Da: ICDSM Italia
Data: Lun 12 Lug 2004 16:23:50 Europe/Rome
A: icdsm-italia @yahoogroups. com
Oggetto: [icdsm-italia] L'ennesima tournee di Carla Del Ponte


L'ennesima tournee di Carla Del Ponte

In occasione della sua ennesima tournee autopromozionale, la signora
Del Ponte ("procuratore" nel processo-farsa contro Slobodan Milosevic)
ha partecipato venerdì 9 luglio 2004 ad un incontro organizzato dalla
Fondazione Lelio Basso, per la presentazione del volume: LA CORTE
PENALE INTERNAZIONALE, PROBLEMI E PROSPETTIVE.

Come era gia' capitato in altre analoghe occasioni, il dibattito e'
stato tra intimi, ad inviti, "chiuso" ad interventi politicamente
"scorretti": tra gli interlocutori nessuno era stato invitato a
rappresentare opinioni veramente diverse. Eppure, un qualsiasi semplice
studente di diritto sarebbe in grado di screditare il "Tribunale ad
hoc" rappresentato dalla Del Ponte, contestandone la illegittimita' e
la violazione dei piu' elementari standard. Un Tribunale, quello
dell'Aia, che si regge soltanto con la prepotenza ed i soldi dello "zio
Sam", allo scopo di giustificare la barbara aggressione NATO alla
Jugoslavia pronunciando sentenze politiche gia' scritte preventivamente.
D'altronde, lo "zio Sam" che sponsorizza il "Tribunale ad hoc" della
Del Ponte e' quello stesso che garantisce per se stesso la immunita' da
tutte le eventuali accuse di "crimini di guerra", e che si rifiuta di
firmare per la istituzione dell’altro Tribunale Internazionale, la
"Corte Penale", oggetto per l'appunto del dibattito della Fondazione
Lelio Basso. E, guarda caso, l'attuale presidente del "Tribunale ad
hoc" della Del Ponte (Theodor Meron) e' precisamente l'ex inviato di
Clinton alla Conferenza di Roma per la istituzione della Corte Penale
Internazionale: quello cioe' che disse formalmente di "NO", a nome
degli USA, in quella occasione... E questa palese incongruenza non
sfugge a nessuno che non sia davvero in malafede.

Nell'occasione del suddetto dibattito, alcuni compagni delI'ICDSM,
Sezione Italiana, hanno  fatto del volantinaggio all'entrata, riuscendo
a consegnare personalmente alla Del Ponte copia della Lettera Aperta di
Ramsey Clark a Kofi Annan (
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/50 ). Una
interessante, davvero surreale intervista alla Del Ponte e' stata
effettuata nella stessa occasione da Tommaso di Francesco: la
riportiamo di seguito.


(A cura di ICDSM Italia. Sulla "strana" carriera di Carla Del Ponte
vedi anche:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/7 )


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il manifesto - 10 Luglio 2004

INTERVISTA
«Andrò fino in fondo, voglio tutta la verità»

Del Ponte: «Un avvocato per Milosevic malato. Crimini Nato: riaprirò il
caso»

TOMMASO DI FRANCESCO

Abbiamo incontrato Carla Del Ponte, procuratore del Tribunale
internazionale per i crimini nell'ex Jugoslavia, a Roma in occasione di
un seminario sul libro «La Corte penale internazionale. Problemi e
prospettive», organizzato dalla Fondazione internazionale Lelio Basso.
Il procuratore dell'Aja è impegnata in questo momento in una fase
delicatissima del processo che vede alla sbarra l'imputato eccellente
Slobodan Milosevic. Che ora chiede che vengano sentiti in aula più di
1.600 testimoni internazionali, tra questi tutti i leader occidentali
responsabili della guerra «umanitaria» del 1999, da Bill Clinton a Tony
Blair, da Schroeder a Solana. Ma ora l'imputato Milosevic è alle prese
con la sua salute: anche i medici del Tribunale dell'Aja riconoscono un
suo grave scompenso cardiaco.

Cosa risponde a chi l'accusa di esercitare la «giustizia dei vincitori»

Non vedo dove si possa parlare di giustizia dei vincitori. La giustizia
qui si configura soprattutto nel processo penale celebrato contro gli
alti responsabili di gravi crimini commessi durante il conflitto
nell'ex Jugoslavia. La giustizia dei vincitori è quella che non
protegge i diritti della difesa, sopravvaluta o valuta senza troppa
critica le prove a carico e fa un processo veloce con un solo giudizio.
Questa è la giustiza dei vincitori! Noi stiamo celebrando processi che,
in quanto a equità, non hanno eguali in nessun sistema nazionale,
quanto a durata e a sentenze emanate.

