IL 20 MARZO IN PIAZZA - L'adesione del CNJ

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia aderisce ed invita tutti/e
ad aderire ed a partecipare alle manifestazioni indette nell'ambito
della prossima giornata internazionale contro la guerra e contro
l'occupazione dell'Iraq, indetta per il 20 MARZO 2004.

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia esorta in particolare gli
amici della Jugoslavia a portare in sede di movimento contro la guerra
la memoria e la rabbia per lo squartamento del paese confinante con
l'Italia. A pochi giorni di distanza - il 24 marzo - ricorrera'
peraltro il quinto anniversario della aggressione della NATO contro
cio' che della Jugoslavia federale rimaneva.

Oggi dalla cartina geografica dei Balcani la Jugoslavia e' stata
formalmente cancellata. Che cosa c'e' ora, nei Balcani, al posto della
Jugoslavia? Quello che per certo possiamo dire, e' che, in Italia,
esiste ancora un ampio movimento di solidarieta' concreta (vedi le
migliaia di "adozioni a distanza" dei giovani figli dei lavoratori
bombardati). L'esempio della Jugoslavia e' paradigmatico di questa fase
di guerre che si e' aperta con il 1989: lo e' dal punto di vista
geostrategico, dal punto di vista politico-diplomatico, dal punto di
vista strettamente militare (vedi l'uso dell'uranio impoverito), dal
punto di vista culturale e della strumentale etnicizzazione dei
conflitti, ma anche e soprattutto dal punto di vista della
disinformazione strategica ovvero dell'utilizzo dei mass media come
arma di guerra.

Capire e ricordare la tragedia jugoslava e' percio' condizione
necessaria per capire ed evitare nuove guerre di aggressione
imperialista.

CNJ
www.cnj.it - jugocoord@...

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1. La piattaforma per la manifestazione nazionale del 20 marzo

2. L'adesione del "Forum contro la guerra"


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La piattaforma per la manifestazione nazionale del 20 marzo
20 MARZO IN PIAZZA PER LA PACE IN IRAQ E NEL MONDO

IL PROSSIMO 20 MARZO, ad un anno dall'inizio della guerra in Iraq,
risponderemo all'appello del movimento per la pace degli Stati Uniti,
rilanciato daI Forum Sociale Europeo di Parigi e dal Forum Sociale
Mondiale di Mumbai, che chiedono di tornare a riempire le strade di
tutto il mondo per fermare la guerra e l'occupazione.
Torneremo in piazza, a Roma, dopo aver attraversato l'Italia, con
Carovane di pace dal sud e dal nord mentre altre carovane si recheranno
in medio oriente chiedendo pace e giustizia.

UN ANNO FA una coalizione di Stati guidata dagli Usa decise di
utilizzare tutta la sua potenza per muovere guerra all'Iraq.
Lo ha fatto contro il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, sfidando il
diritto internazionale e contro la volontà della grande maggioranza dei
popoli del pianeta.
Lo ha fatto, sapendo di mentire, dichiarando che l'Iraq possedeva armi
terribili e che era pronta ad usarle e dichiarando legami tra l'Iraq e
il terribile attentato alle Torri gemelle.
Lo ha fatto dichiarando che avrebbe portato pace e democrazia per il
popolo iracheno e in tutto il Medio Oriente.
Lo ha fatto teorizzando, con la "guerra preventiva", il diritto di
imporre la propria volontà e la difesa dei propri interessi, in
qualunque luogo della terra.

Questa guerra è già costata decine di migliaia di vittime civili e
militari irachene, più di 500 vittime - tra cui 19 soldati italiani
caduti a Nassiriya - tra le truppe di occupazione, ha comportato
distruzioni immani e devastazioni ambientali, ha bruciato miliardi di
dollari.
Le armi non si sono trovate.
Gli attentati contro civili inermi si sono susseguiti in molte parti
del mondo.
Pace e democrazia non sono arrivate né in Iraq né in Medio Oriente.

