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ESSE e ACCA (una storia europea)

Ogni individuo ha diritto alla libert� di movimento e di residenza
entro i confini di ogni stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare
qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.
Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. Nessun individuo potr�
essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, n� del diritto
di mutare cittadinanza.
[Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo]

Le frontiere mi hanno sempre messa in ansia, innervosita: i territori,
i paesi, i villaggi non terminano, semplicemente si diluiscono l'uno
dentro l'altro, e le frontiere sono impedimenti innaturali. Mi sono
chiesta spesso come si vive in una citt� di frontiera, ancor di pi�
come possa essere la vita in quei minuscoli villaggi spezzati in due da
una sottile striscia di terra di nessuno: uno stato a destra, uno a
sinistra. E' indubbio che gli abitanti si percepiscano come un unico
corpo sociale, che tutto si sia mescolato - la lingua, i sapori del
cibo, i colori del paesaggio, le amicizie, gli amori - e che la
frontiera stia l� a far da frattura forzata in un luogo che non
accetterebbe spaccature naturali. Mi sono sempre chiesta perch� non
abolirle, le frontiere. Perch� non lasciar libera la gente di andare
dove vuole. Perch� non dare a tutti il diritto ad essere cittadini
dello stesso mondo. Tornando dai Balcani mi � capitato spesso di dover
scegliere fra lo sportello Schengen e quello non-Schengen, ai posti di
frontiera. Io sono una persona di tipo "Schengen", che mi piaccia o no.
Mi � capitato spesso di dovermi separare fisicamente dagli amici con i
quali viaggiavo, che erano persone di tipo "non Schengen". L'ho
vissuta, questa separazione, come un'umiliazione. Molte pagine dei miei
taccuini raccontano l'orrore delle frontiere e dei posti di blocco, e
l'ipocrisia dell'Europa che si dice 'unione di uomini' e altro non �
che traffico di merci, ciclopico ipermercato dove i containers vanno
senza intoppi e dove gli uomini vengono respinti, rigettati, fermati,
incasellati. Ci sono aspetti dell'Europa che mi fanno ribrezzo: il
concetto di "clandestino", i centri di "accoglienza" per forestieri, la
logica dei bastioni. Un continente chiuso, un continente che respinge
il nomade o il viandante � un continente destinato a una morte lenta.
Ancor pi� paradossale � l'idea che questa abbottonatura, questa
selezione e questa chiusura siano la nuova logica di un luogo
geografico come il Mediterraneo, che � la culla della civilt� proprio
perch� � un mare aperto. Se Bossi e Fini avessero avuto avi
somiglianti, oggi non possederemmo n� la filosofia ateniese n�
l'architettura veneziana. Chiss� se gliene frega qualcosa, agli uomini
che fanno le leggi sull'immigrazione. La storia di Esse e di suo
fratello Acca mi ha colpita molto per questa semplice ragione: � la
prova di un'Europa che non c'�, che non sappiamo costruire, che
lasciamo precipitare nelle mani viscide delle burocrazie o delle
polizie (o degli isterismi nazionali?) e sottraiamo agli uomini. La
storia di Esse, che sto per raccontarvi, � una storia vera. Ho
conosciuto Esse grazie ad un'amica comune, ci siamo scritti alcune
lettere nelle quali lui mi ha raccontato, nei dettagli, quanto �
accaduto alla sua famiglia. Gli ho chiesto il permesso di narrare
daccapo la sua storia con parole mie, e spero di riuscire nell'intento:
mi piacerebbe che provaste un po' di sana paura, leggendola. Qualcosa
di vagamente kafkiano, quell'inquietudine che ti fa riporre il libro
per pensare: potrebbe accadere benissimo anche a me.

