarvi. Chi, ignorando il dispositivo, si avvicina, viene ucciso. È quanto accade a uno zingaro, che arriva dalla campagna, a un vecchio che in città muove verso il mercato. Agli ordini del maggiore Koenig, tedeschi e collaborazionisti aprono la caccia all'uomo. Nessuno sfugge, nessuno è "dimenticato". Il gruppo di operai che lavora tranquillamente a un torrente, i tre popi di una chiesa, che sperano di trovare la salvezza dietro le icone. I razziatori entrano a stanare ovunque. Gli impiegati sono portati fuori dal municipio; giudici, scrivani, pubblico, dal tribunale. Dalle abitazioni vengono tratti anche gli ammalati. Un barbiere è prelevato dal negozio insieme al suo cliente, che con altri disgraziati marcia verso il suo destino, una guancia insaponata, l'altra no.

Alle dieci i tedeschi irrompono anche nei due ginnasi. L'apparizione di quelle uniformi verdi armate di fucili e parabellum, infrange la normalità forzata che da tre giorni nelle due scuole vige. Il barone Bischofhausen, il comandante tedesco della piazza, il 17 ha minacciato presidi, professori e genitori di severe sanzioni se i ragazzi non frequentavano la scuola. Lo ha fatto ripetere anche per le vie della città, a suon di tamburo, dal banditore pubblico. Li vuole tutti in aula, sempre. L'ufficiale tedesco, che da civile è insegnante, combatte l'assenteismo degli studenti non certo perché mosso da passione pedagogica. Chiedendo che proprio per quel giorno 20 tutti siano presenti, egli fa apparire di voler esercitare un controllo; che però si trasforma in una trappola. In realtà, egli non dimentica che i ginnasiali di Kragujevac hanno manifestato sin dai primi giorni la più violenta opposizione all'occupante. Un giovane è finito impiccato dopo uno scontro con la polizia. Il barone sa pure che anche in quelle aule la Resistenza attinge, per alimentare i suoi "gruppi d'azione", i suoi propagandisti e sabotatori.

L'ispezione annunciata per quel giorno è arrivata. I registri chiesti dal barone sono pronti. Arrivando quella mattina a scuola, i ragazzi hanno cancellato i loro nomi dall'elenco. Precauzione inutile. Non c'è appello. I tedeschi entrano direttamente nelle aule, e rastrellano. Hinaus, fuori tutti quelli dai 16 anni in su. Anche il ragazzo invalido che si trascina con la stampella, per il quale invano una professoressa intercede. Anche la classe che il professore di tedesco tenta di salvare. Ai soldati che si affacciano, il professore dice, per rabbonirli, che stanno facendo lezione di tedesco. Mente. E mente una seconda volta quando gli chiedono quanti anni hanno i suoi ragazzi. Quindici dice. I tedeschi, convinti, fanno per andarsene. Ma in quel momento un alunno si alza dall'ultimo banco. È lo spilungone della classe. I tedeschi, dalla soglia si girano, capiscono, e sbattono fuori tutti.

I ginnasiali raggiungono le file dei razziati, i professori in testa. Con loro, ci sono anche Mile Novakovic, insegnante di chimica, celibe, e Djordje Stefanov, di letteratura croata, anche lui rifugiato in Serbia con la moglie e le due figlie per sfuggire ai fascisti della Croazia. Quel giorno i due professori non hanno lezione. Ma quando hanno visto che in città i tedeschi rastrellavano, certi che la scuola non sarebbe stata risparmiata, sono venuti lo stesso, per essere insieme ai loro ragazzi. Li vogliono seguire fino in fondo. Andranno insieme a loro alla fucilazione. Del corpo insegnante, solo le donne non sono razziate. Dalle finestre della scuola vedono sfilare i professori e gli alunni, e "cento berretti levarsi in segno di saluto". I ragazzi credono ancora che torneranno.

Pochi sono i fortunati che riescono a filtrare tra le maglie di quella immensa rete gettata sulla città. Chi vi riesce, va a unirsi ai partigiani. Avrà sicuramente qualcuno da vendicare. Gli altri, a migliaia, ingrossano le colonne che tutto il giorno scorrono per Kragujevac dirette ai luoghi di raccolta. I razziati sono quasi 10.000, su meno di 30.000 abitanti che conta la città. I tedeschi non hanno tralasciato nemmeno il carcere. Ultimi ad arrivare, quei detenuti sono, con comunisti ed ebrei, i primi ad essere fucilati.

Dai luoghi dove sono concentrati in attesa di conoscere la loro sorte, la sera di quel 20 ottobre i prigionieri sentono le prime scariche di fucileria. È l'avvio della grande carneficina. Contando sulla sorpresa, e sulla iniziale "distrazione" dei fucilatori, alcuni dei condannati riescono a salvarsi. Qualcuno fugge appena messo in riga. Altri, come Zivotjin Jovanovic, alla scarica si getta a terra anche se non è colpito, poi balza e corre. Viene ricatturato a un posto di blocco. Tenta di nuovo la fuga, e il suo guardiano gli spara a bruciapelo. Gli sfiora l'inguine. Poi dopo avergli dato il colpo di grazia nella spalla invece che in testa, lo lascia a terra credendolo morto. L'uomo striscia tutta la notte a palmo a palmo finché arriva alla casa di un amico. È soccorso, si crede in salvo. Arrivano i fascisti serbi, che lo riprendono. Dopo averlo picchiato decidono che, essendo ormai in fin di vita, tanto vale lasciarlo morire. Ma l'uomo non muore.

Altri ancora devono la vita alla fortuna, alla professione, al sangue freddo che riescono ad avere anche in un tale frangente. A mano a mano che inquadrano i gruppi per condurli alla fucilazione, i tedeschi fanno la selezione. Alcuni criteri non sono molto chiari. Risparmiano, per esempio, gli elettricisti, gli idraulici, i panettieri. Altri lo sono di più. Ai loro collaboratori fascisti concedono di tirare fuori i loro amici e parenti. In questo mercato i fascisti serbi sono generosi. Arrivano a offrire dei ragazzi di 10/12 anni in cambio dei loro protetti. Viene risparmiato anche chi è cittadino di un paese alleato dell'Asse. O che lo faccia credere. Escono romeni, ungheresi. Un dalmata si dichiara italiano. Forse lo è davvero, forse è solo un croato acculturato italiano, bilingue. Ma riesce a salvarsi, e a salvare il ragazzo che gli è accanto, affermando alla guardia, con la sua "autorità" di "alleato", che non ha ancora 16 anni. Un serbo, invece, mostra un certificato bulgaro qualunque, rilasciato dalle truppe di Sofia che occupano il suo Paese di origine, e viene messo da parte.

Non fa nulla invece per salvarsi Jovan Kalafatic, professore, insegnante di religione, che invece potrebbe. Tutti sanno che è un fascista convinto. A scuola sospettano anche che sia un delatore, che alcuni professori progressisti siano finiti in galera per opera sua. Basterebbe che dica chi è. Kalafatic invece tace. Tace anche quando passano i fascisti serbi per la "loro" selezione. Forse, nelle lunghe ore della tragedia passate con il suo popolo, deve aver capito la vera natura dell'Ordine Nuovo nel quale crede. Va, volontariamente, alla fucilazione con gli altri. Vanno volontari anche due vecchi genitori che non vogliono abbandonare i figli. Alla fucilazione vanno, divisi in due gruppi, anche i 300 studenti ginnasiali e i loro professori. Alla testa di un gruppo vi è il preside del ginnasio. L'altro gruppo marcia verso la morte in fila indiana, le mani sulle spalle, come dovessero danzare il kolo, la danza nazionale serba. Poi, cantano. Intonano "Hej Slaveni!", l'inno antico e comune a tutti gli slavi. Cadono cantando.

Il massacro dura a lungo. Su un fronte di morte lungo oltre dieci chilometri, fuori della città le armi crepitano fino alle 14 del giorno 21 ottobre. Settemilatrecento uomini di Kragujevac dai 16 ai 60 anni cadono divisi in 33 gruppi. Dovevano essere 2300. I tedeschi hanno più che triplicato il "coefficiente dichiarato" di rappresaglia. I graziati sono circa 3000. Molti di questi sopravvissuti rientreranno a piangere un morto. Kragujevac onora la memoria dei suoi fucilati il sabato successivo al massacro. Il rito ortodosso per il quale il sabato è il giorno dei morti, vuole anche che per ogni morto sia accesa una candela gialla e per ogni candela, cui si accompagna un pane che è da benedire con il vino santo, il pope reciti la parola dei defunti. I sacerdoti rimasti a Kragujevac sono solo due. Altri sette sono stati fucilati. Ma il rito deve essere compiuto. Mentre le donne piantano le candele, presentano i pani, gridano il nome del defunto, i due preti cantano l'antica preghiera della liturgia veteroslava. Dandosi il cambio pregano per ventiquattro ore, dalle sette alle sette.

Inutilmente i nazisti tentano poi di nascondere la verità sulla strage, alterando registri, imbrogliando le cifre, esumando e cremando cadaveri. Kragujevac ha fatto il "suo" appello. È la prova che Zivotjin Jovanovic, l'uomo sopravvissuto tre volte, porta ai giudici di Norimberga: "...Quell'ottobre del 1941 a Kragujevac furono esposte più di settemila bandiere nere... nella chiesa vennero presentati e benedetti in un giorno più di settemila pani... E furono accese settemila e trecento candele...".



(srpskohrvatski / italiano)

Iniziative segnalate

1) Trieste 20/10: BALKAN BEAT PARTY with NEMA PROBLEMA ORKESTAR & DJ STONER
2) Novi broj NOVOG PLAMENA u knjižarama i na kioscima širom regiona/regije
3) Beograd 24/10: ŠETNJA ZAHVALNOSTI
4) Bihać 23.-24.11.2012: 70 godina AVNOJ-a i Bihaćke republike


=== 1 ===

BALKAN BEAT PARTY with NEMA PROBLEMA ORKESTAR & DJ STONER

Evento pubblico · Creato da BALKAN BEAT TRIESTE
Sabato 20 ottobre 2012
dalle 22.30 fino alle 4.00

Sabato 20 ottobre, lo stabilimento Ausonia ospita l’appuntamento mensile con il Balkan Beat Party, come sempre curato da dj Stoner.
Questa volta ci sono degli ospiti d’eccezione: i Nema Problema! Orkestar.
Milano è la città, l'anno il 2004: sette musicisti provenienti dalle più svariate esperienze decidono di dare vita a un progetto di musica di strada, che ruota attorno alle tradizioni musicali dell'est Europa e del bacino del Mediterraneo orchestrando un repertorio originale dal sapore popolare e dai confini molto ampi: si mischiano musiche balcaniche e klezmer alle influenze eurocolte, allo swing in sano
approccio maccheronico.
Sempre ballabile, non meno raffinato all'ascolto attento. 
La ricercata qualità musicale, spinta dall'esuberanza dei fiati e delle percussioni, è tessuta nella trama di un divertente spettacolo
musicale, capace di improvvisare e di rubare tutti i segreti dell'arte di strada.
La formazione conta nove elementi (a volte 7 a volte 12, chi c'è suona, comunque vada: Nema Problema!): tre trombe, sassofoni alto e tenore, il Susafono, un bombardino, una chitarra e la batteria.
L'ultimo Tour PanESTeuropeo 2011 ha toccato città come Berlino, Praga, Brno, Budapest, Belgrado, Dubrovnik e sono stati premiati due volte al 51° Festiva Sabor Trubači di Guča (Serbia), prestigioso tempio della musica Balcanica: terzi classificati alla competizione internazionale di fanfare e insigniti del premio del pubblico istituito dal giornale "Alo".
L'Orchestra Nema Problema! ha suonato in tutta Italia ospite di numerosi concerti, festival e teatri, e all'estero a Londra, Bruxelles, Istanbul, Berlino e Lisbona.
Sono orgogliosi di presentare il loro terzo disco autoprodotto "L'Amo" , lavoro registrato in studio, raffinato e artigianale.
Prima e dopo l’esibizione dei Nema Problema, dj Stoner intratterrà
il pubblico con una selezione di scatenati brani balkan/gypsy,
per arrivare fino a notte fonda.

ingresso 5 euro



=== 2 ===


NOVI PLAMEN
Broj 17 - Sadržaj

UVODNE MISLI
3 Pelagius, O bogatstvu

HRVATSKA
4 Jasna Tkalec, Klub Dante i Hrvatska
7 Karolina Leaković, Žene i oskudica

BIH
9 BiH Goran Marković, Kako do promjena u Bosni i Hercegovini?
14 Zlatiborka Popov Momčinović, Neko je rekao veronauka?! Refleksije na bosanskohercegovačka iskustva

SLOVENIJA
18 SLOVENIJA Sonja Lokar, Slovenija: sve se vraća, sve se plaća

SRBIJA
20 Branko Mišović, O kontinuitetu državnih institucija u Jugosferi: slučaj Srbije
25 Miloš Ranković, Reformisani, pa na čelo Vlade

CRNA GORA
29 Filip Kovačević, Proljeće crnogorske pobune

INTERVIEW
32 Richard Jolly, Demilitarizacija zahtijeva vizionarsko vodstvo
37 Franco Cassano, Graditi na pijesku
40 Ivan Ergić, Sport: ideologija u svom čistom obliku

SVIJET U 21. STOLJEĆU
44 10 GODINA terorističkih konc-logora u "ratu protiv terora"
47 Bill Van Auken, Nakon NATO summita: pokolj u Afganistanu i Pakistanu se nastavlja
49 James Cogan i John Walters, Afganistanski glas protiv okupacije predvođene SAD-om
52 Manlio Danucci, Nakon pokolja nevinih
53 Eric Stoner, Zunesova kritika rata sa Libijom i predlog nenasilne alternative
54 Mladen Jakopović, Nenasilnim otporom Palestinaca smirio bi se ekstremizam
56 Anastas Vangeli, Kina: priča dvadeset i prvog vijeka
62 Goran Marković, Uspon i dometi grčke radikalne ljevice
67 Jasna Tkalec, Italija: kako ponovo oživeti Lazara?
76 Friedrich Burschel, Savremena Nemačka: ukratko o ekstremizmu
80 Ivica Mladenović, Socijalističke magle i vidici: istorijsko zaleđe, aktuelno stanje i potencijal za strukturnu transformaciju u Francuskoj

EVROPSKA DEMOKRATSKA LJEVICA
102 Leo Furtlehner, Situacija na levici u Austriji
107 Thomas Kachel, Ljevica u Britaniji: prema novom ustroju
112 Dag Seirstad, Ljevica u Norveškoj: politika vlade lijevog centra
116 Antti Alaja, Progresivni pokret u Finskoj i crveno-zelena agenda
118 Cornelia Hildebrandt, Die Linke u Nemačkoj

SUVREMENA SOCIJALDEMOKRACIJA
124 Vicente Navaro, Postoji alternativa! Kako bi Španija mogla voditi ekspanzionističku politiku
126 Dany Rodrik, Proizvodnja: put do razvijene ekonomije
128 Klaus Mehrens, Učešće zaposlenih u razvojnoj politici
129 Goran Lukić, Nova ekonomija nasuprot starom načinu
131 Andrea Nahles, Obnova partija tiče se demokratije i učešća
132 Markus Roberts i Daniel Elton, Zašto partije treba ponovo da postanu pokreti?

TEMA BROJA: Komercijalizacija obrazovanja i studentski otpor
134 Todor Kuljić, Studentski delatni otpor kapitalizmu
137 Jana Bačević, Konflikti u polju visokog obrazovanja danas: izazov nalaženja alternativa između masifikacije, komodifikacije i neokonzervativizma
140 Emin Eminagić, Direktno-demokratsko društvo: analiza novog vala studentskih protesta u zemljama bivše Jugoslavije
143 Sanja Petkovska, Globalna restrukturacija obrazovnih sistema: neke od pretpostavki procesa
147 Bojan Maričik, Da li demokratizacija studentskog pokreta može pripremiti studente za borbu za bolju poziciju, unatoč komercijaliziranog obrazovanja?
151 Pavluško Imπirović, Omladinski pokret u Jugoslaviji i Srbiji: juče i danas

POGLEDI
160 Darko Suvin, Petnaest teza o komunizmu i Jugoslaviji, ili dvoglavi Janus oslobođenja kroz državu
169 Andrea Martocchia, Intelektualrijat
180 Aleksa Milojević, Razvoj svojine temeljni je faktor ekonomskog napretka
183 Ljubomir Cuculovski, Neki aspekti raspadanja SFRJ
189 Zagorka Golubović, Kriza demokratske tranzicije u Srbiji

SOCIJALNO KRŠĆANSTVO
193 Francis McDonagh, Dom Hélder Câmara: od moći do proročanstva

SINDIKATI
196 Martin Thomas, Politički fondovi sindikata u Britaniji
198 Hilary Wainwright, Novi sindikalizam u nastanku
203 Michael Hurley i Sam Gindin, Napad na javne usluge: hoće li sindikati žaliti zbog napada ili povesti otpor?
196 Martin Thomas, PolitiËki fondovi sindikata u Britaniji
209 Pavle Vukčević, Sindikati kao akteri postizbornih promjena u RH: moć i nemoć sindikata

HISTORIJSKA PITANJA
211 Goran Marković, Talas rehabilitacija u Srbiji

SJEĆANJE
214 Dragoljub Stojanov, Branko Horvat: Čovjek koji je previše znao

DOKUMENTI
215 Prvi Balkanski Forum: drugačiji Balkan je moguć

PRIKAZI
218 Milan Vukomanović, Srbija i moderna (Đokica Jovanović: "Prilagođavanje")
219 Merima Omeragić, Skepsa kao postupak: pad od visokog modernizma u postmodernu (Ranko Marinković, "Kiklop")
223 Zlatko Jelisavac, Kultura sećanja (Todor Kuljić, "Sećanje na titoizam")
224 Srećko Horvat, U zemlji krvi i novca (Angelina Joly, "In tha land og blood and honey")

KULTURA
229 Jasna Tkalec, Ispod mosta Mirabeau
236 Vladan Milanko, Dok čekamo na film o Ratku Mladiću: film i ideologija danas i ovde

POEZIJA
240 Darko Suvin, Političke pjesni za Zagrebom

PRAVA ŽIVOTINJA
244 Umberto Veronesi, Vegetarijanstvo je izbor zdravlja, a ne samo etički izbor
244 Prijatelji životinja, Život svinja
247 Snježana Klopotan, Zakon o zaštiti životinja
249 Hrvoje Jurić, Veliki ciljevi i mali koraci
252 Prijatelji životinja, Saborski zastupnici i zaštita životinja
253 Osjećaju li kukci bol?


