(pagine in costruzione)
SLOBODAN MILOŠEVIĆ (1941-2006):
UN LEADER JUGOSLAVO
COMMENTI, ANALISI ED ALTRI TESTI
SUL "TRIBUNALE AD HOC"
E LA FIGURA DI CARLA DEL PONTE
I LINK
J. Cadima: Milosevic
e l'attualità. La via della guerra è un enorme pericolo
(2016)
Le
Tribunal Pénal International pour l’ex-Yougoslavie: essai
de bilan
par Robert Charvin, 2 Mai 2016 (Source: Investig’Action)
1. La confusion juridique originaire du
TPY / 2. Le T.P.I.Y, un allié stratégique d’une partie
belligérante / 3. L’autonomie relative du T.P.Y
vis-à-vis de l’OTAN et de l’ONU / 4. Un humanisme
sélectif
Radovan
Karadzic condannato a 40 anni di carcere
di Pacifico Scamardella (CIVG, 3 aprile 2016 – anche su
JUGOINFO)
Diritto
e ... rovescio internazionale nel caso jugoslavo
di Andrea Martocchia, segretario Coord. Naz. per la
Jugoslavia ONLUS (su Marx21 n.1/2015)
Flashback / Diritto, adieu / La notizia più recente / Il
Kosovo e la missione EULEX / Altri aspetti dello stato di
illegalità in Kosovo / Il caso Jelisić / La magistratura
come prosecuzione della guerra con altri mezzi
Milosevic's
death: political assassination blamed on victim
By Sara Flounders
(Co-Director, International Action Center, NYC, 16/3/2006)
The Milosevic Case
John Catalinotto Interviews
Sara Flounders (Swans - March 27, 2006)
ARCHIVIO
DOCUMENTAZIONE ICDSM-ITALIA
contenente le cronache dal "Tribunale ad hoc" censurate dai
media
e le prove che la morte di Milošević è stata perseguita
lucidamente dalla "Corte" per anni
LE RISORGIVE CARSICHE
DI PETER HANDKE
Considerazioni sui pensieri di Handke in merito al suo incontro
con Milosevic nella galera dell'Aia
di Italo Slavo - luglio 2005
SREBRENICA:
PREMIATO
ALL'AIA IL RESPONSABILE DEI MORTI SERBI
Pieni voti per il criminale di guerra Nasir Oric (JUGOINFO 4
luglio 2008)
GRAVEYARD HUMOR IN BELGRADE
with an important section on Vojislav Seselj'
"trial" and the ICTY
By Diana Johnstone - Counterpunch
/ Global
Research, May 23, 2012 - also on
JUGOINFO
INTRODUZIONE
del prof. Aldo Bernardini
al volume: Srebrenica. Come
sono andate veramente le cose (ed. Zambon, 2012)
con importanti considerazioni sulla farsa delle nuove
"Norimberga"
IL "PROCESSO" A MILOSEVIC E LA
VERA NATURA DEL "TRIBUNALE AD HOC" DELL'AIA: I LIBRI ED ALTRI LINK
Il saggio seguente è apparso nel volume “In difesa della Jugoslavia” (Zambon 2005)
Processo Milosevic: un "processo alle intenzioni"
a cura di ICDSM-Italia (Sezione Italiana del Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic)
(22) Il testo "Le Tablas di Daimiel - relazione di un
testimone di passaggio sul processo contro Slobodan
Milosevic",
risale al gennaio 2005, ed è apparso nel fascicolo estivo
2005 del bimestrale tedesco "Literaturen".
Elementi per un profilo di Carla Del Ponte
(The following essay in the original english version:
Milosevic’s Death In The Propaganda System - By Edward S. Herman and David Peterson
http://www.electricpolitics.com/2006/05/milosevics_death_in_the_propag.html )
La morte di Milosevic e il sistema di propaganda dei media
di Edward S. Herman e David Peterson
Pubblicato in Z Magazine nel maggio 2006
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
“Il ventre dal quale è uscita la bestia immonda è ancora fecondo!” Bertolt Brecht
La morte dell’ex Presidente della Jugoslavia Slobodan Milosevic, avvenuta l’11 marzo 2006 nella sua cella della prigione all’Aja, veniva salutata allo stesso modo dai circoli politici Occidentali e dal sistema dei media, con una profusione di cattiveria che rifletteva il ruolo di demonio che gli era stato assegnato dalla fabbrica del mito (in questo caso, negativo; n.d.tr.) negli ultimi 15 anni. Milosevic era un “mostro,” un “sociopatico,” e un “criminale di guerra che aveva mandato in rovina l’Europa sud-orientale durante l’ultimo periodo del ventesimo secolo”.
L’ex Ambasciatore USA alle Nazioni Unite e uno degli artefici determinanti della politica dell’era Clinton per l’area Balcanica, Richard Holbrooke, inviava di prima mattina il seguente cablogramma a “News Network”: “Milosevic ha scatenato quattro guerre. Le ha perse tutte. La più grande di queste è stata quella di Bosnia, dove sono morte più di 300.000 persone, ed ha prodotto due milioni e mezzo di senza tetto. E noi lo abbiamo bombardato solo nell’agosto e nel settembre del 1995. Avremmo dovuto farlo molto prima.”[1]
Durante quel giorno, e nei dieci giorni successivi la sua morte, venivano usati termini come “Macellaio dei Balcani” e “Macellaio di Belgrado” per dozzine e forse per centinaia di volte, per parlare solo dei media USA ( ma con uso diffuso anche all’estero).[2]
Milosevic era il demonio inserito fra due cicli di demonizzazione di Saddam Hussein (1990-1991 e 2002-2006). Allora, il “Macellaio dei Balcani” veniva elevato allo stesso pantheon dei mostri designati ufficialmente, come il “Macellaio di Baghdad”, mentre un altro soggetto come Ariel Sharon, anche se la sua invasione del Libano del 1982 e le conseguenti stragi di Sabra e Shatila da lui dirette venivano citate dal Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex Jugoslavia (ICTY, o Tribunale per la Jugoslavia) come esempio emblematico di “genocidio”, [3] rimane un uomo di stato onorato, un “uomo di pace”, e certamente non verrà mai definito come il “Macellaio di Tel Aviv.”
Il fondamento politico di questi epiteti assume maggior chiarezza in quanto Milosevic era stato il partner di Richard Holbrooke per il conseguimento degli accordi di Pace di Dayton del 1995, con i leaders Serbo-Bosniaci Ratko Mladic e Radovan Karadzic, in seguito considerati suoi compagni di scellerataggini, ed inoltre imputati dall’ICTY come criminali di guerra.
“La gente continua a chiedersi se Milosevic si stia adoperando positivamente per un accordo di pace,” così dichiarava Holbrooke a Dayton. “È impossibile rispondere adesso a questa domanda. Tutti noi sappiamo come lui si sia ben adoperato su tutto... negli ultimi quattro mesi.” [4]
Parimenti, Saddam Hussein era stato un partner degli Stati Uniti e della Gran Bretagna per tutti gli anni ’80, ricevendo appoggio economico, aiuti militari e sostegno diplomatico da parte di questa coalizione Anglo-Americana. Allora non vi erano state designazioni di “macellaio”, sebbene proprio in questo periodo il comportamento di Saddam risultasse dei più implacabili e usasse realmente allora “armi di distruzione di massa”, comunque sempre con il sostegno dell’Occidente. Il suo risultare esente dal linguaggio offensivo e diffamatorio, così come da sanzioni, bombardamenti, processi presso corti internazionali di giustizia, derivava dall’offerta dei suoi servigi considerata positivamente, e naturalmente le stesse esenzioni venivano attribuite alla potenza che era in grado di guidare e/o di usare questi leaders subalterni![5]
Per quel che concerne Milosevic, inizialmente le sue imputazioni per crimini di guerra da parte dell’ ICTY, il 22 maggio 1999, non riguardavano per nulla la questione Bosniaca – si fondavano solamente su una sua supposta “autorità superiore” e sulla responsabilità di 344 morti in Kosovo, ma 299 di queste erano avvenute dopo che la NATO aveva dato inizio alla sua guerra di bombardamenti contro la Jugoslavia, il 24 marzo 1999. [6]
La Croazia e la Bosnia sono state tirate in ballo dalla Pubblica Accusa dell’ICTY solo diversi mesi dopo il rapimento di Milosevic del 28 giugno 2001 e il suo trasferimento all’Aja, probabilmente per il fatto che il numero dei corpi trovati in Kosovo dopo la fine della guerra di bombardamenti era deludentemente piccolo e certamente non sufficiente a sostenere un’accusa di “genocidio” [7]
Ecco dunque la Croazia e specialmente la Bosnia, anche se questo faceva sorgere un potenziale numero di problemi, e si presentava l’imbarazzo di aver aspettato sei anni per affibbiare a Milosevic la nomea di anima nera per questi casi, e per giunta veniva sollevato il problema del suo ruolo costruttivo a Dayton e dei suoi precedenti sforzi per la pace (descritti più avanti).
Comunque, il Tribunale può contare sul sistema mediatico che non crea attenzione su questi scomodi argomenti, e di questi argomenti voi non troverete traccia sul New York Times nei numerosi articoli di Marlise Simons sul processo a Milosevic. [8]
Rispetto
ai numerosi problemi, l’atteggiamento troppo favorevole a
resoconti demonizzanti da parte del sistema dei media
avveniva ad alto livello.
Per il Kosovo, i Dipartimenti della Difesa e di Stato degli USA a varie riprese avevano dichiarato durante la guerra di bombardamenti che 100.000, 225.000 e in una conferenza stampa addirittura 500.000 Albanesi Kosovari erano stati uccisi dall’esercito Jugoslavo.[9] Alla fine il numero si riduceva a 11.000, sebbene dopo una ricerca eccezionalmente intensiva venivano trovati solo circa 4.000 corpi, compresi un numero imprecisato di corpi di combattenti e di vittime delle azioni della NATO e dell’UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo); e fino ai primi di marzo 2006 solo 2.398 persone delle liste della Croce Rossa risultavano ancora scomparse.[10]
Mai vi è stato qualche cenno di criticismo nel sistema dei media sui numeri gonfiati forniti ufficialmente dagli USA, non vi è stato mai alcun dubbio espresso sull’esattezza della cifra di 11.000 morti, sebbene questa cifra fosse fornita da fonti di provata inaffidabilità e fosse del 70% più alta della cifra ufficiale dei corpi, comprendente anche quelli dell’elenco degli scomparsi, complessivamente una cifra pari a 6.398.
Sul New York Times, Michael Ignatieff spiegava che se il numero dei corpi trovati era stato inferiore agli 11.000, allora la causa era dovuta al fatto che i Serbi avevano rimosso i cadaveri.[11] Costui non ha spiegato mai che il numero dei corpi e degli scomparsi complessivamente era crollato ben sotto agli 11.000, ma non aveva nulla da preoccuparsi: quando si ha a che fare con un nemico da demonizzare, tutto va bene.
Nel gennaio 1993, ufficiali Bosniaco-Musulmani andavano asserendo che 200.000 o, qualche volta, un numero più alto di Musulmani di Bosnia erano stati massacrati dai Serbi, [12] e malgrado le cifre fossero non verificate ed emesse da una fonte prevenuta, questi numeri venivano immediatamente accettati e resi ufficiali dal sistema mediatico e da quei giornalisti che conducevano la campagna in favore della guerra, come David Rieff, Ignatieff, Christopher Hitchens, Ed Vulliamy.
Le valutazioni al ribasso, sotto i 100.000, dell’ex funzionario del Dipartimento di Stato George Kenney e di altri che avevano accesso ai dati di intelligence, venivano semplicemente ignorate. Comunque, nel 2003, uno studio di Ewa Tabeau e Jakub Bijak, ricercatori per conto dell’Unità Demografica dell’Ufficio della Pubblica Accusa dell’ICTY, e una successiva ricerca di Mirsad Tokaca, del Centro Documentazioni e Ricerche di base a Sarajevo e finanziato dai governi della Bosnia e della Norvegia, entrambi concordavano su una stima complessiva di morti Bosniaci dell’ordine dei 100.000.[13] Secondo lo studio di Tabeau-Bijak, solo 55.000 fra questi erano di civili, compresi più di 16.000 Serbi.
Certamente si tratta di numeri non trascurabili, ma molto meno dei 200.000 (o più) Musulmani di Bosnia soddisfacenti ad appagare la smania di montare un caso sul fatto che quelli fossero stati vittime di “genocidio” e per giustificare l’intensa concentrazione di attenzione su questa area di uccisioni in confronto ad altre, alcune delle quali vedevano implicati numeri di vittime a sette cifre.[14]
Si dovrebbe sottolineare che allora vi era stata come una sfida a rivendicare il numero degli ammazzamenti avvenuti durante il massacro di Srebrenica, che dagli eventi del luglio 1995 era rimasto costante sugli 8.000. In questo caso, come in Kosovo, il numero dei corpi trovati nei dintorni precipitava ben al disotto del numero complessivo inizialmente reclamato ( e a lungo sostenuto) – solamente circa 2.600, compreso un numero imprecisato di vittime che potevano essere state uccise in azione o prima del luglio 1995.