Il fatto di aver accorpato insieme tre periodi storici delle guerre
balcaniche con caratteristiche perfino antagonista, non rischia di
uniformare il procedimento d'accusa. La guerra di Bosnia, quella
serbo-croata precedente, il Kosovo...

Su questo non sono d'accordo con lei, perché il conflitto nei Balcani
ha avuto un inizio in Croazia, è lì che si è configurato il conflitto
armato ai sensi di legge. E lì già interveniva Belgrado, con aiuti
sostanziali; quindi c'è una interconnessione fra un conflitto e l'altro
che dura praticamente dieci anni. All'inizio naturalmente ci sono le
colpe individuali, quindi crimini di base che sono uguali per tutti ma
poi c'è la prova individualizzata sulla responsabilità personale
dell'accusato. Da lì ci escono le interconnessioni. Sì c'è una
distinzione netta, ma di tempo...

Ma nel 1991 esisteva ancora la Federazione jugoslava, il premier era
Markovic, croato, Loncar era ministro degli esteri, croato, c'era
l'Armja, il cui capo di stato maggiore Kadjevic era croato. C'era
ancora un paese e un esercito che, certo con il massacro di Vukovar,
comincia ad etnicizzarsi. E' responsabile solo Milosevic che in quel
periodo ha i poteri in Serbia ma non nella Jugoslavia.

De jure non ha il potere, de facto abbiamo dimostrato che ce l'aveva. E
c'è una connessione con l'inizio del conflitto che secondo noi comincia
in Croazia e si espande in Bosnia. Naturalmente si può dire che il
Kosovo è un conflitto a se stante, però nasce da quelle che sono le
risultanze belliche che vengono dalla Croazia. E poi a Vukovar c'è
l'episodio della strage dell'Ospedale. Quel crimine lo hanno commesso i
serbi. Ma può darsi che come lei dice, le configurazioni delle guerre
siano diverse. Lei mi esamina il conflitto armato, io mi occupo di
crimini durante il conflitto armato e cerco di individuare le alte
responsabilità di questi crimini ed è lì che ho l'interconnessione tra
Croazia, Bosnia e Kosovo.

Ma è proprio questa configurazione diversa che configura responsabilità
diverse...

Sicuramente sono responsabilità diverse. Ma prenda il processo
Milosevic. Lì abbiamo fatto tre distinti atti d'accusa proprio perché
ci sono responsabilità, come dice lei, diverse. Però c'è una
responsabilità criminale penale dello stesso soggetto.

Di fronte alla gravità della guerra etnica nei Balcani, non le sembra
che un solo colpevole sia un po' poco? Perché Tudjman e Izetbegovic non
sono mai stati incriminati? E' vero che sono morti, ma quando erano in
vita niente.

Lei dà la risposta. Ho sempre detto, quando ancora erano in vita, che
non ho risorse tali da poter simultaneamente condurre 45 inchieste. Ne
posso fare 6 o 7 al massimo. Quando sono arrivata lì ho trovato queste
7 inchieste in corso, quelle che abbiamo terminato e ne abbiamo aperte
altre. Era chiaro che stavamo conducendo le inchieste quantomeno per
valutare la posizione di Tudjman ed Izetbegovic. Purtroppo non abbiamo
potuto terminare queste inchieste perché la morte del sospetto chiude
l'inchiesta. Non la possiamo continuare.

Amnesty International e Human rights Watch le hanno consegnato rapporti
importanti chiedendole d'incriminare i leader dell'Alleanza atlantica
per l'uccisione di migliaia di civili durante la campagna di 78 giorni
di bombardamenti sulla Serbia e il Montenegro. Lei ha detto no. Ci sono
crimini di serie A e quelli di serie B?

