Da Alessandro Di Meo di "UN PONTE PER..." riceviamo questo importante

APPELLO :

Nel 2001 distribuivamo volantini che titolavano: "L'uranio impoverito
fa male ai nostri soldati. E ai bambini jugoslavi?" [vedi sotto]

Ora la Jugoslavia non esiste più, la chiamano Serbia-Montenegro, ma
fra quei bambini che, invece, continuano ad esistere eccome, ce ne
sono sempre di più che si ammalano di malattie del sangue, prima molto
rare. Leucemie, anemie varie. Ce lo raccontano alcuni medici pediatri
che abbiamo invitato a Roma, presso l'università di Tor Vergata. Ma i
dati statistici, quelli proprio non è possibile averli. Perché nessuno
te li da. Anche a Belgrado, all'istituto per la Salute della Madre e
del Bambino, ti fanno capire che questi casi drammatici sono in forte
aumento. Ma un numero proprio no, non possono fornirlo. Perché è un
tema che è meglio nascondere, sottacere, parlarne per metafore, hai
visto mai che poi tagliano quei fondi, qualcuno alla CEE si potrebbe
infastidire, ecc.

La verità è che di quel disastro, di cui è colpevole, purtroppo fra i
principali, anche il nostro paese, si cerca di far sapere poco.
Come si tende a non parlare dei profughi, circa 300 mila. Sono i
serbi, ma non solo, fuggiti dal Kosovo, dopo l'entrata della Nato nel
giugno `99. Profughi che in patria non sono considerati tali, in
quanto il Kosovo, formalmente, ancora è terra serba. E allora il
governo centrale li usa a scopo propagandistico, raccontando loro del
diritto al ritorno, illudendo, non troppo, ormai, quella gente che un
giorno riavranno la propria terra, la propria casa. E invece, non
riavranno un bel niente.
Non la casa, spesso bruciata o distrutta, non la terra, confiscata
dagli albanesi kosovari. Non certo gli affetti perduti, con più di
mille "scomparsi", spesso civili, di cui non si sa più nulla.
A questa gente nemmeno un risarcimento per tutto quello che avevano e
non hanno più. Eppure, molti di loro potrebbero anche dimostrare, con
tanto di documenti, le proprietà perdute.
A loro andrebbe bene anche un semplice risarcimento di ciò che hanno
perso, un indennizzo, perché permetterebbe, specie a coloro che hanno
figli piccoli da crescere, di stabilirsi nei luoghi che li hanno
accolti, rassegnati come sono al fatto che il ritorno tanto
sbandierato è solo una utopia.
E con le utopie, non si crescono i figli. E' gente stanca, che
vorrebbe tornare a vivere in pace. Come è stato per tanto tempo.

Vorremmo far partire una campagna per chiedere un risarcimento alla
comunità internazionale per queste famiglie. Cerchiamo giuristi di
diritto internazionale disposti a darci una mano. Un appello anche a
"il manifesto" e ad altri quotidiani che abbiano a cuore la sorte di
queste persone.
Un risarcimento... che non riuscirebbe certo a chiudere ferite così
gravi, ma che darebbe se non altro il modo a tante persone di provare
a rigiocarsi la vita. Magari con una idea di futuro meno buia.


Alessandro Di Meo (un ponte per... - www.unponteper.it)

PER CONTATTI: Un ponte per...
Associazione Non Governativa di Volontariato per la Solidarietà
Internazionale
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Un ponte per...

L'uranio impoverito fa male ai nostri soldati...

E AI BAMBINI JUGOSLAVI?


Per l'ipocrisia dei mezzi di informazione la vita di un nostro soldato
vale cento, mille vite di uomini, donne, bambini altrui. Possono anche
morire, purché nel silenzio più assoluto, lontani dal nostro mondo,
dalle nostre case, dalle nostre tavole, per non risvegliare in noi
sensi di colpa inattesi e indesiderati. L'elezione di Kostunica e la
consegna di Milosevic all'Aja hanno fatto dimenticare il dramma di
questo popolo. L'embargo è stato tolto in teoria ma, nel quotidiano,
l'inflazione del dinaro è inarrestabile e i prezzi continuano a
salire. La questione del ritorno degli sfollati in Kosovo, come
previsto dagli accordi, ma pure quella del ritorno dei profughi di
Croazia, Krajne e Bosnia nelle loro terre, rimangono irrisolte mentre
grave è la crisi politica con il Montenegro che, evidentemente, non
considerava l'uscita di scena di Milosevic, un fatto prioritario.
Inoltre, il "disciolto" UCK ricostituitosi come UCPMB, pretende, con
continue azioni di guerra nel sud della federazione, sotto gli occhi
bendati della Kfor, l'annessione della valle di Presevo, di Bujanovac,
di Medvedja. La guerra "umanitaria", è servita a poco, dunque! A meno
che, la nuova presidenza jugoslava non si dimostri sempre più servile
e accondiscendente con chi, dopo aver sganciato migliaia di tonnellate
di bombe avvelenate, si autoelegge a giudice e benefattore, fingendo
di preoccuparsi delle sorti del popolo jugoslavo. Nostri amici da
Belgrado ci scrivono che.

