I "CENTRI SOCIALI DEL NORD EST" DI NUOVO IN AZIONE
ALCUNI ANTEFATTI
Molti ricordano gli scontri avvenuti negli scorsi anni tra noi amici
della Jugoslavia e certi ambienti della ex Autonomia padovana, ambienti
che assumono svariate denominazioni a seconda dell'occorrenza ("Ya
basta", "Centri sociali del Nord Est", "Cantieri sociali", "Tute
bianche") ma sono sempre gli stessi personaggi guidati da Luca Casarini
e qualcun altro che gestisce Radio Sherwood ed i Centri Sociali "Pedro"
e "Rivolta".
Il 6 giugno 1999, nel corso di una manifestazione contro la guerra ad
Aviano, dopo svariate indimidazioni contro compagni "colpevoli" di
portare bandiere jugoslave nel corteo si arrivo' persino allo scontro
fisico.
Negli anni successivi, la tensione e' costantemente cresciuta tra i
"casariniani" ed il resto del movimento - non solo quello
antimperialista. I "casariniani", mentre si facevano notare in
molteplici occasioni per le loro sceneggiate di piazza organizzate
d'accordo con le forze dell'ordine e per lo spazio generosamente
concesso loro da tutti i media di regime, sono entrati in attrito
continuo non solo con i gruppi marxisti e leninisti, ma anche proprio
con il vasto movimento contro la guerra, quando ad esempio, nell'ultima
grande manifestazione romana in primavera, hanno autonomamente deciso
di dar fuoco ai Bancomat allo scopo di spaccare il movimento stesso e
far ritornare tutti a casa.
L'ULTIMA LORO PRODEZZA
Il prosindaco di Venezia Bettin, noto sostenitore dei suddetti, ed il
sindaco di Venezia Paolo Costa, con l'assenso -controfirmato-
dell'assessore all'ambiente Paolo Cacciari (PRC), decretano un
revisionistico cambio di nome a Piazzale Tommaseo a Marghera,
intitolato oggi ai "martiri delle Foibe". Il PRC indice una
manifestazione (ovviamente pacifica) ed espone uno striscione durante
la cerimonia con su scritto "Vergogna" contro il cambiamento
revisionistico. Vi partecipano anche i Comunisti Italiani, I Verdi
Colomba (Boato), i Cobas Scuola e la Rete Antirazzista.
I "Centri sociali del nordest" arrivano, minacciano e picchiano prima
la rappresentanza di Rifondazione, poi un gruppo di AN, intervenuto
ovviamente per motivi opposti, costituendo di fatto un servizio
d'ordine di picchiatori alla cerimonia revisionistica. Una provocazione
mirata, dunque, a rendere ingestibile la protesta di piazza, a
difendere con la violenza la scelta revisionistica di rinominare
Piazzale Tommaseo, ad intimorire quei settori del PRC che praticano
coerentemente la rivalutazione della memoria storica della Resistenza e
l'antifascismo.
COMUNICATO STAMPA
della federazione di Venezia del PRC sui gravi fatti di Marghera.
Marghera , 28/09/03
Una gravissima provocazione nei confronti di militanti di Rifondazione
Comunista di Venezia è stata attuata, in modo squadristico, da elementi
facenti riferimento al centro sociale Rivolta di Mestre. In particolare
un esponente della segreteria della federazione provinciale di Venezia
è stato aggredito a calci e pugni da quattro persone, mentre camminava
per strada da solo. All'origine dell'aggressione, il volantinaggio che
il circolo di Rifondazione Comunista di Marghera, assieme ad altri
soggetti politici, ai Cobas ed a semplici cittadini, aveva organizzato
per manifestare il proprio dissenso all'intitolazione di una piazza di
Marghera alle vittime dalmate e giuliane delle foibe. I picchiatori
hanno accusato i militanti di Rifondazione Comunista di essere a favore
delle foibe e dunque hanno sentenziato: "chi è per le foibe vada
infoibato". Ci pare che la gravità del fatto metta in evidenza la
pochezza politico culturale di questi personaggi che, agendo da
invasati, non discernono più nemmeno la differenza del discorso
politico: la censura di Rifondazione Comunista, politica e culturale,
con la tradizione poliziesca e stragista di talune esperienze del
socialismo del secolo scorso, è netta. Talmente netta da essere
tradotta in una pratica politica, coerente con l'esperienza del
movimento dei movimenti, disobbediente ed assolutamente non violenta.
