"Lapsus" alla Risiera: come ti infango il 25 aprile


In assenza di meglio, il sindaco di Trieste (della coalizione di
destra) si e' inventato un "lapsus" per infangare la Resistenza -
collegando subdolamente i partigiani ai presunti crimini di guerra - e
"rovinare" cosi' la Festa della Liberazione (1).
Intanto, la stessa destra triestina chiede di assegnare medaglie ai
filonazisti della X Mas e del battaglione Mussolini (2).


Per chi volesse saperne di piu' sulla RISIERA DI SAN SABA:

> http://digilander.libero.it/lopreda/risieras.htm
> http://www.windcloak.it/cultura/risiera.htm


Per chi volesse saperne di piu' sulle sempre "difficili" celebrazioni
del 25 aprile a Trieste, sulla propaganda in merito alle "foibe" e sui
crimini di guerra dei fascisti italiani, rimendiamo invece a due
articoli contenuti nel prossimo messaggio.


=== (1) ===


il manifesto - 26 Aprile 2003
TRIESTE

Lapsus alla Risiera

Il sindaco confonde le vittime del nazismo con quelle delle foibe
Destra giuliana in nero. An a Trieste continua a mettere sullo stesso
piano repubblichini e partigiani. Forza nuova si raduna a Basovizza
per omaggiare le vittime «del comunismo titino». Il sindaco di Forza
Italia va in confusione e viene contestato
MATTEO MODER
TRIESTE

Un lapsus. Un semplice lapsus freudiano del sindaco Roberto Dipiazza
(Fi) ha fatto saltare ieri mattina all'interno della Risiera di San
Sabba - unico campo di concentramento nazista in Italia dotato di
forno crematorio e dove furono uccise in poco più di un anno tra le
3000 e le 5000 persone - un compromesso per la celebrazione «unitaria»
del 25 aprile raggiunto dopo mesi di polemiche e con equilibrismi
degni di un circo. Al termine di un discorso equilibrato, in cui
Dipiazza ha fatto riferimento esplicito alla «liberazione dal
nazifascismo» (locuzione evitata come il demonio dalla Casa delle
Libertà per una più innocua e «virtuosa» «da tutti i totalitarismi»),
ha parlato di Slovenia e di Croazia, di democrazia e di
libertà. Giunto, alla penultima riga però lo sgarro dell'inconscio.
«Onore ai maritiri delle Foib...ops,
lapsus, Onore ai martiri della Risiera, Viva Trieste, Viva l'Italia».
Ma come diceva padre Dante «cosa fatta capo ha» e il nostro Dipiazza è
stato sommerso da una valanga di fischi da parte delle oltre 6.000
persone che gremivano l'interno e l'esterno del monumento nazionale.
Dipiazza, uscito poi dalla Risiera sempre tra i fischi ha ribadito che
si è trattato di un puro lapsus. «Credetemi - ha detto - è stato un
errore causato dall'emozione di trovarmi in un luogo importante come
la Risiera, anch'io sono un uomo, cone le sue debolezze, le sue
emozioni». Sinceramente dispiaciuto quindi, anche perché Dipiazza è
costretto da due anni a cercare di mediare con l'atteggiamento
piuttosto intollerante dell'assessore alla cultura Roberto Menia (An),
che non vuole sentir parlare sloveno, considera solo due le date della
liberazione di Trieste, il 1918 e il 1954 e ha imposto probabilmente
che la cerimonia di ieri mattina cominciasse con l'inno di Mameli e
l'alza banidera, fatti mai avvenuti prima. Anche la deposizione delle
corone d'alloro dove si trovava il forno crematorio sono state
accompagnate da musiche patriottiche come la leggenda del Piave,
mentre, escluso dalla cerimonia ufficiale il coro partigiano sloveno,
su basi musicali preregistrate si sono ascoltate canzoni plurilingui
senza attinenza con la resistenza. Solo dopo la contestazione di
Dipiazza e dopo i riti religiosi cattolico, ebriaco, serborotodosso,
la gente si è lasciata andare a un liberatorio «Bella ciao» intonato
dai componenti del coro partigiano «dispersi» tra la folla, in attesa
della seconda cerimonia che si è svolta poi in Risiera, con
Rifondazione Comunista che non aveva accettato di aderire al
«compromesso», perché il presidente della provincia, Fabio Scoccimarro
(An), - che stigmatizzato duramente la contestazione defineldola
«un'indegna gazzarra da stadio» - voleva che il 25 aprile avesse due
momenti ufficiali le Foibe e la Risiera, nel solito calderone di tutti
uguali nella morte, tutti morti per la difesa della patria.
Lo storico Galliano Fogar ha ricordato che il 25 aprile è festa della
liberazione dal giogo nazifascista per legge dello Stato. «Fu l'inizio
dell'insurrezione nel nord Italia, fu il prodromo della ritrovata
democrazia e della Costituzione italiana, ora messa in discussione da
questi fascisti travestiti da ex che ci governano. La gente non sa, i
media non sanno, gli storici veri vengono sbeffeggiati. E' pazzesco
quanto sta avvenendo».
Come ciliegina sulla torta, Forza Nuova con Roberto Fiore in prima
linea, Veneto Fronte Skinhead e una delegazione dei neonazisti
tedeschi dell'Npd, hanno ricordato i «martiri delle Foibe» a
Basovizza. Tutto si è svolto senza incidenti, anche perché la
questura, su pressione dei centri sociali, dei verdi e del Prc, aveva
proibito solo ieri un comizio di Fiore previsto per stamani in centro
città.


