su “Il Piccolo” del 30 maggio 2013
La Slovenia si salva in corner e non viene sanzionata dalla Commissione europea bensì “rimandata a settembre”, o meglio, al 2015 termine entro il quale dovrà improrogabilmente portare a termine tutta una serie di riforme indicate dal “governo” comunitario in nove punti e tra cui spiccano il risanamento del sistema bancario, portare a termine l’opera di privatizzazione, risolvere il problema dell’iper-indebitamento delle imprese, concludere la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro.
E, se da una parte Lubiana col suo premier Alenka Bratušek tira un sospiro di sollievo, dall’altra sa bene che non c’è più tempo per temporeggiare, bisogna rimboccarsi le maniche e iniziare a lavorare duro. Non lasciano vie di scampo le parole pronunciate ieri a Bruxelles dal commissario agli Affari economici Ollie Rehn. «La Slovenia ha imboccato la strada delle riforme - ha detto - ma deve fare ancora molto. Il governo ha iniziato a ripulire il sistema bancario. Le riforme - ha precisato - che mi sono state indicate dal ministro delle Finanze ‹ufer in una lettera mostrano alcuni sviluppi positivi. Così continuando la Slovenia riuscirà nei prossimi due anni a diminuire il suo debito pubblico».
La Commissione chiede dunque a Lubiana di proseguire sulla strada delle riforme strutturali in grado di riportare il rapporto debito pubblico-Pil entro i parametri di Maastricht nei prossimi due anni. Dovrà altresì cancellare alcuni evidenti squilibri fiscali per offrire all’economia del Paese gli strumenti adatti alla crescita che a sua volta garantirebbe il potenziale necessario a combattere la disoccupazione.
Per quanto riguarda il sistema pensionistico, Bruxelles “invita” la Slovenia a pensare oltre il termine del 2020 determinando i parametri di età collegati alle pensioni di vecchiaia considerando l’allungamento della vita media in Europa ma garantendo altresì le risorse necessarie a coprire le spese. Per quanto riguarda il sistema bancario la Commissione ritiene che Lubiana dovrà accettare, con l’aiuto dei partner europei, la nomina di un consigliere indipendente che controllerà le reali capacità delle attività bancarie e garantirà un migliore funzionamento delle due banche più in affanno (Nova Ljubljanska Banka e Nova Kreditna Banka Maribor) che già richiedono l’aiuto dello Stato in modo da correggere i propri bilanci.
Questo presuppone anche eventuali ricapitalizzazioni che però, avverte Bruxelles, dovranno svolgersi nel pieno rispetto delle regole sugli aiuti di Stato previste dall’Ue. La palla ora passa nelle mani del governo sloveno che, a questo punto, dovrà prendere provvedimenti duri e impopolari che metteranno a dura la prova la coesione dello stesso esecutivo.
Il commissario per gli affari economici e finanziari Olli Rehn ha ribadito che il tempo sta scadendo: “Ad aprile ho detto che la situazione della Slovenia era seria, ma ancora sotto controllo, se il governo avesse preso provvedimenti tempestivi. Confermo quelle parole anche oggi, ma dobbiamo renderci conto, che il tempo passa”.
La Slovenia deve risolvere i problemi del proprio settore bancario, eliminando così un serio problema per lo sviluppo del Paese. È quanto ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel nella conferenza stampa seguita all'incontro, a Berlino, con la premier slovena Alenka Bratusek.
È molto importante, ha aggiunto Merkel, che le banche slovene riconquistino la fiducia degli investitori internazionali. La cancelliera ha anche espresso il proprio apprezzamento per le privatizzazioni avviate dalla coalizione che sostiene Bratusek, annunciando l'interesse delle imprese tedesche.
“La Germania non è solo un paese amico della Slovenia, ma anche il suo partner economico più importante”, ha sottolineato Merkel. La Germania, ha aggiunto, è interessata a partecipare al processo di privatizzazioni in Slovenia, mentre il premier Bratusek da parte sua ha confermato, che le aziende tedesche sono le benvenute per eventuali investimenti in Slovenia.