AD UN ANNO DI DISTANZA in Iraq la guerra continua a mietere vittime.
La situazione umanitaria in Iraq continua ad essere terribile mentre
crescono pericoli di scontro interno e minacce di balcanizzazione.
Alla dittatura di Saddam Hussein si è sostituita una occupazione
militare che trova crescenti resistenze, in diverse forme, da parte
della popolazione.
Invece di organizzare libere elezioni si nominano governi dall'alto, si
privatizzano le ricchezze irachene e si abolisce il codice di famiglia
facendo arretrare lo status delle donne. La ricostruzione non è nemmeno
iniziata e già è una torta da spartire con i paesi "amici".

A un anno di distanza in Medio Oriente la pace è più lontana che mai.
In Palestina l'occupazione prosegue brutalmente, mietendo migliaia di
vittime e rischia di diventare irreversibile con la costruzione del
Muro.
In Israele si susseguono attentati contro civili inermi, cresce l'
insicurezza e la crisi economica.
Il governo Sharon, applica la dottrina della guerra permanente, negando
qualsiasi prospettiva negoziale e imponendo il terreno dello scontro
militare.
Il Muro è una vergogna che calpesta il diritto internazionale, segrega
un popolo intero, espropria altra terra, nega la possibilità di
convivenza pacifica fondata sul principio di "due popoli due stati" e
sulle risoluzioni dell'Onu che sono alla base di diverse iniziative di
pace delle società civili palestinese e israeliana.

Ad un anno di distanza il mondo è un luogo meno sicuro e più ingiusto.
La dottrina della guerra "preventiva" ci minaccia tutti. Minaccia di
guerra altri paesi e legittima le guerre e le occupazioni militari,
dall'Iraq alla Palestina, all'Afganistan e alla Cecenia.
Spinge al riarmo e alla militarizzazione e minaccia la democrazia in
tutto il pianeta, dai paesi ricchi a quelli poveri.
Rafforza, nel nord e nel sud del mondo, le culture che predicano lo
"scontro di civiltà", le guerre di religione, i tanti integralismi
impegnati a distruggere i valori e le pratiche di convivenza.
Rafforza il razzismo, la discriminazione contro i migranti e tutte le
diversità e spinge verso l'omologazione sociale e culturale.
Intanto, numerose "guerre dimenticate" continuano a provocare vittime,
sofferenze e miseria in Africa, in Asia e in Sudamerica senza che
nessuno intervenga per mettervi fine.
La povertà e le ingiustizie aumentano nel nord come nel sud del mondo
(come dicono anche i rapporti dell'Organizzazione Internazionale del
Lavoro e di altre agenzie delle Nazioni Unite che dimostrano l'aumento
della disoccupazione e la diminuzione dei redditi da lavoro in tutto il
mondo ed anche in Italia), figlie di un sistema neoliberista che la
guerra preventiva perpetua che affama i più per arricchire i pochi -
affratellando nella miseria e nello sfruttamento la maggioranza degli
esseri umani nel pianeta.

ANCHE IL GOVERNO ITALIANO è corresponsabile di tanto disastro.
Un Governo che, al di fuori del dettato costituzionale, nonostante la
grande contrarietà della popolazione italiana, ha deciso di appoggiare
la guerra in Iraq e ha inviato truppe sotto il comando britannico nei
luoghi in cui giacciono i campi petroliferi destinati all'Eni,
assumendosi la responsabilità di esporle a rischi altissimi.
Un Governo che, perpetuando lo strappo all'art 11 della Costituzione ha
deciso di partecipare all'"Autorità Provvisoria" delle forze di
occupazione condividendo così la responsabilità delle sue scelte
politiche.
Un Governo che ha esautorato il Parlamento dei suoi poteri a cominciare
dalla concessione dell'uso dello spazio aereo, delle basi e delle
infrastrutture per la guerra.
Un Governo che ha lavorato per impedire una possibile unità europea che
frenasse l'unilateralismo degli Stati Uniti e fermasse la guerra.
Un Governo che ci ha ingannato: ha detto che i soldati servivano a
proteggere gli aiuti umanitari, ma gli aiuti non si sono visti mentre
il Pentagono si appresta ad assegnare a ditte italiane importanti
contratti per la ricostruzione.

