Informazione

E' americana la pista balcanica che porta a Bin Laden

di TOMMASO DI FRANCESCO


(Il Manifesto del 29/9/2001)



"Il Pentagono teme un fronte Balcanico", un titolo a sei colonne e
sotto solo quattro righe sull'allarme americano. L'abbiamo letto sul La
Stampa. Un po' pochino per spiegare se c'� e perch� un "fronte
balcanico" nella vicenda che lega Bin Laden agli attentati americani.
Naturalmente lo scenario balcanico c'�, eccome. E le due notizie
arrivate ieri lo confermano. Una arriva dalla Lega democratica del
Kosovo (Ldk), il partito di Ibrahim Rugova, che per bocca del vice-
presidente Najm Jerlu, denuncia che "attacchi terroristici nella nostra
regione hanno provocato 1.200 morti negli ultimi due anni dopo
l'intervento della Nato" e che "nuove cellule terroristiche filo-
integraliste di frange dissociate" e provenienti dall'Uck sono pronte
dal Kosovo a far saltare lo stato di tregua in Macedonia, perch� tra
loro ci sono "mercenari" seguaci di Bin Laden addestrati dal 1994 al
1996 dal luogotenente filo-integralista islamico Mohamed Zawhiri". Una
denuncia grave che viene dopo l'accusa dello stesso Rugova che
recentemente ha schernito la cosiddetta "Raccolta essenziale" di armi
tra le fila dell'Uck - gi� addestrata dalla Nato - in Macedonia
promossa dall'Alleanza atlantica, ricordando che "i depositi di armi
sono tutti intatti in territorio kosovaro" e la Nato lo sa bene.
L'altra notizia viene da Sarajevo e dice che decine di seguaci di Osama
bin Laden avrebbero intenzione di abbandonare l'Afghanistan e di
rifugiarsi in Bosnia, con l'aiuto di simpatizzanti locali. "Abbiamo
informazioni da una fonte attendibile che 70 individui, legati
all'organizzazione di Bin Laden, si preparano a lascia l'Afghanistan
per la Bosnia, ritenendolo il luogo pi� sicuro per la loro incolumit�",
ha detto il ministro dell'interno bosniaco Muhamed Besic.
Ma qual � il punto? Dopo la guerra civile 1992-1995, alcuni musulmani
stranieri, tra molti afghani e lo stesso Bin Laden, avevano ricevuto il
passaporto bosniaco in segno di riconoscimento per aver "combattuto"
contro i serbi e i croati. E' questa la storia da raccontare. Una
storia che � emersa nel cosiddetto scandalo del "Bosniagate" nel 1996
scoperto dalla stampa americana - strano che nessuno lo ricordi - in
occasione delle audizioni del Congresso per decidere chi dovesse essere
il nuovo direttore della Cia.
Erano candidati Antony Lake, consigliere dell'allora presidente Bill
Clinton, e George Tenet, di origine albanese. Antony Lake perse la
partita perch� il Congresso scopr� che possedeva "azioni" di societ�
potenti, e soprattutto perch� era stato protagonista di un episodio
giudicato compromettente: aveva favorito una triangolazione di armi
dall'Iran alla Bosnia, agevolando anche l'arrivo di mujaheddin islamici
afghani, iraniani e arabi. Una triangolazione, si scopr�, voluta dallo
stesso Bill Clinton per pareggiare la situazione militare allora
favorevole ai serbi di Bosnia, e per la quale si era adoprato anche
l'inviato Richard Holbrooke. Come l'Iran-Contras dei tempi di Reagan.
A conferma di questo fatto chi scrive intervist� nel 1997 il giudice
Antonio Cassese, allora presidente del Tribunale dell'Aja che. Alla
domanda se valevano come "assoluzione" i lasciapassare rilasciati dalla
presidenza bosniaca di Alja Izetbegovic a miglia di combattenti
islamici - che nel frattempo si erano macchiati di feroci delitti,
anche contro le popolazioni musulmane - rispose di essere a conoscenza
pienamente della cosa, ma che il Tribunale avrebbe raggiunto tutti i
criminali. E non va dimenticato che per quelle stesse triangolazioni di
armi, che per arrivare in Bosnia, toccavano i porti croati controllati
dalle milizie del presidente Tudjman, � stato arrestato recentemente
l'ex presidente argentino Carlos Menem.
Ma Bin Laden? Dopo il 1993 torna in Afghanistan e sar� decisivo nella
cacciata del nuovo governo dei mujaheddin appoggiati dall'Iran, da
parte delle milizie dei Talebani, appoggiati a loro volta dal Pakistan
e dagli Stati uniti. Molti combattenti islamici restano per� nei
Balcani a "rappresentare" gli interessi dell'Iran, tanto che gli Stati
uniti chiederanno al governo di Sarajevo nell'ottobre del 1996 di far
dimettere tutti i ministri legati a filo doppio agli interessi di
Tehran. In Bosnia, temutissimi a Zenica, saranno ricercati
dall'Intelligence di mezzo mondo quando, durante la visita del papa a
Sarajevo nell'aprile 1997, preparano un attentato "dimostrativo" contro
di lui; un oscuro episodio che provoc� poi l'uccisione del responsabile
dei Servizi segreti della Bosnia musulmana. E arrivarono in Albania -
qui al seguito degli interventi finanziari dell'Arabia saudita - e la
stampa americana scopr� la cosiddetta "Albanian connection", i marine
arrivarono a Tirana ad arrestarne alcuni esponenti. Gli attentati
successivi all'ambasciata americana a Nairobi sono stati fatti risalire
proprio alla vendetta dell'"Albanian connection" per quegli arresti in
Albania. Eppure, ben presto, le formazioni irregolari dei combattenti
islamici sarebbero diventate preziose nell'arruolamento e addestramento
dell'Uck.
Il fatto � che i Balcani sono stati il terreno di conflitto prima
dentro l'Europa e poi tra Europa e gli Stati uniti. L'Unione europea
non esisteva quando decise, per la prima volta a Maastricht, con la
commissione Badinter, di non accettare riconoscimenti d'indipendenza
violenti e contro le minoranze interne. Dopo soli due giorni il fronte
unitario europeo venne rotto dalla Germania e dal Vaticano. Si avviava
cos� lo smembramento dell'ancora esistene Federazione jugoslava che
diventava terra da spartire mentre si apriva il conflitto sulla
leadership in Europa. Gli Stati uniti, che fino a quel punto con Cyrus
Vance e il Segretario di stato James Baker, ancora non avevano deciso e
trattavano per tenere in piedi la Jugoslavia - pur avendo il Congresso
Usa finanziato fin dal 1989-90 i partiti nazionalisti - decisero di
occuparsi dei Balcani, ponte geopolitico del sud-est verso l'Est e
tutto l'Oriente.
Nessuno pensi che l'apertura di questo fronte sia stata indolore per
gli Stati uniti. Persero la faccia e la vita i pi� importanti esponenti
della politica estera americana. Cyrus Vance, zittito dal
riconsocimento anche americano della Bosnia Erzegovina, il 14 aprile,
due giorni prima dell'inizio della guerra civile; il plenipotenziario
Frazer caduto in uno strano incidente sul monte Igman a Sarajevo nel
1994; l'ex presidente Jimmy Carter, inviato di Clinton, "bruciato" nei
suoi rapporti amicali con Radovan Karadzic; l'inviato Ron Brown che si
schianta con l'aereo in uno "strano" incidente su Dubrovnik; le
dimissioni forzate del comandante americano dell'Ifor-Nato in Bosnia,
generale Leighton Smith dissenziente con Clinton; l'uscita di scena del
nemico giurato di Holbrooke, Robert Gallucci, suo successore ufficiale.
Poi le guerre, prima in Bosnia, per interposta "strage", e in Kosovo,
sempre per interposta "strage". Guerre umanitarie, diceva il governo
italiano. Invece era la nuova strategia americana, di Holbrooke-
Clinton: il ritorno del protagonismo armato Usa in Europa attraverso
Bosnia Kosovo e Macedonia: "I Balcani - dichiarava Holbrooke - sono la
prova che, senza di noi, l'Europa � impotente". A questo sono servite
le guerre a precipizio che hanno insanguinato Bosnia, Kosovo e
Macedonia. E sono tutt'altro che concluse.
A proposito. Massimo D'Alema, nel suo giusto sforzo di attaccare il
suprematismo razzista di Berlusconi, sbaglia, proprio alla luce di
quanto raccontato, e mente. Come fa a chiedere ora una guerra "mirata"
che rifiuti un conflitto indiscriminato, se nasconde e dimentica di
dire che la guerra che lo ha promosso a statista, quella del 1999 dove
lui dichiara di avere avuto il "coraggio di mettere a rischio la vita
dei soldati italiani", ha ucciso indiscriminatamente - ricordano il
presidente jugoslavo Kostunica e Amnesty International - migliaia di
civili?

---

Several People Arrested in Bosnia

By Aida Cerkez-Robinson
Associated Press Writer
Monday, Oct. 1, 2001; 9:52 a.m. EDT

SARAJEVO, Bosnia-Herzegovina -- Several people
suspected of links to global terrorism were arrested
over the past few days, including two who were found
with box cutters near Sarajevo's airport, Bosnian
authorities said Monday.
The arrests were made by Bosnian police and by SFOR,
the NATO-led peacekeeping force deployed in Bosnia
following the 1992-95 war.
SFOR troops arrested four people last week in the
Sarajevo suburb of Ilidza, SFOR spokesman Capt. Daryl
Morrell said Monday. He did not release further
details, but Bosnian television said Sunday night that
two of the four were foreign citizens and the others
were Bosnians.
Bosnian television identified the two Bosnian suspects
as Nihad Karcic and Armin Harbaus and said they were
employed by the Saudi humanitarian organization
Makath. According to the report, SFOR also seized
documents, computers and $60,000 in cash from the
organization.
Bosnian police made several separate arrests last
week, Federation Interior Minister Muhamed Besic said
Monday.
Some of those arrested were later released, but others
remained in detention as suspects "who could be
involved in terrorism," Besic said. He refused to
elaborate.
A high-ranking Bosnian government official told The
Associated Press on condition of anonymity that two of
the people arrested in the last few days were foreign
citizens from Islamic countries. They were apparently
found close to the Sarajevo airport with box cutters
similar to the ones used by the Sept. 11 hijackers in
the United States.
"We are working together with SFOR and other
international organizations and the operation is
ongoing," Besic said.
The Interior Ministry also asked five Pakistani
citizens in Bosnia on tourist visas to leave the
country, Besic said. They left Sarajevo on Sunday.
Thousands of Islamic fighters arrived in Bosnia at the
beginning of its war to help Bosnian Muslims fight
Serbs and Croats. Most of them left after the war when
NATO troops deployed, but a small number stayed behind
and settled here, obtaining Bosnian citizenship.
Those who remained are now under tighter monitoring by
the Bosnian police.
Last week, the interior minister of the Muslim-Croat
federation, Muhamed Besic, said that "trustworthy
intelligence sources" suggested about 70 associates of
Osama bin Laden, the main suspect for the Sept. 11
attacks, could flee Afghanistan for refuge in Bosnia.

---

MORE DOCUMENTS IN ENGLISH:

>From conservative websites

> http://www.antiwar.com/orig/jatras7.html

'Voices of Moral Obtuseness' Or 'Voices of Immoral Bigotry'?
by Stella L. Jatras - 9/29/01

> http://www.chroniclesmagazine.org/News/Trifkovic/News&Views.htm

CHRONICLES ONLINE, Wednesday, September 19, 2001
OSAMA BIN LADEN: THE BALKAN CONNECTION
by Srdja Trifkovic

---

Questa lista e' curata da componenti del
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"First get rid of Communists...

...you know who they are, here are the lists. Then, get rid of the
Serbs."

This article was published in the newspaper "Dani". It gives an
interesting view about the beginning of the war in Bosnia-Herzegvina.
It is an interview with a commander of a Muslim division, Ismet
Djuheric, who fought together with the Serbs.

Company of Honest Aggressors
by Vlado Mrkic

Ismet Djuheric was the first commander of the unit of the Army of the
Republic of Srpska "Mesa Selimovic", whose members were mostly
Muslims from the villages in the municipalities of Bosanski Brod and
Derventa. This unit of "Muslim Chetniks", as some referred to it, was
and until today remains one of the big controversies of the past war.
Ismet Djuheric talks to Dani about the events in which he participated
and which he witnessed
Today Ismet Djuheric lives with his wife Hanumica in the village of
Sijekovac near Bosanski Bord. He and his daughter are employees of the
oil refinery in Brod. Discounting several months spent as refugees in
the nearby villages of Dubocac and Kobas, the Djuherics are the only
Muslim family that has spent the whole war in the village of Sijekovac.
Ismet Djuheric talks to Dani about the events in which he participated
and which he witnessed. This article is only a small part of that story,
testimony about a tragic time, about the events which could have taken
place, it seems to us, only in the boiling Bosnian pot, heated by
divisions and hatred of neighbors on the other sides of the Sava and
Drina rivers.

BEGINNING OF TROUBLE: Before the war, I worked in the Bosnian
Brod City Hall, and had connections with some activities of the
authorities and in connection with the authorities. I mention this
because it affected my later fate. I've been active in politics, always
a leftist, a member of the Communist Party, later of the Communist
League.
Today, I am a Socialist. I think that is correct. I have always claimed
and still think that extremists started this war. They were a tool in
the hands of those who came to power after the first multi-party
elections, when our misfortune started.

Before the war, I was a reserve officer of the Yugoslav People's Army. I
had the rank of captain and was a member of the then 327th Brigade in
Derventa. The battalion from Brod was a part of that Brigade. I carried
out certain tasks, at the time that was legal; the war hadn't started in
this region yet, although I was afraid that it would. My activities in
the City Hall were also related with that. Many did not like that, above
all extremists, mostly Croats, and then also Muslims. I say Muslims,
because that is who I am. I was a Yugoslav, now I am a Muslim [the
current official name for Bosnian Muslims is Bosniaks].

After the fall of the YPA barracks in Slavonski Brod [across the river
in Croatia] the tensions in this region significantly increased. There
were clashes, people were carrying weapons. I was among those who
advocated common life, not necessarily brotherhood and unity. Croatia
was already a new state. If we need to protect ourselves from someone, I
used to say, let us at least protect ourselves together, since we
already live together, Serbs, Croats and Muslims. Extremists among
Croats and Muslims were against that and I can tell you that both groups
tried to convince me to join them. Not because of ideals, but because of
interests, since they probably expected that my reputation and my
knowledge in connection with my work could have helped their cause.

They said: "Join us, nothing will happen to you". That was evident when
they attacked me later. I was attacked by the members of the militia
which had been formed in Brod at the start of March 1992 and had
exclusively Croat and Muslim members. The first commander of the
military police in Bosanski Brod was Josip Bilic. All of them were
appointed based on the orders coming from Slavonski Brod. Serbs had
already withdrawn to Lijesce.