Angela Merkel si è detta convinta che il governo sloveno sappia al meglio cosa debba fare per uscire dalla crisi. Tra gli impegni prioritari vi è il ritorno della fiducia nelle banche slovene, che però presuppone gli stress test da parte di agenzie internazionali. Tra i temi del colloquio a Berlino anche le possibili collaborazioni tra aziende start-up slovene e quelle tedesche, che hanno un punto forte nelle infrastrutture.
Il deficit pubblico della Slovenia registrato nei primi sei mesi dell'anno è risultato di 1,3 miliardi di euro: già nel primo semestre è stata quindi quasi superata la soglia del deficit di 1,5 miliardi di euro, prevista dall'ultima manovra finanziaria per tutto il 2013. Nello stesso periodo dell'anno scorso il deficit si era attestato a 850 milioni di euro.
Il deficit nel mese di giugno è stato di 135 milioni di euro, 40 milioni in meno rispetto a maggio, ma nettamente superiore al dato di giugno 2012, quando era risultato di soli 2,7 milioni di euro. I dati forniti dal ministero dell'Economia parlano di una spesa pubblica di 4,8 miliardi di euro per il primo semestre di quest'anno (a fronte dei 4,6 miliardi dell'anno scorso). Per l'anno in corso le previsioni della spesa pubblica sono di 9,6 miliardi di euro. I nuovi crediti, richiesti dallo stato sloveno nei primi sei mesi del 2013, sono stati di 4,3 miliardi di euro, nello stesso periodo sono stati ripagati 1,8 miliardi di debiti.
(fonte www.ilpiccolo.it 22 luglio 2013)
A dichiararlo è stato il ministro per le infrastrutture Samo Omrzel. Il governo di Lubiana in una prima dichiarazione nei giorni scorsi aveva annunciato l’astensione, perché oltre al rigassificatore di Zaule nella lista (che sarà votata in pacchetto) ci sono anche sette progetti che interessano la Slovenia.
Oggi il ministro Omerzel ha comunicato il cambio di linea e il no alla lista europea: «Con il voto negativo vogliamo mandare un segnale forte sulla nostra contrarietà al rigassificatore di Zaule».
In quel frangente, lo ricordiamo, gli “arrabbiati” avevano chiesto tra l’altro «una nuova politica economica in grado di creare occupazione, di garantire paghe decorose e la sicurezza sociale», «processi a carico di quanti negli ultimi 20 anni hanno derubato la Slovenia», la fine della «politica di tagli e di risparmi imposta dai diktat dell’elite finanziaria e politica europea», nonché «il congelamento dei patrimoni di coloro i quali nell’ultimo ventennio hanno gestito denaro pubblico ma non sono in grado di giustificare la provenienza dei propri beni immobili e finanziari».
Visti poi gli esiti degli ultimi processi in Slovenia dove sono volati anni di galera in clamorosi casi di corruzione e appropriazione indebita o abuso d’ufficio è chiaro che il proselitismo popolare degli “arrabbiati” è in grande ascesa. E i politici “di professione” se ne sono accorti e hanno iniziato a girare come api sul miele sul movimento popolare. I maggiori sommovimenti si hanno all’interno di una sinistra slovena sempre più spaccata in mille rivoli con altrettanti sedicenti leader o capibastone.
Il risultato è un’ulteriore frammentazione a sinistra con la più o mena velata intenzione di far nascere nuovi partiti riconducibili alla stessa area socio-ideologica. Il caso fin qui più palese è quello del Comitato per una società giusta e solidale che a fine maggio ha preannunciato l’intenzione di voler dare vita a una nuova formazione partitica di sinistra. Uno dei suoi leader, Tone Vrhovnik Straka parla di una dozzina di gruppi che hanno intensificato il confronto da cui scaturirà il programma del nuovo partito.
