(italiano / english)
NO WAR Assembly of July 15, 2006
=== ITALIANO ===
Assemblea NO WAR del 15 luglio 2006
Straordinario il successo dell'assemblea autoconvocata dei movimenti contro la guerra "senza se e senza ma", per il ritiro delle truppe dall'Iraq e dall'Afghanistan, che si è svolta al centro congressi Frentani di Roma il 15/7/2006. Hanno preso parte all'assemblea oltre 1000 persone in un clima di caloroso entusiasmo. Applauditissimi, tra gli altri, gli interventi di Claudio Grassi (senatore, area PRC Essere Comunisti), Cannavò (deputato, area PRC Sinistra Critica), Cremaschi (noto sindacalista), Bulgarelli (Verdi) e di Gino Strada (Emergency), in collegamento telefonico da Kabul. Oltre a quelli di Beppe Grillo (attore) e padre Alex Zanotelli, è giunto a sorpresa l'intervento dal palco di Dario Fo (premio Nobel per la Letteratura) che ha catalizzato l'entusiasmo generale dell'assemblea, conclusasi con l'approvazione di un documento finale che riportiamo di seguito. A giudizio di tutti i presenti l'assemblea ha rilanciato in grande stile il movimento contro la guerra. Ne sentivamo davvero il bisogno! Mentre le pressioni sui senatori continuano a crescere, il dibattito parlamentare è iniziato lunedi 17 luglio.
Documento conclusivo dell’assemblea autoconvocata di Roma del 15 luglio
“NO alla guerra senza se e senza ma. Via dall’Iraq, via dall’Afghanistan”
Ci siamo riuniti oggi in tanti, pacifisti e pacifiste, esponenti dei movimenti e delle associazioni contro la guerra, sindacalisti, parlamentari, uomini e donne di partito, per dire una cosa semplice e netta: no alla guerra “senza se e senza ma”.
Il nostro grido giunge mentre in Medio Oriente una nuova, vecchia, guerra riemerge violentemente con l’uso indiscriminato delle bombe sui civili, con il terrore di Stato, con la chiusura unilaterale del dialogo e della trattativa. Una guerra che si aggiunge alle tante contro cui ci battiamo da sempre, dall’Iraq all’Afghanistan. La guerra, sempre più, si presenta come strumento privilegiato degli Stati più forti e dei potenti della Terra, a partire dalle grandi multinazionali, per costruire un “ordine” internazionale fondato sul dominio e l’oppressione che a loro volta generano morte, miserie e sempre più marcate povertà. La guerra si erge, quindi, a sistema politico globale sia nella sua versione più spregiudicata, l’unilateralismo statunitense, sia nella versione temperata del multilateralismo a copertura Onu e a guida Nato.
È contro questa guerra che noi intendiamo batterci senza mediazioni perché sulla guerra non si può mediare né, tanto meno, ridurre il danno. Se la guerra è un sistema di dominio e di oppressione – che non serve a ridurre o a depotenziare i fenomeni terroristici come la storia degli ultimi cinque anni dimostra – il NO alla guerra è fondativo di un’identità politica collettiva che ha preso le mosse nelle manifestazioni contro la guerra del Kosovo e poi contro la “guerra infinita e preventiva” in Afghanistan e in Iraq.
C’è un filo che lega queste mobilitazioni, un filo che non intendiamo spezzare.
Per questo vogliamo proporre a tutto il movimento un nuovo corso, un rilancio della nostra iniziativa per non rassegnarci né smobilitare, per mantenere una coerenza di fondo anche nelle scelte politiche contingenti siano esse di natura istituzionale o meno. Un nuovo corso che sia basato su alcuni punti essenziali:
1) Solidarietà al popolo palestinese per la costituzione di uno Stato laico e democratico sui Territori occupati nel 1967 e con Gerusalemme capitale. Questo obiettivo per essere realizzato ha bisogno di alcune condizioni sostanziali: l’immediato cessate il fuoco, il ritiro di Israele dai Territori occupati, lo smantellamento del Muro, lo sblocco degli aiuti europei al legittimo governo palestinese. Il governo italiano deve impegnarsi su questi punti a cominciare dalla revisione dell’accordo di cooperazione militare con Israele e dalla richiesta di un intervento di interposizione dell’Onu nei Territori occupati.