Al principio, la storia � lineare: Esse vive in una citt� del nord
Italia, diremo Milano per comodit�, con il fratello Acca, che ha una
moglie e due bambini ancora piccoli. Esse e Acca appartengono ad una
famiglia di Rom Khorakhan�, il cui luogo di origine � il Kosovo. E' una
famiglia ampia, la loro, allargata, come spesso accade nelle famiglie
d'origine nomade. Esse � nato "per puro caso" a Zagabria, ed � entrato
in Italia da bambino, molti anni fa: da clandestino, attraverso i
boschi. in Italia � cresciuto, si � diplomato, vive e lavora, ed � -
naturalmente - cittadino italiano. Suo fratello Acca, invece, � ancora
cittadino serbo: lo ha raggiunto pi� recentemente, e vive e lavora a
Milano - come moltissimi - grazie a un permesso di soggiorno che, con
pazienza, potr� un giorno diventare una cittadinanza. I tempi, per chi
si sposta in quest'Europa poco confortevole, sono lunghi, e la
burocrazia � insensibile alle esistenze (e spesso anche ai diritti). La
burocrazia gioca con cifre, sigle, calcoli: basta pochissimo per
trovarsi avviluppati nel filo spinato dei pubblici ufficiali, dei
colletti bianchi, delle dogane. Basta una serata storta. La serata
storta di Acca accade a Gorizia, a fine ottobre: Acca � stato a una
festa ospite di amici; Gorizia non la conosce affatto, ed � gi� stanco.
Lo aspettano a Milano la moglie ed i bambini e suo fratello Esse,
sicch� Acca si mette in macchina di buona lena e si avvia verso
l'autostrada. Capita a tutti di sbagliare, di confondere un luogo per
un altro, basta una distrazione. Quando Acca nota la segnaletica in
un'altra lingua si rende conto d'essere in Slovenia, quel piccolo paese
che da ieri � parte dell'Europa schengeniana. Ma siamo nell'ottobre del
2003, e Acca ha di fatto ha passato un confine incustodito. Chiss�
dov'era il doganiere: a bersi un buon caff�, probabilmente. Acca si
rende conto in fretta del guaio in cui potrebbe essersi cacciato:
inversione a U e torna immediatamente indietro. Purtroppo per lui, il
caff� del doganiere era un caff� ristretto, perch� al suo passaggio
scende la sbarra e al nostro Acca vengono chiesti i documenti.
"Favorisca il passaporto": la frase d'ordinanza che siamo abituati a
sentire. Ma Acca il passaporto (serbo) non ce l'ha, l'ha lasciato a
Milano, a casa. Ha la carta d'identit� italiana, con s�. "Favorisca il
permesso di soggiorno", insiste il doganiere. Acca prende dal
portafogli la denuncia di smarrimento del permesso di soggiorno, perch�
Acca il permesso di soggiorno l'ha perduto nel mese di agosto, e
l'ufficio competente gliene ha promesso uno nuovo per il 24 di
novembre: tempi lunghi, quelli dei burocrati. Naturalmente, a rigor di
logica, � tutto perfettamente regolare: la denuncia di smarrimento,
scrupolosamente emessa da una questura italiana, sostituisce il foglio
rubato a tutti gli effetti. Non dovrebbe esserci problema, pensa Acca:
invece il problema c'�. Il doganiere probabilmente non si fida,
vorrebbe il passaporto, la legge � legge, e senza chiedersi qual � la
storia personale di un uomo che ha commesso, ahi ahi, il gravissimo
errore di sbagliare strada in una buia cittadina di confine e di aver
lasciato a Milano il suo stramaledetto passaporto, il doganiere gli
intima di tornarsene in Slovenia. Dieci metri pi� in l�, nella terra di
nessuno. Dieci metri pi� in l� non viene accolto con ricchi premi e
cotillions, il nostro Acca: la legge � legge anche in Slovenia, Acca �
cittadino serbo senza passaporto, dei documenti italiani gli sloveni
non sanno che farsene, sicch� viene dichiarato, su due piedi,
clandestino. Guardate: clandestino � una parola agghiacciante.
Letteralmente significa "di nascosto", in pratica significa "privato
dei diritti". Il clandestino, canta Manu Chao, � anche un desaparecido.
E' uno scomparso, un numero che rischia di non apparire sul quadrante
della storia. E' cos� che, in meno di un'ora, Acca passa da una festa
con amici in quel di Gorizia a un centro di "accoglienza per stranieri"
in Slovenia. Il nostro sistema politico, lo sapete, modifica il
linguaggio, lo adatta alle esigenze del potere. Io i centri di
"accoglienza" li ho visti da vicino (chi si ricorda Via Corelli?), e
l'accoglienza � un paradosso. I centri di "accoglienza" sono carceri
speciali: carceri per innocenti. Fa freddo, si mangia poco, si ha
diritto a trenta minuti di visite, a qualche telefonata (chi ha gli
spiccioli), e si annega nella solitudine, nelle domande (che fare per
uscire di qui, io non ho fatto niente): puniti per essere di un altro
luogo, puniti per un timbro che manca (e spesso manca per negligenza
dell'apparato, che dei destini individuali se ne frega), puniti per un
foglio firmato di sghembo, o - come accade a Acca - per un passaporto
lasciato a casa nel cassetto d'un comodino.