FIERCE SHOOTING: I was the president of the Local Commune
Sijekovac and when some locals approached me to figure out the way to
protect ourselves, mostly from criminals, the general attitude was that
all of us, Serbs, Muslims and Croats should participate in local
sentries.
However, the extremists won over in the end and chased away those who
wanted to live together. I was immediately fired from the post of the
president of the local commune. Actually, I was not fired, but they
simply took over.

17 members of the so-called military police participated in a physical
attack on myself and my family. They attacked us in our house and
demanded that I turn over weapons. They thought that the YPA had
stored weapons in my house. I did not have those weapons but I did have
my own. They shot first and than demanded that I surrender. The
shooting was fierce. That night I talked to General Kukanjac, with the
commander of the Brigade in Derventa, with the headquarters in Brod,
with the headquarters in Lijesce, and demanded that the attack on me be
stopped. I did not want to surrender. My wife, son and daughter, who
were minors at the time, were in the house with me. What hurt me the
most was that among the attackers were some of my neighbors or their
children.

The walls of our house were covered with bullet holes. An intervention
to stop these attacks came from the top, but we had no other choice but
to leave. That day, there was a burial. An important individual of some
sort had died and everyone was at the burial. When we saw that the
sentry had left, we somehow got out of Sijekovac and went to my
birthplace Dubocac. I got in touch with the garrison and went to
Derventa.

HOS ARRIVES: However, the same group which attacked me in
Sijekovac, reinforced by a group of HOS soldiers [HOS, or Croatian
Defense Forces, was an extreme right (pro-Ustashe) Croatian militia,
active both in Croatia and Bosnia-Hercegovina in 1991 and 1992] under
the command of in this region well known Obradovic, attacked and took
over Dubovac. Obradovic lived in Slavonski Brod, had a bar there; he was
a Serb and hailed from Kraljevo in Serbia, but was still in HOS. After
the fall of Dubocac we ran away to the Muslim village of Kobas and
that's where my family lived, while I was in Derventa with the Brigade.

A group of 22 HOS soldiers, the so-called Handzars, whose commander
was certain Ekrem Mendela, originally from somewhere in central
Bosnia, came to Sijekovac from Croatia and set up a camp in containers
belonging to a company from Teslic, near my house. They controlled
Sijekovac, together with the so-called intervention platoon of Nijaz
Causevic from Sijekovac, also known as Medo. Obradovic and Causevic
raged in this region with their groups until the liberation of Brod.
Obradovic died later; he was killed by his own soldiers, when they were
running away from Zboriste; he tried to stop them and one of them
killed him.

FOX IN KOBAS: Since then, until the liberation of Brod, I was in
Derventa. In August 1992 I formed my own unit within the Army of the
Republic of Srpska. Most of its members were Muslims, but there were
also a few Serbs and Croats. Its name was the independent Muslim unit
"Mesa Selimovic" [famous Bosnia Muslim writer], and it existed within
the Army of the Republic of Srpska until the end of the war. It was
formed in the village of Kulina near Derventa, in front of the village
school. It was named by General Kelecevic, and at the time Colonel and
now General Slavko Lisica. I was the first commander of the unit, until
January 1993, and after that I left the Army and worked in Brod. The
unit had about 120 soldiers, but the number varied from time to time.
Therefore, it was the size of a company. It fought in all battles around
Brod and Derventa, and also participated in fighting around Teslic,
Tesanj, Maglaj and Zavidovici. Its members were to the last honest
people, who stayed to live here. This unit did its job honestly. In our
opinion we had the right to defend our land, and we did defend our land
and property; we stayed there and believed that that was just. And
indeed, most of these people until this day live and work here.

How was this unit formed? Let there be no confusion, we volunteered. I
wanted to somehow protect people who stayed on their land. We
contacted Lisica and he accepted our proposal. At the time he was a
colonel, a commander of a tactical group. He came to Kobas, where we
had escaped from Dubocac, gathered Muslims and in the yard of the house
where I was living, delivered a speech, and promised people that no one
was to touch them. Then he said: "If you are willing, I will send you
vehicles". There was no force. Later, we gathered in front of the school
in Kulina and were thinking about a name for the unit. As far as I
remember, I think that Lisica mentioned the name of Mesa Selimovic,
and that General Kelecevic accepted. I also liked the name and agreed. I
had read Mesa, sometime because his books were a part of the required
reading list at school, and sometimes because I liked his books. And
that's how it stayed. As a unit we did not do anything bad, let one of
our opponents say that is not true. We were visited by foreign
journalists, even princess Jelisaveta came to the front to see us. We
were visited by British members of the Parliament; they drank coffee
with us. We were famous for our culinary skills. As people from the
banks of the Sava river, we could prepare really good fish.

AGGRESSORS ON THEIR OWN LAND: What I did, what all of us
did, we chose that and are not sorry. I know that Serbs were declared
aggressors, but we did not accept that. We were a part of the Army of
the Republic of Srpska, we were with our neighbors, there was no one
else there; there was no one from Montenegro or Serbia. If they were
aggressors, then we were aggressors together with them. And how can I
be an aggressor on my own land? I do not understand that. It was a war,
there were those who carried weapons and were not mature enough for
that; there were all sorts of things and one had to take care of himself
and stay on one's own land. Some could not take it and they left, but
some did persevere and stayed. Whole Muslim villages stayed. Take, for
example, Luzani and Omeragici in the Derventa municipality, complete
villages inhabited by Muslims and all of them are still there.

There were many Muslims from Derventa in my company, but also in the
rest of the Derventa Brigade. It is impossible to take that at face
value, the stuff they said about the aggression. Until May 1992, when
those children were killed in Kolibe, 18-year old YPA conscripts, the
YPA was a legal military force in this region. Even then it was
impossible to talk about aggression. That word was used to pull the
International Community on one side in the conflict. And everyone wanted
that. I know of cases that all three sides attacked their own villages
in order to accuse the other sides and that cannot provide alibi for no
one of them.
That is the truth. All that was done in order to cause chaos, since
people, apart from those extremists, still wanted to stay on their own
land and live with their neighbors. Look, they are coming back now.

It is true that many more Muslims were on the other side. But they were
not on their own. They fought within HVO. They had to obey orders.
Every Muslim unit in HVO had a Croat "advisor", and we all know what
that means. I was completely independent, had full trust of my
superiors; I had no advisors in my company. That also applies to my
successor.

CRIME IN SIJEKOVAC: The crime in Sijekovac took place on March
26 1992. I was at the time in Derventa, in my unit as an operative in
the Brigade headquarters. I was the first person in Derventa to receive
information about what happened. I know that the then crisis staff of
Sijekovac decided to attack and disarm a part of the village; there are
written documents about that. That order was signed by Smajo Havic,
the then president of the crisis staff in Sijekovac; soon afterwards he
resigned, probably after realizing what he had done. Obradovic's HOS
troops and Nijaz Causevic Medo's intervention platoon participated in
that attack. The members of intervention platoon were extremists from
Sijekovac, Muslims and Croats. Eight Serbs were murdered in that
attack. They were all innocent people, some of them were even retarded.
I got the news in Derventa about the crime from late Miso Bacic; I hope
that he will be rehabilitated, since the manner in which he died is
shameful for everyone here.

Before the war Muslims held the largest share in the population of
Sijekovac, then Serbs and then Croats. If it wasn't for extremists, and
criminals, Sijekovac could have kept the status of a neutral village,
although at the time it was hard to remain neutral.

This incident was used as an excuse to continue the war and definitely
strongly influenced that. That was one of the events which indicated
that there was no going back. If it weren't for that crime, many people
would not have escaped when we arrived. Many of them did not want to
leave, but were afraid of revenge.

PIKLOVIC SHOOTS A MOVIE: HVO [Croatian Defense Council, the
"official" Bosnian Croat militia; HVO absorbed HOS members after an
unsolved murder of their leader in Hercegovina] was in charge in this
region. For example, 102nd Brigade from Bosanski Brod had a battalion
from Sijekovac; Adnan Ramadanovic (killed later by his neighbors) was
the commander of the battalion. He was the first commander of military
police in Sijekovac, at the beginning of March 1992. All orders came
from HVO. Ivan Brzic was the president of the crisis staff, Armin
Pohara was some sort of his top executor, but all orders came from
Slavonski Brod. There is a movie, filmed by the people from HVO,
which shows how villages were burned down after Serbs had
withdrawn, starting with Lijesce and so on. Piklovic personally went in
a car and watched as these villages were set on fire; the film was shot
from his car and he was at the time the president of the executive
council of the Slavonski Brod Municipality. I think that Tudman
personally gave free hand to Ante Prkacin to do as he pleased in
Posavina. HVO burnt down all Serb villages towards Doboj. That was
probably done to prevent Muslims from Kotorsko and Modrica to more into
those Serbs villages and change the ethnic composition of the population
in the region.

There are documents, with names, that show that members of the
so-called Sijekovac battalion, a lot of them Muslims, were paid from
Croatia. In that case, who was the aggressor? Several formations of the
Croatian Army fought in this region. One of them was the 108th
Brigade, the first brigade of the Croatian Army, which, as they say,
liberated the YPA barracks in Slavonski Brod. It experienced a debacle
in Kostres and Novo Selo, where some 60 to 70 percent of its soldiers
were killed. I captured their documentation. The command of the Brigade
was in a restaurant near Ukrina. I remember that the commander's name
was Martin, I did not remember his surname, but do remember that he had
been a reserve officer of an engineering company of the YPA in the
Derventa Brigade.

They came here from Croatia, they were in charge. The Bjelovar Brigade
and some other brigades of the Croatian Army also fought here. When
we liberated Brod and captured some people, they told us that they had
been taken to Posavina [region next to the Sava river in northern
Bosnia] by deceit. They told them they were going against Okucani and
then took them to Brod.

I was on duty in the barracks in Derventa when HVO captured Fikret
Abdic in Radic. I picked up the phone and someone said: "You can have
Abdic, just give us Vencelovka and Stanic". Those were Croats whom we
had captured, but we immediately released them. I called the commander
of the defense of the barracks, major Stajcic. We did not want to
discuss an exchange.

WHAT EVERYONE KNOWS: A mass grave of Serbs murdered by
HVO before October 1992 was discovered in Brod, but that was not
publicized. There is some documentation about the actions of Nijaz
Causevic Medo, there are statements by witnesses, there is filmed
evidence. Causevic filmed a three-hour movie about his unit. His group
raped a Serb woman from Sijekovac, cut her up in pieces and threw her
flesh to dogs. There were other rapes and so on. A member of Medo's
unit killed a man who had sold a horse, a Croat. All of that has been
processed, both by the Army and Police. On March 26 the following
people were murdered in Sijekovac: three Zecevics, Milan, Vaso and
Petar (Milan was a driver in the Refinery), then Luka Milosevic and his
two sons. Sreto Trivic, my good friend, and elderly man, a pensioner,
was slaughtered while sitting in an armchair. That was proven. They
came up to him and slaughtered him.

Mustafa Kovacevic, an electrical engineer in the Refinery and a world
famous expert, and his wife Mirsada were murdered while HVO and
Medo were in power. Their corpses had been burned, but we found their
remains and they were buried. My friend Mustafa Alic was murdered in
his own house, but his corpse was never found. Some other people,
mostly Serbs and Muslims, disappeared without a trace. The Croat part
of the extremist leadership used to say: "First get rid of Communists.
You know who they are, here are the lists. Then, get rid of the Serbs".

That is the truth. Everyone knows about that. These days, some of the
culprits are walking around free.

MEDO IN ASSEMBLY: That went on until October 7 1992, when we
entered Brod. I said "we" because I was one of the commanders who
participated in, as we say, the liberation of Bosanski Brod. Somehow, we
ended up in the region of Sijekovac, we returned home. We were in a
hurry because we knew that there were honest and good people here and
that some of them would wait for us. That's how it was. Unfortunately,
some stayed and lost their lives. That is what happened, that is the way
the war was, that is our misfortune.

I am pretty dissatisfied with what has been done to resolve crimes. Some
work was done by our authorities, some by IPTF. Quite a few of those
people, such as Nijaz Causevic Medo, who is definitely responsible for
many crimes in this region, and especially for Sijekovac, were never
charged. Obradovic has been killed, he is gone, but many of his people
who participated in everything are still around. For example, there is
Zeljko Barisic, who was here at the time as a General of HVO. There is a
film which shows Barisic leading the so-called group for fighting
against snipers near the post office in Brod. That film was forged.
Blazen Kljajic is another one of that sort.

Life is slowly returning to normal in Sijekovac. About 70 percent of
Serbs have returned, there are some refugees, and lately, we've had
about ten-twelve Muslim and one Croat family of returnees. Most of them
are elderly people, youngsters come to take a look and leave. But, even
after all that has happened people want to again live together.

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ATTACCO A USA: BOSNIA, NIENTE RIFUGIO A SEGUACI BIN LADEN
(ANSA) - SARAJEVO, 28 SET - A 70 afghani dell'Al Qaida di Osama bin
Laden che, secondo informazioni di ''servizi autorevoli'' pensano di
fuggire dall'Afghanistan per rifugiarsi in Bosnia, non sara' permesso di
entrare in questo paese - ha detto oggi il ministro dell'interno della
Federazione BH (entita' croato musulmana) Muhamed Besic. ''Non pensino
di trovare qui il paradiso'', ha aggiunto.
Che la Bosnia non sia un paradiso per i terroristi le autorita' di
Sarajevo lo ripetono spesso negli ultimi giorni, smentendo ''le
speculazioni di alcuni media'' circa le basi di addestramento dei
terroristi di bin Laden nel Paese o che il ricercato n.1 avesse un
passaporto bosniaco. Le autorita' hanno reso noto i primi risultati di
un riesame delle 11.000 cittadinanze concesse a partire dal 1992,
dall'indipendenza della Bosnia ad oggi, secondo cui solo 70 mujaheddin
che hanno combattuto nelle file dell'esercito di Sarajevo durante la
guerra (1992-95) sono naturalizzati bosniaci rimasti a vivere nel paese.
Tra questi - ha detto il ministro dell'interno - la polizia tiene in
questi giorni sotto ''sorveglianza operativa'' 13 persone.
Il ministro ha anche ricordato che la polizia bosniaca ha finora
arrestato quattro persone, di origine araba, sospettate di terrorismo:
due sono stati estradati in Francia e due stanno per essere estradati in
Egitto. Ma il problema dei mujaheddin, dei 'passaporti facili' e dei
legami passati con regimi radicali islamici del Partito di azione
democratica (Sda) dell'ex presidente Alija Izetbegovic, in particolare
per l'acquisto di armi, resta comunque un'eredita' pesante per l'attuale
governo dell'Alleanza per il cambiamento.
L'unita' El Mujahid, con base a Zenica, in Bosnia centrale, formata nel
1993 da volontari dei paesi islamici, fu sciolta dopo la guerra. Secondo
l'accordo di pace di Dayton, tutti i combattenti stranieri dovevano
immediatamente lasciare il paese, ma alcuni mujaheddin rimasero, dopo
aver acquisito la cittadinanza sposando ragazze bosniache. Formarono tre
comunita', assieme anche ad adepti locali, nei villaggi Guca Gora,
Zeljezno Polje e Bocinja. Per lo piu' sono seguaci dell'islam wahabita
professato in particolare in Arabia Saudita. Queste comunita' furono
piu' volte denunciate come campi di addestramento per terroristi, ma
nessuna delle indagini della magistratura bosniaca trovo' riscontri in
questo senso. E anche la Forza di pace della Nato non ha avuto ''indizi
sul terreno'' dell'esistenza di tali campi. L'unico campo illegale fu
trovato dalle forze Nato nell'immediato dopoguerra, nel febbraio 1996, a
Fojnica, in cui furono scoperti tre iraniani e sei bosniaci. L'allora
presidente Izetbegovic affermo' che era un centro di addestramento degli
agenti dell'antiterrorismo. In seguito, sempre nel 1996, gli Usa
condizionarono aiuti in armamenti all'esercito della Federazione con le
dimissioni del sottosegretario alla difesa Hasan Cengic, per i suoi
''legami troppo stretti'' con l'Iran. (ANSA)
COR*VD 28/09/2001 19:46

---

Subject: Foreign Mujahedeen In Bosnia, Kosovo, FYROM
Date: Sun, 2 Sep 2001 05:10:16 -0700 (PDT)
From: Rick Rozoff <r_rozoff@...>
To: r_rozoff@...