Lavoro con quello che posso raccogliere. Avevo alcuni episodi che
meritavano un approfondimento ed è quello che ho cercato di fare. Sono
arrivata a un punto che avevo bisogno di avere accesso alla
documentazione e alle informazioni della Nato. Non mi è stato possibile
ottenerle. Io lavoro con quello che mi arriva, le inchieste si fanno
secondo regole di legge per poter acquisire prove, quando valuto che ho
sufficienti prove emano gli atti d'accusa secondo la competenza che mi
è stata data. Alla mia prima visita a Belgrado ero sicura che potessero
aiutarmi con la loro documentazione. Aspetto ancora. Comunque io sono
pronta, perché la legge me lo consente, a riaprire questa inchiesta,
quella sulla Nato, se qualcuno finalmente si decide a collaborare con
noi. Avevo degli indizi concreti che mi obbligavano a continuare. Anche
se, sono realista... non è facile

Visti i problemi politici - crisi di governo, uccisione del premier
Djindjic, crescita ulteriore del nazionalismo estremista - è sicura che
l'infinita pressione del Tribunale dell'Aja, senza sollecitare la
giustizia dei serbi, sia stato il modo migliore di comportarsi. I serbi
di Bosnia hanno riconosciuti il crimine di Srebrenica in questi giorni,
a prescindere da arresti e imputati eccellenti...

Questo ultimo riconoscimento è stato importantissimo. Quanto al metodo,
è la direzione giusta anche per Belgrado, più difficile, ma è la buona
direzione perché altrimenti non ci arriviamo, dico politicamente non ci
arriviamo. Perché i processi che stiamo celebrando noi dovrebbero
portare all'accertamento della verità dei fatti e non alla
disinformazione che la comunità internazionale ha sempre ricevuto.

Ma lei crede che l'Occidente non abbia avuto alcuna responsabilità nel
disastro jugoslavo? Pensi alla miccia accesa con i riconoscimenti delle
indipendenze proclamate su base etnica a partire dagli anni 1991-1992...

Io non faccio questioni di geopolitica. Ora però è lo stesso Milosevic
che con la sua difesa, con la chiamata come testimoni di tanti leader
occidentali, ci obbligherà ad entrare in questo tipo di questioni,
perché la sua è una difesa politica. E' importante, perché così sapremo
veramente la verità dei fatti.

In questo momento il processo Milosevic vive un momento molto molto
delicato, l'imputato eccellente dice che il suo deterioramento di stato
di salute è conseguenza della decisione di non avere sufficiente tempo
per difendersi. Che succederà alla fine? Il tribunale attribuirà de
jure, contro la volontà dell'imputato un avvocato d'ufficio?

Non è che Milosevic non abbia avvocati che lo assistano nella
preparazione della difesa, è solo che lui vuole essere da solo in aula
perché così è lui che parla. E' un suo diritto ed è un suo desiderio.
Ora c'è il suo grave stato di salute, ma già prima non si poteva e non
si potrà neanche in futuro avere più di tre giorni di udienza alla
settimana e non più di quattro ore al giorno. Avremmo finito in meno di
un anno se avessimo potuto avere i cinque giorni di udienza e il giorno
completo. Milosevic ora deve contattare i testi, deve prepararli, ha
bisogno di tempo. Nell'ultima udienza del 5 luglio abbiamo chiesto che
adesso gli si assegnassero dei difensori d'ufficio anche per preservare
la sua salute. Lui rifiuta. Adesso la corte ha rilasciato un giudizio:
chiede un altro parere da un altro cardiologo e poi deciderà. Però ha
già chiesto al cancelliere del tribunale di vedere potenziali
difensori. L'importante è che Milosevic possa difendersi e possa finire
questo processo.

E se lui rifiutasse questa condizione?

Noi abbiamo un precedente nel tribunale di Arusha per il Ruanda, dove
abbiamo un accusato che non vuole difendersi, che non riconosce il
tribunale e che non viene in aula. E lì la corte con un giudizio
motivato ha assegnato due difensori d'uffico che hanno rappresentato
gli interessi dell'accusato. Per Milosevic ricominciamo la prossima
settimana, il 21 luglio ci sarà una sospensione fino a fine agosto e in
questo periodo i giudici decideranno se assegnarli l'avvocato. Noi non
vogliamo che questa parte, quella dei testimoni internazionali, venga
meno.

In Kosovo a marzo si è resa evidente una nuova ventata di pulizia
etnica feroce. E' il caos e l'illegalità. A che è servita la guerra
«umanitaria»? Perché lei non interviene per questi nuovi crimini?

Purtroppo no. Eppure mi sono detta: adesso interveniamo, pensando che
avessimo competenza. Ma non c'è conflitto armato... Noi abbiamo bisogno
dell'elemento conflitto armato a norma di legge, e non c'è. Invece a me
andava benissimo, perché è senz'altro un seguito di questo odio etnico.



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