Novi broj Novog Plamena u knjižarama i na kioscima širom regiona/regije

Drage drugarice i dragi drugari,
Pr(ij)e nekog vremena je na više od 260 str. izašao novi broj Novog Plamena, regionalnog časopisa demokratske l(j)evice za politička, kulturna i društvena pitanja. Novi Plamen je jedini časopis toga tipa na ovim našim prostorima. U telu poruke vam šaljemo gde se časopis tačno može nabaviti u Hrvatskoj, Srbiji, BiH i Makedoniji.

Za dodatne informacije vid(j)eti:
www.noviplamen.org,
naš blog: http://noviplamen.net/kako-nabaviti-novi-plamen/
ili pisati na:
redakcija@...

Drugarski pozdrav i hvala svima na podršci,
Redakcija časopisa

SRBIJA
BEOGRAD
• Centar za kulturnu dekontaminaciju (CZKD)
Birčaninova, br. 21
Paviljon Veljković
• Knjižarsko-izdavačka zadruga "Baraba"
Solunska 18
• Knjižara “Plavi krug”
Takovska ulica
preko puta državne televizije (na uglu Takovske i Majke Jevrosime)
• Knjižara ”Beopolis”
Makedonska 22
• Knjižara ”Zepter Book World”
Knez Mihailova 42
• Knjižara ”DELFI” SKC
• Knižara ”Aleksandar Belić”
Studentski trg 5
NOVI SAD
• Omladinski centar CK13
Vojvode Bojovića, br. 13
• Knjižara ”Solaris”
Sutjeska 2
• Knjižara ”Mala velika knjiga”
Ignjata Pavlasa 4

BOSNA I HERCEGOVINA
BANJALUKA
• Knjižara Litera
ulica Jevrejska

MAKEDONIJA
SKOPJE
• Knizara Kultura - Plostad Makedonija
• Knizara na Ekonomski Fakultet pri Univerzitet Sv. Kiril i Metodij 

HRVATSKA
• ŠKOLSKA KNJIGA (www.skolskaknjiga.hr)
ZAGREB
• Bogovićeva 1a
• Masarykova 28
• Ivana Lučića 3 (Filozofski fakultet)
• Trg bana Josipa Jelačića 14 (zatvorena zbog preuređenja)
BJELOVAR
• Gundulićeva 8
ČAKOVEC
• Kralja Tomislava 6
DUBROVNIK
• Poljana Paska Miličevića 1
GOSPIĆ
• Dr Ante Starčevića 17
KARLOVAC
• Stjepana Radića 7
METKOVIĆ
• Ante Starčevića b.b.
OSIJEK
• Trg A. Starčevića 12
POŽEGA
• Trg Sv. Trojstva 7
PULA
• Forum 6
RIJEKA
• Ignacija Henckea 1B
SINJ
• Trg kralja Tomislava 3
SISAK
• Trg bana Josipa Jelačića 6
SPLIT
• Trg braće Radića 7
VARAŽDIN
• Janka Draškovića 2
• Stanka Vraza 8
VINKOVCI
• Duga ulica 27
VUKOVAR
• Dr Franje Tuđmana 13


=== 3 ===


ŠETNJA ZAHVALNOSTI - Konferencija za štampu
ŠETNJA ZAHVALNOSTI - SEĆANJE NA PONOSNU SRBIJU 1912.
24. OKTOBAR 2012. u 12 č. ispred VLADE REPUBLIKE SRBIJE
Facebook event: https://www.facebook.com/events/480035498693648/

Nikad nam kao danas -- ceo vek posle Kumanovske bitke, koja je rešila Prvi balkanski rat -- iz slavnog primera naših predaka nije dolazilo toliko teških pitanja i, istovremeno, nikad nam se nije nudilo toliko jednostavnih odgovora.

Pošto je, nošena neponovljivim istorijskim poletom, mobilisala vojsku od preko 240 hiljada ljudi -- više od 40 odsto aktivnog muškog stanovništva -- srpska Vrhovna komanda, na čelu sa tada generalom Radomirom Putnikom, ni nedelju dana posle objave rata Turskoj, vodila je 23. i 24. oktobra 1912. (po novom kalendaru) odsudnu bitku. Posle dvodnevnog sudara oružja u okolini Kumanova, neprijatelj je nateran na povlačenje a slavna Srpska vojska oslobodila Kosovo i Makedoniju, do tada više od pola milenijuma pod turskom okupacijom.

Iako u zapadnoj politici nije bilo oduševljenja za srpske oslobodilačke akcije, istorijski trijumf omogućilo je formiranje Balkanskog saveza Srbije, Crne Gore, Grčke i Bugarske, pod pobedničkom devizom -- „Balkan balkanskim narodima". Bio je to najsvetliji primer šta ujedinjeni mogu mali narodi, kada sopstvene interese pretpostave interesima velikih sila.

Vek kasnije, naraštaj naših otaca i naš pokazao se nedostojnim velike misije naših predaka iz Balkanskih ratova. Razjedinjeni i posvađani u spolja i iznutra razorenoj zemlji, uplašeni pretnjama i zavedeni obećanjima zapadnih sila -- vodeći deo ovog naraštaja gotovo je poništio velika postignuća slavnih predaka i svojim istorijskim iluzijama žrtvovo i klicu svakog narodog postojanja -- slobodu.

Ima li danas mesta na svetu pred kojim će se sve srpske omraze, sukobi i iluzije pokazati toliko malim i nedostojnim, ima li mesta koje nas toliko napaja zaboravljenom idejom slobode, kao što je to grob Vojvode Putnika, vojnog stratega velikih srpskih pobeda koji je znao i to koliko solidarnost može da nas ujedini, pa je u tim istim Balkanskim ratovima naredio da dnevnica potporučnika i vojvode bude ista -- tri dinara? Ima li, onda, mesta na svetu pred koje ćemo izaći toliko mali i nedostojni, sa toliko razloga da tražimo oproštaj za istorijski udes za koji smo odgovorni?

Zato naše sećanje na Vojvodu Putnika i veliki naraštaj srpske Vojske koji je predvodio, danas nije samo izraz pijeteta prema velikanu slavnog srpskog oružja već i naš izraz stida sopstvenim naraštajem, koji nedovoljno razume koliko sloboda manje košta kada se čuva nego kada se ponovo osvaja.

Uvereni da taj milenijumski temelj slobode, na kome je čvrsto stajao identitet naših predaka, nije mogao netragom nestati i da je negde duboko zapreten u svima nama, pozivamo sve koji u to veruju, bez obzira na političke stavove i razlike, da u sredu 24. oktobra 2012, na samu stogodišnjicu Kumanovske pobede, zajedno pohodimo grob Vojvode Putnika, na koji ćemo položiti venac i zapaliti sveće.

Okupljanje i „Šetnja zahvalnosti -- Sećanje na ponosnu Srbiju 1912", na koju su pozvani svi i u kojoj će biti mesta za svakog, počeće tačno u podne pred Vladom Republike Srbije, u Nemanjinoj ulici, odakle ćemo se zaputiti prema Aleji velikana na Novom groblju.

Neka nas slavni grob ujedini!
Neka nas ponovo osvoji idejom slobode!
Neka nas nadahne za pregnuća dostojna slavnih predaka!
Živela Slobodna Srbija!

Ana Radmilović
Milo Lompar
Branko Pavlović
Slavoljub Kačarević
Slobodan Antonić
Boris Malagurski
Željko Cvijanović



=== 4 ===

70 godina AVNOJ-a

Evento pubblico · Creato da Antifašistička liga Jugoistočne Evrope

23 novembre alle ore 9.00 fino a 24 novembre alle ore 20.00

Ove godine navšava se 70 godina od osnivanja AVNOJ-a (Antifašističkog vijeća narodnog oslobođenja Jugoslavije) Značaj ovog događaja za sve narode na prostoru Balkana i uopšte daljnjeg vođenja oslobodilaćkog rata pod vodstvom vrhovnog komadanta Partizanskog pokreta u Jugoslaviji je nemjerljiv.

18. oktobra 1942. Vrhovni stab na čelu sa Josipom Brozom Titom naredjuje Vrhovnom stabu NOP i DV za Krajinu da se izvrsi priprema za Bihacku operaciju. Ova naredba morala se sprovesti najkasnije do 05. novembra kako bi se time proslavila 25-godisnjica Oktobarske revolucije... Po naredbi Vrhovnog staba u napadu ce ucestvovati 4 krajiške, 4 licke i 1 proleterska brigada... Istog dana Vrhovni stab izdaje naredjenje Hrvatskom glavnom stabu da sa najmanje dvije brigade koordinira sa Krajisnicima u napadu na Bihac tako sto ce oko 1.novembra preduzeti jednu vecu diverziju na dijelu istocne Banije, a Krajisnicima je naredjeno da u isto vrijeme preduzmu diverzije prema Bosanskom Novom i Kljucu...

04.novembra oslobodjen je Bihac i Licko Petrovo Selo, a partizanske jedinice su nastavile napredovanje u pravcu Slunja, Cazina i Bosanske Krupe. Kompletnom operacijom komandovao je Kosta Nadj, a nakon okoncanja operacije 06. novembra oslobodjen je grad Slunj i Cazin sa okolnim selima, a neprijateljska vojska se nasla u obruču na prostoru izmedju Slunja i Gospica...
Tako su stvoreni uslovi za odrzavanje prvog zasjedanja AVNOJ-a u Bihacu na kojem su prakticno udareni temelji buducoj zajednickoj drzavi Socijalistickoj Federativnoj Republici Jugoslaviji. Slobodni teritorij proglasen je Bihackom Republikom a bio je to tada najveci slobodni teritorij u Evropi kojeg su kontrolisale partizanske snage NOP Jugoslavije...

Program u Bihaću 23.11.2012
(Petak)

9.00 do 12.00 - Doček gostiju ispred Muzeja Prvog zasjedanja AVNOJ-a

13.00 - Polaganje cvijeća na partizansko spomen obilježje Borići.
Organizirani polazak u 12.30 ispred muzeja AVNOJ-a

14.00 - Svečana sjednica povodom 70-te godišnjice AVNOJ-a
Sala Kulturnog centra (Dom Armije)

BIŠĆU BUDI NAM KOLIJEVKOM
Kulturno zabavni program u spomen AVNOJ-u
U okviru programa predviđeno je obraćanje predstavnika
Iz svake Yu-republike po jedan

20.00 Druženje gostiju u ugostiteljskom objektu 
caffe-bar ,,Marshal“ i ,,Paviljon“ uz
PARTIZANSKO PIVO

24.11.2012 godine

8.00 – Organizirani odlazak u Jajce 
71. godišnjica Drugog zasjedanja AVNOJ-a.
Polazak sa Trga M. Tita u Bihaću


Bihaćka republika

Bihaćka republika je simboličan naziv za jedinstvenu oslobođenu teritoriju koja je nastala poslije — bihaćke operacije i oslobođenja Bihaća 4. novembra 1942. spajanjem do tada oslobođenih teritorija Bosanske krajine i susjednih oblasti Hrvatske. Bihać je od tada do kraja januara 1943. bio sjedište CK KPJ (centralnog komiteta Komunističke partije Jugoslavije) i Vrhovnog štaba NOV i POJ Narodno-oslobodilačke vojske i Partizanskih odreda Jugoslavije) i centar te teritorije. Ofanzivnim dejstvom NOVJ, posebno u srednjoj Bosni, ova slobodna teritorija je proširivana do sredine januara 1943. godine. Prostirala se od prilaza Karlovcu i Zagrebu, do rjeke Bosne i Neretve i zahvatala je oko 50.000 km2.
Razvitak Narodno-oslobodilačkog pokreta, dostigao je na ovoj teritoriji najviši stepen. Tu su, u novembru 1942. godine, formirane prve divizije i korpusi NOVJ, čija je dejstva usmjeravao Vrhovni štab. Teritorija republike bila je poprište zimskih operacija okupatorsko-kvinsliških snaga (Vajs 1 i 2) i bitke na Neretvi. (Četvrta neprijateljska ofanziva 1943.).

Onivanjem Privremenog upravnog odsjeka pri Vrhovnom štabu, 22. oktobra, koji je trebao da usmjerava rad NO (Narodnih odbora) i vojno-teritorijalnih organa, a zatim Izvršnog odbora AVNOJ-a. 26/27. novembra 1942., na ovoj tertoriji je bio izgrađen jedinstven sistem vlasti. Na teritoriji 30 srezova sprovedeni su izbori za mjesne, opštinske i sreske, a u nekim krajevima i okružne NOO (Narodno-oslobodilačke odbore) — komandi mjesta i komandi područja. Na inicijativu Izvršnog odbora AVNOJ-a razvijena je politička, privredna i prosjvetna aktivnost. Podstaknut je razvoj proizvodnje, organizovanja razmjena i saobraćaj, sprovedena kampanja prikupljanja dobrovoljnih priloga naroda za snabdjevanje vojnih jedinica, akcija otvaranja osnovnih škola i drugih oblika prosvjećivanja naroda, osnovano je Pozorište narodnog oslobođenja, unapređena zdravstvena služba i razni oblici socijalne zaštite (zbrinjavanje izbeglica, osnivanje domova za nezbrinutu djecu i dr.). Pored ovih aktivnosti NOO i KPJ je radila na razvijanju antifašističke organizacije žena i omladine. Održani su osnovačka konferencija AFŽ (Antifašističkog fronta žena) Jugoslavije u Bosanskom Petrovcu od 6. do 8. decembra i osnivački kongres USAOJ-a u Bihaću, od 27. do 29. decembra 1942.godine.

Kao izraz izvojevanih pobjeda u ratu protiv okupatora i domaćih kolaboracionista i stepena razvitka NOP-a, Bihaćka republika je uticala na jačanje međunarodnog položaja NOP-a. Nastala je u doba prelomnih bitaka na sovjetsko-njemčkom frontu i na frontu u Africi, ona je pobudila zanimanje sila Osovine i sila antihitlerovske koalicije. Računajući s mogućnošću skore invazije anglo-američkih trupa na evropsko Sredozemlje i prije svega na Balkan, Hitler je smatrao da bi NOV mogla da ugrozi odbranu Balkana. Zato je donio odluku o zimskim operacijama Vajs (Weiss) za uništenje „Titove države“ kako je sam nazivao oslobođenu tritoriju sa centrom u Bihaću. Sa istog stanovišta poraslo je i zanimanje za događaje u Jugoslaviji kod vlada antihitlerovske koalicije. To se pokazalo, u pojačanom nastojanju britanske vlade da odvrati četnike Draže Mihailovića od saradnje sa okupatorom i s druge strane, u njenoj odluci da stupi u kontakt sa Vrhovnim štabom NOV i POJ.

Oslanjajući se na izbvojevane pobjede i stepen razvitka NOP-a, u vreme Bihaćke republike, CK KPJ, još odlučnije kreće u borbu za mađunarodno priznanje NOP-a, što je bilo izraženo i osnivanjem AVNOJ-a i posebno prvom notom koju su Izvršni odbor AVNOJ-a i Vrhovni štab NOV i POJ uputili vladama sila antifašističke koalicije iz Bihaća januara 1943. godine. U toj noti su otvoreno postavili pitanje izdajničke aktivnosti vlade Kraljevine Jugoslavije u izbeglištvu.







(italiano / deutsch / english)

The Nobel Peace Prize for War

1) Werner Pirker: Herrenwitze
2) Michael Parenti: The Nobel Peace Prize for War
3) Il Nobel per la Pace e il Premio Lenin per la Pace


=== 1 ===


Herrenwitze

Entscheidung über Nobelpreisverleihung

Von Werner Pirker

Daß der Europäischen Union in der größten Krise ihrer Geschichte der Friedensnobelpreis verliehen wurde, könnte man auch als einen Akt der Barmherzigkeit bezeichnen. Es muß tatsächlich sehr schlecht um sie bestellt sein, daß man ihr einen Trostpreis zukommen ließ. Wie schlecht muß es aber erst um den Frieden bestellt sein, wenn von der EU mitgeführte imperialistische Weltordnungskriege als Friedensengagement gewürdigt werden.

Das Nobelpreiskomitee in Oslo hatte sich offenbar bemüßigt gefühlt, den ramponierten Ruf des Staatenbundes wieder etwas aufzupolieren. Wenn schon der Euro als gemeinsame Währung für Länder mit unterschiedlicher Wirtschaftskraft versagt, wenn schon Kerneuropa und EU-Peripherie immer weiter auseinanderdriften, wenn schon die Bevölkerungen in allen Mitgliedsländern Brüssel zunehmend als Steuerungszentrale des Sozial- und Demokratieabbaus wahrnehmen, wenn schon die deutsche Dominanz über Europa als immer drückender empfunden wird, dann soll wenigstens am Gründungsmythos festgehalten werden, daß die europäische Integration ein Friedensprojekt sei.

Entsprechend lautet auch die Erklärung des Osloer Komitees. Die EU, heißt es, habe über sechs Jahrzehnte entscheidend zur friedlichen Entwicklung in Europa beigetragen. Tatsächlich sind die europäischen Hauptmächte einander seit dem Zweiten Weltkrieg nicht mehr an die Gurgel gegangen und werden das voraussichtlich auch nicht mehr tun. In der Zeit des Kalten Krieges hat Westeuropa unter US-amerikanischer Führung eine gemeinsame Front gegen das sozialistische Lager gebildet. Nach seinem Sieg in der Systemkonfrontation ging der Westen daran, seine Vorherrschaft über die in Unterentwicklung gehaltene Peripherie unumkehrbar zu machen. Das »Friedensprojekt« wurde also von Beginn an von aggressiven Absichten bestimmt.

Es waren Flugzeuge des westlichen Kriegsbündnisses, die 1999 die ersten Bomben über Europa seit 1945 abwarfen, um Jugoslawiens Widerstand gegen das neoliberale Globalisierungsdiktat zu brechen. Das Nobelpreiskomitee hat das keineswegs unberücksichtigt gelassen. In seiner Begründung wird die gewaltsame »Befriedung des Balkans« als besondere Friedensleistung hervorgehoben.