=== (2) ===


il manifesto - 7 Aprile 2003

Una medaglia ai torturatori?

Proposta di An per onorare a Trieste i militi pro-nazisti
La X Mas e il battaglione Mussolini riceverebbero la medaglia
riservata agli «infoibati». Ma in realtà non fecero nulla per
difenderli
MATTEO MODER
TRIESTE

Alla fine del settembre del 1943 non potevano operare in Istria o sul
confine nordorientale né la X Mas né il battaglione bersaglieri
«Mussolini», in quanto come entità della repubblica di Salò ancora non
esistevano.
Lo scrive lo storico triestino Galliano Fogar nel suo Trieste in
guerra, 1940-1945. «Alla fine del settembre '43 - ricorda- l'intera
Istria interna fu occupata dalle truppe tedesche appoggiate da esigui
nuclei della ricostituenda milizia fascista locale. Secondo le cifre
fornite dagli stessi tedeschi - prosegue - furono migliaia i
partigiani massacrati, e molte migliaia quelli imprigionati». Il
deputato triestino Roberto Menia, nella relazione che accompagna la
sua proposta di legge per un riconoscimento morale - una medaglia con
la scritta «Per l'Italia» - ai parenti degli italiani infoibati, «a
titolo onorifico e senza assegni» rileva che «la prima ondata di
infoibamenti e massacri di italiani perpetrati dai titini in Istria
dopo l'8 settembre 1943 terminò grazie al ristabilirsi di presidi
italiani e con la difesa del confine orientale a opera di reparti come
la X Mas o il battaglione bersaglieri Mussolini». La proposta di legge
di Menia, quindi, prevede che la medaglia possa essere assegnata anche
ai parenti degli appartenenti alla X Mas e al battaglione Mussolini.
«Come è noto - ha detto Menia in una sua lettera al quotidiano
triestino Il Piccolo - nelle foibe ci finirono civili e militari,
donne e uomini, fascisti e antifascisti. Mi si spieghi perché i marò
della X, fatti a pezzi a Tarnova in Istria e massacrati perché
difendevano il confine orientale e l'Italia (non il fascismo o
Mussolini) dovrebbero essere esclusi da questo riconoscimento».
C'è, però, come si è visto, lo scarto di un anno perché, come ben
spiega Fogar nel suo libro, la X Mas fu impiegata dai tedeschi in alto
Friuli e nell'Istria da loro occupata solo tra l'autunno del 1944 e il
gennaio del 1945. In tali operazioni furono usati oltre ai reparti
della X Mas di Borghese anche «migliaia di cosacchi trasferiti nella
regione da Polonia, Germania, Cecoslovacchia e anche Jugoslavia».
Applicando l'ordine del 17 giugno 1944 di Kesserling di usare contro i
«ribelli» e le popolazioni «complici» «tutti i mezzi a disposizione e
con la massima asprezza», i nazisti operarono nell'autunno del'44
nell'alto Friuli contro i partigiani italiani con l'aiuto della X Mas,
alcuni componenti dei quali commisero anche molti crimini, per i quali
furono processati nell'immediato dopoguerra.
«Alle operazioni, dirette dal comando delle Ss - scrive Fogar -
parteciparono anche reparti fascisti della Decima di Junio Valerio
Borghese. I grandi attacchi si conclusero dopo tre mesi di scontri con
l'occupazione di tutto l'alto Friuli, accompagnata dalle consuete
atrocià e distruzioni. Dopo le operazioni in Friuli - si legge nel
libro di Fogar - la Decima Mas fu impegnata in Istria in azioni contro
il IX Corpus sloveno durante le quali un suo battaglione fu
praticamente distrutto dopo tenace resistenza a Tarnova». Come ricorda
lo storico triestino, prima che il gauleiter Rainer, che governava
l'Adriatisches Kustenland, la costringesse ad andarsene, dopo averla
utilizzata nei grandi rastrellamenti dell'autunno-inverno `44-`45, la
X partecipò «a rappresaglie, devastazioni e uccisioni. Il suo servizio
di polizia a Conegliano (Treviso) - si legge - diretto dal ten.
Bertozzi si rese tristemente famoso per nefandezze e atrocità, mentre
in provincia di Udine, a Palmanova, la caserma Piave fu trasformata da
un reparto della Milizia fascista in un vero e proprio mattatoio dove
furono uccisi oltre 230 prigionieri».