Altrettanto non ci pare di poter dire per coloro che, in nome di
presunte verità assolute, adottano il metodo del pestaggio e
dell'intimidazione come metodo politico. Non abbiamo nulla a che fare
con le foibe, come non abbiamo nulla a che fare con i picchiatori da
qualunque parte dichiarino di collocarsi; condanniamo inoltre, "senza
se e senza ma", gli atti di vandalismo contro il municipio di Marghera
e le offese vigliacche contro esponenti di forze politiche che
consideriamo amiche, come i Verdi. Ciò non toglie che vogliamo
garantito il diritto di esprimere, sempre e comunque, il nostro assenso
o dissenso su tutte le questioni pubbliche. Anche in questa occasione,
quindi, rivendichiamo la nostra posizione politica contro la logica
delle foibe e dei gulag, dei processi politici e dell'aggressione
fisica del dissenso , ma, nel contempo, denunciamo la strumentalità di
riletture storiche parziali che, infine, non hanno reso giustizia né
alle migliaia di vittime di un'ingiustificabile vendetta, né, d'altro
lato, alla generosa lotta del popolo jugoslavo contro il nazismo ed il
fascismo.
Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista Venezia
PESTAGGIO VIOLENTO, CINQUE IN OSPEDALE
(Tratto da La Nuova Venezia del 29 settembre 2003)
domenica 28 settembre 2003, da GR_Padova
Tafferugli all'inaugurazione del piazzale Martiri delle Foibe. Spaccata
la mandibola al consigliere De Simone, pugni anche a Rifondazione
Giovani di An intrappolati e picchiati in via Kossut dai ragazzi del
Rivolta
I primi incidenti al sit-in di protesta Poi l'aggressione "Erano 50,
mascherati ci hanno imprigionato"
Marghera. Bilancio pesante per l'inaugurazione di piazzale Martiri
Giuliano-Dalmati delle Foibe, che ha innescato violenti scontri tra un
gruppo nutrito di giovani che fanno capo ai centri sociali ed esponenti
di destra e sinistra, parimenti contestati per la loro presenza alla
cerimonia. Dai tafferugli escono malconci cinque giovani, che si sono
rivolti all'ospedale di Mestre. Ad avere la peggio il consigliere di
Municipalità Andrea De Simone (An) che ha riportato la frattura della
mandibola con una prognosi di 40 giorni. Tutto inizia intorno alle 10,
quando comincia il sit-in preannunciato da Rifondazione, Cobas Scuola,
Rete Antirazzista e Verdi non violenti. Srotolato il loro striscione ai
piedi del palco i manifestanti iniziano a distribuire un volantino di
protesta.
Cominciano i primi scontri, innescati da un gruppo di giovani dei
centri sociali che, letto il testo del volantino, pare non abbia
gradito la presenza tra i promotori dei Verdi Non Violenti. La
discussione, con insulti e grida, arriva presto a calci e pugni
sferrati ai danni di alcuni rappresentanti di Rifondazione. Lo scontro
si chiude con minacce verbali al consigliere comunale Pietrangelo
Pettenò "risparmiato - riferisce lui stesso - solo perché avevo mio
figlio in braccio". La tensione inizia a salire. La presenza di una
cinquantina tra agenti di polizia e carabinieri in tenuta antisommossa
non contribuisce a tranquillizzare i tanti presenti, tra i quali molti
genitori con bambini che hanno subito abbandonato il piccolo parco
giochi del piazzale. Il timore di nuovi scontri diventa realtà di lì a
mezz'ora, quando una ventina di rappresentanti di Azione Giovani (il
movimento giovanile di An), tutti in giacca e cravatta, viene
circondato ed aggredito mentre si dirige in piazzale per la cerimonia.
Poco dopo riferiranno di essere stati aggrediti da due gruppi di
giovani mascherati, una cinquantina in tutto, nascosti dietro la siepe
di piazzale Tommaseo e nelle vie laterali di piazzale Gar. Il culmine
del pestaggio avviene però in via Kossut, intorno alle 10 e 40, dove i
rappresentanti di An si sono visti intrappolati. "Ci hanno seguito con
un motorino da piazza Mercato - dice il consigliere Andrea De Simone -
ed hanno atteso che fossimo in un punto dove sarebbe stato impossibile
scappare". Le forze dell'ordine sono intervenute immediatamente ma il
blitz è stato repentino, pochi secondi di botte prima della fuga.
Il tutto è durato mezz'ora. La cerimonia si è poi svolta con i
poliziotti schierati con caschi e scudi protettivi nelle vie di accesso
al piazzale, e con un elicottero che ha continuato a sorvolare la zona
nel tentativo di individuare gli aggressori. I giovani di An, ai
carabinieri che hanno raccolto le prime denunce, riferiranno di aver
riconosciuto numerosi giovani del centro sociale Rivolta ed altri che
sarebbero arrivati da Padova e che farebbero riferimento al centro
sociale Pedro. In piazzale sono arrivati con il volto tumefatto,
qualcuno con le labbra spaccate e il naso gonfio per i pugni ricevuti.
Per terra, in via Kossut, è rimasto anche un paio di occhiali rotti.