ABBIAMO FATTO IL POSSIBILE per evitare tutto questo.
Dicemmo allora, in milioni in tutto il mondo, che quella potenza e
quella ricchezza poteva e doveva essere utilizzata per combattere la
fame e la sete che uccide milioni di esseri umani, per alleviare i
popoli di un debito che non possono pagare, per sostenere lo sviluppo
dei paesi del sud del mondo.
Dicemmo allora che si doveva porre fine alle tante guerre dimenticate,
invece che cominciarne un'altra.
Dicemmo che la produzione di armi doveva essere riconvertita in
produzioni di pace invece che essere rilanciata, che sono le spese
militari a dover essere tagliate piuttosto che le spese sociali.
Dicemmo allora e ribadiamo oggi che queste sono azioni necessarie,
perché il peso dell'ingiustizia è intollerabile. Sono azioni non
rinviabili, per non scivolare in un abisso di barbarie, di
disperazione, di conflitti, di insicurezza generalizzata.
Noi ripudiamo tutte le forme di terrorismo sia da parte degli Stati che
di organizzazioni e individui, così come ci opponiamo all'uso della
"lotta al terrorismo" per giustificare le guerre, criminalizzare i
movimenti popolari e restringere le libertà civili.
Non abbiamo cambiato parere e con noi non ha cambiato parere la
maggioranza del popolo italiano, nonostante un sistema
dell'informazione sempre più succube dei rulli di tamburo.

NOI SOSTENIAMO il diritto dei nostri fratelli e sorelle irachene a
resistere alla occupazione reclamando il diritto alla pace, ai diritti
sociali, alla democrazia, a governarsi da soli per decidere del proprio
futuro, controllare le proprie risorse, ad ottenere risarcimento per
quello che hanno patito sotto l'embargo e la guerra, a vedere la
propria terra libera da eserciti stranieri. L'Iraq deve tornare agli
iracheni, la legalità internazionale deve essere ripristinata e perché
questo avvenga è necessario innanzitutto che cessi l'occupazione
militare. Tutte le truppe occupanti devono essere ritirate.
Chiediamo quindi che l'Italia rinunci a partecipare all'occupazione
militare dell'Iraq e ritiri le proprie truppe. E' un atto necessario
per ricucire lo strappo costituzionale operato un anno fa e per aprire
la strada a una nuova strategia. Chiediamo che gli ingenti fondi così
risparmiati vengano destinati per veri aiuti umanitari immediati e che
il Governo italiano promuova una iniziativa politica internazionale per
la restituzione della sovranità agli iracheni e la ricostruzione del
paese guidata da un governo
legittimo.
Chiediamo che l'Unione Europea svolga un analogo ruolo di pace e
includa il ripudio della guerra nel proprio trattato costituzionale.
Chiediamo che le Nazioni Unite rispondendo finalmente alla loro carta
costitutiva promuovano il ritorno della legalità in Iraq e
l'affermazione del diritto l'autogoverno del popolo iracheno garantendo
il rispetto dei diritti umani di tutti e di tutte. Un intervento di
garanzia dell'Onu deve in ogni caso essere concordato con le forze
politiche irachene, e non vedere la partecipazione delle forze
occupanti.
Con la stessa urgenza chiediamo che una decisa iniziativa
internazionale crei le condizioni per una pace giusta in Medio Oriente,
imponendo la rimozione del muro, la protezione dei civili e un
negoziato fondato sulle risoluzioni dell'Onu per la fine
dell'occupazione e la convivenza pacifica, ascoltando anche la voce
coraggiosa dei giovani israeliani che rifiutano, pagando di persona, di
partecipare alla guerra e all'occupazione. In questo lungo anno di
guerra, abbiamo continuato a sostenere con mezzi pacifici le ragioni
della pace - progetto alternativo di civiltà - nelle scuole, nelle
città, nei luoghi di lavoro, davanti alle basi militari, dai nostri
balconi con le bandiere della pace, nella solidarietà internazionale,
nella lotta per il disarmo, nel dibattito sul trattato costituzionale
europeo, nella solidarietà con le popolazioni migranti, con la
disobbedienza civile, nell'impegno quotidiano per i diritti umani,
sociali e di cittadinanza.