I fondatori sono tranquilli, dicono di poter contare già su circa 700 potenziali aderenti e che, quindi, non avranno difficoltà a raccogliere le 200 firme necessarie per la costituzione in partito politico. Tutto questo il prossimo autunno. E il Comitato strizza l’occhiolino al movimento degli “arrabbiati” invitandoli a confluire nell’iniziativa per «ridare rispetto alla politica». Ma la Vlv va con i piedi di piombo. Si rende conto che la trasformazione in partito potrebbe essere la pietra tombale sulla protesta. E sa che tante mani tese puntano solo a un abbraccio mortale. Insomma, “normalizzare per controllare”. «Non c’è fretta - frena Lubej - dobbiamo restare un movimento».
Pressure from European Union heightens political crisis in Slovenia
By Markus Salzmann
31 July 2013
The Slovenian government of Prime Minister Alenka Bratusek is coming under increasing pressure. While European Union (EU) representatives demand harsher austerity measures, a power struggle has erupted between the head of government and Zoran Jankovic, the influential mayor of the country’s capital, Ljubljana.
The European Commission is demanding more budget cuts from the euro zone country in ex-Yugoslavia. According to Slovenian media reports, representatives of the “euro group” of euro zone finance ministers declared that current efforts aimed at deficit reduction were inadequate.
It is feared that problems arising in its financial sector could make Slovenia the euro zone’s next major crisis, requiring a bailout from the European Stability Mechanism (ESM). Analysts regard Slovenia as the next candidate for a bailout from the euro zone countries’ rescue fund.
The European Commission wants Slovenia to limit new borrowing to less than 3 percent of gross domestic product (GDP) by 2015. This year’s debt is expected to reach 7.9 percent, because the state is pumping huge amounts of money into the banks.
Euro group leader Jeroen Dijsselbloem called on the government to reduce the escalating deficit by October, while EU monetary affairs commissioner Olli Rehn called the situation serious but manageable, warning that “the clock is ticking”.
After the euro group meeting, Slovenian finance minister Uros Cufer said EU officials would now discuss the new austerity measures that have to be implemented. Cufer told the STA news agency, “The European Commission is following our debate on the supplementary budget and regards our efforts to balance the budget as insufficient to meet their demands.”
Last April, the EU had already demanded rigorous cuts from Slovenia similar to those enforced on Greece and Cyprus. It demanded cuts to public sector wages cuts, to pension and social security systems, and in education and health care.
Bratusek recently faced criticism due to the deficit of 4.4 percent of the country’s GDP and found himself compelled to revise the budget. The EU recently allowed the government in Ljubljana two more years—until 2015—to effect a balanced budget. The deficit will amount to about €1.5 billion (US$2 billion) this year.
Slovenia is already paying huge sums to obtain these foreign loans. “Slovenia is currently expending about 1.5 percent of its budget just to pay them off”, said political analyst Marko Lovec. He doubts that the cuts made so far will be enough.
By resorting to tax increases and privatising many formerly state-owned enterprises, Bratusek is continuing policies of the former government of Janez Jansa. His aim is to make the population pay for the restoration of the countries’ ailing banks, which are in debt to the extent of approximately €7 billion (US$9.3 billion) or a fifth of the GDP.
Taxes were increased on July 1. The rate of VAT was increased by 1.0 percent to 9.5 percent, which the government estimates would bring about €1 billion (US$1.3 billion) into the state coffers. There were also cuts in public spending, and civil servants’ salaries were again reduced.
Public shares in the Mercator supermarket chain were sold off in May. The sales volume amounted to about €500,000 (US$664,000), making it the biggest privatisation transaction in recent years. The state also plans to sell public shares in a further 15 large companies, including those in the country’s second largest bank, Nova KBM, Slovenia Telecom, and Adria Airways. Bratusek has already announced that more companies will be privatised if necessary.
Government representatives have been officially protesting for months that they would be able to make the required cuts without the “troika”—the European Commission (EC), European Central Bank (ECB) and International Monetary Fund (IMF)—having to intervene.