Acca comunque � ottimista: basta una telefonata, basta che suo fratello
Esse faccia una volata a Gorizia, poco dopo il confine, e gli porti
quel passaporto: poche ore e tutto va a posto. Cos� crede Acca, e cos�
crede anche Esse, che da Milano in fretta e furia lo raggiunge. E si
porta appresso, da uomo previdente, tutti i documenti che provano
l'esistenza di Acca, i suoi diritti: ha un lavoro, suo fratello, con un
contratto regolare; ha una casa in affitto, suo fratello, con un
contratto regolare; ha un codice fiscale, un tesserino sanitario, un
certificato di residenza. E' ovvio che si tratti di un errore: � ovvio
per la storia degli uomini, ma le segreterie e gli uffici l'errore non
lo calcolano, n� sanno comprendere il malinteso, la svista. I documenti
che Esse porta a suo fratello Acca non bastano, c'� un piccolo
dettaglio che non quadra: il passaporto di Acca � scaduto. D'accordo,
ma i tempi tecnici di rinnovo sono di sei mesi, accidenti: entro sei
mesi l'avrebbe rinnovato, che fretta c'�, la legge lo prevede. Sono
discorsi a cui i burocrati sono sordi: Acca � gi� caduto nella trappola
della clandestinit�, e da questo punto in poi il percorso si fa
labirintico; troppe coincidenze, troppi dettagli di cui tenere conto.
Acca � un rinchiuso, ormai. I giorni naturalmente passano, e lui deve
affidarsi a suo fratello Esse, che smuove mari e monti: avvocati (si
pagano, e si pagano cari), associazioni varie, chiunque possa aiutare
un ipotetico clandestino - che clandestino non � - a ritornarsene a
casa sua e lasciarsi alle spalle un episodio tanto kafkiano. Le
soluzioni, legalmente parlando, sembrano due: domandare alle autorit�
slovene d'inoltrare alle autorit� italiane una richiesta di rimpatrio,
e attendere la risposta italiana, oppure domandare di essere trasferito
in Serbia da cittadino serbo: in Serbia Acca potrebbe rinnovare il
passaporto, far richiesta di ingresso in Italia nuovamente, e ripartire
da zero. Gi�, come la fanno facile, i nostri burocrati: ogni timbro �
denaro, ogni spostamento � denaro, ogni giorno perso � denaro sprecato,
e come ben sapete non tutti i portatori di permesso di soggiorno hanno
la rendita del nostro audace Cavaliere. Perch� i documenti si paghino,
poi, nessuno se l'� mai domandato? E si pagano carissimi: ogni
frontiera ingoia soldi, ogni ufficio estorce marche da bollo. E ogni
viaggio che Esse � costretto a fare per raggiungere suo fratello Acca
in Slovenia costa soldi, fatica, frustrazioni. Gli sloveni, per
facilitare i due, d'ufficio prendono Acca e lo sbattono in un secondo
centro di "accoglienza": al confine con l'Ungheria, stavolta.
Chissenefrega? Questioni logistiche, normale ridistribuzione degli
"accolti" sul territorio nazionale. Nessuno sa che i viaggi di Esse -
avanti e indietro per tirar fuori suo fratello da quel dedalo di timbri
e pile di cartacce - raddoppiano il chilometraggio. Dieci ore di
viaggio per trenta minuti di colloquio. Avanti e indietro. E i giorni
passano, le settimane passano.