Altre prove in appoggio alla cifra di 8.000 sono state insignificanti, e malgrado la dichiarazione di Madeleine Albright dell’agosto 1995 che “noi vi osserveremo” via satellite, nessuna prova satellitare di rimozione o riseppellimento di corpi mai è stata fornita all’opinione pubblica. Vi è un buon motivo che questo non sia stato possibile farlo, che vi siano state certamente centinaia di esecuzioni e forse un migliaio o più, la cifra di 8.000 resta un costrutto politico ed eminentemente criticabile.[15]
Ma dubitare sui resoconti su Srebrenica è pericoloso e anche approvare il lavoro di chi ha sollevato una qualsivoglia questione in merito può scatenare aggressioni. Questo ha avuto drammatica evidenza in un’intervista a Noam Chomsky da parte di Emma Brockes, pubblicata nel Guardian di Londra il 31 ottobre 2005, dove il titolo dell’intestazione dell’intervista recitava: [16] "The Greatest Intellectual? (Il più grande fra gli intellettuali?)"
Domanda: Lei si è pentito di sostenere coloro i quali affermano che il massacro di Srebrenica è ingigantito?
Risposta: Il mio solo rammarico è quello di non averlo fatto con una più opportuna energia.
Le virgolette venivano utilizzate dalla Brockes e dal The Guardian nell’affermazione aggiuntiva della Brockes, che Chomsky avesse dichiarato che “durante la guerra di Bosnia il ‘massacro’ di Srebrenica era stato probabilmente ingigantito,” dopo di che lei sogghigna con un uso puerile di virgolette, utilizzato fuori dell’intero contesto dell’intervista – le virgolette non vengono usate nelle interviste verbali – nelle presunte osservazioni di Chomsky sulle enfatizzazioni del massacro. Chomsky aveva fatto le lodi del libro di Diana Johnstone Fools' Crusade – La crociata dei folli, e aveva sottoscritto una lettera che stigmatizzava la decisione Svedese di non pubblicarlo. La Brockes andava dicendo che la Johnstone aveva affermato che il numero dei giustiziati a Srebrenica era stato “gonfiato esageratamente”, ma la Johnstone non aveva mai fatto uso di questi termini, mai aveva negato le esecuzioni, e aveva speso molto del suo argomentare su Srebrenica rispetto al suo contesto e sull’uso strumentale delle rivendicazioni del massacro presentate. Comunque, è illuminante considerare come ogni accenno al fatto che la cifra di 8.000 sia stata gonfiata non sia cosa lecita e sia da condannare, senza ulteriori discussioni.
Le false affermazioni della Brockes erano risultate sufficientemente palesi e numerose, tanto che The Guardian pubblicava un serie di commenti dal titolo “Correzioni e chiarimenti” e rimuoveva l’intervista dal suo sito web.[17] Per contro, questo provocava una risposta furibonda da parte di quella che possiamo definire come la “Lobby del Genocidio Bosniaco”, un insieme ben organizzato di istituzioni ed individui che fanno riferimento a George Soros, ai governi Occidentali e ad altri, che attaccano qualsiasi argomentazione sfidi il resoconto degli avvenimenti stabilito ufficialmente. Una delle più importanti reazioni alle “correzioni” era stata una lettera sottofirmata da 25 scrittori ed analisti politici, un gruppo di affiliati alle organizzazioni della Lobby - il Balkan Investigative Reporting Network (che pubblica Balkan Insight), il Bosnian Institute, e l’Institute for War and Peace Reporting – e giornalisti come David Rieff, David Rohde, e Ed Vulliamy; tutti insieme contestavano le “correzioni” e pretendevano il loro ritiro da parte del The Guardian.[18]
Forse la più evidente caratteristica di questa lettera era l’uso delle parole “revisionismo” e “negazionismo” con riferimento ad ogni interrogativo sul numero stabilito, e il considerare ogni accento di dubbio come intollerabile. L’“autorità” su questo argomento, se vi fosse stato “genocidio”, era l’ICTY , “un tribunale internazionale insediato dalle Nazioni Unite” – quindi presumibilmente un organismo indipendente ed autorevole, malgrado le tante prove che evidenziavano il contrario ( vedi più avanti). Particolare interessante, lo stesso ICTY indicava che la cifra di 8.000 esecuzioni poteva essere stata gonfiata, dato che i suoi giudici avevano dichiarato che le prove “suggerivano” solo che la maggior parte dei 7.000-8.000 classificati come “scomparsi” potevano essere stati giustiziati o altresì morti in combattimento, e che la cifra possibile di giustiziati poteva aggirarsi solo sui 3.600-4.100, e così i giudici andavano ad appartenere alle categorie del “revisionismo” e del “negazionismo”.[19]
Naturalmente, anche i documenti relativi allo studio Tabeau-Bijak e la ricerca di Tokaca coordinata dal Centro Documentazioni e Ricerche costituivano casi nitidi di “revisionismo” e di “negazionismo”, secondo l’uso peculiare della Lobby di questi termini. Ma, dato il fatto che il lavoro dei primi aveva avuto il sostegno dello stesso ICTY e i secondi quello dei governi di Bosnia e Norvegia, l’analogo ricorso della Lobby a questo tipo di accuse non poteva essere messo in atto. In questo caso la strada scelta è stato il silenzio, una strada presa anche dal sistema dei mezzi di informazione e dai funzionari Statunitensi.[20]
Per i media di tutto il mondo, una ricerca base di dati Nexis per i primi undici giorni a partire dalla morte di Milosevic [21] svela che il prezzo delle morti riportato nelle guerre in Bosnia-Erzegovina, o complessivamente nella ex Jugoslavia, veniva dichiarato essere di 200.000, o più, in almeno 202 differenti articoli, ( ad esempio, notiziari, necrologi, editoriali), e di 100.000 solo in 13 articoli. Anzi, in almeno 99 differenti articoli, il prezzo delle morti veniva valutato essere di 250.000; e di 300.000 in non meno di 27 differenti documenti. Per i soli mezzi di informazione USA il rapporto era di 76 a 2. Sebbene la conclusione dei ricercatori dell’ICTY, come pure di quelli del Governo della Bosnia, fosse che una cifra sull’intorno delle 100.000 vittime era una stima più accurata per le morti della guerra in Bosnia, questa cifra quasi mai veniva citata in documenti e commenti sulla guerra.
Questo rende testimonianza dell’inveterato pregiudizio dei media, e che il prezzo di morte fornito da fonti dell’establishment abbastanza erudite non è stato in grado di scalzare le vecchie cifre più elevate, dichiarate in precedenza dai funzionari Musulmani di Bosnia, notoriamente privi di scrupoli.[23]
I giornalisti odiano abbandonare i numeri che tanto bene hanno consentito ad alimentare i loro pregiudizi!
L’ICTY come braccio politico della NATO
Prima di prendere in esame le accuse che Milosevic ha dovuto affrontare nel suo processo, consentiteci di esaminare più attentamente l’organismo che ha mosso queste accuse, questa “corte internazionale istituita dalle Nazioni Unite”. Naturalmente risulta un fatto interessante, che gli Stati Uniti, leaders nell’organizzare e nel sostenere l’ICTY, hanno rifiutato di avere qualsiasi rapporto con la Corte Criminale Internazionale, ICC, di recente istituzione, presumibilmente per il fatto che questo tribunale rappresenta una minaccia di “politicizzazione”. [24] Commentatori obiettivi potrebbero chiedersi se il problema con l’ICC possa essere individuato nel fatto che l’ICC è meno soggetto al controllo Statunitense dell’ICTY, e se il merito dell’ICTY dal punto di vista degli USA possa essere stato quello di essere dominato dagli stessi Stati Uniti, e quindi la politicizzazione avviene in una conveniente direzione. Questo problema non si pone per i fautori dell’ICTY, come i 25 firmatari della lettera al The Guardian pro Brockes, o a Marlise Simons et al., in buona sostanza perché l’influenza dominante degli USA è considerata da loro come naturale, appropriata, e sicuramente usata per fini giusti. Il termine “politicizzazione” in questi casi di profondo pregiudizio interiorizzato non viene usato, più dei termini come “aggressione” o “terrorismo”.
Di fatto, la politicizzazione dell’ICTY è stata totale attraverso l’iniziale organizzazione, la fornitura del personale, i finanziamenti, e il controllo minuzioso del personale ai vertici attraverso alti funzionari della NATO, [25] con le potenze della NATO che forniscono ( o nascondono [26]) informazioni e servono come braccio poliziesco dell’ICTY, e, più essenzialmente, attraverso le azioni dell’ICTY strettamente conformate con le richieste della NATO.
Il ruolo politico dell’ICTY è stato perfino apertamente ammesso dall’ex giurista del Dipartimento di Stato Michael Scharf, che dichiarava nel 1999 che l’organizzazione era considerata dal governo come “poco più di uno strumento di pubbliche relazioni”, utile perfino “per isolare diplomaticamente i leaders da colpevolizzare” e per “rafforzare la volontà politica internazionale ad applicare sanzioni economiche o l’uso della forza.” [27] Il Professore di Diritto all’Università di York Michael Mandel ha esposto in modo persuasivo il caso nel suo How America Gets Away With Murder - (Come l’America la fa sempre franca), che l’ICTY era stato insediato “come uno strumento di opposizione al processo di pace e per giustificare la soluzione militare a cui loro, i dirigenti USA, accordavano la preferenza.”[28] Il giurista puntualizzava come il funzionario del Dipartimento di Stato Lawrence Eagleburger aveva definito i leaders al vertice della Serbia come criminali di guerra già nel dicembre 1992, poco prima che l’ICTY venisse creato nel 1993, e che funzionari USA già utilizzavano la supposta criminalità Serba per sovvertire i piani di pace che erano sotto considerazione nel 1992 e nel 1993. L’argomentazione era che “la giustizia” non poteva dare strada alla convenienza politica e al raggiungimento di obiettivi, come quello di portare a termine un conflitto senza più combattere. “In altre parole, il progetto per un tribunale per crimini di guerra veniva usato dagli Americani per giustificare la loro intenzione di entrare in guerra, con i conseguenti danni collaterali e tutto il resto, stigmatizzando come Nazisti i nemici che si erano prefigurati.”[29]
L’evidenza delle accuse di Mandel sta nell’evidenza della storia.
Gli Stati Uniti e Izetbegovic hanno fatto naufragare l’importante accordo di pace di Lisbona del febbraio 1992, ed hanno contribuito ad ostacolare la pace che si voleva realizzare attraverso i piani Vance-Owen ed Owen-Stoltenberg, come descritto nella memoria di David Owen, Balkan Odyssey.[30] Questo programma di prevenzione della pace ha permesso la continuazione delle guerre Bosniache per quasi quattro anni, con la conclusione degli accordi di Dayton che hanno ridotto la Bosnia ad una provincia coloniale della NATO.
Durante la rincorsa verso la guerra in Kosovo, il lavoro dell’ICTY si adattava veramente in modo stretto al piano di guerra della NATO (e in buona sostanza degli USA). Quando la NATO dette inizio alla pianificazione della guerra nel giugno 1998, l’ICTY scatenava una campagna parallela di accuse ben pubblicizzate e di inchieste sulle azioni dei Serbi in Kosovo e di denunce del comportamento dei Serbi.[31] In relazione ad uno degli avvenimenti cardine di preparazione alla guerra, le uccisioni a Racak del 15 gennaio 1999, il procuratore capo dell’ICTY Louise Arbour, immediatamente il giorno successivo, si precipitava sulla scena per cercare confessioni, dichiarando all’istante che si trattava di un “crimine di guerra”, solo sulla base di una comunicazione con il rappresentante USA e OSCE William Walker.[32] Due mesi più tardi, il 31 marzo 1999, proprio una settimana dopo l’inizio della guerra di bombardamenti, la Arbour teneva una conferenza stampa per rendere pubblica la messa in stato di accusa in precedenza stabilita di Zeljko Raznatovic ("Arkan"), un procedimento giudiziario preparato ben prima del settembre 1997, ma reso pubblico in tempo giusto, quando serviva necessariamente alla propaganda delle potenze della NATO. [33]
La messa in stato di accusa di Milosevic e di altri quattro dirigenti il 22 maggio 1999 ( sebbene non resa pubblica fino al 27 maggio),[34] costituiva un punto alto nei servizi di pubbliche relazioni dell’ICTY resi alla NATO, e chiaramente era stata fatta in collaborazione con funzionari NATO.[35] Avveniva nel bel mezzo della guerra di 78 giorni di bombardamenti della NATO contro la Jugoslavia, e più in particolare nel periodo in cui la NATO aveva dato inizio ai bombardamenti contro impianti ed infrastrutture civili della Serbia. Questa ultima fase aveva provocato inquietudine e dure critiche anche nei paesi NATO, e dunque l’atto di accusa serviva nell’ambito delle pubbliche relazioni a distrarre l’attenzione dalla nuova tornata di bombardamenti NATO, e a direzionarla verso l’infamia dei dirigenti della nazione presa di mira. Clinton, Madeleine Albright e James Rubin immediatamente richiamavano l’attenzione su questa implicazione, e la Albright dichiarava che gli atti di accusa “facevano chiarezza al mondo e all’opinione pubblica nei nostri paesi che questa politica della NATO è giustificata, dati i crimini commessi, ed inoltre penso che questo ci consentirà di portare a termine tutti questi processi [traduzione: bombardamenti]” [36]
La messa in stato di accusa veniva imbastita in modo affrettato, basata su informazioni fornite alla pubblica accusa dell’ICTY dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, entrambi parti interessate, informazioni per ammissione dello stesso Tribunale non verificate (malgrado la dichiarazione del procuratore Arbour del 20 aprile 1999 che “Noi siamo soggetti a regole probatorie estremamente stringenti con riguardo alla ammissibilità e alla credibilità di quello che noi andremo a produrre in aula; sicuramente non sarà promosso alcun caso contro qualsiasi persona sulla base di accuse non provate, prive di sostanza, non verificabili, non avvalorate.”[37]). La sua natura politica era ulteriormente indicata dalle affermazioni della Arbour al momento in cui emetteva l’atto di accusa dato che “le prove per cui questo atto formale di accusa è stato confermato sollevano seri problemi sulla adeguatezza degli accusati ad essere considerati degni di fiducia persino in un qualsiasi affare commerciale, figurarsi poi in un accordo di pace.” Naturalmente, Milosevic e i suoi colleghi accusati non erano ancora stati processati e condannati, ma sebbene la Arbour ammettesse che gli accusati “avevano il diritto alla presunzione di innocenza fino a quando non fossero stati condannati,” le “prove” in questo caso (non verificate dall’ICTY) esigevano che questa norma fosse messa da parte! [38]
Ancora prima, nel luglio 1995, l’ ICTY aveva messo in stato di accusa Mladic e Karadzic per il loro ruolo durante la guerra in Bosnia-Erzegovina, compresa l’accusa di “genocidio” per il comportamento dei loro subordinati nelle varie strutture di detenzione con riferimento al 1992. Quattro mesi più tardi, a metà novembre, l’ICTY estendeva questo procedimento a coprire un secondo capo di accusa di “genocidio” per Srebrenica, ben prima che i fatti relativi alle accuse fossero stati raccolti e verificati dall’ICTY, e questo era funzionale all’esclusione di questi due ufficiali Serbo-Bosniaci dal processo di pace di Dayton .[39]
Da sottolineare come l’atto formale di accusa “segnasse un passaggio fondamentale”, visto che l’allora Presidente dell’ICTY Antonio Cassese esplicitava chiaramente il suo obiettivo politico in un’intervista ad un quotidiano Italiano, L'Unità. “La messa in stato di accusa comporta che questi gentiluomini non saranno in grado di partecipare ai negoziati di pace,” così Cassese metteva in rilievo. “Vogliamo proprio vedere chi si siederà ora al tavolo dei negoziati con degli uomini accusati di genocidio.”[40]
Come Scharf aveva fatto notare nel 1999, uno degli scopi della creazione dell’ICTY era stato “di isolare diplomaticamente i leaders nemici”, un obiettivo politico, non uno scopo giudiziale.[41]
Mentre la Arbour era estremamente allerta rispetto al crimine di guerra di Racak non comprovato, offrendo subito i suoi servizi il giorno successivo, quando Michael Mandel le aveva presentato un dossier di tre volumi sui crimini di guerra della NATO, questo portava via a lei e alla sua succeditrice Carla del Ponte un anno intero per considerare il caso, con alla fine la del Ponte dichiarare che una verifica preliminare aveva riscontrato che questa serie di accuse non aveva ancora fornito una base per aprire una inchiesta!