Im Vertrag von Lissabon sehen sich die Mitgliedsländer zur militärischen Aufrüstung verpflichtet. EU-weit werden die Wehrpflichtarmeen zu Berufsheeren transformiert und für »Out of area«-Einsätze fit gemacht. Der EU werden von den Preisverleihern aber nicht nur Verdienste um den Frieden, sondern auch um die Demokratie angedichtet, was angesichts des realen Demokratieverfalls im Zeichen der Brüsseler Austeritätspolitik eine fast schon satirisch anmutende Verzerrung der Wirklichkeit darstellt. Wenn dann in der Begründung auch noch die Troika-Herrschaft als »Förderung der demokratischen Entwicklungen in südeuropäischen Ländern« gewürdigt wird, meint man geradezu in eine Runde von Herrenwitzerzählern geraten zu sein.
 
junge Welt, 13.10.2012


=== 2 ===

The Nobel Peace Prize for War

by   Michael Parenti

 

Those who own the wealth of nations take care to downplay the immensity of their holdings while emphasizing the supposedly benign features of the socio-economic order over which they preside. With its regiments of lawmakers and opinion-makers, the ruling hierarchs  produce a never-ending cavalcade of symbols, images, and narratives to disguise and legitimate the system of exploitative social relations existing between the 1% and the 99%.

The Nobel Peace Prize would seem to play an incidental role in all this. Given the avalanche of system-sustaining class propaganda and ideological scenarios dished out to us, the Nobel Peace Prize remains just a prize. But a most prestigious one it is, enjoying a celebrated status in its anointment of already notable personages.

In October 2012, in all apparent seriousness, the Norwegian Nobel Committee  (appointed by the Norwegian Parliament) bestowed the Nobel Peace Prize upon the European Union (EU). Let me say that again: the European Union with its 28 member states and 500 million inhabitants was awarded for having "contributed to the advancement of peace and reconciliation, democracy, and human rights in Europe."  (Norway itself is not a member of the EU. The Norwegians had the good sense to vote against joining.)

Alfred Nobel's will (1895) explicitly states that the peace prize should go "to the person who shall have done the most or the best work for fraternity between nations, for the abolition or reduction of standing armies and for the holding and promotion of peace congresses."  The EU is not a person and has not worked for the abolition or reduction of standing armies or promotion of any kind of peace agenda. If the EU award looked a bit awkward, the BBC and other mainstream news media came to the rescue, referring to the "six decades of peace" and "sixty years without war" that the EU supposedly has achieved.  The following day, somebody at the BBC did the numbers and started proclaiming that the EU had brought "seventy years of peace on the European continent."  What could these wise pundits possibly be thinking?  Originally called the European Economic Community and formed in 1958, the European Union was established under its current name in 1993, about twenty years ago.

The Nobel Committee, the EU recipients, and the western media all overlooked the 1999 full-scale air war launched on the European continent against Yugoslavia, a socialist democracy that for the most part had offered a good life to people of various Slavic nationalities---as many of them still  testify today.

The EU did not oppose that aggression. In fact, a number of  EU member states, including Germany and France, joined in the 1999 war on European soil led largely by the United States. For 78 days, U.S. and other NATO forces bombed Yugoslavian factories, utilities, power stations, rail systems, bridges, hotels, apartment buildings, schools and hospitals, killing thousands of civilians, all in the name of a humanitarian rescue operation, all fueled by unsubstantiated stories of Serbian "genocide." All this warfare took place on European soil.

Yugoslavia was shattered, along with its uniquely designed participatory democracy with its self-management and social ownership system. In its place emerged a cluster of right-wing mini-republics wherein everything has been privatized and deregulated, and poverty has replaced amplitude. Meanwhile rich western corporations are doing quite well in what was once Yugoslavia.

Europe aside, EU member states have sent troops to Afghanistan, Iraq, Libya, and additional locales in Africa, the Middle East, and Central Asia, usually under the tutorship of the U.S. war machine.

But what was I to expect? For years I ironically asserted that the best way to win a Nobel Peace Prize was to wage war or support those who wage war instead of peace.  An overstatement perhaps, but take a look.

Let's start back in 1931 with an improbable Nobel winner:  Nicholas Murray Butler, president of Columbia University. During World War I, Butler explicitly forbade all faculty from criticizing the Allied war against the Central Powers. He equated anti-war sentiments with sedition and treason. He also claimed that "an educated proletariat is a constant source of disturbance and danger to any nation." In the 1920s Butler became an outspoken supporter of Italy's fascist dictator Benito Mussolini. Some years later he became an admirer of a heavily militarized Nazi Germany. In 1933, two years after receiving the Nobel prize, Butler invited the German ambassador to the U.S. to speak at Columbia in defense of Hitler. He rejected student appeals to cancel the invitation, claiming it would violate academic freedom.

Jump ahead to 1973, the year one of the most notorious of war criminals, Henry Kissinger, received the Nobel Peace Prize. For the better part of a decade, Kissinger served as Assistant to the President for National Security Affairs and as U.S. Secretary of State, presiding over the seemingly endless blood-letting in Indochina and ruthless U.S. interventions in Central America and elsewhere.  From carpet bombing to death squads, Kissinger was there beating down on those who dared resist U.S. power.  In his writings and pronouncements Kissinger continually talked about maintaining U.S. military and political influence throughout the world. If anyone fails to fit Alfred Nobel's description of a prize winner, it would be Henry Kissinger. 

In 1975 we come to Nobel winner Andrei Sakharov, a darling of the U.S. press, a Soviet dissident who regularly sang praises to corporate capitalism. Sakharov lambasted the U.S. peace movement for its opposition to the Vietnam War. He accused the Soviets of being the sole culprits behind the arms race and he supported every U.S. armed intervention abroad as a defense of democracy. Hailed in the west as a "human rights advocate," Sakharov never had an unkind word for the horrific human rights violations perpetrated by the fascist regimes of faithful U.S. client states, including Pinochet's Chile and Suharto's Indonesia, and he aimed snide remarks at the "peaceniks" who did. He regularly attacked those in the West who opposed U.S. repressive military interventions abroad.

Let us not overlook Mother Teresa. All the western world's media hailed that crabby lady as a self-sacrificing saint. In fact she was a mean spirited reactionary who gladly welcomed the destruction of liberation theology and  other progressive developments in the world. Her "hospitals" and "clinics" were little more than warehouses for the dying and for those who suffered from curable diseases that went untreated---eventually leading to death. She waged campaigns against birth control, divorce, and abortion. She readily hobnobbed with the rich and reactionary but she was so heavily hyped as a heavenly heroine that the folks in Oslo just had to give her the big medal in 1979.

Then there was the Dalai Lama who was awarded the Nobel Peace Prize in 1989. For years the Dalai Lama was on the payroll of the CIA, an agency that has perpetrated killings against rebellious workers, peasants, students, and others in countries around the world. His eldest brother played an active role in a CIA-front group. Another brother established an intelligence operation with the CIA, which included a CIA-trained guerrilla unit whose recruits parachuted back into Tibet to foment insurgency. The Dalai Lama was no pacifist. He supported the U.S./NATO military intervention into Afghanistan, also the 78 days' bombing of Yugoslavia and the destruction of that country. As for the years of carnage and destruction wrought by U.S. forces in Iraq, the Dalai Lama was undecided: "it's too early to say, right or wrong," said he in 2005. Regarding the violence that members of his sect perpetrated against a rival sect, he concluded that "if the goal is good then the method, even if apparently of the violent kind, is permissible." Spoken like a true Nobel recipient.

In 2009, in a fit of self parody, the folks in Oslo gave the Nobel Peace Prize  to President Barack Obama while he produced record military budgets and presided over three or four wars and a number of other attack operations, followed a couple of years later by additional wars in Yemen, West Pakistan, Libya, and Syria (with Iran pending). Nobel winner Obama also proudly hunted down and murdered Osama Bin Laden, having accused him---without a shred of evidence---of masterminding the 9/11 attacks on the World Trade Center and the Pentagon.

You could see that Obama was somewhat surprised---and maybe even embarrassed---by the award. Here was this young drone commander trying to show what a tough-guy warrior he was,  saluting the flag-draped coffins one day and attacking other places and peoples the next---acts of violence in support of the New World Order,  certainly every bit worthy of a Nobel peace medal.

There are probably other Nobel war hawks and reactionaries to inspect. I don't pretend to be informed about every prize winner. And there are a few worthy recipients who come to mind, such as Martin Luther King, Jr., Linus Pauling, Nelson Mandela, and Dag Hammarskjöld.

Let us return to the opening point: does the European Union actually qualify for the prize? Vancouver artist Jennifer Brouse gave me the last (and best) word:   "A Nobel Prize for the EU? That seems like a rather convenient and resounding endorsement for current cutthroat austerity measures. First, corporations are people, then money is free speech, now an organization of nation states designed to thwart national sovereignty on behalf of ruling class interests receives a prize for peace.  On the other hand, if the EU is a person then it should be prosecuted for imposing policies leading directly to the violent repression of peaceful protests, and to the misery and death of its suffering citizens."

In sum, the Nobel Peace Prize often has nothing to do with peace and too much to do with war. It frequently sees "peace" through the eyes of the western plutocracy. For that reason alone, we should not join in the applause.

_______________

Michael Parenti is the author of  The Face of Imperialism and Contrary Notions. For further information visit his website: www.michaelparenti.org 



=== 3 ===

www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 13-10-12 - n. 425

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Il Nobel per la Pace e il Premio Lenin per la Pace
 
12/10/2012
 
Nella giornata di oggi è stato annunciato il vincitore del Premio Nobel per la Pace 2012, che come tutti sappiamo non è niente di più e niente di meno che il polo imperialista dell'Unione europea. Non è la prima volta, né l'ultima, che la scelta dei premiati - o dei candidati - sono interessate da un'enorme polemica.
 
I premi Nobel per la Pace sono concessi dal Comitato Nobel norvegese "alla persona che avrà fatto il più grande o il miglior lavoro in favore della fraternità tra le nazioni, per l'abolizione o la riduzione degli eserciti regolari e per il mantenimento e la promozione di congressi di pace nell'anno immediatamente precedente". Il Comitato è composto da cinque membri eletti dallo Storting, il parlamento norvegese.
 
Facciamo un ripasso delle sue decisioni più controverse:
 
Theodore Roosevelt, consegnato nel 1906. XXVI Presidente degli Stati Uniti, assegnato in base al pretesto della mediazione per porre fine alla guerra russo-giapponese. Poco importò che fosse profondamente sessista e razzista, che istigò una rivolta a Panama con l'obiettivo di costruire il canale (1903), che invase e prese il controllo della Repubblica Dominicana (1905), o che inviò truppe a Cuba (1906), oltre a stabilire la base di Guantánamo (1903).
 
Woodrow Wilson, consegnato nel 1919. XXVIII presidente degli Stati Uniti, assegnato in base al pretesto del contributo alla fondazione della Società delle Nazioni. Fedele sostenitore dell'interventismo, invase il Messico per far dimettere Victoriano Huerta (1914), occupò Haiti militarmente ed economicamente (1915) approfittando di una crisi sociale, ed intervenne in due occasioni (1916, 1924) nella Repubblica Dominicana. Fu inoltre profondamente razzista (intensificò le politiche di segregazione razziale) e sostenne il Ku Klux Klan.
 
George Marshall, consegnato nel 1953. Generale dell'esercito degli Stati Uniti, assegnato per il Piano Marshall. Militare che partecipò attivamente alla sanguinosa Prima guerra mondiale, cervello dell'offensiva di Meusse-Argonne (1918), tristemente nota per essere la battaglia con più perdite per gli Stati Uniti, morirono circa 117.000 soldati americani. Dopo la Seconda guerra mondiale, alla quale partecipò con il grado di Capo di stato maggiore, sviluppò il piano imperialista economico conosciuto come Piano Marshall, per intensificare il controllo dell'Europa occidentale.
 
Henry Kissinger, consegnato nel 1973. Controverso politico americano, assegnato congiuntamente al comunista Le Duc Tho (che rifiutò il premio) per il Trattato di Parigi del 1973, nonostante che poco dopo venne rotto per continuare le ostilità. Anche in questo caso poco importò che furono gli Stati Uniti a provocare la guerra del Vietnam (1964-1975) e le operazioni in Cambogia e Laos, che coinvolsero milioni di vite, enormi violazioni dei diritti umani, né tanto meno la sua partecipazione a numerosi colpi di stato in America Latina durante gli anni '70 (Cile, Argentina...) o nell'Operazione Condor, così come in altre manovre imperialiste in tutto il mondo (Angola, Sahara, Indonesia...)
 
Eisaku Sato, consegnato nel 1974. Primo ministro del Giappone, fu assegnato ironicamente per "il suo rifiuto dell'opzione nucleare per il Giappone ed i suoi sforzi per una maggiore riconciliazione regionale". Documenti declassificati confermano che la sua posizione era molto distante dal pacifismo: cercò di negoziare con gli Stati Uniti un attacco nucleare preventivo contro la Repubblica Popolare Cinese.
 
Lech Wałęsa , consegnato nel 1983. Premiato per essere un dissidente anticomunista (fantoccio fedele dell'imperialismo) e fondatore del sindacato Solidarnosc. Successivamente sarà presidente della Polonia, conducendo all'impoverimento del paese. Dopo la controrivoluzione, questo sindacato licenziò in media 3.000 lavoratori al giorno, 30.000 minatori furono gettati sulla strada. Nemmeno un ex roccaforte come la fabbrica di trattori Ursus si salvò: chiusa e 15.000 lavoratori per strada. Solidarnosc aumentò di 6 volte il prezzo del carbone per uso domestico, di 5 volte l'elettricità, di 2,5 il prezzo dei trasporti, del 500% il costo del riscaldamento, dell'acqua e del gas. Il reddito medio diminuì del 27%. Proprio un Nobel per la Pace!
 
Tenzin Gyatso (Dalai Lama), consegnato nel 1989, e premiato per la sua "lotta per la liberazione del Tibet". Preferiscono dimenticarsi di secoli di feudalesimo lamaista, del potere dell'aristocrazia dei lama, della schiavitù, povertà, sessismo e degli abusi sessuali su donne e bambini. Pagato dalla CIA e fedele alleato degli Stati Uniti, è una punta di diamante usata da anni contro la Repubblica Popolare Cinese.
 
Mikhail Gorbaciov, consegnato nel 1990. Capo dello Stato dell'URSS, gli assegnarono il premio per "la sua leadership nel processo di pace che oggi caratterizza parti importanti della comunità internazionale". Oppure, il che è lo stesso, per contribuire a rafforzare la controrivoluzione nel campo socialista e sprofondare nella povertà e nella disperazione milioni di persone, dando il via libera all'imperialismo più guerrafondaio.
 
Shirin Ebadi, consegnato nel 2003, premiato per la sua dissidenza politica in Iran. Perfino settori conservatori criticarono il premio per essere "politicizzato". Attualmente in esilio, si dedica a fare conferenze e colloqui nei paesi imperialisti chiedendo il boicottaggio del suo paese.
 
Al Gore, consegnato nel 2007, premiato per i suoi "sforzi per costruire e diffondere una maggiore conoscenza sui cambiamenti climatici provocati dall'uomo e per porre le basi delle misure necessarie a contrastare tali cambiamenti". L'ex vice presidente degli Stati Uniti, ha incassato 100.000 € per conferenza (assicurandosi in sette anni circa 70 milioni di euro), mentre non realizza alcuna delle sue "raccomandazioni" in difesa dell'ambiente, visto che la sua famiglia consuma fino a 20 volte in più della famiglia media americana.
 
Barack Obama, premiato nel 2009, in base al pretesto di alcuni cambiamenti nella politica degli Stati Uniti e per aver dato "speranza" al suo popolo. Non c'è bisogno di ricordare il suo coinvolgimento nella continuità della politica imperialista e guerrafondaia (Libia, Siria, Yemen, Pakistan, Iraq, Afghanistan...), senza mantenere in questo senso le numerose promesse elettorali.
 
Liu Xiaobo, premiato nel 2010 per difendere i "diritti umani" in Cina, o il che è lo stesso, per essere un dissidente controrivoluzionario. Un'altra "punta di diamante" dell'imperialismo contro il paese asiatico.
 
Un carattere completamente diverso aveva il Premio Lenin per la Pace tra i Popoli, esistente per mezzo secolo (1950-1990). Creato nel 1949 dal Presidium con il nome di "Premio Stalin per la Pace tra i Popoli" e cambiato in "Premio Lenin per la Pace tra i Popoli", dopo il processo revisionista guidato da N. Krusciov.
 
Molotov rilevò il suo obiettivo: "Era necessario un premio di grande importanza politica, non solo per il nostro paese ma per il mondo intero. Qualcosa che riflettesse i pensieri più profondi e le aspirazioni delle masse del momento".
 
Il decreto che disciplinava il premio, indicava a chi doveva essere assegnato: "I premi saranno dati ai cittadini di qualsiasi paese del mondo, indipendentemente dalle loro differenze politiche, religiose e razziali, per gli altissimi meriti nella lotta contro gli istigatori della guerra e la difesa della pace".
 
Così troviamo tra i vincitori personaggi illustri come Pablo Picasso (1962), Pablo Neruda (1953), Bertolt Brecht (1954), Nicolás Guillén (1954), Sukarno (1960), Fidel Castro (1961), Ahmed Ben Bella (1964), Rafael Alberti (1965), Ernst Busch (1972), Salvador Allende (1973), Luis Corvalan (1975), Wilma Espin (1979), Angela Davis (1979), Mikis Theodorakis (1983), o Nelson Mandela (1990) .
 
In totale, più di 150 personalità di tutto il mondo, tra cui presidenti, poeti, scrittori, scienziati, professori, militanti e attivisti sociali, medici, sacerdoti... tutti in un modo o nell'altro promossero la pace e la stabilità mondiale.
 
In un futuro non troppo lontano potremo godere ancora di un premio per la Pace assegnato effettivamente a personalità che lo meritano, e non a organizzazioni imperialiste o personaggi con le mani sporche di sangue innocente. Fino ad allora dovremo assistere all'assurdità dei Nobel...






Mostra fotografica “Il lungo silenzio” sui criminali di guerra fascisti


Sabato 20 ottobre 2012 alle ore 17.00 presso la barchessa di Villa Giustinian Morosini “XXV aprile” verrà inaugurata la mostra promossa dall’Anpi provinciale di Venezia, dall’Anpi di Mirano e dal Comune di Mirano dal titolo “Il lungo silenzio” documenti e testimonianze sui crimini di guerra fascisti.
La mostra resterà aperta fino al 4 novembre.
Orari: sabato e domenica 10-12.30/14.30-17.30. Dal lunedì al venerdì 14.30-17.30.


