Parigi mette a tacere Peter Handke

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http://www.blic.co.yu/danas/broj/E-Index.htm#9

Blic (Serbia e Montenegro) - 28 aprile 2006

Lo scrittore austriaco Peter Handke in Kosovo

"Questo è un universo di dolore"

Schierandosi dalla parte della giustizia, come egli stesso ha detto,
e sempre con le vittime, lo scrittore austriaco Peter Handke alcuni
giorni fa ha visitato il Kosovo.
Nei pressi delle case incendiate delle famiglie Nikolic, Kostic,
Bozanic e Bandic, nei villaggi di Retimlje ed Opterusa presso
Orahovac, Handke ha detto: "Questi sono universi di dolore. Io non ho
il diritto di parlare. Starò in silenzio, devo stare in silenzio.
Grazie per avermi dato la possibilità di vedere questo orrore in
prima persona. Questo non è il 21esimo secolo."
Insieme ad un gruppo di scrittori locali e stranieri, Handke ha
visitato i luoghi più martoriati del Kosovo sotto il patrocinio del
Centro di Coordinamento. "Era senza parole ma ha promesso di
raccontare, a modo suo, l'orrore a cui sono sottoposti i serbi
kosovari", ha detto l'organizzatore della visita, Ranko Djinovic.
"Vivendo come terribile il fatto che una madre non possa trovare la
tomba del figlio in un cimitero devastato, quello di Retimlje, Handke
ha preso le difese di una donna serba che in quel momento era
aggredita verbalmente da albanesi.
È riuscito ad ottenere di essere condotto in elicottero dal
comandante della KFOR austriaca per continuare la visita, ma è
rimasto sconvolto nell'assistere alla sassaiola contro un convoglio,
nel centro di Decani, nonostante la scorta, ed un minuto dopo mentre
si avvicinava al monastero di Visoki Decani", ha detto Djinovic.
Handke è ripartito ieri ma ha promesso di ritornare presto con un
numero ben più grande di scrittori di reputazione mondiale nonostante
le minacce che ha ricevuto, "allo scopo di risvegliare questo mondo
che dorme".

(FORSE ANCHE QUESTA INTENZIONE DI HANDKE HA SPAVENTATO I CENSORI
FRANCESI, CHE "COPRONO" I POGROM IN ATTO DA 7 ANNI IN KOSOVO CON I
LORO PREGIUDIZI SLAVOFOBI E LA LORO INDIFFERENZA DA COLLABORAZIONISTI
DI VICHY? ndCNJ)