"Others left for Albania, where they helped train the
rebels who would become known as the Kosovo Liberation
Army. This year, according to Western diplomats, the
fighers have appeared once more, now on the side of
Albanian rebels in Macedonia."

September 2, 2001
Trial Offers Look at Secretive Warriors in Bosnia
By MARLISE SIMONS

THE HAGUE, Aug. 31 - Islamic "holy warriors" came from
various countries to the mountains of central Bosnia,
but the people there knew them mainly for their
reputation for ferocity and cruelty.
They volunteered for the Bosnian Army but also had
their own code of conduct. And under that code, any
mistreatment of civilians and prisoners of war was
strictly forbidden.
Yet the United Nations war crimes tribunal here has
accused them of doing just that - committing
atrocities against civilians and prisoners.
None of the Muslim warriors are expected to appear in
court, according to tribunal officials. But three of
their former superiors, all commanders in the Bosnian
Army, were arrested for war crimes and brought to The
Hague earlier this month to stand trial.
The three, retired Generals Mehmed Alagic and Enver
Hadzihasanovic, as well as Brig. Amir Kubura, have
pleaded not guilty. No trial date has been set.
The case is unusual, not only because the three are
the highest ranking Bosnian Muslims indicted so far,
but also because many of the charges against them
involve crimes said to have been committed by the
mujahedeen. The case is expected to throw light on
mujahedeen, the secretive movement of Islamic
volunteer fighters who have been operating in the
Balkans for the better part of a decade.
Tribunal investigators reportedly have had access to
Western intelligence in preparing their case, and part
of this information is expected to be used in court.
What is known is that several thousand of the warriors
first appeared in Bosnia in 1992, supported by funds
from Iran and Saudi Arabia. Among them were young men
from Afghanistan, Pakistan, Iran and other Islamic
nations. Estimated to number three to five thousand,
they played a crucial role in the Bosnian Army as it
battled with Serbs and then Croats over territory in
central Bosnia.
Under the 1995 Dayton Peace Accord, the mujahedeen
were meant to leave Bosnia, but a number stayed,
married local women and moved into houses left empty
by refugees. Others left for Albania, where they
helped train the rebels who became known as the Kosovo
Liberation Army. This year, according to Western
diplomats, the fighters have appeared once more, now
on the side of Albanian rebels in Macedonia.
Few details are publicly known, but the indictment of
the three former Bosnian commanders offers some
insights into the instructions and actions of the holy
warriors.
It says that most joined the same brigade, where
recruits had to swear by oath that they would follow
the example of a proper Muslim soldier. They were
given a code of conduct, set out in a booklet called
"Instructions to the Muslim Fighter," which in Bosnia
was first published in 1993.
Its section dealing with war booty may explain why
many Bosnian soldiers, including mujahedeen, are
accused in the indictment of widespread plundering of
Bosnian Serb and Croat homes and farms. The booklet,
as quoted in the indictment, says that if soldiers are
unpaid, "a fifth of war booty shall fall to the state
treasury, and the other four- fifths belong to the
soldiers."
The booklet's passage on prisoners of war says "the
killing of women, children and priests who do not
participate at all in the war and who do not directly
or indirectly assist the enemy, is forbidden; Islam
likewise forbids the torture and brutalization of
prisoners of war and the mutilation of enemy wounded
and dead."
According to the indictment, in Bosnian towns and
villages where mujahedeen operated during 1993, "at
least 200 Bosnian Croat and Bosnian Serb civilians
were killed and many more were wounded."

---

>
http://www.diaspora-net.org/food4thought/binladen__kla.htm

KLA rebels train in terrorist camps
By Jerry Seper
The Washington Times, May 4, 1999

Some members of the Kosovo Liberation Army, which has
financed its war effort through the sale of heroin, were
trained in terrorist camps run by international fugitive
Osama bin Laden -- who is wanted in the 1998 bombing of two
U.S. embassies in Africa that killed 224 persons,
including 12 Americans.

The destruction of the U.S. Embassy in Nairobi, Kenya was blamed by the
U.S. on Osama bin Laden's group. Well before the start of the NATO
operation reports were pointing to his ties to KLA.

The KLA members, embraced by the Clinton administration
in NATO's 41-day bombing campaign to bring Yugoslav
President Slobodan Milosevic to the bargaining table,
were trained in secret camps in Afghanistan,
Bosnia-Herzegovina and elsewhere, according to newly
obtained intelligence reports. The reports also show that the
KLA has enlisted Islamic terrorists -- members of the
Mujahideen --as soldiers in its ongoing conflict against Serbia,
and that many already have been smuggled into Kosovo to
join the fight.

Known to its countrymen as the Ushtria Clirimatare e
Kosoves, the KLA has as many as 30,000 members, a number
reportedly on the rise as a result of NATO's continuing
bombing campaign. The group's leadership, including Agim
Ceku, a former Croatian army brigadier general, has
rapidly become a political and military force in the Balkans. The
intelligence reports document what is described as a
"link" between bin Laden, the fugitive Saudi including a
common staging area in Tropoje, Albania, a center for
Islamic terrorists.

The reports said bin Laden's organization, known as
al-Qaeda, has both trained and financially supported the KLA.
Many border crossings into Kosovo by "foreign fighters"
also have been documented and include veterans of the
militant group Islamic Jihad from Bosnia, Chechnya and
Afghanistan. Many of the crossings originated in
neighboring Albania and, according to the reports,
included parties of up to 50 men.

Jane's International Defense Review, a highly respected
British Journal, reported in February that documents found
last year on the body of a KLA member showed that he had
escorted several volunteers into Kosovo, including more
than a dozen Saudi Arabians. Each volunteer carried a
passport identifying him as a Macedonian Albanian.

Bin Laden and his military commander, Mohammed Atef, were
named in a federal indictment handed up in November
in New York for the simultaneous explosions Aug. 7 at the
U.S. embassies in Nairobi, Kenya, and Dar es Salaam,
Tanzania. The indictment accused the two men of directing
the attacks, which injured more than 5,000 people.

The indictment said bin Laden, working through al-Qaeda,
forged alliances with government officials in Iran, the
National Islamic Front in the Sudan and an Iranian
terrorist organization known as Hezbollah. He was indicted earlier
this year by a federal grand jury in New York for his
suspected terrorist activities. The al-Qaeda is believed to have
targeted U.S. embassies and American soldiers stationed
in Saudi Arabia and Somalia. The organization also is
accused of housing and training terrorists, and of
raising money to support their causes.

The State Department, along with other federal agencies,
offered a $5 million reward last year for information leading
to the arrest and conviction of the two men. Mr. Clinton
ordered a retaliatory attack on training bases controlled by
bin Laden in Afghanistan and a chemical factory near
Khartoum, Sudan, after the bombings.

Last year, while State Department officials labeled the
KLA a terrorist organization, saying it bankrolled its
operations with proceeds from the heroin trade and from
loans from known terrorists like bin Laden, the department
listed the group as an "insurgency" organization in its
official reports. The officials charged that the KLA used
terrorist tactics to assault Serbian and ethnic Albanian
civilians in a campaign to achieve independence.

The KLA's involvement in drug smuggling as a means of
raising funds for weapons is long-standing. Intelligence
documents show it has aligned itself with an extensive
organized crime network in Albania that smuggles heroin to
buyers throughout Western Europe and the United States.

Drug agents in five countries believe the cartel is one
of the most powerful heroin smuggling organizations in the
world. The documents show heroin and some cocaine is
moved over land and sea from Turkey through Bulgaria,
Greece and Yugoslavia to Western Europe and elsewhere.
The circuit has become known as the "Balkan Route."

The U.S. Drug Enforcement Administration said in a recent
report that drug smuggling organizations composed of
Kosovo's ethnic Albanians were considered "second only to
Turkish gangs as the predominant heroin smugglers
along the Balkan Route." Greek Interpol representatives
have called Kosovo's ethnic Albanians "the primary sources
of supply for cocaine and heroin in that country."

France's Geopolitical Observatory of Drugs said the KLA
was a key player in the rapidly expanding drugs-for-arms
business and helped transport $2 billion in drugs a year
into Western Europe. German drug agents said $1.5 billion in
drug profits is laundered annually by Kosovo smugglers,
through as many as 200 private banks or currency-exchange offices.

Jane's Intelligence Review estimated in March that drug
sales could have netted the KLA profits in the "high tens of
millions of dollars." It said the KLA had rearmed itself
for a spring offensive with the aid of drug money, along with
donations from Albanians in Western Europe and the United States.

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... On 10th of February of 1943 Hitler gave a "green light" for creation
of the division made up of Bosnian Muslims, whose main purpose would be
fighting Tito's partisans in Bosnia. On 13th of Feb. Himmler gave an
order to SS Gruppenfuhrer (division-level general) Arthur Phelps,
commanding officer of the "Prinz Eugen" SS division, which consisted of
Yugoslavian folksdojcers, to immediately start recruiting ...

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CONTINUA LO SFASCIO DELLA TRADIZIONE DIPLOMATICA JUGOSLAVA:
CHIUSE ALTRE 13 AMBASCIATE ALL'ESTERO

Si noti in particolare la chiusura delle ambasciate in paesi-chiave
dell'ex movimento dei non allineati.

[As only sovereign nations have embassies abroad, and
as Yugoslavia's national sovereignty has been put into
receivership during the past year - courtesy of its
'friends' in Washington, London, Brussels and Berlin -
there'e no need for embassies until Yugoslavia is
restored to its former status of independent nation.
Besides, what do Asia, Latin America and Africa matter
as they're not NATO territory anyway? Minja M.]

BBC News
September 27, 2001

Cash-strapped Yugoslavia closes embassies

The Yugoslav Government says it is temporarily closing
its embassies in 13 countries for economic reasons.

The Foreign Ministry said the closures were part of
rationalising Yugoslavia's representation abroad, and
that the duties of the closed embassies would be taken
over by missions in neighbouring countries.

Although all sanctions against Yugoslavia have been
lifted since the fall of the former President,
Slobodan Milosevic, a year ago, the country is still
facing serious economic problems.

The ministry said the closed embassies were in Chile,
Ghana, Guinea, Kenya, Lebanon, Myanmar, North Korea,
Tanzania, Uzbekistan, Venezuela, Vietnam, Zambia and
Zimbabwe.

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Il seguente scambio tra Carlo Gubitosa e Fulvio Grimaldi e' circolato
sulle mailing list di Peacelink: http://www.peacelink.it

---

From: "Fulvio"
Date: Sun Sep 30, 2001 10:43 am
Subject: R: MANUALE PER LA PROPAGANDA DI GUERRA


Apprezzabile analisi del fiancheggiamento mediatico, ma da integrare
con un esame della struttura oligarchica della propriet� dei mezzi
d'informazione, ormai concentrata in mezza dozzina di mani
anglosassoni, con terminali periferici subalterni in altri paesi, e
operante come corporations polivalenti in totale sinergia con il
complesso economico-statale (multinazionali garantite da forti stati-
nazione)capitalista, oggi nella "fase suprema" dell'imperialismo
criminale e terrorista. Andrebbe messa in evidenza anche la concordata
presenza-sorveglianza in tutti gli organi d'informazione maggiori di
infiltrati-spie alle dipendenze di servizi segreti.
Da rilevare invece la liturgica interpretazione che Gubitosa ,
mostrandosi anche lui vittima di intossicazione mediatica, da del ruolo
di nemici dell'imperialismo come Saddam e Milosevic. Afferma che si
tende a far dimenticare le collusioni che in passato, prima della
demonizzazione, ci sarebbero stati tra questi soggetti e l'imperialismo
che poi li ha attaccati. E' una falsit� radicale sia per quanto
riguarda Milosevic, sia per Saddam. Invece questa tesi vale
perfettamente per Bin Laden, i cui adepti, peraltro, lavorano tuttoggi
per interessi USA in Macedonia, Kosovo, Cecenia, Algeria, Filippine,
Indonesia, ecc. Cosa, questa s�, da far dimenticare. La tesi del
collaborazionismo passato di personaggi come Saddam e Milosevic viene
astutamente e discretamente fatta propagare dalle stesse centrali della
simultanea demonizzazione. Solo che per propagarla non si fa
prevalentemente ricorso ai grandi mezzi ufficiali allineati, ma a
elementi e mezzi del campo avverso, cio� della sinistra. Cos� a
demonizzazione da destra si aggiunge quella di sinistra ed il cerchio �
chiuso, senza possibilit� di scampo per il nemico. Un nemico non di
oggi, ma di sempre.
Quando un organo, un giornalista o un partito di sinistra affermano che
Milosevic o Saddam sono dei resistenti ed antimperialisti fasulli
poich� in passato - e magari, sotto sotto, anche adesso, mentre giudici
e bombe si accaniscono a distruggerli - erano amiconi e complici dei
loro nemici attuali, si mina alla base la fiducia e il sostegno che
pacifismo, sinistre, antimperialismo nel mondo potrebbero fornire alla
causa della resistenza a USA e Nato. Si forma cos� il famigerato
partito del n�-n� (n� con... n� con...), da me denunciato - direi con
successo notevole di adesioni - tante volte durante l'aggressione al
bastione anti-Nato ed antiliberista della Jugoslavia e la parallela
ambiguit� di tante forze e personalit� della sinistra detta antagonista
che ha bloccato - fin dalle aggressioni fisiche delle tute bianche ai
compagni che ad Aviano recavano la bandiera jugoslava, e dallo spietato
sabotaggio di giornalisti compagni - una mobilitazione incondizionata
e efficace contro la guerra, facendola invece annegare tra i distinguo
e la ripresa di intossicanti parole d'ordine dell'imperialismo.

