Armi ad uranio, radioattività di “basso livello” e bimbi deformi. 

by Paul Zimmerman

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Un impressionante aumento nel numero di bambini nati con malformazioni congenite è stato di recente denunciato dai medici che operano a Falluja, Iraq [1]. Una delle cause suggerite per questa situazione preoccupante è l’esposizione della popolazione a radiazioni prodotte da armi ad uranio. La comunità internazionale per la protezione dalle radiazioni respinge questa spiegazione come completamente infondata dato che (1) la dose di radiazione a cui è sottoposta la popolazione dell’Iraq è troppo bassa e (2) non sono state riportate prove di malformazioni fetali fra i discendenti dei sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. 
Questa giustificazione cosiddetta scientifica è profondamente mistificante, in quanto non aderente con le attuali basi di conoscenza. Esistono prove abbondanti che dimostrano con chiarezza che malformazioni alla nascita sono state procurate da livelli di radiazione nell’ambiente stimati sicuri dalla comunità internazionale per la protezione dalle radiazioni. 
Alla luce di queste conoscenze, la contaminazione da uranio non può essere sbrigativamente rigettata come fattore di rischio per i nascituri.  

La distruzione del reattore nucleare di Chernobyl ha prodotto un tipo di esposizione radioattiva differente da quella rappresentata dalla bomba atomica. 
In Giappone, le vittime furono esposte ad un flash istantaneo di radiazioni gamma e di neutroni che dall’esterno andò a colpire i loro corpi.  
Al contrario, l’incidente di Chernobyl ha disseminato dal cuore del reattore attraverso l’Europa microscopiche particelle radioattive, che sono state poi inalate ed ingerite dalla popolazione.  
In questa situazione, coloro che sono stati contaminati hanno cominciato ad essere esposti di continuo e dall’interno a radiazioni di “basso livello”.  
 Secondo le attuali teorie sugli effetti radioattivi abbracciate dalla comunità internazionale per la protezione dalle radiazioni, non vi è differenza qualitativa fra i due tipi di esposizione. Quello che importa è la quantità totale di energia che arriva al corpo. 
Quindi, gli effetti sulla salute esperimentati dai sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki possono venire considerati essere rappresentativi degli effetti sulla salute prodotti da una esposizione radioattiva di natura qualsiasi. 
Nel caso di malformazioni fetali, questa presunzione si è dimostrata sbagliata. Come risultato dell’esposizione dall’esterno in Giappone, non vi è stato aumento di malformazioni fetali fra i bimbi i cui genitori erano stati esposti ai bombardamenti. [2] 
In contrasto, malformazioni fetali indotte da radiazioni sono state documentate nelle popolazioni esposte a radiazioni di “basso livello” generate da contaminazione interna. 
Alla luce di questi dati contrastanti, risulta ovvio che la teoria accettata sugli effetti radioattivi è erronea e necessita di correzioni. Le informazioni che seguiranno dimostreranno che il rischio per il nascituro viene generato da materiale radioattivo disperso nell’ambiente.  

Nel libro Chernobyl: 20 Years On, un capitolo è dedicato alla discussione sulle malformazioni fetali nei bambini che, mentre si trovavano in gestazione nel grembo delle loro madri, venivano esposti alla radioattività rilasciata dal reattore di Chernobyl [3]. 
L’autore fornisce una visione d’insieme di un gran numero di studi che confermano come “bassi livelli” di radiazione presenti in molte aree dell’Europa dopo Chernobyl sono stati responsabili per una larga varietà di malformazioni fetali. 
Queste malformazioni sono avvenute dove l’esposizione alle radiazioni veniva giudicata dalle agenzie per la protezione radioattiva essere troppo debole per giustificare preoccupazione. 
Sono citati quindici studi che dimostrano un aumento nell’incidenza di una grande varietà di malformazioni congenite. Altri studi citati confermavano l’aumento nella percentuale di nascite di bambini morti, di mortalità infantile, di aborti spontanei e di bimbi nati sottopeso. Inoltre veniva documentata un’elevata incidenza della sindrome di Down. In aggiunta, veniva registrato un eccesso di varietà di altri disturbi della salute, che comprendevano ritardo mentale ed altre sindromi mentali, malattie del sistema respiratorio e di quello circolatorio e asma.  

In un capitolo separato dello stesso libro, Alexey Yablokov dell’Accademia Russa delle Scienze forniva una rassegna di un corpo voluminoso di ricerche condotte dopo Chernobyl.  
Relativamente agli studi sulle malformazioni fetali, egli citava un’accresciuta frequenza nel numero di malformazioni congenite che comprendevano labbro e/o palato fesso (“labbro leporino”), raddoppio dei reni, polidattilia (dita delle mani e dei piedi in numero superiore), anomalie nello sviluppo dei sistemi nervoso ed ematico, amelia (anomalia segnata da arti ridotti), anencefalia (sviluppo subnormale del cervello), spina bifida (chiusura incompleta della colonna spinale), sindrome di Down, aperture anomale esofagee ed anali, e malformazioni multiple presenti simultaneamente [4].  