BETTIN: "DISSENSO, NON ODIO"
"Colombe? Io vedo avvoltoi"
(Tratto da La Nuova Venezia del 29 settembre 2003)
domenica 28 settembre 2003, da GR_Padova Marghera.
Un'inaugurazione rovinata dagli scontri di piazza, quella di Piazzale
Martiri Giulian-Dalmati delle Foibe. Scontri che hanno portato tutte le
autorità invitate a rivedere i propri interventi, a lasciare in tasca
gli appunti e parlare a braccio, per deplorare quanto successo e
rivendicare la bontà della scelta fatta dall'amministrazione nel
riconoscere il martirio di migliaia di persone, uccise da un regime
totalitario solo perché diverse per razza, religione o fede politica.
Il più duro è stato Gianfranco Bettin, tra i più convinti sostenitori
del cambio di nome per piazzale Tommaseo. "In tutta Italia - ha detto
il prosindaco - questo riconoscimento è normale, a Marghera no, perché
il dissenso diventa odio". Bettin attacca anche i Verdi non Violenti
che hanno promosso con Rifondazione la manifestazione di protesta.
"Questi Verdi hanno la colomba nel loro simbolo - ha detto - ma
dovrebbero avere un avvoltoio perché stanno speculando sui morti". E
conclude sottolineando la civiltà di una Marghera che "da sempre
difende la democrazia, che accoglie il diverso, che ha il proprio
futuro nel nuovo nome di piazzale Tommaseo e non nelle scritte apparse
sui muri in questi giorni". Il presidente della Municipalità, Roberto
Turetta, ha chiesto scusa per quanto successo poco prima della
cerimonia sottolineando però che "questa scelta ha creato una
spaccatura, vanificando il tentativo di riappacificazione che ne stava
alla base". "Marghera non merita queste manifestazioni di odio - ha
concluso - avendo dimostrato in più occasioni di essere matura,
tollerante, civile e democratica". Il sindaco Costa, dopo aver ricevuto
in dono una medaglia coniata nel 1947 per ricordare l'esilio dei
dalmati dalle loro terre, ha detto di esprimere "l'orgoglio di Venezia
per aver intitolato questa piazza ai martiri delle foibe, e giustifico
il dissenso solo in un'ottica di insipienza storica che fa gridare
vergogna dagli striscioni e cartelli qui esposti. Abbiamo bisogno di
verità". Il presidente nazionale dell'associazione Giuliani e Dalmati,
il senatore Lucio Toth, nel ringraziare Venezia e tutti i suoi
cittadini ha ricordato i martiri delle foibe indicandoli principalmente
come "i fratelli e le sorelle dei tanti dalmati che hanno combattuto e
sono morti per la nascita di questo stato". (ro.ma.)
RAID VANDALICO NELLA NOTTE CONTRO SEDI DI PARTITI
Mestre. Una notte infiammata dalle scritte spray. Da una parte
svastiche, porte forzate e bandiere imbrattate o rubate. Dall'altra
insulti diretti a politici e parlamentari locali e richiami "ai martiri
del comunismo" apparsi alla vigilia dell'intitolazione di una piazza ai
martiri delle Foibe. Una inaugurazione, funestata dal ricorso alla
violenza. Vittime di un raid vandalico che ha disseminato svastiche tra
Mestre e Marghera sono state le sedi dei partiti del centrosinistra
veneziano.
Colpita anche l'abitazione della parlamentare dei Verdi, Luana Zanella
a cui è stato annerito il campanello di casa ed è stata lasciato
accanto un volgare insulto. Alla sezione dei Democratici di sinistra di
via Hermada a Marghera sono apparse nella notte le svastiche ed è stata
"oscurata" a colpi di bomboletta la bandiera della pace. Ma i vandali
sono andati oltre, forzando la porta del circolo dell'Arci, ospitata
nella sede, e rubando il fondo cassa di 200 euro e imbrattando i muri
di scritte. La scritta "Porci" è stata invece lasciata sulla porta
della sezione Ds di Zelarino. E sono tornate ancora le svastiche, già
apparse mesi fa. Colpite durante il raid notturno anche le sedi dello
Sdi di via Toffoli a Marghera. Alla sede della Federazione dei Verdi in
via Seismit Doda la scritta "fascista" invece era indirizzata contro il
prosindaco Gianfranco Bettin, non nuovo a queste forme di aggressione.
E ancora, a farne le spese è stata la sezione dei Comunisti Italiani di
piazzetta Canova in viale San Marco dove sono state rubate quattro
bandiere, esposte all'esterno; è stata divelta la cassetta delle Poste,
e rovesciati a terra tavolini, sedie e tabelloni. Sulla porta della
sede dei Comunisti è stato lasciato un adesivo del "Movimento Sociale
Fiamma tricolore", consegnato alla Digos della questura di Venezia dal
segretario comunale Carlo Coccato, al momento della denuncia.
