Informazione


JUNCKER-KRAZIA

In ordine cronologico inverso:

L'Olanda ratifica l'Accordo di associazione UE-Ucraina bocciato dal referendum
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lolanda_ratifica_laccordo_di_associazione_ueucraina_bocciato_dal_referendum/11_20323/
30/05/2017 – Il senato olandese ha approvato la ratifica dell'Accordo di Associazione tra UE-Ucraina, portando a conclusione una saga politica che è iniziata più di un anno fa, quando gli elettori olandesi hanno respinto l'accordo in un referendum tenuto nell'aprile 2016 con il 61,1%.
Quasi due terzi del Senato ha votato per la ratifica, con l'opposizione proveniente per lo più da partiti di estrema sinistra e di estrema destra.
 "Il voto di oggi al Senato olandese manda un segnale importante dai Paesi Bassi e l'intera Unione europea ai nostri amici ucraini: il posto dell' Ucraina è in Europa", ha commentato il Presidente della Commissione Ue, JUNCKER.

Olanda: Parlamento contro popolo + Ucraina, lezioni di educazione civica (Pandora TV 20.4.2016)
[Parlamento olandese straccia il risultato del referendum]

In Europa si apre ufficialmente il fronte anti-ucraino. L’Olanda: «Non li vogliamo in Ue» (di Eugenio Cipolla, 31/03/2016)
... mentre Poroshenko è negli Usa per cercare di ottenere da Obama ulteriori aiuti economici e militari, in Europa si è aperto ufficialmente il “fronte anti-ucraino”, che potrebbe presto raccogliere le adesioni di diversi paesi dell’Unione. Intervista dal portale di notizie NU.nl, il premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, ha detto che il suo paese è contrario a un ingresso dell’ex repubblica sovietica in Europa. (...) Mercoledì 6 aprile, infatti, i cittadini dei Paesi Bassi saranno chiamati a esprimere la propria opinione sull’accordo di associazione tra Ue e Ucraina. (...) Jean-Claude JUNCKER ha avvertito i cittadini dei Paesi Bassi:«Non credo che diranno no all’accordo di associazione, perché questo aprirebbe la porta a una grande crisi continentale». Ad Amsterdam e dintorni sono avvertiti. 




Domenico Losurdo:
Il Marxismo Occidentale
Editori Laterza, 2017 

ISBN 9788858127476, 220 pagine; 20€ cartaceo, 11,99€ digitale

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Aprire gli occhi sul mondo

di Luigi Sanchi per Marx21.it
19 Maggio 2017

A PROPOSITO DEL MARXISMO OCCIDENTALE DI DOMENICO LOSURDO

Il nuovo saggio di Domenico Losurdo offre un notevolissimo contributo al rinnovamento tanto filosofico quanto politico del marxismo, in Italia e negli altri paesi che, come l’Italia, sono stati segnati da un destino particolare : quello di avere visto la presenza di un potente movimento operaio, democratico e comunista pur essendo delle potenze chiaramente imperialiste, sia prima che dopo la creazione della NATO. Proprio questa situazione sembra aver presieduto all’involuzione del movimento di pensiero che si richiamava a Marx o che era sgorgato dalle fila delle internazionali socialiste in Europa occidentale. Un saggio non è un trattato : e così Losurdo non tenta di ripercorrere tutte le vie che hanno imboccato tutti i protagonisti e i teorici di questo movimento politico-filosofico. Non è qui il punto. Come infatti precisa il sottotitolo, e al di là del dichiarato contrasto con le tesi di Perry Anderson, il focus dell’autore è cercare di capire « come nacque » il marxismo occidentale (in opposizione al marxismo detto orientale), « come morì » e soprattutto – in tacita opposizione con la visione pessimistica di Costanzo Preve – « come può rinascere ».

La tesi centrale del libro consiste nel rilevare che la variante occidentale del marxismo ha trascurato sempre più la questione essenziale dell’imperialismo, prima chiudendola nel recinto del « terzomondismo » (definizione paternalistica e condiscendente), poi addirittura sostituendole la nozione di « totalitarismo », funzionale alla Guerra Fredda e all’attuale neocolonialismo guerrafondaio. Distorsione del pensiero più autenticamente marxiano che nasce dalla tendenza ad isolare in Marx il genio filosofico puro, dimenticando l’organizzatore politico e il pensatore enciclopedico e tentacolare, oppure a pensarlo come teorico di un capitalismo disincarnato, antiumanistico. Ora, basterebbe il concetto marxiano di divisione internazionale del lavoro in seno al modo di produzione capitalista e alla realtà del mercato mondiale a legittimare la teorizzazione dell’imperialismo prodotta successivamente da Lenin. Giacché i centri mondiali della produzione capitalistica impongono in effetti la divisione del lavoro tra i territori, siano essi Stati autonomi, colonie o semicolonie, con tutte le sofferenze e i costi, umani ed economici, che ne conseguono.

Una volta posta fra parentesi tale articolazione coatta del lavoro tra centro e periferie, ecco che riesce facile concentrarsi sulle contraddizioni fra capitale e lavoro nelle sole metropoli avanzate, relegando il resto del pianeta a « Terzo mondo ». Oppure, su un altro versante, restringere la filosofia di Marx ed Engels a puro dibattito nel salotto buono della storia della filosofia europea, perdendo di vista gli altri aspetti caratteristici della sfera marxiana e (come Losurdo dimostra brillantemente) ritornare nell’alveo dell’imperialismo più classico e indossare di nuovo i panni dell’intellettuale tradizionale, al servizio del potere neocoloniale e della sua propaganda « umanitaria ».

Le basi materiali di tali ritorni (o rinunce) non sono certo mancate : potente è stato, durante la Guerra Fredda, l’arruolamento tra le fila della piccola o media borghesia di tanti intellettuali dapprima critici del capitalismo o compagni di strada dei PC occidentali, via l’ampliamento e la progressiva massificazione delle università, in primo luogo di quelle umanistiche, notoriamente ripari di menti progressiste… da convertire quanto prima alle logiche del capitale e all’ideologia liberale. E una volta liquidato, in Italia, il PCI, è stato facile convicere i sedicenti neo-socialdemocratici della bontà della politica offensiva messa in atto dalla NATO dopo la fine della Guerra fredda.

Se questa è la costatazione di partenza, Domenico Losurdo offre al lettore lo squadernamento di un panorama totalmente altro – e quanto mai salutare. Lo fa in due modi : da un lato, sviluppando nei capitoli successivi una serrata argomentazione logica, che tocca tutti i principali nodi teorici in cui il marxismo occidentale si è in un primo tempo distaccato da quello, ben più efficace e realista, dei Paesi socialisti, e poi, in un secondo tempo, fuorviato nei buoni sentimenti dell’avversione al « totalitarismo » ; dall’altro lato, come in una sorta di spartito musicale, orchestrando e riprendendo nei punti-chiave del suo discorso i riferimenti a fatti macroscopici della storia mondiale che i marxisti occidentali e il loro pubblico dimenticano volentieri : per citare solo alcuni esempi, il ruolo direttore della rivolta degli schiavi di Santo Domingo e Haiti, la presenza di proprietari di schiavi nella storia dei governi statunitensi, la diversa cronologia della Prima Guerra mondiale se vista dal mondo coloniale e in particolare dalla Cina, l’anteriorità delle tesi razziste prodotte da esponenti delle potenze liberali rispetto alle teorizzazioni dei nazisti.

Di fronte alle esperienze emancipatrici, per quanto epiche e contraddittorie, emerse con le diverse creazioni di Stati che hanno cercato di rendersi realmente indipendenti dal sistema imperialistico, il marxismo occidentale ha spesso preferito velarsi gli occhi, rifugiandosi in un ribellismo miope e in utopie certo già presenti in Marx ed Engels, ma assolutizzate e usate questa volta strumentalmente contro il movimento di liberazione dall’orrore coloniale. Dal punto di vista di questa rigenerazione utopistica di marca millenarista (Losurdo preferisce dire « messianica »), sembrano grigie e povere le storie così avvincenti dei popoli che, sotto la guida di leader ispirati dal marxismo, hanno preso in mano il loro destino e vittoriosamente resistito agli attacchi delle potenze imperiali (di cui il nazismo è parte integrante), riuscendo non solo a rimettere in discussione la divisione internazionale del lavoro decisa dai centri del capitale, ma anche a recuperare in buona parte il tremendo distacco tecnologico rispetto ai Paesi ricchi, costruendo nazioni coese e capaci di resistere ai loro attacchi. L’esempio della Cina è sotto gli occhi di chiunque lo voglia prendere in considerazione.

Oltre alla fuga in avanti millenaristica, il marxismo occidentale ha spianato la strada ad un ritorno dell’eurocentrismo, quando non addirittura del neo-imperialismo trasfigurato nelle pretese guerre di esportazione della democrazia occidentale, veicolando un pregiudizio eurocentrico, inconsciamente razzista. Il nuovo contributo di Losurdo, facendo séguito a una stringente serie di saggi dedicati a grandi temi politici (dalla lotta di classe al pacifismo, dalla nozione di sinistra a quelle di liberalismo e di impero), aiuta quindi ad aprire gli occhi di certa sinistra post-marxista sulla realtà del mondo attuale così com’è. Perché il metodo messo magistralmente in opera da Losurdo e consistente nel vagliare alla luce di queste realtà rimosse o accantonate le tesi e le concezioni di vari pensatori, da Horkheimer a Negri-Hardt passando per la Arendt e Foucault, non è solo quello della proverbiale « cartina di tornasole ». La Cina, il Vietnam, Cuba (o, dall’altro lato, i Paesi martirizzati come l’Indonesia, il Cile, le Isole Filippine…) non sono né metafore né esempi : sono Paesi, parti del mondo, punti nevralgici della dialettica di classe nel mondo di oggi, instrinsecamente legati alla storia suscitata dalla Rivoluzione d’Ottobre e portata avanti con coerenza e sforzi sovrumani dall’Unione Sovietica.

Se tanta parte del marxismo occidentale ha preferito rimuoverli, non per questo tali giganteschi eventi cessano di esistere. Ben al contrario, essi sono al centro della transizione oggi in corso, di cui l’Europa occidentale o gli Stati Uniti d’America non constituiscono il punto d’osservazione più adeguato. In queste contrade del Primo mondo, solo alcuni analisti politici hanno le idee chiare. Si veda quanto scrive il politologo polono-statunitense (e influente consigliere di presidenti come Carter e Reagan) Zbigniew Brzezinski in un articolo dell’aprile 2016, intitolato Verso un riallineamento mondiale :

« Quanto avviene oggi nel Medio Oriente potrebbe essere solo l’inizio di un più ampio fenomeno che emergerà nei prossimi anni in Africa, Asia e persino tra i popoli pre-coloniali dell’emisfero occidentale. I periodici massacri dei loro non così lontani antenati, perpetrati da coloni e procacciatori di ricchezze ad essi associati e provenienti in larga parte dall’Europa occidentale (da paesi che oggi sono, almeno nelle intenzioni, fra i più aperti alla coabitazione multietnica), hanno avuto come risultato negli ultimi due secoli circa l’assassinio delle genti colonizzate su una scala paragonabile ai crimini nazisti della Seconda Guerra mondiale. Le vittime sono letteralmente centinaia di migliaia, addirittura milioni. L’autoaffermazione politica, che l’indignazione e il dolore differiti rafforzano, è un motore potente che oggi ritorna in campo, assetato di vendetta, non soltanto nel Medio Oriente musulmano, ma molto probabilmente anche in altre regioni. Gran parte dei dati non possono essere attestati con esattezza ma, presi nell’insieme, sono scioccanti . [1]» 

E prosegue enumerando i più gravi massacri della storia coloniale, dal secolo XVI in poi. Come suggerisce Losurdo, il marxismo occidentale per rinascere ed incidere di nuovo sulla realtà deve fare i conti con la realtà, con questa tragica storia, pena l’incomprensione totale e il rifugiarsi nella comoda postura dell’anima bella.

NOTE

1. Towards a global realignment, « The American interest », 11/6 : « What is happening in the Middle East today may be just the beginning of a wider phenomenon to come out of Africa, Asia, and even among the pre-colonial peoples of the Western Hemisphere in the years ahead. Periodic massacres of their not-so-distant ancestors by colonists and associated wealth-seekers largely from western Europe (countries that today are, still tentatively at least, most open to multiethnic cohabitation) resulted within the past two or so centuries in the slaughter of colonized peoples on a scale comparable to Nazi World War II crimes: literally involving hundreds of thousands and even millions of victims. Political self-assertion enhanced by delayed outrage and grief is a powerful force that is now surfacing, thirsting for revenge, not just in the Muslim Middle East but also very likely beyond. Much of the data cannot be precisely established, but taken collectively, they are shocking. »

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Losurdo e i cattivi maestri del “marxismo occidentale” 

La critica corrosiva di Losurdo nel suo nuovo volume Il Marxismo Occidentale*.

di Alessandro Pascale  
27/05/2017

Domenico Losurdo si supera ancora. Dopo aver realizzato capolavori storico-filosofici come Controstoria del liberalismoStalin. Storia e critica di una leggenda neraLa non-violenza. Una storia fuori dal mito e La lotta di classe, uno degli ultimi grandi intellettuali marxisti-leninisti italiani realizza un'opera di cui oggi più che mai si sentiva un bisogno essenziale. 

Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, propone una novità dimenticata da molti, fin dalla ripresa della categoria coniata da Maurice Merleau-Ponty negli anni '50 e sviluppata da Perry Anderson negli anni '70: il fatto cioè che il marxismo non coincida esclusivamente con le elaborazioni intellettuali di stampo occidentale, né tantomeno con quelle critiche al sistema dei “socialismi reali”. Già dalla lettura de Il dibattito nel marxismo occidentale di Perry Anderson emergeva chiaramente come la divaricazione che si era venuta creando tra due marxismi (uno “occidentale eterodosso” e uno “orientale ortodosso”) fosse in realtà soprattutto un processo che accentuava la specializzazione settoriale degli autori occidentali su aspetti per lo più marginali e secondari della società, oltre che il distacco sempre maggiore tra teoria e prassi. Se i vari Kautsky, Luxemburg, Trockij, Lenin erano dirigenti di partito che non mancavano di realizzare opere complete di analisi economica e politica su ogni aspetto della realtà, non altrettanto facevano i marxisti successivi, i quali dalle aule universitarie concentravano sempre più l'attenzione sul campo della cultura e filosofia, perdendo il contatto soprattutto con le categorie economiche e politiche. 

L'accusa di Losurdo è però ben diversa, anche perché questo crinale rischierebbe di mettere in discussione anche autori ben riconducibili al marxismo-leninismo, come Lukàcs e Gramsci, i quali pure non hanno ad esempio mai affrontato uno studio sistematico e analitico delle questioni economiche. Losurdo contesta in realtà alla gran parte del pantheon del marxismo occidentale di aver dimenticato la grande questione della lotta anticolonialista, non capendo anzitutto gli enormi meriti storici del socialismo nell'aver favorito la decolonizzazione di gran parte del cosiddetto “Terzo Mondo”, ma anche la fine della segregazione razziale, della schiavitù formalizzata, oltre che del sostanziale asservimento femminile. 

Su questi temi Losurdo si era già espresso più volte in passato, mostrando adeguatamente i meriti storici immensi dei movimenti comunisti e dei “socialismi reali” e le enormi contraddizioni del movimento liberale. L'elemento di novità sta ora nell'andare a smantellare sistematicamente, uno dopo l'altro, tutti i numi tutelari che per decenni hanno sostituito i nomi di Marx, Engels, Lenin e Gramsci come punti di riferimento per le nuove generazioni di sinistra. A salire sul banco degli imputati, con accuse più o meno gravi, sono Della VolpeCollettiTrontiAlthusserBlochHorkheimerAdornoSartreMarcuseArendtTimpanaroFoucaultAgambenNegriHardtHollowayDavid Harvey, fino a giungere a Zizek e Badiou. Nessuno ne esce indenne.

Lo scontro è titanico e maestoso e non pretende di essere esaustivo, ma traccia un percorso illuminante con cui si chiarificano tutti i limiti intellettuali e politici di questa sfilza illustre di personalità; soprattutto si comprendono le origini degli errori ideologici introiettati in profondità negli strati sociali della sinistra attuale, sia in Italia che più in generale in campo europeo. Dal ragazzo che frequenta i centri sociali, all'elettore moderatamente progressista, dal militante iscritto ad un'organizzazione comunista al frequentatore di circoli ARCI, dal sindacalista più o meno radicale all'attivista per i diritti umani, tutto il mondo della sinistra è cresciuto negli ultimi decenni in un contesto culturale di sconfitta e incomprensione che è stato alimentato pervicacemente non solo dai media e dalle strutture dell'imperialismo, ma paradossalmente dalla stessa sinistra più o meno marxista, o autodicentesi tale. 

Da parte di Losurdo non arrivano scomuniche né accuse di tradimento, sia chiaro. Ma la lettura rende evidente come ci sia stato, in particolar modo dal secondo dopoguerra ad oggi, un profondo e costante cedimento culturale nel campo del marxismo occidentale, di fronte alle offensive ideologiche della borghesia. L'essersi affidati a dei “cattivi maestri”, oltre che l'incapacità di non aver saputo replicare agli attacchi della borghesia (agevolati, è sempre bene ricordarlo, dalla modalità disastrosa con cui il movimento comunista si è inflitto l'autoflagellazione della “destalinizzazione”) sono eventi causati secondo Losurdo all'aver “dimenticato” la questione coloniale. 

Sorge però l'impressione che il giudizio del professore sia fin troppo generoso e assolutorio. Ad essere venuti meno tra l'intellighenzia occidentale sono anzitutto la conoscenza essenziale dei pilastri del marxismo e del leninismo, la cui ignoranza o ripudio sono difficilmente ammissibili per degli intellettuali che hanno avuto un peso culturale così grande. Pesa come un macigno insomma l'incapacità di aver saputo maneggiare con adeguatezza le categorie del materialismo storico e del materialismo dialettico, a partire dal venir meno di una categoria essenziale per un filosofo marxista: quella della totalità. Senza capacità di avere una visione complessiva della realtà diventa impossibile svolgere un adeguato bilancio, non solo morale e storico, ma politico. E questa è l'accusa più generosa che si possa fare, per quanto sia già grave, perché le alternative sono ben peggiori: l'indifferenza o il pressapochismo con cui le questioni coloniali sono state trattate da certi autori potrebbero far sorgere il sospetto di un razzismo congenito, introiettato, forse non consapevole ma che implica l'adesione ad uno stretto eurocentrismo che non a caso ha avuto come conseguenza la rimozione della categoria dell'imperialismo, o la sua assurda estensione arbitraria a qualunque sistema capitalista che abbia relazioni economiche con altri Paesi, accettando come vie nazionali dei “socialismi di mercato”.

Altra tendenza deleteria, legata teoreticamente alle precedenti, è quella di scadere in un massimalismo messianico utopistico che porta al predominio di una critica fine a sé stessa, puramente distruttiva (non a caso percorso tipico di chi ha fatto del marxismo una pura “teoria critica”) e intrapresa da “anime belle” incapaci di elevarsi a soggetto compartecipe delle esperienze realizzate di emancipazione, e anzi ostili a qualsiasi modello socio-politico che non realizzi immediatamente tutte le proprie speranze ed esigenze. 

In conclusione Losurdo spiega bene come il “marxismo occidentale” sia nato, abbia “inquinato” le sinistre in campo cultural-politico e come pur continui a sopravvivere ridotto ormai ad una serie di autori per lo più autoreferenziali e sempre più inconcludenti o fallimentari

La pars destruens è perfetta. Manca forse una soluzione adeguata sul percorso da intraprendere. Il ritorno ad un marxismo-leninismo concretamente antirazzista e ben conscio della questione colonial-imperialista è senz'altro la base teorica di partenza. Sgombrare il campo dall'adesione acritica di ogni altra moda filosofica sinistroide è però passo necessario ma non sufficiente. Se la pars destruens è una boccata di ossigeno, la pars construens non può limitarsi solo alla difesa complessiva della Storia del socialismo, né alla difesa acritica dei governi socialisti esistenti. 

Il prossimo passo da compiere è una necessaria riflessione costruttiva sul marxismo-leninismo, capace non solo di analizzare i suoi immensi meriti storici (cosa qui già fatta egregiamente), ma che analizzi anche i suoi limiti, senza i liquidazionismi o revisionismi in cui sono caduti gli autori del marxismo occidentale, ma senza nemmeno evitare di affrontare la questione del perché i comunisti siano entrati storicamente in crisi proprio nei Paesi europei storicamente “colonizzatori”. 

Questo è un campo in cui i comunisti di tutto il mondo non si sono ancora avventurati con la necessaria serietà e consapevolezza. Il marxismo orientale perché aveva effettivamente problemi più importanti di cui occuparsi. Il marxismo occidentale perché ha sostanzialmente perso 70 anni di tempo a diventare subalterno all'ideologia borghese. Speriamo che la questione posta possa essere di spunto per il prossimo libro di Losurdo.



(français / srpskohrvatski / english / italiano)

Il Montenegro sotto occupazione come nel 1941

1) STOP NATO 2017! Contre-Sommet le 24-25 mai 2017 à Bruxelles
2) ИНТЕРВЈУ СА М. БУЛАТОВИЋЕМ: Враћам се да се борим против нових фашиста из НАТО-а / VIDEO (Sputnik 20/5/2017)
3) Montenegro defies democracy by ratifying NATO membership without referendum – Moscow (RT, 29 Apr, 2017)
4) Interview with Marko Milacic (Sputnik, 30.04.2017)
5) NATO mission creep on road to Russia reaches Montenegro (Danielle Ryan / RT, 30 Apr, 2017)
6) Montenegro: La lutte continue contre l'adhésion à l'Otan (Global Research / ALERTE OTAN, N°64-1er trimestre 2017)


MORE LINKS in inverse chronological order:

Crna Gora u NATO (Globalno sa Borisom Malagurskim (BN) – SEZONA 2 | EPIZODA 29)
Gosti: Marko Milačić, Aleksandar Radić, Vladislav Dajković. Tema: Ulazak Crne Gore u NATO.

LE MONTÉNÉGRO ADHÈRE À L’OTAN, LA RUSSIE MET SES VINS SOUS EMBARGO (CdB, 6 mai 2017)
Le calendrier a d’étranges « hasards ». Le 28 avril, le Monténégro confirmait son adhésion à l’Otan. Deux jours plus tôt, les services sanitaires russes découvraient des traces de pesticides dans les vins monténégrins et en interdisaient l’importation. La décision très politique de Moscou prive Plantaže d’un important marché, tandis que les Russes devront oublier le goût du vranac et du cabernet monténégrins...