Un documento interno aveva dichiarato che con solo 495 vittime “semplicemente non esiste in questo caso prova del fondamento di un crimine essenziale per accuse di genocidio o di crimini contro l’umanità,” sebbene appena 45 morti di Racak avessero indotto la Arbour ad una mozione aggressiva, e la messa in stato di accusa di Milosevic del 22 maggio 1999 presentasse una lista di sole 344 vittime, non verificate dall’ICTY.[42]
L’ “indipendenza” dell’ICTY veniva ulteriormente messa in luce dal fatto che il principale esperto della del Ponte nello sviluppo del caso sulla mancata inchiesta indicava che lui aveva fatto assegnamento sulle rassegne stampa dei paesi della NATO come fonti di informazione, considerandole “generalmente affidabili e che fornivano delucidazioni in modo onesto.” [43]
Siamo costretti a ricordarvi le assicurazioni della pubblica accusatrice Arbour, citate in precedenza, che il suo ufficio applicava solo “regole probatorie estremamente stringenti”, che escludevano “accuse prive di sostanza, non verificabili, non avvalorate”, però con la netta esclusione delle accuse contro i suoi (e della del Ponte) datori di lavoro della NATO.
Queste prove evidenti della subordinazione politica dell’ICTY, come pure le induzioni ai crimini di guerra – i bombardamenti di impianti civili della Serbia venivano accentuati immediatamente in seguito alla messa in stato di accusa di Milosevic alla fine di maggio 1999 – e la sua ridicola impostazione per non investigare anche sui crimini di guerra della NATO, avrebbero dovuto gettare il discredito sull’ICTY come istituzione supposta giudiziale, se noi non avessimo a che fare con una macchina propagandistica ben lubrificata che può far ingoiare ogni cosa in nome del portare “giustizia” contro un nemico demonizzato. E la demonizzazione è facile avendo a che fare con una guerra civile, dove vi sono molte vittime di ingiustizie e/o di scuri politiche da brandire. Il trucco è quello di scegliere le vittime giuste, passarle in rassegna in gran numero e con ricchezza di emozioni, permettere un uso illimitato di prove per sentito dire, [44] attribuire le loro sofferenze allo scellerato demonio, stracciare il contesto e riscrivere la storia, e ne risulterà in maniera lampante che la “giustizia” deve richiedere la testa del demonio.
Le accuse contro Milosevic
Nella demonizzazione di Milosevic, alcune delle più importanti affermazioni sostenenti il suo status demoniaco venivano formulate attraverso le accuse spiegate dettagliatamente nei diversi procedimenti processuali, [45] insieme alle prove prodotte in appoggio a queste accuse. Tutte queste erano state o divenivano le premesse del sistema di informazioni e dei membri della Lobby.
Torniamo a queste accuse e analizziamo come oggi si sostengono, avendo l’accusa alla fine di febbraio 2004 portato a termine i suoi argomenti processuali, e avendo Milosevic impostato la sua difesa dalla fine di agosto 2004, bloccata poi dalla sua morte.[46]
1. Autore di quattro guerre ed orchestratore di queste guerre.
Centrale nel processo dell’ICTY, e di fatto reiterata in tutti gli articoli sulla sua morte, è l’affermazione che Milosevic non era solamente responsabile personalmente per le guerre dei Balcani degli anni Novanta, ma che forse era per queste l’unico responsabile. Infatti i processi a Milosevic sono pieni zeppi di accuse che lui aveva partecipato ad “una associazione a delinquere come co-esecutore materiale,” e che, in relazione al territorio in discussione (Kosovo, Croazia, o Bosnia), lo “scopo” di ognuna di queste imprese criminali era la “espulsione di una porzione sostanziale delle,” o la “rimozione violenta della maggioranza delle,” o la “rimozione forzata e permanente della maggioranza delle,” popolazioni di etnia non-Serba da ciascun territorio, o di “assicurare un continuo controllo Serbo,” o di creare un “nuovo stato dominato dai Serbi” – la cosiddetta “Grande Serbia”, cosa che ha mandato in estasi i commentatori Occidentali.[47] Milosevic “portava la responsabilità della disgregazione della Jugoslavia... e delle conseguenti guerre,” questo sosteneva costantemente Misha Glenny in tutta una serie di necrologi su Milosevic.[48] Anche Richard Holbrooke riassumeva il concetto di demonio in una rubrica giornalistica, la morte di Milosevic in una cella della sua prigione, “sapendo che non avrebbe mai più visto la libertà”, era una “giusta fine per uno che aveva scatenato quattro guerre (perdendole tutte), causando 300.000 morti, lasciando senza casa più di due milioni di persone, e mandando in pezzi i Balcani.” [49] Dopo la morte di Milosevic, sentimenti di questo tipo costituivano un refrain quasi costante nei mezzi di informazione Occidentali. Gli altri nazionalismi che erano venuti a galla in queste guerre erano stati presumibilmente una reazione; solo quello di Milosevic e dei Serbi era stato la causa scatenante.
Questa interpretazione da diabolico scellerato nella storia recente dei Balcani non è semplicemente sciocca, ma viene contraddetta da un gran numero di testimonianze.
Per prima cosa, falsifica il ruolo degli altri nazionalismi nei Balcani – il nazionalismo Croato era forte e i suoi fautori come il Presidente Franjo Tudjman bramavano e progettavano la secessione ben prima dell’andata al potere di Milosevic [50]; e la spinta del Presidente Musulmano di Bosnia Alija Izetbegovic's verso la dominazione Musulmana in Bosnia datava da tanto tempo prima, dalla sua Dichiarazione Islamica del 1970.[51]
Secondariamente, viene esagerato il nazionalismo di Milosevic, questo sì risposta alle minacce percepite verso gli interessi Serbi e ai sentimenti nazionalisti scaturiti dalle altre componenti; e i famosi discorsi di Milosevic ultra-nazionalisti del 1987 e del 1989 non sono stati assolutamente ultra-nazionalisti. In vari passaggi di questi discorsi, veniva sottolineata l’importanza della “fratellanza e dell’unità” per la sopravvivenza della Jugoslavia; Milosevic metteva in guardia contro tutte le forme di “separatismo e di nazionalismo” come anti-moderne e contorivoluzionarie; ed invocava una mutua tolleranza e “la completa uguaglianza fra tutte le nazioni” all’interno di una Jugoslavia multinazionale, usando un linguaggio accuratamente censurato negli articoli di informazione su questi discorsi.[52] Fra i miti costruiti per spiegare la dissoluzione della Jugoslavia e la sua incorporazione nell’assetto dell’ Occidente, sicuramente quello che accusa Milosevic di aver usato questi due discorsi per attizzare i fuochi del nazionalismo che avrebbero accompagnato il crollo della Jugoslavia si classifica come il più resistente.
Terzo, questo punto di vista sottovaluta grossolanamente il ruolo della Germania, degli Stati Uniti e delle altre potenze straniere nel provocare e nel sottoscrivere le guerre. La Germania ha aperto la strada incoraggiando la Slovenia e la Croazia alla secessione dalla Jugoslavia, in violazione degli accordi di Helsinki e della Costituzione Jugoslava. Ogni azione dell’esercito Jugoslavo ad impedire questa secessione illegale e per proteggere l’integrità dello stato comune di Jugoslavia doveva essere considerata come una “reazione”, e la Germania e i leaders dei paesi secessionisti dovevano essere visti come “artefici” delle guerre successive.
Quarto, le grandi potenze erano inoltre pesantemente responsabili per queste guerre a causa del loro rifiuto a permettere ai “popoli” all’interno di queste repubbliche nate artificialmente e secessioniste di trasferirsi e di rimanere con la Jugoslavia o di essere incorporate pacificamente nella Serbia o nella Croazia. La Commissione Badinter (1991-1992) promossa dalla Unione Europea si era dichiarata contraria a tale separazione, sebbene considerasse plausibile il diritto alla secessione, e quindi la secessione delle repubbliche veniva per lo meno giustificata da questa Commissione. Questa dichiarazione imposta dall’esterno risultava gravemente responsabile per le lotte e le pulizie etniche che ne seguirono.
Quinto, Milosevic, alla fine di giugno 1991, al tempo della secessione della Slovenia, era Presidente della Serbia, ma non della Jugoslavia, e non aveva avuto nulla a che vedere con la reazione dell’esercito Jugoslavo.[53] Questa reazione era stata disordinata ed estremamente modesta, con scaramucce che erano durate solo una decina di giorni. Ma che “guerra”! E per la responsabilità di Milosevic per la guerra in Kosovo, ora è chiaro che gli Stati Uniti e i loro alleati, e fra questi anche l’ICTY, stavano preparandosi alla guerra già dall’aprile 1998, [54] con gli Stati Uniti che alla fine porgevano aiuto all’UCK (KLA-Esercito di Liberazione del Kosovo) e fornivano a costoro ragione di pensare che la NATO alla fine sarebbe arrivata in loro aiuto con un intervento militare diretto. Inoltre, risulta ben fondato che la conferenza di pace di Rambouillet del 1999 era una frode, con la “sbarra” deliberatamente sollevata per assicurare l’emarginazione e il rifiuto della Jugoslavia e per giustificare un’aggressione militare.[55] Milosevic non aveva dato inizio a questa guerra, erano stati gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO a farlo, e avevano fatto questo in evidente violazione della Carta delle Nazioni Unite.
2. Il piano per creare una “Grande Serbia”
Nella serie di accuse dell’ICTY a Milosevic, l’affermazione che egli aveva messo in atto tutti gli sforzi per dare luogo alla “Grande Serbia” si impone fortemente come giustificazione delle guerre Jugoslave. Sei anni fa, Tim Judah scriveva che era una “crudele ironia” che tutto fosse cominciato con la parola d’ordine “Tutti i Serbi in un Solo Stato”; e in un necrologio sul Washington Post dello scorso marzo si leggeva ancora che “l’impegno di Milosevic di unificare tutti i Serbi in un unico Stato si era rivelato come una ironica promessa.” [56] Ma in verità questa non è stata ne’ una “crudele” ne’ un altro tipo di ironia. E tanto meno è una valida spiegazione. Piuttosto, vi è una grossa mistificazione delle dinamiche, sia di questi conflitti crudeli, sia del linguaggio e delle politiche di Milosevic.
Il 25 agosto 2005, durante una delle fasi più rimarchevoli del processo a Milosevic, dopo che l’ex deputato a Primo Ministro della Serbia Vojislav Seselj aveva reso una testimonianza convincente che questa nozione di “associazione a delinquere” e il ruolo di Milosevic nella presunta ricerca di una “Grande Serbia” erano incompatibili con l’intero svolgimento degli avvenimenti, l’avvocato dell’accusa Geoffrey Nice portava a conoscenza della corte che Milosevic mai aveva sostenuto una “Grande Serbia”, ma piuttosto che egli desiderava che tutti i Serbi potessero rimanere a vivere in un unico Stato.[57] Di questo si trattava, Nice ammetteva che le intenzioni di Milosevic erano difensive, che egli desiderava prevenire lo smantellamento della Jugoslavia, ma come una seconda linea di difesa egli cercava di aiutare le minoranze Serbe in difficoltà nelle repubbliche secessioniste, a stare tutti insieme. Tanto per dire, questo aveva fatto Abraham Lincoln dopo la secessione degli Stati del Sud mentre si scatenava la Guerra Civile, presumibilmente aveva cercato di creare la “Grande America”! Questa spettacolare ammissione da parte di Nice, che metteva in confusione i giudici, avrebbe dovuto eliminare o rendere inoffensiva l’accusa principale dell’ICTY.