(Mitia Chiarin)
DOVEVA ESSERE UNA GIORNATA DI FESTA???
(Tratto da La Nuova Venezia del 29 settembre 2003)
Doveva essere una giornata di festa. Con la città chiamata a
riappropriarsi, attraverso l'intitolazione di un piazzale di Marghera
ai "Martiri giuliano dalmati delle foibe ", di una pagina tragica di
storia nazionale ed europea, da cui sono scaturiti, per 350mila
italiani, diaspora ed esilio. Ma non è stato così: questa domenica di
fine settembre verrà ricordata per la guerriglia urbana e gli scontri
(quattro i ragazzi di Azione giovani finiti al pronto soccorso). Che
qualcosa fosse destinata ad accadere, lo si è capito subito, ieri,
nell'ex-piazzale Tommaseo. Sono passate da poco le 10: esponenti di
Rifondazione comunista protestano, a qualche metro dal palco, sistemato
di fronte al cancello della scuola Visintini. Hanno srotolato uno
striscione rosso con un "Vergogna" a caratteri cubitali e dispensano
volantini, firmati anche dai "Verdi non violenti". Nome che scatena le
prime reazioni. "Alcuni attivisti del Rivolta e del Pedro di Padova -
raccontano i rifondisti - si sono avvicinati, scandendo "Boato,
Boato", e giù offese, prima di prendere a pugni Gigi, un nostro
esponente". Minacce verbali giungono all'indirizzo del consigliere
regionale di Rifondazione Pierangelo Pettenò che ribadisce come "il
Comune abbia la colpa di aver creato steccati, invece di eliminarli".
Passa mezz'ora: accanto allo striscione scarlatto, si posizionano il
picchetto dei lagunari, una trentina di agenti di polizia e carabinieri
in tenuta antisommossa. Di fronte al palco, si stanno concentrando
autorità e una folla di persone e associazioni, tra lo sventolio di
tricolori. Ma si tratta di pace apparente; pochi metri più in là è
guerriglia. I poliziotti vengono richiamati - e vi si precipitano di
corsa - da uno scontro in via Kossuth, la laterale del piazzale, dalla
parte opposta del palco. A prendere le botte, questa volta, una ventina
di ragazzi di Azione giovani. Ne escono malconci in cinque, quattro si
faranno medicare al Pronto soccorso dell'Umberto I. "Erano una
cinquantina. Ci hanno accerchiato: venivamo da piazza Mercato. Dalla
siepe di piazzale Tommaseo, - ricorda Andrea De Simone, capogruppo di
An a Marghera che ha riportato la frattura della mandibola - sono
sbucati quelli del Rivolta. Abbiamo indietreggiato, ma un altro gruppo
di loro ci si è parato davanti". "Pare ci fosse anche Tommaso Cacciari.
L'extraterritorialità con cui operano quelli del Rivolta - commenta con
rabbia il consigliere comunale Raffaele Speranzon - deve finire".
La cerimonia ha inizio sulle parole del presidente della Municipalità,
Roberto Turetta, che chiede scusa per quanto accaduto e rivendica per
Marghera l'essenza di città tollerante e civile. "Quello che facciamo
oggi, riconoscere una tragedia in cui sono morte, secondo storici di
sinistra, almeno 10-12mila persone - esordisce con foga il prosindaco
Gianfranco Bettin - è normale dappertutto, ma non qui, dove è incistata
un'ideologia che diventa livore e mandato politico a colpire". Attacca
i "Verdi non violenti che hanno una colomba, come simbolo, ma
dovrebbero avere un avvoltoio che aleggia sui morti" e invita, però, a
andare avanti da una Marghera che non è "questa" per riprendersi la
"storia per intero". "Abbiamo il dovere - afferma invece il presidente
nazionale dell'Associazione Venezia Giulia Dalmazia, senatore Lucio
Toth che ringrazia Bettin, la Municipalità e la gente di Marghera - di
ricordare a voi quale pulizia etnica abbiamo subìto". "Non si elimina
il problema - conclude il sindaco Paolo Costa prima di scoprire la
nuova denominazione del piazzale - nascondendosi: abbiamo bisogno di
verità, fondamento di democrazia". Ma gli scontri hanno fatto
registrare anche la spaccatura fra Rifondazione e i Centri sociali: la
federazione provinciale del Prc scrive che una "gravissima provocazione
è stata attuata da elementi facenti riferimento al Centro sociale
Rivolta", con l'aggressione di un esponente della segreteria a calci e
pugni. "I picchiatori hanno accusato i militanti di Rifondazione di
essere a favore delle foibe", è scritto nella nota. "Ci pare che la
gravità del fatto metta in evidenza la pochezza politico culturale di
questi personaggi".