 

Il largo spettro di malformazioni fetali prodotte dall’incidente di Chernobyl non può essere giustificato dai dati raccolti sui sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki. 
Esiste un filone di prove convincenti che qualcosa è sbagliato nell’attuale campo della protezione da radiazioni. 
Ma esiste un ulteriore problema. La dose limite di radiazione suggerita in grado di interferire con lo sviluppo del feto, sempre basata sulle ricerche dal Giappone, è tra le cinquanta e le cento volte più alta di quella che la comunità per la protezione dalle radiazioni insiste come tipica esposizione in quelle aree dell’Europa in cui comunque è stata documentata una elevata frequenza di malformazioni fetali.  
Come possiamo dare un senso a queste contraddizioni? Gli studi sui cromosomi condotti nelle regioni contaminate forniscono la risposta. 

In individui esposti a radiazioni ionizzanti, in linfociti periferici, quei linfociti in circolazione nel sangue, si verifica un’elevata presenza di certi tipi di aberrazioni cromosomiche [3,5]. 
Di particolare interesse sono i cromosomi dicentrici che si producono quando una radiazione scinde entrambi i filamenti della doppia elica del DNA in due cromosomi contigui e poi il materiale genetico si ricombina in modo non corretto. 
Un aumento nella relativa frequenza di queste strutture ricombinate in modo aberrante serve da indicatore biologico dell’esposizione radioattiva, questione indipendente ed immune da falsità e da propaganda politica.  
Andando nello specifico, l’aumento percentuale di queste aberrazioni è proporzionale alla dose di radiazioni ricevuta. Quindi, la loro frequenza può essere usata per determinare l’effettivo livello di esposizione in individui contaminati. 
Studi di questa natura sono stati condotti in Europa in seguito all’incidente di Chernobyl [3]. 
Questi studi hanno dimostrato che le valutazioni ufficiali sulla dose di esposizione rese pubbliche dalle agenzie per la protezione dalle radiazioni erano deplorevolmente erronee, sottostimando in modo grossolano l’esatto livello di esposizione della gente in tutta Europa.   
Questa discrepanza getta ulteriori dubbi sull’onestà scientifica di queste organizzazioni che si suppone dovrebbero proteggere il mondo dall’inquinamento radioattivo. Quando si combinano gli studi sulle aberrazioni cromosomiche con gli studi sulle malformazioni genetiche, la scienza parla di per sé: la popolazione di molte zone dell’Europa ha ricevuto da Chernobyl dosi molto più alte di quelle dichiarate e le malformazioni fetali sono state indotte da dosi più basse di quelle suggerite dall’attuale scienza per la protezione dalle radiazioni. 

Come la nube radioattiva da Chernobyl si diffondeva su tutto il pianeta, i governi trasmettevano rassicurazioni ai loro cittadini in ansia, che non vi era motivo di preoccupazione, che le dosi di radiazioni sulle persone erano troppo basse per produrre effetti nocivi sulla salute. 
 Politicamente motivate, queste comunicazioni erano malconcepite dal punto di vista medico. Quello che diveniva palese dopo l’incidente era che i bambini venivano esposti alla pioggia radioattiva di   Chernobyl, mentre si trovavano ancora nel grembo delle loro madri, questo comprovato da una elevata incidenza di sviluppo di leucemia, fin dalla prima ora della loro nascita [6,7]. 
 Rilevante per questa discussione è il fatto che una mutazione genetica che avviene nell’utero è una causa della leucemia infantile [8,9].
In paesi, dove sono stati raccolti dati inconfutabili relativi ai livelli di ricaduta radioattiva depositata sull’ambiente, alle dosi di radiazione sulla popolazione e all’incidenza della leucemia infantile, è emerso un uniforme andamento inequivocabile: la popolazione, oggetto di studio, di bambini nati durante il periodo di 18 mesi successivi all’incidente soffriva in percentuale superiore di leucemia nel suo primo anno di vita rispetto ai bambini nati prima dell’incidente o a quelli nati dopo l’incidente, quando il livello della possibile contaminazione da parte delle madri era sicuramente diminuito. 
Questo veniva confermato da cinque studi separati, condotti indipendentemente l’uno dall’altro: in Grecia [9], Germania [10], Scozia [11], Stati Uniti [12] e Galles [13]. 
Ancora qui vi è la prova che le malformazioni erano state indotte nei feti, come abbiamo riferito, cosa che la comunità per la protezione radioattiva afferma non essere possibile. 
Secondo la Commissione Europea sui Rischi da Radiazione (ECRR), questi risultati forniscono la prova indiscutibile che il modello di rischio assunto dalla Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica (ICRP) rispetto alla leucemia infantile è in errore per un fattore compreso fra le 100 e le 2000 volte; quest’ultima cifra porta a concludere per un’incidenza continuata in eccesso di leucemia, quando la popolazione dei bambini studiati continua ad aumentare di età. [6]. 

