da "Il Corriere della Sera", 28 maggio 2002,
sezione Cultura, pag. 35
CRIMINI DI GUERRA
In un saggio Massimo Nava
denuncia che il processo all'ex
presidente serbo rischia di
oscurare le colpe di altri personaggi
Milosevic, il «cattivo» dei
Balcani pagherà per tutti
Come un sovrano prima dell'esilio, nei suoi ultimi giorni
alla Casa Bianca il presidente uscente svuota i cassetti,
si congeda dai collaboratori e concede la grazia a qualche
detenuto eccellente. Bill Clinton fece di più: firmò il
trattato che aveva istituito a Roma nel 1998 il tribunale
penale internazionale per i crimini di guerra. Fu un gesto
simbolico e provocatorio. Non aveva firmato l'accordo al
momento della sua conclusione e sapeva perfettamente che il
Congresso non lo avrebbe mai ratificato. Forse volle mettere
in imbarazzo il suo successore, forse volle aggiungere una
pennellata al proprio autoritratto e trasmettere ai posteri
un segno della politica che avrebbe fatto se fosse stato
libero di agire. George W. Bush, dal canto suo, lasciò passare
sedici mesi e revocò la firma. Esiste così, nel campo del
nuovo diritto umanitario internazionale, una singolare
contraddizione. L'America ha approvato i tribunali regionali
per i crimini di guerra in Ruanda e nella ex Jugoslavia,
ma non intende sottoscrivere l'accordo per il tribunale
penale internazionale. L'America ha duramente imposto al
governo di Belgrado, con una specie di ricatto finanziario,
l'estradizione di Slobodan Milosevic, ma non accetta
organismi internazionali che potrebbero processare un giorno
cittadini americani.
Questa è soltanto una delle contraddizioni che emergono
dal libro di Massimo Nava ( Imputato Milosevic ) sul processo
che si sta celebrando in Olanda contro l'ex presidente
jugoslavo. Ve ne sono altre, non meno interessanti. Per
ammissione degli stessi americani Milosevic ebbe un ruolo
decisivo nei negoziati con cui terminarono a Dayton, alla
fine del 1995, la guerra di Croazia e quella di Bosnia. Se
ebbe responsabilità in quelle vicende, le sue colpe furono
quindi largamente «amnistiate» dai riconoscimenti che gli
vennero tributati in quella occasione. È giusto
processarlo ora per i fatti croati di quegli anni?
Nel periodo che precedette l'intervento della Nato in Kosovo,
l'Uck (esercito di liberazione kosovaro) fu considerato
dagli americani una organizzazione terroristica. È giusto,
soprattutto dopo gli avvenimenti dell'11 settembre,
processare Milosevic per avere combattuto il terrorismo a
casa sua?
In questi ultimi mesi l'America ha ripetutamente approvato
le misure militari disposte dal premier israeliano Ariel
Sharon per demolire le «infrastrutture del terrorismo» nei
territori occupati. E' giusto processare Milosevic per
avere fatto, sia pure con maggiore durezza, la stessa
politica? Per avere la collaborazione della Russia nella
guerra afghana, l'America ha smesso da qualche mese di
criticare le dure repressioni dell'esercito russo in
Cecenia. È giusto processare Milosevic e associare Putin
ai lavori della Nato?
Ma Nava non si limita a segnalare queste contraddizioni.
Ha assistito, come inviato del Corriere, alle vicende
balcaniche degli anni Novanta, conosce l'imbroglio jugoslavo,
ricorda quanti governi e uomini politici abbiano contribuito
a creare le condizioni del dramma che si è consumato nella
penisola fra il 1991 e il 1999. Sa, ad esempio, che il
riconoscimento tedesco delle prime due repubbliche
secessioniste (Slovenia e Croazia) fu imprudente e
intempestivo. Sa che il premier bosniaco Alija Izetbegovic
faceva, sin dall'inizio degli anni Novanta, una aggressiva
politica islamica. Sa che gli americani favorirono il
rafforzamento dell'esercito croato e aiutarono Franjo
Tudjiman, uno dei maggiori responsabili della grande crisi
balcanica. Il processo dell'Aja (è questa una delle
conclusioni a cui giunge il libro di Nava) ha l'effetto di
oscurare queste vicende. Nel grande dramma jugoslavo
esiste ormai un solo «cattivo»: Slobodan Milosevic.