(a cura di Italo Slavo)
ALCUNI ANTEFATTI
Molti ricordano gli scontri avvenuti negli scorsi anni tra noi amici
della Jugoslavia e certi ambienti della ex Autonomia padovana, ambienti
che assumono svariate denominazioni a seconda dell'occorrenza ("Ya
basta", "Centri sociali del Nord Est", "Cantieri sociali", "Tute
bianche") ma sono sempre gli stessi personaggi guidati da Luca Casarini
e qualcun altro che gestisce Radio Sherwood ed i Centri Sociali "Pedro"
e "Rivolta".
Il 6 giugno 1999, nel corso di una manifestazione contro la guerra ad
Aviano, dopo svariate indimidazioni contro compagni "colpevoli" di
portare bandiere jugoslave nel corteo si arrivo' persino allo scontro
fisico.
Negli anni successivi, la tensione e' costantemente cresciuta tra i
"casariniani" ed il resto del movimento - non solo quello
antimperialista. I "casariniani", mentre si facevano notare in
molteplici occasioni per le loro sceneggiate di piazza organizzate
d'accordo con le forze dell'ordine e per lo spazio generosamente
concesso loro da tutti i media di regime, sono entrati in attrito
continuo non solo con i gruppi marxisti e leninisti, ma anche proprio
con il vasto movimento contro la guerra, quando ad esempio, nell'ultima
grande manifestazione romana in primavera, hanno autonomamente deciso
di dar fuoco ai Bancomat allo scopo di spaccare il movimento stesso e
far ritornare tutti a casa.
L'ULTIMA LORO PRODEZZA
Il prosindaco di Venezia Bettin, noto sostenitore dei suddetti, ed il
sindaco di Venezia Paolo Costa, con l'assenso -controfirmato-
dell'assessore all'ambiente Paolo Cacciari (PRC), decretano un
revisionistico cambio di nome a Piazzale Tommaseo a Marghera,
intitolato oggi ai "martiri delle Foibe". Il PRC indice una
manifestazione (ovviamente pacifica) ed espone uno striscione durante
la cerimonia con su scritto "Vergogna" contro il cambiamento
revisionistico. Vi partecipano anche i Comunisti Italiani, I Verdi
Colomba (Boato), i Cobas Scuola e la Rete Antirazzista.
I "Centri sociali del nordest" arrivano, minacciano e picchiano prima
la rappresentanza di Rifondazione, poi un gruppo di AN, intervenuto
ovviamente per motivi opposti, costituendo di fatto un servizio
d'ordine di picchiatori alla cerimonia revisionistica. Una provocazione
mirata, dunque, a rendere ingestibile la protesta di piazza, a
difendere con la violenza la scelta revisionistica di rinominare
Piazzale Tommaseo, ad intimorire quei settori del PRC che praticano
coerentemente la rivalutazione della memoria storica della Resistenza e
l'antifascismo.
COMUNICATO STAMPA
della federazione di Venezia del PRC sui gravi fatti di Marghera.
Marghera , 28/09/03
Una gravissima provocazione nei confronti di militanti di Rifondazione
Comunista di Venezia è stata attuata, in modo squadristico, da elementi
facenti riferimento al centro sociale Rivolta di Mestre. In particolare
un esponente della segreteria della federazione provinciale di Venezia
è stato aggredito a calci e pugni da quattro persone, mentre camminava
per strada da solo. All'origine dell'aggressione, il volantinaggio che
il circolo di Rifondazione Comunista di Marghera, assieme ad altri
soggetti politici, ai Cobas ed a semplici cittadini, aveva organizzato
per manifestare il proprio dissenso all'intitolazione di una piazza di
Marghera alle vittime dalmate e giuliane delle foibe. I picchiatori
hanno accusato i militanti di Rifondazione Comunista di essere a favore
delle foibe e dunque hanno sentenziato: "chi è per le foibe vada
infoibato". Ci pare che la gravità del fatto metta in evidenza la
pochezza politico culturale di questi personaggi che, agendo da
invasati, non discernono più nemmeno la differenza del discorso
politico: la censura di Rifondazione Comunista, politica e culturale,
con la tradizione poliziesca e stragista di talune esperienze del
socialismo del secolo scorso, è netta. Talmente netta da essere
tradotta in una pratica politica, coerente con l'esperienza del
movimento dei movimenti, disobbediente ed assolutamente non violenta.