La mostra è composta di 36 pannelli, 18 fanno parte della sezione curata da Davide Conti e sono il frutto delle ricerche d’archivio che ha effettuato per la pubblicazione del volume “Criminali di guerra italiani. Accuse, processi, impunitàgli altri 18 sono curati da Paolo Consolaro (con la collaborazione di Alessandra Kersevan, Claudia Cernigoi e Sandi Volk) e fanno parte della esposizione intitolata “Testa per dente – crimini fascisti in Jugoslavia. Vengono presentati foto e documenti d’archivio che ripercorrono le fasi dell’occupazione italiana dei Balcani (Jugoslavia, Grecia e Albania) durante la seconda guerra mondiale e dei crimini di guerra commessi dalle truppe del regio esercito nei confronti delle popolazioni civili locali e dei membri delle formazioni partigiane.
Attraverso documenti in gran parte provenienti dall’archivio del Ministero degli Esteri, viene presentata la ricostruzione delle relazioni internazionali e degli equilibri geopolitici che permisero al governo italiano post-fascista di Badoglio e poi a quelli della Repubblica democratica di evitare la consegna a tribunali internazionali o l’estradizione nei paesi ex-occupati di migliaia di militari italiani iscritti nelle liste dei presunti criminali di guerra consegnate alle Nazioni Unite dalla Jugoslavia, dalla Grecia, dall’Albania, dall’Urss, dalla Francia e dagli anglo-americani.
Il lavoro si concentra sulle trattative, gli accordi, le tensioni nazionali e internazionali relative alla questione dei presunti criminali di guerra, cercando di evidenziare come e perché fu possibile assicurare l’impunità a centinaia di militari del regio esercito e di camicie nere dando luogo alla cosiddetta “mancata Norimberga” ed al mito autoassolutorio degli “italiani brava gente”. È bene precisare che nella mostra non c’è nulla che possa essere paragonato a una “fiction”: l’impatto emotivo di alcuni contenuti è legato esclusivamente alla loro funzione documentaria. Le immagini e alcuni testi («in corsivo») sono tratti da pubblicazioni e documenti originali dell’epoca. Senza pretendere una completezza e una profondità di analisi impossibili da ottenere con un tale mezzo divulgativo, la cura nella ricerca e nella scelta del materiale è tale da non temere critiche fondate sul piano storico e metodologico.
Per verifiche, consultazioni e approfondimenti sono disponibili l’elenco puntuale delle fonti e un’ampia bibliografia.

Alla inaugurazione della mostra parteciperanno ed interverranno Renata Cibin (Presidente del Consiglio Comunale di Mirano), Marcello Basso (Comitato Nazionale Anpi) e Davide Conti (storico e curatore della mostra).

SCARICA LA LOCANDINA: 



(italiano / english / srpskohrvatski)

Bolje grob nego rob

Le spoglie del principe Pavle, collaborazionista dei nazisti, sono state recentemente traslate a Belgrado... 

1) Torna in Serbia l’ultimo reggente jugoslavo (Stefano Giantin su Il Piccolo)
2) BOLJE GROB NEGO ROB – KNEZ PAVLE JE BIO IZDAJNIK (NKPJ)
3) Karadjordjevići (Stevan Mirković)
4) PRENOS POSMRTNIH OSTATAKA KNEZA PAVLA, KNEGINJE OLGE I KNEŽEVIĆA NIKOLE / THE TRANSFER OF THE REMAINS OF PRINCE PAUL, PRINCESS OLGA AND PRINCE NIKOLA


Još pročitaj:
Stevan Mirković o S. Jovanoviću i P. Karadjordjeviću (Dec. 2011.)
Писмо СУБНОР-а Председнику Републике (27.09.2012.)

Još pogledaj:
Adolf Hitler visits Belgrade, Serbia to meet Knez Pavle and other Serbian Nazi supporters, 01.-08.1939


=== 1 ===

Torna in Serbia l’ultimo reggente jugoslavo

di Stefano Giantin, su Il Piccolo del 6 ottobre 2012

Prima l’esumazione, due settimane fa a Losanna. Poi la traslazione delle salme in Serbia. Infine, giovedì sera, l’esposizione delle bare nella cattedrale di San Michele Arcangelo, a Belgrado. E il tributo dei più solenni onori di Stato e religiosi. A poco più di settant’anni dalla sua deposizione e a 36 dalla sua morte, le spoglie del principe Pavle Karaðorðevic, reggente di Jugoslavia dal 1934 al 1941 e ultimo esponente della monarchia a governare il Paese, sono tornate a casa, assieme a quelle della moglie, la principessa Olga, e del figlio Nikola.
 
I tre Karaðorðevic saranno tumulati oggi nel mausoleo reale di Oplenac, nella Serbia centrale. Pavle era stato designato per reggere la Jugoslavia dopo l’uccisione del cugino, re Aleksandar, avvenuta nel 1934 a Marsiglia. Aveva conservato la corona per soli sette anni, durante i quali cercò di mantenere la Jugoslavia fuori dai giochi egemonici che si consumavano in Europa e di stabilizzare le relazioni tra serbi e croati. Il tutto, fino al “golpe” militare del 1941. Un colpo di Stato che lo rovesciò dopo che il seppur anglofilo Pavle, nel marzo di quell’anno, aveva siglato il Patto tripartito con le potenze dell’Asse, una firma considerata in Serbia come una capitolazione della Jugoslavia al giogo di Hitler.
 
Dopo la guerra, per questo motivo, fu bollato come traditore dal regime comunista. Morì a Parigi, in esilio. Solo in virtù della decisione di un tribunale serbo, nel dicembre 2011, Pavle era stato riabilitato. Alla cerimonia nella cattedrale di Belgrado ha partecipato il “Gotha” religioso e politico serbo. Il patriarca Irinej ha commentato il ritorno in patria di Pavle come un evento che ha corretto un’ingiustizia storica. «Era un grande patriota che capì la situazione politica in Europa, il ruolo della Jugoslavia e delle potenze europee che dominavano il continente. Ma altre persone la pensavano in modo diverso», ha affermato l’alto prelato ortodosso.

Il premier serbo, Ivica Dacic, ha definito il ritorno delle salme come un «grande giorno per la Serbia» e un «atto di riconciliazione nazionale». Un atto che indica «l’atteggiamento dello Stato verso la dinastia Karaðorðevic», ha aggiunto il leader socialista, specificando che non era il «momento per discutere se alcune mosse», come quella di Pavle nel 1941, «fossero quelle giuste o meno». Il ritorno a casa delle spoglie dei Karaðorðevic non è tuttavia stato apprezzato dagli ex partigiani. L’Associazione dei veterani della guerra popolare di liberazione della Jugoslavia (Subnor), in una lettera aperta al presidente serbo Tomislav Nikolic, ha criticato la riabilitazione di Pavle e di altri personaggi giudicati quali criminali di guerra nell’allora Jugoslavia. Riabilitazioni che potrebbero addirittura causare, secondo il Subnor, problemi con i Paesi che lottarono contro Hitler e con Stati un tempo membri della Jugoslavia.
 

=== 2 ===

(Un comunicato di protesta del NKPJ)

http://www.skoj.org.rs/97.html

BOLJE GROB NEGO ROB – KNEZ PAVLE JE BIO IZDAJNIK

Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ) najoštrije osuđuje organizaciju i doček na najvišem državnom nivou, uz sve počasti, posmrtnih ostataka kneza Pavla Karađorđevića na Oplencu.

Pavle Karađorđević je bio izdajnik srpskog i drugih jugoslovenskih naroda, jer dok je bio namesnik, faktički vladar države, Jugoslavija je potpisala Trojni pakt sa silama fašističke Osovine. Reč je o jednom od najsramnijih činova u istoriji našeg naroda te je isto tako sramno da u organizaciji države uz sve počasti, posmrtne kosti Pavla Karađorđevića dočekuju predsednik Srbije Tomislav Nikolić i predsednik Vlade Srbije Ivica Dačić. Afirmativni govor koji je o knezu Pavlu Karađorđeviću održao predsednik Nikolić predstavlja uvredu za sve rodoljube koji su demonstrirali protiv sramne kneževe odluke 27.marta 1941. godine i za sve one koji danas baštine njihovu kao i tradiciju antifašističkog pokreta na našim prostorima. Nakon što je 25.marta 1941. godine po odluci namesnika Pavla Karađorđevića, Jugoslavija pristupila fašističkom Trojnom paktu, dva dana kasnije jugoslovenski rodoljubi su organizovali masovne demonstracije u Beogradu sa parolama “Bolje rat, nego pakt”, “Bolje grob, nego rob” uz aktivno učešće i veoma zapaženu ulogu aktivista slavne Komunističke partije Jugoslavije (KPJ). Namesnik Pavle Karađorđević je nakon toga svrgnut sa vlasti i bio je prinuđen da ode u emigraciju. Narodne vlasti su ga nakon završetka Drugog svetskog rata opravdano proglasile izdajnikom i zabranile povratak u zemlju. Shodno tome, pravi skandal predstavlja podatak da je buržoaski predsednik Srbije Tomislav Nikolić prisustvovao i održao govor prilikom dočeka posmrtnih ostataka kneza Pavla Karađorđevića. Ocene Nikolića kako u “istoriji Srbije nije sve crno-belo kako se propagiralo u komunizmu” je pokušaj falsifikovanja istorije. Period socijalističke izgradnje je najsvetliji u istoriji naše zemlje i naroda, a istorijske činjenice pokazuju da je knez Pavle Karađorđević bio izdajnik poput Dragoljuba Draže Mihailovića, Milana Nedića, Dimitrija Ljotića i vladike Nikolaja Velimirovića. Takođe, zapanjuje da je na skupu bio prisutan i predsednik Vlade Ivica Dačić, lider Socijalističke partije Srbije, koja se zalaže protiv rehabilitacije kvislinga iz Drugog svetskog rata i čije članstvo i glasači pripadaju političkoj tradiciji koja je demonstrirala protiv odluke kneza Pavla o pristupanju Trojnom paktu i učestvovala u njegovom zbacivanju sa vlasti. Potpuno je besmisleno i krajnje licemerno da Vlada Srbije koja za sebe tvrdi da baštini anatifašističke tekovine i osuđuje postavljanje spomen ploče izdajniku muslimanskog i drugih jugoslovenskih naroda i fašističkom kvislingu Aćifu Hadžiahmetoviću u Novom Pazaru, istovremeno odaje državnu počast izdajniku srpskog i drugih jugoslovenskih naroda knezu Pavlu Karađorđeviću koji je svojom odlukom Jugoslaviju hteo da svrsta u zločinački kamp hitlerovaca, musolinijevaca i japanskih militarista. Isto tako postavlja se pitanje zbog čega Vlada Srbije ukazuje počast čoveku čijim se potezom, odnosno pristupanjem Trojnom paktu inspirišu najreakcionarnije političke formacije u Srbiji, poput odlukama Ustavnog suda Srbije zabranjenih, Nacionalnog stroja i Otačastvenog pokreta “Obraz”. Kako to buržoaska država sa jedne strane vodi “borbu protiv ekstremizma” a sa druge strane rehabilituje i daje sve počasti čoveku čijim delom se ti isti desni ekstremisti inspirišu. Prisustvo patrijarha Irineja na državnom dočeku posmrtnih ostataka kneza Pavla jasno ukazuje na reakcionarni karakter rukovodstva Srpske pravoslavne crkve koje pokušava da skine ljagu sa izdajničkog delovanja ljudi poput kneza Pavla Karađorđevića, Dragoljuba Draže Mihailovića i vladike Nikolaja Velimirovića. Jasno je da buržoazija, u cilju da učvsti vladavinu kapitala na ovim prostorima, u tu svrhu pokušava da iskoristi sve “tradicionalne institucije” kao što je zasluženo propala jugoslovenska monarhija, a u njenom sastavu i izdajnika kneza Pavla Karađorđevića. Da sve buržoaske stranke o tom pitanju imaju identičan stav pokazuje činjenica da je knez Pavle Karaorđević sudski rehabilitovan 2011. godine u vreme vladavine režima Demokratske stranke.

Međutim, svi pokušaji srpske buržoazije su uzaludni. Rodoljubi Srbije nikada neće zaboraviti ko su bili izdajnici i sramota našeg naroda. Bez obzira na rehabilitaciju izdajnika Pavla Karađorđevića i na pokušaje rehabilitacije kvislinga Dragoljuba Draže Mihailovića, rodoljubi i antifašisti naše domovine znaju da su pravi patrioti i jedini oslobodioci Jugoslavije bili partizani predvođeni KPJ.

Stop rehabilitaciji narodnih izdajnika!

Živelo sećanje na 27.mart 1941. godine!

Sekretarijat NKPJ
Beograd, 06. oktobar 2012.god.


=== 3 ===

Karadjordjevići

Stevan Mirković
Samstag, 6. Oktober 2012

Razmišljam ovih dana o Srbima , njihovim dobrim i lošim svojstvima ( ove druge prevažu jer kako bi se inače održali u životu prolazeći pored mnogth Scila i Haribda u svojoj istoriji.).
Ali., još više se u mislima bavim našom „slobodnom, nezvisnom i deomokratskom“ štampom, Vladom , Predsednikom, SPC , koji u ovim teškim vremenima za Srbe čine sve , da istaknu njihova loša svojstva a sakriju dobra, sledeći tako političku strategiju velikih sila Zapada. A cilj Zapada je da nas ugura,strpa u nekadašnju beogradsku nahiju, jer smo prepreka i pretnja (i to ne mala. pošto nastavljamo tradicije nekadašnje SFRJ) njihovim planovima na Balkanu i šire na jugoistoku Evrope.Tako se kod nas forsira izdajstvo, kukavičluk, poslušnost, strah od rata i otpora, dezerterstvo, „ tako nam je sudjeno“, „sila boga ne moli“ i slično.
Sve se to lepo videlo ponašanjem medija i vlasti povodom prenosa posmrtnih ostataka kneza Pavla iz Švajcarske u Srbiju. Pomenuti hor je skladno recitovao samo jednu pesmicu o pokojniku tj. „Knez se vratio svojoj kući“. Malo sutra! Nije to njegova kuća. Da je to njegova kuća on bi je sa svojim sinovima branio od neprijatelja a ne bi mu otvorio vrata da slobodno udje u nju.. A onda odmaglio u beli svet i ne hajući šta će biti s narodom. Šta je radio knez za vreme NOB 1941. – 1945., pa za vreme obnove porušene i popaljenje zemlje posle II svetskog rata, za vreme njene izgradnje itd.? Baškario se on po Švajcarskoj i evropskim dvorovima.i ne hajući mnogo ni za ove koji, ko papagaji ,ponavljaju „ Knez se....“. Pavle se grlio sa Hitlerom, a ovi danas ,što se skrušeno krste u Sabornoj crkvi pred Irinejom to čine danas sa Merkelovom i drugim drmatorima u svetu. Najsmešniji iz tog prvog reda mi je jedan omanji političar koga znam kao komunistu, socijalistu a sada je izgleda nacionalista.

Inače, dinastiju Karadjordjević karakterišu dva svojstva: prvo, kada „zagusti“ prvi hvataju maglu iz zemlje na neko bezbedno mesto, i odbijaju svaku sugestiju i molbu da se vrate u zemlju i bore za njenu slobodu.. Pobegli su iz zemlje i u Prvom srpskom ustanku, I i II svetskom ratu.
Posle prvih neuseha u borbama Prvog srpskog ustanka Karadjordje je 1813. prebegao ( čitaj pobegao) u Austriju. Vratio se u Srbiju 1917 ali je 13 jula ubijen ( sekirom) po zapovesti tadašnjeg vodje Srbije Miloša Obrenovića..
U I svetskom ratu hrabri vojvoda Živojin Mišić je na sastanku Vrhovne komande srpske vojske, na kome se raspravljalo (na Kosovu polju u jesen 1915 ) kojim putem se izvuci za Grčku ( dolinom Vardara ili preko Albanije) predložio“ Napasti neprijatelja i u njegovoj pozadini započeti gerilski rat“ .Vojvoda Vuk ( Popovic Vojin, pešadijski potpukovnik srpske vojske, poginuo u sukobu s Bugarima na Gruništu 16 novembra 1916.), pokazao je realnost te vojne koncepcije još 1912 – 1916. borbenim dejstvima svojih četničkih, dobrovoljačkih odreda u pozadini turskih , austrijskih, nemačkih i bugarskih trupa. . Tadašnji kralj Alkeksandar I odbio je predlog i naredio povlačenje preko Albanije. ,ostavljajući na milost i nemilost narod krvožednim Nemcima, Austrijancima i Bugarima. U tom rau izginulo je preko l milion Srba..
No, kulminacija kukavičluka dinastije Karadjordjevića pokazaće II svetski rat. Kralj, Vlada, političari, generali – svi su pobegli iz zemlje. Imali smo prilike da slušamo kako su kralj Petar II i princ Tomislav, sin lneza Pav la, završili pilotske škole u Engleskoj ali nema podataka o nekim njihovim podvizima u borbi. Čerčil je više puta predlagao mladom kralju da se padobranom spusti u Jugoslaviju ili da ga tamo prebace avionom i preuzme komandu nad svojom vojskom tj. Jugoslovenska vojska u otadžbiniu (JVuO) ali je „junak“ sve to odbio. A Čerčil je svog sina poslao u štab maršala Tita kao svog predstavnika..
Ne treba nas zato čuditi što danas malo ko veruje da se Kosovo može osloboditi samo puškom već tamo nekim pregovorima i razgovorima. Pa nije Tači lud da vrati poklon koji su mu Klinton i Olbrajtova dali 1999. Možemo ga samo oteti.pa mislim da sam u pravo ako kažem : danas Srbi žive samo na Kosovu.

Stevan Mirkovic

(izvor: http://www.facebook.com/groups/62460798190/permalink/10151102435143191/ )


=== 4 ===

NAJAVA ZA MEDIJE

 
PRENOS POSMRTNIH OSTATAKA KNEZA PAVLA, KNEGINJE OLGE I KNEŽEVIĆA NIKOLE
 
Beograd, 3.oktobar 2012. – Njihova Kraljevska Visočanstva Prestolonaslednik Aleksandar II i Princeza Katarina zajedno sa sinovima Princom Naslednikom Petrom i Princom Filipom učestvovaće u ceremoniji prenošenja posmrtnih ostataka kneza Pavla, kneginje Olge i njihovog sina kneževića Nikole.
 
Njihova Kraljevska Visočanstva učestvovaće u ceremoniji u Sabornoj crkvi
4. oktobra i ceremoniji u Crkvi sv. Đorđa na Oplencu, 6.oktobra, koje će se uz najviše državne počasti odvijati na sledeći način:
 
Četvrtak 4. oktobar
U 17.40 časova planirano je da kolona u pratnji posmrtnih ostaci Nj. K. V. Kneza Pavla, Kneginje Olge i Kneževića Nikole stigne ispred  Saborne crkve u Beogradu, gde će se nakon intoniranja himne Republike Srbije Bože pravde posmrtni ostaci uneti u Crkvu.  Njegova Svetost Patrijarh srpski Gospodin Gospodin Irinej, arhijereji i sveštenstvo Saborne crkve počeće u 18 časova služenje Pomena Blaženopočivšima i Svete Arhijerejske Liturgije uz pojanje Prvog beogradskog pevačkog društva.
 