Sui cromosomi sono stati condotti altri tipi di studi, che dimostrano come la radioattività presente nell’ambiente produce sul DNA danni che si trasmettono alla prole futura. 
I minisatelliti sono identiche corte sequenze di DNA che si iper-ripetono in serie lungo un cromosoma.  Queste sequenze di DNA non programmano la costruzione di qualche proteina. 
Ciò che caratterizza questi minisatelliti è che assumono spontaneamente replicazioni tramite mutazione ad una frequenza che risulta 1.000 volte più alta di quella dei geni che codificano le normali proteine.
Il Dr. Yuri Dubrova, attualmente all’Università di Leicester, per primo ha riscontrato che queste sequenze di DNA possono essere utilizzate per registrare mutazioni genetiche indotte da radiazioni, dimostrando che la loro nota velocità di mutazione viene ad aumentare successivamente all’esposizione radioattiva. 
Dubrova e i suoi collaboratori hanno studiato la frequenza delle mutazioni minisatellitari in famiglie che hanno vissuto in aree rurali pesantemente contaminate del distretto di Mogilev di Belarus dopo la catastrofe di Chernobyl [14]. È stato riscontrato che la frequenza delle mutazioni, trasferita dagli individui di sesso maschile ai loro discendenti, era quasi raddoppiata nelle famiglie esposte rispetto a gruppi famigliari di controllo. Fra quelle esposte, la frequenza di mutazione era significativamente più alta nelle famiglie con una più alta esposizione parentale. Questa scoperta era coerente con l’ipotesi che la radiazione poteva avere indotto mutazioni nelle cellule germinali riproduttive dei genitori e questo si trasmetteva ai loro nascituri. Questa era la prima prova conclusiva che la radioattività produce negli esseri umani mutazioni ereditabili.   

Inoltre sono stati condotti test sui minisatelliti di DNA anche sui bambini di “liquidatori” di Chernobyl, vale a dire di quelle persone che hanno partecipato alle operazioni di bonifica dopo l’incidente. Quando i nati dai liquidatori dopo l’incidente sono stati confrontati con i loro fratelli nati prima dell’incidente, è stato osservato un incremento sette volte più grave nel danno genetico riscontrato [15,16].  
 Come riportato dalla ECRR, “attraverso controlli eseguiti in loco, questi riscontri hanno evidenziato nel modello della ICRP relativo al danno genetico ereditabile un errore fra le 700 e le 2000 volte più elevato” [6]. La ECRR ha sottolineato questa ulteriore osservazione: “Risulta degno di nota che gli studi sui bambini di coloro che sono stati esposti alle radiazioni esterne ad Hiroshima mostrano effetti irrilevanti se non nulli, fattore che suggerisce una differenza fondamentale fra le modalità di esposizione [17].  Probabilmente la differenza maggiore consiste nel fatto che l’esposizione interna sui liquidatori di Chernobyl è stata la causa degli effetti.”  

Nel novembre 2009, Joseph Mangano del Progetto Sanità Pubblica e Radiazioni ha pubblicato uno studio sull’ipotiroidismo neonatale nella popolazione che vive nei pressi dei reattori nucleari di  Indian Point a Buchanan, New York [13]. 
L’ipotiroidismo è una malattia caratterizzata da un’insufficiente produzione dell’ormone tiroxina. Una causa di questo disturbo è l’esposizione allo iodio radioattivo che distrugge selettivamente le cellule nella ghiandola tiroidea. 
Attualmente, l’unica fonte ambientale di iodio radioattivo sta nelle emissioni degli impianti nucleari per la produzione di energia. 
Mangano osserva che quattro contee nello stato di New York fiancheggiano Indian Point e quasi tutti i residenti di queste contee vivono nel raggio di 20 miglia dal complesso dei reattori. Durante il periodo che va dal 1997 al 2007, il rapporto di ipotiroidismo neonatale nella popolazione considerata nell’insieme delle quattro contee era del 92,4% superiore, quindi quasi il doppio, che negli Stati Uniti. L’incidenza in ognuna delle quattro conteee prese separatamente superava quella degli Stati Uniti, e nel caso di due contee il rapporto era più del doppio del rapporto nazionale. Nel periodo 2005-2007, il rapporto delle quattro contee era del 151.4% superiore al rapporto nazionale. Questo riscontro era coerente con il fatto che l’incidenza locale di cancro alla tiroide è del 66% superiore al rapporto per gli Stati Uniti. [14].  
Lo studio di Mangano solleva importanti interrogativi rispetto al nostro comune benessere. Noi viviamo con le assicurazioni da parte del governo e dell’industria che i reattori nucleari sono operativi all’interno di linee guida presentate da agenzie per la protezione dalle radiazioni. Le radiazioni che emettono non vengono prese in considerazione perché di “basso livello” per destare preoccupazione. Eppure, bambini nati da madri che vivono in prossimità di Indian Point soffrono in numero sempre crescente di ipotiroidismo. Allora, o il complesso dei reattori sta emettendo più radiazioni di quello che viene pubblicamente dichiarato, o, una volta ancora, sono errati i livelli standard di sicurezza fissati dalle organizzazioni per la protezione dalle radiazioni.  