Non so se questa possa definirsi «giustizia» . So che da
questa vicenda giudiziaria la storia del dramma jugoslavo
rischia di uscire falsata e incomprensibile.
Sergio Romano
Il libro:
Massimo Nava,
«Imputato Milosevic. Il processo ai vinti e l'eticadella guerra»,
Editore Fazi, pp. 237, euro 14,00
Germinal Civikov
DER MILOSEVIC-PROZESS
Bericht eines Beobachters
ISBN 3-85371-264-9, br., 216
Seiten, 13,90 Euro, 24,70 sFr.
Zum Buch:
Am 11. März 2006 wurde
Slobodan Milosevic tot in seiner Zelle in Den Haag
aufgefunden. Damit fand der so genannte "Prozess des
Jahrhunderts" gegen den Präsidenten des dritten und letzten
Jugoslawien ein jähes, unerwartetes Ende. Der 1995 vom
UNO-Sicherheitsrat ins Leben gerufene Internationale
Strafgerichtshof für das ehemalige Jugoslawien (ICTY) hatte am
27. Mai 1999, mitten im Bombenkrieg der NATO gegen Belgrad,
Anklage gegen den damaligen jugoslawischen Präsidenten wegen
Kriegsverbrechen in der Provinz Kosovo erhoben. Im Oktober und
November 2001 erweiterte das Tribunal die Anklageschrift auf
Kriegsverbrechen und Vertreibungen in Kroatien 1991-1992 sowie
auf Völkermord in Bosnien 1992-1995. Im Februar 2002 wurden
die drei Anklagen zu einem Gesamtprozess gebündelt.
Nach 300 Zeugen der Anklage lief seit September 2005 die
Beweisführung der Verteidigung.
In der Essenz der Anklage warf der Strafgerichtshof Milosevic
vor, eine kriminelle Vereinigung (Joint Criminal Enterprise)
angeführt zu haben, die auf den Trümmern des zerfallenen
Jugoslawien ein Groß-Serbien errichten wollte. Als Mittel zu
diesem Zweck hätten Milosevic und seine Vereinigung die Kriege
in Kroatien, Bosnien und im Kosovo entfacht, systematische
ethnische Säuberungen durchgeführt und verschiedene
Kriegsverbrechen verübt, darunter auch einen Völkermord in
Bosnien. In seiner Verteidigung klagte Milosevic seinerseits
die führenden westlichen Staaten an, politisch und militärisch
die separatistischen Kräfte unterstützt und auf diese Weise
den blutigen Zerfall Jugoslawiens vorangetrieben zu haben.
Germinal Civikov, während des Prozesses von Beginn an als
Journalist anwesend, berichtet in diesem Buch vom Verlauf und
Wesen des Verfahrens, wie er es beobachtet hat. Die
Beweisführung der Anklage erfuhr ein komplettes Fiasko, das
Verfahren erwies sich als politischer Schauprozess, in dem
Richter und Ankläger in ihren Rollen oft nicht zu
unterscheiden waren, während die so genannte
"Wahrheitsfindung" zu einer Farce geriet, deren Drehbuch
politischen Vorgaben folgte. Alles in allem war es ein der
europäischen Rechtsstaatlichkeit und der strafrechtlichen
Kultur wesensfremder Prozess, den schon aus diesem Grund die
Öffentlichkeit nie hätte zulassen dürfen.
Zum Autor:
Germinal Civikov ist 1945 in der bulgarischen Donaustadt Russe
geboren und lebt sein 1975 in den Niederlanden. Er hat in
Sofia und Leiden Germanistik und Slavistik studiert und war
bis 2004 Redakteur bei der Südosteuropa-Redaktion der
"Deutschen Welle". Seine kritischen Beobachtungen zum
Milosevic -Prozess veröffentlicht der Autor seit 2002 in
zahlreichen Artikeln für niederländische, deutsche und
bulgarische Zeitungen. 2004 war er am dreiteiligen
Dokumentarfilm "Der Fall Milosevic" beteiligt, den der
Regisseur Jos de Putter für das niederländische Fernsehen
gedreht hat und der dort mehrmals zu sehen war.