U Sabornoj crkvi u Beogradu biće prisutni predsednik Republike Srbije NJ.E. g-din Tomislav Nikolić, premijer Republike Srbije Nj.E. g-din Ivica Dačić, predsednik Narodne skupštine Nj.E. g-din Nebojša Stefanović, NJ.K.V. Prestolonaslednik Aleksandar, NJ.K.V. Princeza Katarina, NJ.K.V. Princ Vladimir, NJ.K.V. Kneginja Jelisaveta, NJ.K.V. Knez Aleksandar, NJ.K.V. Knez Mihailo, NJ.K.V. Knez Đorđe, NJ.K.V. Kneginja Linda, NJ.K.V. Princeza Brigita, gospođa Katarina Oksenberg, NJ.K.V. Kneginja Barbara, kao i Ministri u Vladi Republike Srbije, članovi diplomatskog kora, verski i drugi zvaničnici.
 
Posle služenja Pomena, Svete Arhijerejske Liturgije i Patrijarhove besede održaće se prijem za visoke zvaničnike u zgradi Patrijaršije.
 
Mimohod za građanstvo će biti omogućen od 18 časova 4. oktobra do 17 časova narednog dana.
 
Petak 5. oktobar-
U 8.30 časova ujutru će sveštenstvo Saborne crkve dočekati Arhijereje nakon čega će se  služiti  Sveta Arhijerejska Liturgija.
 
U 17 časova nakon formiranja kolone započeće prenos posmrtnih ostataka Kneza Pavla, Kneginje Olge i Kneževića Nikole do njihovog večnog prebivališta u kripti Crkve sv. Đorđa na Oplencu. Planirano je da kolona stigne na Oplenac oko 17.45 časova, gde će se služiti Pomen.
 
Mimohod u Crkvi sv. Đorđa na Oplencu, počeće u 20 časova i trajati do ponoći, da bi se  ponovo nastavio u subotu 6.oktobra u 5 časova ujutru i trajao do 8 časova.
 
Subota 6. oktobar   
U Crkvi sv. Đorđa na Oplencu sa početkom u 10 časova Zaupokojenu liturgiju i parastos služiće Njegovo Preosveštenstvo Episkop australijsko-novozelandski Gospodin Irinej sa sveštenstvom Eparhije šumadijske.
 
Nakon crkvene službe, polaganja venaca i govora predsednika Tomislava Nikolića, Episkopa Irineja Dobrijevića, Kneza Aleksandra, Kneginje Jelisavete i Prestolonaslednika Aleksandra II, obaviće se i sam čin sahrane.
 
NJ.K.V. Prestolonaslednik Aleksandar i Princeza Katarina će ovim povodom prirediti prijem za porodicu, visoke zvaničnike, ambasadore i crkvene velikodostojnike u Belom dvoru u 20 časova.
 
 
 
 
 
 
PRESS ANNOUNCEMENT                          
 
 
 
THE TRANSFER OF THE REMAINS OF PR INCE PAUL, PR INCESS OLGA AND PR INCE NIKOLA
 
 
 
Belgrade, 4 October 2012 - Their Royal Highnesses Crown Prince Alexander II and Crown Princess Katherine with their sons, Hereditary Prince Peter and Prince Philip will attend the ceremony of transfer the remains of Prince Paul, Princess Olga, and their son Prince Nikola.
 
Their Royal Highnesses will attend the ceremonies that will take place on Thursday, 4 October at the Saborna Church and on Saturday, 6 October at the St George Church at Oplenac, which will be with full state honours conducted in the following manner:
 
Thursday, October 4
 
At 5.40 pm it is planned that a procession escorting the remains of TRH Prince Paul, Princess Olga and Prince Nikola will arrive in front of the Congregational Church in Belgrade, where the three coffins will be brought into the Church after the playing the National anthem of the Republic of Serbia. His Holiness Patriarch of Serbia Irinej, hierarchs and clergy of the Congregational Church will begin to serve a Holy Liturgy at 6 pm with chanting of the First Belgrade singing Society.
 
There will be present President of Serbia, H.E. Mr. Tomislav Nikolic, Serbian Prime Minister H.E. Mr. Ivica Dacic, Speaker of the Parliament H.E. Mr. Nebojsa Stefanovic, HRH Crown Prince Alexander , HRH Crown Princess Katherine, HRH Prince Vladimir, HRH Princess Elizabeth, HRH Prince Alexander, HRH Princess Barbara, HRH Prince Michael, HRH Prince George, HRH Princess Linda, HRH Princess Birgitta, Mrs. Catherine Oxenberg, as well as ministers from the Serbian government, members of the diplomatic corps, religious and other officials.
 
After serving of the Holy Liturgy and the Patriarch's speech, there will be a reception for high officials at the Patriarchate.
 
The walking past the coffin for citizens will be allowed from 6 pm on October 4, until 5 am the next day.
 
 
 
Friday, October 5
 
At 8:30 am  the clergy of the Congregational Church will be joined by Bishops and then the Holy Liturgy will be officiated.
 
At 5 pm The transfer of remains will start to the crypt of St. George Church in Oplenac  It is planned that column arrive at Oplenac around 5.45 pm, when a memorial service will be served.
 
Walking past the coffin for citizens at the St. George Church in Oplenac will begin at 8 pm and last until midnight, and then continue on Saturday, October 6 at 5 pm and last until 8 am.
 
Saturday, October 6
 
His Grace Bishop of Australia and New Zealand Irinej will serve a Holy Liturgy and requiem at the Church of St. George in Oplenac at 10.00 am.
 
After the Liturgy and the Requiem, laying wreaths and speeches of President Tomislav Nikolic, Bishop Irinej Dobrijevic, Prince Alexander, Princess Elizabeth and Crown Prince Alexander II, following the speeches the reburial will take place.
 
 
 
TRH Crown Prince Alexander and Crown Princess Katherine have organised a reception for this occasion for Family, high officials, church dignitaries and ambassadors at the White Palace on 8 pm.
 
 

Marina Kvržić
Kraljevski Dvor
Beograd 11040, Srbija 
Tel: +381 11 306 4010
Fax: +381 11 306 4040

Posetite www.PAfond.rs
Marina Kvržić
The Royal Palace
Belgrade 11040 , Serbia
Tel: +381 11 306 4010
Fax:+381 11 306 4040
Please visit: www.PAfond
 



Trst/Trieste 28/10: 1. CONCERTO per i 40. anni del Coro Partigiano

Ljubljana/Lubiana 11/11:  2. KONCERT za 40.letnico - 2. CONCERTO per i 40 anni


Si veda anche la nostra pagina sul Coro Partigiano Triestino "Pinko Tomažič":


=== Trst/Trieste 28/10:

Trst / Trieste, Domenica 28 ottobre 2012
18.00 fino a 20.30
@ Slovenski Kulturni dom

Tržaški Partizanski Pevski Zbor Pinko Tomažič

1. Koncert za 40.letnico - 1. Concerto per i 40 anni (premiera)

GUESTS:
Iztok Mlakar,
Vado Kreslin,
Mef,
Kraški Ovčarji,
Dirty Fingers,
Freak Waves,
ZPZ Kombinat Ljubljana,
Partizanski zbor Ljubljana,
Taborniki TS ...

SHOWMEN:
Gojmir Lešnjak - Gojc and Boris Kobal

evento FB: http://www.facebook.com/events/356891864333676/


=== Ljubljana/Lubiana 11/11:

Ljubljana, domenica 11 novembre 2012
ore 19.00
Cankarjev dom, Gallusova dvorana

Tržaški Partizanski Pevski Zbor Pinko Tomažič

2. Koncert za 40.letnico - 2. Concerto per i 40 anni






Gentile presidente Carlo Stasolla,
ringraziamo per la sua tempestiva risposta, che abbiamo pubblicato sul nostro sito internet assieme alla nostra Lettera:


Il giorno 14/ott/2012, alle ore 07.50, associazione 21 luglio ha scritto:

Cari amici del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia,

vi ringrazio per la vostra lettera e per il contributo alla riflessione che offrite.

Nell'organizzare l'evento "Pensare contro campo. Rom cittadini dell'Italia che verrà" abbiamo volutamente deciso di invitare come relatori anche coloro che, su alcune tematiche, la pensano in maniera differente da noi per fare della serata un momento di confronto aperto e critico. Per questo non abbiamo avuto dubbi nell'invitare, per esempio, il sindaco Gianni Alemanno o la vice sindaco di Roma Sveva Belviso, con i quali, sulla stessa questione rom, ci proviamo in posizioni diametralmente opposte. Gli stessi hanno declinato l'invito, probabilmente per sottrarsi al dibattito...

Riteniamo infatti che, per pensare al futuro, occorra prendere a piene mani quanto il passato ci offre, nel bene e nel male. Accoglieremo quanto i diversi relatori avranno da offrirci con la capacità, che riteniamo di avere, di recepire quanto sarà utile per la "causa rom" e di rigettare quanto non lo sarà.

Vi ringrazio ancora per aver espresso con questa lettera la vostra legittima posizione e vi porgo un cordiale saluto.

Carlo Stasolla


Il giorno 13 ottobre 2012 22:27, Coord. Naz. per la Jugoslavia <jugocoord@...> ha scritto:

MA LA MEMORIA DOVE STA?

Lettera Aperta all'Associazione 21 Luglio


Pensare Contro-campo. Rom, cittadini dell'Italia che verrà”. E’ un augurio per il futuro? Ma la memoria dove sta?

A tutti coloro che parteciperanno a questa iniziativa (1) in buona fede ed animati da senso civico e da autentico spirito di condivisione politica e sociale, a quelli che siederanno dietro al tavolo degli invitati, lunga lista di personalità autorevoli, a testimonianza della lotta “globale” per i diritti umani, per la tutela delle minoranze, per il rispetto e l’integrazione culturale... Agli amici rom e sinti, ai quali viene concesso uno spazio per esprimersi anche folkloristicamente, nella giornata romana che ricorda la deportazione degli ebrei.

Ma la memoria del danno arrecato a questi popoli dove sta?

La memoria della guerra, guerra che anticipa sempre queste ipocrite fasi di “ricongiungimento e ricostruzione”, dove sta? Che “società civile” è mai questa che vive sempre della miseria umana indotta dalle strategie di imperialismo geopolitico?

Il riconoscimento delle corresponsabilità politiche ed etiche di personaggi come la presidente del Senato Emma Bonino, che interverrà e parlerà a favore dell’eliminazione dei “campi monoetnici”, dov’è?

Eliminazione dei “campi monoetnici”, quali? Quelli che in questi giorni Alemanno si pregia di aver CHIUSO con centinaia di cartelloni pubblicitari sparsi per la città? Oppure quelli delle riserve indiane del Kosovo dove si respira solo piombo? La Bonino ha avuto forse mai il fegato di leggere qualcuno degli scritti o di vedere i reportage sui rom kosovari realizzati da Paul Polansky? (2) O di leggere il libro di Adem Bejzak sulla condizione dei rom kosovari in Italia e sulle cause del loro esilio? (3)

Quel minimo di dignità e di coerenza, di ammissione onesta delle colpevolezze, prima della riparazione del danno, dov’è?

Abbiamo dimenticato il ruolo della Bonino guerrafondaia, favorevole ai bombardamenti NATO sulla Jugoslavia del ‘99? Aviano, base di lancio dei cacciabombardieri: 78 giorni di violenti e micidiali bombardamenti sulla popolazione civile, sulle infrastrutture pubbliche e sulle fabbriche. Un delitto consapevole commesso ai danni dell’umanità, con l’uso dei proiettili all’uranio impoverito. Dopodiché, sotto lo sguardo complice di quasi 50.000 militari NATO, l’UCK pan-albanese terrorizza, perseguita, sequestra, uccide, espianta organi, contro non albanesi, serbi e rom, saccheggia e distrugge abitazioni. 200.000 persone spinte a rifugiarsi in una Serbia demolita, inquinata dalle bombe e assediata dall’embargo. Quanti rom kosovari tra di loro? E quanti rom kosovari hanno proseguito la loro fuga fino ad approdare in Italia? (4)

Sulle almeno 10 tonnellate (fonte NATO...) di uranio impoverito sparse in Kosovo, Emma Bonino nel marzo del 2007 dichiara: << Ora che anche gli scienziati cui si è appellata l' Unione europea sono giunti alla conclusione (...) che l'uranio impoverito "non ha effetti rilevabili sulla salute umana" a livelli limitati di esposizione (quali quelli registrati durante le operazioni della Nato in Kossovo) dove sono finiti tutti coloro - politici, giornalisti e presunti esperti di varia natura - che intorno alla questione uranio impoverito misero in scena una irresponsabile sceneggiata [sic] che confuse l'opinione pubblica e rischiò persino di inquinare i rapporti fra l'Italia e la Nato e quelli fra l'Unione europea e le nuove autorità di Belgrado? >> Alla Bonino non è mai capitato di attraversare i corridoi dell’ospedale di Kosovska Mitrovica pieni di leucemici e tiroidi impazzite, o di vedere sgretolarsi le ossa malate degli adolescenti cresciuti tra gli scheletri delle case del dopo bombe. D'altronde, Emma Bonino non disdegna nemmeno il fosforo bianco (5) nel perseguire i suoi obbiettivi geopolitici. 

Abbiamo dimenticato la conferenza di Rambouillet? Tra gli accompagnatori dei membri dell'UCK, come “consiglieri” della delegazione kosovaro-albanese, c’era anche Filippo di Robilant ex portavoce di Emma Bonino...

Abbiamo dimenticato le attuali drammatiche condizioni di apartheid dei rom in Kosovo, e dei serbi rimasti, causate dalla secessione su base "etnica" a seguito della proclamazione unilaterale di indipendenza nel 2008? "Indipendenza" (ri-colonizzazione) fortemente voluta da Emma Bonino. Ecco cosa scrisse sul Corriere della Sera (6): “In Commissione Crisi Internazionali [International Crisis Group] siamo convinti che un possibile scenario futuro debba includere una serie di iniziative politiche da parte di tutti i soggetti coinvolti”. Eh già, abbiamo dimenticato anche l'International Crisis Group, centro di potere, emanazione dei maggiori governi imperialisti o loro vassalli... Emma Bonino ne è membro accanto a un finanziatore del calibro di George Soros e a personaggi come Zbigniew Brzezinski, Morton Abramowitz, Wesley Clark, comandante in capo delle forze NATO nell'aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava.

La Bonino ha detto anche: “Entro la metà del 2005, l' Onu dovrà valutare l'impegno del governo del Kosovo rispetto alla democrazia e alla garanzia dei diritti umani”. Democrazia e garanzia dei diritti umani?? Quali?? Di chi?? Per quale parte di mondo??

A proposito di Soros. Nel 2004 la parlamentare europea Emma Bonino riceve l' Open Society Prize dalla Central European University (CEU) di Budapest, con il riconoscimento solenne di Mark Malloch Brown, amministratore dello United Nations Development Programme (UNDP), che dice di lei: “Per il suo contributo sostanziale agli ideali di una “società aperta” di cui ha dato prova nel corso di una prestigiosa carriera di militante ed attivista politica svolta all’insegna della nonviolenza attiva... Il suo impegno contro ogni discriminazione...” L’insigne parlamentare, non violenta, non arrampicatrice, simbolo di tolleranza, di indiscriminato rispetto delle libertà altrui... risponde, chiosando su mezzo mondo: “Ringrazio di cuore la Central European University e l' Open Society Institute per avermi onorato di questo premio che mi viene conferito, paradossalmente, con le stesse motivazioni con le quali alcuni paesi di stampo autoritario – Cina, Costa d’Avorio, Cuba, Federazione russa, Iran, Pakistan, Sudan, Vietnam, Zimbabwe - hanno chiesto l’espulsione del Partito Radicale Transnazionale dal Comitato Economico e Sociale dell’Onu”. 

E non è l'unico premio ricevuto da Emma Bonino: la leader radicale era stata insignita persino dell'Ordine del Principe Branimiro dallo Stato croato nel 2002 per il suo sostegno a un'altra secessione su base "etnica", quella della Croazia.

Ringraziando per l’attenzione, torniamo a chiedere: ma la memoria di tutto questo dove sta?



Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus

13 ottobre 2012


NOTE: 


(1) “Pensare Contro-campo. Rom, cittadini dell'Italia che verrà” è una iniziativa indetta dalla Associazione 21 Luglio per martedì 16 ottobre 2012:
Tra i relatori figura, incredibilmente, anche Emma Bonino.

(2) Statunitense di origine Ceca, ha lasciato gli USA durante la guerra in Vietnam. Da anni si dedica alla solidarietà ed alla controinformazione sulla condizione dei rom kosovari.
Si vedano le più recenti iniziative con lui organizzate in Italia:
o il suo testo "Negligenza Mortale":

(3) Adem Bejzak e Kristin Jenkins: UN NOMADISMO FORZATO
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia - Edizioni Archeoares, 2011

(4) Sulla condizione dei rom in Kosovo a seguito dei bombardamenti del 1999 e della instaurazione del regime razzista cogestito da UCK, NATO e UE si vedano alcuni materiali al nostro sito: https://www.cnj.it/AMICIZIA/rom.htm#kosovo  - https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm .
Si veda poi l'Appello al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al Parlamento Europeo ed al Governo italiano in merito ai profughi kosovari in Toscana:

(5) Intervista al Corriere della Sera, 15 febbraio 2006.

(6) Corriere della Sera, 28 gennaio 2005, titolo: “Belgrado si rassegni e accetti la sconfitta” (sic).





