Soldatini

1. Editoriale di Radio Città Aperta del 19.02.2004
2. RedLink: RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE - SENZA SE E SENZA ONU !


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http://www.radiocittaperta.it

Gli astenuti

Il voto al Senato sul mantenimento delle truppe italiane
nell'occupazione dell'Iraq, è andato come le peggiori previsioni
lasciavano intravedere. Hanno votato contro una quarantina di senatori
tra Verdi, PdCI, PRC e sinistra DS, hanno votato a favore i senatori
del centro-destra, non hanno votato i senatori dell'Ulivo "triciclato".
La decisione di astenersi ha cercato così di tenere i piedi in tutte le
staffe.

Ha mandato un segnale di affidabilità ai poteri forti della guerra
preventiva; ha impedito una divisione all'interno del "triciclo" tra
chi voleva votare a favore del mantenimento del contingente militare
italiano in Iraq e chi voleva astenersi in aula; ha mandato un segnale
a quei settori del movimento "pacifista" che non fanno mistero di
intendere la pacificazione e la ricostruzione dell'Iraq come una sorta
di protettorato internazionale in mano alle potenze occidentali ma
"sotto l'egida dell'ONU"

Le richieste del movimento pacifista e contro la guerra erano di
tutt'altro segno. Chiedevano un voto chiaro e netto contro la
partecipazione militare, politica ed economica dell'Italia
all'occupazione coloniale dell'Iraq.

Ci sono molte cose che lasciano il segno in questa decisione della
maggioranza del centro-sinistra, ma una colpisce più di altre: la
totale impermeabilità del ceto politico "triciclato" alle domande e
alle aspettative del suo referente sociale ed elettorale.

E probabile che i Fassino, i Rutelli etc. abbiano ragionato con cinismo
pianificando l'ennesimo strappo con il popolo della sinistra. Hanno
privilegiato ancora una volta l'affidabilità verso i poteri forti
piuttosto che dare credito alle richieste del loro corpo elettorale che
chiedeva altre priorità ed altre scelte. Il cinismo sta nel ritenere
che quest'ultimo non può che ingoiare l'ennesimo rospo, perché se vuole
poi togliersi dalla scatole un governo eversivo come quello Berlusconi,
alla fine non potrà che turarsi il naso e scegliere "il meno peggio".

I cinici hanno avuto spesso fortuna e ruoli di rilievo nella storia ma
la loro coazione a ripetere potrebbe rivelarsi altrettanto amara.
Ritenere con un certo ed irritante snobismo il popolo della sinistra un
pò coglione e troppo immaturo di fronte al pragmatismo della politica
potrebbe aver sottovalutato il valore aggiunto emerso in questi ultimi
due anni: la dignità.

Se i tranvieri hanno scioperato nonostante le precettazioni, se
migliaia di persone hanno rischiato le bastonate e le violenze di Stato
nelle strade di Genova, se la gente si mette in mezzo ai binari e alle
autostrade per difendere il lavoro o la salute, vuol dire che la
camicia di forza della "politica blindata dal bipolarismo" può
cominciare a lacerarsi in più punti. Potrebbe accadere, per esempio,
che il popolo della sinistra, il popolo della pace e della solidarietà
internazionale decida di "uscire dall'urna al momento del voto" per
mandare a dire che non si firmano più cambiali in bianco a chi cerca di
umiliare la dignità di chi lotta, la dignità di quelli che - come
scrisse Franco Fortini - hanno imparato o ricominciato a "camminare
eretti". I rumori di fondo, in tal senso, si stanno facendo assordanti.

Editoriale di Radio Città Aperta del 19.02.2004


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RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE SENZA SE E SENZA ONU

Traspariva fin dall’inizio che il pacifismo istituzionale, pur con
differenze al suo interno, cercava di ri-aggrapparsi all’Onu, per
apporre il suo “MA” al ritiro immediato delle truppe di occupazione
dall’Irak.

Il ri-aggancio non poteva, però, essere immediato e diretto (come pure
non può permettersi di eliminare esplicitamente l’obiettivo del ritiro
delle truppe). Bisognava squalificare prima la resistenza armata, fare
lunghi panegirici sulla lotta pacifica. Proprio nel caso irakeno,
infatti, il ruolo giocato dall’Onu era stato quanto mai esplicativo
sulle sue reali funzioni.

L’ONU GOVERNO MONDIALE DEI (PRE) POTENTI

Tanto per rinfrescarci la memoria, la prima aggressione all’Irak del
1991 fu condotta sotto le bandiere delle Onu. Giustificata per mettere
fine all’occupazione del Kuwait, andò direttamente al suo vero scopo
(in questo caso condiviso da tutto il primo mondo), di limitare la
pretesa di Saddam -e di chi eventualmente volesse seguire il suo
esempio- sui prezzi del suo petrolio a danno della cresta pretesa dalle
multinazionali. A tal fine, si mise in atto un bombardamento -dopo che
era ampiamente cessata l’occupazione del Kuwait- che sganciò un
quantitativo di esplosivo pari a quello effettuato durante tutta la
seconda guerra mondiale, con un numero di circa duecentomila morti.
Molti di questi erano soldati in ritirata o arresisi, letteralmente
travolti e sepolti dai carri armati della “grande coalizione mondiale”.
Sotto l’egida dell’Onu, Bush padre si permise di affermare che la
punizione in atto si prefiggeva di riportare l’Irak all’età della
pietra.