When Bratusek and German chancellor Angela Merkel recently met, it was stressed that German companies should have the opportunity to participate in the privatisation of state enterprises in Slovenia.
Since the outbreak of the global economic crisis, unemployment in the country has risen by more than 10 percent. Poverty is becoming more and more acute. An average Slovenian family today spends almost 25 percent of its income on food alone. The government intends to transfer bad loans to a so-called bad bank, but this step has not yet received approval from the EC, apparently because the so-called stress tests for banks have not yet been completed.
The prospects for the former Yugoslav constituent republic are bleak. A recent report from the Ernst & Young accounting firm estimates that Slovenia’s economy will shrink by 4.9 percent this year, with the trend continuing into 2014. Exports to the EU are projected to fall 2.5 percent, and unemployment could reach 14 percent next year.
Under these conditions, violent conflicts are erupting inside the Slovenian political elite. Zoran Jankovic, Ljubljana’s mayor and former head of the Positive Slovenia (PS) party, publicly opposed the government’s financial plans.
Jankovic called on the party he himself founded to hold a party congress in order to reinstate him as its leader. Earlier this year, he was forced to step down from the party leadership over corruption allegations. “But Jankovic still has support within the party”, said political analyst Lovec in an interview. If it actually comes to a vote between Jankovic and Bratusek, the prime minister’s chances would be very slim.
The conflicts within the PS are purely tactical, however. Both Bratusek and Jankovic support the rigid austerity policy.
However, the return of Jankovic would dramatically affect the coalition. The PS’s coalition partners—the Desus pensioners’ party and the Social Democratic Party (SD)—have announced that Jankovic’s return to power would mean the collapse of government. Lovec comments, “If Jankovic triggers a political crisis, the stalling of budgetary consolidation and consequent inability to continue borrowing money on international markets would mean that the Troika would be heading for Slovenia”.
But the ruling parties above all fear a resurgence of popular protest. In late 2012 and early this year, tens of thousands participated in protests. The demonstrators’ anger was directed at the austerity programme of Janesz Jansa’s right-wing government, whose policies Bratusek is now continuing.
Slovenian government privatizes state corporations
By Markus Salzmann
16 September 2013
The Slovenian government is seeking to bail out the country’s heavily-indebted banks at the expense of the population through the privatization of 15 state-owned enterprises and other cost-cutting measures. These cuts are the government’s response to the demands of the European Union, which has long been calling for privatization and spending cuts.
The telecommunications company Telekom Slovenije, the country’s main airport, the airline Adria Airways, the laser manufacturer Fotona and the winter sports clothing firm Elan are also being put up for sale.
According to estimates by Citigroup, the sale of shares in these companies will raise between €500-€750 million, which will then be available to compensate Slovenia’s distressed banks. The privatization process will begin at the end of the month, Prime Minister Alenka Bratusek recently told reporters.
To speed up the sale of Telekom Slovenije, various shareholders, holding 73 percent of its shares, with a total value of €530 million, have signed an agreement.
A favorite among the potential investors is Deutsche Telekom, whose subsidiaries Hrvatski Telekom (Croatia) and Magyar Telekom (Hungary) delivered a memorandum of understanding for the sale of 49.13 percent of their own shares.
China Southern Airlines is on the verge of acquiring Adria Airways and is interested in the Joze Pucnik Aiport in the capital. This was confirmed by the managing director of the airport, Zmago Skobir. China Southern Airlines is the largest Asian carrier and is seeking to expand in Europe.
It is clear that the privatization of the 15 companies is only the beginning. According to the Wall Street Journal, there is an even larger potential for privatization in Slovenia, where the government holds shares in over 80 companies with a value of just under €9 billion. “I think there is a reluctance still to sell the family silver,” Timothy Ash of Standard Bank told the Wall Street Journal .
In contrast to other Eastern European countries where state-owned enterprises were sold off quickly in the 1990s, the privatization process in Slovenia has been slower, with many industries and factories remaining at least partially under state control. This was one of the reasons for the relative prosperity in Slovenia and its low unemployment rate compared to other Eastern European countries. Currently one in eight employees works in a state-owned enterprise.