Il Montenegro è ufficialmente nella NATO (PandoraTV news 2 Maggio 2017)

Montenegro Opposition Protesting Against NATO Membership on Voting Day (VIDEO)

Montenegro parliament ratifies NATO membership after US approval — RT News

Montenegro a due giorni dall’adesione alla NATO (PandoraTV 27.4.17)
VIDEO: https://youtu.be/FfMcI3mmmBI?t=1m28s

FLASHBACKS:
Montenegro, stretta sull'opposizione per il presunto golpe anti-Đukanović (F. Martino /OBCT/ Radio Capodistria, 16 febbraio 2017)
Sale la tensione in Montenegro, dove il parlamento ha privato ieri dell'immunità due dei leader dell'opposizione, accusati di aver partecipato al presunto golpe anti-Đukanović dello scorso ottobre. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria...
Fake news recycling’: Russian Embassy calls out UK media over ‘Montenegro coup plot’ report (RT, 20 Feb, 2017)
The Russian Embassy in London has rejected as pure innuendo a report in The Telegraph which claimed Moscow had conspired to overthrow Montenegro’s government during the 2016 poll, describing the report as recycled “fake news.”...


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Contre-Sommet STOP NATO 2017!

Le Comité Surveillance OTAN (CSO) participe essentiellement à la réalisation de la CONFERENCE le 25 mai 2017 à Bruxelles.
 
Le programme détaillé de la Conférence: https://stopnato2017.org/en/conference-0
 
Nous vous informons ci-dessous des ateliers sur lesquels nous nous sommes concentrés: 
Atelier A1 de 11h30 =  "Elargissement de l'Otan" avec la participation de Marko Milacic, du Mouvement pour la Neutralité du Monténégro,  
Atelier C2 de 14.15h =  "Interventions Militaires de l'Otan", avec la présentation de Georges Berghezan sur la guerre de l'Otan contre la Yougoslavie.
 
En ce qui concerne LA MANIFESTATION DU 24 MAI, le CSO sera présent dans le groupe STOPNATO2017, qui se rassemble à 17 heures, au coin de la Tour Proximus , près de la gare du Nord.

Nous comptons sur votre participation à cet important Contre Sommet Otan!
Le CSO.


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Интервју са М. Булатовићем: Враћам се да се борим против нових фашиста из НАТО-а (Sputnjik Srbija, 20 mag 2017)
Када сам на Дан победе против фашизма био у Москви, обећао сам себи да ћу, кад се вратим у Црну Гору, да се придружим политичким снагама и покретима који ће се мирним и демократским средствима борити против срамне одлуке о уласку Црне Горе у НАТО. Јер, баш НАТО је војни савез који представља савремени вид фашизма...



Враћам се да се борим против нових фашиста из НАТО-а (видео)

СПУТЊИК ИНТЕРВЈУ 20.05.2017
Предраг Васиљевић

Када сам на Дан победе против фашизма био у Москви, обећао сам себи да ћу, кад се вратим у Црну Гору, да се придружим политичким снагама и покретима који ће се мирним и демократским средствима борити против срамне одлуке о уласку Црне Горе у НАТО. Јер, баш НАТО је војни савез који представља савремени вид фашизма.

Ово је у разговору за Спутњик поручио Момир Булатовић, бивши председник Црне Горе и некадашњи премијер СР Југославије, који се 9. маја придружио паради Бесмртног пука на Дан победе против фашизма, што се симболично временски поклопило са одлуком Црне Горе о уласку у НАТО.

Јесу ли и ово логична исходишта политичког деловања Мила Ђукановића и вас као некадашњих политичких савезника — он у западну алијансу, а ви у Русију?

— Могуће је да постоји нека коинциденција. Лично, не бих то упоређивао зато што је Бесмртни пук универзална, глобална, вечита вредност, а улазак Црне Горе у НАТО је текућа, пролазна, људска глупост. Признајем да сам и у Москви осећао дубоку тугу што припадам држави која је на преваран начин и против воље свог народа ушла у НАТО. Претходница НАТО трупа и њихове логике налазила се у Вермархту, па чак и у оном Наполеоновом сулудом походу на Русију. Црној Гори ту није место.

А где је Црној Гори место, ако не тамо где сама одабере?

— Одлука о уласку у НАТО нема апсолутно никакав легитимитет јер је није подржао народ. Црна Гора не припада источном свету, већ антифашистичком блоку на чијем челу је била и остала Русија. Све друго су пролазне појаве. Неко је добро описао, био је 12. јул кад је основана независна Црна Гора, квинслишка творевина под патронатом Италије, али се после десио 13. јул и свенародни устанак. Нажалост, неће само један дан после одлуке о уласку Црне Горе доћи и до њеног изласка, али сам сигуран — доћи ће и тај тренутак. Немам дилему.

Колико ће воде протећи Морачом док не дође тај дан и док се не промени историјска одлука која засад има легитимитет Скупштине Црне Горе, а кажете, не и народа?

— Сав физички, умни и интелектуални напор уложићу да та одлука о уласку у НАТО заврши на ђубришту историје, где јој је и место. Против НАТО-а не жалим ниједан труд јер сам сигуран да је то у корист садашњих и будућих генерација. НАТО није ни добио ни изгубио уласком Црне Горе, а Црна Гора је изгубила много својих духовних, културних и историјских вредности. У суштини, није ово борба против НАТО-а, него за Црну Гору и њене вредности.

Значи ли то да се враћате активније и у дневну, страначку политику? Прво мора да се обори власт да би се оборила и одлука о НАТО-у.

— Постоје нека питања која су изнад странчарења. Толико сам дуго био у дневној политици Црне Горе да мислим да сам досадио и богу и народу. Али, дужан сам да изнесем свој став, да подржим оне политичке покрете којих има јако много у Црној Гори и који су све снажнији. Нема потребе да се неко из политичке пензије враћа и да навраћа воду на своју воденицу. Политиком се баве сујетни људи, а ја сам своју сујету давно, давно проживео.

Баш сте ви, као премијер СРЈ, на пролеће 1999. прогласили ратно стање кад је Југославију напао НАТО? Јесу ли и ту лични мотиви ваше нове борбе?

— Немам више никакву врсту политичке амбиције, али имам обавезу према сенама људи који су погинули 1999. године, јер сам и сâм тада имао у Југославији неку врсту команде. Морам и последњим снагама да се борим да докажем да њихова жртва није била узалудна и да се морало и исплатило борити против напада тих убица.

Баш сад се „повампирио“ и Вилијам Вокер, режисер случаја „Рачак“, после ког смо бомбардовани, а сада има нови пројекат — Албанија до предграђа Ниша…

— Вокер је обичан мали чиновник. Пион који је требало да одигра једну игру. Напад НАТО-а није се десио јер је Вокер видео „масакр у Рачку“. А после смо видели да масакра и није било. Такве војне акције НАТО припрема месецима и годинама, а после се нађе само један пион који треба нешто да изговори да би интервенција почела. Овај „повратак“ Вокера, Олбрајтове и осталих личи на фарсу. Однос снага у свету је другачији, промењене су околности и на Балкану, и мислим да је немогућ неки нови сукоб. Посебно не верујем да репрезент тога може да буде неки Вокер, ислужени шпијун ЦИА који није знао да одигра ни једну малу улогу додељену 1999. Ухватили смо га одмах у лажи, и није чак могао ни да побегне са Косова и Метохије пре бомбардовања, него смо му ми помогли са нашим специјалним снагама. Оставио је чак на КиМ и своја возила која смо употребили за одбрану земље.

Дакле, искључујете могућност новог балканског рата?

— Молим се богу да не буде рата. Рационалном анализом уверен сам да је рат немогућ. Не постоје унутрашње гориво нити погонска средства за то. Нема силе која може да га наметне, као што нам је Америка 1991. наметнула рат са циљем да покаже неспособност Европе да одржи мир у својој кући. Дејтонски споразум из 1995. идентичан је плану португалског дипломате Кутиљера из 1992. који је прихваћен у Босни, па на захтев Америке одбачен. Циљ је био да САД кажу Европи — ви сте неспособни, довешћемо све код нас у Дејтон и постићи ћемо мир.

Зар се утицај ЕУ не поклапа са политиком САД?

— Нажалост, живимо и диктат ЕУ. Па ми смо Европа. Русија је много више Европа него Америка. Па зар после свих ових година људи не виде да САД не желе стабилност у Европи? Кад срушите мостове на Дунаву, који је највећи европски пловни пут, какве то има везе са шиканирањем Албанаца на Косову. САД не желе мир и стабилност у Европи, већ контролисани хаос где су они главни. Али, истовремено се тај балон њиховог утицаја дебело и знатно издувао. Зато очекујем да ће утицај Русије бити све већи на Балкану, и то не да ће навијати за једну или другу страну. Кад је јака и стабилна Русија, онда је миран и Балкан. То нас учи и историја.

Ипак, Црна Гора се јасно определила. Како би Србија требало да се постави у турбулентним временима, окружена НАТО-ом, док јој се, после сецесије Косова, јавно прети даљем комадањем државе?

— Црна Гора се није определила, него се дефинитивно изгубила. Њена одлука не проистиче из рационалног и трезвеног разлога и нема демократски капацитет. Годинама проучавам шта ради НАТО и пратим економске последице. То је скаламерија лажи. Они хоће милитантну организацију да представе као хуманитарну установу или као дечји вртић. НАТО је изгубио рок трајања и хоће да пређе у политичку организацију, а знам много људи који су радили у централи НАТО-а, попут Вилија Вимера, и који отворено говоре да то није средство за ширење мира и демократије. Кад су видели како функционише тај систем, дигли су руке. Многи мислећи људи шаљу вапијући савет и Србији — не улазите у ЕУ и НАТО. Властодршци Црне Горе тај вапај нису чули. НАТО није ништа од онога што се прича, није ни водио ни победио ниједан рат. Не може у омер и склад да стави оно што им је ратна реторика и, са друге стране, реални потенцијал који губи. На Србији је да „сачува живце“, буде стрпљива, реално сагледа ситуацију и држи се онога — „у се и у своје кљусе“.

Како оцењујете други западни спин — да је дошло време за промене граница на Балкану? Колико су ти „пробни балони“ реални и може ли Србија у некој прекомпозицији да истакне право на уједињење са РС?

— Србија сада има реалну, стабилну и одмерену спољнополитичку позицију. Рекла је да неће да жури у том правцу кад је у питању РС. Овај избалансиран приступ користан је и за Српску. Што се тиче тих „пробних балона“, сматрам да Европа хоће да измести своје унутрашње проблеме јер не жели да се прича да у Унији влада хаос. Онда се неко сетио да измести тај хаос према „дивљим балканским племенима“. Београд треба да настави стабилну, солидну и одмерену политику, да развија односе са Русијом и Кином, настави пут ка ЕУ, шта год то значило. И ја се питам како је путовати у кућу у којој влада хаос, али у реду — дајмо и томе шансу. Свакако, полако испливава суштина — да је Србија најјача регионална сила. Ако буде мудрости, балкански проблеми решиће се између Албанаца и Срба на паметан начин. Све глупости смо потрошили, очекујем да извадимо арсенал мудрости.

Подмеће ли нам неко „кукавичје јаје“ кад се лансира прича о „новој промени граница“, а Запад овде покушава да промени само границе Србије?

— Тако је, увек нам се подмеће неко кукавичје јаје. Питао сам и деведесетих искусне политичаре, шта нам Америка својом политиком поручује. Ђилас и остали су нам говорили да су и њима после Другог рата подметали.

Брине ли се Београд довољно о Србима у Црној Гори?

— Нажалост, волео бих да Србија јаче штити права сународника, али је сада овако вероватно да се не би кварили билатерални односи држава. Бити Србин у Црној Гори најнепопуларније је стање и занимање. Не прихватам да су Срби национална мањина. У Црној Гори сада неко говори да је сто посто Црногорац, ако није, онда има црногорско име, а српско презиме. Бежи се од Петра Првога Петровића Његоша и Светог Петра Цетињског. Беже од историје, па упадају у сопствену негацију. Матија Бећковић је лепо рекао: Црногорке су једине жене које рађају децу две нације.

Верујете ли интимно да ће Србија и Црна Гора поново некад бити у заједничкој држави?

— Ја и сад осећам да је то тако. Граница ми је неприродна. Званично, тешко је да се у кратком року све врати на своје. Разбијена чаша тешко се саставља. Себе убеђујем да смо у једној држави и да практично све треба да функционише као што сада функционишу Србија и РС.

До краја сте остали пријатељ Слободана Милошевића, а били сте с њим и пред смрт. Која је његова највећа историјска грешка?

— То што се родио у погрешно време, на погрешном месту. У политици и историји неки људи су миљеници времена. Мислим да су то сада и Александар Вучић и Владимир Путин. Шта год да ураде политички се некако сложи баш са оним што ће и људи да прихвате. Милошевић је искрено волео свој народ. Сто пута ми је рекао: „Био бих највећи у очима Запада и њихов миљеник да сам рекао — ја сам председник Србије и не интересује ме положај Срба ван Србије“. Да је скрштених руку гледао погром над нашим народом. Народ у БиХ и Хрватској борио се за своју слободу, и ми често нисмо могли да их натерамо ни на мировне споразуме. Наше је било да им помогнемо, и то смо радили. Сад је друго време, ми као председници никад нисмо добили позив на Олимпијске игре, а данас иду и на Вимблдон. Е, то значи бити председник (смех).

После 2000. очекивали смо економски бум, отварање, партнерство са Западом, помирење са Албанцима, а доживели смо одвајање Црне Горе, отцепљење Косова, пљачкашке приватизације, а прети нам се и „Великом Албанијом“… Можемо ли ми било како да утичемо на процесе који се, изгледа, одвијају исто, ко го да је на власти?

— Убеђен сам да можемо. Али, после Петог октобра поверење су добили они чији је програм био више него шарена лажа. Причало се, ухапсите и изручите Милошевића и стићи ће милијарде инвестиција. Сада се види превара. Али, што би рекао Јустејн Гордер, комплетно сазнање о неком догађају добијемо тек кад више немамо оперативну вредност да нешто променимо. Али имамо могућност да нешто трасирамо за будућност.

Како вам делује економски развој Србије у калупима и матрицама ММФ-а и међународних финансијских институција? Има ли алтернативе?

— Ко следи инструкције ММФ-а, не може на зелену грану. Хвалим политику Владе Србије на спољном плану, али сматрам да је неодговорна и непромишљена на унутрашњем и економском плану. Владају флоскуле агенција за рејтинг, статистичке оцене, похвале ММФ-а. А много су важнији конкретни и реални проблеми грађана. Важније је да се реше Сартид и Бор него да вас похвали ММФ. Кога они похвале, може да рачуна на економску пропаст. Као Грчка.

Али, чини се да се све више повезујемо економски са Русијом и Кином. Премијер Вучић је управо стигао из Пекинга, најављују се нови пројекти. Да ли се довољно операционализују ти договори да би се преточили у реалан живот?

— Споро, а надам се да хоће. Виртуелна неолиберална економија показује степен напретка кроз дување банкарских рачуна или кроз БДП. Наспрам тога је реална економија коју гурају Русија и Кина. Проблем је што Србија не може да испуни услове, руско тржиште јесте велико али није дивље и неуређено. Србија би морала да помогне привреди и пољопривреди да испуни стандарде теже од оних које има ЕУ, да обједини потенцијале да изађе на то тржиште. А веће нам тржиште од руског и не треба.

Мејнстрим економисти би вам реплицирали да највише извозимо у ЕУ и да од тога не сме да се одустане. А да ли се споро развијамо баш зато што смо везани за ЕУ?

— Мејнстрим економисти плаћени су да бране такву позицију. Матрица је — прода се предузеће западној компанији, па она извози својој земљи и убира профит. То није довољно за развој. Купе Немци фабрику, а онда кажемо, извеземо у Немачку за милијарду евра. Па то је немачко од почетка до краја. Морамо више да користимо наше потенцијале. Пример је Кина, која је задржала државну индустрију, гринфилд инвестиције стимулисала и направила економски бум. Избила је на светско прво место економије. А чаробна формула је да сви грађани Кине треба да имају људска права, али да је највеће право да нико није гладан. Прво то.

Осим на економском плану, ЕУ нас кочи и у политичким и практичним односима са Русијом, што видимо на примеру Хуманитарног центра у Нишу који још не добија дипломатски статус. Треба ли Београд руским хуманитарцима да додели оно што им припада?

— Разуме се. Кад направите заједнички центар, обавеза је да се страним држављанима додели и одговарајући статус. Непристојно је да се са Запада мешају у то, а велики минус дајем Влади Србије која Српско-руском центру још није дала статус који заслужује. Јер они заслужују и много више.

Како гледате на односе Америке, Русије, Кине, Турске… Иде ли свет ка мирној прерасподели моћи или великим сукобима?

— Централно питање угледних америчких економиста и политичара било је какав ће бити пад Америке са светског трона. Да ли ће то бити меко приземљење или слободан пад. Надао сам се да ће после Трампове победе уследити меко приземљење и споразумно уступање моћи, али сад, после америчких ракета у Сирији и притисака унутар САД, бојим се да станару Беле куће припремају слободан пад. Не сумњам да пад Америке следи и да смена моћи мора да се изврши. То је почело и сада у Пекингу, када је показано да пројекти попут „Пута свиле“ одређују будућност планете, а не глупирање Американаца са бомбардовањем народа по свету.

Да се вратимо на повод — како вам је било у Москви на паради Бесмртног пука?

— Оно што је мене испунило осећајем задовољства јесте ретка прилика да човек учествује у једној таквој величанственој манифестацији. Кад долазите из мале државе, која има 600 хиљада становника, а учествујете на манифестацији на којој има скоро милион људи. Снажан је утисак кад видите да сви ти људи имају два основна карактера који их спајају, а то су осећај захвалности и осећај поноса.

Понели сте у Русију и фотографију оца…

— Парада бесмртних је прилика да понесете слике својих предака који су учествовали у борби против фашизма. Сви се поздрављају, честитају празник и захваљују — за слободу и за живот — ветеранима којих је, нажалост, све мање међу живима. Част је бити међу онима које повезује понос, који припадају једном великом народу и следе једну огромну идеју. Имао сам ту прилику да понесем слику свог оца, који је са 16 година отишао у партизане. Тако да сам умирио своју душу, донео сену оца у Москву и рекао шта ми је на души о уласку Црне Горе у НАТО.

За крај, зашто вас нема чешће у српским медијима?

— То долази у таласима и маховима. Очигледно је да дође неко време када некад неко пожели да чује мишљење старијег и искуснијег политичара из оне „далеке“ наше прошлости. Прошлости која је, нажалост, још жива. Чини ми се да је понекад живља него што је и онда била.


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Montenegro defies democracy by ratifying NATO membership without referendum – Moscow

29 Apr, 2017

The ratification of Montenegro’s NATO membership by a parliamentary vote instead of a referendum is a violation of democratic norms, Russia’s Foreign Ministry said, adding that Moscow reserves the right to protect its national security after the move.

Russia’s Foreign Ministry has expressed “deep regret that the current leadership of [Montenegro] and its Western backers didn’t heed the voice of conscience and reason.”

“The adoption of fundamental acts, affecting the key issues of state security, by the vote of individual MPs on the basis of a formal majority without taking into account the opinion of the country’s people is a demonstrative act of violation of all democratic norms and principles,” the statement read.
The ministry said that the will of around half of the population was ignored by the Montenegrin authorities with the NATO vote.
“What cynicism should one have to state unabashedly that there was no need to clarify the opinion of the people for such a decision, like the Montenegro president, Filip Vujanovic, did the other day,” it said.
During the “shameful” NATO bombing of Yugoslavia in 1999 there were casualties in Montenegro as well, with children being among the victims, the Russian Foreign Ministry said. Blaming those deaths on Serbia, which is accused of having provoked the interference from the US-led military bloc, is a “hypocritical” interpretation of events, the ministry said.
“Those who voted in the Skupstina [parliament] for joining NATO under the pretext of an imaginary Russian threat should take responsibility for the consequences of implementing the plans of external forces, seeking to deepen the division in Europe and the Balkans, drive a wedge into the historically rooted friendly relations of Montenegrins with Serbs and Russians,” the statement read.
The Russian ministry said that “given the potential of Montenegro, the North Atlantic Alliance is unlikely to receive significant 'added value' thanks to the inclusion of its 29th member.
“But Moscow can’t ignore the strategic consequences of this step. Therefore, we reserve the right to adopt such decisions that are aimed at protecting our interests and national security,” the Foreign Ministry said.
Earlier on Friday, the Montenegro parliament ratified the law on the country’s accession to NATO, with all 46 lawmakers (out of the total of 81) present at the session supporting the country’s inclusion into the bloc.
The move took place in absence of the main opposition party, the Democratic Front, which instead staged a protest, demanding a referendum on whether to join NATO.
The vote in the Montenegrin parliament followed the decision by US President Donald Trump to approve the country’s membership bid on April 11. Accepting Montenegro into NATO will send a message to other aspirants that the “door to membership in the Euro-Atlantic community of nations remains open,” the White House said at the time.
Montenegro, a country with a population of around 622,000 people that seceded from Serbia in 2006, was granted a NATO Membership Action Plan (MAP) in 2009. Since then the country remained split on the issue, with protests against NATO across the country only intensifying as the republic drew closer to becoming a member of the bloc.


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Montenegro: Ratification of NATO Treaty 'Goes Against the Will of People'

30.04.2017

The ratification of Montenegro’s NATO membership by a parliamentary vote instead of a referendum is a violation of democratic norms, the Russian Foreign Ministry said in a statement on Friday. Radio Sputnik discussed the issue with Marko Milacic, executive director of the Movement for Neutrality of Montenegro.

Marco Milacic described the ratification as one of the most shameful decisions in the country’s modern history.

“This decision goes against the will of the majority of the Montenegrin people. While 84 percent of our people want a referendum on the country’s participation in NATO and this decision, the authorities and the parliament, which is totally illegal because there is no opposition there, decide on this,” he said.

“I think that this is a short-term decision by a small group of people, a criminal regime that hasn’t changed for almost three decades. This is a tremendous manipulation by people who are deeply rooted in crime,” Milacic added.

When asked about the level of anti-NATO sentiment in Montenegro almost 20 years after the 1999 NATO bombings of Yugoslavia, Marko Milacic said that this sentiment was “very strong,” but that the government, which he described as “a puppet of Washington and NATO,” ignores this and keeps telling people that NATO is a guarantor of a safe future for the country.

“In fact, it only ensures safe future for this small clique of criminals now in power, for their families and businesses,” Milacic emphasized.

Speaking about Montenegro being part of NATO’s plan to control the Adriatic Sea region now that other Adriatic nations like Albania, Croatia and Italy are already in the alliance, Milacic said that in his opinion, NATO wanted Montenegro in as punishment for Russia, as a signal to Moscow that it is now in control of Russia’s zone of influence.