Sono le armi che contengono uranio depleto una causa di preoccupazione per la produzione di malformazioni fetali? Dato che l’uranio all’interno del corpo umano prende come obiettivo il sistema riproduttivo, l’elevata percentuale di malformazioni fetali in Iraq suggerisce fortemente che l’esposizione al DU è implicata. 
Negli animali da esperimento esposti ai composti di uranio, si è riscontrato un accumulo di uranio nei testicoli [20]. Fra i veterani della Gurra del Golfo feriti da schegge ad uranio depleto, sono stati riscontrate elevate concentrazioni di uranio nel loro seme. [21]. 
Alla luce di questa scoperta, la Royal Society mette in guardia che questo fa aumentare “la possibilità di effetti negativi sullo sperma, effetti chimici dell’uranio sul materiale genetico, o mediante le particelle alfa diffuse dal DU, o per la tossicità chimica dell’uranio [21].” 
In esperimenti sulle femmine di topo è stato trovato che l’uranio aveva attraversato la placenta ed era andato a concentrarsi nei tessuti dei feti [20,21,22].  
Quando particelle di DU venivano impiantate in femmine di topo gravide, veniva osservata una relazione diretta tra la quantità di contaminazione nella madre e la quantità di contaminazione nella placenta e nei feti [23,24]. 
 Di grandissima importanza, quando passa in soluzione all’interno del corpo, la specie chimica principale dell’uranio è lo ione uranile UO2++Questo composto di uranio ha un’affinità per il DNA e si lega con questa struttura in modo forte. [25]. Questo fatto da solo dovrebbe essere sufficiente per arrestare la diffusione di DU, sotto forma di aerosol, fra le popolazioni. L’uranio internalizzato nel corpo umano prende come obiettivo il materiale genetico! Inutile dire, questo fatto è totalmente ignorato dalla Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica e dalle organizzazioni collegate, quando determinano i livelli di sicurezza per l’esposizione all’uranio e valutano i fattori di rischio nell’indurre le malformazioni fetali da parte dell’uranio.   

Nei neonati, l’idrocefalia è una condizione caratterizzata da accresciuta forma della testa e da atrofia del cervello. La frequenza di questa malformazione è accreciuta drammaticamente in Iraq dalla Prima Guerra del Golfo [26]. Una ricerca limitata e certamente incompleta condotta negli Stati Uniti conferisce credito all’ipotesi che l’esposizione al DU sia l’agente causativo [26]. 
 La Contea di Socorro, rurale e a bassa densità di popolazione, è localizzata nelle adiacenze di un sito per testare armamenti a DU, la “Terminal Effects Research and Analysis Division of the New Mexico Institute of Mining and Technology”. In media, nella Contea avvengono 250 nascite all’anno. Un’indagine di un’organizzazione di attivisti ha rivelato che tra il 1984 e il 1986, sono nati cinque bambini con idrocefalia. (Il normale rapporto di idrocefali è un caso per ogni 500 nati vivi). Secondo la registrazione delle malformazioni fetali dello Stato del New Mexico,per difettopletaione delle malformazioni fetali vivi). Secondo l' sono nati cinque bambini con idrocefaliafrequenza di questa m provatamente incompleta per difetto, tra il 1984 e il 1988 sono nati con la sindrome 19 bambini a livello statale, tre di questi nella Contea di Socorro. Indifferentemente da quale valutazione sia corretta, i risultati sono preoccupanti dato che Socorro contiene meno dell’1% della popolazione dello stato. 