Cessati i bombardamenti, sempre in sede Onu fu deciso un embargo
–durato poi 12 anni- che ha provocato più di un milione di morti,
soprattutto tra bambini e anziani.

Intellettuali corrotti (non solo nel cervello) e politici di
inqualificabile sinistra hanno cercato di coprire le nefandezze
dell’Onu, adducendo il solito argomento di tutte le aggressioni
coloniali: bisognava proteggere gli irakeni dalle atrocità della
dittatura saddamista, come alcuni decenni prima bisognava liberare gli
schiavi dal Negus. Hanno avuto una sola accortezza in questo squallido
compito: invece di definire l’aggressione come un intervento di
civilizzazione, l’hanno battezzata come ingerenza umanitaria. E tutta
la grottesca discussione sulle colpe di Saddam si svolgeva nel mentre
perfino l’uomo della strada sapeva di un certo petrolio.

ONU GARANTE DI LIBERTA’, DEMOCRAZIA E SICUREZZA…DEL CAPITALE EUROPEO.

L’Onu non ha ritenuto di dover avallare la seconda aggressione
all’Irak, nella quale gli Usa intendevano svolgere la parte leonina
portandosi dietro un po’ di sciacalli (la metafora l’abbiamo rubata
all’arcivescovo Nogaro di Caserta). Questa impennata ha ridato fiato
alle trombe del pacifismo istituzionale per opporre al cosiddetto
movimentismo la possibilità di fare politica con strumenti “credibili”.

La seconda aggressione faceva seguito a quella contro l’Afghanistan,
che fu giustificata come reazione all’attentato alle Twin Towers.
Contro i talebani gli Usa si portarono dietro anche l’Europa tutta. Nel
preparare il nuovo attacco a Saddam gran parte del mondo si è opposto:
in particolare, i governi francesi e tedeschi, nonché russi e cinesi. I
pacifisti istituzionali hanno voluto (far) credere che quindi, alla
lunga, la vocazione pacifista emerge anche nell’Onu.

Facciamo allora un giochino per bambini scemi. Dubitiamo per un momento
sulla vera vocazione del governo francese, tedesco, nonché russo e
cinese. Non diciamo cioè subito che sono guerrafondai anche essi,
nonostante la prima aggressione all’Irak. Ma dubitiamo anche in senso
contrario, perché questi precedenti ci sono, e non solo: la Francia è
ben nota per le sue anche attuali prodezze in Sierra Leone e in Ruanda,
la Russia in Cecenia, e un po’ tutti mantengono truppe di occupazione
in varie parti del mondo. Puntiamo invece la nostra attenzione sul
fatto più eclatante: gli Usa corrono per la prima volta il rischio di
contrapporsi ai loro alleati europei. E’ una scelta gravissima, che non
può avere come spiegazione l’improvvisa vocazione pacifista di gente
come Chirac. Neanche un bambino (non scemo) ci crederebbe e, per quanto
non marxista che cerca sempre il pelo nell’uovo, si sforza di capirci
un po’ di più. Questa volta, però, pur assumendo il petrolio come punto
di riferimento, non può fermarsi qui: anche nel 1991 c’era l’obiettivo
petrolio dell’Irak, ma lo stesso fu perseguito, volens nolens, da tutti
i compari.

La domanda è allora: perché questa volta sono solo gli Usa a voler
aggredire l’Irak, mentre addirittura Francia e Germania si oppongono?
E’ dall’esito di questa domanda che si può stabilire o meno un punto di
contatto tra oppositori statali degli Usa e movimento contro la guerra.
Altrimenti, la tattica, per quanto si ammanti di realismo, sarà solo
una “scommessa immaginifica”: nel migliore dei casi, va da sé.

La risposta –come dice William Clark- è semplicemente stupefacente,
anche se –aggiungiamo noi- abbastanza già nelle righe. Riportiamo
testualmente una parte di quanto l’intellettuale australiano ha scritto
per la rivista “la Contraddizione”:

“In realtà, il governo Usa vuole prevenire ulteriori spostamenti delle
transazioni valutarie sul petrolio da parte dell’Opec verso l’euro, e
per impedire ciò punta al controllo territoriale dell’Irak. Un anonimo
commentatore così parla della verità non detta: ‘Il più grande incubo
della Fed è nel possibile spostamento dell’Opec, per le sue transazioni
internazionali, dal riferimento al dollaro a quello dell’euro.
Effettivamente l’aveva già effettuato nel novembre 2000 (quando l’euro
era quotato intorno agli 80 centesimi al dollaro), scommettendo sulla
continua svalutazione del dollaro sull’euro’.