“The other reason is that NATO wants to put its flag on a 200 km stretch of the Adriatic coast which is not yet under their control,” Milacic said. He added that this could also cause “a militarization of neutral Serbia,” which is the biggest country in the Balkans, and “sow anti-Russia hysteria here.”

On Friday, Montenegrin MPs voted 46-0 for the Balkan country to join NATO. Opposition lawmakers, who account for almost half of the 81-seat legislature, boycotted the parliamentary session.

Russia believes that Montenegro’s accession to NATO will undermine stability in the Balkans and elsewhere in Europe.




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NATO mission creep on road to Russia reaches Montenegro

Danielle Ryan, 30 Apr, 2017

This week’s vote by Montenegro’s parliament to ratify the protocol for the tiny Balkan nation’s admittance into the NATO alliance was a cruel irony.
Less than 20 years ago, during the Kosovo War, when the country was still part of Serbia, NATO jets were pounding Montenegro with depleted uranium bombs. Those bombs caused long-term damage to the nation’s health, which doctors today have linked to increases in systemic cancers among the population. Unsurprisingly, there remains some deeply anti-NATO feeling in the country today — and NATO membership is a hugely divisive issue.
Nonetheless, Montenegro’s government decided to forgo a referendum on NATO membership, denying the country’s citizens any say in the matter.
Why Montenegro?
American lawmakers have been enthusiastically anticipating Montenegro’s arrival into the alliance, but it has little to do with the country being of any significant military value — because Montenegro delivers absolutely nothing to NATO in terms of military strength. The country’s 2,000 troops are hardly a big draw, though its location is strategically significant and would give NATO almost full control of the Adriatic Sea, given that Italy, Croatia and Albania are already members).
The country is also unlikely to be facing down any major military threats from which it would need NATO’s protection. Nor are there any legitimate reasons to claim that Montenegro has any value to the US in terms of its national security interests.
The reasons for Montenegro’s ascension into NATO are therefore largely symbolic. Admitting the tiny Adriatic country as the bloc’s 29th member sends the message that the US-led alliance’s open door policy remains in place. It’s an opportunity to convey that the US ‘sphere of influence’ is ever-expanding and limitless. It’s the geopolitical equivalent of Washington sticking its tongue out at Russia and making childish noises to confirm its superior level of coolness. In other words, as one analyst noted, NATO is adding new members the way people add Facebook friends that deliver zero value or relevance to their lives, but the higher the number, the more popular you look.
Indeed, the Washington-based conservative think tank The Heritage Foundation argued in a recent paper that Montenegro’s membership would “send a message” of strength to Russia. If that’s the best reason they can come up with to justify adding a militarily insignificant new member to a military alliance, it’s a pretty weak case.
When the US Senate was debating Montenegro’s membership, avid warmonger and notoriously delusional senator John McCain accused Senator Rand Paul of“working for Putin” simply because he was against the country joining the bloc. This kind of baseless outburst only confirms that the likes of McCain and other pro-NATO expansionists have no real arguments to fall back on if they can only meet legitimate disagreements with accusations of “working for Putin”.
Shift to the West?
There is a clear temptation in Western reports to explain the move by Montenegro’s parliament as a ‘shift to the West’ for the country, but it is hardly so straightforward.
The opposition Democratic Front alliance believes that the government won’t allow a referendum on the issue because they would lose. This is not unlikely. Polls have shown that Montenegrins are deeply divided over whether to enter NATO. Anti-NATO members of parliament boycotted the vote and several hundred people showed up outside to protest it, chanting “treason!” and “thieves!”. One banner seen in photographs read: “Nato killers, you have blood on your hands.” The opposition say they will freeze the country’s membership if they win the parliamentary elections in 2021.
Montenegro is a notoriously corrupt country. Former prime minister Milo Djukanovic who ruled the country for 25 years (save a few short interruptions) has been accused of using the country as his own personal ATM and of muzzling the press. In 2009, he was implicated in a cigarette smuggling ring that reportedly laundered $1 billion in profits, but was never charged. In 2015, he earned himself the title “man of the year in organized crime” by the Organized Crime and Corruption Reporting Project.
Djukanovic called the October 2016 election a “referendum on NATO membership” — but the vote which sealed the nation’s fate regarding NATO membership was marred with serious allegations of fraud. One opposition leader called it“the most fraudulent we've ever had”. At the time, the EU called for an investigation, though in reality Brussels and Washington turned a blind eye given that the election results suited their own agenda. Similarly, the media weren’t overly interested the previous year when Montenegrins took to the streets to protest the pro-EU/NATO government.
The value placed on anti-corruption protesters around the world seems to be decided based more on their value to Western geostrategic interests than anything else. If those Montenegrins had been protesting a government regarded as friendly with Moscow, there would have been no end to the coverage — and no doubt, some American officials would have shown up in Podgorica to show their support.
Blaming Russia
Djukanovic stepped down and was replaced as prime minister by his ally Dusko Markovic after his party won the October election. Djukanovic has been eager to portray NATO membership and Russian influence as the biggest issue facing Montenegro. On election day, he announced there had been an attempted coup and Russian plot to assassinate him, with the aim being to prevent Montenegro’s entry into NATO.
Opposition parties say this “coup” was a fabrication; an attempt to rally support as people went to the polls. Knowing how well anti-Russian sentiment plays in the West these days, perhaps he thought a fake Russian plot would be a good way to get some attention.
It’s unlikely however, that Moscow sees the minuscule addition of Montenegro’s 2,000 troops as reason enough to assassinate a foreign leader to prevent it from happening — particularly when Vladimir Putin is already busy running rings around the rest of the world and hacking everything with an electric current.
Of course, Russia is not exactly delighted about Montenegro joining NATO — Moscow is against NATO expansion in general — but Putin is hardly quaking in his boots over this particular addition to the Western social club.
Given that NATO found itself without purpose in 1991 after the fall of the Soviet Union, it has struggled to maintain its relevance. This is why it engages in hair-brained and disastrous ‘humanitarian interventions’ in countries like Libya. It is also why NATO perpetuates the ridiculous notion of Russia as an existential threat to the Western world. NATO’s goal is to perpetuate its existence and stay relevant. Everything it does is in pursuit of this goal.
Adding members like Montenegro purely in an attempt to antagonize Russia is foolish. It serves only to confirm to Moscow that Washington disregards its interests an

(Message over 64 KB, truncated)


PER ANDREA ROCCHELLI E ANDREJ MIRONOV, TRE ANNI DOPO

1) Il fotoreporter morto in Ucraina. «È stato ucciso in un agguato»(C. Giuzzi / CdS, 6/5/2017)
2) Parlano per la prima volta i genitori del fotografo morto nel 2014 a Sloviansk (L. Sgueglia / L'Espresso, 10/10/2016)
3) Perché Kiev non dice la verità sulla morte di Andy Rocchelli? (M. Allevato / Il Foglio, 23/5/2015)


--- SUL DUPLICE OMICIDIO SEGNALIAMO ANCHE:

Professione reporter: ricordando Andy Rocchelli  (Radio3 Mondo, 01/05/2017)
Puntata speciale dedicata ad Andy Rocchelli, il giovane fotoreporter italiano ucciso insieme al suo interprete Andrei Mironov, durante la realizzazione di un reportage sulla guerra in Donbass, il 24 maggio di 3 anni fa... il documentario di Elisabetta Ranieri riproporrà gli audio ritrovati tra gli effetti personali del fotografo e restituiti alla famiglia, interviste realizzate durante i giorni chiave della proclamazione della Repubblica indipendente di Donetsk con la popolazione stremata nascosta nei bunker. Sarà un modo per ricordare il sacrificio di Andrea Rocchelli attraverso queste voci e attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto, la sua famiglia, i suoi colleghi del collettivo di fotoreporter Cesura, gli organizzatori del Festival dei diritti umani di Milano che ricorderanno proprio in questi giorni questa triste vicenda che non vede ancora una colpevole. A Milano saranno anche in mostra gli ultimi scatti di Andy. Sarà il contributo di Radio3mondo, in questo 1 maggio, alla difesa di una professione, quella del giornalista, sempre più sotto attacco.
AUDIO: http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-1f3e7afd-b9a7-4995-90b5-8a4e5078fce4.html

--- ALTRE BREVI E LINK SULLA VIOLAZIONE DELLA LIBERTA' DI STAMPA IN UCRAINA:

Ucraina, torturato e ucciso il giornalista filorusso rapito (di Redazione Online CdS, 14 luglio 2014)
http://www.corriere.it/esteri/14_luglio_14/ucraina-torturato-ucciso-giornalista-filorusso-rapito-6da5fd04-0b36-11e4-9c81-35b5f1c1d8ab.shtml
L’uomo era sparito quasi un mese fa mentre raccoglieva informazioni sulle violazioni dei diritti umani delle forze ucraine
Serghei Dolgov, un giornalista di Mariupol (Ucraina orientale) sequestrato il 18 giugno scorso, è stato trovato morto vicino a Dnipropetrovsk (Ucraina centrale): lo ha reso noto su Facebook Konstatin Dolgov, co-presidente dell’organizzazione separatista filorussa Fronte popolare Novorossia, secondo il quale dopo il rapimenti il suo omonimo sarebbe stato portato a Dnipopetrovsk e torturato. La vittima era il direttore del giornale «Khaciu´ v Sssr» («Voglio tornare all’Urss») e raccoglieva informazioni sulle violazioni dei diritti umani delle forze ucraine nel conflitto nell’est del Paese.

Deputata PD sostiene chi uccide i giornalisti (fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 22/1/2015)
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/photos/a.588029701278288.1073741828.587994241281834/763652713715985/ 
La deputata PD Eleonora Cimbro racconta su FB [
]  dell'incontro con l'ambasciatore ucraino Perelygin, ovvero colui che lo scorso giugno a Catania gridava "viva Bandera!" - il nazionalfascista ucraino, collaborazionista dei nazisti, che durante la seconda guerra mondiale fece stragi di civili nell'Ucraina occidentale. Ci si sarebbe aspettata una discussione a proposito della repressione dell'opposizione, della violenta censura contro la stampa o dello stato delle indagini sull'assassinio del giornalista italiano Andrea Rocchelli - ucciso dall'esercito ucraino. Niente di tutto ciò. Alla Cimbro è parso più interessante discutere della situazione di tale Savchenko, militare ucraina di estrema destra, combattente nelle file del battaglione di volontari Ajdar, arrestata e reclusa in Russia in quanto sospettata di aver ucciso due giornalisti russi. E' spontaneo chiedere: per chi lavorano certi parlamentari?
*** A proposito di Perelygin: 
Catania. Contestato l'ambasciatore ucraino che inneggia al nazista Bandera (Redazione Contropiano, 20 Giugno 2014)

Giornalista “France-Presse” ferito in bombardamento esercito ucraino a Donetsk (14.06.2015)
Alexander Gayuk, giornalista dell'agenzia stampa “France-Presse”, residente nel quartiere Kuibyshevsky di Donetsk, è stato colpito alla gamba al momento di un bombardamento, ha riferito il capo della amministrazione del distretto cittadino Ivan Prikhodko...

Vi racconto la storia del mio arresto in Ucraina (di Franco Fracassi, 26 giugno 2015)
Arrestato a Kiev appena sbarcato con l’accusa di essere «nemico del popolo ucraino». Il mio reato? Aver fatto il mio lavoro di giornalista. E dopo l’arresto, la scoperta di far parte della lista nera degli squadroni della morte...

Ucraina, espulsa giornalista russa e il Cremlino replica: "Inaccettabile" (Andrea Riva - Gio, 02/07/2015)
Alexandra Tcherepnina, della tv russa Pervy Kanal, ha realizzato un documentario per provare la presenza nazista in Ucraina ed è stata accusata di "attività distruttive" dal governo di Kiev...
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ucraina-espulsa-giornalista-russa-e-cremlino-replica-inaccet-1147637.html

The revealing case of Ukrainian journalist Igor Guzhva. Editor-in-chief of largest daily to be silenced (By Sergei Kiritchuk, 17/08/2015)
Igor Guzhva is one of the most profiled journalists of Ukraine. He has been daring, however, not to follow the political narrative of the government and Ukrainian nationalism at large. Therefore the authorities have been prosecuting him and seem to take the final step in silencing one of the few remaining dissenting voices.
http://www.antiimperialista.org/igor_guzhva

#JesuisBBC: Poroshenko bans western journalists from Ukraine (RT, 17 Sep, 2015)
... President Poroshenko has distracted the Western media from its important role as a cheerleader for his government. Banning BBC journalists was a big mistake for the chocolate king...

Savchenko: Kiev e Washington comandano a Mosca la sua scarcerazione (di Fabrizio Poggi, 23 marzo 2016)
La procura aveva chiesto 23 anni di colonia per Nadežda Savchenko, riconosciuta colpevole di concorso in omicidio per la morte dei giornalisti russi Igor Korneljuk e Anton Vološin e tentato omicidio di civili di Lugansk e, alla fine, il tribunale l’ha condannata a 22 anni di colonia a regime ordinario...
http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/03/23/savchenko-kiev-washington-comandano-mosca-la-sua-scarcerazione-076993

L’Ucraina diventa “antidemocratica” solo ora che attacca i giornalisti occidentali (di Eugenio Cipolla. 3.6.2016)
... il 7 maggio il sito web ucraino Mirotvorest (traduzione di Peacemaker), gestito da hacker anonimi filogovernativi, ha pubblicato una lista dei 4.000 giornalisti (con numeri di telefono, mail e indirizzi di casa) che almeno una volta, in questi ultimi due anni, sono stati accreditati in Donbass, per seguire gli sviluppi di un conflitto che, nel bene e nel male, ha influenzato gli equilibri politici mondiali. La pubblicazione aveva un titolo incontrovertibile: ”Canaglie”. Dentro ci sono i nomi di tutti. Reuters, Bbc, Sky news, ma anche Repubblica (Nicola Lombardozzi) e Corriere della Sera (Fabrizio Dragosei). E forse è proprio per questo che il quotidiano di Via Solferino si è improvvisamente svegliato...

Ucraina cuore nero dell’Europa. Arrestata giornalista antifascista (di Patrizia Buffa, 17 agosto 2016)
L’arresto di Miroslava Berdnik, avvenuto a Kiev, nella mattina del 16 agosto 2016, ancora una volta restituisce, con brutale realismo, il senso, la drammaticità e le dimensioni della violenza che il regime fascista di Kiev sta consumando alle porte dell’Europa...


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Il fotoreporter morto in Ucraina. «È stato ucciso in un agguato»

Dopo quasi tre anni svolta nelle indagini sull’italiano Andrea Rocchelli: «Andy», fondatore e membro del collettivo di fotografi indipendenti «Cesura», è stato ucciso ad Andreyevka, vicino alla città ucraina di Sloviansk, il 24 maggio 2014

di Cesare Giuzzi, 6 maggio 2017

Andy non è morto per errore. Non è stato un «danno collaterale» della guerra del Donbass e dei ribelli filorussi. No, quello di Andrea Rocchelli, fotoreporter del collettivo indipendente Cesura, è stato un omicidio volontario. Un bombardamento ripetuto con 40-60 colpi di mortaio e durato più di mezz’ora. Un fuoco «continuato», come scrivono gli investigatori, con le truppe d’artiglieria che prima sparano colpi di mitra contro il taxi dove si trovavano Andy Rocchelli, il suo interprete e giornalista russo, Andrei Mironov e l’inviato francese William Roguelon. Poi si concentrano in modo specifico sulla «buca» dove hanno trovato riparo il fotografo e l’interprete. Fino ad avere la certezza di averli uccisi. 
Dopo tre anni da quel 24 maggio 2014, arriva la prima vera svolta nelle indagini sulla morte del fotoreporter in Ucraina. Il sostituto procuratore di Pavia Andrea Zanoncelli e l’aggiunto Mario Venditti sono convinti che Rocchelli, nato e cresciuto proprio sulle rive del Ticino, sia stato ucciso volontariamente in un agguato e non in un incidente di guerra. Una tesi che in qualche modo collima con quanto sostenuto dalla famiglia e anche dall’unico sopravvissuto all’attacco (l’autista del taxi non venne mai identificato), il francese Roguelon. Proprio il reporter transalpino è stato interrogato venti giorni fa a Milano dai carabinieri del Ros, guidati dal colonnello Paolo Storoni.

[VIDEO: Ucraina, morto Andy Rocchelli. Il racconto del collega francese (25.5.2014)

Gli inquirenti, dopo uno stallo durato più di due anni, sono riusciti a dare nuova linfa alle indagini sequestrando anche documenti inediti. Finora, nonostante gli appelli della famiglia, le rogatorie con Kiev e Mosca non avevano di fatto portato a nessun passo avanti nell’inchiesta (il fascicolo originariamente era stato aperto a Roma). Le risposte arrivate da Kiev sono state giudicate «non soddisfacenti» anche solo per ricostruire la dinamica della sparatoria. Gli investigatori sono adesso convinti di avere individuato una possibile pista dietro l’agguato e, anche se il riserbo resta massimo, potrebbero aver fatto luce anche sugli uomini che fecero parte del gruppo di fuoco di Andreyevka, vicino alla città ucraina di Sloviansk.

[FOTO: Ucraina, gli scatti di Andy Rocchelli

Tra il nuovo materiale sequestrato anche gli archivi sui quali Rocchelli conservava le fotografie scattate durante le giornate di lavoro, i supporti virtuali icloud con i quali inviava il materiale in Italia, a Pianello Val Tidone nel Piacentino dove ha sede il collettivo Cesura, e anche parte dei file che da quegli hardware erano stati cancellati. Il sospetto, ma al momento su questo non ci sono conferme, è che Rocchelli e il giornalista ed ex dissidente russo Mironov, siano stati ammazzati dal fuoco delle truppe ucraine. L’obiettivo principale sarebbe stato proprio Mironov. Ma anche Rocchelli, che già si era occupato della guerra in Cecenia, era un nome piuttosto noto tra i «war reporter» nell’ex Urss.

[VIDEO: Andy Rocchelli: «Ecco come lavora un reporter oggi» (25.5.2014)

I magistrati italiani stanno per chiedere una nuova rogatoria alle autorità ucraine. A questo si unisce la notizia di un secondo filone di indagini nel Maceratese che riguarda possibili contatti tra un trafficante d’armi ascolano e alcuni russi collegati all’inchiesta sulla morte di Rocchelli. L’indagine è condotta dal Ros di Ancona, ma gli investigatori escludono ogni collegamento tra i due fascicoli. Anche se sarebbero emersi elementi «suggestivi».


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Vedi anche:

Andrea Rocchelli, attivista della verità (10 ottobre 2016)
Andrea è stato ucciso a 30 a colpi di mortaio, la sera del 24 maggio 2014, in Est Ucraina dove si trovava per documentare le sofferenze della popolazione civile. Nel 2015 gli è stato attribuito postumo il World Press Photo  

Gli ultimi scatti di Andrea Rocchelli prima di essere ucciso (di Tiziana Faraoni, 10 ottobre 2016)
Pubblichiamo un documento unico che ci dice molto  su “Andy”: le immagini scattate sono la testimonianza della capacità e della caparbietà dell’uomo e del fotoreporter, mosso da una tenacia militante e da una passione per la sua professione che lo hanno portato a mostrarci perfino i momenti 
che precedono la sua morte
http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2016/10/06/news/andrea-rocchelli-1.285200

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Diteci perché è stato ucciso Andrea Rocchelli

«L’Ucraina vuole chiudere l’inchiesta. Senza cercare chi ha sparato. E ora l’unica speranza è che il governo italiano faccia vere pressioni su Kiev». Parlano per la prima volta Rino Rocchelli e Elisa Signori, i genitori del fotografo morto nel 2014 a Sloviansk 

di Lucia Sgueglia, 10 ottobre 2016

A oltre due anni dalla morte di Andrea Rocchelli e Andrey Mironov a Sloviansk, sono arrivati i risultati dell’inchiesta ucraina, trasmessi da Kiev al Ministero di Grazia e Giustizia a Roma in risposta alla rogatoria internazionale lanciata nel 2015 dalla Procura competente di Pavia. Elisa Signori e Rino Rocchelli, i genitori di Andrea, in anteprima per “l’Espresso”commentano i contenuti del fascicolo, dicendosi «molto delusi». E lanciano un appello al governo Renzi: «Aiutateci a fare chiarezza, ora serve un intervento politico». Accompagnano l’intervista le ultime foto scattate da Andrea in punto di morte, totalmente inedite. 

Il lancio della rogatoria segue a una lunga fase di silenzio degli ucraini dopo l’accaduto. Le conclusioni vi soddisfano? 
E.S.: «Il dossier, molto corposo, è arrivato dopo ripetuti solleciti dell’ambasciatore italiano a Kiev, Fabrizio Romano, del ministro Gentiloni e della Procura di Pavia. A breve si attende anche l’esito dell’indagine francese. Il risultato per noi è molto insoddisfacente, carente, elusivo. A partire dalle testimonianze: la maggior parte irrilevanti, non pertinenti. Manca il testimone oculare più importante, il fotografo francese William Roguelon sopravvissuto miracolosamente all’attacco. E non è stato interpellato nessun militare, nonostante l’esercito di Kiev avesse una postazione fissa a poca distanza dal luogo della tragedia. Probabilmente c’erano anche postazioni mobili dei ribelli.
R.R.: «Anche la perizia balistica, condotta con un anno e mezzo di ritardo, è inconsistente: conclude che non si può stabilire né la provenienza né il tipo dei proiettili. La deposizione dell’autista, l’altro testimone oculare, contiene omissioni e falsi.

Nel dossier tuttavia per la prima volta l’Ucraina ammette ufficialmente la possibilità che a colpire possa essere stato il proprio esercito. 
E.S.: «Le conclusioni lasciano aperte due ipotesi: si dice che possono essere morti per fuoco dei ribelli separatisti, oppure “per errore” da fuoco militare ucraino. Con questo, senza nemmeno una conclusione univoca, le autorità ucraine dichiarano di chiudere il caso. Non siamo d’accordo, non ci basta. Indica mancanza di volontà di far chiarezza su un caso scomodo, un caso difficile.

Cosa volete da Kiev? 
R.R.: «Vogliamo che vengano svolte indagini serie. E stabilire una responsabilità precisa. Finora il governo ucraino non aveva nemmeno dato una versione ufficiale dei fatti. Nei giorni successivi alla morte di Andrea, i media ucraini avevano diffuso la tesi della responsabilità dei filorussi.