Dovendo scegliere fra burocrazia serba e burocrazia italiana, voi a chi
affidereste la vostra misera sorte? E' un bel dilemma. Quella italiana
a Esse e Acca sembra pi� affidabile: dopotutto, gli sloveni hanno
assicurato che una richiesta di rimpatrio viene evasa in minimo due
giorni, massimo due settimane. Di certo, per�, non ci pu� essere
niente. Chiss� se i segretari che smistano i fascicoli con i nostri
nomi sanno che attaccato ad ogni nome-e-cognome c'� un individuo:
probabilmente no, vista la negligenza. Ai primi di dicembre, della
risposta italiana alla richiesta slovena ancora non c'� traccia: Acca �
ancora incastrato l�, destino in bilico, sbattuto in un buco sloveno ai
margini dell'Ungheria. Mangia quello che c'�, dorme quando pu�. Ma come
diavolo funziona una procedura di richiesta di rimpatrio? Mentre Acca
si deprime, Esse si mette in contatto con chiunque possa dargli una
risposta decente, e scopre il complesso di ingranaggi: la Slovenia
chiede formalmente il rimpatrio al Ministero degli Interni italiano, il
quale gira la domanda alla Questura di competenza; quindi la Questura,
in caso di risposta affermativa, invia il nullaosta al Ministero degli
Interni a Roma, il quale provvede a rigirarlo al Ministero degli
Interni sloveno affinch� venga comunicato al centro d'accoglienza.
Itinerario di un incubo. La richiesta di Acca � ferma su una scrivania
da settimane. Esse, con l'aiuto di un'associazione, sollecita la
pratica: in Italia si pu� dimenticare un cittadino? Certo che si pu�. E
un cittadino, imparatelo ora, pu� avere anche una data di scadenza: il
termine massimo di permanenza per un clandestino in Slovenia � di
sessanta giorni, trascorsi i quali scatta l'espatrio: se Roma non d�
risposta entro il 27 di dicembre, Ljubljana espelle Acca, direzione
Belgrado. Quanto hanno sperato, Acca e suo fratello Esse, di farcela in
tempo? Forse domani, forse fra due giorni, forse dopodomani. I carteggi
fra ministeri e questure non computano mai le giornate di lavoro perso,
le bollette del telefono che Esse paga e ripaga per coprire le tante,
troppe telefonate internazionali (attenda in linea! Ma lo sanno, quelli
che ci parcheggiano l� con le loro musichette, che dietro una
telefonata a un consolato, a un'associazione, pu� esserci qualcuno che
non avr� i soldi per pagare la telefonata e che ha bisogno di quella
dannata informazione?)� E le questure e i ministeri non tengono conto
dei bambini di Acca che chiedono dov'� pap�, perch� non torna a casa
per il mio compleanno, ma non torna nemmeno per Natale? Sperano invano,
Esse e Acca: le autorit� slovene consigliano di non sperare pi�, e di
far richiesta di espatrio prima che scatti il decreto di espulsione. E'
una storia brutta, il decreto di espulsione, e se Acca ne ricevesse uno
potrebbe mettere una bella croce sopra la Slovenia per sempre: niente
transito, niente turismo. Meglio domandare d'essere mandati a Belgrado
spontaneamente, prima che l'orologio dei clandestini batta il suo
sessantesimo giorno. Il pomeriggio del 22 dicembre, Acca viene caricato
sull'aereo che lo scaricher� a Belgrado.