--
Carlo Stasolla
Presidente Associazione 21 luglio
Via Bassano del Grappa 24 - 00195 Rome, Italy
tel. 06.64491242 - 329.7922222
 





SULL'APARTHEID INSTAURATO DALLA NATO IN LIBIA CON LA COMPLICITA' DEGLI "ANTIRAZZISTI" ITALIANI

Libia, "è caccia ai migranti” 

fonte: Redattore sociale

L’allarme lanciato dalla Federazione internazionale dei diritti umani in occasione della presentazione del nuovo rapporto. “Sono vittime di arresti mirati, lavori forzati e condizioni di detenzione brutali” 

ROMA - Arresti mirati e discriminatori, lavori forzati e condizioni di detenzione brutali nei campi gestiti da ex ribelli fuori controllo: nella Libia del post Gheddafi è caccia ai migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana. La denuncia arriva “Libia: si ponga fine alla caccia ai migranti” presentato oggi a Bruxelles e a Yamoussoukro in Costa d’Avorio e realizzato dalla Federazione internazionale dei diritti umani (Fidh), Justice sans frontières pour les migrants (Jsfm) e Migreurop. Il rapporto è il risultato di un’inchiesta realizzata a giugno 2012 all’interno di 7 centri di detenzione a Tripoli, Bengasi e nella regione di Djebel Nafoussa che ha permesso di fare un bilancio sulle condizioni di vita dei migranti, riportando “violazioni flagranti e generalizzate dei diritti umani fondamentali”. Il conflitto, spiega il rapporto, ha provocato un esodo di massa di lavoratori migranti, ma la fase di ricostruzione ne sta attirando di nuovi. “Soltanto un’esigua minoranza cerca di raggiungere l’Europa - ha dichiarato Messaoud Romdhani, vice presidente della Lega tunisina dei diritti dell’uomo -. Si tratta essenzialmente di persone in fuga dai conflitti o dalla repressione nel Corno d’Africa che sono alla ricerca di una protezione internazionale che la Libia, che non ha ancora ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato e non ha alcun sistema d’asilo, non è in grado di offrire”. Un dato confermato, spiega il rapporto, dalla lista delle intercettazioni in mare effettuate dalla guardia costiera libica fornita alla delegazione: “Quasi la totalità delle persone intercettate sono potenziali rifugiati di origine somala o eritrea”. Per chi arriva in Libia dall’Africa Sub-sahariana, il rischio di finire dietro le sbarre è altissimo. “In Libia – spiega il rapporto -, gli stranieri considerati “illegali” rischiano di essere catturati ai check point o arrestati nelle loro abitazioni o luoghi di lavoro da gruppi di ex ribelli, al di fuori di qualsiasi controllo da parte delle autorità governative”. Arresti che avvengono in un contesto di razzismo radicato, come si legge nelle parole di un dirigente di un gruppo di ex ribelli: “La cosa più importante oggi è ‘ripulire’ il paese dagli stranieri che non sono in regola e mettere fine alle pratiche di Gheddafi che lasciava entrare molti africani in Libia. Non vogliamo più che queste persone portino qui malattie e criminalità”. Sono in migliaia, inoltre, i migranti detenuti nei campi gestiti dagli ex ribelli. “Le condizioni di vita in questi campi sono inumani e degradanti – spiega Sara Prestianni, membro di Migreurop e di Jsfm -. Le celle sono sovraffollate, le possibilità di uscire all’aria aperta eccezionali e i detenuti subiscono quotidianamente l’arbitrarietà e la brutalità delle guardie”. Alle violenze si aggiunge, poi, anche il lavoro forzato. “Abbiamo anche constatato che datori di lavoro esterni – racconta Geneviève Jacques, membro della presidenza internazionale della Fidh -, con la complicità delle guardie dei centri, reclutano i detenuti per lavorare nei cantieri o nei campi. I migranti non sanno per quanto tempo dovranno lavorare, né se saranno pagati”. Nei centri di detenzione, infine, la missione delle tre organizzazioni ha permesso di raccogliere le testimonianze di chi ha tentato di attraversare il mediterraneo verso l’Europa. “Le loro testimonianze inducono a supporre che i respingimenti verso la Libia proseguono in violazione delle norme internazionali – aggiunge il testo -. Il rapporto mostra ugualmente che la Libia è parte integrante del sistema europeo di esternalizzazione dei controlli di frontiera per impedire gli arrivi dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo sul territorio europeo e come questo sistema si stia rinnovando nel quadro dei negoziati in corso con le nuove autorità libiche”. Alle autorità dei paesi coinvolti, le tre organizzazioni chiedono un impegno concreto. Alle autorità libiche di porre fine agli arresti e alle detenzioni arbitrarie, di chiudere i centri di detenzione per migranti e di garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti. All’Unione europea, invece, di sospendere tutte le attività di cooperazione in materia migratoria con la Libia in assenza di misure che garantiscano la protezione dei diritti umani, di rinegoziare accordi di cooperazione nel pieno rispetto del diritto internazionale ed europeo relativo ai diritti umani e di rendere pubblici gli accordi, di mettere fine alle politiche di esternalizzazione dei controlli delle frontiere europee nei paesi vicini e, in particolare, in Libia. Ai paesi di provenienza dei migranti, infine, di vegliare sul rispetto dei diritti fondamentali dei loro cittadini in Libia e di assicurare la loro difesa e protezione in caso di violazione di questi diritti e la liberazione dei loro cittadini dai centri di detenzione. 



(italiano / english)

Imperialist Nobel Prize to "Europe"

1) Questo premio Nobel è una vergogna (C. Cernigoi)
2) Proposal: 2013 Nobel Peace Prize to NATO (D. Johnstone, J. Bricmont)
3) Nobel all'UE, 100mila carote al re di bastoni (F. Grimaldi)
4) The EU is not a “Person”: Violation of Alfred Nobel's Will (M. Chossudovsky)
5) SIDE STORY: Daniel Cohn-Bendit’s imperialist “For Europe” manifesto


See also / vedi anche:

Nobel un corno

The Nobel “Peace Prize”: A Front for NATO Warmongering

Nobel Hypocrisy Wins Again | Global Research
www.globalresearch.ca/nobel-hypocrisy-wins-again/5308113

EU Austerity Measures: Will the Nobel Prize Laureate use NATO to Collect Bad Debts?
www.globalresearch.ca/eu-austerity-measures...nobel-prize.../5308130


=== 1 ===

Questo premio Nobel è una vergogna

Sarò polemica. La storia dei premi Nobel per la pace, spesso attribuiti a persone che firmarono trattati di pace dopo avere condotto guerre ignobili (tutte le guerre sono ignobili, vero), basti pensare a Kissinger e Rabin, oppure a "dissidenti" dei Paesi dell'Est, per lo più in funzione anticomunista e filo-occidentale (come Walesa o Solgenitsin), non è una storia limpida.
E' scandaloso oggi assegnare il Nobel per la pace all'Unione europea, motivandolo con il fatto che per 60 anni si è assicurata la pace in Europa, senza considerare che le cosiddette "guerre balcaniche", ossia la dissoluzione della Jugoslavia, così come gli infami bombardamenti su ciò che della Jugoslavia rimaneva nel 1999, sono state effetto della politica imperialista degli stati membri dell'Unione europea che avevano bisogno di distruggere la Jugoslavia per poter portare avanti il loro progetto post-coloniale nell'Est europeo.
Oggi l'Unione europea non bombarda, come fece nel 1999 con la Jugoslavia, la Grecia, ma la vuole far morire di fame. E prevede di farlo con chi ancora non vorrà sottostare ai diktat della finanza.
Questo premio Nobel è una vergogna, un insulto a chi ancora oggi muore per l'uranio impoverito sganciato nei Balcani, ai cittadini dei paesi considerati a rischio dal FMI che non vedono un futuro accettabile davanti a sè. 

Claudia Cernigoi
Trieste


=== 2 ===

See also: Proposal: 2013 Nobel Peace Prize to NATO | Global Research
www.globalresearch.ca/proposal-2013-nobel-peace-prize-to-nato/
---

http://www.counterpunch.org/2012/10/12/an-immodest-proposal-for-the-nobel-peace-prize-committee/

Counterpunch
WEEKEND EDITION OCTOBER 12-14, 2012
NATO in 2013!
An Immodest Proposal for the Nobel Peace Prize Committee

by DIANA JOHNSTONE and JEAN BRICMONT


The Norwegian parliamentarians have just awarded the Nobel Peace Prize to the European Union.  Now, Norway is one of the few Western European countries that does not belong to the EU.  So we suspect that the Norwegians’ modesty held them back from nominating the organization which deep down they believe truly merits the prize, NATO, because they belong to it.  The self-effacing Norwegians may have feared that such a choice would seem to be awarding the Prize to themselves. So they gave the prize to the EU as a sort of substitute.

That is laudable, and shows how much the Norwegians adhere to our common Western values.

However, we maintain that false modesty should not stand in the way of rewarding genuine merit.  Therefore, we propose that all those who cherish our common values should unite behind this immodest proposal: award the 2013 Nobel Peace Prize to NATO!

The wise Norwegians justify their choice by pointing out that the European Union has promoted European integration.  But if one looks at the facts, it is clear that NATO has integrated even more countries than the EU, and continues to do so, well beyond the provincial limits of Western Europe.  The EU has integrated Europe by economic means, which even the Nobel committee admits are collapsing.  NATO, on the other hand, has used bombs and missiles, to win former Yugoslavia over to our values, whereas the EU lags behind.  NATO has used its naval and air forces to democratize Libya, whereas the European Union leaders only justified the operation with mere words.  And today, thanks to Turkey, NATO is actively involved in combating the Syrian dictator who murders his own people, while the EU still merely talks and sends money which it doesn’t have.

The Norwegians praise the EU for combating the evil of nationalism, which they fear is on the rise.  However, in all honesty, the EU contribution to this noble cause is paltry, involving only a few declining nations on the tip of the Eurasian continent.  How much more inspiring is NATO’s mission of combating nationalism by bringing its benevolent rule of democracy and human rights to the whole world!  It is only when all nations and nationalisms have been brought under the governance of Western values that true peace will finally reign over our planet.

On the eve of the hundredth anniversary of the outbreak of World War I, what could be more fitting than to award this prestigious Peace Prize to the organization that is truly ready and willing to END ALL WARS!

NATO in 2013!!!

Diana Johnstone can be reached at diana.josto@...

Jean Bricmont can be reached at jean.bricmont@...


=== 3 ===

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2012/10/nobel-allue-100mila-carote-al-re-di.html

DOMENICA 14 OTTOBRE 2012

NOBEL ALL'UE, 100MILA CAROTE AL RE DI BASTONI


“Per oltre sei decenni hanno contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in  Europa. (Motivazione del Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea. Jugoslavi, somali, iracheni, afghani, libici, siriani, da sottoterra o sottovita, si spellano le mani)

Quando si avvicinerà la fine dei tempi, gli uomini saranno ammaliati dal demonio e passeranno le loro giornate davanti a delle immagini tremolanti. (S.Giovanni, Apocalisse)

Ciò che pensiamo, o che sappiamo, o che crediamo e, in fondo, di scarsa rilevanza. E’ rilevante ciò che facciamo. (John Ruskin)

Nessuno ha fatto un errore più grande di colui che non ha fatto niente perché poteva solo fare poco. (Edmund Burke)

Io so che quando il grande potere menerà il colpo per dividere l’umanità in appena due fazioni opposte, io sarò dal lato della gente comune. (Che Guevara)

Unione Europea, premio Nobel per la Pace. Ovvio, no? Come diceva Tacito: “Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace”. E l’insegna dovrebbe abbagliarci, tanto da non farci accorgere che questa Unione di 27 cosche della criminalità organizzata in cravatta si va salutariamente disfacendo sotto la forza centrifuga di chi ha capito che la propria salvezza sta nella sovranità del suo Stato. Oggi. E forse, domani, in un’Europa liberata dalle élites e dai loro metodi. C’è chi con un Nobel ad assassini e bancarottieri fraudolenti si stupisce, si schernisce, nitrisce improperi. Perché mai? Qual è la sorpresa? Nobel l’Obama delle 7 guerre, degli elenchi degli assassinandi, dello stupro dei diritti civili e sociali a casa sua e fuori. Nobel Kissinger, che infilava dittatori necrofagi  nel corpo agonizzante dell’America Latina. Nobel Begin, che da terrorista stragista sotto mandato britannico è passato a killer seriale di arabi vicini e  lontani. Nobel Churchill, alla luce di quanto ha fatto con i gas nelle colonie dell’impero e col fosforo alle città tedesche. Nobel Aung San Suu Kyi, da vent’anni al servizio della Cia per vendere il suo paese alle multinazionali. Nobel retroattivi in vista a Gengis Khan, Hitler (che Oslo prese effettivamente in considerazione!), Goffredo di Buglione e a Landrù. Come potevano negare, in questo mondo da Lewis Carroll, un Nobel a chi ha mutilato il continente disintegrando la Jugoslavia, a chi si è impegnato nella decimazione degli afghani, libici, siriani, a chi, senza carote alcune, ma con la ricca varietà di bastoni del suo armamentario repressivo, sta conducendo una guerra all’ultimo sangue contro la propria società? Più Nobel della pace di così!
In dirittura d’arrivo per Oslo sono ora Draghi, Monti-Fornero-Saramas-Sarkozy-Hollande-Rajoy, tutti ex-equo. Se toccasse all’Italia, nessuno toglierebbe la precedenza a Napolitano Si vedrà chi, marciando sul tappeto di corpi serbi, afghani, iracheni, libici, siriani, palestinesi, affiancato dalle urne funebri del welfare e del diritto domestici, farà fuori più gente in eccedenza. Una bella gara. E’ già in vista il trampolino iraniano...

(continua su http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2012/10/nobel-allue-100mila-carote-al-re-di.html )


=== 4 ===

http://www.globalresearch.ca/the-eu-is-not-a-person-granting-the-nobel-prize-to-the-european-union-is-in-violation-of-alfred-nobels-will-2/5308142

The EU is not a “Person”: Granting the Nobel Prize to the European Union is in Violation of Alfred Nobel’s Will

Global Research, October 13, 2012

This year’s Nobel Peace Prize was granted to the European Union (EU) for its relentless contribution to “the advancement of peace and reconciliation, democracy and human rights in Europe.”

While the EU’s contribution to peace is debatable, the key issue is whether a union of nation states, which constitutes a political, economic, monetary and fiscal entity is an “eligible candidate” for the Peace Prize, in accordance with the mandate of the Norwegian Committee.

The Olympic Games are “granted” to countries. But the Nobel Peace Prize cannot under any stretch of the imagination be granted to a nation-state, let alone a union of nation states.

The Norwegian Nobel Committee has a responsibility to ascertain “the eligibility of candidates” in accordance with the Will of Alfred Bernhard Nobel (Paris, 27 November, 1895).

“The whole of my remaining realizable estate shall be dealt with in the following way: the capital, invested in safe securities by my executors, shall constitute a fund, the interest on which shall be annually distributed in the form of prizes to those who, during the preceding year, shall have conferred the greatest benefit to mankind….

The said interest shall be divided into five equal parts, which shall be apportioned as follows: one part to the person who shall have made the most important discovery or invention within the field of physics; one part to the person who shall have made the most important chemical discovery or improvement; one part to the person who shall have made the most important discovery within the domain of physiology or medicine; one part to the person who shall have produced in the field of literature the most outstanding work in an ideal direction; and one part to the person who shall have done the most or the best work for fraternity between nations, for the abolition or reduction of standing armies and for the holding and promotion of peace congresses. …

[F]or champions of peace [the prize will be awarded] by a committee of five persons to be elected by the Norwegian Storting. It is my express wish that in awarding the prizes no consideration whatever shall be given to the nationality of the candidates, but that the most worthy shall receive the prize, whether he be a Scandinavian or not.

Will of Alfred Bernhard Nobel, November 27, 1895, emphasis added

The conditions set out in Alfred Nobel’s Will have been twisted upside down.

Nobel’s Will is crystal clear. The five prizes are to be granted to “persons”. (See complete list of laureates)

Since its inception, however, several of the prizes have been granted to both “persons” and organizations/institutions to which they are affiliated as in the case of Henry Dunand (Red Cross) or Mohamed ElBaradei, UN International Atomic Energy Organization (IAEA). In other cases, the prize was granted as to “organizations” consisting of a collective of persons (e.g. UN Intergovernmental Panel on Climate Change).

The granting of the Nobel Prize to the European Union, which is a political entity, a union of nation states, is visibly in blatant violation of Alfred Nobel’s Will.

Theater of the Absurd

The European Union cannot under any stretch of the imagination be categorized as a “person”, “a group of persons” or even an “organization”. Moreover, implied in Nobel’s Will is that the candidates must be citizens without regard to nationality:

“It is my express wish that in awarding the prizes no consideration whatever shall be given to the nationality of the candidates, but that the most worthy shall receive the prize, whether he be a Scandinavian or not.(Alfred Nobel’s Will, Paris, 1895)

The European Union is a union of nation states composed of citizens.

The EU cannot be a citizen of itself, nor does the EU have a nationality.

Citizens of the EU are “eligible candidates” but the EU cannot be “an eligible candidate”.

Moreover, it stands to reason that “eligible candidates” for the Peace prize who are “persons” cannot reasonably be evaluated, compared or ranked by the Norwegian selection committee in relation to the European Union, which is a “non-person”, namely a union of countries.

This an important consideration: How does the candidacy of the EU “compare” to “other” distinguished 2012 nominees who are actual “persons”? “Oranges versus apples?

According to the procedure, a short list of nominees “is reviewed by permanent advisers and advisers specially recruited for their knowledge of specific candidates.” And based on this review, the Peace Laureate is chosen, through a majority vote of the five persons Norwegian Committee.

The prize consists of “a medal, a personal diploma, and a cash award.” Theater of the absurd: A “personal diploma” to the European Union and “a cash award”, for what, to whom? To finance the EU’s budget deficit, its bank bailout schemes?

The decision of the Norwegian Nobel Committee is diabolical and illegal, in blatant violation of its mandate.

_______

Full text of Alfred Nobel’s Will

I, the undersigned, Alfred Bernhard Nobel, do hereby, after mature deliberation, declare the following to be my last Will and Testament with respect to such property as may be left by me at the time of my death:

To my nephews, Hjalmar and Ludvig Nobel, the sons of my brother Robert Nobel, I bequeath the sum of Two Hundred Thousand Crowns each;

To my nephew Emanuel Nobel, the sum of Three Hundred Thousand, and to my niece Mina Nobel, One Hundred Thousand Crowns;

To my brother Robert Nobel’s daughters, Ingeborg and Tyra, the sum of One Hundred Thousand Crowns each;

Miss Olga Boettger, at present staying with Mrs Brand, 10 Rue St Florentin, Paris, will receive One Hundred Thousand Francs;

Mrs Sofie Kapy von Kapivar, whose address is known to the Anglo-Oesterreichische Bank in Vienna, is hereby entitled to an annuity of 6000 Florins Ö.W. which is paid to her by the said Bank, and to this end I have deposited in this Bank the amount of 150,000 Fl. in Hungarian State Bonds;

Mr Alarik Liedbeck, presently living at 26 Sturegatan, Stockholm, will receive One Hundred Thousand Crowns;

Miss Elise Antun, presently living at 32 Rue de Lubeck, Paris, is entitled to an annuity of Two Thousand Five Hundred Francs. In addition, Forty Eight Thousand Francs owned by her are at present in my custody, and shall be refunded;

Mr Alfred Hammond, Waterford, Texas, U.S.A. will receive Ten Thousand Dollars;

The Misses Emy and Marie Winkelmann, Potsdamerstrasse, 51, Berlin, will receive Fifty Thousand Marks each;

Mrs Gaucher, 2 bis Boulevard du Viaduc, Nimes, France will receive One Hundred Thousand Francs;

My servants, Auguste Oswald and his wife Alphonse Tournand, employed in my laboratory at San Remo, will each receive an annuity of One Thousand Francs;

My former servant, Joseph Girardot, 5, Place St. Laurent, Châlons sur Saône, is entitled to an annuity of Five Hundred Francs, and my former gardener, Jean Lecof, at present with Mrs Desoutter, receveur Curaliste, Mesnil, Aubry pour Ecouen, S.& O., France, will receive an annuity of Three Hundred Francs;

Mr Georges Fehrenbach, 2, Rue Compiègne, Paris, is entitled to an annual pension of Five Thousand Francs from January 1, 1896 to January 1, 1899, when the said pension shall discontinue;

A sum of Twenty Thousand Crowns each, which has been placed in my custody, is the property of my brother’s children, Hjalmar, Ludvig, Ingeborg and Tyra, and shall be repaid to them.