Che ruolo ha l’Italia nella vicenda? Cosa vi aspettate dal governo Renzi?
E.S.: «L’iter della giustizia internazionale ha sortito un risultato assai deludente. La Procura potrà chiedere un supplemento di indagine, ma è un cammino lunghissimo e non sembra che Kiev desideri una collaborazione costruttiva. La giustizia qui ha strumenti spuntati. Per impedire l’insabbiamento della vicenda, ora serve un salto di qualità, un intervento politico dall’Italia.
R.R.: «Serve fare pressione a livello politico-diplomatico, un passo più ufficiale. Il governo italiano non può considerare accettabile questo risultato. Occorre impugnare questa sorta di ambiguità e chiedere che venga fatta luce sulla morte violenta di un cittadino italiano, sulla quale finora non sono state date risposte adeguate. La nostra è una richiesta di aiuto: ora ci sono elementi perché la diplomazia si muova.

Cosa lo ha impedito finora?
E.S.: «C’è stata molta tolleranza del governo italiano nell’attendere oltre due anni una risposta che forse poteva venire prima. A lungo Kiev ha usato l’alibi della guerra in corso. Ma Sloviansk è in pace da molto tempo, il ritardo nella consegna del dossier è poco spiegabile. Roma ha scelto di attendere con fiducia i risultati di un paese che è amico e ha con noi relazioni commerciali».

Avete aderito in via privata alla petizione Regeni. So che non volete paragonare le due storie. Eppure hanno qualcosa in comune: l’età, le insinuazioni che Giulio o Andy se la siano “cercata”…
E.S.: «Siamo pienamente solidali con la famiglia Regeni e la loro necessità di giustizia. Ma i due casi sono diversi: lì il contesto dei servizi segreti, qui politica ed esercito. Di entrambi, è vero, è stato detto che sono giovani sprovveduti, e per parlarne si usa sempre l’espressione “ragazzi”: quasi a conferire un alone di immaturità e inesperienza che spiega ciò che gli è successo. In realtà sono giovani uomini che affrontano situazioni difficili con competenza. Nel caso di Andrea e Andrey, una coppia di giornalisti esperti. Andrea era stato per lavoro in diverse zone calde, anche di guerra. Mironov aveva la nostra età ed era noto per la sua prudenza e conoscenza delle situazioni di crisi. Non se la sono “andati a cercare”.
R.R.: «Certo, la situazione a Sloviansk si è aggravata ed è precipitata proprio in quel momento, in coincidenza con elezioni. Andrey e Andrea sono stati i primi due giornalisti vittime del conflitto in Ucraina. Dopo di loro ne sono stati uccisi altri, di nazionalità russa. Va ricordato tuttavia che ufficialmente per Kiev non c’è mai stata una “guerra civile” nell’Est del paese: ancora oggi viene definita dal governo una “operazione anti-terrorismo”».

Con Regeni l’Italia ha tentato pressioni sull’Egitto, pure paese “amico”. Come mai per Andy non è accaduto? 
R.R.: «L’Ucraina di fatto fa il primo passo solo adesso, dopo due anni. La sua strategia è stata prendere tempo, dilazionare, accettando al contempo formalmente le richieste italiane di collaborazione».

Un caso “ostaggio della geopolitica”? Nel conflitto ucraino Usa, UE e Italia si sono formalmente schierate con Kiev, contro la Russia che appoggiava i separatisti. Proprio pochi giorni fa si è conclusa l’inchiesta internazionale sull’abbattimento del Boeing MH17 a luglio 2014 vicino Donetsk, attribuendo la responsabilità ai russi: un macigno sui rapporti con Mosca.
E.S.: «Ne siamo consapevoli. La morte di Andrea e Andrey si è verificata sulla soglia tra la crisi ucraina e la guerra civile. Proprio quel 24 maggio 2014 è stata una delle giornate di passaggio tra i due momenti, di scivolamento verso un conflitto più duro. In un contesto internazionale molto difficile e complesso: l’Ucraina è ai confini dell’Europa, e il caso risente dei tanti intrecci di realpolitik che si giocano su questo tavolo».

Che valore hanno per voi le foto di Andrea pubblicate qui per la prima volta? Sono importanti ai fini dell’inchiesta?
E.S.: «Per noi sono immagini drammatiche, le ultime scattate da nostro figlio poco prima che venisse ucciso. Importanti almeno per due motivi: da un lato confermano la presenza di un quinto uomo nel gruppo, taciuta nell’inchiesta ucraina, un testimone oculare cruciale che andrebbe rintracciato. Dall’altro, come già emerso dal fotografo francese (che parla di 40-60 colpi diretti soltanto su di loro) e dall’autista, dimostrano un accanimento di chi ha sparato proprio sui giornalisti. Non vittime casuali di un tiro rivolto altrove, un fuoco incrociato tra esercito ucraino e ribelli come si era pensato inizialmente. Ma di un fuoco prolungato, che mira sistematicamente al fondo del fosso dove i cinque si erano rifugiati per sfuggire agli spari. Sulla strada adiacente ci sono ancora evidenti segni di bombardamento, li abbiamo visti noi stessi a maggio scorso quando ci siamo recati a Sloviansk. Forse mortai, o granate».
R.R.: «Le foto misurano bene la durata e costanza dei colpi: almeno 14 minuti fino a quando Andrea viene colpito, e muore, l’ultimo fotogramma. Sicuramente il tiro è durato di più».

Come ve lo spiegate? Ipotizzate che non si sia trattato di un mero incidente di guerra? 
E.S.: «Per noi non è un incidente, è un atto di guerra contro inermi. Andrea ha continuato a scattare fino all’ultimo e ci ha lasciato una documentazione di quello che stava succedendo. Forse aveva capito che stavano per morire. Per colpire in quel profondo fosso fino a uccidere due persone e ferirne una terza, bisogna sceglierlo come obiettivo. Non un tiro casuale che serve a spaventare o cacciare via degli intrusi. In quel momento in mezzo alla piana, “scoperti”, c’erano solo loro».
R.R.: «Certo, forse chi ha sparato li ha scambiati erroneamente per ribelli, o per altri soggetti, non lo escludiamo. Ma avevano avuto abbastanza tempo per studiarli, e capire che erano disarmati, civili: dopo l’arrivo hanno scattato foto indisturbati per almeno 10 minuti, in piena visibilità, soltanto dopo sono partiti gli spari.»

Qualcuno può averli presi di mira volontariamente?
R.R.: «Non erano schierati. Il loro compito principale a Sloviansk non era fotografare la prima linea o obiettivi militari, ma documentare le sofferenze dei civili nell’assedio, come nella celebre foto dei bambini rifugiati nel bunker. Andrea nelle sue telefonate ci raccontava sempre che erano ben accetti da tutti, accolti con tolleranza sia da filo russi che dalle forze ucraine. Non si sentivano in pericolo».

Quale giustizia vi aspettate? 
E.S. - R.R.: «Né noi, né sua sorella Lucia né la sua compagna Mariachiara abbiamo obiettivi di vendetta. Vogliamo però certo sapere com’è andata, conoscere la dinamica dei fatti. Che si faccia luce sul caso con serietà e onestà, senza mistificazioni, e venga fatta giustizia. È chiaro che chi fa questo lavoro si espone al rischio. Ma non deve passare con facilità l’idea che l’uccisione di un giornalista venga considerata un rischio fisiologico del mestiere, la sua morte un “danno collaterale” ,“normale” in situazioni di pericolo, o in una guerra non dichiarata come questa».


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Perché Kiev non dice la verità sulla morte di Andy Rocchelli?

di Marta Allevato | 23 Maggio 2015

Mosca. Ci sono stati premi, riconoscimenti e promesse di indagini da parte delle istituzioni, ma ancora nessun colpevole per il primo assassinio di un giornalista straniero nel conflitto ucraino. Resta invece il dubbio che nella versione ufficiale del governo di Kiev qualcosa non torni. E’ passato così, per la famiglia Rocchelli, il primo anno dalla morte, il 24 maggio scorso, di Andrea (Andy per gli amici), il fotografo trentenne di Pavia rimasto ucciso da colpi di mortaio a Sloviansk, ex roccaforte delle milizie separatiste e obiettivo, allora, del primo grande assalto lanciato dall’esercito di Kiev contro i filorussi. La famiglia di Andy – Rino, il padre; Elisa, la mamma; Lucia, la sorella e Mariachiara, la compagna e madre di suo figlio – hanno scelto di non esporsi. Per il dolore e per la fiducia nel lavoro delle autorità competenti. I Rocchelli raccontano oggi questa storia dal loro punto di vista per ribadire le loro speranze, “acuite dal tempo che passa e dalla frustrazione di vedere che la morte dei giornalisti viene normalizzata come effetto collaterale delle guerre”.

Da mesi ci si aspetta “l’apertura di un’indagine esaustiva e trasparente da parte del governo ucraino, che ricostruisca la dinamica dell’assassinio, individui e persegua i responsabili”, dicono in un’intervista al Foglio. Le condizioni sul campo lo permetterebbero, essendo cessate le ostilità. Sloviansk è tornata sotto il controllo dei governativi. Dopo la presa di Debaltsevo da parte dei filorussi, la cittadina si è avvicinata alla linea del fronte, ma la situazione si è tranquillizzata e in Donbass vige un fragile cessate il fuoco. Alcuni colleghi di Andy, del collettivo di fotografi Cesura, sono andati a porre una piccola lapide sul luogo dove il giovane fotoreporter e l’attivista e giornalista russo Andrei Mironov, suo amico e conoscitore dell’Italia, sono stati uccisi: un passaggio a livello, punto di accesso a una collina strategica, allora avamposto dell’artiglieria ucraina. Da lì sono arrivati i colpi di mortaio. Il giornalista francese William Roguelon, che era nella macchina con i due ed è sopravvissuto all’attacco, ha ipotizzato in una delle sue prime interviste che a sparare siano stati i lealisti. Versione che contraddice quella fornita da Kiev alle autorità italiane e che attribuisce la responsabilità ai ribelli filorussi.
 
In questi mesi, i Rocchelli non hanno mai smesso di cercare la verità sulla dinamica del duplice omicidio: “Abbiamo contattato e parlato con Roguelon, letto la testimonianza che ha depositato alla Gendarmerie Française”. Se si chiede loro che idea abbiano sull’accaduto, rispondono con gentile fermezza che “le opinioni contano poco: quel che conta è che emerga perché e chi ha fatto oggetto di tiri mirati e sistematici tre giornalisti inermi, identificati come tali” (Roguelon al primo colpo ha subito alzato la macchina fotografica e gridato “siamo giornalisti”, ndr). “La qualità dei proiettili, la balistica dei tiri, l’ora e il luogo dell’attacco sono perfettamente identificati, non dovrebbe essere difficile stabilire chi era al comando di queste truppe e come sono andate le cose”. Nonostante le promesse di giustizia fatte all’allora ministro degli Esteri Federica Mogherini e al suo successore Paolo Gentiloni dai rappresentanti del governo ucraino, finora da Kiev nessuno si è mai messo in contatto con i Rocchelli, né con i testimoni a loro noti. “Le autorità italiane, ovvero la procura della Repubblica di Pavia incaricata dell’inchiesta, ci tengono invece costantemente informati, ma in un anno non pare che la giustizia abbia compiuto passi avanti”.
 
Nella famiglia di Andy il dolore non si è mai trasformato in rancore. “Pensiamo che questo anniversario possa avere un significato nella sfera pubblica: serve a riflettere su quanto il diritto all’informazione sia fondamento di una società civile e consapevole, ma anche sul dovere di difendere l’incolumità di giornalisti, che a quel compito consacrano i loro sforzi. Il numero delle vittime, è in costante aumento ma non si preparano strumenti e strategie per proteggerli, né per perseguire i responsabili della loro uccisione o di violenze loro inflitte”, dicono i Rocchelli, che l’anno scorso a Mosca hanno ritirato il premio Anna Politkovskaia, conferito ad Andy dall’Unione dei giornalisti russi. “Siamo orgogliosi dei prestigiosi riconoscimenti al suo valore professionale (tra cui il World Press Photo), sebbene gli siano stati conferiti postumi”.
 
Infine un appello alla comunità europea, perché “assuma queste vicende legate alle violazioni dei diritti umani come un proprio permanente ambito d’impegno, sperando che la realpolitik non oscuri la percezione di tale dovere”.





(français / srpskohrvatski)

Hronike radnika

1) GEOX, SRBIJA: Stvarni troškovi proizvodnje cipela [Sfruttamento dei lavoratori alla GEOX]
2) AGROKOR, HRVATSKA: Bivši Društveni pravobranilac samoupravljanja komentira [Effetto devastante del capitalismo in Croazia]
3) KOSOVO: Sindikalna bijeda [In Kosovo sono scomparsi i sindacati]


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SERBIE : À VRANJE, GEOX PIÉTINE LE DROIT DU TRAVAIL (par Bojana Tamindzija / Mašina, 19 mai 2017
Moins de sept mois après son ouverture en janvier 2016, l’usine Geox de Vranje était déjà en grève. Le fabriquant italien de chaussures avait décidé de s’asseoir sur tous ses engagements pris avec le gouvernement serbe, qui a pourtant largement financé cette installation. Descente dans les enfers de la mondialisation...


Stvarni troškovi proizvodnje cipela


Nedavna pobuna radnica i radnika u Geoxu ukazala je javnosti na loše radne i materijalne uslove u toj fabrici. Iako poboljšanja postoje, najnoviji izveštaji pokazuju da i dalje postoji dosta nedostataka kao i njihovu uslovljenost tržišnim mehanizmima u industriji obuće. 

Kampanja „Abiti Puliti“ i inicijativa „Change your shoes“ su objavile izveštaj o načinu funkcionisanja proizvodnih lanaca u industriji obuće. Ovo istraživanje je zasnovano na uvidima u strategije proizvodnje tri svetski poznata brenda u proizvodnji obuće: TodsaGeoxa i Prade. Izveštaj pruža detaljan uvid u funkcionisanje lanca proizvodnje i snabdevanja luksuznih brendova, na čijem se jednom kraju nalaze marketinški rafinirano upakovani i skupi proizvodi, a na drugom kraju, skriveni od očiju javnosti, degradirajući uslovi rada u kojima je, širom sveta, primorana da radi sve jeftinija radna snaga.

Neumoljiva trka za uvećanjem profita konstantno menja globalne proizvodne putanje, gde mobilnost kapitala, strategije outsourcing-a i prilagođavanje međunarodnog i nacionalnog zakonodavstva, omogućavaju konstantno snižavanje troškova proizvodnje – relokacijom u područja jeftine radne snage – što posledično znači degradiranje radnih uslova na globalnom nivou, sve nesigurnije radno mesto i sve niže plate. Ogroman prihod1 koji beleže ove kompanije direktno je vezan za nove tržišne uslove i povlašćen položaj „velikih imena“ u proizvodnom lancu. Prihodi generisani sve većim disbalansom između troškova proizvodnje i finalne cene proizvoda se ne raspoređuju ravnomerno svim akterima proizvodnje.

Relokacija proizvodnje u Evropu

Izmeštanje proizvodnje u područja jeftine radne snage uglavnom u Aziji uslovilo je pad cene rada na globalnom nivou. Tako smo danas svedoci i procesa povratka proizvodnje u zemlje porekla brendova ili premeštanje proizvodnje u zemlje Istočne Evrope.2

Devastiran privredni sistem zemalja Istočne Evrope učinio je cenu rada nižom nego u pojedinim azijskim zemljama. Pored toga, vlade ovih zemalja se takmiče u privlačenju stranih investitora ili formiranjem tzv „Slobodnih zona“ sa specijalnim uslovima poslovanja ili obezbeđivanjem niza pogodnosti kao što je dodatno finansiranje subvencijama, besplatna infrastruktura, oslobađanje od uvoznih i izvoznih dažbina, poreske olakšice itd. Dodatnu pogodnost za poslovanje u Istočnoj Evropi olakšava i primena OTP-a (Outward Processing Trade) posebnog carinskog sistema koji omogućava kompanijama da van Evropske Unije izvoze sirovine, a da nazad uvoze poluproizvode ili gotove proizvode plaćajući porez samo na vrednost dodate obrade. Na ovaj način kompanijama je omogućeno da šire mrežu kooperanata bez velikih dodatnih troškova.

Tods dobavljače danas nalazi u italijanskim pokrajinama s jeftinom radnom snagom. Trenutna politika Prade je vraćanje proizvodnje u Evropu, u Italiju – a pre svega u zemlje Istočne Evrope. Svi Geoxovi glavni dobavljači su van Italije, uglavnom u Aziji i nekoliko u zemljama Istočne Evrope.

Proizvodni lanac i njegova hijerarhija

Delegiranje pojedinih delova proizvodnog procesa trećim licima nije ništa novo u načinu poslovanja velikih kompanija, ono što je novo u današnje vreme je postojanje kompanija koje više ne poseduju sopstvene fabrike – kompletna proizvodnja pod etiketom brenda outsorsovana.

Fragmentacija procesa proizvodnje uslovila je da se retko kad ceo proizvodni proces odvija u okviru jedne fabrike (fully in-house production chain). Redak primer je Tods koji visoko rangirane modele cipela kompletno proizvodi u svojim objektima i Geox koji poseduje fabriku u Srbiji u kojoj ima zatvoren proces proizvodnje za niže i srednje rangirane modele cipela (u ovoj fabrici se proizvodi samo 3% od ukupne proizvodnje kompanije Geox).

Potpuno eksternalizovan proizvodni proces (fully external production chain) je mnogo češća praksa. U tom slučaju su druge fabrike zadužene za kompletnu proizvodnju cipela. Iako se ugovor o snabdevanju potpisuje samo s jednim izvođačem u praksi najčešće postoji sistem u koji je uključeno mnogo različitih firmi. Ponekad je proizvodni proces mešavina oba (mixed chain shoe production) gde se najčešće sklapanje gotovog proizvoda dešava direktno u fabrikama kompanije, dok se delovi pribavljaju od podizvođača.

S obzirom na dominantnu poziciju koju veliki brendovi imaju na tržištu, veliki broj fabrika koje nemaju mogućnosti da plasiraju svoje proizvode spreman je da se angažuje kao njihov podizvođač. Velike kompanije su u poziciji da u potpunosti diktiraju uslove proizvodnje, što često znači da kooperanti bivaju prinuđeni da sklapaju nepovoljne ugovore. Prema nekim izveštajima cene koju su plaćali brendovi kooperantima nisu bile dovoljne za pokrivanje osnovnih troškova proizvodnje što je vodilo ka bankrotu malih fabrika i gubljenju radnih mesta.3 Veoma kratki rokovi isporuke i veoma niske cene, uslovljavaju delegiranje pojedinih delova proizvodnje niže pozicioniranim kompanijama, s lošijim uslovima rada i nižim zaradama. Fragmentacija procesa proizvodnje omogućava lakšu ekspoloataciju radnika, a ona je sve veća što se više krećemo od centrala brendova ka periferiji radnog procesa.

Izveštaj navodi primere u kojima su zbog pritisaka kompanija pojedini kooperanti prinuđeni da rade u sivoj zoni, što dovodi do sve nesigurnijih radnih uslova za radnike: rad od kuće ili plaćanje na crno. Iako formalno kompanije sklapaju ugovor najčešće samo s vodećim dobavljačem, kontrolu kvaliteta proizvodnje vrše u celom lancu, nezainteresovani za uslove u kojima se proizvodnja obavlja. Izveštaj, takođe, beleži i prakse kašnjenja u plaćanju kooperanata koje su se završavale neisplaćivanjem zarada radnicima na različitim nivoima proizvodnog lanca. U ovakvim uslovima sindikalno delovanje, ako nije u potpunosti onemogućeno onda je u velikoj meri otežano.

Poslovanje Geoxa u Srbiji

Deo istraživanja koji se odnosi na poslovanje kompanije Geox u Srbiji potvrđuje validnost medijskih natpisa o brojnim neregularnostima i kršenju radnih prava u okviru ove fabrike.

Izveštaj nas podseća da je Geoxova fabrika u Vranju otvorena januara 2016. godine uz subvencije vlade Republike Srbije u vrednosti od jedanaest miliona evra, na osnovu kojih je fabrika bila u obavezi da zaposli 1250 ljudi koji će primati platu u iznosu minimalne zarade plus 20%. Međutim, sve do septembra 2016. godine Geox je većini radnika i radnica uplaćivao minimalac, a na platnim listićima često nije bio evidentiran (ni plaćen) prekovremeni rad. Pored toga, radnici su prijavili neregularne ugovore o radu, neregularna otpuštanja, verbalno maltretiranje i nedostatak adekvatnih radnih uslova i zaštite na radu.

Medijski pritisak, do kojeg je došlo nakon što su neke od radnica odlučile da javno progovore o lošim radnim uslovima u ovoj fabrici, je donekle urodio plodom. Plate u Geoxusu povećane, prekovremeni rad je sveden u zakonske okvire i trenutno postoje dva sindikata registrovana u okviru fabrike.

Međutim, radnici i dalje izveštavaju o brojnim neregularnostima o kojima je „Campagna Abiti Puliti“ obavestila kompaniju 13. februara ove godine. Do objavljivanja izveštaja kompanija Geox se nije zvanično izjasnila po pitanju trenutnog stanja u fabrici.4 Izveštaj nas takođe upozorava da, čak i ako je plata porasla za ugovorom predviđenih 20% više od minimalca (prema poslednjem izveštaju radnika najniža plata u Geoxu iznosi oko 29.000 dinara), ona i dalje nije dovoljna za pokrivanje osnovnih životnih potreba, ako se uzme u obzir iznos prosečne potrošačke korpe za tročlanu porodicu u Srbiji, koja iznosi oko 65.000 dinara mesečno.

Pritisak koji brendovi vrše nad ostalim akterima proizvodnog lanca očitava se i u strahu da se o uslovima poslovanja, proizvodnji i radnim uslovima govori javno. Podizvođači strahuju od gubitka ugovora s kompanijama, dok se radnici boje gubitka posla.

Dugačka lista zahteva spram kompanija, vlada država EU i Evropskog Parlamenta, kojom se završava izveštaj, na neki način potcrtava da su globalni proizvodni lanci dizajnirani da podstiču trku do dna u urušavanju radnih prava gde god se radnici nalazili. Izveštaj skreće pažnju na važnost uloge obaveštenih potrošača, nezavisnih medija i međunarodnih mreža solidarnosti, koji uz delovanje sindikata treba da vrše pritisak na kompanije da bi se one ponašale odgovorno i u skladu sa nacionalnim zakonima, međunarodnim konvencijama i Rukovodećim načelima Ujedinjenih nacija o biznisu i ljudskim pravima.