Ricordiamoci che qualcuno in alto proib� vergognosamente alle forze
anti-guerra di invitare alle manifestazioni le comunit� serbe in
Italia, i concittadini e parenti di coloro che venivano massacrati
dalla Nato!
Curiosamente, o forse neanche tanto, si tratta delle stesse fonti
politiche, sociali e mediatiche che poi hanno clamorosamente toppato
nell'interpretazione degli eventi jugoslavi del 5 ottobre 2000 (che la
CIA ha potuto definire suo capolavoro), definiti sofrianamente e
panebiancamente "rivoluzione democratica" e attribuiti a una "Belgrado
che ride", per essere poi clamorosamente smentiti dalle rivelazioni e
vanterie degli stessi cospiratori al soldo della CIA. Sono impostazioni
di amici del re di Prussia e utili idioti che si perpetuano nel tempo e
rappresentano una linea di ininterrotte mistificazioni, fatte passare
per posizioni di sinistra e facenti invece leva sui pi� provinciali e
ciechi moralismi piccolo-borghesi.
Dal momento che contro le pi� volgari criminalizzazioni del nemico da
parte delle centrali apertamente imperialiste siamo, almeno a sinistra,
relativamente (ma non del tutto) vaccinati, ecco che si insinua, con lo
stesso scopo delle invenzioni pi� scoperte, la diffamazione da sinistra
di resistenti e patrioti fatti passare per complici del nemico
mascherati tardivamente da antimperialisti. E' una linea perfida e
disfattista, che drena energie a chi lotta mettendo sullo stesso piano
aggrediti ed aggressori ("la violenza nei territori", "Arafat e la
colomba Peres", "gli estremisti palestinesi e gli spiragli di
pace", "contro tutti i terrorismi") e frantuma ininterrottamente il
fronte della Resistenza . Il n�-n� rivolto allo scontro tra un carro
armato che polverizza case e viventi e un suicida imbottito di tritolo,
immobilizza la risposta di massa e favorisce ovviamente il carro
armato. E' una linea che arriva a invitare nel Movimento, del quale poi
accetta tutte le ambiguit� e tutti gli errori come fossero verit�
inedite e rivelate, forze come il serbo Otpor, confessa e
dimostrata organizzazione golpista creata dalla CIA, o spara una
controcopertina, dopo la vicenda delle Torri, in cui sentenzia (e
ordina) che "non possiamo pi� dire abbasso gli americani", mistificando
e cancellando l'ovviet� che quella sacrosanta parola d'ordine � sempre
stata indirizzata ai dirigenti politici, militari, economici USA e
certamente mai a Ramsey Clark, John Steinbeck, Humphrey Bogart, Scott
Fitzgerald, la Beat Generation e via elencando grandi valori
statunitensi. E, ancora una volta, lavorando per il re di Prussia nel
momento in cui in tutte le piazze del mondo, compresa la Washington
invasa dai compagni di Ramsey Clark, si urla "Abbasso l'imperialismo
USA" e "Yankee go home" e in tutto il mondo si vede dispiegarsi, con il
pretesto degli attentati (da chiunque molto misteriosamente - o neanche
tanto - voluti), la minaccia terroristica israelo-statunitense. Bel
lavoro davvero, in sintonia con i pi� profondi sentimenti delle masse
(o "moltitudini" di evangelica e aclassista memoria?). Ma quando
costoro verranno, dalla sinistra che non si fa turlupinare, chiamati a
rispondere delle loro responsabilit�? Fino a quando gli verr�
consentito di tagliare le gambe alle lotte antimperialiste? Anche
con le infantili e strumentali farneticazioni Negriane e Casariniane
sull'Impero consolidato, frutto di pessime letture, da Tolkien a Guerre
Stellari. Tutto questo, caro Gubitosa, oltre a essere imbecille, �
collateralismo, pi� o meno consapevole.
Un'ultima parola sulle "collusioni" di Saddam e Milosevic. Del primo si
dice che fu finanziato e armato dagli USA contro l'Iran. Falso. Le armi
irachene erano tutte sovietiche, francesi ed italiane, pi� qualcosa pi�
recentemente acquistato sui mercati. Mai Israele, che aveva gi�
bombardato una centrale nucleare irachena, avrebbe acconsentito che gli
USA armassero quello che rimane il loro nemico principale. L'interesse
imperialista era di contenere entrambe le potenze regionali, rivali
dell'egemonia terroristica israeliana, provocando uno scontro che, come
auspic� Kissinger, le dissanguasse entrambe. Non per nulla, se settori
USA (quelli minoritari, non legati a Israele) appoggiarono
diplomaticamente e finanziariamente l'Iraq, altri,
con Israele, equipaggiarono e armarono l'Iran, cui inviarono in piena
guerra piloti istruttori israeliani, quell'Iran di cui si avvalsero
anche nella distruzione, con i contras, del Nicaragua. Fu Khomeini, a
dispetto di tutte le menzogne, ad attaccare l'Iraq (ne fui testimone
personale nel 1979) servendosi anche della quinta colonna curda in
Iraq, da molti decenni (con Mustafa Barzani) al servizio della CIA. Era
L'Iraq di Saddam il massimo nemico dell'imperialismo-sionismo nella
regione, in quanto arabo, laico, punto di riferimento per le masse
oppresse arabe, con un modello sociale avanzato che avrebbe potuto
diventare contagioso tra le monarchie feudali del Golfo. Soprattutto
perch� proprio nel 1979, Saddam organizz�, in risposta alla resa araba
di Camp David, il pi� vasto fronte anti-USA e anti-Israele e
propalestinese mai visto nella regione. Si vada a vedere la
stampa internazionale sul vertice anti-Sadat a Baghdad del 1979: il pi�
grande schiaffo che il mondo arabo, dai tempi di Nasser e Bumedienne e
fino al tempo dell'Intifada e degli hezbollah, abbia mai dato a USA e
Israele. Si critichi Saddam per i gas contro i curdi o la repressione
dei comunisti (non dei curdi, inventata), che, peraltro, avevano
abbandonato la coalizione di governo e obbedito a Brezhnev che si era
schierato con Khomeini per pure ragioni di scacchiere, tradendo un
amico annoso come l'Iraq.
Quanto a Milosevic, sul quale purtroppo persistono le calunnie anche di
giornalisti eccellenti e coraggiosi come Tommaso di Francesco e di
compagni lucidi e lungimiranti come Piero Bernocchi, segno che tutti
possiamo inciampare sulle mine disseminate dalla disinformazione, si
citano a sinistra questi elementi di complicit� col nemico: aver
mestato con le banche USA e il FMI, aver accettato illimitate
privatizzazioni. A cui si aggiunge il crimine del "nazionalismo". Su
quest'ultimo, davvero risibile se riferito a un uomo che ha visto
strappare un arto dopo l'altro al corpo di un paese che ha tentato
disperatamente di tenere unito, sovrano, multinazionale e
multireligioso e che aveva dato fino alla guerra la prevalenza numerica
negli organismi militari e nelle istituzioni tutte a elementi non
serbi, il tempo ha gi� consolidato il giudizio. Quanto alle
banche USA, la collusione sta nel fatto che un bancario come Milosevic,
in et� giovane, ha fatto uno stage presso banche negli Stati Uniti. Il
rapporto con il FMI, dopoch� questo organismo USA aveva rastrellato i
debiti di una Jugoslavia in gravissima crisi per le spinte
secessioniste, i sabotaggi esterni ed interni, la crisi petrolifera, e
aveva messo in atto i suoi ricatti per la sopravvivenza economica e
sociale del paese, � terminato nel 1992, dopoch� l'accettazione delle
condizioni capestro FMI da parte di un premier liberista come Markovic,
nel 1989, aveva aggravato pesantemente le condizioni del paese.
Milosevic in persona pose fine al processo di subordinazione al FMI e
delle privatizzazioni selvagge e var� una legge di protezione sociale
per cui le privatizzazioni non dovevano coinvolgere settori strategici
se non per quote di minoranza (Telecom) e che, per ogni privatizzazione
di industrie, alle maestranze fosse riservata una quota di maggioranza,
non inferiore al 60%. Fu una delle "provocazioni" che accelerarono la
guerra contro la Jugoslavia e la persecuzione di un Milosevic, la cui
integrit�, dignit� e coerenza si sono imposte al mondo con le sue
apparizioni, pur represse e censurate, davanti al tribunale Nato
dell'agente Del Ponte.
Un'ultima cosa la sinistra utile idiota accetta delle frodi
imperialiste: il tesoro di Milosevic (non � rimasto altro, dopo le
smentite ONU, FBI, Tribunale dell'Aja, investigatori vari, delle
pulizie etniche ai danni degli albanesi e la dimostrazione di quelle
vere ai danni dei serbi da parte di UCK-Nato-ONU). E' stato cercato
affannosamente in Svizzera. L'ufficio del controllo bancario svizzero
ha dichiarato ufficialmente che "dopo accurate ricerche, non sono
risultati presenti in istituti finanziari svizzeri fondi
riconducibili a Milosevic o al suo entourage". Dopo questa buca, ci si �
affannati ad attribuire un tesoro a Cipro, il cui governo ha risposto
con indignazione contro queste "falsit�" e non se ne � parlato pi�.
Neanche le centinaia di testimoni raccattati dal quisling Djindjic per
soddisfare la brama USA di liquidare l'"amico" Milosevic e che hanno
desposto durante i tre mesi della detenzione illegale del presidente
jugoslavo, hanno potuto portare la minima prova a sostegno delle accuse
di "abuso di potere" e "corruzione". Il tesoro di Milosevic andrebbe
cercato nei ponti di Novi Sad ricostruiti, nei 10.000 alloggi per i
senza tetto messi in piedi in un anno, nella Zastava ricostruita al 70%
in otto mesi (e ora spezzettata e venduta al migliore offerente), nel
sostentamento a 1.200.000 profughi delle pulizie etniche in Krajna,
Bosnia, Kosovo, serbi, rom, ebrei, egiziani, koranci, albanesi perbene,
nel cibo e nelle medicine acquistati di contrabbando sotto
l'embargo. Mentre, mancando "tesori" per loro, le ONG italiane e altre,
presenti fino al numero di 900 nel redditizio bordello narcotrafficante
kosovaro, qui hanno lasciato sgambettare nelle scuole qualche
volontario in cosiddette, patetiche "animazioni", o portato un pulmino,
o fatto gli auguri.
Chiudo aspettandomi di ascoltare tra poco anche collusioni col nemico
degli "amerikani" Arafat, o, meglio, Barghuti, o Ocalan. Vi sar� ancora
la firma di coloro che hanno trattato la Cecenia come una rivolta
democratica e indipendentista di guerriglieri della liberazione dai
sanguinari repressori russi e oggi devono leggere che Basajev e i suoi
tagliagole, sequestratori e trafficanti di droga sono stati armati,
sostenuti, finanziati da Bin Laden per conto degli USA allo scopo di
destabilizzare l'area del pi� importante oleodotto russo. Di coloro
che vedono nel minimo assembramento di gente - magari di plebi
subornate e ingannate - da Belgrado ad Algeri, i segni di
una rivoluzione democratica? In Algeria, caro Gubitosa, dove pochi sono
stati, ma di cui molti parlano con enfasi perentoria, i kabili sono
manovrati dalla Francia, i terroristi islamici da Bin Laden per conto
degli USA, nella guerra all'ultimo sangue - algerino - di queste due
poitenze per il petrolio, il gas e l'oro (che sta in Kabilia) algerini.
Il che nulla toglie alle rivendicazioni sociali delle masse algerine,
stufe di corruzione, clientelismi e, nella parte migliore della
sinistra e dell'FLN, delle svendite agli interessi stranieri.
Lavorare e osservare senza schemi, respingendo a priori
l'interpretazione imperialista, conservando la chiave della
contraddizione principale, sgomberando il campo da moralistiche
subalternit� ai valori imperialistici (l'ipocrisia dei "diritti umani")
dovrebbe essere la linea di un informatore di sinistra. Una razza che
sta peggio dei panda.

Fulvio Grimaldi


-----Messaggio Originale-----
Da: "Carlo Gubitosa"
Data invio: sabato 29 settembre 2001 16.15
Oggetto: MANUALE PER LA PROPAGANDA DI GUERRA


L'informazione in tempo di guerra.

Ho provato a calarmi nei panni di un esperto militare per riassumere in
alcuni punti chiave le strategie mediatiche utilizzate negli ultimi anni
dalle nostre Forze Armate e dall'Alleanza Atlantica per legittimare i
conflitti armati che hanno avuto come protagonista anche l'Italia. Il
risultato e' un "manuale per la Propaganda di Guerra" che comprende un
elenco impressionante di strategie e tecniche di manipolazione
dell'informazione e delle coscienze, a cui il movimento per la Pace
dovra' rispondere con altrettanta lucidita' ed efficacia per evitare di
essere schiacciato dall'"informazione a senso unico" che e' gia'
entrata in azione ben prima dei pacifisti, come dimostra l'editoriale
di Lucio Caracciolo su "Repubblica" del 26 settembre, un articolo che
ho letto solamente dopo aver realizzato questo scritto, ritrovando le
tecniche da me descritte applicate con sapiente maestria.

Di Carlo Gubitosa <c.gubitosa@...>

-------------------------------------

Piccolo manuale per la Propaganda di Guerra.

"La prima battaglia e' quella che si vince sul teleschermo"
(Anonimo)

Il punto fondamentale da cui partire e' la ricerca della "Giusta
Causa", un fatto reale ampiamente condannabile dal punto di vista etico
e politico, a partire dal quale compiere azioni che di etico hanno ben
poco. (Esempi di "Giuste Cause": Invasione del Kuwait, repressione
della popolazione albanese del Kossovo, azioni terroristiche)

Si passera' in seguito all'individuazione, personalizzazione e
demonizzazione del "Nemico". Negare o nascondere ogni legame passato o
presente, economico o politico con il nemico. Togliere ogni visibilita'
mediatica alle domande scomode: Chi ha venduto le armi a Saddam ? Chi ha
fatto affari con Milosevic e Bin Laden prima che si trasformassero nel
"nuovo Hitler" e nel capo del nuovo "Impero del Male" ? Far sfogare sul
nemico personalizzato l'odio e la rabbia creata ad arte nell'opinione
pubblica dimenticandosi che fino a ieri il "nemico" era anche nostro
partner di affari e che continua a gestire i suoi soldi tramite le
nostre banche. Affrontare la questione del segreto bancario con molta
delicatezza.
Anche se l'eliminazione dei paradisi fiscali e del segreto bancario
sulle transazioni internazionali sarebbero decisive per "ostacolare"
il "nemico", il terrorismo, il narcotraffico e il commercio delle armi,
queste soluzioni non vanno assolutamente menzionate.

Bisognera' poi prestare particolare attenzione alla ricerca di un
eufemismo per non impiegare mai l'uso della parola "guerra" (Operazione
di Polizia Internazionale, Missione Umanitaria, Operazione
antiterrorismo)

Ricordarsi di presentare all'opinione pubblica una sola verita' al
giorno.
In ogni conferenza stampa Nato o nelle dichiarazioni pubbliche dei capi
di Governo dei paesi in guerra va presentata una sola idea chiave che
sara' il titolo dei giornali del giorno successivo. Questo ha il
compito di semplificare il lavoro dei portavoce che devono gestire una
situazione molto complessa, piu' facile da descrivere se trasformata in
una affermazione monodimensionale.