The sale of public enterprises comes together with layoffs, the reduction of wages and deteriorating working conditions, the proceeds of which will be used to pay off the banks’ debts.
The total of the “bad” loans on the balance sheets of Slovenian banks is estimated at around €7 billion, about 20 percent of the country’s GDP. Support extended to the financial institutions has caused the country's budget deficit to hit 7.9 percent of GDP, the highest in Europe. Around €1.2 billion were recently pumped into the Nova Ljubljanska Bank and the Nova Kreditna Banka Maribor to keep them afloat. Last year, Slovenia’s budget deficit was 4 percent of GDP.
The planned establishment in June of a so-called “bad bank,” which would receive underperforming assets from the Slovenian banks, has been postponed. A spokesman for the Slovenian “bad bank” (DUBT) said the European Commission has still not cleared asset transfers to take place. Observers assume that the Commission wants to wait for results of “stress tests” planned for 18 Slovenian banks, and results are expected by the end of the year.
As in Greece and Cyprus, the EU is pressing Slovenia to implement massive cuts to social spending and workers’ wages. In July, Brussels urged Slovenia to carry out “more effective” measures. The austerity programs that have already been implemented, including cuts in wages in the public sector, the raising of the retirement age and an increase in the standard value added tax (VAT) rate by two percentage points, has led to a deepening of the recession.
Saso Stanovnik, Chief Economist of the investment firm Alta Invest, said, “We can expect a steeper fall of consumption, and also of GDP, in the third quarter precisely because of the VAT increase.”
In the first six months of this year, Slovenia’s GDP fell by 3.2 percent, and economists expect a further 3 percent contraction by the end of the year. The decisive factor for the massive slump is shrinking domestic demand as a result of austerity measures. Unemployment, which is already at 9.6 percent, could reach 14 percent in the coming year.
At the same time, corporate taxes will be incrementally reduced by 2015 from 20 to 15 percent. Business organizations argue, however, that even this tax cut is insufficient. Recently they gave the government a “wish list,” demanding, among other things, further tax cuts and a deregulation of labor laws to improve competitiveness.
In March of this year the center-left coalition of Positive Slovenia (PS), the Social Democrats (SD) and the Democratic Party of Pensioners of Slovenia (DeSus), formed a government claiming they would rectify the budget deficit. So far the government has done nothing to quell fears that Slovenia will be the next candidate for a bailout from the EU.
Following renewed pressure from Brussels, Prime Minister Alenka Bratusek (PS) announced new austerity measures, which will be made public in late September. “The measures will not be popular,” Bratusek declared, adding, “We do not know exactly how much we need and how much we will save with the new package.”
su www.ilpiccolo.it 2 ottobre 2013
L’Unione europea manda gli ispettori in Slovenia. Con un tempismo perfetto la Commissione Ue, esattamente il giorno dopo l’approvazione della legge di stabilità 2014-2015 da parte del governo Bratušek, invia un proprio pool di funzionari assieme a un gruppo di ispettori della Bce a verificare quanto fatto da Lubiana a fronte delle nove richieste formulate dalla Commissione stessa lo scorso maggio. In quella occasione Bruxelles aveva dato quattro mesi di tempo alla Slovenia per rimettere i suoi conti in ordine e stabilizzare i suoi dati macroeconomici “graziando” così di fatto Lubiana del provvedimento di infrazione.
«È una missione tecnica - precisano dalla Commissione Ue - che fa parte di un processo e non è connessa alle voci di una richiesta di aiuto all’Europa da parte della Slovenia». Ricordiamo che l’Europa ha chiesto a Lubiana di provvedere al ribilanciamento dei propri dati macroeconomici, aggiustare i bilanci delle banche, attuare una concreta privatizzazione, trovare una soluzione al super indebitamento delle proprie aziende, proseguire nel consolidamento delle finanze pubbliche, migliorare la concorrenzialità, riformare il sistema pensionistico e il mercato del lavoro nonché migliorare il sistema giudiziario per quanto riguarda l’eccessiva lentezza delle sentenze civili e commerciali di primo grado.