2) Via dall’Iraq e via dall’Afghanistan. L’occupazione militare di questi Paesi non costituisce la soluzione di un problema ma rappresenta il problema. L’Italia deve farsi portavoce di un’iniziativa di pacificazione e di impegno in direzione della cooperazione e della solidarietà civile. Questo significa contrastare il ruolo di gendarme mondiale della Nato a cominciare dalla revisione degli accordi di Washington del 1999.
3) Via le basi militari e via il nucleare dal suolo italiano;
4) Riduzione delle spese militari con la completa revisione del nuovo modello di Difesa che prevede l’incremento di missioni militari all’estero, per una politica di disarmo e per la riconversione dell’industria bellica senza penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici.
Questo appello deve vivere nelle iniziative che sapremo realizzare sia a livello parlamentare sia, soprattutto, a livello sociale, a cominciare dalle mobilitazioni delle prossime settimane. Il movimento per la pace rappresenta ancora oggi la maggioranza civile di questo paese. È nostro dovere dargli voce, offrirgli gli strumenti per esprimersi, costruire un nuovo slancio unitario e radicale perché la guerra sia bandita dalla Storia.
ALTRI REPORTAGE, FOTO, ED ALCUNI DEGLI INTERVENTI IN ASSEMBLEA, AL SITO:
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=53&did=395
Le adesioni internazionali
Con l'assemblea di Roma e, più in generale, con la battaglia che stanno conducendo gli 8 senatori "no war" contro il rifinanziamento della missione militare italiana in Afghanistan, hanno solidarizzato singoli, associazioni e formazioni politiche di ogni parte del globo.
Tra gli intellettuali impegnati contro la guerra si è espresso per primo Noam Chomsky, che apprezzando la "coerenza" della presa di posizione degli 8 senatori, ha voluto ricordare l'arbitrarietà con cui la NATO dopo la fine della Guerra Fredda si è auto-affidata compiti che peraltro contravvengono ai patti stipulati al momento della caduta del Muro di Berlino. Una lettera di Walden Bello, premio Nobel alternativo 2003, indirizzata "ai nostri 8 coraggiosi senatori", scende in dettaglio sul ruolo delle forze di occupazione straniere in Afghanistan, ruolo che viene duramente stigmatizzato. Anche secondo l'economista e studioso della globalizzazione Samir Amin, "è il tempo delle scelte nette e della coerenza". I noti intellettuali francesi Georges Labica e Patrick Theuret hanno espresso anche loro solidarietà e sostegno.
Alcune organizzazioni di spicco nell'ambito del movimento internazionale per la pace, oltre ad esprimere il loro sostegno a questa lotta in corso in Italia hanno contribuito alla diffusione delle notizie su di essa nei loro rispettivi contesti. L'International Action Center, organizzazione trainante del movimento per la pace negli USA presieduta dall'ex ministro della giustizia Ramsey Clark, ritiene che "c'è una alleanza tra gli USA e le potenze coloniali dell'Ottocento che attualmente costituiscono la NATO, la quale cerca di imporre il dominio straniero sul popolo dell'Afghanistan", e saluta il grande movimento di massa che in Italia fa sentire la sua voce contro la guerra in ogni occasione importante. Il Consiglio Mondiale per la Pace, storica struttura cui afferiscono centinaia di organizzazioni di moltissimi paesi, ha aderito sia nella sua veste internazionale, ricordando come "il diritto internazionale e la Carta dell'ONU sono stati violati più di una volta (...) dal potente sceriffo mondiale e dai suoi alleati", sia attraverso le sue diramazioni locali, dal Bangladesh (Peace Council "Mukti Bhaban"), al Brasile (CEBRAPAZ), al Canada. Il Congresso per la Pace del Canada chiede che anche tutte le truppe canadesi siano ritirate dall'Afghanistan, e annuncia che "i canadesi manifesteranno in tutto il paese il 28 ottobre 2006 con lo slogan: Fuori dall'Afghanistan, fuori da Haiti, riportiamo le truppe a casa adesso!".