Altrettanto non ci pare di poter dire per coloro che, in nome di
presunte verità assolute, adottano il metodo del pestaggio e
dell'intimidazione come metodo politico. Non abbiamo nulla a che fare
con le foibe, come non abbiamo nulla a che fare con i picchiatori da
qualunque parte dichiarino di collocarsi; condanniamo inoltre, "senza
se e senza ma", gli atti di vandalismo contro il municipio di Marghera
e le offese vigliacche contro esponenti di forze politiche che
consideriamo amiche, come i Verdi. Ciò non toglie che vogliamo
garantito il diritto di esprimere, sempre e comunque, il nostro assenso
o dissenso su tutte le questioni pubbliche. Anche in questa occasione,
quindi, rivendichiamo la nostra posizione politica contro la logica
delle foibe e dei gulag, dei processi politici e dell'aggressione
fisica del dissenso , ma, nel contempo, denunciamo la strumentalità di
riletture storiche parziali che, infine, non hanno reso giustizia né
alle migliaia di vittime di un'ingiustificabile vendetta, né, d'altro
lato, alla generosa lotta del popolo jugoslavo contro il nazismo ed il
fascismo.
Federazione Provinciale del Partito della Rifondazione Comunista Venezia
PESTAGGIO VIOLENTO, CINQUE IN OSPEDALE
(Tratto da La Nuova Venezia del 29 settembre 2003)
domenica 28 settembre 2003, da GR_Padova
Tafferugli all'inaugurazione del piazzale Martiri delle Foibe. Spaccata
la mandibola al consigliere De Simone, pugni anche a Rifondazione
Giovani di An intrappolati e picchiati in via Kossut dai ragazzi del
Rivolta
I primi incidenti al sit-in di protesta Poi l'aggressione "Erano 50,
mascherati ci hanno imprigionato"
Marghera. Bilancio pesante per l'inaugurazione di piazzale Martiri
Giuliano-Dalmati delle Foibe, che ha innescato violenti scontri tra un
gruppo nutrito di giovani che fanno capo ai centri sociali ed esponenti
di destra e sinistra, parimenti contestati per la loro presenza alla
cerimonia. Dai tafferugli escono malconci cinque giovani, che si sono
rivolti all'ospedale di Mestre. Ad avere la peggio il consigliere di
Municipalità Andrea De Simone (An) che ha riportato la frattura della
mandibola con una prognosi di 40 giorni. Tutto inizia intorno alle 10,
quando comincia il sit-in preannunciato da Rifondazione, Cobas Scuola,
Rete Antirazzista e Verdi non violenti. Srotolato il loro striscione ai
piedi del palco i manifestanti iniziano a distribuire un volantino di
protesta.
Cominciano i primi scontri, innescati da un gruppo di giovani dei
centri sociali che, letto il testo del volantino, pare non abbia
gradito la presenza tra i promotori dei Verdi Non Violenti. La
discussione, con insulti e grida, arriva presto a calci e pugni
sferrati ai danni di alcuni rappresentanti di Rifondazione. Lo scontro
si chiude con minacce verbali al consigliere comunale Pietrangelo
Pettenò "risparmiato - riferisce lui stesso - solo perché avevo mio
figlio in braccio". La tensione inizia a salire. La presenza di una
cinquantina tra agenti di polizia e carabinieri in tenuta antisommossa
non contribuisce a tranquillizzare i tanti presenti, tra i quali molti
genitori con bambini che hanno subito abbandonato il piccolo parco
giochi del piazzale. Il timore di nuovi scontri diventa realtà di lì a
mezz'ora, quando una ventina di rappresentanti di Azione Giovani (il
movimento giovanile di An), tutti in giacca e cravatta, viene
circondato ed aggredito mentre si dirige in piazzale per la cerimonia.
Poco dopo riferiranno di essere stati aggrediti da due gruppi di
giovani mascherati, una cinquantina in tutto, nascosti dietro la siepe
di piazzale Tommaseo e nelle vie laterali di piazzale Gar. Il culmine
del pestaggio avviene però in via Kossut, intorno alle 10 e 40, dove i
rappresentanti di An si sono visti intrappolati. "Ci hanno seguito con
un motorino da piazza Mercato - dice il consigliere Andrea De Simone -
ed hanno atteso che fossimo in un punto dove sarebbe stato impossibile
scappare". Le forze dell'ordine sono intervenute immediatamente ma il
blitz è stato repentino, pochi secondi di botte prima della fuga.
Il tutto è durato mezz'ora. La cerimonia si è poi svolta con i
poliziotti schierati con caschi e scudi protettivi nelle vie di accesso
al piazzale, e con un elicottero che ha continuato a sorvolare la zona
nel tentativo di individuare gli aggressori. I giovani di An, ai
carabinieri che hanno raccolto le prime denunce, riferiranno di aver
riconosciuto numerosi giovani del centro sociale Rivolta ed altri che
sarebbero arrivati da Padova e che farebbero riferimento al centro
sociale Pedro. In piazzale sono arrivati con il volto tumefatto,
qualcuno con le labbra spaccate e il naso gonfio per i pugni ricevuti.
Per terra, in via Kossut, è rimasto anche un paio di occhiali rotti.