The whole of my remaining realizable estate shall be dealt with in the following way: the capital, invested in safe securities by my executors, shall constitute a fund, the interest on which shall be annually distributed in the form of prizes to those who, during the preceding year, shall have conferred the greatest benefit to mankind. The said interest shall be divided into five equal parts, which shall be apportioned as follows: one part to the person who shall have made the most important discovery or invention within the field of physics; one part to the person who shall have made the most important chemical discovery or improvement; one part to the person who shall have made the most important discovery within the domain of physiology or medicine; one part to the person who shall have produced in the field of literature the most outstanding work in an ideal direction; and one part to the person who shall have done the most or the best work for fraternity between nations, for the abolition or reduction of standing armies and for the holding and promotion of peace congresses. The prizes for physics and chemistry shall be awarded by the Swedish Academy of Sciences; that for physiological or medical work by the Caroline Institute in Stockholm; that for literature by the Academy in Stockholm, and that for champions of peace by a committee of five persons to be elected by the Norwegian Storting. It is my express wish that in awarding the prizes no consideration whatever shall be given to the nationality of the candidates, but that the most worthy shall receive the prize, whether he be a Scandinavian or not.

As Executors of my testamentary dispositions, I hereby appoint Mr Ragnar Sohlman, resident at Bofors, Värmland, and Mr Rudolf Lilljequist, 31 Malmskillnadsgatan, Stockholm, and at Bengtsfors near Uddevalla. To compensate for their pains and attention, I grant to Mr Ragnar Sohlman, who will presumably have to devote most time to this matter, One Hundred Thousand Crowns, and to Mr Rudolf Lilljequist, Fifty Thousand Crowns;

At the present time, my property consists in part of real estate in Paris and San Remo, and in part of securities deposited as follows: with The Union Bank of Scotland Ltd in Glasgow and London, Le Crédit Lyonnais, Comptoir National d’Escompte, and with Alphen Messin & Co. in Paris; with the stockbroker M.V. Peter of Banque Transatlantique, also in Paris; with Direction der Disconto Gesellschaft and Joseph Goldschmidt & Cie, Berlin; with the Russian Central Bank, and with Mr Emanuel Nobel in Petersburg; with Skandinaviska Kredit Aktiebolaget in Gothenburg and Stockholm, and in my strong-box at 59, Avenue Malakoff, Paris; further to this are accounts receivable, patents, patent fees or so-called royalties etc. in connection with which my Executors will find full information in my papers and books.

This Will and Testament is up to now the only one valid, and revokes all my previous testamentary dispositions, should any such exist after my death.

Finally, it is my express wish that following my death my veins shall be opened, and when this has been done and competent Doctors have confirmed clear signs of death, my remains shall be cremated in a so-called crematorium.

Paris, 27 November, 1895

Alfred Bernhard Nobel


That Mr Alfred Bernhard Nobel, being of sound mind, has of his own free will declared the above to be his last Will and Testament, and that he has signed the same, we have, in his presence and the presence of each other, hereunto subscribed our names as witnesses:

Sigurd Ehrenborg
former Lieutenant
Paris: 84 Boulevard Haussmann

R. W. Strehlenert
Civil Engineer
4, Passage Caroline

Thos Nordenfelt
Constructor
8, Rue Auber, Paris

Leonard Hwass
Civil Engineer
4, Passage Caroline

---
Copyright © 2012 Global Research



=== 5 ===



Daniel Cohn-Bendit’s imperialist “For Europe” manifesto


By Peter Schwarz 
12 October 2012


Daniel Cohn-Bendit and Guy Verhofstadt have written a joint manifesto titled “For Europe”, which argues for a strong European Union and a federal Europe with a powerful central government. The manifesto is to be distributed as a book in multiple languages.

Born in 1945, Cohn-Bendit is chairman of the Green Group in the European Parliament and was one of the most prominent figures in the student revolt in France in 1968. Verhofstadt, born in 1953, was Belgian prime minister from 1999 to 2008 and now heads the liberal group in the European Parliament, which includes the German free-market Free Democratic Party (FDP).

The most remarkable element of the manifesto is not its advocacy of a federal Europe with a strong executive—such notions have been commonplace within bourgeois circles since the birth of the EU project. What is striking is the manner in which Cohn-Bendit and Verhofstadt largely dispense with linking this demand to calls for peace and prosperity. Instead they argue bluntly for Europe as an imperialist superpower. In their opinion austerity and militarism are the necessary price to achieve this goal.

On the very first page, Cohn-Bendit and Verhofstadt justify their commitment to a strong European Union by declaring: “We must more emphatically defend our interests against economic and political great powers of the calibre of China, India, Brazil, Russia or the United States.”

This is the theme that reoccurs through the entire manifesto. Another passage reads: “In just 25 years no European country will be counted among the powers that determine world affairs.” A “strong and united Europe”, however, would now and tomorrow, be “the most powerful and wealthiest continent in the world, richer than America, more powerful than all of the new empires combined.”

The authors of the manifesto do not lose a word on the plight of millions of Greeks, Portuguese, Irish and Spaniards, whose livelihoods are currently being destroyed in the name of defending the euro and the EU. They consider EU austerity diktats as essential “to secure our place in the world—whatever it takes.”

“A currency cannot be maintained without solidarity and discipline”, they write, and call for dictatorial powers for the European Commission: “We need ... common institutions with the power to outline economic, budgetary and tax policy for the entire euro zone. Institutions with the tools to really enforce the implementation of the rules of the game, without member states impeding them.”

Cohn-Bendit and Verhofstadt also regard military interventions as essential to secure “our position in the world.” This is not only apparent from their demand for a joint European army, but also from their praise for the new UN doctrine, the “responsibility to protect.” This has “ushered in a new era, extending the sovereignty of international law and human rights far beyond nation-states,” they write.

The concept of the “responsibility to protect” serves as a justification for the US and its allies to militarily attack sovereign nations and force regime change in their own interests. The war against Libya was justified on such grounds, and the same concept is now being used to urge a direct intervention against Syria. Cohn-Bendit and Verhofstadt have supported both. They justify such imperialist violence with the need to spread “human rights, freedom and democracy”. Their language is strongly reminiscent of the “civilizing mission” of British imperialism, used to justify the brutal subjugation of India and Africa.

In order to lend some credibility to their plea for a more powerful European Union, Cohn-Bendit and Verhofstadt raise the spectre of nationalism. They evoke the two world wars, which brought “persecution, broken families, the extinction of minorities, countries in ruins and cities bombed to the ground” and warn: “Sooner or later nationalism always leads to the same tragedy.”

They deliberately ignore the fact that it is EU policy that has strengthened centrifugal tendencies in Europe. The destruction of millions of livelihoods by the social cuts ordered by Brussels—with the full support of the social democrats, Greens and trade unions—plays into the hands of right-wing, nationalist forces. Neo-fascist groups are also able to exploit the policy of European authorities intent on setting up new barriers against immigrants and intensifying the persecution of refugees.

The subjugation of Europe to the dictates of the most powerful financial and economic interests through a strengthening of the EU and the growth of nationalism are two sides of the same coin. Often, the proponents of both positions are to be found in the same political camp, as it is the case in Germany where the spectrum inside the ruling coalition extends from vehement nationalists to resolute supporters of the EU.

The real political dividing line in Europe is not between EU supporters and nationalists but along social divisions—between the ruling elite which is amassing huge fortunes and driving the continent into disaster and war, and the working class which is being subjected to unceasing attacks on its social and democratic rights.

A relapse into dictatorship and war in Europe can only be avoided by working people closing ranks across borders, expropriating the ruling elite and establishing Europe on a socialist basis. This requires an uncompromising struggle against the EU and its institutions.

Cohn-Bendit and Verhofstadt, both fierce anti-communists, combat such a perspective. Their manifesto aligns communism with fascism and Nazism and includes it among the “enemies of freedom.”

It is no surprise that a free-market liberal such as Verhofstadt defends such views. As for Cohn-Bendit, however, he still retains a whiff of the rebel “Danny the Red” from his student days. In fact, his commitment to imperialism is nothing new. In 1999, when his long-time friend and companion Joschka Fischer—at that time German foreign minister—agitated for the participation of the German army in the war against Yugoslavia Cohn-Bendit was his most energetic defender in overcoming pacifist opposition inside the Green Party.

Cohn-Bendit embodies those layers of the middle class whose principal aim in 1968 was to expand their own potential for individual advancement and who despised the working class. Under the influence of anti-Marxist theories they regarded the working class as a backward mass, in the thrall of consumerism. When—to their big surprise—French workers intervened in May and paralyzed the country with a general strike, occupying factories and bringing the government of General de Gaulle to the brink of collapse, they reacted with shock and turned rapidly to the right.

Passing through various anarchist, Maoist and pseudo-Marxist groups they commenced a “march through the institutions”, enabling them to make a career and obtain lucrative posts. Not a small number of such former anarchists, Maoists and other “leftists” now occupy leading positions in the boardrooms of the EU, European governments and the established parties—functioning as pillars of the ruling order. Cohn-Bendit is just one of them, althoug

(Message over 64 KB, truncated)



MA LA MEMORIA DOVE STA?

Lettera Aperta all'Associazione 21 Luglio


Pensare Contro-campo. Rom, cittadini dell'Italia che verrà”. E’ un augurio per il futuro? Ma la memoria dove sta?

A tutti coloro che parteciperanno a questa iniziativa (1) in buona fede ed animati da senso civico e da autentico spirito di condivisione politica e sociale, a quelli che siederanno dietro al tavolo degli invitati, lunga lista di personalità autorevoli, a testimonianza della lotta “globale” per i diritti umani, per la tutela delle minoranze, per il rispetto e l’integrazione culturale... Agli amici rom e sinti, ai quali viene concesso uno spazio per esprimersi anche folkloristicamente, nella giornata romana che ricorda la deportazione degli ebrei.

Ma la memoria del danno arrecato a questi popoli dove sta?

La memoria della guerra, guerra che anticipa sempre queste ipocrite fasi di “ricongiungimento e ricostruzione”, dove sta? Che “società civile” è mai questa che vive sempre della miseria umana indotta dalle strategie di imperialismo geopolitico?

Il riconoscimento delle corresponsabilità politiche ed etiche di personaggi come la presidente del Senato Emma Bonino, che interverrà e parlerà a favore dell’eliminazione dei “campi monoetnici”, dov’è?

Eliminazione dei “campi monoetnici”, quali? Quelli che in questi giorni Alemanno si pregia di aver CHIUSO con centinaia di cartelloni pubblicitari sparsi per la città? Oppure quelli delle riserve indiane del Kosovo dove si respira solo piombo? La Bonino ha avuto forse mai il fegato di leggere qualcuno degli scritti o di vedere i reportage sui rom kosovari realizzati da Paul Polansky? (2) O di leggere il libro di Adem Bejzak sulla condizione dei rom kosovari in Italia e sulle cause del loro esilio? (3)

Quel minimo di dignità e di coerenza, di ammissione onesta delle colpevolezze, prima della riparazione del danno, dov’è?

Abbiamo dimenticato il ruolo della Bonino guerrafondaia, favorevole ai bombardamenti NATO sulla Jugoslavia del ‘99? Aviano, base di lancio dei cacciabombardieri: 78 giorni di violenti e micidiali bombardamenti sulla popolazione civile, sulle infrastrutture pubbliche e sulle fabbriche. Un delitto consapevole commesso ai danni dell’umanità, con l’uso dei proiettili all’uranio impoverito. Dopodiché, sotto lo sguardo complice di quasi 50.000 militari NATO, l’UCK pan-albanese terrorizza, perseguita, sequestra, uccide, espianta organi, contro non albanesi, serbi e rom, saccheggia e distrugge abitazioni. 200.000 persone spinte a rifugiarsi in una Serbia demolita, inquinata dalle bombe e assediata dall’embargo. Quanti rom kosovari tra di loro? E quanti rom kosovari hanno proseguito la loro fuga fino ad approdare in Italia? (4)

Sulle almeno 10 tonnellate (fonte NATO...) di uranio impoverito sparse in Kosovo, Emma Bonino nel marzo del 2007 dichiara: << Ora che anche gli scienziati cui si è appellata l' Unione europea sono giunti alla conclusione (...) che l'uranio impoverito "non ha effetti rilevabili sulla salute umana" a livelli limitati di esposizione (quali quelli registrati durante le operazioni della Nato in Kossovo) dove sono finiti tutti coloro - politici, giornalisti e presunti esperti di varia natura - che intorno alla questione uranio impoverito misero in scena una irresponsabile sceneggiata [sic] che confuse l'opinione pubblica e rischiò persino di inquinare i rapporti fra l'Italia e la Nato e quelli fra l'Unione europea e le nuove autorità di Belgrado? >> Alla Bonino non è mai capitato di attraversare i corridoi dell’ospedale di Kosovska Mitrovica pieni di leucemici e tiroidi impazzite, o di vedere sgretolarsi le ossa malate degli adolescenti cresciuti tra gli scheletri delle case del dopo bombe. D'altronde, Emma Bonino non disdegna nemmeno il fosforo bianco (5) nel perseguire i suoi obbiettivi geopolitici. 

Abbiamo dimenticato la conferenza di Rambouillet? Tra gli accompagnatori dei membri dell'UCK, come “consiglieri” della delegazione kosovaro-albanese, c’era anche Filippo di Robilant ex portavoce di Emma Bonino...

Abbiamo dimenticato le attuali drammatiche condizioni di apartheid dei rom in Kosovo, e dei serbi rimasti, causate dalla secessione su base "etnica" a seguito della proclamazione unilaterale di indipendenza nel 2008? "Indipendenza" (ri-colonizzazione) fortemente voluta da Emma Bonino. Ecco cosa scrisse sul Corriere della Sera (6): “In Commissione Crisi Internazionali [International Crisis Group] siamo convinti che un possibile scenario futuro debba includere una serie di iniziative politiche da parte di tutti i soggetti coinvolti”. Eh già, abbiamo dimenticato anche l'International Crisis Group, centro di potere, emanazione dei maggiori governi imperialisti o loro vassalli... Emma Bonino ne è membro accanto a un finanziatore del calibro di George Soros e a personaggi come Zbigniew Brzezinski, Morton Abramowitz, Wesley Clark, comandante in capo delle forze NATO nell'aggressione alla Repubblica Federale Jugoslava.

La Bonino ha detto anche: “Entro la metà del 2005, l' Onu dovrà valutare l'impegno del governo del Kosovo rispetto alla democrazia e alla garanzia dei diritti umani”. Democrazia e garanzia dei diritti umani?? Quali?? Di chi?? Per quale parte di mondo??

A proposito di Soros. Nel 2004 la parlamentare europea Emma Bonino riceve l' Open Society Prize dalla Central European University (CEU) di Budapest, con il riconoscimento solenne di Mark Malloch Brown, amministratore dello United Nations Development Programme (UNDP), che dice di lei: “Per il suo contributo sostanziale agli ideali di una “società aperta” di cui ha dato prova nel corso di una prestigiosa carriera di militante ed attivista politica svolta all’insegna della nonviolenza attiva... Il suo impegno contro ogni discriminazione...” L’insigne parlamentare, non violenta, non arrampicatrice, simbolo di tolleranza, di indiscriminato rispetto delle libertà altrui... risponde, chiosando su mezzo mondo: “Ringrazio di cuore la Central European University e l' Open Society Institute per avermi onorato di questo premio che mi viene conferito, paradossalmente, con le stesse motivazioni con le quali alcuni paesi di stampo autoritario – Cina, Costa d’Avorio, Cuba, Federazione russa, Iran, Pakistan, Sudan, Vietnam, Zimbabwe - hanno chiesto l’espulsione del Partito Radicale Transnazionale dal Comitato Economico e Sociale dell’Onu”. 

E non è l'unico premio ricevuto da Emma Bonino: la leader radicale era stata insignita persino dell'Ordine del Principe Branimiro dallo Stato croato nel 2002 per il suo sostegno a un'altra secessione su base "etnica", quella della Croazia.

Ringraziando per l’attenzione, torniamo a chiedere: ma la memoria di tutto questo dove sta?



Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus

13 ottobre 2012


NOTE: 


(1) “Pensare Contro-campo. Rom, cittadini dell'Italia che verrà” è una iniziativa indetta dalla Associazione 21 Luglio per martedì 16 ottobre 2012:
Tra i relatori figura, incredibilmente, anche Emma Bonino.

(2) Statunitense di origine Ceca, ha lasciato gli USA durante la guerra in Vietnam. Da anni si dedica alla solidarietà ed alla controinformazione sulla condizione dei rom kosovari.
Si vedano le più recenti iniziative con lui organizzate in Italia:
o il suo testo "Negligenza Mortale":

(3) Adem Bejzak e Kristin Jenkins: UN NOMADISMO FORZATO
...di guerra in guerra... Racconti rom dal Kosovo all'Italia - Edizioni Archeoares, 2011

(4) Sulla condizione dei rom in Kosovo a seguito dei bombardamenti del 1999 e della instaurazione del regime razzista cogestito da UCK, NATO e UE si vedano alcuni materiali al nostro sito: https://www.cnj.it/AMICIZIA/rom.htm#kosovo  - https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm .
Si veda poi l'Appello al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al Parlamento Europeo ed al Governo italiano in merito ai profughi kosovari in Toscana:

(5) Intervista al Corriere della Sera, 15 febbraio 2006.

(6) Corriere della Sera, 28 gennaio 2005, titolo: “Belgrado si rassegni e accetti la sconfitta” (sic).