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http://www.ilmanifesto.it/

il manifesto, 5 Maggio 2006

Insulti alla Comédie française e al pubblico

Teatro
Dalla Francia un pericoloso precedente di censura

Gianfranco Capitta

Censura in senso stretto, non se ne ricorda in Italia da tempo, se si
esclude un infelice episodio a Siracusa nel 2002, quando il
forzitaliota Micciché, avendo letto sul Corriere che nelle Rane di
Aristofane al Teatro Greco per la regia di Luca Ronconi sarebbero
apparsi in quanto rappresentanti del potere pubblico, come indicato
dal testo di 2500 anni fa, i volti di Berlusconi Fini e Bossi, si
arrabbiò e pretese che quelle facce non apparissero. Perfino Dario Fo
al Piccolo teatro, se ha avuto qualche scaramuccia preventiva sul suo
Anomalo Bicefalo, era perché raccontava di Berlusconi, e il primo a
difenderlo è stato il direttore dell'ente milanese Escobar. La
censura da noi si è fatta insomma di merito, all'interno di una
creazione artistica, come ogni tanto è stato lì lì per accadere per
qualche artista, soprattutto visivo, che faceva vedere quello che non
doveva apparire. La decisione censoria del sovrintendente della
gloriosa Comédie Française, è però ancora più grave, perché fa
esplodere sui giornali e in rete quello che era una abitudine morbida
e «normale», pratica quotidiana che ovunque viene condotta senza
tante polemiche e chiacchiere. In Italia questi cinque anni di
governo berlusconiano hanno reso indolore la censura e l'autocensura,
l'oscuramento l'allontanamento e la rimozione non di chi fosse
«filoserbo», ma di chi solo non fosse schierato col capo e con i suoi
amici. Nei programmi dei teatri e delle istituzioni, per venire tanto
nettamente quanto «dolcemente» esclusi non è stato certo necessario
pensarla come Handke, ma solo differentemente dagli eroi del
Bagaglino. L'esempio più grossolano sono le minacce assai volgari e
gridate alla prossima Biennale teatro. E non c'è Handke in programma,
ma solo Goldoni e Gozzi di cui si incrociano i centenari: il
direttore però, Maurizio Scaparro, ha partecipato poco prima delle
elezioni a un dibattito (proprio sui tagli...) indetto dai Ds, e
questo è inaccettabile per il governatore veneto Galan. Lo scandalo è
esploso invece a Parigi perché la Francia, con tutti i suoi
condizionamenti politici, i suoi schieramenti e i suoi giochi di
potere, poi alle forme ci crede, così come alle istituzioni e ai suoi
fondamenti. Per secoli la Comédie ha rappresentato solo classici di
autori defunti da un pezzo, e solo recentemente si era aperta alla
contemporaneità. Tra l'altro, benché il sovrintendente abbia un
grande potere, quel teatro nazionale vede gli attori come
societaires, corresponsabili di tutte le scelte. E il motivo della
censura non sta nel testo, che come molti di Peter Handke sarà bello
e molto teatrale, tanto più se diretto da un regista di rango come
Bruno Bayen. Il suo comportamento ai funerale di Milosevic diventa il
pretesto per l'ennesimo eccesso di malinteso politically correct.
Quasi che le posizioni di Handke rispetto al paese che ben conosce,
non siano note e manifeste da sempre, oltre che lecite anche per chi
non le condividesse.
Alla fine di questa travagliata era Chirac, cade un altro baluardo
dei principi del 1789. Ma il problema, come dicono i moltissimi blog
e buona parte della stampa, non è Handke, quanto il narcisismo del
sovrintendente Bozonnet, che spera di passare così infaustamente dal
palcoscenico alla storia. Qualche anno fa anche Pinter fu attaccato
per aver avanzato dubbi sulla legittimità del tribunale dell'Aja, ma
a nessuno venne in mente di proibirne la rappresentazione dei testi.
Ora a Parigi, il titolo forse più famoso di Handke, Insulti al
pubblico, si trasforma in un mesto insulto alla libertà.

il manifesto, 5 Maggio 2006

Parigi mette a tacere Peter Handke

La Comédie française cancella dal cartellone del teatro la pièce
dello scrittore austriaco, «Ha partecipato ai funerali di Milosevic».
Polemiche e proteste, ma ieri è arrivata la conferma dell'esclusione
Il testo dell'opera «Voyage au pays sonore ou l'arte de la question»
è del 1989 e non parla di Jugoslavia. Handke si dice «disgustato»
dalla censura. Nobel, scrittori e registi schierati con lo scrittore

