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il manifesto - 22 Luglio 2003
MASS MEDIA E GUERRA

Jugoslavia, Afghanistan, Iraq: l'agonia del quarto potere

GIULIETTO CHIESA

Le tre guerre dell'Impero - Jugoslavia, Afghanistan, Iraq - sono state
precedute, accompagnate, sostenute da possenti campagne, dove tutti i
principali media, quale con più eleganza «pluralistica», quale con più
protervia mentitrice, hanno partecipato stando dalla parte della guerra
e dei suoi organizzatori. Nel primo e nel secondo caso, proclamata la
vittoria di guerre che Franco Cardini ha sferzantemente definito
«saggiamente vili», i media hanno, come si suol dire, «gabbato lo
santo» e si sono dedicati ad altro. Magari a preparare con solerzia la
prossima guerra.

Chi volesse divertirsi a raccogliere gli articoli già pubblicati dai
media italiani sulle armi atomiche «presto in possesso» dell'Iran
scoprirebbe che volumi di sciocchezze, sicuramente preparati in qualche
luminoso ufficio adibito alla disinformazione mondiale, sono già stati
ripresi e pubblicati da decine di giornali, mentre le relative e
manipolate immagini volavano via etere e cavo nelle case di milioni di
ignari telespettatori. Ignari e impossibilitati a difendersi.

Il fenomeno è mondiale. In Italia lo stato dell'informazione e della
comunicazione - salvo, lo ripeto, eccezioni - è sceso a tali livelli di
indecenza che le stesse cose che, negli Stati uniti, Paul Krugman
denuncia con accenti di tragedia, da noi possono essere trattate solo
come una farsa. Che però non fa ridere.

Stiamo assistendo a uno straordinario fenomeno: la fine del «quarto
potere». Consumata con la complicità dei suoi più augusti tenutari,
sempre impegnati a proclamare la loro funzione di servizio nei
confronti di lettori e telespettatori.

Nel caso iracheno la frittata è stata troppo grande e ha finito per
uscire dalla padella. Pezzi di verità hanno cominciato ad emergere.
Perché è vero che i direttori sono stati ammaestrati, magari
partecipando agl'incontri Bilderberg, a dire quello che devono, ma
esistono ancora giornalisti che hanno dignità e bagaglio professionale
a sufficienza per aggirarne i divieti.

E poi, diciamocelo francamente, anche le balle hanno dei limiti
invalicabili. E pensare che tutti non si fossero accorti che le statue
di Saddam Hussein non le avevano buttate giù gli iracheni festanti, ma
i carri armati occupanti non è cosa realistica. Figurarsi poi le armi
di distruzione di massa, che hanno motivato la guerra e che non
c'erano. E l'uranio che Saddam avrebbe comprato, o stava per comprare,
e che finisce nei discorsi ufficiali sullo Stato dell'unione, o
all'ombra del Big Ben, si scopre che era già stato cestinato da tutti
quelli che avevano dato un'occhiata anche sommaria ai documenti falsi.
Falsificati così male, del resto, che l'ultimo dei cronisti, magari un
praticante alle prime armi, mandato sul luogo, avrebbe potuto
accorgersene da solo.

Per cui sorge adesso, imperiosa, una domanda: ma quei media che hanno
raccolto e accolto come vere tutte queste castronerie; quei giornalisti
che le hanno scritte senza nemmeno provare a verificarle; quei
commentatori che ne hanno tratto conclusioni epocali, sulla base delle
quali hanno controfirmato le guerre «giuste»; quegli inviati embedded ,
che raccontavano i minimi dettagli dei cespugli in cui s'imbattevano
appena scesi dai carri armati invasori, ma che non ci dicevano che non
erano in grado di vedere la foresta. Tutti costoro cosa ci dovrebbero
dire, adesso? Adesso, intendo dire, dopo la morte di Kelly?

Ci aspetteremmo un'autocritica. Sarebbe una prova che la decenza,
almeno quella, non è andata del tutto perduta.

Invece no. Abbiamo di fronte a noi uno dei pochi esempi di una
televisione - pubblica - che ha fatto il suo mestiere, il suo dovere.
Parlo ovviamente della Bbc, che si erge da sola a difendere l'onore
britannico, infangato dal suo governo. E' andata alla ricerca della
verità. Ha trovato una fonte assolutamente al di sopra di ogni
sospetto. Chi poteva sapere meglio di Kelly lo stato degli armamenti
iracheni? Chi poteva sapere, meglio di Kelly, che Tony Blair stava di
nuovo facendo il gioco delle tre tavolette, dopo le famose «prove»,
esibite nell'ottobre 2001, della colpevolezza di Osama bin Laden? (A
proposito: che fine hanno fatto quelle prove? Chi le ha viste? E perché
adesso non le rendono pubbliche? Non vorranno raccontarci mica che, a
due anni da quella splendida vittoria, c'è ancora bisogno di tenere il
segreto? E, infine, proposta a qualcuno dei grandi giornali e delle
grandi televisioni: perché non aprire un bel lavoro d'indagine
giornalistica su quelle prove, e sull'11 settembre, tanto per non
dimenticare che tutto, a quanto pare, viene da lì?)

La Bbc ha rispettato i suoi spettatori e non ha guardato in faccia al
potere. Ecco un «quarto potere» che funziona. Ma - sopresa - invece di
lodare lo sforzo, ecco che i bugiardi che hanno sostenuto la guerra,
cercano di confondere le acque, magari cercando di far pensare a
lettori e telespettatori che la colpa della morte di Kelly è di chi ha
fatto un ottimo lavoro giornalistico, non di chi ha ingannato milioni
di elettori inglesi.

Così ecco la chiusura del cerchio. Adesso i due bugiardi principali,
George Bush e Tony Blair, trovano schierati a loro difesa tutti i
bugiardi di rimessa, cioè tutti coloro che hanno loro tenuto bordone,
che li hanno aiutati a diffondere menzogne, a uccidere e storpiare
innocenti, a cancellare governi, a bombardare i palazzi
dell'informazione dei nemici. Che adesso scopriamo con inquietudine non
essere peggiore di quella che informa i vincitori, ma che nessuno potrà
mai bombardare. Media di regime. Col che diventa inevitabile porre
un'altra domanda ai farisei del tempio: di quale democrazia andate
cianciando? Non può esserci democrazia se la gente è privata della
possibilità di sapere.