E adesso è giunto il momento, per la Commissione Ue e la Bce, di controllare se “i compiti a casa” affidati al governo sloveno sono stati svolti correttamente. E per vedere qual è la reale situazione della Slovenia basta leggere gli ultimi dati appena emessi dall’Ufficio nazionale per le elaborazioni statistiche. Nel primo semestre di quest'anno la Slovenia ha ricapitalizzato le proprie banche per un totale di 441 milioni di euro. Tale iniezione di liquidità negli istituti bancari ha comportato un deficit del 10,1% nel primo trimestre e del 4,7% nel secondo.
Il debito pubblico sloveno a fine del primo trimestre è stato di 19,1 miliardi di euro per un ammontare del 54,8% del Pil. Gli introiti dalle imposte e dalla tassazione nel secondo semestre dell'anno in corso sono cresciuti del 3,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Le uscite dalle casse dello stato per coprire gli interessi dall'indebitamento nel primo semestre sono state calcolate in 428 milioni di euro ovvero l'11,3% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. L’Ufficio di analisi macroeconomica e sviluppo (Umar) fa sapere invece che il Pil nel 2014 farà segnare un -0,8% mentre una leggera crescita è prevista per il 2015 (+0,4%).
Così appare del tutto giustificata la critica mossa da molti analisti economici sloveni alla legge di stabilità predisposta dal governo definita «del tutto ottimistica». Pesanti anche le critiche dell’opposizione. «Con questa legge di bilancio - afferma il leader dei democratici (Sds) ed ex premier Janez Janša (centrodestra) - la Slovenia ha definitivamente abdicato alla sua scelta di risolvere la crisi senza chiedere aiuti». «Per questo - incalza ancora Janša - consigliamo il governo di riconoscere quanto prima la propria incapacità di risolvere da solo i problemi del Paese e di chiedere quanto prima un aiuto alle istituzioni internazionali».
L’ex premier sostiene inoltre che anche i governi degli altri Paesi in gravi difficoltà continuavano a ripetere di non necessitare degli aiuti internazionali come la Grecia o Cipro. «Ecco - precisa pungente Janša - la situazione slovena è a mezza via tra quelle di Atene e di Nicosia». La vera palla al piede della Slovenia è la pesante crisi del sistema creditizio. Gli esiti degli stress test che si stanno effettuando sulle tre principali banche del Paese (Nova Ljubljanska Banka, Nova Kreditna Banka Maribor e Abanka) saranno noti i primo di novembre ma appare sempre più chiaro che l’operazione salvataggio avrà bisogno di 5 miliardi di euro. Dove trovarli?
Lubiana si trova sotto i riflettori dell’Esecutivo comunitario. I motivi sono di carattere strettamente economico e finanziario. La Slovenia deve mettere ordine nei conti e fare i “compiti per casa” richiesti da Bruxelles. I funzionari dell’UE, comunque, non hanno fretta.
Appena a metà novembre, infatti, si troveranno sul tavolo della Commissione europea i documenti di bilancio sloveni per i prossimi due anni. Fino ad allora non arriveranno prese di posizioni ufficiali da Bruxelles. Lo ha detto il portavoce del commissario europeo agli Affari monetari, Olli Rehn.
Gli esperti della Commissione europea, come rileva Radio Capodistria, esamineranno attentamente i due documenti, poi verrà espressa una valutazione come per tutti gli altri Paesi dell’Eurozona. Secondo fonti ufficiose, le nuove Finanziarie non sarebbero strutturate in maniera tale da seguire tutte le direttive di Bruxelles; una delle riserve riguarderebbe il pianificato taglio degli investimenti invece del ridimensionamento delle spese correnti.