In seguito alle prime reazioni si adottera' come risposta l'ostracismo e
accuse di collaborazionismo con il nemico verso i giornalisti colpevoli
di aver dato voce alle vittime dell'azione militare. Il teorema e': chi
non e' mio amico e' necessariamente amico del mio nemico. Quando i
giornalisti presenti "sul campo" manifestano opinioni critiche o non
allineate, precisare che nei paesi dove vengono realizzate queste
trasmissioni vige una strettissima censura militare che rende quelle
testimonianze prive di valore.

Davanti ai crimini di guerra documentati, agli "effetti collaterali" e
alle responsabilita' dell'"Alleanza" negare l'evidenza. E' una tecnica
efficacissima perche' ormai l'opinione pubblica e' abituata ad
affermazioni anche grossolanamente inesatte da parte delle autorita'
militari e politiche e perche' comunque i giornali danno piu' risalto
alle menzogne "amiche" che alle affermazioni del "nemico"
indipendentemente dal fatto che siano vere o meno. Quello che sembra
solamente faccia tosta e sfrontatezza nella menzogna e' in realta' una
spietata strategia di comunicazione ampiamente collaudata.

Un altro punto chiave e' la spettacolarizzazione e trasfigurazione della
guerra. Anni e anni di "lavoro culturale" realizzato a testa bassa dai
vari Stallone e Shwarzenegger hanno dato i loro frutti trasformando
ogni azione militare in un pulito videogame. Inquadrare preferibilmente
aerei, carri armati, alta tecnologia, soldati "amici" puliti e contenti
e far vedere il meno possibile il volto del "nemico", che non va
considerato nella sua umanita', evitare il piu' possibile riferimenti o
inquadrature sulla popolazione civile.

Sara' opportuno utilizzare come al solito un "pool" di giornalisti
amici, i soli ad essere abilitati ai "briefing" Nato, per dare
l'impressione di un controllo democratico da parte della stampa dietro
il quale si nasconde una censura e una selezione preventiva dei
soggetti abilitati a fare domande.
Ad essi va affiancato il lavoro certosino degli "intellettuali"
allineati e degli editorialisti compiacenti, con particolare riguardo
per Ernesto, Angelo, Lucio, Gianni, Paolo, Vittorio e altri che si sono
gia' distinti in passato per i servigi resi con le loro penne a
beneficio della "Giusta Causa".

Cercare a tutti i costi la polarizzazione delle posizioni senza lasciare
spazio alle sfumature. E' molto piu' efficace ridurre la dialettica a un
semplice "guerra si' - guerra no" per includere nel "guerra si'" anche
le posizioni "guerra si' ma come intervento militare dei Caschi Blu
ONU", "guerra si' ma senza impiego di armi radioattive", "guerra si' ma
non dal cielo con bombardamenti a tappeto", "guerra si' ma senza
violare le convenzioni di Ginevra scegliendo obiettivi civili come
ponti o palazzi della televisione", "guerra si' ma non con bombe a
grappolo che violano i trattati per la messa al bando delle mine".
Ovviamente una volta cooptate queste posizioni nel semplice "Guerra
si'", il fronte del "guerra no" sara' messo forzatamente in minoranza.

Se le reazioni dovessero persistere bisognera'adoperarsi per la
ridicolizzazione e la banalizzazione delle posizioni espresse del
movimento pacifista. Utilizzare la tecnica "hai ragione ma e' meglio
fare come dico io", ovvero "quello che dici e' un'utopia molto bella e
auspicabile, che io condivido, ma ora c'e' un'emergenza e va gestita
con realismo e con i piedi per terra". Nei dibattiti pubblici
selezionare figure "deboli", con una scarsa preparazione teorica e
politica, e mediaticamente poco efficaci per dare l'impressione di una
totale assenza di proposte concrete da parte di chi critica
l'intervento armato. Altre categorie utili in cui inquadrare i
pacifisti sono le seguenti: figli dei fiori, "quelli del G8", Black
Bloc, popolo di Seattle, ex-sessantottini, preti idealisti affetti
da "buonismo" cronico, ex-comunisti o veterocomunisti, ragazzini che
non hanno ancora capito la dura realta' della vita. Evitare
assolutamente personaggi legati al mondo accademico, ai centri di
ricerca sulla Pace, alle reti di formazione per la nonviolenza o a
qualunque realta' in grado di contrapporre una solida base teorica alla
teoria dell'intervento armato.
Utilizzare la tecnica del "dov'erano": "dov'erano i pacifisti quando
tizio faceva questo?", utilissima per dimostrare ad arte che il
pacifismo e' una cosa che si rispolvera solo in caso di guerra e che
non ha nessuna valenza nel campo della prevenzione e della risoluzione
pacifica dei conflitti.

Cercare per quanto possibile di utilizzare immagini con un forte impatto
emotivo, in grado di far scattare i meccanismi mentali che regolano
l'istinto, la rabbia e l'aggressivita', in modo da rendere cieca
l'opinione pubblica ad ogni discorso razionale, negato nei cuori e
nelle coscienze da una emotivita' esasperata artificialmente attraverso
il video. Anche se non e' di nessuna utilita' dal punto di vista
informativo, si consiglia di riproporre piu' volte al giorno sugli
schermi televisivi la sequenza dell'aereo che si schianta sulle torri
gemelle per mantenere vivo lo shock emotivo che puo' mantenere
l'opinione pubblica saldamente dalla nostra parte.

Un'altra tecnica efficace e' la negazione e l'occultamento delle
alternative grazie ad un falso senso di informazione. Dare la maggior
quantita' di informazione possibile, anche nel caso in cui non si
tratti di dati rilevanti, purche' favorevoli alla nostra posizione e
all'intervento armato. Far perdere la visione d'insieme con una cronaca
dettagliatissima di aspetti marginali. In questo modo e' possibile
soffocare le proposte alternative alla guerra in un mare di
informazioni, impossibili da gestire se non con una necessaria
semplificazione che va a nostro vantaggio, in quanto la maggior
quantita' di informazioni in circolazione spinge in direzione della
guerra. In quest'ottica sara' favorita la produzione a
ritmo serrato di una grande quantita' di notizie brevi, evitando il piu'
possibile l'approfondimento, i dossier, le retrospettive storiche e il
coinvolgimento di persone direttamente coinvolte nei problemi trattati,
ai quali vanno preferiti gli "pseudo-esperti" che dall'alto della loro
notorieta' o in virtu' di un titolo prestigioso sono pronti a riempire i
palinsesti dei nostri programmi televisivi.

Curare la gestione "umanitaria" dei profughi. L'inevitabile flusso di
profughi generato da ogni azione militare va gestito con molta
attenzione dal punto di vista mediatico, trasformando una massa umana
costretta alla fuga da un attacco militare in una popolazione sottratta
a un regime repressivo e finalmente approdata nella civilta' dove
potra' ricevere tutte le cure e le attenzioni necessarie, ovviamente
fino allo spegnimento delle telecamere.

Successivamente andra' curata l'enfatizzazione della vittoria e la
gestione della "mancata deposizione" del leader nemico. Saddam e'
ancora li', e Milosevic e' stato cacciato dalle elezioni, non certo
dalle nostre bombe.
Poiche' probabilmente anche Bin Laden rimarra' in piedi sui cadaveri dei
suoi seguaci e delle vittime civili della guerra, al termine dell'azione
armata, enfatizzare il raggiungimento di altri obiettivi (che andranno
individuati al momento) e affermare in ogni caso l'idea che "abbiamo
vinto", "il nemico si e' arreso", "sono state accettate
incondizionatamente tutte le nostre condizioni".

Non stancare e non impaurire l'opinione pubblica. Gestire in maniera
efficace il rientro alla normalita' e la "chiusura della ferita".
L'azione militare va chiusa nel piu' breve tempo possibile. Nel caso
cio' non avvenga dare sempre meno rilevanza alle informazioni sugli
sviluppi della guerra, relegandole in coda ai telegiornali o nelle
ultime pagine dei quotidiani, in modo da non "tirare troppo la corda"
rischiando il malcontento dell'opinione pubblica e l'adesione alle idee
contrarie alla guerra. In nessun caso la popolazione dei nostri paesi
deve sentirsi minacciata o avere l'impressione di trovarsi in uno stato
di guerra o di forte militarizzazione, cosi' come non vanno messi
assolutamente in discussione i nostri privilegi, il nostro benessere o
il nostro stile di vita. La guerra deve essere sempre vissuta come una
parentesi, anziche' come il normale svolgersi di eventi intercalati da
periodi piu' o meno lunghi di "pacificazione" militare forzata. Questa
tecnica e' gia' stata sperimentata con successo durante la guerra
contro la Jugoslavia, quando a bombardamenti ancora in corso siamo
riusciti a far dare come notizia di apertura dei telegiornali la
vittoria dello scudetto da parte del Milan. Al termine dell'intervento
armato chiudere rapidamente ogni strascico relativo agli eventi in
corso, senza approfondire le conseguenze dell'azione militare sulle
condizioni della popolazione civile e dei profughi, sull'equilibrio
ambientale e sulla situazione politica internazionale.

Tutte queste direttive vanno seguite scrupolosamente affinche' anche
questa guerra si trasformi in un eccezionale evento mediatico e in una
grande prova di forza per la nostra civilta' e la nostra democrazia.
Tutti gli operatori dell'informazione che proveranno a sottrarsi a
questo progetto, attraverso la produzione di informazioni non allineate
o l'utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione, verranno
inesorabilmente marginalizzati e penalizzati nella loro attivita'
lavorativa grazie al controllo capillare delle forze politiche,
responsabili dell'intervento militare, sui grandi gruppi
dell'informazione, un controllo che in Italia e' favorito anche
dall'altissimo livello di concentrazione della proprieta' nel settore
dell'editoria, delle telecomunicazioni e del multimedia.

--------------------------

Questo articolo � liberamente distribuibile, pubblicabile e
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STRANO!
NESSUNO HA ANCORA ACCUSATO MILOSEVIC
PER GLI ATTENTATI CONTRO LE TORRI GEMELLE

Parigi: editoriale di Louis Dalmas su "Balkan-Infos"
Uvodnik Luja Dalmasa: Americki bumerang sa posvetom K.d Ponte

In calce al suo commento sulla tragedia americana, dal titolo "Il
Boomerang Amerikano", Louis Dalmas (giornalista di professione, oggi in
pensione ma molto attivo nel movimento anti-global) scrive:
"La procuratrice generale della TPI, Carla del Ponte, ha rinunciato
stavolta ad incolpare S. Milosevic per aver concepito ed orchestrato
l'attentato dell' 11 settembre, mancando una buona occasione per
ampliare ancora il suo atto d'accusa!"

Balkan-Infos e' un mensile in lingua francese,
venduto in abbonamento in 2000 copie in tutto il mondo.

***

Autor je esejista i penzionisani novinar, urednik pariskog mesecnika:
Balkans-Infos koji se stampa u 2000 primeraka za pretplatnike sirom
sveta.
Naslov "Americki bumerang" je dovoljan da predstavi autorov stav,
istovetan stavu mislecih intelektualaca Francuske i sveta, uopste, a
evo prevoda njegovog post scriptum-a za one koji ne govore francuski.

"Kako saznajemo, glavni tuzilac TPI, Karla del Ponte, odustala je ovoga
puta da optuzi S. Milosevica da je idejni tvorac i izvrsilac atentata iz
11. septembra 2001., propustivsi ovog puta, zgodnu priliku da prosiri
svoju optuznicu. "

***

Subject: [BALKANS-INFO] Communiqu� de Louis Dalmas
Date: Fri, 14 Sep 2001 16:22:20 +0200
From: intelsecurite <intelsecurite@...>


Je serais heureux que ce texte soit diffus� sur internet par tous les
moyens possibles.
Merci d'avance � tous ceux qui voudront bien le faire circuler.
Cordialement,
Louis Dalmas

LE BOOMERANG AMERICAIN

Pour tous ceux qui, comme nous l'avons toujours fait, ont d�nonc� le
fanatisme, et en particulier le fanatisme religieux - dans toutes les
religions - les raids sur New York et Washington du 11 septembre dernier
sont un exemple de plus de l'abjection dans laquelle peuvent sombrer les
ali�n�s de la foi. Un tel m�pris de la vie humaine, qui a conduit au
suicide r�dempteur d'un gang de fous et au sacrifice de milliers
d'innocents, ne peut qu'inspirer l'horreur par sa d�mesure et sa
cruaut�. Le terrorisme aveugle n'est jamais justifiable. L'aur�ole
usurp�e d'une soit-disant guerre sainte n'enjolive pas le visage
grima�ant de sa barbarie.
Comme on aimerait s'arr�ter l�, et se joindre sans en dire plus au cheur
de solidarit� qu'a suscit� l'annonce de la trag�die. Ne manifester
aucune r�ticence dans l'�motion, plaindre sans restriction les proches
des victimes, condamner les assassins sans arri�re-pens�e.
Malheureusement, cette r�action simple n'est pas possible, tant il y a
de rappels g�nants qui viennent � l'esprit.
Celui, par exemple, d'un crime aussi sanglant, perp�tr� par l'Am�rique
et ses complices europ�ens : le bombardement de la Yougoslavie
par l'OTAN.
Un crime qui n'a pas dur� que quelques heures, mais 78 jours. Un crime
commis aussi l�chement que celui des terroristes, par des ex�cutants
hors d'atteinte, � 5.000 m d'altitude. Un crime qui, plus que quelques
�difices symboliques, a d�truit un pays tout entier, et qui a fait
vivre, pendant pr�s de trois mois, une population terroris�e dans le
fracas des explosions et la mis�re des d�combres Ce crime-l�, on ne l'a
pas d�nonc� sur laterre enti�re. On n'a pas montr�, dans une formidable
spirale de surench�re m�diatique destin�e � exacerber la compassion et
l'indignation du public, les images d'immeubles fracass�s, de fuyards
�pouvant�s, de ruines fumantes, d'usines broy�es, de cadavres
d�chiquet�s, de villages r�duits en cendres.
Si on l'avait fait, si on avait �voqu� avec le m�me retentissement
l'uranium appauvri ou les bombes � fragmentation, le monde aurait �t�
sensibilis� hier aux souffrances de la Serbie (et aux milliers de ses
victimes civiles) commeil l'est aujourd'hui � celles des USA, et il se
serait rendu compte que l'Occident n'a rien � envier au Proche-Orient
sur le terrain de la barbarie.
Rappelons aussi l'agression quotidienne de l'Irak, l'embargo sur Cuba,
les invasions de la Grenade et de Panama, les incursions rat�es en Iran
et en Somalie, l'occupation militaire de la Bosnie et du Kosovo, la
violence politique r�duisant les gouvernements � la servitude et le
chantage �conomique ruinant leurs peuples, toute cette entreprise
am�ricaine de colonisation de la plan�te qui n'a fait - dans les
Balkans, par exemple qu'attiser la haine et r�pandre le chaos.
C'est dur d'avoir � le souligner alors que des milliers de cadavres ont
�t� �cras�s sous les gravats de Manhattan. Mais on ne peut pas oublier
non plus que ce sont les Etats-Unis qui ont arm� et �quip� les Taleban,
et Osama ben Laden lui-m�me, pour expulser les Russes de Kaboul, arm� et
�quip� les musulmans pour massacrer les Serbes de Bosnie, arm� et �quip�
les terroristes albanais pour "purifier" le Kosovo et la Mac�doine. Par
aveuglement ou sinistre calcul, ils ont choy� eux-m�mes les artisans
islamistes de leur catastrophe.
Voir le pays qui a d�vast� la Yougoslavie touch� � son tour par des
frappes oh combien "chirurgicales" accompagn�es de "dommages
collat�raux" ; les fanatiques ch�ris de nagu�re se retourner contre lui
; ses g�n�raux vantards paniquer dans les flammes de leur orgueilleux
Pentagone ; le ma�tre du monde faire les d�tours de la peur dans ses
bases militaires avant d'oser rentrer chez lui ; ses centres vitaux
subir le sort meurtrier qu'il avait r�serv� � ceux de l'Irak ou de la
Serbie ; sa puissance invincible �tre humili�e et son arrogance voler en
�clats ; tout cela �voque une sombre justice, la justice du "chacun son
tour". Il est terrible de le constater : l'Am�rique r�colte l'horreur
qu'elle a sem�e.
Elle go�te, pour la premi�re fois chez elle, l'amertume de la guerre
qu'elle a si longtemps foment�e chez les autres. On dirait que
l'Histoire a la m�moire d'un �l�phant : elle y met du temps, mais il lui
arrive de ne pas laisser des forfaits impunis.