 Per concludere, l’attuale dogma che riguarda gli effetti delle radiazioni non può giustificare l’aumento delle malformazioni genetiche nelle popolazioni esposte internamente a bassi livelli di radiazione. Qualcosa è profondamente sbagliato rispetto alla scienza attuale sulla sicurezza dalle radiazioni. Stabilito questo, le asserzioni da parte delle organizzazioni per la protezione dalle radiazioni rispetto all’impossibilità che bassi livelli di uranio possano causare malformazioni fetali risultano sospette.  Numerosi studi dimostrano che l’uranio produce un ampio spettro di malformazioni fetali nella sperimentazione con animali [20,26]. Per di più, numerose ricerche in vitro e in vivo condotte negli ultimi venti anni provano che l’uranio è genotossico (in grado di danneggiare il DNA), citotossico (velenoso per le cellule), e mutagenico (in grado di indurre mutazioni genetiche) [27]. Questi effetti sono prodotti o dalla radioattività dell’uranio o dai suoi effetti chimici o dall’interazione sinergica fra radioattività e chimismo. 
Queste scoperte conferiscono plausibilità all’idea che l’osservata incidenza accresciuta di bambini deformi in Iraq è una conseguenza del munizionamento ad uranio depleto [26].  

Paul Zimmerman  è l’autore di A Primer in the Art of Deception:  The Cult of Nuclearists, Uranium Weapons and Fraudulent Science – Un piccolo manuale nell’arte dell’inganno: il culto dei nuclearisti, armamenti all’uranio e scienza fraudolenta. Una presentazione più tecnica, completa di riferimenti, delle idee presentate in questo articolo può essere trovata all’interno di queste pagine. Brani scelti, che liberamente si possono scaricare, sono disponibili a: 