Anna Maria Merlo

Parigi - Ieri mattina, l'amministratore generale della Comédie
française, Marcel Bozonnet, ha precisato le ragioni che lo hanno
spinto a deprogrammare dal cartellone del teatro del Vieux Colombier
per la stagione 2006-2007 la pièce dell'autore austriaco Peter
Handke, Voyage au pays sonore ou l'art de la question: «Quando ho
letto che era andato al funerale di Milosevic e letto cosa aveva
detto, sono rimasto secco. Peter Handke non sa dov'è il mondo, dov'è
la verità, non crede alle testimonianze, è questo che ha detto sulla
tomba di Milosevic. In un teatro non si fa venire chicchesia, ma chi
si stima e al quale è possibile stringere la mano. Non sono un
censore, perché non sono un prefetto, e solo il ministro degli
interni potrebbe decidere la censura». Per Bozonnet, «andare al
funerale è stato un gesto molto forte. Stupefacente. Rispetto il
principio della separazione dell'uomo e dell'opera. Ma in questo
caso, non posso».
Nei fatti, viste le regole che vigono per il Vieux Colombier, la
pièce di Peter Handke resta quindi deprogrammata, perché è
l'amministratore generale che decide da solo, mentre per gli altri
due teatri della Comédie française (sala Richelieu e Studio-Théâtre)
c'è un voto al consiglio di amministrazione. E in questa sede, alcuni
hanno criticato la decisione di Bozonnet. Ieri, Handke si è detto
«disgustato» dal caso e afferma di «non aver mai avuto posizioni
negazioniste. Perché non si aprono i miei libri invece di accusarmi?
Ho scritto sulle vittime serbe perché nessuno aveva scritto su di esse».
Il testo del Voyage non ha nulla a che vedere con la Jugoslavia e la
sua tragica storia. È stato pubblicato in tedesco nell'89, quindi
prima della fine dell'ex Jugoslavia, poi tradotto in francese nel
'93. Un anno fa, era stato proprio Bozonnet a scegliere la pièce di
Peter Handke, con la regia di Bruno Bayen, che ne è anche il
traduttore, prevista al Vieux Colombier dal 17 gennaio al 24 febbraio
2007. Bozonnet afferma di aver cambiato idea quando ha saputo, da un
breve articolo apparso sul Nouvel Observateur il 6 aprile scorso, che
Handke si era recato, il 18 marzo, ai funerali di Milosevic a
Pozarevac, in Serbia, e dopo aver letto quello che lo scrittore aveva
affermato in un breve intervento: «Il presunto mondo sa tutto su
Milosevic. Il presunto mondo conosce la verità. Per questo il
presunto mondo è assente oggi, e non solo qui e non solo oggi. Io non
so la verità. Ma guardo. Sento. Provo. Mi ricordo. Domando».
Sulla rivista tedesca Focus, Handke ha spiegato le ragioni della sua
presenza a Pozarevac: a causa delle «reazioni unanimamente ostili dei
media occidentali» e a causa del «linguaggio» usato nei confronti
dell'ex presidente serbo. «No, Slobodan Milosevic non è un dittatore
- ha scritto Handke su Focus - No, Slobodan Milosevic non può essere
definito il boia di Belgrado. Il motivo principale del mio viaggio
era di essere testimone. Testimone né nel senso dell'accusa né in
quello della difesa».
La decisione di Bozonnet ha sollevato una forte polemica nel mondo
intellettuale europeo. La scrittrice austriaca, premio Nobel,
Elfriede Jelinek, scrittori come Patrick Mondiano e Patrick Besson,
registi di teatro e di cinema, come Luc Bondy e Emir Kusturica, hanno
firmato una petizione, a cui ieri si sono aggiunti i nomi della casa
editrice tedesca Suhrkamp e del sovrintendente del Berliner Ensemble,
Claus Peymann, dove denunciano la «censura» contro Handke.
Elfriede Jelinek, in una lettera a Le Monde, accusa la Comédie
française di inserirsi «nella peggiore tradizione di quelle
istituzioni culturali che, ai tempi delle dittature, mettono al bando
gli artisti imbarazzanti e li condannano al silenzio».
In un testo che pubblica Le Monde di oggi, il regista e traduttore
Bruno Bayen denuncia la «decisione settaria» di Bozonnet, che
«pretende designare, al posto degli artisti e del pubblico, chi sta
dalla parte dei buoni e chi dei cattivi». Per Bayen, è una decisione
controproducente: «A chi serve l'annullazione della pièce? Chi
rafforza?».
Emir Kusturica, su Libération, ironizza: «Considerando questa
proibizione, d'ora in avanti gli autori dovranno inserire nelle
propria nota biografica i funerali a cui hanno assistito? Quelli a
cui non sono andati?». Invece, Jacques Blanc, direttore del teatro di
Brest, propone a tutti i direttori di teatro europei di «sospendere»
le rappresentazioni di opere di Peter Handke per una stagione:
«Difendo in assoluto l'idea di mantenere, costi quel che costi, le
rappresentazioni teatrali come ultimo baluardo dello scambio
dell'essere con l'essere in un mondo dove la tecnologia sta per
ottenere una vittoria totale. Sono contro tutte le annullazioni. Ma
ogni assoluto ha la sua eccezione e l'eccezione qui si chiama crimine
contro l'umanità». Per Jacques Blanc, gli europei «devono condannare
con questo gesto ogni assenso a una politica di purificazione etnica,
religiosa e culturale».
Il ministro della cultura, Renaud Donnedieu de Vabres, è imbarazzato.
Ieri ha scritto una lettera a Marcel Bozonnet, dove afferma che
«avrebbe potuto essere utile far ascoltare» le domande poste dalla
pièce di Handke. «Benché comprenda e rispetti la sua posizione di
cittadino - scrive Donnedieu de Vabres - non posso che prendere atto
della sua decisione». Per il ministro il Voyage «opera ben nota, pone
domande di portata universale ai nostri contemporanei, che in questi
tempi agitati avrebbe potuto essere utile far sentire al pubblico,
provenendo da un autore di reputazione internazionale».