Louis DALMAS

Directeur du mensuel "Balkans-Infos"
BP 191, 75869 Paris Cedex 18, France

P. S. Aux derni�res nouvelles, le procureur g�n�ral du T.P.I. de La
Haye, Carla del Ponte, a renonc� � inculper Milosevic de la conception
et de la direction de l'attaque du 11 septembre, ratant ainsi une bonne
occasion d'�toffer son acte d'accusation.

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Articles by R.K. Kent, Berkeley

Raymond Knezevic Kent, naturalizzato americano di origine serba, e' oggi
ordinario di Storia alla Berkeley University. Ha lavorato in passato per
i servizi segreti occidentali in operazioni di "intelligence" ai danni
della Jugoslavia socialista. Oggi guarda affranto alla devastazione del
suo paese d'origine, per la quale mette sotto accusa la politica estera
statunitense.

BLOWBACK AND BODY BAGS:
Making Sense of "Balkan Policy" under George W. Bush
(received 26/9/2001)

WHO ARE WE? THE ENEMY WITHIN
(received 27/9/2001)

Letter to the Chinese Ambassador, U.N. Mission
3-3-2001

CARLA IN HAGUE'S WONDERLAND
(received 16/2/2001)

BELTWAY'S MORAL GIANTS
AND LESSONS FROM CLIO, THE MUSE OF HISTORY
(received 8/2/2001)

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TERRORISTES : QUAND LES U$A et BIN LADEN aident ensemble � cr�er 3LA
GRANDE ALBANIE"...



BALKANS: ALBANIANS PREPARE TERRORIST ATTACK AS LINK WITH BIN LADEN IS
EXPOSED




Envoy� : Samedi 22 septembre 2001, 11 h 38.

Visitez notre site : HTTP://WWW.STOPNATO.ORG.UK

BALKANS : Les Albanais ont l?intention de pr�parer des attaques
terroristes alors que l?on sait tout de leurs liens avec Bin Laden


Timothy BANCROFT-HINCHEY

PRAVDA.Ru
LISBON PORTUGAL

http://english.pravda.ru/main/2001/09/22/15933.html

Ces groupes terroristes proviennent de la r�gion de
Presevo-Bujanovac-Medveja en Serbie m�ridionale, une zone pacifi�e par
l?arm�e yougoslave
apr�s que l?Otan a permis aux extr�mistes albanais de contr�ler la
r�gion et d?y �tablir leur propre r�gime de terreur. Les forces de la
police serbe sont
au courant de ce que deux groupes de terroristes albanais, les " Black
Eagles " et le groupe " Cobra ", s?entra�nent en vue de lancer une
offensive sur
Belgrade dans un futur tr�s proche.

L?alerte a �t� donn�e par Nobojsa Covic, le coordinateur yougoslave pour
la r�gion, qui a d�clar� p�remptoirement : " Des groupes terroristes en
provenance du sud sont sur le point d?attaquer Belgrade. " Covic
d?ajouter que " ces groupes ne peuvent accepter les efforts des
autorit�s
d�mocratiques que Belgrade a consentis dans tout le pays et, plus
sp�cialement, en Serbie m�ridionale, afin que le pays retrouve une
existence
normale. " Par ailleurs, il d�clarait �galement que ces groupes " ont un
lien direct avec les �v�nements qui se sont produits aux Etats-Unis ".

Bosko Buha, le chef de la police de Belgrade, a ent�rin� ces rapports
mais a d�clar� qu?� ce jour, aucun nom n?avait �t� confirm�, si ce n?est
celui
d?un homme d?affaires d?origine albanaise qui finance le groupe. Du fait
m�me que le pr�sident Bush y va de d�clarations du type " Soit vous �tes
avec nous, soit avec les terroristes " et " Ne faites pas de distinction
entre les terroristes et ceux qui les abritent ", il serait peut-�tre
pertinent de
jeter un oeil dans les coulisses du projet d�sign� sous l?appellation de
" Grande Albanie ".

Les dirigeants de l?UCK (Arm�e de Lib�ration du Kosovo) et de la NLA
(Arm�e Nationale de Lib�ration de la Mac�doone) ont �galement b�n�fici�
du soutien des Etats-Unis, un pays qui a arm�, �quip� et entra�n� des
terroristes albanais pour qu?ils op�rent contre la r�publique f�d�rale
de
Yougoslavie. Les chefs des op�rations de l?UCK ont �t� emmen�s � Capitol
Hill o�, entre de savants d�jeuners et soupers, on leur a servi des
cours
de strat�gie, alors que, pendant 78 jours, la population civile de la
Yougoslavie �tait la proie d?une vague de bombardements qui allaient
d�truire
�glises, �coles, orphelinats, sanatoriums, monast�res, habitations
priv�es, h�pitaux et stations de t�l�vision. Ces attaques allaient
r�pandre le long
des routes, dans les foss�s ou les parcs publics et terrains de jeux les
entrailles de milliers d?hommes, de femmes et d?enfants, que l?OTAN
allait
d�signer sous le vocable de " d�g�ts collat�raux ".

Tout ceci a eu lieu en d�pit du fait que les Etats-Unis �taient au
courant des liens de Bin Laden avec les fanatiques musulmans des Balkans
et que
des cellules de l?organisation terroriste de Bin Laden, l?al-Qaeda (la
base) �taient impliqu�es dans le financement et l?entra�nement des
Albanais.
L?implication am�ricaine dans le projet d?une Grande Albanie n?a rien
d?une supposition, c?est un fait bien r�el. Maintenant que la communaut�
internationale commence � d�couvrir qui sont ces Albanais, les
Etats-Unis essaient de prendre leurs distances vis-�-vis du monstre
qu?ils eux ont
eux-m�mes engendr�.

La cr�ation de ce monstre n?avait rien d?une erreur. La Commission de la
Chambre am�ricaine des Repr�sentants sur le Terrorisme et la Guerre non
conventionnelle (Comit� de Recherche r�publicain de la Chambre, 1er
septembre 1992) s?est vu soumettre le rapport Yossef Bodansky intitul�
L?Iran : un tremplin vers l?Europe ?, qui affirmait : " T�h�ran et ses
alli�s se servent de la violence en Bosnie-Herz�govine comme d?un
tremplin pour
une guerre sainte en Europe. " Alors que, sept ans apr�s la pr�sentation
de ce rapport, certains citoyens am�ricains allaient uriner sur les
portes des
�glises orthodoxes serbes et que, dans leur pays m�me, des civils serbes
se faisaient d�sint�grer par des bombes � fragmentation, les fanatiques
musulmans continuaient � recevoir l?aide et les encouragements de Bin
Laden d?une part et des Etats-Unis de l?autre. Quoi qu?il en soit, la
seule
chose � laquelle on a assist� durant cet intervalle de sept ann�es entre
ce fameux rapport et la campagne contre le Kosovo a �t� l?accroissement
du
soutien institutionnel aux extr�mistes musulmans dans les Balkans.

Que les Etats-Unis et Bin Laden aient collabor� au soutien de la Grande
Albanie en constituant des groupes de terroristes albanais, cela ne fait
aucun
doute. Que la chose ait �t� faite consciemment ou pas, c?est une autre
question. Tout ce qu?il convient de d�couvrir, maintenant, ce sont des
preuves
que l?affaire a �t� men�e volontairement. Se pourrait-il qu?il y ait
plus dans les attentats contre le WTC et le Pentagone qu?on ne l?ait
imagin� jusqu?�
ce jour ?



Traduit de l' anglais

par notre ami Jean-Marie FLEMAL

avec tous mes remerciements.



Roger ROMAIN
a/conseiller communal PCB
B6180 COURCELLES

sites : http://homeusers.brutele.be/r.romain/Sommario.html

---

The Boston Globe

A new drug route is traced to the old Balkans anarchy

By Brian Whitmore, Globe Correspondent, 6/3/2001 LZEN,

Czech Republic - When Czech police busted Lubomir
Fiala at the German border with two kilos of heroin
stuffed into juice cartons, they suspected the
52-year-old carpenter of being a small hired hand in a
large drug-smuggling operation. They suspected right.
Fiala turned out to be a courier for two Kosovo
Albanian brothers, Nisret and Armend Uka, who paid
Fiala $800 to deliver the drugs to their accomplices
in Germany.
The Uka brothers' smuggling ring, the details of which
came out in their trial here in March, reflected an
increasingly common trend in Europe, in which Kosovo
Albanians have come to dominate the heroin trade.
Similar operations have been found in cities across
the continent; each, officials say, is a link in a
sprawling network that stretches from Turkey to
Scandinavia.
Kosovar drug traffickers, once bit players, have
prospered from the war and the chaos of the Balkans,
which culminated in NATO's bombing campaign against
Yugoslavia in 1999. Moreover, police say, the Kosovo
Liberation Army, NATO's ally in that war, helped to
fund its separatist uprising with proceeds from the
heroin trade. ''Kosovo Albanian drug smugglers have
become a major phenomenon,'' said Jiri Komorous, head
of the Czech Republic's national narcotics police, who
added that his heroin division ''spends about 80
percent of its time'' on Kosovar drug gangs.
Bordering Germany and Austria, the Czech Republic is a
principal gateway to Western Europe's lucrative
narcotics markets, and is on the front lines of the
continent's war on drug trafficking. Last month, Czech
police seized 1.5 kilograms of pure heroin and 83
kilograms of chemicals that could have turned the pure
drug into 110 kilos of street product. All of it was
tied to a gang headed by Kosovo Albanians. Police in
Solothurn, Switzerland, arrested a gang of Kosovo
Albanians they accused of smuggling ''tens of
kilograms'' of heroin into the country from Hungary
and the Czech Republic. Interpol estimates that Kosovo
Albanians may control 40 percent of the European
heroin trade. In Germany, Austria, Switzerland, and
the Czech Republic, they may have as much as 70
percent of the market, according to the estimates.
Kosovars became Europe's heroin kingpins by dominating
the ''Balkan route,'' a series of roundabout highways
that run from Turkey through Bulgaria, the former
Yugoslavia, Hungary, Slovakia, the Czech Republic,
Germany, and then, it is said, into Austria. Four to
six tons of heroin move along this route annually,
generating about $400 billion in revenues.
At the top of the drug-smuggling hierarchy, according
to Interpol, is a group of gangsters known as ''The
Fifteen Families,'' who are based in northern Albania,
near the Yugoslav border. Opium from Afghanistan and
Pakistan is exported to Turkey, where it is refined
into heroin, and then moved by Turkish gangs to the
Balkans. There, lieutenants of the Fifteen Families,
operating from anarchic border towns around
ill-defined Balkan borders, take over and administer
the drugs' movement across the continent.
In cities across Europe, smaller Kosovo Albanian gangs
oversee storage, sale and distribution. To avoid risk,
they hire local couriers, called donkeys or horses, to
move the drugs across borders. ''Heroin networks are
usually made up of groups of fewer than 100 members,
consisting of extended families residing along the
Balkan route from Eastern Turkey to Western Europe,''
Ralf Mutschke, assistant director of Interpol's
Criminal Intelligence Directorate, said in December,
in testimony to the US House of Representatives. The
large numbers of Albanian immigrants and refugees in
Europe provide fertile ground for drug gangs to
recruit members. ''For those emigrants ... the
temptation to engage in criminal activity is very
high, as most of them are young Albanian males, in
their 20s and 30s, who are unskilled workers and have
difficulties finding a job,'' Mutschke said.
Some Albanians say the drug gangs have tainted their
nation's reputation, and have led to widespread
prejudice against them. ''As an honest Albanian this
hurts me,'' said Saimir Bajo, a 29-year-old film
director who has lived in Prague for five years. ''It
gives us a bad image with the Europeans. We are normal
like any other nation, not better, not worse.''
But Kosovar involvement in the drug trade, he said,
fuels anti-Albanian
discrimination, creating ''invisible walls which we
cannot escape.'' In
1997, Albania descended into chaos when the collapse
of a pyramid
savings scheme brought down the government and led to
rioting and
looting.
>>From January to March 1997, according to Interpol,
outlaw groups seized hundreds of thousands of assault
rifles, machine guns, and rocket launchers from
military armories.
The organized crime groups mobilized to support the
national cause during the war in Kosovo, and that gave
them so much political cover that they were able to
operate with near impunity. ''Albanian organized crime
groups are hybrid organizations, often involved both
in criminal activity of an organized nature, and in
political activities, mainly relating to Kosovo,''
Mutschke said. He added that half of the estimated
$400 million that came into Kosovo from 1996 and 1999
is believed to be illegal drug money. Vera Brazdova,
chief prosecutor in the Uka brothers' case, said
telephone taps revealed the two ''discussing the
collection of money for Kosovo.''
Likewise, Petr Liska, the narcotics detective who
investigated the case, said he was ''100 percent
certain'' the two were sending money to the Kosovo
Liberation Army, although he added that the allegation
was difficult to prove.
The Uka brothers had been operating out of the western
Czech city of Plzen for years. But when Fiala
cooperated with prosecutors in exchange for a lighter
sentence, police were able to shut them down. In
March, all three were convicted of heroin smuggling.
The Ukas deny the charges and are appealing the
verdict.
In February 1999, months before the Ukas were
arrested, police in Prague scored one of their biggest
heroin busts to date, arresting Princ Dobroshi, a
high-level Albanian drug lord. In Dobrosi's apartment
investigators found evidence that he had placed orders
for light-infantry weapons and rocket systems.
Police said Dobroshi, who was extradited to Norway
where he had escaped from prison, planned to purchase
the weapons for the KLA. Despite such victories, Czech
police say they feel outgunned by the drug smugglers.
''We are only catching little pieces,'' Liska said.
''They are a step ahead of us.''