Note 

 [1]  Chulov M.  Huge Rise in Birth Defects in Falluja.  guardian.co.uk.  November 13, 2009.  
http://www.guardian.co.uk/world/2009/nov/13/falluja-cancer-children-birth-defects#history-byline
 [2]  Nakamura N.  Genetic Effects of Radiation in Atomic-bomb Survivors and Their Children: Past, Present and Future.  Journal of Radiation Research.  2006; 47(Supplement):B67-B73. 
 [3]  Schmitz-Feurerhake I.  Radiation-Induced Effects in Humans After in utero Exposure:  Conclusions from Findings After the Chernobyl Accident.  In C.C. Busby, A.V.Yablokov (eds.):  Chernobyl: 20 Years On.  European Committee on Radiation Risk.  Aberystwyth, United Kingdom: Green Audit Press; 2006.
 [4]  Yablokov A.V.  The Chernobyl Catastrophe -- 20 Years After (a meta-review).  In C.C. Busby, A.V. Yablokov (eds.):   Chernobyl: 20 Years On.  European Committee on Radiation Risk.  Aberystwyth, United Kingdom: Green Audit Press; 2006.
 [5]  Hoffmann W., Schmitz-Feuerhake I.  How Radiation-specific is the Dicentric  Assay?  Journal of Exposure Analysis and Environmental Epidemiology. 1999; 2:113-133.
 [6]  European Committee on Radiation Risk (ECRR).  Recommendations of the European Committee on Radiation Risk: the Health Effects of Ionising Radiation Exposure at Low Doses for Radiation Protection Purposes. Regulators' Edition.  Brussels; 2003.  www.euradcom.org.
 [7]  Low Level Radiation Campaign (LLRC).  Infant Leukemia After Chernobyl.  Radioactive Times: The Journal of the Low Level Radiation Campaign.  2005;  6(1):13.
 [8]  Busby C.C.  Very Low Dose Fetal Exposure to Chernobyl Contamination Resulted in Increases in Infant Leukemia in Europe and Raises Questions about Current Radiation Risk Models.  International Journal of Environmental Research and Public Health.  2009; 6:3105-3114.
 [9]  Petridou E., Trichopoulos D., Dessypris N., Flytzani V., Haidas S., Kalmanti M.K., Koliouskas D., Kosmidis H., Piperolou F., Tzortzatou F.  Infant Leukemia After In Utero Exposure to Radiation From Chernobyl.   Nature.  1996; 382:352-353.
 [10]  Michaelis J., Kaletsch U., Burkart W., Grosche B.  Infant Leukemia After the Chernobyl Accident.  Nature.  1997; 387:246. 
 [11]  Gibson B.E.S., Eden O.B., Barrett A., Stiller C.A., Draper G.J.  Leukemia in Young Children in Scotland. Lancet. 1988; 2(8611):630.
 [12]  Mangano J.J.  Childhood Leukemia in the US May Have Risen Due to Fallout From Chernobyl.  British Medical Journal.  1997; 314:1200.
 [13]  Busby C, Scott Cato M.  Increases in Leukemia in Infants in Wales and Scotland Following Chernobyl: Evidence for Errors in Statutory Risk Estimates.  Energy and Environment.  2000; 11(2):127-139.
 [14]  Dubrova Y.E., Nesterov V.N., Jeffreys A.J., et al.  Further Evidence for Elevated Human Minisatellite Mutation Rate in Belarus Eight Years After the Chernobyl Accident.  Mutation Research.  1997; 381:267-278.
 [15]  Weinberg H.S., Korol A.B., Kiezhner V.M., Avavivi A., Fahima T., Nevo E., Shapiro S., Rennert G., Piatak O., Stepanova E.I., Skarskaja E.  Very High Mutation Rate in Offspring of Chernobyl Accident Liquidators.  Proceedings of the Royal Society. London.  2001;  D, 266:1001-1005.
 [16]  Dubrova Y.E., et al.  Human Minisatellite Mutation Rate after the Chernobyl Accident.  Nature. 1996; 380:683-686.
 [17]   Satoh C., Kodaira M.  Effects of Radiation on Children.  Nature.  1996; 383:226.
 [18]  Mangano J.  Newborn Hypothyroidism Near the Indian Point Nuclear Plant.  Radiation and Public Health Project.  November 25, 2009. www.radiation.org
 [19]  Mangano J.  Geographic Variation in U.S. Thyroid Cancer Incidence and a Cluster Near Nuclear Reactors in New Jersey, New York, and Pennsylvania.   International Journal of Health Services.  2009; 39(4):643-661.
 [20]  Agency for Toxic Substances and Disease Registry (ATSDR).  Toxicological Profile for Uranium.  U.S. Department of Health and Human Services; 1999.
 [21]  Royal Society.  Health Hazards of Depleted Uranium Munitions: Part II.  London: Royal Society, March 2002.
 [22]  Albina L., Belles M., Gomez M., Sanchez D.J., Domingo J.L.  Influence of Maternal Stress on Uranium-Induced Developmental Toxicity in Rats.  Experimental Biology and Medicine.  2003; 228( 9):1072-1077.
 [23]  Arfsten D.P., Still K.R., Ritchie G.D.  A Review of the Effects of Uranium and Depleted Uranium Exposure on Reproduction and Fetal Development.  Toxicology and Industrial Health.  2001; 17:180-191.
 [24]  Domingo J.  Reproductive and Developmental Toxicity of Natural and Depleted Uranium: A Review.  Reproductive Toxicology.  2001; 15:603-609.
 [25]  Wu O., Cheng X., et al.  Specific Metal Oligonucleotide Binding Studied By High Resolution Tandem Mass Spectrometry.  Journal of Mass Spectrometry.  1996; 321(6) 669-675.
 [26]  Hindin R., Brugge D., Panikkar B.  Teratogenicity of Depleted Uranium Aerosols: A Review from an Epidemiological Perspective.  Environmental Health.  2005; 26(4):17.
 [27]  Zimmerman P.  A Primer in the Art of Deception: The Cult of Nuclearists, Uranium Weapons and Fraudulent Science.  2009.  www.du-deceptions.com
 
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Nota del traduttore: a complemento dell’articolo di Zimmerman, riporto una conversazione con il Dr. Doug Rokke di Baltimora, medico dell'esercito USA che per primo rivelò lo scandalo dell'uranio impoverito riversato sull'Iraq. 

(Fonte: Scienzaepace mailing list)

Uranio Depleto, DU: una calamità assassina? 