il manifesto, 5 Maggio 2006

Elfriede Jelinek

La dittatura delle istituzioni culturali

Tra i firmatari del manifesto «Contro la censura dell'opera di Peter
Handke», anche il premio Nobel per la letteratura Elfriede Jelinek.
«Sono inorridita - ha dichiarato la scrittrice austriaca - dal fatto
che la Comédie-Française possa comportarsi come un'autorità censoria
e ritirare dal suo programma una pièce di Peter Handke per togliere
allo scrittore, a causa delle sue posizioni prosebe, la sua
«visibilità pubblica».
Nel non mettere in scena la sua pièce per queste ragioni, la Comedie-
Française, in passato così ricca, si iscrive nella peggiore
tradizione di quelle istituzioni culturali che, in tempo di
dittatura, accantonano gli aristi «fastidiosi» e li condannano al
silenzio. Chiunque impedisca a un artista di fare il proprio mestiere
(e di presentare le sue opere al pubblico) commette un crimine non
solo contro quel poeta, ma contro l'intero pubblico. Un comportamento
di questo genere è di certo il meno appropriato per rendere giustizia
alle vittime del regime di Milosevic».

il manifesto, 5 Maggio 2006

«La libertà deve essere totale»

Cristina Piccino

Roma - Ora è ufficiale. Voyages au pays sonore ou l'art de la
question non sarà nel cartellone della stagione 2006/7 della Comedie
française. Michel Bozonnet, amministratore generale della Comedie, ha
confermato ciò che già si sapeva da giorni. Il testo di Peter Handke
che doveva essere messo in scena da Bruno Bayon è stato tolto perché
Handke ha partecipato ai funerali di Slobodan Milosevic. Nulla dunque
che riguarda il testo stesso scritto tra l'altro nell'89, prima della
guerra nella ex-Jugoslavia - il che sarebbe già atroce - ma una
censura sulla persona e sulle sue opinioni senza nessuno spazio di
discussione.
«Da direttore di teatro, nella mia esperienza all'Argentina di Roma,
l'ultima cosa che potevo pensare era l'esercizio di una qualsiasi
forma di censura. Ho l'impressione però che questo episodio sia il
sintomo di qualcosa di più grande» dice Mario Martone, regista di
teatro e di cinema, che ha lavorato sul conflitto nella ex-Jugoslavia
in Teatro di guerra «Questa storia ci dice infatti che la guerra
nella ex-Jugoslavia con tutto quanto ha comportato è ancora oggi un
problema irrisolto nella coscienza europea. Uscirei allora dalla
censura, è ovvio che nessuno è felice se un testo viene censurato a
teatro o altrove, che siamo tutti contro la censura ... Qui però la
censura è la rimozione di un cratere mai colmato e occultato da
tragedie planetarie venute dopo, l'11 settembre, la guerra in Iraq,
che continua a essere una grande ferita per tutti. In Teatro di
guerra parlavo di un vuoto nella discussione sulla ex-Jugoslavia che
è rimasto tale. Anche chi ha lavorato a lungo su questo oggi ha
gettato la spugna. L'occultamento però non ha guarito il trauma, era
una guerra che riguardava il cuore dell'Europa, c'erano nodi
fondamentali, la chiesa, il comunismo, i confini europei che non sono