---

Questa lista e' curata da componenti del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ).
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Subject: addestrati in Scozia i guerriglieri di bin Laden
From: Alessandro Marescotti <a.marescotti@...>
Reply-To: pck-armamenti@...
To: pck-pcknews@...


Chi ha addestrato i guerriglieri di Bin Laden?

Se una bordata di "missili intelligenti" dovessero dirigersi - obbedendo
a criteri puramente logico-matematici - verso i primi campi di
addestramento dei guerriglieri di bin Laden quei missili dovrebbero
colpire due campi scozzesi, rispettivamente nei pressi di Criffel, nel
Dumfries e nella remota penisola di Applecross nella Scozia occidentale.
La fonte di queste informazioni � "Il Giornale" del 17/9/01 nel quale la
corrispondente Erica Orsini da Londra annota: "Soldati impeccabili, con
un debole per i western di John Wayne. Cos� erano i mujaheddin,
l'"esercito" segreto di Osama Bin Laden, che fu addestrato ad uccidere
nei campi militari britannici, tra le colline ricoperte d'erica della
selvaggia Scozia. A rivelarlo ieri, in un'intervista pubblicata sul
quotidiano 'Sunday Mail' � stato proprio uno degli "insegnanti" dei
guerriglieri afghani che negli anni Ottanta combatterono i russi
supportati dagli americani e dagli inglesi. Ken Connor, eroe dei corpi
speciali inglesi fu incaricato di organizzare i vari campi di
addestramento e per farlo senza il coinvolgimento dell'esercito
nazionale dovette perfino rassegnare le dimissioni da quest'ultimo".

In buona sostanza se negli anni Ottanta il Cremlino avesse adottato gli
stessi criteri di ritorsione annunciati ora da Bush per colpire gli
"stati canaglia" che hanno protetto e addestrato gli uomini di Bin
Laden, la Gran Bretagna sarebbe stata la prima vittima di una ritorsione
militare sovietica.

Ma vediamo cos'altro ha rivelato Ken Connor al Sunday Mail: "Gran parte
dell'infinita ricchezza dei Bin Laden - afferma - � stata costituita da
finanziamenti della Cia stanziati per la costituzione di un governo
"amico" afghano che combattesse la guerra per conto degli Stati Uniti".

Quindi l'altro "stato canaglia" da colpire, sempre se il Cremlino avesse
adottato gli stessi criteri di ritorsione militare annunciati da Bush,
sarebbe stato quello che oggi vuole infliggere la punizione esemplare a
Bin Laden: gli Stati Uniti.

"Oggi il presidente Bush - osserva Ken Connor - forse si star� chiedendo
quanto � costato veramente all'America l'addestramento dei futuri
soldati di Bin Laden".

I guerriglieri di Bin Laden vennero addestrati molto bene. "Alcuni di
loro furono addestrati anche alla guida di elicotteri e all'attacco dei
campi d'aviazione".

================================================
GLI ARABI ALLA PROVA DELLA "GIUSTIZIA INFINITA"

FULVIO GRIMALDI PER L'ERNESTO


Beirut

L'aria che tira da queste parti � assai meno tempestosa di
quella che ha soffiato sugli occidentali sotto forma di
delirio bellico. Beirut � l'osservatorio ideale sul Medio
Oriente, anche perch� qui tutte le tendenze politiche della
regione sono rappresentate da altrettanti giornali e
partiti, dal Baath ai comunisti, dagli integralisti sauditi
agli hezbollah, da Fatah alla destra israeliana (che ha il
suo equivalente nella Falange libanese), dai marxisti
palestinesi ai nasseriani e ai reazionari filoamericani o
filofrancesi. Ed � in questo arcipelago, che, in un paese
di non si sa quanti abitanti (ultimo censimento nel 1933,
dopodich� lo si � accuratamente evitato per non
scombussolare i delicatissimi equilibri etnici e tribali),
riassume la complessit� del mondo mediorientale, dove si
registrano con precisione omogeneit� e divergenze nelle
reazioni agli attentati e al successivo scatenarsi della
"crociata" statunitense.
Gi�, la "crociata". Uno spettacolare autogol di Bush lo
Scarso che qui, rievocando aggressioni e massacri storici
profondamente incastrati nella memoria collettiva, hanno
provocato notevole indignazione, minando alla base
quell'adesione all'"Alleanza" antiterrorista che, del
resto, per molti governi dell'area � stata un esercizio di
puro principio, perlopi� corredato dal corollario che per
terrorismo qui s'intende e si conosce su tutti il
terrorismo israeliano.

La compostezza, quasi freddezza con le quali il mondo arabo
ha risposto al nevrotico allarmismo occidentale, hanno il
segno di due consapevolezze. Freddezza mantenuta anche
quando Powell intimava ai sostenitori degli hezbollah Siria
e Libano di liberarsi dei "terroristi" pena l'inclusione
nella lista nera degli stati sterminandi, o quando
l'ambasciatore USA a Beirut � arrivato a pretendere la
consegna dei dirigenti hezbollah Fadlallah e Nasrallah e
dei loro vice, o ancora quando la CIA ha finalmente
estratto dal cilindro l'Iraq quale obiettivo vero del
senile impazzimento militaresco di un paese che sente sul
collo il fiato dell'inizio della crisi finale.
La prima consapevolezza, scaturita dall'aver vissuto sulla
propria pelle ogni genere di nefandezza terroristica
occidentale, dalla conquista colonialista alle guerre di
liberazione, dalle aggressioni israeliane alla guerra
civile in Libano innescata dagli ascari libanesi di USA,
Vaticano e Israele, dalle stragi sioniste in Palestina e
fuori fino a Sabra e Shatila e ai massacri di palestinesi
oggi, definite "violenze nei territori".
La seconda � il risultato di una capacit� di analisi di
politici e osservatori arabi che sfugge del tutto alla
maggioranza degli "esperti" o dei media occidentali, vuoi
per malafede, vuoi per stereotipi politico-culturali di
antica e sempre rinnovata potenza che ottundono qualsiasi
serenit� di giudizio. Vale per gli arabi quello che vale
per gli slavi, per cui a ogni Saddam (un tempo erano i
Nasser, i Gheddafi, i Ben Bella) corrisponde un Milosevic,
o un qualsiasi altro difensore della sovranit� e
dell'identit� nazionali contro il neocolonialismo
imperialista guidato dagli anglosassoni.

E' un'analisi che, senza paraocchi occidentocentrici, per i
quali la civilt� sta solo da una parte, spoglia tutta la
baraonda del vittimismo USA ed europeo della sua retorica e
delle strumentalizzazioni che tenta di operare, per andare
al nocciolo del cui prodest. E anche su questa analisi si �
creata un'unit� araba, appena increspata dall'allineamento
dei sauditi (tra gli arabi gli unici autentici alimentatori
dei terrorismi islamici) e dalle bizzarrie di un Gheddafi
ansioso di rassicurare l'Occidente e ormai lontano,
immerso come � nell'Africa, dalle questioni arabe e
palestinesi. A prescindere da chi abbia fatto fare gli
attentati - e sul nome di Osama bin Laden si levano ovunque
alti sghignazzi, insieme alla sottolineatura delle sue
attuali operazioni al servizio degli USA con mercenari
afghani e wahabiti in Kosovo, Macedonia, Cecenia, Asia
centrale, Algeria, Indonesia, Filippine - l'uso che ne �
poi stato fatto dagli USA, illustra, secondo gli arabi, una
strategia imperialista di grande respiro.

I dirigenti libanesi

Con la bufera recessiva determinata dalla demenzialit� del
mercato cosiddetto neoliberista, dove tutti sbranano tutti,
toccava ricorrere allo strumento statale capitalista per
eccellenza: il complesso militar-industriale, impersonato
in modo strabordante dal vicepresidente Cheney e sostenuto
dal consenso dell'integralismo cristiano-fascistoide
dilagante negli USA. La locomotiva del riarmo, in vista
della "guerra di lunga durata" preconizzata da Bush,
dovrebbe ridare fiato alla ripresa in USA e nei paesi
alleati, mentre l'azione verso l'Afghanistan consentirebbe
agli USA di riempire un vuoto strategico che il Pentagono
denuncia da tempo: quello tra Turchia e Corea del Sud, dove
gli statunitensi vantano solo la base insulare di Diego
Garcia. La guerra del Golfo, si ricorda, doveva consentire
alle forze statunitensi di installarsi nella penisola
arabica, quella contro la Jugoslavia ad insediarsi
permanentemente nei Balcani. Mancava una presenza sul
fianco sud per la spinta verso l'Asia centrale, la Russia e
la Cina (dove pure, nella provincia a maggioranza musulmana
del Xinyang, sono attivi gli ascari CIA di bin Laden), a
cavallo di tutti i maggiori oleodotti. Tanto pi� che i
Taleban, diventati figlioli riottosi, avevano negato agli
USA la costruzione dell'unico oleodotto che gli avrebbe
portato il petrolio caucasico verso l'Oceano Indiano.
Un'opinione questa, espressa da Talal Salman, direttore
(tre attentati in vent'anni fattigli dalle destre) del pi�
grande giornale di sinistra del mondo arabo, As Safir, e a
cui, col suo solito modo scanzonato e beffardo, il pi�
anticonformista dei politici libanesi, Walid Jumblatt,
leader dei drusi e del Partito Socialista Progressista,
aggiunge un'altra dimensione. Accontanato con disinvoltura
lo sbigottimento dei commentatori arabi per la sua
affermazione che gli attentati alle Torri Gemelle e al
Pentagono sarebbero stati opera di americani e israeliani,
Jumblatt punta il dito sulla fascistizzazione rilanciata a
ritmo accelerato dall'orrore di New York e Washington. "Lo
shock, lo sgomento, la revulsione per quelle stragi, mai
espressi in passato per le ecatombi di iracheni,
palestinesi, guatemaltechi, serbi, angolani e tanti altri
che non appartengono alla "civilt� occidentale", saranno
utilizzati dagli USA per una stretta repressiva ed
antidemocratica in tutto il mondo. E qui gli europei, che
sugli obiettivi militari degli USA, destinati a ricomporre
le forti contraddizioni soprattutto economiche tra
Washington ed UE, hanno forti riserve, vanno invece a
nozze. In Europa, come negli Stati Uniti, recessione e
aumento delle spese militari comporteranno sacrifici e
rinunce pesantissimi per i ceti pi� deboli, per i
lavoratori, e ulteriori devastazioni ecologiche per la
riduzione delle spese sociali ed ambientali. Ne nasceranno
tensioni e conflitti sociali difficili da controllare. Ecco
perch� la militarizzazione della societ�, i controlli, i
divieti, leggi e operazioni repressive del dissenso saranno
indispensabili anche ai governi europei, ormai quasi tutti
di destra, mascherata o vera".

La madre di tutti i terrorismi

Il fatto che da queste parti sono cinquant'anni che si
subisce il pi� feroce terrorismo di stato della storia,
quello degli israeliani contro gli arabi - e l'occasione �
buona perch� � appena caduto l'anniversario di Sabra e
Shatila, "la madre di tutti i terrorismi", quando, nel
1982, Sharon fece massacrare dai falangisti e
dall'esercito mercenario di Lahad 3000 inermi profughi nei
campi - e che si parli di "crociata" e che un difensore del
suo paese come Milosevic sia in prigione mentre un
macellaio come Sharon � il pi� caro degli alleati, rende
gli arabi indifferenti, non alle vittime, ma alla grancassa
vittimistica dei dirigenti occidentali.

Il presidente della repubblica

Mi ha detto il capo dello Stato, Generale Emile Lahoud, che
"fin quando saranno definiti terroristi ragazzini con i
sassi e gente che si immola contro gli occupanti del suo
paese, e non quelli che assaltano i colonizzati e assediati
con carri armati e F-16, nessuno potr� prendere sul serio
la campagna antiterrorismo. Includano anche i terroristi
israeliani, ("quelli islamici in Kosovo, Cecenia e
Macedonia", aggiunge Jumblatt) e coloro che bombardano ogni
giorno l'Iraq, poi si vedr�". E cos� anche l'adesione
all'alleanza antiterrorista dei governi-clienti degli USA,
dal Kuwait agli Emirati, dai sauditi ai giordani, si �
sempre portata dietro la richiesta di intervenire su
Israele. Un'Israele che, secondo molti commentatori arabi,
verr� si frenata dagli USA nella persecuzione dei
palestinesi, ma in compenso potr� vedere gli americani
farla finita una volta per tutte con l'Iraq, tuttora,
insieme all'Intifada, il catalizzatore di una rabbia araba
che rischia di scuotere i gi� fragili regimi feudali. Il
pur moderato presidente Lahoud si spinge fino a ribattere
alla pretesa USA di neutralizzazione degli hezbollah da
parte di Libano e Siria, con una vera sparata in favore
del "Partito di Dio". "Assurdo chiamarli terroristi. Sono
patrioti libanesi che hanno difeso la dignit� e la libert�
del loro paese. Ci hanno riempito di orgoglio per avere
liberato la nostra terra dall'occupazione israeliana. Sono
amati da tutti. Inutile aggiungere che Lahoud, l'ex-capo di
stato maggiore che ha saputo riunire un esercito frantumato
da mille lealismi a capiclan e capi politici vari, ha
contribuito a unificare anche buona parte delle tante
anime, confessionali, etniche, politiche, del mosaico
nazionale, superando ostracismi e promuovendo la
convivenza.

Hezbollah

Gli hezbollah, stimati e applauditi per il forte ruolo
sociale che svolgono, in assenza di uno Stato che campa di
speculazioni edilizie e finanziarie, anche grazie ai fondi
di Teheran, nonch� per la prima vittoria militare ottenuta
da un esercito arabo sugli israeliani, sono amici di tutti,
esclusa ovviamente la destra fascista cristiana, tuttora,
come ai tempi di Sabra e Shatila, quinta colonna israeliana
in Libano. Ne ho incontrato il fondatore nel 1982 e
vicesegretario generale, Sheikh Naim Kassem, numero due
dopo Hasran Nasrallah. Le misure di sicurezza da superare
nel quartier generale, nel poverissimo quartiere degli
sciti alla periferia sud di Beirut, non sono inferiori a
quelle imposte oggi a chi va a incontrare Bush. Armati
tutt'intorno, blocchi di cemento e sbarre agli ingressi,
esame minuzioso degli ospiti e dei loro oggetti, fino alle
penne, anch'esse prese, passate ai raggi x, e restituite.
Ci si augura che ci sia anche un bunker a prova di missile
all'uranio, vista la serie di assassini mirati realizzati
dagli israeliani e i recenti avvertimenti USA, rimbeccati
dalla fatwa del leader spirituale, Fadlallah, che vieta a
tutti i fedeli di aderire all'"alleanza antiterrorismo"
voluta dagli USA.