  1.  Prema izveštaju Tods je u u 2016. godini ostvario prihod od 1.004 miliona evra, Prada 3.548 miliona evra , a Geox 900 miliona
  2.  Termini koji se koristi za označavanje ovog procesa je reshoring. Ili back-reshoring – povratak u zemlje porekla, i near-reshoring – premeštanje u zemlje Istočne Evrope.
  3.  Fabrika obuće Parlanti iz mesta Monsumano Terme (Toskana), koja je proizvodila i svoje robne marke istovremeno radila kao podizvođač za Pradu, zatvorena je 2014. godine, a sa njom je nestalo i 38 radnih mesta. Po mišljenju predstavnika sindikata jedan od razloga za propast firme su bile preniske nabavne cene koje je plaćala Prada, koje nisu pokrivale čak ni troškove proizvodnje, već su bile od njih niže za tri evra po paru cipela. Kompanija negira ove tvrdnje.
  4.  Prethodno pismo „Campagna Abiti Puliti“ poslala je Geoxu decembra 2016. godine. U originalnom izveštaju moguće je pročitati odgovor koji je tada kompanija poslala.



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SLUČAJ AGROKOR POKAZATELJ JE NUŽNOSTI REFORME DRŽAVE I DRUŠTVA

Bivši Društveni pravobranilac samoupravljanja
komentira slučaj „AGROKOR“

 

 

Kako ne želim nikakve pridjeve, ponovit ću riječi koje sam izgovorio 2000. godine na sastanku predstavnika vanparlamentarnih partija na temu „Primjedbe na izborni Zakon“, s čime se složio i prisutni Gabelica, a one su: „Nikom ne dozvoljavam da ovu zemlju voli više od mene, kao niti sebi da je volim više od iskrenog hrvatskog rodoljuba.“

 

Sve što se događa u „Agrokoru“ već je ranije viđeno

 

Kad sagledavamo slučaj „Agrokor“, moramo odmah konstatirati da u tom slučaju nema ništa, baš ništa novo, a da nam se u Hrvatskoj već nije dogodilo. Da, nema ništa novo, samo nam se čini da je ovaj slučaj veći od onih ranijih, što i nije točno. Točno je jedino to – na propadanje privrede žmirilo se 27 godina i sad „car se drma, car je gol“. Suzio se u Hrvatskoj krug onoga što je ostalo od bivšeg sistema da se može pošto-poto prodati, a gotovo ništa novo u ovih 27 godina nije stvoreno. Stoga dolazi u opasnost daljnje preživljavanje vladajuće oligarhije, ali u opasnosti je i „raspad čitavog sistema“. Otuda se rješavanju slučaja “Agrokor” prilazi na poseban način u odnosu na npr. slučaj „Pevec“i drugih.

Devedesetih godina propadala su poduzeća, primjera radi samo nekih, u Zagrebu: druga tvornica alatnih strojeva u Evropi, „Prvomajska“ s 5.5oo radnika; „Rade Končar“ s 1.100 inženjera, u odjelu razvoja imao je 32.000 radnika (26.000 u Hrvatskoj) i u to vrijeme bio 111. poduzeće u svijetu, a prodan je prošle godine kad je spao na 3.200 radnika; „Tvornica parnih kotlova“ s 4.000 radnika; tvornica „Bratstvo“ sa 7.500 radnika; „Tvornica autobusa Zagreb“ s 1.300; „Auto Dubrava“ s 800 radnika; „Auto Zastava“ s 550 radnika; „Tempo“ s 3.000 radnika; građevinska industrija u Zagrebu je desetkovana, a činila je 27% građevinske industrije bivše Jugoslavije; tvornica „Nikola Tesla“ imala je 7.500 radnika, od toga 500 inženjera u vlastitom razvoju, a bila je druga u svijetu po proizvodnji telefonskih centrala, ispred „Ericssona“. Prodana je konkurentskoj firmi, „Ericssonu“, koji ju je ciljano kupio, desetkovao i pretvorio u jedan od pogona, uzevši joj tržište Kine i bivših zemalja SSSR-a. Mahom su to bila proizvodna izvozna poduzeća koja su se ravnopravno nosila na međunarodnom tržištu.

Zagreb je bio prvi industrijski grad Jugoistočne Evrope i Male Azije. Sada je industrijska ropotarnica čiji gradonačelnik zna za gradnju WC-a i fontana pa nije čudo da nam je industrija pala na 6% u odnosu na 1989. godinu.

Da, 45 godina je narod Hrvatske stvarao, odricao se i, poput radišnih pčelica, stvorio od jedne od najzaostalijih zemalja svijeta, moćnu evropsku industrijsku zemlju s podjednako razvijenih i ostalih 12 grana privrede. Stvarao je narod to i stvorio u danas osuđenom komunističkom i prešućivanom socijalističkom sistemu.

I sam sam 1990. godine bio za višepartijski sistem računajući kako ćemo, uz nacionalni program i izradu i primjenu nacionalne strategije razvoja, stvoriti međusobno stranačko natjecanje u provedbi usvojenih programa te na osnovu postignutih međustranačkih rezultata birati stranke i pojedince na vlast. Mislio sam da ćemo u društvenim poduzećima zadržati postojeće kriterije za izbor rukovodstava (bilo je 6 kriterija, a za državne funkcije i sedma: moralno-politička podobnost). Plaće rukovodstava poduzeća ostaviti vezane za rezultate rada i dijeljenje iste sudbine s radnicima. U poduzećima i poduzećima od posebnog društvenog interesa zadržati postojeći kontrolni sistem koji je tada relativno dobro funkcionirao.

I ja sam bio za ekonomsku samostalnost republika. Čak sam 1979. godine kao delegat Privredne komore Hrvatske u Privrednoj komori Jugoslavije izrazio protivljenje za bespovratno izdvajanje za nerazvijena područja.

Nažalost, dobili smo državu baš takvu kakvu danas imamo, za razliku od Tomislava Jakića (Novosti, 19.kolovoza 2016.) koji kaže da se je baš htjelo takvu. Da, dobili smo državu pod vodstvom Franje Tuđmana, nametnutih povratnika i prebjeglih članova Saveza komunista u HDZ; državu takvu kakvu su tada oni htjeli i stvorili. Državu koju su predali u ruke 200 obitelji, a narod za to nisu pitali. Stoga ne krivimo narod.

Na parlamentarnim izborima 2000. godine narod je rekao NE takvoj vladavini i doveo SDP na vlast, stranku koja je 1990.godine jedva prešla izborni prag, a do 1990. godine, kao SKH, vladala Hrvatskom. Očekivao je narod drastične promjene, sprječavanje pljačke i uvođenje reda u zemlji. Nije shvatio da je upravo rukovodstvo SDP-a izdalo narod i partiju napustivši „samoupravni socijalizam“, vrativši zemlju u najtruliji i najnepošteniji oblik kapitalizma.

Nije narod shvatio da je transformirani SDP devedesetih godina napustio, uz poštene i istinske komuniste i socijaliste, i mahom stručni kadar, ne priključivši se niti jednoj vladajućoj stranci.

Imao je i „samoupravni socijalizam“ svojih „bisera“, poput Laze Vračarića, aferu „Zelenjak“, aferu s mjenicama Fikreta Abdića i dr. Koja je to zemlja bez popova i lopova? Imao je, ali je držao pod kontrolom, za razliku od sadašnjeg slučaja „Agrokor“koji je, uz neznanje pa i očito svjesno prešućivanje pojedinaca, izmakao svakoj kontroli i proizveo bitno veći dug od naslijeđenog duga cijele bivše Republike Hrvatske (dug je tada bio svega 2,4 milijarde eura, uz povrat 13,1 tone zlata pa je bitno niži).

 

Smjena rukovodnog kadra u privredi bila je loš potez

 

U tim devedesetim godinama vladavine, HDZ je masovno smjenjivao rukovodstva poduzeća čiji se kadar nije njemu priključio, a u nadzorne odbore postavljao svoje osoblje, ne poštujući pravilo sposobnosti, već isključivo podobnosti. Uz rješavanje nacionalnog pitanja Srba (po javnom istupu predsjednika Franje Tuđmana da će se ih svesti na 3 do 4% stanovništva), a potom i kraćim ratom s Muslimanima u BiH, dolazi do masovnog otpuštanja radnika po nacionalnoj osnovi, što u poduzećima čini remećenje proizvodnje pa je i to jedan od razloga „propasti“ nekih poduzeća.

Govorio je Ante Marković Franji Tuđmanu: “Franjo, imaš dosta poduzeća koja loše posluju pa tamo meći svoje ljude.“ Zanemarena je osnovna činjenica da, bez obzira na društveno-političko uređenje jedne zemlje, svako poduzeće ima piramidalni organizacijski ustroj. Malen je broj stručnjaka koji vodi i zna da vodi poduzeća, konzorcije, kombinate. Fakultet ako da od 1.000 završenih studenata 4 sposobna rukovodioca, smatra se uspješnim.

 

Pretvorba društvene imovine je konfiskacija

 

Komunisti za vrijeme svoje vladavine na ovim prostorima proveli su dvije revolucije.

Prva revolucija dogodila se dizanjem narodnog ustanka 1941. godine protiv okupatora i domaćih izdajica koja je, kroz partizansku borbu za oslobođenje, okončana 1945. godine i putem izbora dovela komuniste na vlast te je provedena konfiskacija i nacionalizacija.

Druga revolucija je mirno napuštanje komunističkog oblika vlasti i uspostava novog društvenog poretka predajom sredstava za proizvodnju Vijećima proizvođača 1952. godine, a ozakonjeno Ustavom 7. 4. 1963. godine kojim je FNRJ proglašena Socijalističkom Federativnom Jugoslavijom. Tim Ustavom je definirano da društveno samoupravljanje predstavlja osnovu za društveno-političko uređenje zemlje.

Otuda je pretvorba, u koju se ušlo nasilnim lomovima cjelokupne privrede bez referendumskog izjašnjavanja, neustavan čin koji možemo nazvati konfiskacijom imovine hrvatskog naroda, a ne nacionalizacijom. Od strane države konfiscirana je narodu cjelokupna imovina stečena u razdoblju od 1952. do 1990. godine.

U pretvorbu se ušlo u periodu kada je trebalo sve snage usmjeriti na obranu od agresije (princip ratovanja se zna – penzioneri u tvornice, radnici na ratište; tvornice se stavljaju u funkciju proizvodnje ratnih potreba).

Uz to, izlaskom iz sastava bivše države zanemarila se komplementarna povezanost cjelokupne privrede pa su mnoga poduzeća, kao sudionici zajedničkog finalnog proizvoda, jednostavno s proizvodnjom stala.

 

Slobodno tržište je zavaravanje privredno nepismenih

 

Otvaranjem poluzatvorenog tržišnog sustava u otvoreni sustav nije se osmislila zaštita vlastite proizvodnje, što je u nelojalnoj konkurenciji sa stranim kompanijama dovelo do propasti mnogih naših poduzeća i dobrim dijelom ovog stanja u kojem se nalazi država i društvo.

Proklamacija slobodnog tržišta je iluzija, kao što je i komunizam: radi koliko možeš – uzmi koliko trebaš, a u slobodnom tržištu: tko je jači taj slabijeg tlači.

To su jugoslavenski komunisti znali i kada su 1952. godine napuštali iluzionizam i na području bivše Jugoslavije uspostavili novi društveni poredak, „samoupravni socijalizam“. Zaštitili su oni tržišni jugoslavenski prostor. Taj društveni poredak je svoj kapital zadržao na svojim prostorima, a svih 13 grana privrede zaštitio od strane nelojalne tržišne konkurencije. Privredni procvat rezultirao je da je Jugoslavija već 1975. godine postala srednje razvijena zemlja Evrope, svrstavši se među zemlje s najbržim razvojem u svijetu, zemlja koju se tražilo da uđe u današnju Evropsku uniju, a nije – zato što je bila zemlja rada, a ne zemlja kapitala.

Tezu slobodnog tržišta provlače visoko produktivne zemlje radi lakšeg plasmana svoje robe. Njihovo tržište je zaštićeno već time što im je produktivnost bitno veća od nerazvijenih zemalja pa im je tržište zaštićeno i cijenom i kvalitetom, ali i na niz drugih načina.

Prisjetimo se da su SAD do 1966. godine potencirale tezu o slobodnom tržištu bez carina. Kada su ih Japanci preplavili elektroindustrijskom jeftinom i kvalitetnom robom, da bi spasili svoju elektroindustriju, uvedoše Amerikanci carinu na japansku robu.

Prisjetimo se samo propasti naše autoindustrije: „Tvornica autobusa Zagreb“proizvodila je autobuse; „Autodubrava“, proizvodnja i popravci kombi i osobnih vozila; „Zastava“, sklapanje talijanskog Fiata 2100. S kooperantima, zapošljavale su cca 10.000 radnika, a hranile 40.000 hrvatskih žitelja. Padom samoupravnog socijalizma, Njemačka nam je darovala masu polovnih autobusa, Francuska novih kombija. Šta se događa? Ciljano su zasitili naše tržište. Koje poduzeće će kupiti novi autobus kad ima polovni na dar? Stala je prodaja autobusa „TAZ“, potom se ugasila proizvodnja, a na njezinom prostoru nikao je „Kaufland“. Kada sam to komentirao 1998. godine, čak je tadašnji predsjednik izjavio: „Šta će nama tvornica autobusa? Mi smo premala zemlja za takvu proizvodnju.“

Mi, tada industrijska zemlja; Rumunjska tada daleko iza nas – sa svojom „Daciom“danas zapošljava 200.000 radnika.

Dok smo mi napustili planski razvoj zemlje i društva i zaštitu vlastitog tržišta, razvijene zemlje Evrope i svijeta izvršile su planiranu invaziju na naše nezaštićeno tržište sufinancirajući prodaju svojih proizvoda, a time i stvaranje nelojalne konkurencije. Primjera radi: „Lidl“ i „Kaufland“, za širenje na jugoistok Evrope, a time i na tržište Hrvatske, dobili su 900 miliona eura kredita s kamatama od 1% od Svjetske banke i EBRD-a (Večernji list, 16. ožujka 2017. godine, Mislav Šimatović). Ne branim Todorića, ali te tvrtke ušle su u tržišno natjecanje na naše otvoreno tržište s 9%  konkurentne sposobnosti, ne računajući proizvodnu sposobnost, u odnosu na sve naše domaće tvrtke. Otuda je, između ostalog, uslijedio „pomor“ naših malih, nepovezanih proizvođača, prerađivača i prodavača. To su samo neki od razloga zašto tvrdim da ne smijemo imati slobodno otvoreno tržište, jer plasman vlastite proizvodnje nekog proizvoda naše zemlje na naše, a pogotovo na vanjsko tržište, ne ovisi o njegovoj cijeni, kvaliteti i tržišnoj konkurentnosti.

 

Banke i njihova uloga u društvu i „Agrokoru“

 

Morala nam je biti poznata uloga, a potom i sudbina stranih banaka u FNR Jugoslaviji, a potom i u SFRJ prije nego smo prodali svoje jer je i bankovni sustav u onom sistemu odigrao značajnu ulogu u njegovom tako brzom razvoju. Kada je Boris Kidrič davao ekspoze o prijedlogu Zakona o nacionalizaciji na Skupštini delegata SFRJ, dao je razlog zašto ide najprije u nacionalizaciju stranih banaka.

“Drugovi i drugarice, pa banke su već u drugoj godini rada u našoj zemlji iznijele sav svoj uloženi kapital i od tada rade s našim kapitalom i iznose ga van siromašeći našu zemlju.“

Primopredajom vlasti, HDZ je preuzeo moćnu privredu, banke u likvidnom stanju i socijalistički bankovni sistem. Pretvorbom i privatizacijom, dodjelom poduzeća podobnom, a ne stručnom osoblju i pljačkom, hrvatske banke su dovedene u postupak sanacije. Za sanaciju je, po jednoj izjavi na TV ministra Gorana Marića, utrošeno 82 milijarde kuna, a iste su prodane za jednogodišnju otplatu duga. Tako je Hrvatska ostala u većinskom vlasništvu samo „Poštanske banke“.

Zašto je Hrvatska dala u ruke stranim poduzećima (bankama) raspolaganje gotovo svim novčanim kapitalom i većim dijelom sredstava za proizvodnju pa i sirovina, tj. bogatstva zemlje, ostaje upitno. Zašto je prodan utjecaj na privredni razvoj Hrvatske? Zašto je od 1990. godine stao razvoj države i društva? Mislim da bi svakome trebalo biti jasno da s nama upravljaju drugi. Jer kako tumačiti bankovni kredit „Lidla“ i „Kauflanda“ po 1% i „Agrokora“ i njegovih 60 tvrtki + dobavljača koji za iste poslove dobivaju bankovne kredite po 10%? Koje oni to šanse imaju na otvorenoj tržišnoj utakmici kad se u ozbiljnim natječajima ide s 2% dobiti?

Od dana prodaje banaka, „izrabljivačke“ majke-banke od naših banki-kćeri iz Hrvatske godišnje iznose cca 17 milijardi kuna našeg kapitala, a tolika su približno naša godišnja zaduživanjaTe prodane banke nisu više u funkciji ciljeva našeg razvoja privrede(kojeg u 27 godina postojanja ove države nismo ni postavili, a kamoli definirali), već svojih zemalja, sa zadatkom da direktno utječu na njezino usporavanje. Prisjetimo se osporavanja kredita našim poduzećima „Rade Končar“ i „Gredelj“ za izradu zagrebačkih tramvaja s obrazloženjem da nisu za taj posao sigurni izvođači.

 



Il regime ucraino chiede l'arresto degli antifascisti italiani

1) COMUNICATO STAMPA di Eleonora Forenza, 17 maggio 2017
2) KIEV CHIEDE ESTRADIZIONE PER LA CAROVANA ANTIFASCISTA: “Sono andati nel Donbass, è terrorismo” (di A. Chiriatti, 18/5/17)


INIZIATIVE:

Roma, martedi 23 maggio 2017
alle 17.30 nella sala di via Galilei 53
Donbass: la Carovana Antifascista racconta
con: Banda Bassotti, Eleonora Forenza, USB, Eurostop, RdC

SULLO STESSO TEMA:

Cronache della Carovana Antifascista 2017 in Donbass

ALTRI LINK:

[L'autore di questo articolo demenziale, in cui anziché criticare severamente le politiche russofobiche e guerrafondaie della UE si ammicca al lettore con poche stupide allusioni cerchiobottiste, è nientemeno che consigliere presso la commissione Esteri del Parlamento europeo:]
Ucraina: aspettando Bruxelles (10/11/2016 -  Paolo Bergamaschi)
L’Accordo di Associazione con l’Unione europea, che aveva scatenato la rivoluzione del Majdan, non è ancora stato attuato. Ma questa volta la colpa non è di Kiev, ma di Bruxelles...
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Ucraina-aspettando-Bruxelles-175198/

La Pinotti stringe mani naziste (PTV news 20 Aprile 2017)
Ucraina. La ministra Pinotti si è scordata di dirci qualcosa? (di Alberto Fazolo, 26.4.2017)
Lo scorso 20 aprile il Governo ucraino ha rilasciato un comunicato in cui riferisce di una conversazione telefonica tra il Ministro della Difesa ucraino e l'omologo italiano, Roberta Pinotti... Il Ministro ucraino avrebbe "ringraziato il Ministro della Difesa italiano per la completa assistenza e supporto fornito all'Ucraina". Cosa vorrebbe dire questa frase? In che senso l'Italia ha fornito "assistenza e supporto" all'Ucraina?...

Donbass: l’Unione Europea complice della guerra e del fascismo (di Marco Santopadre, 7 maggio 2017)
... il regime ucraino è stato costretto dall’Ue e dal Fondo Monetario Internazionale ad avviare una serie di ‘riforme’ che hanno rapidamente portato ad un aumento esponenziale della povertà e costretto centinaia di migliaia di lavoratori all’emigrazione: privatizzazioni, licenziamenti, aumenti delle tariffe e dei prezzi dei servizi basici, tagli all’assistenza sociale... L’Unione Europea è complice della guerra e del fascismo, è bene dirlo forte e chiaro nell’anniversario della sconfitta del fascismo e del nazismo al termine di una guerra che costò la vita a decine di milioni di uomini e di donne in tutto il mondo.

Grave atto d’intimidazione di Kiev contro l’eurodeputata Forenza e la Carovana di Solidarietà per il Donbass (PTV News 08 Maggio 2017)

Usb. Di ritorno dal Donbass (Unione Sindacale Di Base, 8 maggio 2017)
La carovana antifascista promossa dalla Banda Bassotti e da USB nel Donbass ha visto la partecipazione di una delegazione di Eurostop, della rete dei comunisti, della deputata europea Eleonora Forenza di Rifondazione Comunista e di attivisti spagnoli, catalani, greci, britannici e tedeschi...

Ucraina senza visto per l’Ue / Censura di Stato in Ucraina (PTV news, 18.5.17)


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UCRAINA - FORENZA (ALTRA EUROPA - GUE/NGL) OGGI A STRASBURGO A MINISTRO ESTERI KIEV: «EUROPA SEMPRE PIù COMPLICE DI UN GOVERNO PARAFASCISTA»

Eleonora Forenza, eurodeputata de L'Altra Europa - gruppo GUE/NGL, dichiara: 

«Si è svolta oggi a Strasburgo la cerimonia di firma della legge sulla liberalizzazione dei visti UE-Ucraina, già purtroppo approvata da parte della maggioranza del Parlamento europeo: avranno così, ad esempio, libertà di circolazione anche i miliziani banderisti che sostengono Poroschenko. Sempre a proposito di libertà, da ieri in Ucraina sono bloccati i principali providers russi. In concomitanza con la cerimonia, si è svolta una riunione della delegazione UE-Ucraina alla presenza del ministro degli Esteri ucraino. Ho preso parola per chiedere conto della mancata giustizia sulla strage di Odessa e del processo che vuole mettere fuori legge il partito comunista ucraino. Nessuna risposta da parte del ministro Pavlo Klimkin. Ho letto al ministro le agenzie che riportavano le sue dichiarazioni e della sua portavoce in merito alle assurde richieste di arresto ed estradizione e alle accuse di terrorismo per me e per gli altri partecipanti alla Carovana Antifascistache si è svolta in #Donbass: non solo non vi è stata alcuna smentita, ma ancora una volta si sono usate parole gravissime come supporto al terrorismo. Voglio denunciare nuovamente la posizione dell’Ue, che rafforza la sua complicità con un governo parafascista come quello di Poroschenko in nome dell’estensione della Nato ad Est e della estensione della propria influenza commerciale, mantenendo invece una assurda politica di sanzioni contro la Russia; e ancora una volta denuncio il silenzio del Governo italiano, che pure dovrebbe attenersi alla #Costituzione repubblicana fondata sull’antifascismo. Ho ricevuto anche questa volta ogni tipo di insulti da parte dei “democratici” filo-ucraini: la mia irruzione forse gli ha rovinato la festa. Ne sono orgogliosa. Come sono orgogliosa di essere, come parlamentare europea e come militante comunista, dalla parte delle lotta antifascista in Donbass».  