Ma non è proprio vero che Milosevic si battesse costantemente per mantenere tutti i Serbi in un unico Stato. Invece aveva appoggiato o concordato tutta una serie di risoluzioni, come quelle di Brioni (luglio 1991), Lisbona (febbraio 1992), Vance-Owen (gennaio 1993), Owen-Stoltenberg (agosto1993), il Piano di Azione Europeo (gennaio 1994), il Piano del Gruppo di Contatto (luglio 1994), e ultimamente gli Accordi di Dayton (novembre 1995) – nessuno dei quali prevedeva tutti i Serbi in un unico Stato. Egli aveva evitato di difendere i Serbi della Krajina, quando questi erano stati sottoposti alla pulizia etnica da parte della Croazia, dal maggio all’agosto 1995. Milosevic aveva convenuto per un contrazione della ex Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia in Repubblica Federale di Jugoslavia (vale a dire Serbia e Montenegro – quella che ora sta subendo la lacerazione finale), che in effetti abbandonava i Serbi della Croazia e della Bosnia al loro destino, fuori da ogni “Grande Serbia”. Il suo aiuto dato ai Serbi di Croazia e della Bosnia era stato sporadico, e i leaders di questi Serbi ritenevano che lui fosse stato un alleato opportunista e non affidabile, più interessato a rimuovere le sanzioni imposte contro la Jugoslavia che a fare sacrifici per i Serbi in difficoltà altrove.
In breve, Milosevic non si era sforzato di difendere con costanza i Serbi, quando li aveva visti in difficoltà, considerando le ostilità e le minacce che stavano subendo negli Stati secessionisti di una Jugoslavia progressivamente smantellata; non aveva mai desiderato battersi con fermezza per preservare una Federazione Jugoslava ristretta che avrebbe dovuto accogliere tutti i Serbi in un successivo Stato comune. Definire tutto questo come una deriva verso una “Grande Serbia” è un esercizio retorico di politica Orwelliana, che trasforma una debole (e fallita) difesa in un’offesa vigorosa ed aggressiva.
3. Un leader con responsabilità di comando in una “associazione per delinquere”, con l’obiettivo di eliminare i Musulmani Bosniaci.
L’ICTY ha preteso in modo estremo di applicare a Milosevic il concetto di responsabilità di comando e in maniera eccezionalmente radicale nel dipingerlo come leader di una “associazione a delinquere”. Durante il processo, nessuno dei 296 testimoni d’accusa ha testimoniato di qualche sua istruzione a commettere azioni che si potessero configurare come crimini di guerra, o di qualche sua espressione di approvazione di azioni criminali, e non veniva prodotto nessun documento che appoggiasse il punto di vista dell’accusa su questi argomenti, (mentre piuttosto, alcuni testimoni hanno testimoniato della sua collera per i crimini di guerra e hanno anche citato casi di messa in stato di accusa di personale Jugoslavo per attività criminali di guerra). Ma tuttavia, egli avrebbe dovuto sapere, ed era allora responsabile per i suoi subordinati. Inutile dire, la stessa regola non veniva applicata dall’ICTY nei confronti dei leaders ai vertici della NATO, della Croazia e della Bosnia-Erzegovina.
La categoria “associazione per delinquere” veniva adottata dall’accusa per estendere le responsabilità penali di Milosevic alle situazioni di guerra in Croazia e in Bosnia-Erzegovina, ed in particolare per associare Milosevic con Mladic e Karadzic come partners nelle più ampie uccisioni in Bosnia.[58] Risultava imbarazzante che gli ultimi due fossero stati messi in stato di accusa già nel 1995 e non il “boss”, ma era da sottolineare come i media non avessero dato l’opportuno rilievo alla cosa. Negli atti formali di accusa contro Milosevic emessi nel corso del 2001, il boss e i leaders Serbi di Bosnia presumibilmente avevano un obiettivo comune: quello di eliminare i Musulmani nell’interesse della cosiddetta “Grande Serbia”. Sfortunatamente per l’ICTY, non è stato ancora scoperto alcun “piano” comune, ma i supposti partners avevano qualche volta cooperato e Musulmani erano stati ammazzati.
Esistono prove molto più solide relative ad un progetto unitario Croato-Statunitense per scacciare i Serbi dalla Krajina, efficacemente messo in atto fra il maggio e l’agosto 1995, ma questa unione non è stata mai perseguita dall’ICTY come “un’associazione a delinquere”. L’unico fatto evidente che vede implicato Milosevic mette in risalto la sua approvazione, come citato in precedenza, per tutta una serie di piani di pace dal 1991 in avanti, qualche volta in presenza della furibonda opposizione dei leaders Serbo-Bosniaci, tentativi di pace da parte di uno “scellerato” che molto chiaramente mai consideravano la eliminazione dei Musulmani.
4. Colpevole di "genocidio"
Milosevic veniva imputato di due capi di accusa per “genocidio” nel 2001, visto che in precedenza nello stesso anno il generale Serbo-Bosniaco Radislav Krstic era stato ritenuto colpevole di “genocidio”,... e Milosevic era il boss dell’“associazione per delinquere”!
Il processo Krstic era relativo agli accadimenti di Srebrenica, e si basava sulla logica giudiziaria dell’ICTY, dal momento che gli argomenti per una “associazione a delinquere” erano non solo assolutamente insostenibili, ma privi di senso. Si può pensare di sterminare tutti i Musulmani di Bosnia se vengono risparmiate le donne e i bambini e in gran parte vengono giustiziati solo uomini abili all’esercizio delle armi fino a quel momento accampati in una di quelle “Aree di Sicurezza” supposte demilitarizzate? La giurisprudenza della corte durante il procedimento Krstic prevedeva che le azioni costituivano genocidio se i perpetratori consideravano “di progettare la distruzione in modo opportuno, tale da annichilire un gruppo come entità distinta nell’area geografica in questione.”[59] Questo rendeva il genocidio equivalente alla pulizia etnica, e quindi vi erano stati dozzine di casi di “genocidio” in Bosnia sulla base di questo assurdo criterio, [60] compresi quelli prodotti dal comandante Musulmano di Bosnia Naser Oric nel 1992-1993 nei villaggi nei pressi di Srebrenica. L’eliminazione e le uccisioni dei Serbi della Krajina da parte dei Croati (con l’aiuto attivo degli Stati Uniti) dovrebbero apparire più chiaramente come caso di genocidio, con molta più evidenza del massacro di Srebrenica, visto che la pulizia etnica dei Croati ha implicato l’assassinio di diverse centinaia di donne e bambini e ha visto coinvolta un’area geografica ben più estesa.
La sentenza Krstic di genocidio non solo era pilotata ed usata selettivamente dall’ICTY, era una falsificazione del significato del termine e, possiamo dire, un impiego “revisionista” che minimizzava il significato delle politiche che avevano come obiettivo la cancellazione di un intero popolo (come lo stesso Elie Wiesel aveva fatto rilevare [61]).
Quello che più fa scandalo, il processo a Milosevic non ha prodotto nemmeno uno straccio di prova che Milosevic fosse a conoscenza, o approvasse, o avesse il potere di controllare gli eventi di Srebrenica, che avevano avuto le loro radici nel contesto locale ed erano avvenuti per mano delle forze Serbo-Bosniache. Inoltre, in una ricerca accademica esauriente, lo storico Olandese Cees Wiebes scrive che “ lo stato d’animo a Belgrado era di incredulità... Un’intervista con l’ufficiale minerario Serbo-Bosniaco Rajko Dukic, che si lamentava con Milosevic per la caduta dell’enclave, indica che Milosevic era anzi stupito. Milosevic aveva chiesto al gruppo di persone che comprendeva anche Dukic “chi fosse l’idiota” che aveva preso la decisione di attaccare Srebrenica."[62]
La morte, o l’omicidio, di Milosevic
La morte di Milosevic è stata di aiuto all’ICTY. La sua difesa stava procedendo bene, e aveva assestato duri colpi alle affermazioni dell’accusa su un suo supposto disegno di una “Grande Serbia”, sul massacro di Racak, sui legami stretti e sui progetti comuni con coloro i quali aveva presumibilmente commesso degli illeciti, sulla storia delle guerre per le quali era stato accusato di responsabilità, e per le politiche dell’esercito e della polizia della Jugoslavia.
Naturalmente la sua difesa veniva quasi totalmente ignorata dal sistema dei mezzi di comunicazione, ma questa difesa avrebbe creato dei problemi alla sentenza e alle decisioni conclusive dei giudici. Dato il ruolo politico dell’ICTY e i pregiudizi profondamente radicati nei giudici selezionati opportunamente, così come nei media, e più in generale negli ambienti culturali, non vi è alcun dubbio che Milosevic sarebbe stato ritenuto colpevole – un tribunale politico produce una sentenza politica. Ma la loro sentenza e la decisione finale sarebbero risultate vulnerabili agli attacchi critici, dato che una corte onesta e priva di pregiudizi non avrebbe potuto evitare accertamenti contro la messa in stato di accusa. In effetti, questo tribunale avrebbe dovuto già da tanto tempo liberarsi di questo caso!
La morte di Milosevic mette fine alla necessità di sostenere una motivazione giuridica per il necessario accertamento di colpevolezza. La sua condanna era stata decisa da tanto tempo, e il sistema dei media lo aveva già dichiarato colpevole, accusandolo ancora una volta in occasione della sua morte, coprendolo largamente di insulti e di assurde affermazioni ripetitive, come visto in precedenza.
Milosevic riteneva che lo stavano avvelenando, e l’ICTY e i media avevano alluso al fatto che fosse lui stesso ad avvelenarsi, o in un tentativo di suicidio o per peggiorare il suo stato di salute per giustificare la richiesta di un trattamento medico all’esterno. Niente di tutto questo è plausibile, ma quello che risulta veritiero è che le cure mediche prestate dall’ICTY hanno sicuramente accelerato la sua morte e hanno reso questa istituzione colpevole di qualche forma di grave negligenza criminale, forse anche di omicidio colposo.
A Milosevic era stato rifiutato il permesso di vedere i suoi famigliari per più di quattro anni, durante le sedute dibattimentali era stato trattato duramente dal Tribunale, [63] ed esplicitamente gli era stato negato il diritto di essere sottoposto a cure mediche a Mosca, cosa che aveva già richiesto dallo scorso dicembre 2005, che sia consulenti medici Russi che indipendenti avevano invocato urgentemente per la sua sopravvivenza. Per ultimo, il 23 febbraio 2006, i giudici della corte sentenziavano di “non avere sufficienti assicurazioni” che Milosevic, “una volta rilasciato, sarebbe ritornato per la continuazione del processo,” [64] malgrado l’impegno del governo della Russia per il suo ritorno e la palese determinazione di Milosevic di vedere la sua difesa arrivare a conclusione. Questo è lo stesso Tribunale che di recente ha concesso all’Albanese del Kosovo, Ramush Haradinaj, “messo in stato di accusa come criminale di guerra” di lasciare la prigione e di ritornare in Kosovo per impegnarsi in una campagna elettorale. L’ICTY ha conservato uno standard di comportamento realmente a doppia faccia, che riflette il suo ruolo politico; e nel caso del suo atteggiamento nei confronti di Milosevic, questo si è dimostrato mortifero.
Conclusione
La cattura e il processo a Milosevic hanno costituito il punto più alto nelle prestazioni dell’ICTY in favore della NATO, opportunamente per dimostrare con un processo spettacolo come fosse malvagio l’obiettivo preso di mira da lungo tempo dalla NATO in Jugoslavia e quindi la guerra della NATO era un giustificabile “intervento umanitario”. Il lavoro è andato meno bene di quello che era previsto, dato che le accuse raffazzonate erano veramente difficili da sostenere e Milosevic aveva presentato una veemente difesa. Favorevolmente per l’accusa, il sistema dei media dava risalto alle imputazioni, alla lunga teoria delle vittime della guerra, all’atteggiamento di “sfida” e alla presunta ostinata opposizione di Milosevic, mentre ignorava in buona sostanza la sua difesa assolutamente efficace e non prestava alcuna attenzione per gli effetti disastrosi dell’“intervento umanitario” nei confronti dei supposti beneficiari di questo.
Non vi sono state parole di contesto che mettessero in luce il contrasto fra l’obiettivo di Clinton per una immaginaria “comunità tollerante, multietnica” nel Kosovo e la realtà risultante di un diffuso terrore, di intolleranza, di una effettiva pulizia etnica irreversibile, in uno stato gestito da mafiosi e terroristi.[65]
Una lezione appresa dai funzionari e dai supporters della NATO è che processi spettacolo ingiusti, anche se sostenuti dai media, possono diventare problematici quando viene prodotto uno stillicidio inevitabile di prove goffe, e quindi una efficace chiusura del processo può risultare difficile. La prematura scomparsa di uno che si difendeva come Milosevic è stata la cosa più favorevole in una situazione realmente difficoltosa. Ancora cosa migliore, e possibilmente da realizzare in modo largo in futuro, sarebbe quella di ammazzare il “losco figuro” sotto mira, ben prima di arrivare al necessario processo, lasciando ai media “degni di fiducia” di trovare la vittima assassinata colpevole in absentia. La NATO ha cercato di fare questo con Milosevic, ma ha fallito, (con un attacco missilistico che aveva preso come obiettivo la residenza di Milosevic a Belgrado, il 22 aprile 1999). Questo è stato un insuccesso che è costato caro, alla fine sfociato in un processo problematico. Date le tendenze naturali dei dirigenti della politica estera degli Stati Uniti, noi dobbiamo aspettarci per il futuro delle designazioni di obiettivi più aggressive, e andando di questo passo si arriverà a processi sullo stile di Guantanamo.