28 dicembre 2002

Il Dr. Doug Rokke di Baltimora afferma: “Quando si va in guerra, l’obiettivo è quello di ammazzare, e il DU è il mezzo più valido che noi abbiamo a disposizione”   
Il Dr. Doug Rokke ha la fastidiosa abitudine di mettersi a ridere, quando probabilmente vorrebbe mettersi a gridare. Lui ride quando parla di campi di battaglia contaminati da scorie radioattive. 
Non può smettere di ridere quando afferma che la questione è sotto copertura stretta del governo. Continua a ridere quando tratta dei suoi problemi di salute, che lui attribuisce alla negligenza deliberata dell’Esercito, e che probabilmente lo condurranno a morire.  
 La conversazione telefonica con Rokke  è abbastanza disturbata, anche senza le sue risate su questi orrori. Una eco insolita accompagna ogni espressione. Quando gli viene fatto notare questo strano risuonare, Rokke dichiara di non essere sorpreso: pensa che il suo telefono sia sotto controllo da anni. 
È possibile tentare di liquidare Rokke come un instabile o un teorico del complotto, ma invece Rokke è un veterano da 35 anni dell’Esercito USA, e non è proprio un musone sempre malcontento. 
Rokke ha seguito il progetto dell’Esercito USA sull’Uranio Depleto fin dalla metà degli anni Novanta, ed aveva ricevuto l’incarico per la bonifica del DU da parte dell’Esercito, dopo la Guerra del Golfo Persico. Inoltre ha diretto i laboratori di radiologia “Edwin R. Bradley” a Fort McClellan, Alabama.
Ora, se voi inserite il nome di Rokke in un motore di ricerca su un qualsiasi sito web di natura militare, non troverete alcuna risposta, come se Rokke non fosse mai esistito.
Se voi andate a leggere centinaia di pagine di documenti governativi e di innumerevoli trascrizioni di audizioni ufficiali riguardanti l’uso militare dell’Uranio Depleto, non troverete alcun riferimento su questo argomento a suo nome.
Questo è più di una cosa insolita, di scarsa rilevanza, dato che Rokke e il suo gruppo di lavoro erano in prima linea per cercare di stabilire i  potenziali rischi sulla salute e sull’ambiente generati dall’uso del DU sul campo di battaglia.
“Noi eravamo i migliori che avevano”, afferma Rokke. Non si sta vantando, ma sogghigna ancora.
L’uso del DU in combattimento è un’innovazione abbastanza recente. È stato usato per la prima volta durante la Guerra del Golfo Persico come componente indispensabile del munizionamento per perforare le armature dei mezzi blindati, per distruggere i carri armati.
I proiettili con DU, all’impatto, bruciano e sono così pesanti e caldi che dirompono con facilità attraverso l’acciaio. “È come prendere una matita e spingerla attraverso un foglio di carta,” ha affermato Rokke.
Allora, questa “matita” di Uranio esplode all’interno del suo obiettivo, creando una implacabile “tempesta di fuoco”. Rokke continua: “Questa roba è grandiosa come arma anticarro. Mette in grado le truppe USA di far fuori a lungo raggio i carri armati del nemico.”       

Secondo il sito web del Deployment Health Support Directorate, il DU è un “sottoprodotto del processo attraverso cui l’Uranio viene arricchito per produrre il combustibile nucleare e componenti di armi nucleari.” In altre parole, il DU è una scoria nucleare di basso livello. Secondo lo stesso sito web, il DU può contenere anche quantità in tracce di “nettunio, plutonio, americio, tecnezio-99 ed uranio-236.”   
Durante la Guerra del Golfo, è stato sparato un totale di 320 tonnellate di munizioni al DU. 
Il compito di Rokke era di riuscire a capire come ripulire i carri armati USA, come aiutare le sfortunate vittime del “fuoco amico”, che erano incappate in colpi al DU.  
Dopo anni di lavoro di questa natura, in Kuwait e in Arabia Saudita, e su poligoni di esercitazione negli USA, nel 1996 Rokke arrivava a questa conclusione, comunicata agli alti gradi dell’Esercito, che il DU era così pericoloso che doveva essere bandito immediatamente dalle armi da combattimento.
Questa conclusione, Rokke ne è convinto, gli costò la carriera.
“La contaminazione era dappertutto”, sui carri bruciati, sui campi petroliferi in fiamme, sui corpi bruciati. Questo era il Kuwait dopo la Guerra del Golfo. 
Rokke aveva un compito da assolvere, la decontaminazione dei carri armati USA contaminati da DU. Quello che Rokke rilevò, lo atterrì. “Dio mio! Questo è l’unico modo per descrivere tutto questo, la contaminazione era dappertutto.”        
Rokke e il suo gruppo stavano misurando livelli impressionanti di radiazioni oltre i 50 metri dai carri armati interessati: superiori ai 300 millirems all’ora per le radiazioni beta e gamma, e per la radiazione alfa dalle migliaia ai milioni di impulsi per minuto (CPM) su un contatore Geiger.
“L’intera area è stata inquinata. Sicuramente qui fa ancora ‘più caldo’ che all’inferno. Questa cosa non può più continuare!”
Questa squadra ha impiegato tre mesi per pulire 24 tanks per trasportarli di ritorno negli USA, e l’Esercito ha impiegato altri tre anni per decontaminarli del tutto.   