(17 maggio 2017)


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Ucraina, Kiev chiede estradizione per la Carovana Antifascista: “Sono andati nel Donbass, è terrorismo”

Eleonora Forenza, europarlamentare di Altra Europa, Giorgio Cremaschi, ex segretario Fiom, e Andrea Ferroni, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti, sotto accusa per essersi recati nella regione contesa con la Russia a portare solidarietà alla popolazione "perseguitata dal governo di Poroshenko". "La Farnesina ci ha detto di non tornare lì - spiega Ferroni - ma noi cercheremo di stipulare un gemellaggio tra le nostre istituzioni locali e le loro"

di Alessia Chiriatti | 18 maggio 2017

Sono accusati di terrorismo dal governo di Kiev, che ha chiesto per loro l’estradizione. Sono i membri di una delegazione italiana, che ha aderito alla Carovana Antifascista di solidarietàorganizzata dal gruppo musicale Banda Bassotti. I loro nomi: Eleonora Forenza, europarlamentare di Altra EuropaGiorgio Cremaschi, ex segretario Fiom; Andrea Ferroni, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti e consigliere comunale di Torgiano, in provincia di Perugia.

Tutto nasce dal loro viaggio nel Donbass, nell’Ucraina Orientale: hanno deciso di seguire la Carovana Antifascista, alla sua terza edizione, dal 30 aprile al 5 maggio per portare solidarietà e sostegno alla popolazione e ai militanti ucraini “perseguitati dal governo di Poroshenko”. La regione del Donbass è contesa dal 2014, ossia da quanto i separatisti hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza da Kiev, attraverso un referendum popolare. Il governo centrale non ha mai però riconosciuto la sovranità agli indipendentisti, dichiarando illegale la consultazione e continuando a considerare il Donbass come parte del territorio nazionale.

Nella Carovana c’erano anche una cinquantina di ragazzi spagnoli e greci, tra gli altri. Con loro, 20 chili (per ciascun bagaglio a mano) di medicine, quaderni e giocattoli per i bambini, e in particolare per gli ospiti degli orfanotrofi del Donbass. Poi, dopo l’incontro con le popolazioni delle due repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, la Carovana ha incontrato, istituzionalmente, alcuni rappresentanti politici della zona e delle unità sindacali.

Al governo di Poroshenko l’iniziativa, per la quale le celebrazioni dell’1 maggio hanno fatto da cassa di risonanza, non è piaciuta. E’ stato lo stesso portavoce del governo a condannarla, accusando chi vi aveva partecipato della violazione delle leggi anti-terrorismo ucraine. Kiev ha così chiesto l’arresto dei membri della delegazione, la loro estradizione e dunque la consegna alle autorità del Paese.

Forenza, Ferroni e gli altri sono venuti a conoscenza dell’accusa mentre erano di ritorno in Italia, passando per Mosca, leggendo la notizia su alcuni giornali britannici. Poi la nota dell’ambasciata ucraina in Italia, che, si legge, “condanna fermamente tale provocazione e la violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. La visita dei cittadini stranieri nella regione ucraina del Donbass essendo in contrasto con le norme del diritto internazionale costituisce una grave violazione del regolamento che norma l’ingresso e uscita nel territorio temporaneamente occupato dell’Ucraina con l’eventuale responsabilità penale per violazione della legislazione vigente in Ucraina (art. 332, comma 1, codice penale ucraino). Inoltre tale visita è in aperta contraddizione della posizione assunta in merito alla questione dal Governo italiano, oltre che delle norme e delle decisioni delle organizzazioni internazionali”.

Tutte intenzioni, quelle della rappresentanza diplomatica, che si ritrovano e vengono ribadite dalle parole dell’Ambasciatore ucraino in Italia, Yevhen Perelygin, il quale, contattato da Il Fatto Quotidiano, ha dichiarato: “In riferimento a quanto affermato l’8 maggio dall’eurodeputata Eleonora Forenza (e dunque dopo la conferenza stampa tenutasi presso la rappresentanza della Commissione europea in via IV Novembre, ndr) ho il dovere di informare che il 28 aprile le Autorità ucraine hanno chiesto al Governo italiano di far presente alle persone che avevano l’intenzione di recarsi illegalmente nei territori ucraini del Donbass (temporaneamente occupati dalla Federazione Russa) sull’inammissibilità di una tale e grave provocazione contro l’integrità territoriale dell’Ucraina e, non da ultimo, sulla violazione del vigente regolamento circa le visite nei territori occupati. Tale violazione delle leggi dell’Ucraina porterà sicuramente a responsabilità di carattere penale per i trasgressori”.

Ad attendere in Italia la Carovana, all’aeroporto di Fiumicino, però, non c’era nessuno delle forze dell’ordine. Dal governo italiano tutto tace, esclusa una nota, in base a quanto riportato dal ministro degli Affari Esteri ucraino, inviata a Kiev da parte del capo della diplomazia italiana Angelino Alfano, con la quale la Farnesina ha dichiarato massimo appoggio all’integrità territoriale e alla sovranità di Poroshenko.

Dopo la richiesta di estradizione, “l’unità di crisi della Farnesina – ha raccontato Andrea Ferroni a Il Fatto Quotidiano – si è attivata, attraverso il nostro partito, per bloccare ogni richiesta da parte del governo di Kiev nei confronti della magistratura italiana. Il caso sembra essersi dissolto. Ci hanno avvertiti di non tornare in Ucraina, né nei paesi amici di quest’ultima. Ma noi non vogliamo fare nessun passo indietro: proseguiamo con quanto ci ha chiesto la popolazione ucraina e cercheremo, se possibile, di stipulare un gemellaggio tra le nostre istituzioni locali e quelle del Donbass”.

L’eurodeputata Forenza, dal canto suo, spiega: “Ciò che manca è una presa di posizione del governo Gentiloni rispetto al fatto che alcuni cittadini italiani e un’europarlamentare possano essere oggetto di un’estradizione da parte del governo ucraino. Si omette il fatto che abbiamo portato nel Donbass solidarietà concreta e il fatto che il governo di Poroshenko abbia collusioni con ambienti neonazisti. Chiediamo all’Alto Rappresentante Mogherini di mettere in discussione il rapporto dell’Europa con Poroshenko”. Nei giorni scorsi, Forenza aveva pubblicato una foto sulla sua pagina Facebook per testimoniare l’arrivo nel Donbass: tra i commenti, ci dice, non erano mancati insulti “deplorevoli e sessisti” contro di lei.




Giornata della Vittoria / Dan Pobjede 2017


Ha scritto molto giustamente Eleonora Forenza (PRC):
<< Oggi, 9 maggio, è ufficialmente la festa d'Europa perché ricorre l'anniversario della dichiarazione di Schuman. Una celebrazione fondata su una rimozione storica totale: oggi dovrebbe essere la festa d' Europa per celebrare la vittoria definitiva sul nazifascismo da parte dell'Armata Rossa. Una rimozione che si traduce nel presente nella assenza dell'antifascismo come valore fondante di questa UE.
Può succedere così che Federica Mogherini chiuda gli occhi sul regime di Kiev, anzi lavori alla sua integrazione nella Ue (e all'estensione della Nato). D'altro canto il suo partito sfilava a Milano non cantando bella Ciao, ma evocando gli Eiffel 65, non celebrando Resistenza e antifascismo ma 'i patrioti d'Europa' . In effetti sempre loro volevano deturpare la Costituzione nata dalla Resistenza. >>


INIZIATIVA COMUNISTA EUROPEA A BERLINO

DAN POBJEDE, BERLIN (Vladimir Kapuralin / SRP, 7.-10. Svibanj 2017.)
U Berlinu su, 7. maja ove godine, njemački ogranak Komunističke partije Grčke (KKE) i Komunističke partije Turske (TKP) u okviru Inicijative komunističkih i radničkih partija Evrope organizirali obilježavanje 72. godišnjice pobjede nad fašizmom, odnosno Dana pobjede...

A BERLINO PER IL 72° ANNIVERSARIO DELLA GRANDE VITTORIA ANTIFASCISTA DEI POPOLI

Per il 72° anniversario della vittoria antifascista dei popoli (PC, 10 maggio 2017)


ITALIA

Casalecchio (BO), martedì 9 Maggio 2017: OMAGGIO AI PARTIGIANI SOVIETICI e agli altri caduti nella strage del cavalcavia (10 ottobre 1944)

Roma

Milano

Clauzetto (UD): Ricordo del Comandante “Daniel” e dei partigiani sovietici caduti in Friuli


SERBIA

КОМУНИСТИ СРБИЈЕ ОБЕЛЕЖИЛИ ДАН ПОБЕДЕ НАД ФАШИЗМОМ
Активисти Партије „Комунисти Србије“ дана 09.05.2017.године положили су венац на споменик Ослободиоцима Београда. После тога су учествовали у шетњи „Бесмртног пука“ до Скупштине града Београда. У поворци су учествовали, поред комунистичких организација и грађани Руске Федерације са обележијима славне Црвене Армије. Срамота је да уместо комуниста организатори „Бесмртног пука“ буду представници власти који афирмишу сараднике окупатора  из Другог Светског рата.

«Бессмертный полк» в Сербии. 9 мая 2017 (News-Front 9 mag 2017)


УВЕК СМО БИЛИ НА ПРАВОМ ПУТУ (SUBNOR, 8. маја 2017.)
Поводом Деветог маја, председник СУБНОР-а Србије Душан Чукић је упутио честитку чланству организације.МЛАДИ СВЕ ВИШЕ ПРЕУЗИМАЈУ КОРМИЛО (SUBNOR, Шумадија, 9. маја 2017...

Слободарска Шумадија је, као и цела Србија, достојанствено прославила Дан победе...
АКЦИЈАШИ ПОНОВО НА ДЕЛУ (SUBNOR, Крагујевац, 8. маја 2017.)
Поводом 9. маја, Дана победе, СУБНОР Крагујевац и Клуб акцијаша и волонтера (колективни члан СУБНОР-а) организовао је прву радну акцију у Крагујевцу...

НАША БОРБА ЧИСТА КАО СУЗА (SUBNOR, Војводина, 10. маја 2017.)
Свечаном академијом у организацији Покрајинског одбора СУБНОР-а Војводине обележена је 72. годишњица велике победе...
http://www.subnor.org.rs/vojvodina-19

ЗАВЕТ И ЗА БУДУЋЕ ГЕНЕРАЦИЈЕ (SUBNOR, Зајечар, 10. маја 2017.)
Поводом Дана победе су у Зајечару положени венци на Спомен-костурницу...

СРЦЕ ЈЕ УВЕК ПОБЕЂИВАЛО ЧЕЛИК (SUBNOR, Неготин, 10. маја 2017.)
У оквиру „Мајских свечаности“ у Неготину је у организацији СУБНОР-а пригодно обележен Дан победе над фшизмом...

СИМБОЛ СЛАВНОГ ВРЕМЕНА (SUBNOR,  Вршац, 10. маја 2017.)
Град Вршац и СУБНОР, приредили су академију у препуној сали скупштине Града... На свечаности су говорили ... изасланик Амбасаде Руске Федерације у Београду потпуковник  Георгиј Клемен, председник СУБНОР...

ХЕРОЈ КИКА ОПЕТ ПОБЕДИЛА (SUBNOR, Младеновац, 11. маја 2017.)
На Дан победе, у центру Младеновца, откривена је биста Народном хероју Божидарки Дамјановић Марковић Кики...

БУДУЋНОСТ ИМАЈУ ПОШТОВАОЦИ ПРОШЛОСТИ (SUBNOR, Ужице, 11. маја 2017.)
Поводом 72 године победе над фашизмом и у знак сећања на жртве одржана је комеморација уз полагање венаца на Партизанском гробљу у Ужицу...


CROAZIA

Povodom 72. godišnjice Dana pobjede nad fašizmom (9. Svibanj 2017. / SRP)
Danas je u Splitu na Partizanskom spomen-groblju na Lovrincu svečanim skupom obilježen 9. maj – Dan pobjede nad fašizmom...


RUSSIA

La parata del Giorno della Vittoria a Mosca / Victory Day Parade on Red Square 2017 
FULL VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=6MGj7CdLDds
https://www.rt.com/news/387635-russia-celebrates-victory-day/
https://www.facebook.com/vesti.ru/videos/1613994108635087
https://www.facebook.com/1511346255822324/videos/1599586913664924/

La manifestazione dei comunisti e di altre organizzazioni patriottiche in Russia:

Corteo del "Reggimento Immortale" a Mosca
https://www.rt.com/news/387768-immortal-regiment-moscow-record/

No comment 10 Maggio 2017 - Il giorno della Vittoria a Mosca (PandoraTV, 10 mag 2017)
9 maggio 2017. Mosca festeggia il 72esimo anniversario dalla vittoria del nazismo. La Russia ha perso nella seconda guerra mondiale 28 milioni di vite umane. 750mila persone hanno preso parte alla marcia ‘Reggimento Immortale’. Tra la folla anche il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, con la foto del padre, che prestò servizio come sommergibilista a Sebastopoli...

ESCLUSIVO. MOSCA A 360 GRADI DAL JET
Per la prima volta nella storia immagini a 360 gradi da un jet. Le squadre russe di jet fighter hanno eseguito una prova di volo del Victory Day, con telecamere montate esternamente.
EXCLUSIVE 1st ever in history 360° cameras filming outside a fighter jet group (Ruptly TV, 9 mag 2017)


SIRIA E INTERNAZIONALE

- Gli abitanti di Aleppo festeggiano il Giorno della Vittoria della Russia sul nazismo
- Il “Reggimento immortale” celebrato a Strasburgo

WFTU поводом 72. године велике антифашистичке победе

«Non si può negare la storia e il ruolo dell’URSS», così la FMGD /WFDY/ nel giorno della Vittoria (Senza Tregua  9 maggio 2017)

Il “Reggimento Immortale” ricorda i 28 milioni di russi morti nella lotta contro il nazismo (PTV News 08 Maggio 2017)


UCRAINA E DONBASS

Commemorazione a Kiev senza bandiere rosse e senza nastri di San Giorgio (vietati)

Commemorazione a Kiev nonostante le indimidazioni contro Natalija Vitrenko

In Ucraina il Reggimento Immortale attaccato dai neonazisti (PTV news 10 Maggio 2017)
VIDEO: https://youtu.be/sthXujIU7E0?t=5m47s

Donetsk

Lugansk




Leader gay russo si dissocia da Yuri Guaiana e denuncia la bufala dei "lager" in Cecenia

"Sarebbe interessante sapere cosa sarebbe accaduto a quel gruppo di attivisti negli Stati Uniti. Gli avrebbero sparato direttamente"

Nikolai Alexandrovich Alexeyev, leader di GayRussia.ru (ma come, esistono organizzazioni Lgbtq legali nella Russia del "dittatore omofobo" Putin?) si dissocia dalla vicenda che ha visto protagonista Yuri Guaiana, l'attivista italiano fermato ieri a Mosca e poi rilasciato dopo poche ore. Alexeyev ricorda il trattamento che egli stesso ha subito, in un caso analogo, dalla polizia della "democratica" Francia. E poi chiude: "Sarebbe interessante sapere cosa sarebbe accaduto a quel gruppo di attivisti negli Stati Uniti. Gli avrebbero sparato direttamente". 
GayRussia.ru è, tra l'altro, l'organizzazione che ha denunciato la bufala dei "campi di sterminio per omosessuali" in Cecenia ed ha querelato Novaya Gazeta, il quotidiano che per primo l'ha diffusa. Ha chiesto ed ottenuto anche la rimozione di foto fuorvianti, decontestualizzate ed addirittura false, utilizzate da media online e siti di petizioni per "dimostrare" l'esistenza di quei presunti lager. Alcune di tali immagini ritraevano lo stesso Alekseev o, addirittura, gruppi di neonazisti russi repressi dalla polizia durante manifestazioni omofobe!  
Ricordiamo che Guaiana si trovava a Mosca proprio per presentare una raccolta di firme a supporto della suddetta fake news sulla Cecenia.

Fonti:

Per un profilo politico di Yuri Guaiana si vedano anche:


(srpskohrvatski / italiano)

A TORTE IN FACCIA, GIUSTAMENTE, ANCHE IN SERBIA


Il pasdaran euro-atlantista Bernard-Henri Levy ("BHL"), ex "nuovo filosofo" sessantottino francese poi diventato propagandista di tutte le guerre imperialiste e neocoloniali, continua a riscuotere quel che gli spetta...



Belgrado, torta in faccia a Henri Levy. Filosofo contestato da estremisti sinistra, 'è anti Serbia'

(ANSAmed) - BELGRADO, 10 MAG - Il filosofo francese Bernard-Henri Levy e' stato duramente contestato oggi a Belgrado da alcuni estremisti di sinistra che lo hanno accusato di posizioni antiserbe. L'incidente e' avvenuto al termine della proiezione del suo film 'Peshmerga' presentato nell'ambito del Festival del film documentario in corso nella capitale. Appena Levy ha preso la parola in sala tre militanti di estrema sinistra hanno urlato 'Assassino vai via da Belgrado' e 'Questo bastardo era favorevole a bombardare la Jugoslavia otto anni prima dei raid della Nato', prima di lanciargli in faccia una torta. Alcuni operatori tv sono intervenuti a difesa del filosofo, fermando uno dei contestatori, ma un altro e' salito sul palco dove era seduto il regista serbo Goran Markovic, pronto a colloquiare con Levy, srotolando uno striscione con la scritta in inglese 'Bernard Levy appoggia gli omicidi imperialistici'. Il pubblico e' intervenuto prendendo le difese dell'ospite, che ha parlato di 'azione fascista'.

LINKOVI:
VIDEO: Bernar Anri Levi gađan tortom (RTS, FONET, TANJUG, 10.5.2017)
Francuski filozof Bernar Anri Levi napadnut je u Dvorani kulturnog centra u Beogradu, kada je, u okviru programa "Beldoksa", trebalo da razgovara sa gledaocima posle projekcije njegovog filma "Pešmerga"...
FOTO: Francuski filozof Bernar Anri Levi napadnut je u Dvorani kulturnog centra u Beogradu, kada je, u okviru programa "Beldoksa", trebalo da razgovara sa gledaocima posle projekcije njegovog filma "Pešmerga".Skandal u Beogradu: Francuskog filozofa devojka gađala tortom (Telegraf, 10.5.2017)
Tortu u lice Leviju bacila je jedna devojka, da bi se potom na bini pojavio mladić, koji je uzvikivao "Ubico marš iz Beograda"


--- FLASHBACK:

Il giorno 06 giu 2015, alle ore 16:03, 'Coord. Naz. per la Jugoslavia' ha scritto:

(francais / english / italiano)


A TORTE IN FACCIA

Il pasdaran euro-atlantista Bernard-Henri Levy ("BHL"), ex "nuovo filosofo" sessantottino francese poi diventato propagandista di tutte le guerre imperialiste e neocoloniali, dopo le ultime esternazioni si è beccato quel che gli spetta...

BHL de nouveau entarté en Belgique au cri de « y en a marre »
Une vingtaine de personnes ont lancé des tartes à la crème au visage de BHL présent à l'église Saint-Loup à Namur dans le cadre d'un dialogue croisé avec Jan Fabre. Malgré la présence de ses deux gardes du corps, "BHL", criant "Non, y en a marre", a reçu de la crème chantilly sur le visage, les cheveux et son costume...

Bernard-Henri Levy: European leaders may be abandoning Ukraine (Interview - Kyiv Post, May 25, 2015)
... "You are close to President Petro Poroshenko. Have you shared this with him?" 
"Let me say, first, that the more I see of President Poroshenko the more I am struck by his calm, his determination, and his independence..."
http://www.kyivpost.com/opinion/op-ed/bernard-henri-levy-european-leaders-may-be-abandoning-ukraine-389421.html 

Intransigenti filo ucraini e democratici d’occasione. Bernard Levy & Soros (di Michele Marsonet, 7 febbraio 2015)
Beffa: quei due proposti sui grandi quotidiani come nobili difensori degli ideali liberal-democratici...
http://www.remocontro.it/2015/02/07/intransigenti-filo-ucraini-democratici-doccasione-bernard-levy-soros/ 

De Sarajevo à Gaza : impostures et palinodies de Bernard-Henri Lévy (23 juillet 2014)
Bernard-Henri Lévy est un « grand ami » de Sarajevo et de Bakir Izetbegović, tandis que Milorad Dodik est un « grand ami » d’Israël... Mais comment donc s’y retrouver quand les amis de mes ennemis sont mes amis ?! Depuis Sarajevo, Vuk Bačanović décrypte les incohérences et les hypocrisies de la « pensée BHL »...
http://balkans.courriers.info/article25345.html

Pourquoi Bernard-Henri Lévy se tait-il sur la Libye ? (Vicenç Navarro, 27.11.2013)
Les opinions en matière de droits de l'homme de Bernard-Henri Lévy sont marquées par le deux poids deux mesures, ne manquant jamais d'épouser les lignes de la politique internationale menée par le gouvernement fédéral des États-Unis et par l'Union européenne... 



(italiano / deutsch / francais / english)

Ungheria: il punto di vista delle sinistre

1) Ungheria. “Mosca o Bruxelles? Protesta contro l’imbroglio politico” (Organizzazioni Della Sinistra Ungherese, 2017)
2) FLASHBACKS:
– 2014: Intervista a Vilmos Hanti, leader del Measz, l’Alleanza dei resistenti e degli antifascisti ungheresi
– 2012: Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese propone la sua valutazione su quanto sta accadendo nel suo paese
– 2007: Caccia alle streghe politica e legale contro i comunisti ungheresi! / La direction des communistes hongrois a été condamnée / The leadership of the Hungarian communists sentenced


Altri link consigliati:

Pusztaranger - Neues aus Ungarn
http://pusztaranger.wordpress.com


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http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/05/07/ungheria-mosca-bruxelles-protesta-limbroglio-politico-091617

Ungheria. “Mosca o Bruxelles? Protesta contro l’imbroglio politico”

di Organizzazioni Della Sinistra Ungherese *

Le sottoscritte organizzazioni civili invitano la società ungherese a protestare per smascherare la politica sciocca di manipolazione e di ricerca del nemico. Anziché risolvere i veri problemi della società ungherese il governo ungherese e la sua opposizione liberale ci costringono a una lotta menzognera e pericolosa. Ci vogliono mettere di fronte alla scelta senza senso “Bruxelles o Mosca.”

Il governo punta il dito contro Bruxelles, mentre è lui che ha prodotto la soppressione della democrazia, un nuovo tipo di sistema autoritario, che strangola un terzo della società ungherese in una eterna povertà, che non è capace di diminuire la disoccupazione e delle ineguaglianze senza precedenti nella storia moderna, il sistema da loro gestito è estremamente corrotto e immorale. Mentre il governo in modo demagogico prende pubblicamente l’Unione Europea (simbolicamente Bruxelles) come capro espiatorio, nascostamente dal pubblico serve in tutto le istituzioni dell’Unione Europea, i requisiti economici della burocrazia di Bruxelles, le necessità del capitale internazionale, e ha appeso al collo del popolo una borghesia oligarchica, della quale dobbiamo pagare il mantenimento.