FACCIAMO APPELLO perché le energie di milioni di cittadini e cittadine
contribuiscano alla realizzazione il 20 marzo prossimo della giornata
internazionale di lotta per la fine dell'occupazione dell'Iraq e per la
pace in Medio Oriente e allo sviluppo di un impegno costante per la
costruzione della pace.
L'impegno dei pacifisti statunitensi per riportare le truppe a casa,
che reclamano "giustizia e non vendetta", che denunciano la restrizione
dei diritti civili nella loro patria, che si battono per un'altra
America è anche il nostro.

FUORI LE TRUPPE DI OCCUPAZIONE DALL'IRAQ
L'IRAQ AGLI IRACHENI
PACE IN MEDIO ORIENTE
BASTA ARMI - BASTA GUERRE

Per adesioni: adesioni@...

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Da: "FORUMCONTROLAGUERRA"
Data: Ven 13 Feb 2004 16:58:51 Europe/Rome
Oggetto: ADESIONE AL 20 MARZO DEL FORUM CONTRO LA GUERRA

Il 20 marzo 2004 il mondo scende in piazza contro la guerra

Il Forum Contro la Guerraaderisce pienamente al documento di
convocazione ed alla manifestazione mondiale del 20 marzo convocata per
chiedere che cessi l’occupazione dell’Iraq, il ritiro dei contingenti
militari stranieri e l’autodeterminazione del popolo iracheno.

Questa manifestazione, che raccoglie l’appello del movimento contro la
guerra statunitense, è stata rilanciata con forza dal Forum Sociale
Europeo di Parigi e da quello mondiale tenutosi a Mumbay, nel quale è
stata lanciata la mobilitazione globale del 20 Marzo 2004, appello che
ha visto l'adesione di un centinaio di organizzazioni di tutto il mondo
tra le quali, per l'Italia, anche il FORUM CONTRO LA GUERRA.

In quegli appelli vi sono i contenuti forti e le indicazioni capaci di
dare continuità allo straordinario movimento di massa che in tutto il
mondo ha cercato di impedire l’aggressione militare statunitense
all’Iraq e che oggi chiede con chiarezza che cessi l’occupazione
militare e coloniale in Iraq ma anche in Palestina.

La convergenza di forze sociali, politiche, sindacali, religiose,
associative intorno a questo obiettivo è cresciuta in modo
impressionante nelle ultime settimane, a testimonianza di come il
popolo della pace e della solidarietà ritenga che occorra schierarsi
contro la guerra senza se e senza ma, indicando in questo una
radicalità di contenuti che è stato il vero motore della mobilitazione
di milioni di persone anche nel nostro paese il 15 febbraio dello
scorso anno.

Questa convergenza intorno all’obiettivo del ritiro delle truppe di
occupazione – a cominciare da quelle inviate dal governo italiano –
manda un segnale chiaro anche al mondo politico indicando che, contro
gli strumenti concreti della guerra, ci si debba schierare con
chiarezza e senza alcuna ambiguità. In tal senso ogni forza politica,
ogni singolo parlamentare, dovrà assumersi la responsabilità delle
proprie scelte nel voto previsto in Parlamento nei prossimi giorni sul
finanziamento del contingente militare italiano in Iraq ma anche in
altri paesi come i Balcani o l’Afganistan.

Il Forum permanente contro la guerra è nato infatti per dare battaglia
contro il complesso dei meccanismi su cui si regge il sistema di
guerra: le basi militari straniere; gli automatismi dei Trattati
militari che vincolano l’Italia e la coinvolgono nelle guerre; le spese
militari; la ricerca, lo stoccaggio, la produzione delle nuove e
vecchie armi di distruzione di massa.

Su questi temi, proprio nel Forum Sociale Mondiale di Mumbay è nata la
rete internazionale contro le basi militari americane a cui abbiamo
aderito e si è aperta la discussione sull’attivazione di una campagna
mondiale tesa allo smantellamento delle armi di distruzione di massa.

Saremo in piazza unitariamente il 20 marzo per contribuire alla
mobilitazione per il ritiro delle truppe di occupazione dall’Iraq e
riconsegnare la piena sovranità al popolo iracheno, ma indicando anche
i terreni e gli obiettivi che diano continuità al movimento contro una
guerra permanente che minaccia seriamente la pace, la democrazia, i
diritti dei popoli a livello globale.

Roma 11 febbraio 2004

Forum contro la guerra

www.forumcontrolaguerra.org

mail: adesioni@...