D) Come giudica la situazione?
R) L'infinita tragedia palestinese e il sostegno
incondizionato ed acritico di Europa e USA a Israele hanno
posto la regione in uno stato di costante
destabilizzazione. E' una responsabilit� gravissima nei
confronti degli arabi e di tutta l'umanit�, che ora si
tenta di coprire con vuoti slogan sui diritti umani, sulla
democrazia, sui paesi "civili". E' opportuno che siate
venuti in questi giorni (si riferisce alla delegazione
italiana, guidata da Stefano Chiarini, con esponenti di RC,
DS, PDCI, FIOM e Verdi, venuta a commemorare Sabra e
Shatila e a promuovere con le famiglie dei sopravvissuti
l'incriminazione di Ariel Sharon), � un'ottima risposta
allo strabismo euro-americano, per cui il terrorismo c'�
solo quando si colpiscono i cristiani e i bianchi. Se il
mondo avesse riservato la stessa attenzione e commozione
alla carneficina di Sabra e Shatila che alle Torri Gemelle,
oggi la situazione sarebbe ben diversa. Purtroppo gli
arroganti non vedono il nostro martirio, ai diritti umani
preferiscono la difesa dei loro interessi.

D) Pensa che la campagna antiterrorismo miri soprattutto a
criminalizzare e dunque eliminare i palestinesi?
R) La causa palestinese non verr� liquidata. Nessuno di noi
resistenti si fa impressionare dalla potenza USA. E noi
hezbollah abbiamo battuto il quinto esercito del mondo. Per
secoli i crociati hanno cercato di schiacciarci, ma sono
stati sconfitti. Questo vale anche per i nuovi crociati,
vale per tutte le occupazioni. Alla fine viene sempre la
liberazione e l'Intifada � la magnifica espressione del
rifiuto di tutto quanto di miserabile � stato offerto ai
palestinesi in 50 anni. La volont� dei popoli, come si
vede, viene misurata non sulla potenza, ma sulla
determinazione. E noi pensiamo di avere ogni diritto di
concorrere alla lotta di liberazione dei palestinesi.

D) Gli USA vi annoverano tra i gruppi terroristi da
obliterare.
R) Abbiamo fatto un comunicato in cui abbiamo espresso
tutto il nostro dolore per le vittime. Nessuno ha mai
offerto condoglianze per le migliaia che sono rimasti
sottole bombe israeliane in Libano. Gli USA, per�, non
hanno il diritto di utilizzare quegli attentati come
pretesto per assalire chi gli pare. Non si possono
attribuire responsabilit� a caso o a convenienza. Non siamo
pi� nell'epoca in cui ci si faceva guidare da spiriti
tribali. Non si possono colpire paesi perch� qualche loro
cittadino ha commesso qualcosa. Di questo bisogna
convincere i governi asserviti agli USA, o dagli USA
intimiditi. Per i popoli � pi� facile: ogni aggressione USA
provoca un aumento dell'odio, anche per i loro alleati.
Tutti capiscono che questi tamburi di guerra rullano contro
innocenti.

D) Gli USA accusano i cosiddetti integralisti islamici.
Eppure in Kosovo, Cecenia, Algeria, Macedonia e in molte
altre aree, i terroristi islamici lavorano a fianco degli
USA, da loro addestrati, finanziati col narcotraffico
governato dalla CIA, armati ed indirizzati. Pensi all'UCK,
ai banditi ceceni anti-russi allenati da Bin Laden, come
Shamil Basajev. Con che faccia?
R) Non ho gli elementi per classificare gruppi o partiti di
varia natura. Preferisco fare un discorso globale e
valutare le varie azioni e ripercussioni. E' vero, gli USA
sponsorizzano il terrorismo in tutto il mondo, coprono il
genocidio attuato da Israele, hanno creato i Contras del
Nicaragua, golpe ovunque, dittature, hanno le mani in pasta
nell'Afghanistan anche oggi. Pu� darsi che, a causa di
certe contraddizioni, di certi conflitti d'interesse
(magari sulla droga, magari mafiosi. Ndr), si verifichino
dei cambiamenti, dei rovesciamenti politici. Noi, comunque,
condanniamo ogni terrorismo, di Stato o di gruppi. C'�
differenza tra terrorismo e resistenza, tra interessi
colonialisti e liberazione. Oggi la direzione in cui si
sono imbarcati gli occidentali favoriranno il dilagare del
terrorismo in tutto il mondo e chiss� se saranno ancora in
grado di gestirlo ai propri fini. Con il pretesto del
terrorismo si legalizza l'uccisione di milioni di persone.
Pensi solo all'Iraq. Il terrorismo non appartiene all'Islam
vero. Identificarlo con l'Islam e con gli arabi significa
voler aumentare la paura e l'odio della gente
e costringere tutti ad allinearsi agli USA.

D) Come reagire al dilagare delle guerre?
R) Noi stiamo preparando risposte a varie opzioni. Vedremo
cosa succede e poi decideremo. In ogni caso tutte queste
interferenze nella sovranit� degli Stati si risolver� in un
incubo per gli USA, resteranno del tutto isolati e odiati.

D) Si � verificato un allargamento della frattura tra
Occidente e mondo arabo-islamico, parallelo alla rottura
totale tra Israele e Palestina. A quali condizioni tornare
al dialogo?
R) Ogni dialogo deve esser tra due parti che devono essere
alla pari. Solo cos� si arriva a una conclusione. Ma il
dialogo tra Israele e Palestina e tra gli USA e gli arabi
non � mai stato un dialogo, a dispetto del termine. E'
sempre stato pressione, ricatto, dominazione. Noi siamo
disponibili, ma non a essere dominati. Contro la
dominazione siamo disposti a sacrificare tutto, vita
compresa. I tempi degli schiavi e dei padroni sono finiti,
anche se loro vorrebbero farli tornare. Noi abbiamo
resistito e vinto e oggi collaboriamo con la prima
generazione di palestinesi nata dopo la strage di Sabra e
Shatila e ci impegniamo a livello sociale e parlamentare
(agli hezbollah � andato il 10% dei parlamentari libanesi,
oltre a centinaia di amministratori locali). Per questo ci
chiamano terroristi. Voi vedete di quanto sostegno godiamo
in tutti gli ambienti libanesi.

D) Le vostre priorit� oggi.
R) Promuovere democrazia e benessere in Libano, resistere
all'aggressione, rappresentare il popolo nelle istituzioni,
opporsi agli errori del governo, potenziare i servizi ai
bisognosi, opporsi a tutte le potenze arroganti.

D) Un'ultima domanda. Voi oggi collaborate con i
palestinesi nei campi. Come intendete lavorare per la
liberazione della Palestina?
R) In tutti i modi. Il come � un dettaglio. Non occorre
entrare nei dettagli. Intanto ci battiamo perch� in Libano
ai palestinesi, degradati a non-cittadini, vengano
riconosciuti i diritti civili.

Il nodo palestinese resta la base ed il vertice delle
tensioni che sconvolgono il pianeta. Senza soluzione della
questione palestinese e senza la liquidazione della trincea
irachena, gli USA sanno che la regione, lungi dall'essere
normalizzata, come si sperava con le sceneggiate di Oslo e
con la tentata uccisione sul nascere dell'Intifada, sar�
fonte di sempre pi� forti destabilizzazioni e i risultati
che ci si era aspettati dalla guerra del Golfo potranno
essere del tutto vanificati.

Di questo parlo con un padre nobile della Resistenza
palestinese, Shafiq el Hout, segretario generale dell'OLP
in Libano, che nel 1992 si dimise in protesta contro le
disponibilit� negoziali di Arafat, ma non venne mai
sostituito e, dunque, riveste tuttora questa carica. La sua
autorit� si esercita sulla regione da Beirut ai confini
nord del paese, dominio delle sinistre palestinesi, ma �
contrastata nei campi di Sidone e Tiro, dove resiste
l'egemonia arafattiana. La forza delle sinistre di FPLP,
FDLP, Saika, PC, e della neonata Fatah-Intifada, maggiore
in Libano che non in Palestina, si fonda da un lato sulla
maturazione politica delle fasce vissute in ambiente
metropolitano, dall'altro sulla delusione provocata ai
400.000 profughi del Libano dall'accantonamento da parte di
Arafat della questione "ritorno" durante i negoziati di
Oslo. Questione tornata prepotentemente alla ribalta grazie
all'Intifada e ai recenti collegamenti tra le due comunit�,
in esilio e in patria, ressi possibili dalla telematica (e
i profughi invocano computer) e che stanno sviluppando un
forte senso unitario dopo decenni di oblio.

L'OLP

Shafiq el Hout esordisce dicendo con una certa
soddisfazione di avere 16 anni pi� dello Stato israeliano.
"Avevo un passaporto palestinese di prima del 1948, ne
ricordo il numero: 202083. Mi venne confiscato dagli
israeliani quando arrivarono qui nel 1982. Vi ringrazio di
essere qui a sostenere i diritti di un popolo povero, non
come quello di Manhattan, a cui tutti pensano e a cui anche
noi abbiamo espresso profonde condoglianze. Noi palestinesi
non abbiamo mai invaso nessuno, mai mosso guerra a nessuno,
fino a quando non ci siamo accorti che la nostra terra era
stata data ad altri. L'aggressivit� israeliana e
statunitense � determinata anche dal riemergere, grazie
all'Intifada, della questione del ritorno a casa di 4
milioni di palestinesi. Dicono che non c'� posto, per�
invitano tutti gli ebrei del mondo a immigrare. Il fatto �
che con il nostro ritorno, anche solo parziale, finirebbe
il dominio razzista e cambierebbero tutti gli equilibri. In
Palestina come in Medio Oriente. Avevamo offerto varie
soluzioni. Nel 1974 lo stato unico, laico israelo-
palestinese. Fu respinto. Poi, ai termini della risoluzione
ONU 181, due stati in Palestina, uno ebraico e uno
palestinese, per noi un enorme sacrificio visto che ci
avevano lasciato appena il 22% della Palestina storica.
Niente da fare. Ora gli USA usano il terrorismo per
staccare i paesi arabi da noi, dall'Iraq e dalla Siria,
lasciandoci magari alcuni bantustan (il famoso 40% del 22%
attuale). Israele con Sharon, ha una strategia di
spopolamento attraverso le stragi, il blocco economico, la
blindatura dei villaggi, l'impossibilit� di vivere.
Svuotare i territori occupati col terrore, come ai tempi in
cui Begin, Shamir e Sharon facevano saltare i villaggi con
dentro gli abitanti. Disperderci nel mondo. Un popolo senza
terra per una terra senza popolo, come diceva Herzl.
L'attualizzazione della questione "ritorno" ha reso tutto
questo molto pi� difficile. Per cui l'accelerazione di
oggi, che per� preoccupa gli USA per le ripercussioni che
potrebbe avere nei paesi arabi vassalli. Ecco una bella
contraddizione tra imperialismi alleati, o tra imperialismo
e colonialismo. Con Sharon che d� del bin Laden ad Arafat e
Bush che lo riceve con tutti gli onori alla Casa Bianca.

D) Ancora molti, anche a sinistra, credono che la via per
evitare la catastrofe generale, e forse finale, avvicinata
dagli attentati in Usa, sia la ripresa delle trattative, il
ritorno ad Oslo:
R) L'intifada non la pu� fermare neanche Arafat. Del resto
la presa in giro degli incontri e delle trattative � ormai
manifesta. Se non sono riusciti a tirare fuori
assolutamente niente per noi in 8 anni, figuriamoci col
clima di adesso e con Sharon. E' stato ingenuo fin
dal'inizio Arafat, ad accettare questi negoziati. Negoziati
che hanno prodotto quanto si vede oggi nei territori
occupati.. Noialtri avevamo voluto dare una chance ad
Arafat. Dovrebbe ormai aver capito quanta fiducia meritino
USA e Israele. E pensare che Arafat viene chiamato
terroriusta, quando a pochi metri da qua, sotto i miei
occhi, Sharon ha massacrato 3000 persone. Se ci rapportiamo
alla popolazione USA di 250 milioni, noi abbiamo avuto
45.000 morti. Io sono un apolide da mezzo secolo. Ora lo
sono anche mio figlio e mio nipote. Fino a quando un popolo
pu� sopportare questo?

D) Una via d'uscita dalla morsa tra la soluzione finale di
Sharon e la colonizzazione perpetua di Bush? E gli
interessi USA nei paesi del petrolio, messi a rischio
dall'assolutismo israeliano?
R) Finch� verranno adoperati due pesi e due misure sui
diritti umani e sul terrorismo ci saranno guerra e
terrorismo, non solo in Palestina, ma per tutto il mondo.
Non ci illudiamo sui paesi arabi cui gli USA, con la
campagna antiterrorismo, forniscono strumenti ed alibi per
la repressione interna. Fino a dieci anni fa, prima della
guerra del Golfo, poteva esserci un certo equilibrio tra
interessi USA e interessi indipendenti dei regimi arabi.
Oggi non pi�. A parole i regimi chiedono che si agisca per
i diritti palestinesi, ma ipocritamente, per paura dei loro
popoli. Prima di cedere alle masse, tenteranno ogni forma
di repressione. Non vedo nessun governo del petrolio che
non sia amico e vassallo degli USA. Farebbero guerra a noi
piuttosto che urtare gli USA. Gli arabi non vogliono bere
il petrolio, lo vogliono vendere, e vendere a chi ha i
soldi.

D) Ma pare che Bush e Powell abbiano ripetutamente tentato
di frenare Sharon.
R) Comunque prevalgono in questa classe dirigente senza
saggezza e senza cultura gli automatismi irrazionali. Il
cowboy � caduto dal cavallo e ora deve risalire e
riconquistare un'immagine forte. I termini sparati per
aprire la strada alle traiettorie dei missili erano
"terrorismo" e "guerra". Parole astratte, che si possono
riempire di qualsiasi cosa, come gli assalti ai paesi di
cui si afferma apoditticamente che avrebbero ospitato, o
appoggiato terroristi: Afghanistan, Iraq, Siria, il Libano
degli hezbollah. Hanno dato del terrorista anche a me. Io
rispondo: datemi i fucili, i missili, le bombe atomiche, i
carri armati che hanno gli israeliani e io non user� pi�
n� sassi, ne giubbotti imbottiti di tritolo. Cos� sar� il
soldato della civilt� occidentale e non pi� un terrorista".

Lasciamo la sede dell'OLP, sepolta sotto le superfetazioni
mattonare in cui formicolano i dannati della terra di
Shatila, tra rigagnoli fognari e ragnatela pencolanti di
fili elettrici, tra muri butterati di colpi della strage e
della successiva "guerra dei campi". Raggiungiamo il corteo
palestinese nella ricorrenza del peggiore atto terroristico
dalla seconda guerra mondiale: 3000 persone uccise a vista,
sventrate, scuoiate, affettate, appese per le viscere.
Sventolano centinaia di bandiere delle varie
organizzazioni, pi� frequenti di tutte quelle gialle col
fucile degli hezbollah. Si finisce sulla fossa comune dei
3000, fino a ieri, quando il sindaco hezbollah della
periferia sud l'ha fatta ripulire, una discarica. Piantiamo
alberi di ulivo e di limone. Ci guardano con occhi fermi e
facce segnate le superstiti di Sabra e Shatila. Le madri e
mogli di terroristi.

(Questo articolo e' di prossima uscita su "L'Ernesto":
http://www.lernesto.it )

---

Questa lista e' curata da componenti del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ).
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