Pertanto è possibile che il governo sloveno debba apportare delle modifiche alle due Finanziarie, sulla base delle indicazioni che arriveranno da Bruxelles. Quello che conta, sottolinea il portavoce di Rehn, è ridare fiducia all’economia, progredendo su tre fronti; consolidamento fiscale, sanamento del sistema finanziario e privatizzazione delle principali società statali.
Per quanto riguarda le previsioni rese note ieri dall’ufficio per le analisi macroeconomiche e lo sviluppo, il portavoce di Rehn ha detto che la Commissione europea pubblicherà le proprie previsioni autunnali il prossimo 5 novembre; in quell’occasione terrà conto di entrambi i bilanci preparati dal governo e di tutti gli altri provvedimenti fiscali e strutturali. Nessun commento alle voci di un possibile programma di aiuti alla Slovenia.
Da segnalare in proposito che è in missione a Lubiana una delegazione della Commissione europea e della BCE per verifiche sull’attuazione delle riforme macroeconomiche; si tratta di una missione tecnica - assicurano fonti dell’UE, - assolutamente non legata all’ipotesi di richieste d’aiuto slovene all’estero.
Ma gli occhi ora sono puntati soprattutto sulla missione a Lubiana di una delegazione della Commissione europea, composta da rappresentanti per gli affari economici e monetari. Al centro degli incontri anche la questione del reddito minimo garantito e di altri interventi in materia di politica sociale, tutti però strettamente legati alla situazione economica del paese.
Alla domanda se la Slovenia debba ricorrere agli aiuti del meccanismo europeo di stabilità, detto anche fondo salvastati, il ministro Mrak Kopač - come riporta Radio Capodistria - ha detto di non averne discusso con il commissario Andor e di non voler fare congetture. Il ministro ha confermato che entro l’anno sarà pronto lo schema di garanzia per i giovani, elemento chiave per combattere la disoccupazione in questa fascia della popolazione attiva. Il quadro finanziario non è stato ancora definito. La Slovenia conta comunque sui fondi europei per incentivare l’occupazione. Sono in ballo 8 milioni di euro circa.
Lubiana è stata inserita all’ultimo momento nello schema di garanzia europeo, che prevede stanziamenti a quei Paesi che hanno aree con una disoccupazione giovanile superiore al 25 p.c. I fondi previsti dal bilancio comunitario 2014-2020 andranno dai 6 agli 8 miliardi di euro. Si è recato intanto in missione a Bruxelles - come sottolinea Radio Capodistria -, il ministro del Lavoro, della Famiglia, degli Affari sociali e delle Pari opportunità, Anja Kopač Mrak. Nella capitale belga ha avuto colloqui con il commissario europeo alla Politica occupazionale e agli Affari sociali, Laszlo Andor.
Si è trattato di un’occasione per parlare di riforme e politica sociale. Si è discusso anche di disoccupazione giovanile. Il ministro ha ribadito che il problema chiave per la Slovenia è il sistema bancario, non le riforme che riguardano direttamente il suo dicastero.
Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha rivisto al ribasso le stime della recessione slovena: per l'anno in corso la contrazione del Pil dovrebbe essere del 2,6% (le previsioni di aprile parlavano di un -2,5%), per il 2014 si prevede invece un calo dell' 1,4% (ad aprile era prevista una crescita dell' 1,5%).
Se le stime saranno confermate, la Slovenia sarà l'unico Stato dell'eurozona oltre a Cipro a registrare una contrazione dell'economia. L'inflazione slovena, sempre secondo i dati Fmi, dovrebbe essere del 2,3% nel 2013 e dell'1,8% nel 2014. Il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare leggermente dal 10,3% del 2013 al 10,9% nel 2014 mantenendosi comunque sotto la media europea del 12,3%.
Mounting government crisis in Slovenia
By Markus Salzmann
28 October 2013
At the end of September, Slovenia’s government declared for the first time that it would apply for support for the country’s highly indebted banks from the European Union (EU). Until then, the centre-left coalition led by Prime Minister Alenka Bratusek had repeatedly opposed the subordination of the country to the EU’s permanent bailout fund (ESM), while imposing their own strict austerity and privatisation measures.