Nonostante ciò, l’opposizione politica liberale si accorge solo degli interessi degli strati più alti della classe media. Da una parte, giustamente, vuole ristabilire i diritti e le libertà democratiche. Dall’altra invece distoglie l’attenzione dai veri problemi dell’Ungheria indicando Mosca come un nemico.

Missionari” auto-dichiarati, demagoghi semi-istruiti si accostano alla russofobia, una particolare, ma vecchia arma del razzismo, che sinora non era stata tipica del liberalismo locale, anziché lottare contro il capitalismo oligarchico esteuropeo e russo nello specifico.

Non parlano dell’ulteriore stretta antidemocratica allo Statuto dei Lavoratori Ungherese, non della povertà insopportabile, non criticano le ineguaglianze sociali, ma prendono la Russia come capro espiatorio. Fanno come se l’Ungheria, paese membro della NATO fosse minacciato da chissà quale intervento straniero, sebbene l’Ungheria prenda parte alle operazioni militari criminali della NATO come tutti i suoi membri. In realtà il vero problema la situazione privilegiata dei nuovi strati dominanti, e la loro politica di oppressione, espropriazione e immiserimento. Ma l’opposizione liberale non parla di questo, ma usa la ricerca di nemici come mezzo per soddisfare le sue ambizioni di potere. Così facendo entra la via selciata dal governo, nella quale l’Ungheria può diventare il territorio dei servizi segreti delle grandi potenze rivali.

Perciò protestiamo contro la politica manipolatoria, ingannatrice del popolo e oppressiva delle elite del nostro paese!!!

5 maggio 2017

Firmato da:

Partito di Sinistra

Unione ATTAC Ungheria

Redazione della rivista “Eszmélet”

Sinistra Unita Ungherese

Società Karl Marx

Fronte Popolare

 

http://eszmelet.hu/brusszel-vagy-moszkva-tiltakozas-a-politikai-atveres-ellen/


=== 2: FLASHBACKS ===

http://ilmanifesto.it/il-modello-di-riferimento-oggi-e-il-regime-di-miklos-horthy/

«Il modello di riferimento oggi è il regime di Miklós Horthy»

Guido Caldiron, 31.1.2014

Ungheria. Intervista a Vilmos Hanti, leader del Measz, l’Alleanza dei resistenti e degli antifascisti ungheresi


«Il ritorno dell’estrema destra riguarda l’intera Europa, ma in nes­sun altro paese si vive un clima para­go­na­bile a quello dell’Ungheria. Nor­mal­mente i governi cer­cano di argi­nare le atti­vità dei gruppi fasci­sti, da noi invece le sostengono».

Vil­mos Hanti sa bene ciò che dice, lea­der del Measz, l’Alleanza dei resi­stenti e degli anti­fa­sci­sti unghe­resi, solo pochi mesi fa è stato aggre­dito per le strade di Buda­pest da una banda di neo­na­zi­sti dopo che aveva denun­ciato per l’ennesima volta le con­ni­venze tra gli estre­mi­sti e il governo ultra­con­ser­va­tore di Vik­tor Orbán. Ferito leg­ger­mente alla testa e agli occhi, Hanti, un ex inse­gnante cre­sciuto in una fami­glia ebraica che ha preso parte alla Resi­stenza, non si è però fatto inti­mi­dire. Nei giorni scorsi ha par­te­ci­pato a Roma a un incon­tro pro­mosso dall’Anpi e dalla Fir, la Fede­ra­zione inter­na­zio­nale dei resi­stenti che riu­ni­sce gli ex par­ti­giani di tutto il con­ti­nente, di cui è pre­si­dente, per fare il punto sullo stato dell’antifascismo europeo.«Si deve agire prima che sia troppo tardi», ha sot­to­li­neato in quest’occasione Carlo Smu­ra­glia, pre­si­dente dell’Anpi, annun­ciando anche nuove ini­zia­tive dell’associazione par­ti­giana in vista delle ele­zioni europee.

Signor Hanti, quali sono i punti di con­tatto tra il governo di Buda­pest e l’estrema destra?

Da un lato ci sono le leggi con­tro le libertà demo­cra­ti­che, dall’altro la col­la­bo­ra­zione a più livelli con il movi­mento Job­bik. Pub­bli­ca­mente que­sto tipo di rap­porto viene negato, ma non per que­sto è meno forte. Le isti­tu­zioni con­trol­late dalla destra sosten­gono sia sul piano eco­no­mico che poli­tico gli estre­mi­sti. Del resto, il par­tito di Orbán, il Fidesz, dispone di una forte mag­gio­ranza in par­la­mento e per­ciò potrebbe impe­dire ogni mani­fe­sta­zione fasci­sta se solo lo volesse. Invece accade l’esatto contrario.

Che ruolo ha il revi­sio­ni­smo sto­rico in que­sta svolta autoritaria?

È una parte impor­tante di que­sta stra­te­gia, pur­troppo spesso soste­nuta anche da espo­nenti della Chiesa che par­te­ci­pano in prima per­sona alle mani­fe­sta­zioni nostal­gi­che. L’obiettivo del governo sem­bra essere quello di dare vita a un “nuovo hor­thi­smo”, qual­cosa di simile al regime fasci­sta che instaurò negli anni Venti l’ammiraglio Miklós Hor­thy e che portò il paese a com­bat­tere a fianco della Ger­ma­nia nazista.

Job­bik è cre­sciuto all’ombra di Orbán, oggi potrebbe far­gli con­cor­renza sul piano elettorale?

Non si deve dimen­ti­care mai come Orbán si sia ser­vito fino a ora dei gruppi estre­mi­sti per distrarre l’opinione pub­blica dai temi sociali e dirot­tarla invece verso il nazio­na­li­smo e la xeno­fo­bia, spe­cie nei con­fronti dei rom. Il risul­tato è che Job­bik si è raf­for­zato a tal punto da diven­tare sem­pre più rile­vante anche in par­la­mento. In realtà si tratta però di un movi­mento che è nato da una costola del Fidesz e che ne con­ti­nua a rap­pre­sen­tare una sorta di appen­dice radi­cale ed estre­mi­sta. Il con­fine tra col­la­bo­ra­zione e con­cor­renza resta per­ciò molto sottile.


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Cosa sta accadendo in Ungheria? Cosa ne pensano i comunisti ungheresi


6 Gennaio 2012

da www.solidnet.org traduzione a cura di Marx21.it

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese propone la sua valutazione su quanto sta accadendo in questi giorni nel suo paese all'attenzione e alla riflessione dei partiti comunisti e operai di tutto il mondo.

 

Dal 1 gennaio una nuova costituzione è entrata in vigore in Ungheria. In relazione a ciò, la stampa occidentale ha pubblicato molti materiali che parlano di ciò che sta accadendo ora in Ungheria, sul fatto che “si sta riducendo l'Ungheria alla povertà” e che “si sta minacciando la democrazia e che si sta stringendo la morsa del governo sui media e sul sistema giudiziario nonostante le critiche di Europa e Stati Uniti”. Il 2 gennaio una grande manifestazione ha avuto luogo presso il Teatro dell'Opera di Budapest. Gli organizzatori ufficiali della dimostrazione, il neo costituito movimento di Solidarietà, ha un vertice di una decina di membri. Il suo leader è l'ex presidente del sindacato dell'esercito e dei funzionari di polizia, ed egli stesso è un ex ufficiale addestrato insieme ad altri nelle istituzioni militari USA. 
Alla testa dimostrazioni si trovano il Partito Socialista Ungherese, forze liberali e anche organizzazioni “civili”, formate da costoro. Alla dimostrazione non ha preso parte nessuna organizzazione civile che lotti realmente contro la povertà, per proteggere le famiglie, contro le discriminazioni, o ad esempio le organizzazioni studentesche tradizionali. Neppure i movimenti dei lavoratori dell'agricoltura o i sindacati erano presenti. Tra gli slogans della dimostrazione non ce n'era uno solo in merito al nuovo codice del lavoro, nessuna protesta è stata avanzata nei confronti delle pressioni e gli interventi del FMI. La reazione dei media occidentali a tali eventi si basa sulle stesse fonti che in periodi precedenti avevano sostenuto il vecchio governo socialista-liberale e la sua politica di austerità.

 

Ma che cosa sta realmente accadendo in Ungheria?

 

1. Nell'aprile 2010, il partito conservatore Fidesz- Unione Civica Ungherese ha vinto le elezioni parlamentari e rimpiazzato il vecchio governo delle forze socialiste-liberali guidato dal Partito Socialista Ungherese (MSZP).

 

I partiti parlamentari considerano le elezioni del 2010 come un punto di svolta nella storia ungherese.Il Fidesz sostiene che si è trattato dell' “inizio di una nuova rivoluzione”. I socialisti e i loro alleati ritengono che esse hanno rappresentato “l'inizio dell'autocrazia e della dittatura”.

 

2. Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese è dell'opinione che il reale cambiamento storico ha avuto luogo non nel 2010 ma 1989-1990 quando il socialismo venne distrutto in Ungheria. Si è trattato di una controrivoluzione capitalista. Il potere della classe operaia è stato sostituito con il potere delle forze capitaliste. Le aziende industriali e le banche possedute dallo Stato, le fattorie agricole collettive sono state privatizzate. L'Ungheria ha aderito alla NATO nel 1999 ed è entrata nell'Unione Europea nel 2004. E' stato instaurato il sistema capitalista basato sulla proprietà privata e sulla democrazia borghese.

 

E' stato il cambiamento dal socialismo al capitalismo che ha provocato il generale impoverimento del popolo ungherese. L'Ungheria ha una popolazione di 10 milioni di abitanti. 1,5 milioni di ungheresi vive sotto il livello della povertà, il che significa vivere con un reddito di meno di 200 euro al mese. Il numero ufficiale dei disoccupati è 500.000, ma in realtà è circa 1 milione di persone a non avere alcuna possibilità di trovare un lavoro.

 

La limitazione della democrazia non è iniziata nel 2010 ma nel 1989-1990. Le forze politiche che lottano contro il sistema capitalista, prima fra tutte il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non hanno accesso al sistema di comunicazione pubblico. La stella rossa, la falce e il martello - “in quanto simboli della tirannia” - sono stati banditi nel 1993. Nel 2007, l'intera leadership del PCLU è stata accusata di “oltraggio fatto in pubblico”. Le campagne anticomuniste sono state scatenate indipendentemente da quale partito borghese fosse al potere.

 

3. La classe capitalista ungherese ha diversi partiti che esprimono i suoi interessi. Da un lato c'è Fidesz-Unione Civica Ungherese che esprime gli interessi della classe capitalista conservatrice, di orientamento nazionalista. E' tradizionalmente orientato verso la Germania.

 

Sull'altro lato ci sono il Partito Socialista Ungherese ed il Partito “i politici possono essere diversi” che rappresentano la parte liberale e socialdemocratica della classe capitalista. Essi sono vicini agli Stati Uniti.

 

La lotta tra le due parti della classe capitalista ungherese ha profonde radici storiche. Prima del 1989 esistevano due principali correnti del movimento di opposizione anti-socialista. Quella conservatrice orientata in senso nazionalista e la tendenza liberale. Nel 1990, il primo governo fu formato dai conservatori. Allo stesso tempo i liberali concordarono una cooperazione di lungo termine con il Partito Socialista Ungherese, un partito socialdemocratico di destra. Molti dei dirigenti di questo partito provengono dal precedente periodo socialista ma hanno cambiato completamente posizione e molti di loro sono diventati ricchi capitalisti.

 

Dopo aver distrutto il sistema socialista le forze capitaliste hanno creato una nuova struttura politica che è esistita fino al 2010. Essa era fondata sui seguenti principi:

 

- Le forze conservatrici di orientamento nazionalista si avvicendano al potere con i socialisti.

 

- Nessuna di queste forze ha il potere assoluto.

 

- Esse impediscono a qualsiasi forza anticapitalista di entrare in Parlamento.

 

- Tutte rispettano gli obblighi nei confronti della NATO e dell'UE e non mettono in discussione le posizioni internazionali.

 

Tutte le elezioni parlamentari dal 1990 al 2006 hanno evidenziato un perfetto equilibrio tra i due gruppi di partiti. La situazione è cambiata radicalmente dopo il 2006. E' apparso chiaro che il capitalismo ungherese versa in una profonda crisi. Tre sono le ragioni principali. Primo, l'economia ungherese dipende totalmente dal capitale straniero. Secondo, il popolo ungherese è povero, ed ha esaurito le sue riserve. Terzo, La corruzione è diventata un serio problema, che paralizza il normale funzionamento dello Stato.

 

Dal 2010 le forze capitaliste hanno compreso che le forze socialiste-liberali non garantivano la stabilità interna del capitalismo, e non erano in grado di prevenire le esplosioni sociali. Ecco perché hanno deciso di sostituire la coalizione socialista-liberale e di aprire la strada a Fidesz.

 

L'obiettivo principale del conservatore Fidesz e del suo governo capeggiato da Viktor Orban era quello di prevenire qualsiasi sviluppo simile agli eventi in Grecia. Il Fidesz ha vinto le elezioni con parole d'ordine sociali (pieno impiego, sicurezza sociale, ecc.). La maggioranza della popolazione era profondamente insoddisfatta del governo socialista-liberale. Il Fidesz ha potuto facilmente manipolarla e ottenere la maggioranza dei due terzi nel nuovo parlamento.

 

4. Il governo conservatore ha realizzato cambiamenti in diverse direzioni:

 

Ha rafforzato la sua base di classe. IL Fidesz ha collocato propri uomini in tutte le postazioni della vita politica, nei media, negli ambienti della cultura. Ha dichiarato la sua intenzione di creare una nuova classe media.

 

Ha dato soddisfazione alle forze nazionaliste in Ungheria, introducendo la doppia cittadinanza per le persone di nazionalità ungherese che vivono all'estero e introducendo nuove commemorazioni che fanno riferimento al trattato del Trianon del 1920.

 

Ha operato un netto ritorno alle tradizioni conservatrici e nazionaliste nella politica, nella cultura e nell'educazione.

 

Ha deciso di prevenire l'esplosione sociale con metodi diversi. Primo, ha introdotto un nuovo Codice del Lavoro che dà vasti diritti ai proprietari capitalisti e praticamente trasforma i lavoratori in schiavi. Secondo ha diviso la classe operaia concedendo aumenti consistenti ai ferrovieri e alzando il salario minimo. Terzo, ha concluso un accordo con le principali confederazioni sindacali. Ha potuto salvare i propri privilegi e allo stesso tempo limitare gli effetti di una autentica lotta di classe.

 

Il nuovo governo ha lanciato una generalizzata campagna anticomunista. Nel 2010 è stato cambiato il Codice Penale. Si è dichiarato che il comunismo e il fascismo sono la stessa cosa e che coloro che sostengono i “crimini del comunismo e del fascismo” possono essere condannati fino a 3 anni di reclusione. (fino ad ora non c'è stata alcuna sentenza legale)

 

Negli ultimi giorni del 2011 è stata varata una nuova legge che regola il processo di transizione alla nuova costituzione. Tra l'altro essa afferma che il periodo del socialismo (1948-1990) è stato illegittimo e pieno di crimini. Personalità dirigenti del periodo socialista sono state accusate e condannate. Le loro pensioni sono state ridotte. La legge afferma anche che l'attuale Partito Socialista Ungherese, in quanto successore legale del partito al potere nel periodo socialista, è responsabile per tutto quanto è successo in quei tempi. Non è ancora chiaro quali conseguenze ne deriveranno.

 

5. Le forze socialiste-liberali hanno lanciato recentemente un serio contrattacco contro il governo

 

Il Partito Socialista ha fatto propri molti slogans sociali e rivendicazioni del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese.

 

I socialisti e i liberali hanno cominciato a creare nuove organizzazioni e movimenti civili. Nell'ottobre 2011 è stato creato il movimento Solidarietà con un chiaro orientamento filo-socialista.

 

E' stata avanzata una nuova richiesta: abbasso il governo Orban! Il programma è creare un nuovo governo socialista-liberale.

 

6. Gli Stati Uniti d'America hanno apertamente interferito negli affari interni dell'Ungheria.L'ambasciatore USA a Budapest ha criticato apertamente il governo ufficiale e sostiene la posizione delle forze socialiste-liberali. La Segretaria di Stato Clinton ha fatto la stessa cosa nella sua lettera del 23 dicembre 2011. La lettera è stata pubblicata dalla stampa liberale.

 

7. Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese ritiene:

 

Il capitalismo ungherese è in crisi. La crisi generale del capitalismo in Europa rende la situazione ungherese ancora peggiore e imprevedibile.

 

La classe capitalista ungherese sa che se il sistema Euro e la stessa UE collassassero, ciò condurrebbe ad un'esplosione sociale ancora più drammatica che in Grecia. Capisce che il popolo è scontento e che molti oggi pensano che il socialismo sia stato meglio dell'attuale capitalismo.

 

Sia i gruppi conservatori che quelli socialisti-liberali della classe capitalista vogliono prevenire qualsiasi esplosione sociale. Essi non divergono sugli obiettivi di fondo ma sui metodi da usare.

 

Ciò che ora sta avvenendo in Ungheria è da un lato l'ordinaria lotta della classe capitalista contro le masse lavoratrici, dall'altro una lotta tra due gruppi della classe capitalista. E' anche una lotta tra le potenze guida capitaliste, gli USA e la Germania, per il dominio dell'Europa.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non sostiene nessuno dei partiti borghesi. Dichiariamo che i problemi principali del popolo lavoratore sono la disoccupazione, i bassi salari, gli alti prezzi, lo sfruttamento e il futuro incerto. Tali problemi sono conseguenze del capitalismo. I governi capitalisti non possono e non vogliono risolverli.

 

L'unica soluzione dei problemi del popolo lavoratore è la lotta conseguente contro il capitalismo e per una prospettiva socialista.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non sostiene le dimostrazioni di massa delle forze socialiste e liberali. Il loro obiettivo non è cambiare il capitalismo. Il loro obiettivo è cambiare il governo capitalista conservatore con un governo capitalista socialista-liberale.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese non sostiene neppure il Fidesz. Il suo obiettivo non è creare una società socialista ma riformare e rafforzare il capitalismo.

 

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese considera suo dovere spiegare al popolo che esiste solo una strada per risolvere i suoi problemi. Dobbiamo lottare contro il capitalismo.

 

Saremo presenti ovunque ci siano i lavoratori. Vogliamo aiutarli nelle piccole cose allo scopo di conquistare la loro fiducia per le grandi cose.

 

Smaschereremo tutti i tentativi delle forze revisioniste e opportuniste che intendono manipolare il popolo lavoratore e batterle in nome della democrazia sociale.

 

Non c'è una situazione rivoluzionaria in Ungheria. Ma le cose possono peggiorare in Europa e in Ungheria. Ecco perché prepariamo il partito, i nostri militanti e le organizzazioni a una più radicale lotta di classe che potrebbe manifestarsi in ogni momento.

 

Siamo convinti che ciò corrisponde alla posizione comune assunta al 13° Incontro dei Partiti Comunisti e Operai

 

Il Presidium del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese


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www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 06-11-07 - n. 201

Mentre ci accingevamo a chiudere questo numero di Resistenze.org, abbiamo appreso che i dirigenti del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese sono stati condannati a due anni di carcere con la condizionale.
I compagni ungheresi, che ricorreranno in appello, non vanno in prigione, ma per qualunque reato dovessero in futuro essere condannati, saranno costretti a scontare anche i due anni di questa condanna.

 

Nei prossimi giorni, nelle prossime ore, si svilupperà a livello internazionale una campagna di protesta contro questo inqualificabile gesto delle autorità ungheresi, che ci auguriamo raccolga la generale riprovazione di tutta l'opinione pubblica democratica anche nel nostro paese.
E’ bene che ognuno dia il proprio sostegno a questa campagna, a seconda della propria disponibilità e collocazione politica e istituzionale.
Noi cercheremo di fare la nostra parte.

 

La redazione di Resistenze.org

 

La petizione internazionale in solidarietà con i comunisti ungheresi in http://1917.solidnet.org

 

Aderite!

 

 

Cessi la caccia alle streghe politica e legale contro i comunisti ungheresi!

 

Appello dei partiti comunisti e operai

 

01/11/2007

 

I partiti firmatari di questo appello, che partecipano all’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai a Minsk il 3-5 novembre 2007, constatano con grande preoccupazione che un tribunale di stato sta minacciando di imprigionare tutta la direzione del Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese (PCLU) per aver commesso “diffamazione pubblica”.

 

Siamo convinti che voler sottoporre a giudizio leader politici e proibire i loro partiti sia un comportamento degno delle dittature e non delle democrazie. L’azione delle autorità ungheresi viola tutte le norme democratiche.

 

Condanniamo fermamente la persecuzione politica diretta dalle autorità giudiziarie contro il PCLU, come parte della caccia alle streghe anticomunista contro i comunisti d’Europa e contro tutti quelli che lottano contro la privatizzazione massiccia degli ospedali, delle scuole, contro il taglio delle spese sociali ed altre forme della politica neoliberale.

 

Riteniamo che questa chiara manovra delle autorità ungheresi rappresenta un attacco vendicativo contro i comunisti ungheresi, e facciamo appello alla solidarietà internazionale in difesa dei diritti legali e politici del PCLU.

 

Esigiamo l’immediata cessazione del processo legale contro i dirigenti dei comunisti ungheresi.

 

Facciamo appello al Primo Ministro Gyurcsany e al governo dell’Ungheria perché facciano un passo indietro e mantengano le loro promesse di libertà politica, ritirando tutte le accuse contro la direzione del PCLU.