Il Centro Anti-NATO dei Balcani (BAN-c), che rappresenta movimenti attivi in Albania, Bulgaria, Grecia, Romania, Serbia e Turchia, ha inviato un messaggio di sostegno, così come una sua filiazione rumena, i Sibienii Pacifisti - pacifisti di Sibiu, militanti antimilitaristi della città capoluogo della omonima provincia della Romania. Quest'ultima associazione, oggi attiva soprattutto in battaglie anti-imperialiste quale quella contro l'allargamento ad est della NATO (la Romania è in procinto di entrarvi), è fortemente radicata tra i lavoratori e gli operai di questo importante centro tessile e minerario. Ancora dalla Romania si sono mobilitati l'associazione Critica Sociala e numerosi esponenti del Partito dell'Alleanza Socialista (affiliato alla Sinistra Europea). Tra i politici ricordiamo anche la significativa adesione di 3 europarlamentari greci. Alcuni partiti hanno fatto pervenire la loro solidarietà agli 8 senatori italiani; tra questi, forze importanti quali l'AKEL di Cipro, il Partito Comunista Indiano (Marxista), che è stato animatore del recente Forum Sociale di Mumbai, il partito comunista di Ungheria. E poi le gioventù comuniste di Grecia (KNE), Repubblica Ceca (KSM), Austria (KJOe). Sempre dall'Austria è pervenuta l'adesione della Sinistra del Sindacato dei lavoratori dipendenti del settore privato, della importante Federazione della Stiria del locale partito comunista, e di Iniziativa Comunista dell'Austria.
Sono pervenute infine svariate adesioni da organizzazioni di movimento, ad esempio dalla Grecia (Campagna Genova 2001, coalizione Stop the war, ...) e dal Belgio (coalizione StopUSA, Movimento cristiano per la pace, ...).
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Assemblea NO WAR del 15 luglio - Intervento di Claudio Grassi
L'aggressione del governo di Israele al Libano e al popolo palestinese è una vergogna mondiale. Ed è una vergogna il fatto che tutti quelli che ci criticano poiché saremmo filopalestinesi, non dicano una parola sul veto che gli Usa hanno messo ancora una volta all'Onu per evitare una – seppur timidissima – condanna ad Israele. Esprimiamo vicinanza alla lotta del popolo palestinese, continueremo a batterci assieme a loro perchè abbiano una terra in cui vivere. Chiediamo che venga abbattuto il muro della vergogna. Chiediamo che il Governo italiano interrompa l'accordo militare con il Governo israeliano.
Si intima a noi, parlamentari che abbiamo espresso contrarietà al disegno di legge sulle missioni militari, di rispettare il programma dell'Unione. Noi rispondiamo che è il Governo che non sta rispettando il suo programma. Per due motivi:
1) Nel programma c'è scritto che le missioni militari non sarebbero più state votate in blocco come era avvenuto con il Governo Berlusconi. Questa è stata una pressante richiesta della sinistra di alternativa per tutta la passata legislatura. Perchè anche il Governo Prodi ce le fa votare tutte assieme? Perchè abbiamo rinunciato a mettere in pratica una cosa scritta nel programma? Quindi è il Governo e non noi che non rispetta il programma!
2) Nel programma, sull'Afghanistan, non vi è scritto nulla poiché si sapeva che su quel punto non vi era accordo tra le forze dell'Unione. Perchè dovremmo accettare un disegno di legge che ricalca quello del Governo precedente al punto che Fini lo considera praticamente uguale al suo? Si doveva fare una mediazione, ma questo disegno di legge non lo è. Non dimentichiamoci che nel programma c'è il rispetto dell'articolo 11 della Costituzione e la partecipazione alla guerra in Afghanistan è in contrasto con l'articolo 11!
Perchè siamo contrari a questo disegno di legge? Perchè non c'è un elemento di discontinuità con quello varato da Berlusconi. La conferma sta nel fatto che lo schieramento di destra ha deciso di votarlo. La nostra proposta era ed è semplice: anche per l'Afghanistan bisogna predisporre un calendario per il rientro delle truppe. Inseriamo questo nel disegno di legge e, automaticamente, non ci saranno i voti delle destre e l'Unione si ricompatterà. Ma proprio la “strategia d'uscita” è ciò che non si vuole, infatti D'Alema l'ha definita, con il suo solito modo raffinato, una stravaganza. A D'Alema che ci ha definito stravaganti e incoscienti vogliamo rispondere che siamo semplicemente contro la guerra. Siamo contro la guerra sia quando siamo all'opposizione, sia quando siamo al Governo. E non accettiamo lezioni di coscienza da chi ha bombardato la Serbia per oltre due mesi. Caro D'Alema vai a chiedere ai lavoratori della Zastava, che hanno avuto la fabbrica distrutta dalle bombe “umanitarie”, chi è incosciente.