Stefan Simić: BAJKA O JEDNOJ IZGUBLJENOJ ZEMLJI  / FIABA DI UN PAESE PERDUTO


=== italiano ===


FIABA DI UN PAESE PERDUTO


Che io sia nato troppo tardi o che lei si sia dissolta troppo presto, in ogni caso sto studiando la geografia della vecchia Jugoslavia in ritardo... Navigo nell'Adriatico, mi arrampico sulla Kozara, a Tuzla ho incontrato per la prima volta l'Islam e la feredja, con una ragazza macedone ho corso lungo la riva e per le vie di Spalato; poi sono giunto a Cattaro, nella Città Vecchia. Molto lentamente compongo il mosaico in una catena di ricordi, mettendo in ordine un ricordo dietro all'altro.

Era un paese bellissimo, dico cosi, perchè tutte le fiabe durano poco. Anche questa nostra, la fiaba jugoslava. Sarebbe molto difficile riuscire ad abbracciare tutto ciò in una vita intera, come farlo nel racconto di un ventenne qualsiasi? Come domare quello spirito nobile, come renderlo chiaro in poche frasi senza rimembrare tutte le persone, tutte le città e tutti i paesi, come toccare quel fiore di un tempo in cui ancora inalava passione e non sciupare proprio nulla della sua bellezza, né del suo significato?

In breve, mi sono voluto informare su Krleža, ho ascoltato i canti di sevdah - le sevdalinke, ho riso per le allegre musiche e danze del beciaraz, ho provato a mangiare con gusto quelle specialità dalmate dai nomi impronunciabili, mi sono divertito con giuochi folkloristici, mi sono lasciato cullare della bellezza incantevole di tutte quelle donne e ho litigato con me stesso su quale di loro sia la più bella...

Ho sentito parlare dello Stradun, della Baš Čaršija, di Piazza Ban Jelačić; ma almeno l'ho sentito, e qualche cosa di tutto ciò l'ho pure vista con i miei occhi, ho trascorso lì i fine settimana, e qualcuno di quei posti si è rallegrato per la mia venuta cosicché custodisco molti ricordi lieti - ma che cosa ne sarà di questi nuovi bambini, dei bambini che verranno? Bambini che prima di tutto impareranno ad odiare e a rifiutare, bambini che possono elencare i posti dove vorrebbero andare e quelli dove non si va. E alla fine non vanno da nessuna parte... Per loro sono più importanti certi personaggi inesistenti che non la loro storia, sono più importanti le ricerche su Miami, sui robot, sugli abitanti di Marte, più importanti di quei posti dove sono cresciute generazioni intere, le generazioni dei loro padri e dei loro nonni. Per loro è più importante la Lady Gaga della loro stessa nonna.

Visto che gli jugoslavi sono sempre di meno, i postjugoslavi sono sempre di più. Sono affezionato a quella gente che mi fa ricordare la fratellanza e l'unità, i campi estivi della gioventù dove si lavorava, la passione per la ricostruzione di una società, la fede nella gente, la fede nell'uomo... Mi fanno ricordare la vita di quando non era vergognoso essere albanese a Belgrado, quando era un onore innamorarsi di una ragazza di Spalato, quando per farsi i complimenti si onorava quello che non è tuo. Molto lentamente vado mettendo insieme una «mia» vecchia Jugoslavia in miniatura, e, almeno in modo fittizio, ne sto diventando un abitante...

Dapprima i miei racconti sono giunti in tutte quelle città, e poi sono arrivato io, in ritardo. Ne evinco che tutti noi leggiamo gli stessi autori, che ci innamoriamo nella stessa maniera, che ci piace la stessa musica, che combattiamo contro le stesse identiche cose, e il con sorriso sulle labbra cerchiamo di imitare gli stessi dialetti. Ho capito che anche laggiù i fiori hanno lo stesso odore di qui, che si cantano le stesse canzoni, che si vanno a vedere gli stessi film, ma che nonostante tutto questo, nel nostro profondo, rimangono nascosti certi malintesi, che non sono per colpa nostra, di noi, generazioni recenti, che purtroppo li stiamo scontando, eccome! E in futuro sarà anche peggio...

Anche se mille volte ho detto ai miei amici che non mi sono sentito mai straniero a Osijek, né a Podgorica, né a Zagabria, né a Vukovar... Ho mentito. La paura si avverte nell'aria. Il subcosciente è una strana palude che lascia emergere tutto in superficie. Allora vedi anche quello che non c'è. I confini sono artificiali, ma i confini proprio perché sono confini confinano, limitano...

I miei, qui, mi hanno seppellito preventivamente, quando mi sono diretto in Croazia, mi hanno accompagnato impauriti come se partissi per chi sa dove... Anche se la guerra è finita da tempo, la guerra dura ancora nelle teste della gente...

Delle volte mi chiedo: per chi hanno perso la vita tutti quegli eroi caduti sognando una società davvero umana e la libertà? Immagina soltanto le gare, i giochi degli operai, la possibilità di dormire dove vuoi, la facilità di transitare in questo spazio, l'amore verso l'altro, verso il diverso. E che cosa abbiamo oggi? Masnade di degenerati spersonalizzati, il profitto come principio supremo, l'interesse come segno di riconoscimento, il dubbio in tutto ciò che ci circonda, la paura, gli eccessi, l'ingordigia, l'invidia. Abbiamo orde di cretini drogati, che camminano sulla terra come su un deposito d'immondizia, cercando le cose da utilizzare ancora e le cose da buttare e rottamare.

Fu difficile costruire tutto ciò che si fece, pacificare il non pacificabile, e fu molto facile romperlo, distruggerlo, usare coltelli ben affilati e tramutare uno dei paesi più civili in uno dei più barbari.

Quante celebrità sono state distrutte e quanti personaggi di fama internazionale ridotti al livello locale. Parliamo del culto degli attori Ljuba Tadić, Bekim Fehmiu, Šovagović, Šerbedžija, di Mija e di Čkalja, di Bata e di Boris Dvornik. Della fama di musicisti come Ivo Robić, Ibrica Jusić, Đordže Marijanović, o del gruppo Korni, degli Indexi, del Bijelo dugme (Bottone bianco). Di celebri scrittori, a partire da Andrić, Selimović, Kiš, Pekić... Della fama di sportivi come Duči Simonović, Mirza, Ćosić, Džaja. Esisteva a quel tempo la fama ed il culto per i lavoratori, per l’onestà, per la lotta per il bene comune, il culto dell’uomo, dell’umanità...

La Jugoslavia evidentemente non ha potuto resistere, come non può resistere alcun grande sogno.

La saggezza di una generazione è stata distrutta dall’altra e la terza generazione ha infranto e rotto tutto, riducendolo in piccole parti, e dopo le ha svendute sottocosto, come se fosse roba altrui, come se mai fosse esistito nulla... Già da anni si affilano i coltelli, l'uno odia l’altro... A guardare da questa distanza, sembra proprio irreale che questa gente sia vissuta in pace, sotto lo stesso tetto, e che abbia conquistato il mondo unita. Oggi ci stiamo svendendo un po’ per volta a questo stesso mondo! Uno vende le isole, l'altro vende le fabbriche, uno la ricchezza mineraria e tutti in eguale misura ci vendiamo reciprocamente. Ciascuno con orgoglio porta al tavolo tutto ciò che possiede, rinunciando all’elementare dignità umana...

Abbiamo creduto di lottare per noi in tutti questi anni, mentre in realtà lottavamo per loro. Quando abbiamo pensato di diventare più forti, in realtà diventavamo sempre più deboli, e quando eravamo più vicini alla vittoria, in realtà perdevamo sempre di più, le perdite diventavano sempre più gravi, mentre non abbiamo avuto alcun presentimento della sconfitta che ci aspettava...

Lo spirito dei collaborazionisti, dei cetnizi e degli ustascia, sta di nuovo venendo a galla. Invece di cercare di costruire il futuro, cerchiamo i particolari più oscuri del passato, enumeriamo gli odii degli altri, dimenticando le amicizie proprie. Invece di cercare il più bello, cerchiamo il più brutto. Invece di cercare l’amore, cerchiamo le cause per odiare. Se non riusciamo a trovare nulla, allora inventiamo, aggiungiamo, aumentiamo...

Capita così, quando ciascuno pensa di se di aver ragione: allora significa che nessuno in verità ha ragione, né mai avrà ragione, visto che in sostanza gli altri non lo interessano...

Si elencano i crimini del cosiddetto comunismo, senza avere alcuna percezione dei delitti del capitalismo, che sono di gran lunga maggiori, ed appestano ogni particella della società e ogni poro dell'essere umano. Chi potrebbe spiegargli che, a parte i loro appetiti ingordi e le loro menti limitate, al mondo esiste anche qualcos’altro? Chi potrebbe raccontare loro della Jugoslavia, di tutti quei miraggi, chi potrebbe insegnare loro il rispetto per se stessi e per tutto ciò che li circonda? Abituati come sono a pensare che tutti debbono a loro qualche cosa, che cosa loro hanno dato al mondo? Che cosa, fuorché l'ingordigia e l'egoismo?

Tutti oggi ridacchiano, dalle loro buche da topi, quando ricordano i tempi in cui si poteva vivere. Quanta vanità, quanta ignoranza, quanta malvagità! Quanto niente in una palude illimitata di tutto, anzi di tutto l'immaginabile, che inghiotte ogni cosa dinanzi a se... Invece della giornata del lavoro si è iniziato a celebrare la giornata delle streghe, invece del giorno della liberazione si è iniziato a celebrare la giornata che ci ha reso schiavi. Per giunta le nuove leve degli storici ci insegnano che sarebbe stato meglio se avessimo collaborato con i nazisti...

Il fascismo di allora è stato vinto, e il nemico allora era noto; ma chi vincerà il fascismo di oggigiorno, che sembra invisibile eppure distrugge ogni cosa davanti a se partendo dall’aria, dal cibo, dall’essere biologico e culturale dell’uomo? Sempre più numerosi sono i fascisti che non sanno nemmeno di essere fascisti, visto che con la loro presenza distruggono tutto quello che toccano. Dove è la passione, dove sono le idee, dove è il sacrificio, dove si sono nascoste la speranza e la felicità? Ciascuno magnifica la propria storia, nascondendo il resto. Chi potrà unire di nuovo questa gente e convincerla che sono esseri umani e non bestie?

Stefan Simić


(trad. JT, rev. AM)


=== srpskohrvatski ===

- BAJKA O JEDNOJ IZGUBLJENOJ ZEMLJI -

Ili sam se rodio prekasno, ili se ona rasturila prerano, uglavnom učim geografiju stare Jugoslavije naknadno... Plovim Jadranom, pentram se po Kozari, susreo sam se po prvi put sa Islamom i feredžama u Tuzli, potrčao sam za jedno
m Makedonkom na splićanskoj rivi i stigao je nešto kasnije u Kotoru, u Starom gradu. Sastavljam lagano razbijeni mozaik i ređam uspomenu za uspomenom.

Prelepa je to zemlja bila, kažem bila jer sve bajke traju kratko. Tako i ova naša, Jugoslovenska. Teško je obuhvatiti sve to i u jednom životu a kamoli u jednoj priči nekog tamo dvadesettrogodišnjaka?! Kako ukrotiti taj plemeniti duh i objasniti ga u nekoliko rečenica a ne pomenuti sve te ljude, gradove i sela. Kako dočarati taj cvet dok je još bio u punom zanosu a ne narušiti ništa od njegove lepote i značaja?!

Uglavnom, saznao sam za Krležu, slušao sevdalinke, smejao se uz bećarce, probao dalmatinske specijalitete čija imena ne umem ni da izgovorim, uživao u narodnim igrama, prepuštao se zanosnoj lepoti svih tih žena koje su prolazile i svađao se sa samim sobom koja je od koje lepša...

Čuo sam za Stradun, Baš Čaršiju, trg Bana Jelašića, no ja sam bar čuo, nešto od toga i video, proveo vikende, neko mi se tamo obradovao i nosim puno lepih uspomena a šta je sa nekom novom decom koja dolaze? Decom koja prvo nauče da mrze i odbace, decom koja nabrajaju gde ne bi išli a ne gde bi išli. I na kraju, uglavnom, ne odu nigde... Važniji su im neki nepostojeći likovi od njihove istorije, važniji su im istražitelji Majamija, roboti, marsovci od svih onih mesta gde su stasavale generacije i generacije njihovih dedova, očeva. Važnija im je Lejdi Gaga od rođene babe...

Sve je manje Jugoslovena, ali je zato sve više postjugoslovena. Volim te ljude jer me podsećaju na bratsvo i jedinstvo, radne akcije, zanos izgradnje jednog društva i veru u ljude, u čoveka... Podsećaju me na život gde nije sramota biti Albanac u Beogradu, gde je čast zaljubiti se u Splićanku, gde je kompliment poštovati i ono što nije tvoje. Sastavljam polako svoju staru Jugoslaviju u malom i bar fiktivno postajem njen stanovnik...

Prvo su moje priče stigle u sve te gradove pa sam onda ja, naknadno. Zaključio sam da svi mi citiramo iste pisce, da se isto zaljubljujemo, volimo istu muziku, borimo se protiv istih stvari, kroz osmeh oponašamo dijalekte. Shvatio sam da i tamo cveće isto miriše, da se pevaju iste pesme, gledaju isti filmovi, ali da su ipak, duboko u nama, skriveni neki davni nesporazumi za koje nismo krivi mi, nove generacije ali ih i te kako ispaštamo. I tek ćemo....

Iako sam hiljadu puta rekao svojim prijateljima da se nikada nisam osećao kao stranac u Osijeku, niti u Podgorici, niti u Zagrebu, Vukovaru. Lagao sam... Strah se oseća u vazduhu. Podsvest je močvara iz koje sve ispliva. A najčešće ono najgore. Tada vidiš i ono što ne postoji. Granice jesu veštačke, ali su ipak granice a samim tim i ograničenja...

Unapred su me sahranili moji odavde kada sam krenuo za Hrvatsku, ispratili su me preplašeni kao da idem ne znam gde. Iako se rat odavno završio, rat i dalje traje u glavama ljudi...

Ponekad se pitam za koga su ginuli svi ti heroji sanjajući o humanom društvu i slobodi?! Zamisli samo radničke igre, mogućnost da spavaš gde hoćeš, lakoću prelaženja prostora, ljubav prema drugom, drugačijem?! A šta imamo danas?! Horde obezličenih degenerika, profit kao vrhunsko načelo u svemu, interes kao znak prepoznavanja, sumnju u sve što nas okružuje, strah, iživljavanje, nezasitost, zavist. Imamo gomile drogiranih idiota koji hodaju po zemlji kao po deponiji gledajući šta mogu da iskoriste i bace?!

Teško je bilo napraviti sve to, osmisliti, pomiriti nepomirljvo a lako srušiti, upotrebiti naoštrene noževe i od jedne od najcivilizovanijih država napraviti najvarvarskiju. Koliko je samo ljudskih kultova uništeno i od internacionalnih svedeno na lokalni karakter. Recimo kult glumaca od Ljube Tadića, Bekima Fehmiua, Šovagovića, Šerbedžije pa do Mije i Čkalje, Bate i Borisa Dvornika. Kult muzičara i muzičkih grupa od Ive Robića, Ibrice Jusića, Đorđa Marjanovića pa do Korni grupe, Indeksa, Bijelog dugmeta. Kult pisaca od Andrića, Selimovića, Kiša, Pekića... Kult sportista od Ducija Simonovća, Mirze, Ćose, Džaje. Kult radnika, kult poštenja, kult borbe za opšte dobro, kult čoveka, kult ljudskosti....

Jugoslavija očigledno nije mogla da opstane kao što ne može da opstane ni jedan veliki san. Mudrost jedne generacije upropastila je druga a treća je sve to razbila u paramparčad i rasprodala budzašto kao da je tuđe, kao da nikada ništa nije ni postojalo... Već godinama svi oštre noževe, mrze jedni druge... Sa ove distance prosto je nerealno da su svi ti ljudi živeli u miru, pod istim krovom i osvajali svet zajedno?! Sada se polako prodajemo tom istom svetu! Neko prodaje ostrva, neko fabrike i rude a svi podjednako prodaju jedni druge. Svako ponosno iznosi na trpezu ono što ima odričući se elementarnog ljudskog dostojanstva...

Verovali smo da smo se borili za nas svih ovih godina, dok smo se, u stvari, borili za njih. Što smo mislili da smo jači bili smo sve slabiji, što smo bili bliži pobedi mi smo, u stvari, sve više gubili i gubili, ni ne sluteći kakav nas kolektivni poraz očekuje...

Upravo doživljavamo taj poraz...

Duh četništva, ustaštva ponovo provejava. Umesto da gradimo budućnost mi tražimo najmračnije detalje prošlosti, brojimo tuđe mržnje zaboravljajući vlastita prijateljstva. Umesto najlepšeg tražimo ono najgore. Umesto za ljubav prikupljamo činjenice za mržnju. Ukoliko ništa ne pronađemo onda izmišljamo, dodajemo, preuveličavamo...

A i tako to obično biva, čim svako za sebe misli da je u pravu, znači da niko nije u pravu, niti će ikada biti jer ga ne zanima onaj drugi...

Nabrajaju se zločini tzv. komunizma ne sluteći zločine kapitalizma koji su mnogo veći, koji zagađuju svaku poru društva i čoveka. Ko će da im objasni da osim njihovih nezasitih stomaka i ograničenih umova postoji i nešto drugo? Ko će da im priča o staroj Jugoslaviji, svim tim čudima, ko će da ih nauči da poštuju sebe i sve oko sebe?! Naviknuti su da sve neko treba da im daje a šta su oni dali ovom svetu? Šta osim pohlepe i sebičluka?!

Svi se sada podsemavaju iz svojih mišijih rupa prisećajući se vremena kada se živelo. Koliko samo sujete, primitivizma, pakosti?! Koliko samo ničega u beskrajnoj močvari svega i svačega koja guta sve pred sobom... Umesto dana rada počinje da se slavi noć veštica, umesto dana oslobođenja počinju da se slave dani porobljenja. Još nas generacije novih istoričara uče da je bolje da smo sarađivali sa nacistima...

Tadašnji fašizam je pobeđen, neprijatelj je bio poznat a ko će da pobedi ovaj današnji, naizgled nevidljivi, koji razara sve pred sobom od vazduha, hrane, biološkog i kulturnog bića čoveka? Sve je više fašista koji ni ne znaju da su fašisti, uništavaju svojim prisustvom sve što dotaknu? Gde je zanos, gde su ideje, gde je žrtvovanje, gde su se sakrile nada i sreća?! Svako veliča svoju ličnu priču skrivajući sve drugo. Ko će ponovo da objedini sve ljude i da ih ubedi da su ljudi a ne zveri?!

STEFAN SIMIĆ