In Serbia, Esse e Acca hanno l'anziano padre. I rapporti non sono
granch�, ma meglio di niente: pu� dare un supporto logistico, vive a
Nis, e poi Acca almeno � libero. Pu� camminare per la strada, pu�
muoversi, pu� esistere. Acca si fionda all'ambasciata serba, dove conta
di rinnovare il passaporto: dopotutto � solo un timbro, o cos� crede.
"Serve la carta d'identit� serba", gli spiega l'impiegato. Ma quale
carta d'identit� serba? Acca se n'� andato dalla Serbia che era un
ragazzino, la carta d'identit� nemmeno l'ha mai avuta, ha quella
italiana, vive in Italia, che dovrebbe mai farsene d'una licna karta?
"La legge � legge", spiega l'impiegato: anche in Serbia. Per ottenere
una carta d'identit�, dopotutto, basta soltanto procurarsi certificato
di nascita e di cittadinanza. Lei dov'� nato?, domanda l'impiegato. A
Vucitrn, risponde Acca, sono nato a Vucitrn. Chi di voi ha familiarit�
con la geografia jugoslava � gi� rabbrividito, perch� Vucitrn di fatto
vuol dire: Kosovo i Metohija, laggi�, nel territorio stile far west
amministrato malamente da Onu e Nato. Dio, com'� facile venir
scaraventati da una festa con amici a Gorizia fin nel profondo buco
nero delle guerre� Al nostro Acca tocca andare a fino a Vucitrn, dove
probabilmente l'impiegato di servizio, nel suo gabbiotto scrostato, lo
fissa sconsolato: c'� stata una guerra, molte guerriglie, i documenti
vanno persi, si spostano, bruciano, scompaiono: e Acca � serbo, e i
serbi in Kosovo non hanno pi� un'esistenza. I documenti Acca deve
andare a Kraljevo a domandarli. Kraljevo, pi� su, in Serbia. Immaginate
Acca che per due settimane transita da Nis a Belgrado, da Belgrado a
Nis, da Nis a Vucitrn, da Vucitrn a Nis, da Nis a Kraljevo, da Kraljevo
a Nis. Fino alla prefettura, dove esibisce, finalmente, tutti i suoi
incartamenti regolari e freschi di timbratura. "Ma lei � un serbo
kosovaro�", sospira l'impiegato della prefettura, lasciando presagire
il peggio. In questo frammento di vita di Acca c'� tutta la tragedia di
un pezzo di popolo che nessuno vuole pi�: i serbi del Kosovo hanno
perduto il Kosovo, cacciati, e non sono mai veramente divenuti serbi.
Cos�: uomini sospesi nella storia che ha giocato loro un brutto tiro.
Hai voglia a discutere se la colpa sia stata di Milosevic o di Thaci:
ma che ne sanno, Thaci e Milosevic, dei tanti poveri cristi fatti
dondolare da un territorio a un altro, gli albanesi in fuga in Albania,
i serbi in fuga in Serbia, e se non hai i documenti non lavori, e se
non lavori non mangi, e se non hai i documenti non transiti, non passi,
torni indietro, ma indietro dove? Non ho pi� niente, indietro, la
guerra s'� divorata tutto: quante volte ho letto, ho sentito, ho
trascritto queste piccole frasi. Acca sospira: dove devo andare, in
Kosovo, per rinnovare questo passaporto? Chiss�. Il Kosovo, signori
miei, � un casino. A Vucitrn, dove Acca � nato? Pare di no: Vucitrn �
un posto piccolo piccolo, mica ci sar� una prefettura. Forse a
Pristina, ecco, s�, a Pristina, che � il capoluogo. No, nemmeno
Pristina va bene, ormai � albanese: i documenti serbi a Pristina non si
fanno pi�. Bisogna andare a Mitrovica, quella Mitrovica divisa in due,
dove - qualche mese dopo - bruceranno le case e gli ospedali. A
Mitrovica Acca scopre di essere caduto dentro un pozzo: per cominciare,
perch� non ha portato il modulo di richiesta del rinvio del servizio
militare? Perch� nessuno mi ha detto che era indispensabile, risponde
Acca� E poi, perch� il suo nome � ACCA I e qui c'� scritto ACCA U?
Naturalmente un errore. Un errore? Eh gi�, l'alfabeto cirillico: la I
che sembra una U latina, scritta in corsivo. Chi ha trascritto il nome
di Acca il cirillico probabilmente non lo sa: � facile che accada, in
Kosovo. Questi dettagli - una dimenticanza, una trascrizione frettolosa
- costano a Acca quattro settimane di attesa: avanti e indietro, da Nis
a Mitrovica, da Mitrovica a Nis. Siamo a met� marzo, e Acca deve fare
in fretta: il suo permesso di soggiorno (s�, quello smarrito, che deve
essere rifatto e rinnovato in Italia) scade il 19 aprile. Se Acca non
torna � fuori dall'Italia: ci sono i suoi due bambini, in Italia, c'�
sua moglie, che non vede da una buia sera di ottobre in cui, a Gorizia,
ha soltanto sbagliato strada.