BETTIN: "DISSENSO, NON ODIO"
"Colombe? Io vedo avvoltoi"
(Tratto da La Nuova Venezia del 29 settembre 2003)
domenica 28 settembre 2003, da GR_Padova Marghera.
Un'inaugurazione rovinata dagli scontri di piazza, quella di Piazzale
Martiri Giulian-Dalmati delle Foibe. Scontri che hanno portato tutte le
autorità invitate a rivedere i propri interventi, a lasciare in tasca
gli appunti e parlare a braccio, per deplorare quanto successo e
rivendicare la bontà della scelta fatta dall'amministrazione nel
riconoscere il martirio di migliaia di persone, uccise da un regime
totalitario solo perché diverse per razza, religione o fede politica.
Il più duro è stato Gianfranco Bettin, tra i più convinti sostenitori
del cambio di nome per piazzale Tommaseo. "In tutta Italia - ha detto
il prosindaco - questo riconoscimento è normale, a Marghera no, perché
il dissenso diventa odio". Bettin attacca anche i Verdi non Violenti
che hanno promosso con Rifondazione la manifestazione di protesta.
"Questi Verdi hanno la colomba nel loro simbolo - ha detto - ma
dovrebbero avere un avvoltoio perché stanno speculando sui morti". E
conclude sottolineando la civiltà di una Marghera che "da sempre
difende la democrazia, che accoglie il diverso, che ha il proprio
futuro nel nuovo nome di piazzale Tommaseo e non nelle scritte apparse
sui muri in questi giorni". Il presidente della Municipalità, Roberto
Turetta, ha chiesto scusa per quanto successo poco prima della
cerimonia sottolineando però che "questa scelta ha creato una
spaccatura, vanificando il tentativo di riappacificazione che ne stava
alla base". "Marghera non merita queste manifestazioni di odio - ha
concluso - avendo dimostrato in più occasioni di essere matura,
tollerante, civile e democratica". Il sindaco Costa, dopo aver ricevuto
in dono una medaglia coniata nel 1947 per ricordare l'esilio dei
dalmati dalle loro terre, ha detto di esprimere "l'orgoglio di Venezia
per aver intitolato questa piazza ai martiri delle foibe, e giustifico
il dissenso solo in un'ottica di insipienza storica che fa gridare
vergogna dagli striscioni e cartelli qui esposti. Abbiamo bisogno di
verità". Il presidente nazionale dell'associazione Giuliani e Dalmati,
il senatore Lucio Toth, nel ringraziare Venezia e tutti i suoi
cittadini ha ricordato i martiri delle foibe indicandoli principalmente
come "i fratelli e le sorelle dei tanti dalmati che hanno combattuto e
sono morti per la nascita di questo stato". (ro.ma.)
RAID VANDALICO NELLA NOTTE CONTRO SEDI DI PARTITI
Mestre. Una notte infiammata dalle scritte spray. Da una parte
svastiche, porte forzate e bandiere imbrattate o rubate. Dall'altra
insulti diretti a politici e parlamentari locali e richiami "ai martiri
del comunismo" apparsi alla vigilia dell'intitolazione di una piazza ai
martiri delle Foibe. Una inaugurazione, funestata dal ricorso alla
violenza. Vittime di un raid vandalico che ha disseminato svastiche tra
Mestre e Marghera sono state le sedi dei partiti del centrosinistra
veneziano.
Colpita anche l'abitazione della parlamentare dei Verdi, Luana Zanella
a cui è stato annerito il campanello di casa ed è stata lasciato
accanto un volgare insulto. Alla sezione dei Democratici di sinistra di
via Hermada a Marghera sono apparse nella notte le svastiche ed è stata
"oscurata" a colpi di bomboletta la bandiera della pace. Ma i vandali
sono andati oltre, forzando la porta del circolo dell'Arci, ospitata
nella sede, e rubando il fondo cassa di 200 euro e imbrattando i muri
di scritte. La scritta "Porci" è stata invece lasciata sulla porta
della sezione Ds di Zelarino. E sono tornate ancora le svastiche, già
apparse mesi fa. Colpite durante il raid notturno anche le sedi dello
Sdi di via Toffoli a Marghera. Alla sede della Federazione dei Verdi in
via Seismit Doda la scritta "fascista" invece era indirizzata contro il
prosindaco Gianfranco Bettin, non nuovo a queste forme di aggressione.
E ancora, a farne le spese è stata la sezione dei Comunisti Italiani di
piazzetta Canova in viale San Marco dove sono state rubate quattro
bandiere, esposte all'esterno; è stata divelta la cassetta delle Poste,
e rovesciati a terra tavolini, sedie e tabelloni. Sulla porta della
sede dei Comunisti è stato lasciato un adesivo del "Movimento Sociale
Fiamma tricolore", consegnato alla Digos della questura di Venezia dal
segretario comunale Carlo Coccato, al momento della denuncia.