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1. CNN Morning News, 11:00 AM EST, Trascrizione 031105CN.V28, 11 marzo 2006.
2. Ci si riferisce a ricerche su fonti mediatiche in lingua inglese, compresi i servizi via cavo (AFP, AP, DPA, Reuters, e molti altri), dell’Europa, del Canada, e di altri paesi, per le citazioni delle frasi “Macellaio dei Balcani” o “Macellaio di Belgrado”, durante il periodo 11-21 marzo 2006.
3. Prosecutor v. Radislav Krstic (IT-98-33), Giudice Almiro Rodrigues, Presidente, 2 agosto 2001, Settore G, "Genocide," paragrafi 539 - 599. Specificamente, par. 598, e nota 1306. Vedi anche Michael Mandel, How America Gets Away With Murder: Illegal Wars, Collateral Damage and Crimes Against Humanity - Come l’America la fa sempre franca: Guerre Illegali, danni collaterali e crimini contro l’umanità. (Pluto Press, 2004), pp. 152-160.
4. Michael Dobbs, "U.S. Gains Assurances On Troops; Balkan Presidents Promise Security, - Gli USA ottengono assicurazioni per le truppe; i Presidenti dei Balcani promettono sicurezza" Washington Post, 24 novembre 1995. Sebbene sepolto sotto gli eventi delle successive guerre, il fatto che Milosevic abbia aiutato i negoziatori Americani a rafforzare gli Accordi di Dayton veniva al tempo ampiamente riportato.
5. Fra le accuse che sono state rivolte contro Saddam Hussein da parte del Tribunale Speciale Iracheno, una concerne le esecuzioni di circa 140 abitanti della cittadina Sciita di Dujail nel 1982; un’altra, di genocidio, riguarda la morte di più di 100.000 Curdi Iracheni nelle campagne alla fine degli anni ‘80. Durante il periodo in cui si sono svolti gli eventi specifici di queste accuse, il regime Iracheno era uno stretto alleato di Washington - e nessuna delle azioni per cui quel regime è oggi sotto accusa è stata impedita dagli Stati Uniti. Solomon Moore, "Genocide Added To Hussein Charges - Il genocidio si va a sommare alle accuse contro Hussein" Los Angeles Times, 5 aprile 2006; Edward Wong, "Hussein Charges with Genocide in 50,000 Deaths – Le accuse di genocidio contro Hussein per 50.000 morti," New York Times, 5 aprile 2006 ; Jonathan Finer e Naseer Nouri, "Court Moves To Try Hussein in Massacre of Kurds – Il Tribunale muove accuse contro Hussein di massacro dei Curdi," Washington Post, 5 aprile 2006.
6. Vedi Prosecutor Against Slobodan Milosevic et al. - Il Procuratore dì Accusa contro Slobodan Milosevic et al.(IT-99-37-I, "Kosovo"), Louise Arbour, Procuratore d’Accusa, 22 maggio 1999. Dall’Allegato A – Allegato G, questo iniziale atto formale di accusa elenca un totale di 344 persone “note per nome, ammazzate”. Di queste 344 persone, niente meno che 299 sono state dichiarate uccise dopo il 25 marzo 1999, o più tardi.
7. Prosecutor Against Slobodan Milosevic et al. (IT-01-50-I, "Croazia"), Carla del Ponte, Procuratore d’Accusa, 8 ottobre 2001; e Prosecutor Against Slobodan Milosevic et al. (IT-01-51-I, "Bosnia ed Erzegovina"), Carla del Ponte, Procuratore d’Accusa, 22 novembre 2001.
8. In un nostra precedente indagine su come Marlise Simons conduceva i servizi giornalistici sul Tribunale per conto del New York Times, abbiamo descritto la rappresentazione del Tribunale da parte della Simons come il tipico esempio della giustizia Occidentale, e abbiamo dimostrato come i suoi servizi giornalistici sul Times, per un periodo prolungato di anni, sono stati le repliche del punto di vista dei procuratori di accusa del Tribunale, assolutamente identico a quello del blocco della NATO, e soprattutto a quello della dirigenza degli Stati Uniti. Vedere Edward S. Herman e David Peterson, The New York Times on the Yugoslavia Tribunal: A Study in Total Propaganda Service – Il New York Times rispetto al Tribunale sulla Jugoslavia: Uno studio di un totale servizio di propaganda. ColdType, 2004. Anche Michael Barratt Brown, Edward S. Herman, e David Peterson, The Trial of Slobodan Milosevic – Il processo a Slobodan Milosevic (Spokesman, 2004).
9. Vedi James Rubin, "State Department Regular Briefing – Informativa regolare del Dipartimento di Stato," Federal News Service, 19 aprile 1999; "Gli USA sono preoccupati per la possibile morte di 500.000 uomini Albanesi Kosovari scomparsi," Agenzia France Presse, 19 aprile 1999; e Bob Holer e Anne E. Kornblut, "Più di 500.000 uomini scomparsi in Kosovo; si teme per la loro morte, documenti USA," Boston Globe, 20 aprile 1999. Anche il Dipartimento di Stato in quel periodo sosteneva al settimanale Fact Sheet: "Da 150.000 a 500.000 uomini in grado di portare le armi restano scomparsi in Kosovo." "Ethnic Cleansing in Kosovo – Pulizia etnica in Kosovo," 22 aprile 1999.
10. "Statement to the Press by Carla del Ponte - Dichiarazione alla Stampa di Carla del Ponte" (FH/P.I.S./550-e), Carla del Ponte, ICTY, 20 dicembre 2000, par. 16; "Kosovo: ICRC deplores slow progress of working group on missing persons Kosovo: ICRC-Comitato Internazionale della Croce Rossa deplora i lenti progressi del gruppo operativo sulle persone scomparse," ICRC News, 9 marzo 2006.
11. Michael Ignatieff, "Counting Bodies in Kosovo – Conteggio dei corpi in Kosovo," New York Times, 21 novembre 1999.
12. Mentre si trovava a Ginevra per una serie di conferenze sul piano di pace Vance-Owen, e in seguito a Washington per una visita organizzata dalla Fondazione Carnegie per la Pace Internazionale, il Presidente Musulmano di Bosnia Alija Izetbegovic insisteva sulla dichiarazione che realmente 200.000 persone erano state uccise. Vedi John A. Callcott, "I colloqui di pace sulla Bosnia-Erzegovina si interrompono per cinque giorni," UPI, 4 gennaio 1993; Barry Schweid, "Il Leader Bosniaco invoca l’appoggio USA," AP, 8 gennaio 1993; David Binder, "Il mutamento Bosniaco ai colloqui di Ginevra per protestare contro le uccisioni," New York Times, 10 gennaio 1993. Sempre nel mese di gennaio 1993 venivano attestate le affermazioni sulle donne Musulmane di Bosnia, che stavano soffrendo il "più grande stupro di massa nella storia dell’uomo" (Izetbegovic a Ginevra), a cui veniva data per la prima volta ampia diffusione. Sull’"uso della violenza carnale," vedi Diana Johnstone, Fools' Crusade: Yugoslavia, NATO, and Western Delusions (Monthly Review Press, 2002), pp. 78-90.
13. "Le morti collegate alla guerra fra il 1992–1995 hanno scatenato i conflitti in Bosnia e nell’Erzegovina: Una critica alle stime precedenti e recenti risultati," Ewa Tabeau e Jakub Bijak, European Journal of Population, Volume 21, giugno 2005 pp. 187-215; Mirsad Tokaca del Centro Ricerche e Documentazioni con sede a Sarajevo, come citato in "La guerra di Bosnia ‘pretende 100.000 vite," Deutsche Presse-Agentur, 21 novembre 2005; in Nedim Dervisbegovic, "La ricerca dimezza il tributo di morte della guerra di Bosnia a 100.000 vittime" Reuters, 23 novembre 2005; in Vesna Peric Zimonjic, "Balcani: quanti sono stati realmente i morti nelle guerre di Bosnia?" Inter-Press Service, 6 dicembre 2005; in "ricercatore di Sarajevo researcher dichiara 99.000 uccisi nella guerra di Bosnia," BBC Worldwide Monitoring, traduzione di un documento dell’agenzia di notizie HINA (Zagabria), 17 dicembre 2005; e in "Genocide is not a matter of numbers: Emir Suljagić talks to Mirsad Tokača – Il genocidio non è una questione di numeri: Emir Suljagić parla con Mirsad Tokača," Bosnia Report, dicembre-marzo 2006
14. Le “sanzioni di distruzione di massa” imposte all’Iraq dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna attraverso l’ONU in seguito alla Prima Guerra del Golfo persico sono state responsabili della morte di un milione di Iracheni, e forse più, e le guerre nella Repubblica Democratica del Congo negli ultimi anni ’90 sono state la causa di milioni di morti. Per i dati sull’Iraq vedi anche John Mueller e Karl Mueller, "Sanctions of Mass Destruction," Foreign Affairs, maggio-giugno 1999; e Joy Gordon, "Cool War: Economic sanctions as a weapon of mass destruction – Guerra Fredda: le sanzioni economiche come armi di distruzione di massa," Harper's, novembre 2002. E per i dati sulla Repubblica Democratica del Congo, B. Coghlan et al., "Mortality in the Democratic Republic of Congo: a nationwide survey – Mortalità nella Repubblica Democratica del Congo: una panoramica su tutto il territorio nazionale," The Lancet (367), 7 gennaio 2006, pp. 44-51. Secondo il New York Times, Il Segretario Generale dell’ONU Boutros Boutros-Ghali aveva usato la frase "guerra dei ricchi " per esprimere come "molti Africani descrivono il conflitto in Jugoslavia, argomentando che l’aspetto delle persone visto in televisione era ben florido rispetto alle vittime in Africa, il continente i cui interessi il Segretario Generale, un Egiziano, aveva dichiarato necessitare di maggior visibilità." Seth Faison, "U.N. Chief Mired in Dispute With Security Council – il Segretario dell’ONU si impantana in una disputa con il Consiglio di Sicurezza," 24 luglio 1992.
15. Vedi, ad es., Edward S. Herman, "The Politics of the Srebrenica Massacre – Le politiche del Massacro di Srebrenica," ZNet, 7 luglio 2005; George Pumphrey, "Srebrenica 'Massacre': Is The Hague Hyping A Hoax? – Il “massacro” di Srebrenica: l’AJA sta promovendo un imbroglio?" come messo in diffusione da The Emperor's New Clothes, 8 maggio 2000; David Peterson, "Srebrenica and the Neocolonial Community," ZNet, 17 ottobre 2004; Nebojsa Malic, "Silver City: Srebrenica 10 years Later – Silver City: Srebrenica, 10 anni più tardi" AntiWar.com, 7 luglio 2005; David Peterson, "The Srebrenica Massacre," ZNet, 10 luglio 2005; Nebojsa Malic, "Smokescreen—Using Srebrenica – Cortina fumogena –usando Srebrenica," AntiWar.com, 14 luglio 2005; e Johnstone, Fools' Crusade, pp. 109-118.
16. Emma Brockes, "The Greatest Intellectual?" The Guardian, 31 ottobre 2005. In seguito eliminato dal sito web del The Guardian. Una copia può ancora essere reperita sul sito web Chomsky.Info sotto il titolo originale, "The Greatest Intellectual?"
17. Ian Mayes, "Corrections and clarifications: The Guardian and Noam Chomsky," The Guardian, 17 novembre 2005.
18. "Srebrenica—defending the truth – Srebrenica, difendendo la verità," Marko Attila Hoare et al., Bosnia Report, dicembre-marzo 2006.
19. Mandel, How America Gets Away With Murder - Come l’America la fa sempre franca, pp. 155-156.
20. Alla fine di dicembre 2005, il Governo USA aveva reso noto, noi crediamo per la prima volta, che il "costo ufficiale delle morti " della guerra in Bosnia-Erzegovina era "inferiore alle 100.000 vittime." Vedi "Review of European Security Issues—A Look Ahead For 2006 – Rassegna delle questioni sulla sicurezza europea – Uno sguardo in avanti nel 2006," Dipartimento di Stato USA, 30 dicembre 2005. Ma questo stesso documento sottolineava anche che "recentemente nel novembre 2005, ufficiali USA, manifestando per il decimo anniversario della fine della guerra, affermavano che il costo di vite oscillava fra le 200.000 e le 300.000 – un’estensione che era stata diffusamente citata per un decennio nei rapporti dei funzionari del governo e nei media."
21. Il nostro universo dei media è consistito di un largo numero di fonti in lingua inglese derivanti da servizi via cavo (comprendenti AFP, AP, DPA, Reuters, e molti altri), Europei, Canadesi, della stampa USA, TV e radio, e di altre regioni (ad es. Australia).