"Sfollati e Profughi sono le parole più comuni da dieci anni, in
Jugoslavia. Hanno preso il posto di Pane e Latte."

Noi, che insieme a pochi altri, questo popolo l'abbiamo difeso in
tempi decisamente diversi, facendo arrivare solidarietà e aiuti
concreti già sotto le bombe, non ci facciamo incantare dalle sirene
del capitalismo mondiale che, specie nei paesi dell'est Europa
(Europa?.), ha saputo creare soltanto miseria, malavita, terre e
braccia, anche di bambini, da sfruttare.

Restiamo attenti, continuiamo a far sentire tutto il nostro sostegno
ad un popolo bollato come "nemico" e che, invece, ha la sola "colpa"
di non aver scelto il luogo dove nascere.


Sostieni i progetti di " Un Ponte per." in Jugoslavia
a sostegno degli sfollati, dei profughi, della gente in difficoltà


Una scommessa. da vincere!


Noi dell'associazione "Un Ponte per." siamo spesso a Kraljevo,
Jugoslavia (ora Serbia-Montenegro), sia per seguire i numerosi
progetti in solidarietà con le vittime della guerra del 99, sia per
consegnare le rate dei sostegni a distanza a famiglie profughe di
quella guerra, che ancora vivono nei centri di prima accoglienza. Fra
queste, le famiglie che mandano i propri bambini in vacanza a Roma,
ospiti di famiglie di dipendenti dell'università di Tor Vergata.

In una di queste occasioni, a luglio del 2002, arriva una mamma. Non è
profuga, è solo disperata. Suo figlio, Marko, affetto da Anemia
Aplastica, terribile malattia del midollo, sta sempre peggio e i
medici di Belgrado che lo hanno avuto in cura non hanno possibilità di
curarlo. Per via di soldi che non ci sono, per via dei medicinali
introvabili e costosi, per via di mille altre cose che un decennio di
guerre provocherebbe dovunque. Anche in Italia. Anche ai nostri figli.

"Un Ponte per." ha il senso delle proporzioni. "Un Ponte per." non fa
ospedalizzazioni perché è un'associazione piccola, ma di quelle per le
quali ci si onora di spendere tempo.

Però "Un Ponte per." incontra molti occhi di disperati nelle sue missioni.

Disperati particolari, perché le guerre li hanno resi tali. Perché
senza le guerre avrebbero ancora una speranza e un futuro in cui
credere. E una casa, un lavoro, una vacanza, un viaggio da fare.

Al ritorno, quella mamma non può essere dimenticata. E ci si muove,
anche su terreni sconosciuti.

Dopo un primo tentativo presso strutture dell'Università di Roma "Tor
Vergata", la Regione Lazio indica l'Oncologia Pediatrica del Gemelli.
Questa struttura, insieme a poche altre, rientra in un progetto della
Regione sulle ospedalizzazioni di stranieri provenienti da zone disagiate.

Ma dopo qualche mese di cure, anche il Gemelli si è arreso. A Giugno
dello scorso anno il trasferimento al San Camillo dove Marko, ora, fa
day hospital. Dopo una drammatica operazione per una emorragia
cerebrale in Dicembre, che oggi lo costringe ancora su una sedia a
rotelle, lo scorso 5 Febbraio ha finalmente ricevuto il trapianto di
midollo osseo da non consanguineo.

Anemia Aplastica. Marko non è profugo, ma a Kraljevo hanno bombardato
molto. La malattia può insorgere anche per le radiazioni subite. Non
esiste un collegamento diretto dimostrabile e difficilmente verrà mai
dimostrato. Ma questi casi prima rari, ora sono in aumento. Leucemie,
anemie e malattie del sangue in generale. L'uranio impoverito non fa
male solo ai nostri soldati, dunque...

Non sappiamo se riusciremo a salvarlo, Marko.

Lui è solo uno dei tanti, ma è vivo e vorrebbe continuare a vivere. Ad
andare a scuola, a fare passeggiate in bicicletta coi suoi amici, a
fare progetti di vita coi suoi genitori e col piccolo fratellino di 4
anni. Magari, anche a giocare a pallone, con la maglietta di
Stankovic, il suo idolo che ha conosciuto in occasione del suo compleanno.

Marko e sua madre Novka sono in Italia da quasi due anni, ormai. Molte
sono state le spese affrontate. Molti hanno donato sangue e piastrine,
sempre necessarie per le trasfusioni. Ma non basta. Non può bastare
perché ogni giorno è una scommessa. Aiutaci a vincerla.


Un Ponte per. sta portando avanti da tempo numerosi progetti in
Jugoslavia. Dalla fornitura di importanti macchinari alla Neonatologia
di Belgrado all'aggiornamento di medici pediatri in strutture
ospedaliere italiane, dai gemellaggi scolastici con piccole
ristrutturazioni di scuole all'ospitalità di bambini in Italia, dai
corsi di formazione professionale per profughi e non ai campi di
lavoro, dalla promozione dei lavori di ricamo delle donne profughe ai
viaggi di conoscenza, dalla collaborazione fra la Pediatria
dell'università di Tor Vergata a progetti di sistemazione reti
fognarie e idriche. Per aderire, puoi effettuare un versamento
specificando la causale (contatta la nostra sede). Le quote sono
fiscalmente detraibili.