Questa storia � finita quasi bene: c'� voluta ancora una buona dose di
fatica, altre telefonate per affrettare le pratiche dell'ambasciata, il
nullaosta di Roma, altri giorni di attesa e su e gi� fra Belgrado e
Nis, ma in aprile Acca � tornato a casa. Adesso attende che gli
rinnovino il permesso di soggiorno, senza il quale non pu� lavorare: "a
corollario di quanto � successo", mi scrive oggi suo fratello Esse, "ti
posso solo dire che proprio oggi dopo sette giorni di tentativi siamo
riusciti a contattare il numero telefonico messo a disposizione dalla
questura per prenotare l'appuntamento per il rinnovo del permesso di
soggiorno: ce l'hanno fissato per il 15 settembre! E quello � solo il
giorno in cui si va a consegnare la modulistica. Dopo dovr� passare
almeno un altro mese affinch� il permesso sia pronto. Questo significa
che mio fratello non potr� lavorare in regola fino a met� ottobre 2004.
Il tutto perch� una sera di ottobre 2003, un doganiere non era al suo
posto e mio fratello ha sbagliato strada�"

La storia di Esse e di Acca � vera: l'ho raccontata a modo mio, ma non
ho aggiunto nulla. Ho solo omesso alcuni particolari burocratici, il
nome della citt� italiana in cui vivono - che non � Milano - e i loro
nomi reali, e l'ho commentata lasciando scivolare qua e l� i miei
pensieri malinconici. Esse e io siamo in contatto, e se lasciate un
messaggio lo legger�. La storia di Esse e Acca � una storia che
dovrebbe stare nelle pagine di storia dell'Europa, alla voce: come si
sopravviveva nel 2004 nella gabbia di Schengen. Invece, nei libri di
storia ci entreranno i discorsi solenni tenuti nelle capitali della
nuova Europa allargata l'altroieri notte, i discorsi solenni del
Continente Unito: il continente dove un ragazzo serbo che ha
dimenticato il passaporto a casa e sbagliato strada in una sera buia
pu� essere tenuto lontano dalla sua famiglia sei mesi, costretto in
carcere senza aver commesso alcun reato, sparato da una citt� all'altra
come una pallina dentro un flipper.

P.S. In questa storia ho voluto lasciare le maiuscole, perch� spero che
molti la riportino su altri siti. In genere non amo farmi notare e non
cerco visibilit�, ma mi auguro, questa volta, che la storia di Esse e
di Acca faccia il giro del web e insegni qualcosa ai cittadini del
continente-Europa. Volevo dir grazie a Esse, per tutto.


by babsi jones, www.exju.com
3.05.2004


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http://www.exju.org/archivio/esse_e_acca_una_storia_europea.html%5d




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