mai stati sciolti. Questo episodio ci dice che è come se dovessimo
ancora tornare lì. Handke ha scelto una posizione coraggiosa anche se
non condivisibile, ma questo ovviamente non vuol dire censurarlo».
«D'istinto oggi sono forse la persona meno indicata a commentare i
rapporti con le istituzioni visto che per avere partecipato a un
incontro sui tagli del Fus (il fondo unico dello spettacolo, ndr), mi
hanno tolto i fondi della Biennale» dice Maurizio Scaparro, regista e
direttore della Biennale teatro di Venezia, finito nel mirino di
Galan, presidente della regione Veneto per avere preso una posizione
critica sui tagli alla cultura. «La libertà deve essere totale. Mi
auguro che ci ripensino, altrimenti si crea un brutto precedente. Le
scelte e i comportamenti personali non devono diventare un motivo di
censura. Fanno male i direttori delle istituzioni a sposare questo
atteggiamento, non pensano al danno che causano. Viviamo momenti
strani, ma una scelta del genere è abnorme. Non la si può scusare in
nessun modo, la libertà è la prima cosa nel rapporto con le
istituzioni. Poi si può essere in disaccordo con le idee di un altro,
ovviamente, ma questo deve rimanere un fatto personale, non può
diventare una scelta di censura pubblica».
«La libertà è libertà e è una sola. Certo che avrei lasciato nel
cartellone il testo di Handke, declinare la libertà è complicato, e
l'arte non può essere soffocata con un gesto così drammaticamente
violento» dice Ninni Cutaja direttore del Mercadante, lo stabile di
Napoli. «Non permettere a un'opera di andare in scena è sempre un
gesto politicamente non corretto. Penso che abbiamo la responsabilità
di accogliere un artista, anche se non ci piace fino in fondo, e
soprattutto una decisione come quella presa alla Comedie française
può essere spunto per altre nefandezze. Si può criticare la scelta di
Handke di partecipare ai funerali di Milosevic ma separarei l'uomo
dalla sua arte».
«L'arte è libertà e questo non bisogna mai dimenticarlo. E un artista
per sensibilità è più attento al mondo, alla violenza, alle
persecuzioni, sa capire e intuire chi sono i 'dittatori' in questo
momento storico nel quale tutto è ambiguo e rischia di essere
mascherato» dice Pippo Delbono, regista molto amato in Francia. «Mi
avevano chiamato tempo fa alla Comedie proponendomi di fare un testo
di Brecht. Quando gli ho detto che volevo la massima libertà per
metterlo in scena la cosa non ha più avuto seguito. Alla Comedie c'è
un comitato che deve decidere i testi, una commissione che valuta se
sono conformi ai criteri artistici del loro repertorio, incarnano
insomma un conservatorismo culturale che è molto poco democratico.
Quanto a Handke, si potrebbe dire lo stesso per chi è andato ai
funerali del papa... O a quelli di Bush anche se non è ancora morto.
L'arte aiuta a scoprire i veri criminali che oggi si camuffano da
politici, che sono dentro a figure poco chiare della democrazia.
Questa censura è assurda. E mi ricorda la stessa malattia che porta
alla mancanza di democrazia».