Ma i carri armati contaminati non sono l’unico problema. 
Nel periodo di 72 ore dalle loro ricognizioni, Rokke e i componenti della sua squadra hanno cominciato a sentirsi male. Comunque, hanno continuato nel loro lavoro. Sono ritornati negli USA per eseguire test sulle basi dell’Esercito. Deliberatamente facevano saltare in aria carri armati con proiettili a DU, quindi correvano sul posto mentre i carri stavano ancora bruciando. 
Videoregistravano le nuvole di ossido di uranio che si sprigionavano e misuravano la radioattività che veniva emessa. 
Rokke ha dichiarato che nell’ultimo decennio 30 dei 100 suoi collaboratori in queste operazioni sono morti.  
I polmoni e i reni di Rokke sono pregiudicati. Lui ritiene che la polvere di ossido di uranio si sia “intrappolata” in permanenza all’interno dei suoi polmoni. Ha lesioni al cervello, pustole sulla sua pelle. Soffre per una sindrome di stanchezza cronica. Ha disturbi virulenti alle vie respiratorie, che comportano accessi di asma e di tosse, e soffre per mancanza di respiro quando fa esercizio fisico. Inoltre ha una fibromialgia, una patologia che gli causa una sofferenza cronica ai muscoli, ai legamenti e ai tendini.
Nel 1994, l’Ente di assistenza agli ex combattenti (VA) ha sottoposto Rokke a test per rilevare la presenza di uranio nel suo corpo; Rokke ha ricevuto l’esito di queste indagini dopo due anni e mezzo. Le sue urine contenevano 5000 volte la quantità consentita di uranio.  
Dopo anni di battaglie con il VA, Rokke  è riuscito ad ottenere una disabilità del 40%, ma non esistono dichiarazioni ufficiali che la sua malattia sia stata causata dal suo lavoro sul DU.
L’Esercito e il Pentagono continuano ad insistere che il DU è sicuro! Rokke afferma che sanno che non è così, dato che lui ha fornito loro le prove. Lui dichiara che loro non vogliono ammettere le prove dei pericoli del DU, visto che “loro si aspettano cose diverse e sbagliate, e stanno usando procedure erronee.”
Rokke ha dichiarato che il problema con il DU sta nel fatto che si sprigiona quando un proiettile scoppia e si infiamma. Il proiettile comincia a bruciare immediatamente, e più del 70 % del DU si ossida. Questo ossido di uranio polverizzato, sotto forma di aerosol, è la cosa realmente pericolosa, particolarmente quando viene inalato.        
Rokke insiste che lui e i suoi uomini indossavano un equipaggiamento di protezione, o che avrebbe dovuto proteggerli. Ma le loro maschere antigas erano in grado di filtrare particelle solo di 10 microns o di diametro maggiore. Secondo l’Esercito e il Pentagono, queste sono le dimensioni del diametro delle particelle di DU. 
Per Rokke, invece, queste particelle hanno diametro inferiore ai 3 microns, e gli scienziati dei laboratori di Livermore hanno misurato essere addirittura di diametro inferiore ad 1 micron: quindi, le misure di precauzione che attualmente vengono applicate sono completamente inutili.
(Nota del traduttore: la dimensione del diametro delle nanoparticelle di DU è inferiore al diametro degli alveoli polmonari e quindi le particelle, oltre ad insediarsi con grande probabilità nei tessuti del sistema respiratorio, si riversano nel flusso sanguigno. Nel giro di una sessantina di secondi possono andare ad insediarsi in un qualsiasi organo più o meno recettivo del corpo e lì cominciare ad irradiare i tessuti circostanti con radiazioni corpuscolari α. Le particelle alfa o raggi alfa consistono di due protoni e due neutroni legati insieme, quindi sono una forma di radiazione corpuscolare altamente ionizzante e con un basso potere di penetrazione. I raggi alfa, a causa della loro carica elettrica, interagiscono fortemente con la materia e quindi vengono facilmente assorbiti dai materiali e possono viaggiare solo per pochi centimetri nell’aria. Possono essere assorbiti dagli strati più esterni della pelle umana e così generalmente non sono pericolosi per la vita, a meno che la sorgente non venga inalata o ingerita. In questo caso i danni sarebbero invece maggiori di quelli causati da qualsiasi altra radiazione ionizzante. Se il dosaggio fosse abbastanza elevato comparirebbero tutti i sintomi tipici dell'avvelenamento da radiazione.)  
Circa un quarto dei 700.000 soldati inviati alla Guerra del Golfo Persico hanno riportato un qualche tipo di malattia relativa alla Guerra del Golfo, e Rokke è persuaso che il DU ha qualche attinenza con tutto questo, associato con la grande quantità di sostanze chimiche alle quali le truppe sono state esposte, compresi bassi livelli di gas sarin, nubi tossiche da impianti petroliferi in fiamme, innumerevoli pesticidi, per non parlare delle tavolette anti gas nervini che i soldati sono costretti ad ingerire. 
Se Rokke ha ragione sui pericoli del DU, perché il Ministero della Difesa lo continua ad usare ed insiste che questo è sicuro?    
“Quando si va in guerra, l’obiettivo è quello di ammazzare, e il DU è il mezzo più valido

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