 

I partiti:

 

Communist Party of Albania
Communist Party ofArgentina
Progressive Tribune Bahrein
Communist Party of Bangladesh
Communist Party of Belarus
Communist Party of Brazil [PCdoB]
Workers’ Party of Belgium
Communist Party of Bolivia
Workers Communist Party of Bosnia and Herzegovina
Communist Party of Britain
New Communist Party of Britain
Communist Party of Canada
Socialist Workers´ Party of Croatia
Communist Party of Cuba
Communist Party ofBohemia and Moravia, Czech Republic
AKEL, Cyprus
Communist Party in Denmark, KPiD
Communist Party of Finland
French Communist Party
German Communist Party
Communist Party of Greece
Hungarian Communist Workers’ Party
Communist Party of India
Communist Party of India [Marxist]
Tudeh Party, Iran
Iraqi Communist Party
Communist Party of Ireland
Communist Party of Israel
Party of the Italian Communists, PdCI
Jordanian Communist Party
Socialist Party of Latvia
Socialist Party of Lithuania
Lebanese Communist Party
Communist Party of Luxembourg
Party of the Communists, Mexico
New Communist Party of the Netherlands
Communist Party of Norway
Party of the People, Panama
Peruan Communist Party
Communist Party of Poland
Portuguese Communist Party
PKP-1930, the Philippine Communist Party
Socialist Alliance Party, Romania
Communist Party of the Russian Federation
New Communist Party of Yugoslavia, Serbia
Communist Party of Slovakia
Party of the Communists of Cataluna, Spain
Communist Party of Peoples of Spain
Communist Party of Sri Lanka
Sudanese Communist Party
South African Communist Party
Communist Party of Sweden
Syrian Communist Party
Syrian Communist Party
Communist Party of Turkey
Party of Labour, Turkey [EMEP]

Traduzione di Mauro Gemma per www.resistenze.org

 


Solidali con il Partito Comunista Ungherese condannato a 2 anni di reclusione

 

Apprendiamo che oggi - martedì 6 novembre 2007 - il gruppo dirigente del Partito Comunista Operaio Ungherese ("Munkaspart") è stato condannato (ufficialmente per "diffamazione pubblica", in realtà per reato d'opinione) a 2 anni di detenzione con la condizionale: ciò vuol dire che, se alla dirigenza comunista fosse addebitata un'altra "violazione", essa finirebbe in prigione.
Riteniamo tale condanna particolarmente grave ed inquietante: essa è il segno di un attacco portato non solo contro i comunisti e le forze di sinistra, ma contro lo stesso stato di diritto.
Esprimiamo la nostra solidarietà al gruppo dirigente e ai comunisti ungheresi.


APRILSKE TEZE


Sedmog aprila po Julijanskom kalendaru, a dvadestog po Gregorijanskom, Vladimir Ilič Uljanov odnosno Lenjin– vođa boljševika, stigao je na Finsku stanicu u Petrogradu i izgovorio "teze", koje će značiti ne samo najveći zaokret u historiji dvadesetog stoljeća, već i u historiji revolucija, tadašnje u Rusiji, kao i svih budućih. Lenjina je na Finskoj stanici dočekala i opkolila radnička masa, uglavnom pripadadnika boljševičke partije, odnosno većinski (ruski "boljšoj") dio Sveruske socijaldemokratske partije, poslije rascjepa, koji se dogodio na Kongresu u Bruxellesu i Londonu još 1903 godine. Rascijep je izbio naizgled oko nevažnih formulacija, ali su boljševici, uz jevrejski Bund, predvođeni Lenjinom, zahtijevali da revolucinarna aktivnost postane najvažnija aktivnost članova te partije. Umjereniji dio partije, u suštini građanski (menjševici) neće pristati na krute formulacije i na stroge zahtjeve Lenjina i boljševika.

Ipak, vlakom koji je stigao preko Njemačke (diplomatskim uplitanjem Parvusa, njemačkog koliko i ruskog marksiste, koji je postao bogataš) nisu doputovali samo boljševički vođe, već i menjševici i socijalisti-revolucionari i svi on,i koji su se zbog poltičkih progona carskog samodržavlja našli u inozemstvu, najčešće u Baselu.

Taj aprilski dan bio je na sjeveru, u Petrogradu, (do I svjetskog rata Sankt Petersburg) prohladan. Iz vlaka je izašao četrdesetsedmogodišnji Lenjin, jednostavan, topao, razveseljen riječima supruge Nadežde Krupske, koja se divila revolucionarnoj Rusiji, svečano ukrašenoj i uljepšanoj vijorenjem crvenih zastava. Na Lenjinovo iznenađenje, na trgu nasuprot Finske stanice dočekali su ga, osim grupe radnika i partijskih drugova i dva odreda boljševičke garde. Kad je Lenjin krenuo među radnike dotada skromna gomila iznenada se jako uvečala te je Lenjin, da bi ga se čulo, morao izgovoriti svoje historijske Aprilske teze, najinspirativniji i najodlučniji govor protiv imperijalističkog rata, sa platforme bornih kola – na koja se morao popeti, kako bi ga okupljena masa vidjela i čula. Tekst, koji je, kako je potvrdio sam Lenjin, nastao u vlaku, što je prolazeći preko neprijateljske zemlje, žurio u Rusiju, boljševički vođa izgovorio je vrlo polagano toga dana nekoliko puta. Ne samo na Finskoj stanici, već prvo u krugu boljševika, a zatim pred Konferencijom radničkih i vojničkih deputata cijele Rusije.

Evo ukratko teksta, koji će značiti ne samo nastavak i pobjedu Revolucije u Rusiji, već suštinu revolucionarnih zahtjeva za sva vremena. Da se uspio ispuniti, značio bi slobodu cijelog čovječanstva.

Izgovorena prije stotinu godina ta sjajna nada, inspirirala je i inspirirat će revolucionare cijelog svijeta i onda i danas i u svim budućim vremenima. Naravno, konkretne prilike su se ubrzo promijenile, one su danas stubokom drugačije. Stotinu godina je prohujalo, ali suština ostaje ista i mutati mutandis Aprilske teze ostaju najnadahnutiji i najljepši tekst za sve društvene pregaoce i revolucionare.

Evo u ponešto skraćenom obliku teksta Aprilskih teza:


Dolje imperijalistički rat!

  1. U našem stavu prema ratu nije dopustivo tobožnje "revplucionarno obranaštvo"!

    To drugim riječima znači Dole rat!

  2. Originalnost sadašnjeg trenutka u Rusiji sastoji se od prelaska iz prve revolucionarne faze u drugu revolucionarnu fazu, koja će dati vlast proletarijatu i siromašnim slojevima seljaštva.

  3. Ne podržavati na bilo koji način Privremenu vladu /..../

  4. Priznati da je naša partija u manjini/.../ Objasniti masama da su Sovjeti jedini mogući oblik revolucionarne vlasti/.../

  5. Nikakva parlamentarna republika – vratiti se na nju nakon Sovjeta deputata značilo bi korak nazad. – Organiziranje vlasti znači davnje vlasti Sovjetima radničkih deputata kao i sovjetima svih, koji rade za nadnicu odnosno plaću, od težaka do sovjeta seljaka u cijelojzemlji, i to odozdo prema gore. Ukinuti policiju i stajaću vojsku i cijeli činovnički stalež. Plaće državnih funkcionera – koji moraju biti birani odozdo i biti smjenjivi u svakom trenutku – ne smiju biti veće od prosječne radničke plaće.

  6. Konfiscirati sve zemljoposjede. Nacionalizirati svu zemlju u državi i staviti je na raspolaganje lokalnih sovjeta radničkih i seljačkih deputata.

  7. Spajanje svih banaka u zemlji u jednu jedinu Nacionalnu banku, koja će biti pod kontrolom Sovjeta radničkih deputata.

  8. Naš neposredni zadatak nije "uspoostavljanje" socijalizma, već prelazak na kontrolu prozvodnje i na njezinu raspodjelu pod kontrolom Sovjeta radničkih deputata.

  9. Zadaci partije:

    a) smjesta sazvati kongres partije

    b) modificirati partijski program

    c) promijeniti ime partije

  10. Obnoviti Internacionalu.


Tri su najvažnije točke Aprilskih teza: odbacivanje produžetka rata na strani Antante; čvrsta namjera da se nastavi revolucija odnosno da se prijeđe na njenu drugu odnosno proletersku fazu; načiniti od partije, koja će se od sada zvati "komunistička" vodeću snagu nove revolucionarne tvorevine, u cilju da se za sve komuniste izgradi "zajednička matična kuća", koja će nastati 1919 stvaranjem III Internacionale (Kominterne).

Model na koji izravno gleda Lenjin jeste Pariška komuna, naročito što se tiče oblika države, ukidanja vojske i policije, te stalna izbornost svih državnih funkcionera, kao i mogućnost njihovog opoziva u svakom času. Sva vlast sovjetima, što ustvari znači demokraciju odozdo, nasuprot reprezentativnoj parlamentarnoj demokraciji. Stajaću vojsku po potrebi zamijenit će narodna milicija.

Otada će Petrogradom odjekivati pjesma:"Mi donijeli smo manifest za vlast sovjeta i život ćemo dati u borbi za to " ("Mi vidali manifest dlja vlast sovjetov i žizn mi dadim v borbe pro eto!"


Već je Lenjin, zbog teških prilika u Rusiji, izbijanja građanskog rata, intervencije protiv boljševičke revolucije, morao, u cilju spasavanja revolucije – ili se bar tako mislilo – odustati od ekih točaka Aprilskih teza ili su one jednostavno bile nesprovodive. Naročito ne među polunomadskim Baškirima ili uzgajvačima konja Kirgizima (među kojima se našao u zarobljeništvu u Prvom svjetskom ratu i Josip Broz Tito) i sličnim stanovništvom poludivljeg Sibira. Ipak ostaje kao osnovni zahtjev demokracija odozdo. No da ne bi došlodo pogrešnih i katkad okrutnih odluka "odozdo" Lenjin je zauzdao Sovjete čeličnom uzdom Komunističke partije. U zemlji u kojoj se vodio surov građanski rat, a kao njegovaposljedica zavladala nestašica i glad, užasne boleštine i neopisiva pometnja u prometu, možda nije bilo moguće postupiti drugačije. To je doduše spriječilo mnoga izvitoperavanja i okrutnoosti, ali je na kraju diktaturu proletariata pretvorilo u diktaturu partije, koja se i faktički i moralno izdigla iznad Sovjeta i značila daleko više od vlasti Sovjeta. Ovo odustajanje od osnovne vlasti u rukama Sovjeta dovelo je do onih tragičnih i krvavih grešaka i zastranjenja, koja će pored mnogih ne malih uspjeha i pobjeda, na koje se danas namjerno zaboravilo, odvesti tu revoluciju na stranputicu i na kraju prouzročiti katastrofu devedesete godine: survavanja Sovjetskog Saveza i radničke borbe na cijeloj planeti, kako su se nadali kapitalisti, u bezdan iz kojeg nikad više neće izaći.

No historija nikada ne stoji u mjestu i poobjeda i slava koliko i propast jedne generacije ne mora to značiti za nova i nadolazeća pokoljenja. Treba se sjetiti samo Napoleonove garde i njenog tragičnog kraja. Ili Spartakovog ustanka kad je na Via Apia bilo razapeto na križ sedamdeset tisuća pobunjenih robova, koji su dopali ropstva kao barbari. I onoga što su samo za mekoliko stoljećabarbari učinili Rimu i ogromnoj rimskoj civilizaciji i kulturi! Kako je napisaoo Croce, historija je dragocijena kutija sa altom, koji pomaže ljudima da se snađu u novim vremenima.

Kad se nađe rješenje da se uspostavi "sva vlast Sovjetima", a da ovi bez partijskog kaveza i "ratnog komunizma", s posljedicom gladi i neimaštine, bez svske suvišne okrutnosti, a sa neophodnom pravednošću i moralom donose odluke, koje vuku naprijed, vode ljude u progresivnom pravcu, bit će riješena kvadratura kruga, odnosno svjetska revolucija može računati s konačnom pobjedom. Nije to samo pitanje svijesti, pitanje shvaćanja političkog momenta, već pitanje upravljanja njime uz podršku volje masa, bez nepotrebnog prolijevanja krvi, surovosti, grubosti i ograničavanja slobode. Jer konačni cilj svih pobuna i revolucija, od one Spartakove do Lenjinove, bila je i ostaje sloboda. To se nikada ne smije smetnuti s uma. Sloboda se ni u kojem slučaju ne smije ograničavati ispod onog minimuma, koju je zahtijevla već Francuska revolucija, ali isto tako ne može se dozvoliti da se u ime nje razaraju već dostignute tekovine revolucije ili da se ljudi podjarmljuju, ugnjetavaju i izrabljuju ili ograničavaju u stvaralaštvu, kretanju i međusobnom miješanju i ispreplitanjju.

Sve nabrojeno, kako rekoše Rusi je "vređanje čovjeka", znači uvredu njegove ljudske biti.

U rodilištu su sva novorođenčad jednaka. Kojom će to odlukom dobrih ili zlih vila jedni biti predodređeni da rade najteže poslove u vatri talionica, fabrika i rudnika ili danas da lutaju za nesigurnim i prekarnim zaposlenjima uprkos visokih kvalifikacija, dok će drugi provoditi život u "kulama od ebanovine" i neće ni znati za postojanje ovih drugih, niti za uslove njihovog života i rada.

U okolici kolikih turističkih rajeva, što se reklamiraju brojnim prospektima, nalaze se gomile otpada, brižno sakrivene od očiju gostiju, po kojima plaze paraziti i štakori, a žena i djeca prevrću, da nađu otpadke hrane ili pak željeza, koje mogu unovčiti, dok njihovi muževi i očevi rade u rudnicima zlata i dragulja? Nije to slučaj samo u Africi, već u mnogim krajevima svijeta, gotovo na cijelom globusu. U najmoćnijoj državi svijeta samo nekolicina milionera posjeduje polovinu cijelog bogatstva zemlje! Danas to više nisu samo milioneri pojedinci, već moćne multinacionalne kompanije, ali situacija se time nije u biti promijenila. Samo nekolicina moćnih multinacionalnih kompanija posjeduje polovinu bogatstva cijelog svijeta! Partije su šuplje, od demokracije se pravi sprdnja, a proizvodnja zombija postala je masovna, putem ne samo medija u rukama vlada, već i elektronskim igačkama pogrešno korištenim, kao što je uostalom ogromno omasovljena proizvodnja materijalnih i nematerijalnih dobara, što utječu na formiranje svijesti.

Pobjedom buržoaske demokracije ljude vrijđaju na sve strane, a negdje ih pretvaraju doslovno u robove ili još gore, u robu, koja se nakon upotrebe izbacuje na smetlište.

Kasnije su svi zapanjeni luđačkim potezima dešperatera, koje su sami proizveli, odnosno kji su plod prilika u koje su bačeni očajnici. Sigurno, iza njihovih očajnih gestova stoje snage, koje se njima koriste u političke svrhe. Prije svega krivi su oni koji im doturaju sredstva i oružje, a kojima se ne zna ništa i ne govori nikada.


Marx i marksizam

Pozivajući se uvijek i samo na Marxa, tvrdio je talijjanski filozof Norberto Bobbio, dolazi se kušnju da se zapostave veliki problemi, koje Marx nije sebi postavio, jednostavno zato što u njegovo vrijeme nisu postojali.

Drugim riječima ne treba optuživati Marx, razmišljajući o rješenjima, što će biti primjenjiva u socijalizmu, jer Marx nikada nije napisao zbirku recepata za gostionicu "Budućnost". Marx je dao s analizu proizvodnih društvenh odnosa i kapitalističke eksploatacije u vlastitom vremenu, analizu događaja kojima je bio suvremenik i iznio ono što je iz njih mogao zaključiti. Prorokom su ga predstavili drugi, najčešće oni kooji ga nisu shvatili i čak nisu bili u stanju da ga shvate. Ili još gore, iz njegovog složenog mišljenja uzeli su samo ono što im je u datom trenutku učinilo kao neophodno. Optuživati Marxa za sve promašaje u zemljama socijalizma, bez obzira na okolnosti, nije samo nepravedno nego i smiješno. Marx se nije izdavao za proroka niti za iskupitelja poput Isusa Krista. On je ocrtao (i to u nedovršenom obliku) logiku funkcioniranja kapitala. Treću i četvrtu knjigu Kapitala uredili su, prema njegovim bilješkama, Englels i Kautsky.

Današnji razvoj kapitalizma u mnogome je, uprkos suštinskoj istovjetnosti, prevazišao kraj XIX stoljeća, kad su izišla Marxova djela te doveo do novih revolucija tehnoloških, proizvodnih, komunikacionih kao i na području psihologije, klimatologije itd. Doveo je i do revolucija na desnici, kakva je na primjer bila fašistička revolucija Benita Mussolinija.

Konačnu pobjedu je danas iznio neoliberizam, ali njegov moto nije više "laisser faire, laisser passer", već on svojim ratnim aparatom nastoji uvesti liberalnu demokraciju u zemlje za koje za takav poredak i način mišljenja i ponašanja ne postoje ni najmanji uvijeti, i tako on neprestano ratuje i troši vlastito oružje, kako bi proizvodio novo, dok je niz naroda bukvalno istrijebljen ili pretvoren mučenike, a njihove zemlje u meksikansku mesnicu. Eto divne pobjede liberalizma!

No, kako kaže Bobbio, iako predskazivanje danas ne uživa velik ugled, nije istina da je posve napušteno. Evo dva primjera. Luciano Canfora u knjizi "Marx prebiva u Calcuti" obnavlja vrijednost marksizma, pišući: "Historiju nagone naprijed 'utopistički pokušaji': kršćanska utopija osveopćeg iskupljenja, iluministička utopija "stalnog mira /.../ komunistička utopija". Nepotrebno je primijetiti da je takvo tvrđenje suprotno onom Marxa, koje je sintetizirao Engels. Sada više nismo kod "socializma od utopije do nauke", već smo u totalnoj inverziji i u povratku na izvore: "od naučnog socijalizma do utopije".

U jednom intervjuu "Stampi" Barbare Spinelli francuskom filozofu i književnom krtičaru Emmanuelu Lewinasu, ovaj je kazao ."Čini mi se da su demokracije padom SSSR-a izgubile i to mnogo. Uprkos svim ekscesima i užasima, komunizam ipak predstavlja iščekivanje. Iščekivanje da se isprave krivice nanesene slabijima, iščekivanje pravednijeg društvenog poretka. Ne tvrdim da su komunisti imali gotovo rješenje, čak ni da su ka pripremali. Sasvim sigurno nisu. No postojala je ideja da hstorija ima neki smisao. Da život ne znači besmisao življenja. Tu su ideju u zapadnoj Evropi posjedovli već od sedamnaestog stoljeća, a Marx ju je ukorijenio u XX stoljeću. Do jučer smo znali, kamo ide historija, koju vrijednost dati vremenu. Ne mislim da izgubiti tu vjeru zauvjek predstavlja veliku duhovnu vrijednost. Sada lutamo, izgubljeni, pitajući se svakog trenutka: "Koliko je sati?" Fatalno, kako to običavaju pitati Rusi. Koliko je sati? A nitko više ne zna?"

Ili da se podsjetimo riječi velikog pjesnika i revoulucionara, Vladimira Majakovskog i na vremena kad je pisao: "Ragu historije šibasmo /..../" I dokle se stiglo?

Dokle je stigao sam Majakovski? Ubio se 30 prila 1930. Možda su s njim sahranili i Lenjinove i njegove nade u revoluciju. Lenjin je umro u januaru 1924, a već je više od godinu dana bio nesposoban za rad. Njegovi nasljednici u prvom redu Staljin, ali i svi koji su ga podržavali, ućutkali su Trockog i izmislili "socijalizam u samo jednoj zemlji" s čim se Lenjin jakoo teško mirio i što je bilo prvi kamen spoticanja proleterske revolucije.


Završna razmatranja

Vratimo se ponovo na rasprave između boljševika i menjševika. Ukolliko je Martov – jedan od glavnih menjševičkih vođa - vidio socijaldemokratsku partiju kao široku jezgru aktivsta, oko koje se okuplja još šira masa simpatizera, nije predlagao ništa drugo do li ono što je postojalo u zapadnoj Evropi (gdje su se tada mnoge od tih partija – Francuska, Italija – zvale socijalističkim). Lenjin pak misli na krutu organizaciju, koju bi činili isključivo odani borci. Ispušta iz vida aktivnu ulogu masa, koju podrazumijeva Martov. A još više u mase vjeruje Trocki. Trocki je uvjeren da mase mogu i moraju igrati aktivnu štavišepresdnu ulogu. Taj čvor predstvljao je osnovicu sukoba Lenjina i Rose Luxemburg. Rosa Luxemburg neće masama pripisivati samo važnu i presudnu ulogu, već će odbiti Lenjinovu koncepciju da partija treba biti avangarda klase i da ona mora u mase ulijevati pravu revolucionarnu i političku svijest, jer same radne mase nisu u stanju nadvladati "tradeunionističku" odnosno sindikalnu koncepciju. To je ne samo centrlna već i suštinska tematika. O njoj će Rosenberg – njemački marksist - napisati da je Lenjin bio dovoljno empiričar da primjeni teoriju zaokretima historije, uspostavljajući jednu vrstu permanentne suprotnosti između ortodoksne teorije – respektiranjem Marxa – i interpretativne linije, inspirirane njemačkim marksistom Karlom Korschom, koja ga je navela, da izašavši u Petrogradu naFinskoj stanici, proglasi, usprkos mišljenja većine boljševika, pa i samog Staljina (koji će suštinu stvari upropastiti) kako se revolucija nastavlja i to proleterska revolucija.

Rosa Luxemburg je pisala:"Znam da i boljševici nisu bez mana, čudni su, pretjerano su kruti, ali ih razumijem i u potpunosti opravdavam; ne može se ne biti krut pred amorfnom, želatinoznom masom menjševičkog oportunizma..."

Danas je od tih događaja prošlo stotnu godina, a ta pitanja su još uvijek otvorena. Kako dati svu vlast sovjetima i to odozdo, a da ne počine krvave i kobne greške, kao evropska često izdajnička socijaldemokracija, kriva u neku ruku za dva svjetska rata i za danšnji očajni polažaj svih onih koji ne posjeduju ništa oim vlastite radne snage, ako joj se ne nametne kruta košulja jednopartijske disciplin?. I kako postići da se ta pancirna košulja, koja bi trebala da sačuva tekovine revolucije, ne pretvori u luđačku košulju, koja će revoluciju odnosno njene domete izručiti, "con armi e bagagli" (sa svim oružjem i prtljagom - po talijanskoj uzrečici) pravo u krilo neprijatlja, kako smo to vidjeli devdesetih godina? I kako spriječiti kapitalizam, opijen pobjedom, da sasvim ne podivlja i dosegne karikaturna obličja te dođe do granice kolektivnog ludila, kako to gledamo ovih dana i godina? Jedan od odgovora, možda nepotpun, svakako se nalazi u Lenjinovim Aprilskim tezama. Drugi dio odgovora – na parolu "Sva vlast sovjetima" i to odozdo, ostavlja se, da je pronađu generacije koje nadolaze. Ni Galileo Galilei nije znao sve. A danas znamo mnogo.

"Doći će nova mladost, doneti nove dane i nastaviti naše pesme, nedopevane..."

Odgovore na postavljena pitanja donijet će novo vrijeme odnosno mladii ljudi vremena što dolazi.


Jasna Tkalec



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Odessa 2 Maggio 2014--2017
 
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