22. Nel documentare le morti relative alla guerra nella ex Jugoslavia, la storica abitudine per tutto il 2005 è stata di associare nello specifico alla Bosnia-Erzegovina la cifra di 200.000 vittime o più (ad es., le 300.000 di Holbrooke). Quindi, nell’editoriale sul decimo anniversario degli accordi che "misero fine alla brutale guerra civile in Bosnia," il New York Times affermava che la "guerra fra Musulmani di Bosnia, Cattolici Croati, e Ortodossi Serbi aveva prodotto 200.000 morti ..." ("Bosnia, 10 anni più tardi," 25 novembre 2005). Con la morte di Milosevic, comunque, i media hanno cominciato ad usare improvvidamente queste vecchie cifre e le hanno associate qualche volta alla Bosnia-Erzegovina e qualche volta a tutte le guerre nel loro insieme. Nella documentazione, il nostro universo dei media coglie questa ambiguità.
23. Su questa mancanza di scrupoli, vedi Herman, "The Politics of the Srebrenica Massacre," ZNet, 7 luglio 2005, specialmente Sez.2, "Le menzogne in serie, prima e dopo Srebrenica."
24. Come David Scheffer, cosiddetto Ambasciatore a Disposizione di Clinton per Crimini di Guerra, metteva in evidenza nell’American Journal of International Law (Rivista Americana di Diritto Internazionale) che, senza la valvola di sicurezza del veto USA al Consiglio di Sicurezza, "vi sarebbero stati nuovi significativi rischi legali e politici in tali interventi, altamente controversi, che su questo punto erano stati per lo più protetti da accuse politicamente motivate." In breve, ogni esito che Washington controlla è libero da "accuse politicamente motivate." Quando il controllo definitivo sfugge alla stretta di Washington, ed altri stati cominciano ad esercitare una significativa influenza, intervengono fattori politici! Scheffer è citato in Mandel, How America Gets Away With Murder - Come l’America la fa sempre franca, p. 213.
25. Mandel, How America Gets Away With Murder, pp. 130-133.
26. Gli Stati Uniti si sono rifiutati di mettere a disposizione dell’ICTY le immagini satellitari delle azioni dei Croati contro i civili Serbi della Krajina, quindi ostacolando il tentativo del Tribunale di sollevare un caso contro questo alleato USA. Vedi Raymond Bonner, "La lista dei crimini di guerra comprende le truppe Croate “che stanno ripulendo” i Serbi," New York Times, 21 marzo1999.
27. Michael Scharf, "Accusati di crimini di guerra, e con ciò?" Washington Post, 3 ottobre 1999.
28. Mandel, How America Gets Away With Murder, p. 125.
29. Ibid., p. 126.
30. "In realtà la nuova amministrazione aveva truccato le sue intenzioni ed era intenta ad affossare il Piano di Pace [Vance-Owen]," così scrive David Owen sul periodo fra la fine del gennaio e i primi di febbraio del 1993, raccontando del suo primo incontro con il Segretario di Stato Warren Christopher, e di una serie di attacchi al Piano nei media Americani. "Loro assicuravano di presentarsi con una politica alternativa fra pochissime settimane, ma nel frattempo si mostravano intenti ad affossare un piano dettagliato che aveva ricevuto l’avallo di tutti i loro alleati ed era vicino per essere sottoscritto dalle parti. Per qualsiasi standard di diplomazia internazionale si trattava di un comportamento oltraggioso." Balkan Odyssey (New York: Harcourt Brace and Company, 1995), Cap.. 3, "Il Piano di Pace Vance-Owen," pp. 112-120.
31. Mandel, How America Gets Away With Murder, "L’ICTY alla Guerra," pp. 132-146, specialmente pp. 132-134.
32. "Statement by Justice Louise Arbour – Dichiarazione del giudice Louise Arbour" (CC/PIU/378-E), ICTY, 16 gennaio 1999.
33. Così allora la Arbour affermava: "Alla luce della recente documentazione di un suo presunto coinvolgimento in Kosovo, ho deciso di rendere pubblica l’esistenza di un formale atto di accusa contro Zeljko Raznjatovic, noto anche come Arkan... [Rendendo pubblica adesso la sua messa in stato di accusa], questo servirà a mettere nell’avviso coloro i quali possono essere propensi a valersi dei suoi servizi, od ad obbedire ai suoi ordini, che assolutamente saranno contaminati dall’associarsi con un criminale di guerra inquisito." "Statement by the Prosecutor-Dichiarazione del Procuratore" (CC/PIU/391-E), ICTY, 31 marzo 1999.
34. Prosecutor Against Slobodan Milosevic et al. (IT-99-37-I, "Kosovo"), Louise Arbour, Procuratore, 22 maggio 1999.
35. Mandel, How America Gets Away With Murder, p. 144.
36. CNN Live Event/Special, 1:24PM, Transcript # 99052703V54, 27 maggio 1999.
37. Arbour rispondeva al reporter della televisione Britannica Lindsay Hill, che le chiedeva come lei potesse "dare assicurazioni che il Tribunale restava indipendente ed imparziale e non divenisse parte della strategia di guerra della NATO o non fosse percepito come parte della strategia di guerra della NATO?" Vedi British Ministry of Defense Briefing, April 20, 1999 – Informativa del Ministro della Difesa Britannico. Insieme alla Arbour, partecipavano a questa conferenza stampa il Ministro degli Esteri Britannico Robin Cook e il Generale Sir Charles Guthrie.
38. "Statement by Justice Louise Arbour, Prosecutor" (JL/PIU/404-E), ICTY, 27 maggio 1999.
39. Il 24 giugno 1995, Karadzic e Mladic divennero il quinto e il sesto dei veterani di guerra ad essere messi sotto accusa. Vedi Prosecutor Against Radovan Karadzic and Ratko Mladic (IT-95-5-I, "Bosnia ed Erzegovina"), Richard J. Goldstone, Procuratore, 24 luglio 1995. Questo iniziale atto formale di accusa copriva gli eventi in Bosnia ed Erzegovina, eccettuati quelli associati con l’evacuazione del luglio 1995 della "Zona di Sicurezza" di Srebrenica e delle sue conseguenze – una successiva imputazione non veniva emessa fino al mese di novembre. Vedi Prosecutor Against Radovan Karadzic and Ratko Mladic (IT-95-18 "Srebrenica" ), Richard J. Goldstone, Procuratore, 14 novembre 1995.
40. L’intervista a L'Unità veniva riportata in "Karadzic un intoccabile, così afferma il Presidente del Tribunale per i Crimini di Guerra, " ANP English News Bulletin, 27 luglio 1995.
41. Scharf, " Accusati di crimini di guerra, e con ciò?" Washington Post, 3 ottobre 1999.
42. Vedi Final Report to the Prosecutor by the Committee Established to Review the NATO Bombing Campaign Against the Federal Republic of Yugoslavia – Relazione finale al Procuratore da parte della Commissione istituita per esaminare la campagna di bombardamenti della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, Ufficio del Procuratore, ICTY, giugno 2000, par. 90. (e la relativa Press Statement – Dichiarazione stampa (PR/P.I.S./510-e), ICTY, 13 giugno 2000.)
43. Riportato in Mandel, How America Gets Away With Murder, pp. 189-190.
44. Kirsten Sellars riferisce che nell’ottobre 1998 Michael Scharf valutava che vi erano "più del 90 percento"delle prove, che l’accusa aveva utilizzato, derivate da fonti per sentito dire. Vedi The Rise and Rise of Human Rights – L’origine e il progressivo aumento dei Diritti Umani (Sutton Publishing, 2002), p. 187.
45. In totale, il Tribunale ha emesso in otto differenti occasioni atti formali di accusa: tre per il Kosovo (22 maggio 1999, 29 giugno 2001; 29 ottobre 2001); tre per la Croazia (8 ottobre 2001; 23 ottobre 2002; 28 luglio 2004); e due per la Bosnia-Erzegovina (22 novembre 2001; 22 novembre 2002)
46. Per una esauriente lista online delle fonti dell’ICTY, vedi The Trial of Slobodan Milosevic: Kosovo, Croatia, and Bosnia-Herzegovina (IT-02-54); e Transcripts.
47. Fra le altre cose, vedi i primi paragrafi in ognuno dei: Second Amended Indictment of Milosevic et al. for Kosovo – Secondo atto formale di accusa emendato di Milosevic et al. per la Croazia , 29 ottobre 2001; Initial Indictment of Milosevic et al. for Croatia, 8 ottobre 2001; Initial Indictment of Milosevic et al. for Bosnia and Herzegovina, 22 novembre 2001.
48. Misha Glenny, "Just what the Balkans didn’t need – Proprio quello di cui i Balcani non hanno bisogno," New Statesman, 20 marzo 2006.
49. Richard Holbrooke, "Rough justice for Milosevic is as fitting as a tribunal verdict – La dura giustizia naturale per Milosevic sostituisce esattamente il verdetto del tribunale," Financial Times, 14 marzo 2006.
50. Johnstone, Fools' Crusade, pp. 23-35; pp. 152-56. vedi anche la testimonianza del January 25, 2006 del Col. Milan Kotur al processo contro Milosevic sulla progettazione della secessione e dello stato di guerra da parte del governo Croato del Presidente Franjo Tudjman ben prima che la guerra scoppiasse, comprendente un video del 1990 in cui i leaders Croati discutevano come avrebbero allontanato le popolazioni Serbe.
51. Ibid, pp. 55-68.
52. I media, e lo si può ben capire, non riportano mai nulla dei discorsi di Milosevic. Nel suo discorso del 28 giugno 1989, Milosevic affermava che "la Jugoslavia è una comunità multinazionale e può sopravvivere solo alle condizioni di totale uguaglianza fra tutti le nazioni che vivono in essa," e nulla in altre parti di questo discorso risulta in conflitto con questo sentimento (vedi "Slobodan Milosevic's 1989 Speech at Kosovo Polje – Discorso di Slobodan Milosevic del 1989 a Kosovo Polje ," BBC Summary of World Broadcasts, 30 giugno1989, messo in diffusione dal sito web di Emperor's New Clothes website). Francisco Gil-White ha dimostrato come sistematicamente i media Occidentali hanno distorto la documentazione nel riferire su questo discorso, e come la stessa BBC infine abbia interpretato in modo sbagliato il linguaggio, che aveva già registrato nel 1989, in accordo con la nuova politica ("How Politicians, the Media, and Scholars Lied about Milosevic's 1989 Kosovo Speech – Come i politici, i media e gli studiosi hanno mentito rispetto al discorso di Milosevic del 1989 in Kosovo," Francisco Gil-White, Historical and Investigative Research, ultimo aggiornamento, 8 settembre 2005).
53. Sulla responsabilità Slovena per questa guerra, citando l’ambasciatore USA Warren Zimmerman, vedi Johnstone, Fools’ Crusade, pp. 137-8.
54. Mandel, How America Gets Away With Murder, pp. 132-138.
55. George Kenney riferisce che nel 1999 un funzionario del governo Statunitense gli confidava che a Rambouillet i negoziatori USA "deliberatamente avevano alzato ostacoli in modo che i Serbi non potessero accettare." Parafrasando Kenney, i "Serbi avevano bisogno... di un piccolo bombardamento per vedere ragioni." "Rolling Thunder: the Rerun ," The Nation, 14 giugno 1999.
56. Tim Judah, "Milosevic sta progettando una nuova guerra nei Balcani?" Scotland on Sunday, 19 marzo 2000; Daniel Williams e R. Jeffrey Smith, "Il Crociato per l’onore dei Serbi è stato provocatorio fino alla fine," Washington Post, 12 marzo 2006.
57. In una sorprendente concessione alla difesa di Milosevic, e in contraddizione con tutta la sequenza di atti d’accusa contro Milosevic et al. per aver fatto parte di “una associazione a delinquere”, il cui scopo supposto era quello di creare un “nuovo stato a dominio Serbo”, la “Grande Serbia”, il Procuratore Geoffrey Nice asseriva che “Il concetto che tutti i Serbi dovevano vivere in un unico stato è differente dal concetto di Grande Serbia...” (p. 43225). Per farla breve quindi, Nice affermava che Milosevic era motivato non da qualche desiderio di creare una “Grande Serbia”, ma dal “pragmatico” obiettivo di “assicurare che a tutti i Serbi che avevano vissuto nella ex Jugoslavia dovesse essere permesso di vivere in un unico stato per ragione costituzionale o per altri motivi. Questo significava prima di tutto, come noi abbiamo conosciuto storicamente dal suo punto di vista, che la ex Jugoslavia non doveva essere disgregata, visto che Milosevic argomentava che se tutti volevano vivere in un unico posto questo potevano farlo nella ex Jugoslavia.” (p. 43227). Prosecutor v. Slobodan Milosevic (IT-02-54-E), August 25, 2005, pp. 43225-43227. Come abbiamo riferito meglio, questa istanza da parte dell’accusa di rinunciare ad una delle accuse centrali contro Milosevic non è stata mai riportata dagli organi di stampa in lingua Inglese.
58. Per una migliore disamina del concetto di “associazione a delinquere” delineato da una relazione di un consulente tecnico nell’interesse della difesa poco tempo prima della morte di Milosevic, vedi The 'Butcher of the Balkans'? The Crime of 'Joint Criminal Enterprise' and the Milošević Indictments at the International Criminal Tribunal at The Hague – Il “Macellaio dei Balcani”?, Il crimine di “associazione a delinquere” e i procedimenti di accusa contro Milosevic presso il Tribunale Criminale Internazionale all’Aja, David Chandler, Università di Westminster, Gran Bretagna, 2006.
59. Prosecutor v. Radislav Krstic (IT-98-33), giudice Almiro Rodrigues, Presidente, 2 agosto 2001, Sez. G, "Genocide."
60. Nell’ Initial Indictment of Milosevic et al. for Bosnia and Herzegovina, 22 novembre 2001, veniva fatto l’elenco di un grande numero di centri popolati della Bosnia, compresa Srebrenica, dove poteva essere applicato il criterio del genocidio, in accordo con gli standard usati durante il dibattimento nel processo contro Krstic.