“Saddam ha siglato la sua condanna decidendo di passare all’euro, alla
fine del 2000, e –dopo- quando ha convertito in euro il suo fondo di
riserva di 10 miliardi di dollari presso l’Onu. A quel punto la seconda
guerra del golfo da parte di Bush jr era inevitabile. La continua
svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro, dalla seconda metà
del 2001, ha comportato un notevole guadagno per l’Irak a seguito
dell’operazione fatta. Da allora l’euro ha guadagnato parecchi punti
percentuali, la qual cosa si applica anche ai fondi Onu “petrolio per
cibo”, precedentemente calcolati in dollari.

“Bush vuole un governo fantoccio in Irak, ossia tramite esso il
complesso industriale militare vuole restaurare stabilmente il
riferimento al dollaro (auspicando che l’Opec metta un veto su
qualsiasi tentativo di spostamento verso l’euro, a cominciare
dall’Iran, secondo produttore Opec, che sta considerando l’eventualità
di tale passaggio). Inoltre, nonostante la datata amicizia verso gli
Usa da parte dell’Arabia Saudita, il regime saudita sembra sempre più
debole ed esposto a rivolte popolari, tanto che una ‘rivoluzione
saudita’ potrebbe costituire una risposta all’impopolare invasione Usa
in Irak.

“Il governo neo-conservatore di Bush, essendo consapevole di questi
rischi, punta a una presenza militare permanente nella regione del
golfo persico del dopo Saddam, qualora dovesse fronteggiare una rivolta
antioccidentale nei campi petroliferi sauditi. Tutto ciò che va al di
là della questione della valuta di riferimento, e dei problemi
petroliferi dell’area, è secondario. Lo scontro dollaro-euro è grande
abbastanza da far correre il rischio di un riflusso economico nel breve
termine, pur di allontanare nel lungo il collasso del dollaro a seguito
di uno spostamento Opec dal dollaro all’euro. In questo ‘grande gioco’
ci rientrano Russia, India e Cina.”

Quindi, a tutta evidenza non ci troviamo assolutamente di fronte ad
un’opposizione pacifista nell’Onu, rectius, nel suo Consiglio di
Sicurezza. A maggior conferma, è venuta la posizione assunta da questi
all’indomani dell’occupazione dell’Irak. L’Onu, cioè gli europei che
avevano votato contro l’aggressione, ha legittimato l’infame
occupazione.

Stabilito chi sono gli ondivaghi del Consiglio di Sicurezza e quali
sono i loro reali interessi in contrapposizione a quelli usamericani,
il voto favorevole all’occupazione è una chiara risposta alla cauta
apertura degli occupanti. Questi hanno lasciato più volte intendere,
soprattutto man mano che aumentavano le difficoltà di gestione
dell’Irak, di voler insediare un condominio: a patto che la direzione
fosse americana. Gli europei hanno risposto di essere disponibili a
co-gestire la torta, a patto di essere parte della direzione. Sulla
questione è dunque iniziato un lungo braccio di ferro, che gli europei
pensano di poter vincere, potendo contare sulle crescenti difficoltà
dell’occupazione e sulla vittoria dei democratici alle prossime
elezioni di novembre negli Usa.

In questa partita non c’è spazio per il movimento della pace, che punta
sull’autogoverno degli irakeni, giacché il risultato finale (chiunque
vinca) non sarà mai il ritiro delle truppe di occupazione. Illazione?
Si veda allora quanto è successo in Bosnia e in Kosovo, dove il
protettorato si protrae ancora oggi e cioè a distanza di molti anni
dalla fine delle cosiddette ostilità. Eppure qui l’unilateralismo
statunitense è bilanciato dai paesi “pacifisti” europei. O no?

D’altra parte, che i pacifisti istituzionali nell’invocare la presenza
Onu in Irak intendono sostenere le ragioni dell’Europa è dimostrato
dalla loro posizione a favore di quest’ultima. Tutti i pacifisti che
parlano di Onu sono ferventi sostenitori dell’Europa; i più accorti,
per via della la loro esposizione al movimento, sostengono un’Europa
contaminata dal “sociale”.

Noi continuiamo a sostenere, ovviamente assumendo sul serio l’obiettivo
del ritiro delle truppe, che uno dei passaggi realistici del movimento
è la delegittimazione dell’Onu. Questo passaggio –si obietterà- è
perseguito anche dagli Usa. E’ vero, ma non perché gli oppositori, nel
Consiglio di Sicurezza, ai suoi piani siano paesi deboli e/o oppressi.
Da questa opposizione può nascere o un compromesso a danno dei paesi
deboli e/o oppressi o una nuova grande guerra.

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