I FALSI AMICI

Dossier del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia e di Un Ponte per... sulle infiltrazioni della destra nazionalista e fascista nelle campagne a sostegno delle vittime serbe delle guerre di secessione in Jugoslavia

SINTESI: In contraddizione con la tradizione reale, storica, dell'atteggiamento della destra nazionalista e fascista riguardo agli jugoslavi in generale ed ai serbi in particolare, si registra da tempo uno strano interessamento di raggruppamenti neofascisti a proposito della "causa serba". Questo interessamento sta avendo un apice negli ultimi tempi in iniziative riguardanti la componente serba del Kosovo. Purtroppo singoli elementi e settori reazionari, soprattutto legati alla emigrazione anticomunista e antijugoslava nella Trieste post-1945, quasi masochisticamente alimentano la presenza della destra fascista nelle iniziative che li riguardano.
Un certo tipo di impostazione "separata" ed "escludente" della discussione sulle tematiche jugoslave ("Stato ortodosso", "riunificazione della terra degli ortodossi") ricalca, come riflettendola in uno specchio deformante, la visione mainstream cioè la vulgata corrente che vorrebbe la Jugoslavia come artificiale "gabbia dei popoli" la cui distruzione era inevitabile se non addirittura auspicabile perché le diverse "etnie" potessero liberamente esprimere la loro identità - o, per usare sempre il linguaggio della estrema destra: la loro spiritualità.
In realtà, all'attivismo per così dire "sincero", in buona fede, di elementi della destra estrema a sostegno di una malintesa "causa serba", si affiancano componenti e motivazioni di carattere diverso. Si registrano infatti sempre più frequentemente tentativi di infiltrazione in iniziative pre-esistenti, avviate da molti anni dalle realtà progressiste no-war che si sono sempre coerentemente battute contro la guerra e contro la "etnicizzazione" dei rapporti nei Balcani. Talvolta si hanno casi di plagio o approcci di natura evidentemente provocatoria, mirati vuoi a "scavalcare" e "recuperare" iniziative e tematiche, vuoi a disarticolare e impedire la prosecuzione di un lavoro di solidarietà e contro-informazione impostato su basi limpide, democratiche e internazionaliste, per capovolgerlo e trasformarlo invece nel suo esatto contrario. Non è un segreto per nessuno che la fortissima presenza militare ed imprenditoriale in quei territori impone a Stati come l'Italia l'avvio di operazioni di intelligence mirate al controllo totale delle iniziative di solidarietà e delle loro possibili implicazioni politiche. E gli interessi geopolitici nell'area non sono solo di parte italiana, ma anche di altri Stati terzi, e persino di soggetti come la Chiesa cattolica. Nel migliore dei casi sono l'individualismo, il carrierismo, persino l'avidità di chi ha fiutato occasioni di investimento economico o turistico a causare confusione, consentendo che le iniziative nate nel campo della solidarietà tra lavoratori e tra popoli siano inquinate da concezioni inaccettabili, che la Storia ha messo al bando molti decenni fa, proprio soprattutto in quelle terre.
Per quanto riguarda i serbi, non è inedito il ruolo fondamentalmente anti-patriottico dei cetnizi, da sempre collaborazionistidell'occupante straniero. Le simbologie reazionarie e nostalgiche, il revisionismo storico anti-partigiano, lo sciovinismo anti-islamico non sono segni di una ritrovata identità nazionale, ma al contrario sono fomentati dal "nuovo corso" anti-jugoslavo e filo-occidentale. La presenza e le attività di settori della destra estrema in ambito serbo portano acqua al mulino di chi della Serbia e dei serbi, negli ultimi 20 anni, ha voluto costruire una immagine negativa. Questi sono a tutti gli effetti i falsi amici del popolo serbo: è bene imparare a guardarsi le spalle.

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