61. Elie Wiesel, "La Questione del Genocidio," Newsweek, 12 aprile 1999.
62. Cees Wiebes, Intelligence and the War in Bosnia 1992 – 1995 - Lo spionaggio e la guerra in Bosnia 1992-1995, (London: Lit Verlag, 2003), p. 388.
63. John Laughland, che aveva visitato Milosevic nella sua cella nel novembre 2005, scrive che “quando il martedì Milosevic aveva confessato di essere troppo sofferente per continuare, il giudice Patrick Robinson, che presiedeva, semplicemente gli si era rivolto con rabbia: “Voi siete sordo? Vi intimo di chiamare il prossimo testimone.” “Il Diritto Internazionale è ridicolo”, The Spectator, 19 novembre 2005. Inoltre, dopo aver assistito all’udienza pubblica del processo Milosevic, l’avvocato della difesa, il Canadese Edward L. Greenspan esprimeva il suo scandalo per l’atteggiamento del giudice Richard May nei confronti di Milosevic. Greenspan scriveva: "May non può sempre fingersi imparziale o, addirittura, interessato. Chiaramente sta insultando Milosevic." Greenspan era sgomentato dall’abitudine di May di interrompere l’esame incrociato dei testimoni da parte di Milosevic – una pratica che solo peggiorò durante la difesa di Milosevic, dopo la morte di May e la sua sostituzione con il giudice Patrick Robinson. Greenspan scriveva "Sembra che May abbia dimenticato che Milosevic ha diritto ad un giusto processo. I primi due minuti del processo a Milosevic mi hanno edotto su tutto quello di cui avevo bisogno di sapere. Questo è un linciaggio." Edward L. Greenspan, "Questo è un linciaggio" National Post, 13 marzo 2002.
64. Decision on Assigned Counsel Request for Provisional Release – Decisione sulla richiesta dell’avvocato d’ufficio di scarcerazione provvisoria (IT-02-54-T), giudice Patrick Robinson, Presidente, ICTY, 23 febbraio 2006, par. 18.
65.
Per il ruolo del Kosovo e più
in generale della regione dei Balcani all’interno delle
reti del crimine internazionale, vedi, ad es., Barbara
Limanowska, Trafficking in Human Beings in South Eastern
Europe – Traffico di esseri umani
nell’Europa Sud-orientale, Programma di Sviluppo delle
Nazioni Unite, marzo 2005; World Drug Report 2005 – Rapporto sulle
droghe nel mondo, 2005, Ufficio ONU sulle Droghe e il
Crimine, giugno 2005; e Tom Walker, "Rampage of the
mafia may delay Kosovo independence - Il comportamento violento
della mafia può ostacolare l’indipendenza del Kosovo" Sunday Times, 9 aprile 2006.
From: andrea martocchia
Subject: "Giano" e la Jugoslavia
Date: July 28, 2006 11:14:18 AM GMT+02:00
To: redazione giano
Spett.le redazione di
"Giano",
tramite le pagine della rivista abbiamo recentemente
fruito di un ricco e variegato dibattito sulla tragedia
jugoslava. È normale che i testi ed i commenti pubblicati
appaiano in una certa misura tra loro difformi, visto il
carattere molto controverso delle questioni trattate e stante la
diversità dei punti di vista e delle linee di approfondimento
possibili. Personalmente ho apprezzato ed apprezzo proprio
questa pluralità delle voci presenti sulla rivista, che sta a
dimostrare di una analisi sincera e tuttora in corso sulle
problematiche balcaniche.
Mi preme tuttavia stigmatizzare il modo in cui, in
alcuni di questi testi particolarmente dedicati alla ricerca
delle "cause prime" del disfacimento del paese con noi
confinante, si fa riferimento ad un certo discorso di Milosevic:
- sul numero 51, Zaira T. Lofranco scrive: << Milosevic, per esempio, in
occasione dell'evento mediatico organizzato nel giugno 1989 a
Gazimestan per celebrare il sesto centenario della battaglia del
Kosovo, sottolineò la necessità di difendere gli interessi del
popolo serbo anche con le armi e esortò i suoi all'offensiva
contro la popolazione di fede islamica (albanese o bosniaca che
fosse) legittimandola come la doverosa rivincita della battaglia
persa dai serbi contro i turchi nel 1389. Egli dichiarò,
affiancato da patriarchi ortodossi e tra i consensi della folla:
"Sei secoli più tardi, oggi, ci troviamo di nuovo in
battaglia e davanti alle battaglie. Queste non sono armate,
anche se non si può ancora escludere l'uso delle armi" (citato da Ostojic, S. 1994, p. 257
[in LIMES n.1]) >>
- sull'ultimo numero, 53, Domenico Di Fiore parla invece
(a p. 186) di un <<
ormai tristemente famoso discorso del giugno 1989 alla "Piana
dei Merli", mitico luogo fondativo dell'identità nazionale
serba, di fronte a centinaia di migliaia di persone osannanti >>,
senza citare alcunchè stavolta, ma derivandone invece ipotetici
"pogrom sciovinisti", un "potere sostanzialmente illimitato",
"un'accumulazione miliardaria derivante dai traffici criminali"
, e così via.
È certamente vero che il discorso di Milosevic è "ormai
tristemente famoso", vista la quantità infinita di citazioni
scorrette ed a sproposito che ad esso fanno riferimento. Visto
però il carattere anche documentario e scientifico della vostra
rivista, chiedo, cortesemente ma fermamente, la pubblicazione
integrale del discorso "incriminato". Il
testo è infatti disponibile anche in lingua italiana, e da
molti anni: lo riporto di seguito, insieme all'originale
serbocroato ed al link al documento audio/video di quel 28
giugno 1989.
Segnalo che il testo del discorso di Milosevic a Campo
dei Merli è stato pubblicato per la prima (e, per adesso, unica)
volta in lingua italiana nel libro:
IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA.
IL J'ACCUSE DI SLOBODAN MILOSEVIC DI FRONTE AL "TRIBUNALE AD
HOC" DELL'AIA
Zambon Editore (Frankfurt, 2005)
240 pagine, 10 euro, ISBN 88-87826-33-1
che contiene ancora altri documenti e testi di Milosevic
altrimenti irreperibili nel nostro paese. Una recensione di
questo libro da parte di "Giano" sarebbe di grande utilità per
facilitare l'accesso direttamente alle fonti da parte dei
tantissimi che, pur interessandosi di cose jugoslave in questo
quindicennio, difficilmente hanno potuto superare i limiti del
"sentito dire" e della conoscenza indiretta (magari da fonte
giornalistica e comunque "non disinteressata").
Ringraziando per l'attenzione, auguro ancora buon lavoro
Andrea Martocchia
http://www.interfax.com/3/163871/news.aspx
Interfax - June 8, 2006
Russia to insist on closing
International Tribunal for Yugoslavia
MOSCOW - Russia will oppose extending the mandate of the
International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia,
Russian Permanent Representative to the United Nations Vitaly
Churkin said at the UN Security Council.
The tribunal should terminate its mission on time, and Russia
will insist on that, the UN news service quoted Churkin.
The tribunal made a serious mistake when it denied Yugoslav
ex-president Slobodan Milosevic the chance to receive medical
treatment in Moscow, he said.
The Russian public was shocked with "the tactless statement" by
Tribunal Chief Prosecutor Carla del Ponte, who rejected Russia's
guarantees concerning the Milosevic's treatment in Moscow,
Churkin said.
http://en.fondsk.ru/article.php?id=1502
Strategic Culture Foundation - July 28, 2008
The Hague: A Lethally Dangerous Place
Alexander Mezyaev *
It was announced on July 21 that one of the main suspects wanted
by the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia
(ICTY), the former President of Republika Srpska Radovan
Karadzic had been arrested in Belgrade.
The first indictment against Karadzic was issued by the ICTY
prosecutor R. Goldstone in November, 1995.
The charges included 36 counts such as genocide, complicity in
genocide, killings, persecutions, deportations, inhumane acts,
terror against civilian population, and the taking of hostages.
However, the new ICTY prosecutor Carla Del Ponte subsequently
changed the indictment, leaving only 11 counts.
Interestingly, the ICTY had in fact pronounced a judgment on
Karadzic already in July, 1996.
When the ICTY rules were drafted at the early phase of its
existence, controversy arose over the procedure allowing for
trials in absentia, that is, without the accused being
physically present before the Tribunal.
A number of judges strongly objected to the option while others
deemed it necessary. Rule 61, formally regarded as the procedure
of reviewing charges by the Tribunal, was adopted as a
compromise.
In reality, the procedure is a lot more unfair than the
previously proposed trials without the accused being present, as
the latter would at least provide for the participation of
defense in the process.
On the contrary, Procedure 61 does not imply any involvement of
defense even formally. Karadzic was indicted on July 11, 1996 on
all counts in accord with Rule 611. The hearings took only 7
days, and the decision was made in just 2 (!) days.
Indicting Karadzic was a matter of enormous importance to the
ICTY due to the fact that the Tribunal's interpretation of
responsibility was based on the theory of “a joint criminal
enterprise”.
According to it, the guilt of the accused could be assumed
proven in case there allegedly existed the enterprise and the
individual was involved in it.
The concept was introduced by a US judge in the beginning of the
Tribunal's activity to make it possible to prove cases lacking
any kind of supporting evidence.
Thus Karadzic, who was not only portrayed as a kind of demon by
the mass media but also had been indicted by the Tribunal
without a trial, turned into “evidence” against other accused
individuals.
It may be hard to imagine, but bracketing Karadzic with “a group
of criminals who acted in concert” was presented as evidence
proving the guilt of Yugoslavian President Milosevic!
The allegation that over 7,000 Bosnian Muslims were killed in
Srebrenica in July, 1995 by the forces of Republika Srpska which
were under the command of Karadzic as the Republic's President,
was the main charge against him.
Though several trials related to the events in Srebrenica have
taken place at the Tribunal between 1996 and 2008 and, due to
vigorous media campaigns, the very word Srebrenica became a
synonym of the “Serbian atrocity”, the trials actually failed to
confirm the version of the events.
Of course, the ICTY did “establish” that genocide against
Muslims had been committed in Srebrenica and laid the guilt for
it on the leaders of Republika Srpska, but a review of the
evidence on which the conclusion was based easily reveals that
the resulting sentences are unfair and rely on hypotheses,
guesswork, and in some instances on downright falsifications.
Even the fact of mass killings of civilians in the form in which
it has been “established” by the ICTY remains unconfirmed.
Though the notion that over 7,000 Muslim men and boys have been
killed in Srebrenica is now commonly accepted, no evidence to
the effect has been presented to the Tribunal.
Only 1,500 of the mythic 7,000 burials were found, but some
1,000 of the people died in combat and could not be counted as
civilians.
As for the extent of responsibility of particular individuals,
the situation is even obscurer.
A number of people, particularly Gen. R. Krstic and V.
Blagojevic, were found guilty solely on the basis of testimony
given by other individuals who initially had been tried together
with them.
For example, somebody, Miroslav Deronjic, agreed to testify
against others and said they planned genocide, but did so in
return for dropping genocide charges against himself.
Deronjic also testified against Milosevic who was charged with
genocide in Srebrenica.
The centerpiece of Deronjic's testimony was his statement that
Karadzic “told to kill them all”.
That was all the evidence available, but it was deemed
convincing enough to find Milosevic guilty of genocide as it was
concluded earlier that Milosevic had been in the same “criminal
enterprise” with Karadzic. As for Deronjic, upon having played
his role he was sentenced to 10 years and died last year in jail
in Holland.
The case of Drazen Erdemovic, who had personally executed over a
hundred civilians, was no less absurd.
Murder charges against him were dropped as a reward for his
saying that he killed people on the orders issued by the leaders
of Republika Srpska.
Milosevic completely disproved Erdemovic's testimony during a
cross-examination, but the Tribunal has no concerns over the
truthfulness of witnesses' testimonies as it is fully aware that
those are
actually false. No doubt, Erdemovic is going to be the key
witness in case Karadzic is tried by the ICTY.
The defense phase of another trial related to Srebrenica – the
Popovic case involving a total of 9 people – continues, but it
is already equally clear that the Tribunal failed to prove the
guilt of any of the accused and that they are not going to be
acquitted.
The purpose of the Tribunal is not to serve justice but to
legitimize the falsified version of history written with the
blood of the victims of the forces which had destroyed
Yugoslavia, that is, the US and
other NATO countries.
A circumstance that should not be overlooked is that Karadzic
was arrested at the time when, as planned by the UN Security
Council, the Tribunal is about to close.
According to the plan, all trials must be completed by the end
of 2008, and all appeals must be processed by the end of 2010.
It is obvious at the moment that the schedule will not
materialize.
Some of the trials are at the very early phase (for example, the
trial of Serbian Radical Party's President Vojislav Seselj) and
others have not even commenced nor are going to open in the
nearest future.
Russia addressed the situation by suggesting not to extend the
Tribunal's mandate and to transfer the currently open
proceedings to national jurisdictions.
It is clear in the context that the arrest of Karadzic can
benefit the ICTY.
Notably, the Tribunal is the costliest institution run by the
UN.
The salaries of its judges are orders of magnitude higher than
those of the presidents of Western countries.
The exact salaries of the ICTY judges and prosecutors are kept
secret, but one can guess a lot from the fact that minor ICTY
attorneys are paid Euro 30,000 a month.