Cari compagni e compagne,
chi come me in Rifondazione Comunista ha sempre sostenuto la necessità di una politica di alleanze per battere la destre non può essere accusato di insensibilità su questo. Ma ciò non giustifica il fatto che ad una missione di guerra voti contro se sei all'opposizione e a favore se sei al Governo. Questo è devastante per la nostra credibilità. Se poi il provvedimento lo vota la destra la cosa è ancor più grave.
L'iniziativa di oggi è importante per sottolineare che certe battaglie di principio non cambiano se cambia il Governo. Grazie per l'appoggio e l'aiuto che ci state dando. Il calore di questa sala ci compensa della freddezza che viviamo nelle aule parlamentari e anche dall'amarezza che ci provocano affermazioni pesanti di nostri compagni di partito. Grazie. Stiamo uniti. Ci vediamo tutti il 17 davanti al Parlamento.
15 luglio 2006
=== ENGLISH ===
NO WAR Assembly of July 15, 2006
A big success: such has been the self-convened assembly of the movements against the war "with no IF and no BUT", for the withdrawal of the troops from Iraq and Afghanistan, which took place at the Frentani Conference Center in Rome, 15/7/2006. Beyond 1000 persons took part to the meeting in an atmosphere of warm enthusiasm. So much of applause, among the others, for Claudio Grassi (senator of PRC - Party of the Communist Re-foundation, wing "To be Communists"), Cannavò (parliamentarian of PRC, wing "Critical Left"), Cremaschi (well-known trade-unionist), Bulgarelli (The Greens) and Gino Strada (Emergency), the latter linked by telephone live from Kabul. Beyond Beppe Grillo (actor) and father Alex Zanotelli, lots of attention was driven by the participation of Dario Fo (a Literature Nobel Prize) who catalyzed the general enthusiasm of the assembly. The meeting was concluded with the approval of a final document whose text is reproduced in an english translation below. Everyone among the assembly participants would agree that this has been a spectacular way to prompt anew the movement against the war... whose need had been felt so strongly by all of us!
While pressures on the "8 senators" still grow, the debate in Parliament has started on Monday, 17 July.
Conclusive document of the self-convened assembly of Rome, July 15th
"NO to the war - with no IF and no BUT. Back from Iraq, back from Afghanistan"
We gathered today, so many of us - pacifists, exponents of movements and associations against the war, trade-unionists, parliamentarians, party men and women - in order to say just one, simple and clean thing: NO to the war "with no IF and no BUT".
Our outcry rises while in the Middle East a new-old war is waged, making an indiscriminate use of bombs on civilians, with State terror, with dialogue and negotiations being unilaterally cut off. A war that comes after so many wars, and we have been always standing against each of them, from Iraq to Afghanistan. More and more, war is being used as a primary instrument by the strongest States and the powerful of the Earth, such as the great transnational corporations, in order to build an "international order" based on dominion and oppression, which both on their turn produce death, miseries, deeper and deeper poverty. War itself thus becomes a globalized political system, be it in its most unscrupulous version, i.e. U.S. unilateralism, be it in the more moderated version of multilateralism, under UN cover and NATO guide.
Against such war we want to fight, with no mediations, because nobody can "mediate", neither "reduce the damage", when dealing with war. If the war is a system of dominion and oppression - that can neither reduce nor weaken any terroristic phenomena, like the history of the past five years is demonstrating -, saying NO to the war is the constitutive act of the collective political identity which was born first in the demonstrations against the Kosovo war, and afterwards against the "infinite and preventive wars" in Afghanistan and Iraq.
There is a thread linking together all of these mobilizations, a thread that we do not intend to break.
This is why we want to propose to the whole movement a new course, a reintroduction of our initiative in order not to resign ourselves neither to demobilize, in order to maintain a basic coherence even in the contingent political choices, be they of institutional nature or not.
A new course which has to be based on some essential points:
1) Solidarity to the Palestinian people, for the constitution of a secular, democratic State on the Territories which were occupied in 1967, and with Jerusalem as the capital city. For this objective to be realized some substantial conditions are needed: the most urgent one is to cease fire, withdrawal of Israel from the occupied Territories, dismantling the Wall, delivering of the European aids to the legitimate Palestinian government. The Italian government must engage itself on these points, starting from reconsidering the agreement of military cooperation with Israel and from the demand of a UN interposition force to be stationed in the occupied Territories.
2) Back from Iraq and Afghanistan. The military occupation of these countries does not constitute the solution of a problem but makes the problem instead. Italy should become the mouthpiece of an initiative for pacification and engagement in the direction of cooperation and civil solidarity. This means, opposing to the "world-wide police" role of NATO, starting from the revision of the Washington agreements of 1999.
3) No military bases, no nuclear installations on the Italian ground;
4) Reduction of the military expenses and a complete revision of the current "new model of defense" which implies an increment of military missions towards foreign countries; for a disarmament policy and the reconversion of the war industry without detriment for its workers.
This appeal has to get vitality in the initiatives that we may realize as well at the parliamentarian level as, and above all, at the social level, beginning with the mobilizations of the next few weeks. Today, the peace movement still represents the majority of this country's population. It is our task to give it a voice, to offer to it the necessary instruments in order for it to express itself, to construct a new, unitary and radical rush, so that the war be banned, away from History, forever.
MORE REPORTS, PHOTOS AND SOME OF THE INTERVENTIONS AT THE ASSEMBLY CAN BE FOUND AT THE WEBSITE:
The international endorsements
Individuals, associations and political organizations from every part of the globe solidarized with the Rome assembly as well as, more generally, with the battle that the 8 "no war senators" have been waging against the refinancing of the Italian military mission in Afghanistan.
Among the intellectuals engaged against the war, Noam Chomsky was the first to take position. He appreciated the "coherence" of the 8 senators, and recalled the arbitrariness with which, after the end of the Cold War, NATO took tasks upon itself which do not even respect the agreements stipulated on the eve of the fall of the Berlin Wall. A letter by Walden Bello, alternative Nobel Prize 2003, addressed "to our 8 brave senators", goes into details about the role of the foreign occupation forces in Afghanistan: a role that he vehemently censures. In the opinion of Samir Amin, economist and expert of globalization, "this is the time for the clean choices and for coherence". The outstanding French intellectuals Georges Labica and Patrick Theuret expressed their solidarity and support, too.
Leading organizations of the international peace movement expressed their support to this ongoing fight in Italy and also contributed to spreading the news in their respective contexts. The International Action Center (IAC), the leading organization of the peace movement in the USA which is chaired by the former attorney general Ramsey Clark, thinks that "there is an alliance of the U.S. and the 19th century colonial powers that currently make up NATO that is attempting to impose foreign rule on the people of Afghanistan". The IAC greets the big mass movement that in Italy rises its voice against the war on every important occasion. The World Peace Council, a historical structure which unites hundreds of organizations of several countries, joined the struggle both in its international capacity, recalling that "the international right and the UN Charta have been violated more than once (...) by the powerful world sheriff and its allies", and through its local representations, from the one in Bangladesh (Peace Council "Mukti Bhaban"), to Brazil (CEBRAPAZ) and Canada. The Canadian Peace Congress demands that also the Canadian troops be withdrawn from Afghanistan, and announces that "the Canadians will be demonstrating across the country on October 28th 2006 on the slogan, Out of Afghanistan, Out of Haiti, Bring the Troops Home Now!".
The Balkans Anti-NATO Center (Ban-C), representing movements active in Albania, Bulgaria, Greece, Rumania, Serbia and Turkey, sent a message of support, just like its Rumanian branch, the Sibienii Pacifisti - pacifists of Sibiu, militant antimilitarists of the district capital of the Rumanian province with the same name. The latter association is today above all active in anti-imperialist battles like the one against the eastward expansion of NATO (Rumania is going to join NATO); it has strong roots among the workers of this important center of textile and mining industry. Again from Rumania, the association Critica Sociala and numerous exponents of the Party of the Socialist Alliance (associated to the European Left) mobilized in support. Among the politicians, we also recall the relevant adhesion of 3 Greek euro-parliamentarians. Some parties conveyed their solidarity to the 8 Italian senators; among them, important forces such as the AKEL of Cyprus, the Indian Communist Party (Marxist), which animated the recent Mumbai Social Forum, the communist party of Hungary. More support came from the communist youths of Greece (KNE), Czech Republic (KSM), Austria (KJOe). Still from Austria, adhesions came from the Left Block of the private sector employee workers' trade union, from the important Stirian Federation of the Communist Party, as well as from Communist Initiative of Austria.
Finally, several endorsement messages arrived from movement organizations, for instance from Greece (Campaign Genoa 2001, Stop the war coalition ...) and Belgium (StopUSA coalition, Christian Movement for Peace ...).