Slovenia has been a candidate for a bailout from the ESM and International Monetary Fund (IMF) for some time. The European Central Bank has already allegedly pressed the government to apply for funds from the ESM. A final decision is expected after the results of the banks’ stress tests, which are due in November.
The crisis situation has recently intensified, as two smaller banks were shut down by the central bank because they had huge amounts of bad loans on their books. Slovenia’s banks, which are mainly controlled by the state, are sitting on bad debt totalling more than €7.5 billion, which is equivalent to more than 20 percent of GDP.
In addition, Slovenia has been severely affected by the global economic crisis due to its dependence on exports. The head of the central bank Bostjan Jazbec stated recently that the domestic economy would contract this year by 2.6 percent, much more than the 1.9 percent previously anticipated.
All estimates suggest that the recession will continue until 2015 in the country that has been an EU member since 2004. Although Slovenia’s economic output forms only a tiny fraction of the EU’s overall output, a further bailout programme would sharply diminish the trust of the markets in the Euro zone, as several analysts have noted.
The European Commission and Eurogroup chairman Jeroen Dissjelbloem has demanded energetic reforms from the government. The government presented a draft budget earlier this month, aimed at cutting the budget from 7.9 percent to 3 percent by 2015. The budget is to be adopted in parliament at the end of November.
Prime Minister Alenka Bratusek explained that although the budget was “risky”, it was the only way to solve the country’s problems without the assistance of the EU and IMF. The government has already passed an austerity programme earlier this year. It increased VAT to 22 percent, reduced wages in the public sector and offered up 15 state companies for privatisation.
At the end of last year and in early 2013, hundreds of thousands participated in demonstrations against the radical spending cuts. Prior to the outbreak of the financial crisis, the unemployed, pensioners and single parents were already living in poverty. Since then, the number of those in poverty has sharply increased. Currently 15 percent of Slovenians live below the poverty line. Roughly 45 percent of those employed earn less than €600 per month. Officially, the average wage in Slovenia is €900.
The crisis has led to sharp conflicts within the ruling elite. Bratusek has tied the passage of the budget to a vote of confidence in her government in order to force through the cuts. “The budget is the most important document of every government. Therefore I find it reasonable to attach it to a vote of confidence,” she stated.
However, although Bratusek was able to win the vote in cabinet, the conflict is by no means over. Within the governing coalition and her own party disputes are intensifying.
Bratusek’s party, Positive Slovenia (PS), cancelled its long planned party conference at the end of September to prevent an escalation of the political crisis. A struggle over the vote for party leader was threatened at the congress, which was originally planned for October 19. Ljubljana mayor Zoran Jankovic, who founded the party in 2011, was contemplating the removal of Bratusek and taking over the leadership himself once again.
Bratusek announced she would resign as head of government if she lost the party leadership. This would have inevitably led to new elections, delaying the austerity measures and making the acceptance of an EU bailout unavoidable. For these reasons, the leadership of the PS backed Bratusek and postponed the congress for two years. The deputy leader of the PS, Masa Kociper, justified this to the press by saying that “the interests of the state are more important than those of the party.”
The PS’s coalition partners, the Social Democrats (SD) and the Pensioners’ Party (DeSus), declared that they would give up their place in the government if Jankovic took over the leadership of the party. Jankovic resigned as party leader in February, clearing the way for the foundation of the coalition under Bratusek. The two coalition partners had refused to cooperate with Jankovic, who is implicated in a number of corruption scandals.
Business circles welcomed the cancellation of the PS’s party congress. “Catastrophe prevented, a sigh of relief for Slovenia’s credit worthiness,” remarked Abbas Ameli-Renani from the Royal Bank of Scotland. In the opinion of analysts, international assistance is still likely to be required. According to Bratusek, at this point the amount of money required by the banks is “completely unknown.” As a result, the government is planning further cuts. “We are preparing further intensive measures so that we do not need to ask for assistance.”