The end of the Tribunal would be a personal drama for its
employees.
Russia's suggestion to transfer incomplete cases to national
courts is not a problem-free solution either.
Does Karadzic have a chance to stand fair trial in Bosnia where
the case would belong as the alleged crimes were committed in
its territory? No doubt, no fair trial of Karadzic can be
expected in the Hague either, but there at least the process
would be watched by the whole world.
In case the trial of Karadzic takes place, it is going to be a
serious challenge for the ICTY.
Until recently, the Tribunal was not exactly eager to see him
arrested and brought to trial.
Carla Del Ponte's recent scandalous book has overshadowed the no
less interesting one written by her former press-secretary
Florence Hartmann, in which she describes “strange” developments
related to Karadzic’s and Mladic’s cases.
For example, she claims that Jacques Chirac has brokered a deal
to never try Karadzic in return for the release of French
officers.
A lot of things referred to in this book, if presented at a
trial, could hurt high-ranking politicians in the US and other
NATO countries.
It appears likely that the trial will either never start or
never be completed. The destiny that awaits Karadzic,
considering how much he knows, can be the same as that of
Yugoslavian President S. Milosevic and Serbian Krajina's
President M. Babic – doctors in the Hague jail are known to
easily declare that the deaths of inmates have been natural.
* Prof. Alexander B. Mezyaev is the Head of the
International Law Department at the Administration
Academy (Kazan')
http://en.rian.ru/papers/20100712/159770691.html
RosBusinessConsulting - July 12, 2010
Moscow demands abolition
of Hague Tribunal
On Thursday, Moscow demanded that the international community
abolish the International Criminal Tribunal for the Former
Yugoslavia (ICTY) as soon as possible.
Russian Foreign Ministry spokesman Andrei Nesterenko said the
Hague Tribunal's decision to acquit Naser Oric, a former Bosnian
Muslim military officer during the 1992-1995 war in Bosnia and
Herzegovina, showed that it lacked impartiality, and that
justice was being substituted by a political decision.
Analysts link Moscow's statement with its desire to establish
positive relations with the new Serbian government.
On July 3, the Appeals Chamber of the ICTY acquitted Oric, who
had commanded the Army of the Republic of Bosnia and Herzegovina
forces in the Srebrenica enclave in Eastern Bosnia surrounded by
Serb forces.
In 2009, the ICTY only found Oric guilty of not preventing war
crimes committed by his subordinates and sentenced him to two
years in prison. Oric was released because he had already served
that term at a preliminary detention ward.
Nesterenko told journalists on Sunday that Oric was suspected of
masterminding the massacre of over 3,000 Serbians who had lived
in villages around Srebrenica in 1992-1995. "For unknown
reasons, the ICTY has mitigated the unprecedentedly mild
sentence and has completely exonerated the defendant,"
Nesterenko said.
The ICTY's impartiality has been repeatedly found questionable,
which causes Russia's discontent. Vitaly Churkin, Russia's
current Permanent Ambassador to the United Nations, made a
similar statement at a June 4 meeting of the UN Security
Council, which assessed the ICTY's work.
At that time, the ICTY was criticized for acquitting Ramush
Haradinaj, a former guerrilla leader of the Kosovo Liberation
Army (KLA) and later the prime minister of Kosovo.
Serbian political and military analyst Gostimir Popovic said
Moscow's demarche with regard to the ICTY strove to expose the
biased Western foreign policy and that the demand to abolish the
tribunal was a friendly gesture with regard to the new Serbian
government. He also believes that even pro-EU politicians had a
negative opinion of the tribunal's work.
Popovic's conjecture is proved by opinion polls conducted in
Serbia earlier in the week. In all, 87% of Serbians, including
Bosniak Rasim Ljajic, the current Minister of Labor, Employment,
and Social Affairs of Serbia and president of the National
Council for Cooperation with the Hague Tribunal, doubt the
ICTY's fairness and objectivity.
Sul caso del tentato assassinio
di Radislav Krstic nella prigione di Wakefield (Gran Bretagna)
si veda anche:
Brutal revenge [sic]: In a high-security British
jail, a Serbian warlord has his throat slashed by three Muslim
inmates - By DAVID WILLIAMS and STEPHEN WRIGHT
http://www.dailymail.co.uk/news/article-1274958/Brutal-revenge-In-high-security-British-jail-Serbian-warlord-throat-slashed-Muslim-inmates.html#ixzz0nLSfD7yy
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6744
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6746
Butchery at Wakefield Prison
http://original.antiwar.com/malic/2010/05/14/butchery-at-wakefield-prison/
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6759
International Defense Committee for ALL NATO/UN Political
Prisoners and POWs
http://intlndefcompppows.blogspot.com/2010/05/international-committee-to-defend.html
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6759
Voci di sconcerto per il Trattamento
dei Prigionieri Politici Internazionali |
Voices of Concern
for the Treatment of International Political
Prisoners |
Giustizia
selettiva di David Harlan New York Times, 7 dicembre, 2012 Pessimo essere un Serbo vittima di un qualsiasi crimine nella ex Jugoslavia. I Serbi sono stati costretti a partire dalle loro case e hanno subito una pulizia etnica dalle guerre nei Balcani molto più di qualsiasi altra comunità. E più Serbi rimangono etnicamente spostati ancora oggi. Non si è tenuto conto di quasi nessuno e sembra che non succederà. Il tribunale per i crimini di guerra delle Nazioni Unite all’Aja ha prosciolto dall’accusa di crimini di guerra Ramush Haradinaj, ex primo ministro del Kosovo. Il mese scorso la corte dell’Aja ha scagionato due generali croati. Prosciolti in appello, i generali che hanno guidato la Croazia alla vittoria sui Serbi. Nell’insieme, quasi tutti gli amici dell’Occidente sono stati prosciolti; quasi tutti i Serbi sono stati giudicati colpevoli. Questi risultati non riflettono l’equilibrio dei crimini commessi sul terreno. Non nutro simpatia per i Serbi che sono stati imprigionati. Al contrario. Ho vissuto l’assedio di Sarajevo. Sono stato testimone al processo per i casi dell’ex presidente Serbo, Slobodan Milošević, per il presidente dei Serbi bosniaci in tempo di guerra, Radovan Karadzić, e, più recentemente, del comandante militare Serbo bosniaco, Ratko Mladić, accusato di aver ordinato il massacro di Srebrenica. I Serbi hanno commesso molti dei peggiori crimini di guerra, ma non erano per niente i soli, e non è giusto, o utile, che ne abbiano l’unica responsabilità. Imprigionare solo i Serbi è semplicemente senza senso in termini di giustizia, in termini di realtà, o in termini di politica. I leader Croati furono conniventi del disgregamento della Jugoslavia e hanno contribuito abbondantemente agli orrori in Bosnia-Erzegovina. Sono stato io stesso testimone della indiscriminata furia dell’assalto Croato alla bella città di Mostar. Ho vissuto in una cittadina della Bosnia dove le teste decapitate dei Musulmani catturati erano esposte nella piazza del mercato. Ho visto io stesso decine e decine di migliaia di rifugiati civili Serbi fuggire dalla Croazia all’alba dell’offensiva Croata del 1995 che terminò la guerra. Se i generali prosciolti non erano responsabili della pulizia etnica, qualcuno lo era, qualcuno che presumibilmente sarà lasciato libero. Nemmeno lo erano solo i Serbi e i Croati, anche se devono portare sulle spalle un grosso peso del giudizio della storia. La leadership Musulmana Bosniaca ha profondi e compromettenti legami con il movimento internazionale dei Jihadisti e hanno ospitato almeno tre persone che hanno giocato ruoli chiave negli attacchi agli Stati Uniti dell’11 settembre. Sono stato testimone di attacchi di elementi stranieri dei mujaheddin contro civili Croati nella valle di Lavska. E le autorità Albanesi Kosovare meritano una speciale menzione, per aver impiegato la pulizia etnica, nella sua forma più estrema, per potersi sbarazzare interamente delle popolazioni Serbe e Rom. Gli antichi monasteri cristiani ortodossi sono, ora, quasi il solo ricordo di una popolazione non albanese, una volta fiorente. Questi monasteri sono stati oggetto di numerosi violenti attacchi. Diversi sono stati distrutti; altri sono sotto continua minaccia. Haradinaj è stato dichiarato innocente delle accuse contro di lui, ma rimane il fatto che centinaia di migliaia di Serbi, per la maggior parte anziani, donne e bambini, furono etnicamente cacciati dal Kosovo dagli Albanesi Kosovari. Quanto è successo al tribunale è lontano dalla giustizia, e sarà interpretato dagli osservatori nei Balcani e oltre come la continuazione della guerra con mezzi legali contro gli Stati Uniti, la Germania e le altre potenze occidentali da una parte, e i Serbi dall’altra. Questo amplificherà i peggiori istinti politici nella gente della ex Jugoslavia: il complesso di persecuzione dei Serbi; il trionfalismo dei Croati; il senso di vittimismo dei Musulmani Bosniaci; la rivendicazione dei Kosovari Albanesi per la ricerca della purezza razziale. Ognuno di questi tratti ha delle basi di verità, e ognuna è stata esagerata e manipolata dai politici di ogni parte. La mancanza di un riconoscimento legale canalizzerà una volta ancora le lagnanze nel processo politico, depositando molte munizioni per futuri round conflittuali. E’ l’opposto di quanto il tribunale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia era stato creato per ottenere. (Una versione di questo articolo è apparso anche sul The International Herald Tribune dell’8 Dicembre 2012) Traduzione a cura di JTMV per il Forum Belgrado Italia |
SELECTIVE
JUSTICE By DAVID HARLAND NYT, December 7, 2012 TOO bad if you were a Serb victim of any crime in the former Yugoslavia. More Serbs were displaced abd ethnically cleansed by the wars in the Balkans than any other community. And more Serbs remain ethnically displaced to this day. Almost no one has been held to account, and it appears that no one will be. The United Nations war crimes tribunal in The Hague has acquitted Ramush Haradinaj, Kosovo`s former prime minister, of war crimes. Last month, hague-court overturns convictions of 2 croatian-generals. It acquitted on appeal, the generals who led Croatia to victory over the Serbs. Altogether, almost all of the West`s friends have been acquitted; almost all of the Serbs have been found guilty. These results do not reflect the balance of crimes committed on the ground. I have no sympathy with the Serbs who have been convicted. On the contrary. I lived through the siege of Sarajevo. I served as a witness for the prosecution in the cases against the former Serbian president, Slobodan Milosevic, the wartime leader of the Bosnian Serbs, Radovan Karadzic, and, most recently, the Bosnian Serb military commander, Ratko Mladic, who is accused of ordering the massacre at Srebrenica. The Serbs committed many of the war`s worst crimes, but were not at all alone, and it is not right, or useful, for them to carry the sole responsibility. Convicting only Serbs simply doesn`t make sense in terms of justice, in terms of reality, or in terms of politics. The Croatian leaders connived in the carve-up of Yugoslavia, and contributed mightily to the horrors on Bosnia and Herzegovina. I witnessed for myself the indiscriminate fury of the Croatian assault on the beautiful city of Mostar. I lived in a town in Bosnia where the decapitated heads of captured Muslims were displayed in the marketplace. I saw for myself tens and tens of thousands of Serb civilian refugees fleeing Croatia in the wake of the 1995 Croatian offensive that ended the war. If the acquitted generals were not responsible for this ethnic cleansing, then somebody was, somebody who will presumably go free. Nor were the Serbs and Croats alone, though they must shoulder most of the judgment of history. The Bosnian Muslim leadership had deeply compromising links to the international jihadists movement, and hosted at least three people who went on to play key roles in the 9/11 attacks on the United States. I witnessed attacks by foreign mujahedeen elements against Croat civilians in the Lasva Valley. And the Kosovar Albanian authorities deserve a special mention, having taken ethnic cleansing to its most extreme form of ridding themselves almost entirely of the Serb and Roma populations. Kosovo’s ancient Christian Orthodox monasteries are now almost the only reminder of a once-flourishing non-Albanian population. These monasteries have been the object of numerous violent attacks. Several have been destroyed; others remain under threat. Haradinaj has been cleared of the charges brought against him, but the fact remains that hundreds of thousands of Serbs, mostly the elderly, women and children, were ethnically cleansed from Kosovo by the Kosovar Albanians. What has happened at the tribunal is far from justice, and will be interpreted by observers in the Balkans and beyond as the continuation of war by legal means, with the United States, Germany and other Western powers on one side, and the Serbs on the other. This will amplify the worst political instincts of the peoples of the former Yugoslavia: the persecution complex of the Serbs; the triumphalism of the Croats; the sense of victimization of the Bosnian Muslims; the vindication of the Kosovar Albanian quest for racial purity. Each of these traits has some basis in truth, and each has been exaggerated and manipulated by politicians on all sides. The lack of legal reckoning will once again channel grievances into the political process, laying up plenty of ammunition for further rounds of conflict. It is the opposite of what the war crimes tribunal for the former Yugoslavia was created to achieve. (A version of this op-ed appeared in print on December 8, 2012, in The International Herald Tribune) |
Andrea Martocchia(segretario, Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS - www.cnj.it)
(*) Goran Jelisic: UOMINI E NON UOMINI. La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavoA cura di Jean Toschi Marazzani ViscontiPrefazione di Aldo Bernardini, docente di Diritto Internazionale, Università di Teramo
Postfazione dell’Avv. Ugo Giannangeli
Francoforte: Zambon 2013
Formato: 130x210 Pagg. 320 - prezzo 15,00 € - ISBN 978-88-87826-91-3
pagine a cura di
in collaborazione con
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia