NON ESISTONO MISSIONI "BUONE"
NO AL RIFINANZIAMENTO DELLE TRUPPE ITALIANE ALL'ESTERO
Dal 19 febbraio alla Camera e successivamente al Senato si discuterà ancora una volta del decreto che finanzia e approva le missioni militari italiane all'estero.
In questi ultimi due anni di governo Prodi l'impegno militare italiano nei vari fronti di guerra è aumentato. I vertiginosi aumenti di spesa (+ 24%) per Esercito e produzioni belliche - varati con le Finanziarie 2007 / 2008 - sono serviti a coprire i costi di una politica interventista ed aggressiva.
Il ritiro dall'Iraq si è compiuto nei tempi e nei modi stabiliti dal precedente governo di centrodestra, ma l'impegno militare italiano continua ancora oggi. Personale altamente specializzato dell'esercito e dei carabinieri addestra truppe irachene, quotidianamente coinvolte in massacri settari, violenze e torture.
Il ruolo giocato in questi mesi dalla diplomazia italiana - e dalle "nostre" truppe - nello scacchiere balcanico evidenzia un atteggiamento aggressivo ed unilaterale a favore dell'indipendenza del Kosovo, fuori e contro il diritto internazionale e gli accordi di pace di Kumanovo, che segnarono la fine dell'aggressione del 1999, durante la quale i bombardieri della N.A.T.O. uccisero 1.500 civili jugoslavi.
L'operazione "Leonte" in Libano, voluta con forza dal governo Prodi, schiera oltre 2.500 soldati italiani, garantendo la sicurezza delle frontiere di Israele (in terra ed in mare) e sostenendo l'attuale illegittimo governo libanese. Le dichiarazioni di Prodi, Parisi e D'Alema sono state in questi anni inequivocabili, evidenziando anche in quest'incandescente area di conflitto un atteggiamento bellicista della diplomazia italiana, coperto dalla solita demagogia "peacekeeping".
L'ultimo soldato italiano ucciso in Afghanistan ci parla di una guerra che dura da sette anni, nella quale il numero dei civili uccisi è impressionante. Nel silenzio dei mass media nazionali, l'impegno in operazioni di guerra delle truppe italiane in questo paese è in costante aumento.
Non sappiamo se dal prossimo dibattito parlamentare sul decreto di rifinanziamento delle missioni militari all'estero, previsto per il 20 febbraio, la missione afgana sarà stralciata dalle altre, in modo da dare una chance alla "sinistra arcobaleno" per distinguersi nel voto.
Sappiamo invece su chi ricade la responsabilità politica della morte dei militari italiani e delle migliaia di civili di questi ultimi due anni di guerre: sui partiti che nel 2006 e nel 2007 hanno votato a favore del rifinanziamento delle cosiddette "missioni di pace".
Non sarà un'ennesima capriola pre elettorale, tanto meno un tardivo distinguo sulla sola missione afgana a salvare un ceto politico direttamente compromesso con la politica militarista e neocolonialista del decaduto governo Prodi.
Il 20 febbraio il movimento contro la guerra torna in piazza
Ritiro immediato dall'Afghanistan e da tutti i fronti di guerra
Risorse per le spese sociali, i salari e la sicurezza sul lavoro non per le armi!
Rete nazionale Disarmiamoli
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