(Mitia Chiarin)
DOVEVA ESSERE UNA GIORNATA DI FESTA???
(Tratto da La Nuova Venezia del 29 settembre 2003)
Doveva essere una giornata di festa. Con la città chiamata a
riappropriarsi, attraverso l'intitolazione di un piazzale di Marghera
ai "Martiri giuliano dalmati delle foibe ", di una pagina tragica di
storia nazionale ed europea, da cui sono scaturiti, per 350mila
italiani, diaspora ed esilio. Ma non è stato così: questa domenica di
fine settembre verrà ricordata per la guerriglia urbana e gli scontri
(quattro i ragazzi di Azione giovani finiti al pronto soccorso). Che
qualcosa fosse destinata ad accadere, lo si è capito subito, ieri,
nell'ex-piazzale Tommaseo. Sono passate da poco le 10: esponenti di
Rifondazione comunista protestano, a qualche metro dal palco, sistemato
di fronte al cancello della scuola Visintini. Hanno srotolato uno
striscione rosso con un "Vergogna" a caratteri cubitali e dispensano
volantini, firmati anche dai "Verdi non violenti". Nome che scatena le
prime reazioni. "Alcuni attivisti del Rivolta e del Pedro di Padova -
raccontano i rifondisti - si sono avvicinati, scandendo "Boato,
Boato", e giù offese, prima di prendere a pugni Gigi, un nostro
esponente". Minacce verbali giungono all'indirizzo del consigliere
regionale di Rifondazione Pierangelo Pettenò che ribadisce come "il
Comune abbia la colpa di aver creato steccati, invece di eliminarli".
Passa mezz'ora: accanto allo striscione scarlatto, si posizionano il
picchetto dei lagunari, una trentina di agenti di polizia e carabinieri
in tenuta antisommossa. Di fronte al palco, si stanno concentrando
autorità e una folla di persone e associazioni, tra lo sventolio di
tricolori. Ma si tratta di pace apparente; pochi metri più in là è
guerriglia. I poliziotti vengono richiamati - e vi si precipitano di
corsa - da uno scontro in via Kossuth, la laterale del piazzale, dalla
parte opposta del palco. A prendere le botte, questa volta, una ventina
di ragazzi di Azione giovani. Ne escono malconci in cinque, quattro si
faranno medicare al Pronto soccorso dell'Umberto I. "Erano una
cinquantina. Ci hanno accerchiato: venivamo da piazza Mercato. Dalla
siepe di piazzale Tommaseo, - ricorda Andrea De Simone, capogruppo di
An a Marghera che ha riportato la frattura della mandibola - sono
sbucati quelli del Rivolta. Abbiamo indietreggiato, ma un altro gruppo
di loro ci si è parato davanti". "Pare ci fosse anche Tommaso Cacciari.
L'extraterritorialità con cui operano quelli del Rivolta - commenta con
rabbia il consigliere comunale Raffaele Speranzon - deve finire".
La cerimonia ha inizio sulle parole del presidente della Municipalità,
Roberto Turetta, che chiede scusa per quanto accaduto e rivendica per
Marghera l'essenza di città tollerante e civile. "Quello che facciamo
oggi, riconoscere una tragedia in cui sono morte, secondo storici di
sinistra, almeno 10-12mila persone - esordisce con foga il prosindaco
Gianfranco Bettin - è normale dappertutto, ma non qui, dove è incistata
un'ideologia che diventa livore e mandato politico a colpire". Attacca
i "Verdi non violenti che hanno una colomba, come simbolo, ma
dovrebbero avere un avvoltoio che aleggia sui morti" e invita, però, a
andare avanti da una Marghera che non è "questa" per riprendersi la
"storia per intero". "Abbiamo il dovere - afferma invece il presidente
nazionale dell'Associazione Venezia Giulia Dalmazia, senatore Lucio
Toth che ringrazia Bettin, la Municipalità e la gente di Marghera - di
ricordare a voi quale pulizia etnica abbiamo subìto". "Non si elimina
il problema - conclude il sindaco Paolo Costa prima di scoprire la
nuova denominazione del piazzale - nascondendosi: abbiamo bisogno di
verità, fondamento di democrazia". Ma gli scontri hanno fatto
registrare anche la spaccatura fra Rifondazione e i Centri sociali: la
federazione provinciale del Prc scrive che una "gravissima provocazione
è stata attuata da elementi facenti riferimento al Centro sociale
Rivolta", con l'aggressione di un esponente della segreteria a calci e
pugni. "I picchiatori hanno accusato i militanti di Rifondazione di
essere a favore delle foibe", è scritto nella nota. "Ci pare che la
gravità del fatto metta in evidenza la pochezza politico culturale di
questi personaggi".
(a cura di Italo Slavo)