In prima linea, con Zbignew Brzezinski e Marco Pannella, per squartare
la Russia:

ANTONIO MOSCATO ("ERRE") APPOGGIA IL SEPARATISMO RAZZISTA DAL KOSOVO
ALLA CECENIA


Sul numero di oggi di "Liberazione" appare un articolo di Antonio
Moscato (1) che falsifica tanto la storia quanto l'attualita' ed usa
chiavi di interpretazione del tutto fuorvianti rispetto allo stragismo
dei separatisti ceceni.

Addossando tutte le responsabilita' della situazione alla parte russa,
decontestualizzando il nazionalismo ceceno dal quadro piu' generale di
una frammentazione dell'Europa su basi "etniche", cioe'
razziali-razziste, fomentata dalla NATO per "sfondare" nei paesi ex
socialisti di interesse strategico, Antonio Moscato di fatto assolve
completamente il fanatismo nazionalista che da un decennio provoca
lutti e disgrazie in tutta la regione causasica.

Scrive Moscato: "Da anni la Cecenia è sottoposta a un feroce genocidio,
che ha sterminato tra il 20 e il 30% della popolazione, e costretto i
sopravvissuti a condizioni tremende di esistenza." Questa affermazione
e' falsa e tendenziosa: l'unico genocidio (nel senso di una
eliminazione pianificata di una popolazione in base a criteri razziali)
in atto in Cecenia dal 1990 e' quello della componente russofona, la
quale e' dovuta scappare in massa (centinaia di migliaia di persone)
per sfuggire alla violenza dello sciovinismo islamista filoturco e
filoamericano.
Ha scritto Mauro Gemma: "La componente etnica russa è oggi parte
imprescindibile dell'entità multinazionale nord caucasica: i russi
costituivano, al momento della dissoluzione dell'URSS, il 68% della
popolazione in Adighea, il 42,4% nella Karaciaj-Circassia, il 32% in
Kabardo-Balkaria, il 30% nella Ossezia del Nord, il 25% in Cecenia
(prima di subire gli effetti della "pulizia etnica") e il 9,2% in
Daghestan (dove sono stati settori della stessa popolazione autoctona
ad autorganizzarsi e ad affiancare l'esercito contro il terrorismo
"wahabita"), mentre nelle regioni settentrionali di Rostov, Krasnodar e
Stavropol rappresentavano addirittura l'86,9%, l'85,1% e il 77,9%. E
non va neppure trascurata la presenza di significative rappresentanze
di nazionalità cosiddette "non titolari" (ucraini,
bielorussi, armeni, ebrei, greci, zigani, coreani, tedeschi, ecc.). C'è
inoltre da mettere in rilievo che settori consistenti delle stesse
popolazioni autoctone abbracciano fedi religiose diverse da quella
islamica. Come si vede, ce n'è a sufficienza per temere il dilagare
delle indipendenze artificiali. Solo un
irresponsabile può non essere preoccupato delle conseguenze
imprevedibili che la "balcanizzazione" del nord del Caucaso (già
attraversato nella sua parte meridionale, in Georgia, da altri
terribili conflitti) potrebbe comportare..." (2)

Ma Antonio Moscato non nutre preoccupazioni del genere! Come prima nei
Balcani - dove con la sua area politica post-trotzkista (prima
"Bandiera Rossa", oggi "Erre") ha appoggiato tutti i separatismi
antijugoslavi e continua ad appoggiare oggi l'idea di una "Grande
Albania" -, Moscato si preoccupa solo di criminalizzare il "potere
centrale".
Abbandonato qualsiasi richiamo alle ragioni del socialismo e
dell'internazionalismo - inteso come unita' piuttosto che non
contrapposizione fra i popoli che coabitano una stessa terra -,
Moscato, parlando della Cecenia, canta le lodi di una fantasiosa "lotta
iniziata almeno dal 1770, e con motivazioni solo in parte religiose,
tanto è vero che uno dei suoi capi (per ben diciotto anni, fino al
1791) fu una singolare figura di avventuriero [SIC], che si faceva
chiamare Mansur Ushurma, ma che era arrivato nel Caucaso come
missionario cattolico [SIC]: padre Giovan Battista Boetti, un
domenicano originario del Monferrato [SIC] che a trent'anni si era
convertito all'Islam [SIC - e le motivazioni non sarebbero religiose?!]
e alla causa dell'indipendenza da Mosca..."
Dunque nel 1770 la Cecenia era gia' russa; si confronti con il
Sudtirolo, che e' italiano solo da novanta anni! Ma non e' tanto questo
il punto: con una lettura storica ridicola e caricaturale, Moscato si
inventa un "indipendentismo" ceceno che avrebbe precorso tutti i
nazionalismi europei (di fatto nati nell'Ottocento), laddove il
conflitto, all'epoca, casomai poteva essere solo tra Russia zarista ed
Impero Ottomano - ed i separatisti ceceni all'epoca chiedevano la
annessione a quest'ultimo. Tanto e' vero che: "Dal 1824 al 1859 la
regione fu di fatto [?] indipendente, come Emirato [SIC] del Caucaso
del Nord sotto la guida di Imam Shamil... Dopo la sconfitta russa nella
guerra di Crimea... una parte degli sconfitti [ceceni] lo seguì e si
installò nell'impero ottomano." [SIC]

Ha scritto molto giustamente Mauro Gemma: "ancora oggi, come ai tempi
di Shemil, su base tribale sono organizzate le bande dalle
caratteristiche mafiose che sviluppano la 'resistenza' cecena al potere
centrale. Tutti i paragoni con le esperienze più nobili di lotta di
liberazione sono assolutamente fuorvianti. Nessuno storico serio
potrebbe negare che, non solo nel resto del Caucaso compreso nel
territorio dell'attuale Federazione Russa, ma (almeno dal 1957 al 1991)
anche nella Cecenia stessa, durante i decenni dell'esperienza uscita
dall'Ottobre, tra i popoli autoctoni di confessione islamica, si è
avvertito in modo estremamente marginale un sentimento di ostilità nei
confronti del potere sovietico, e che, al contrario, si è assistito ad
un periodo di fioritura civile e culturale, di impetuosa crescita
economica e sociale e di sostanziale convivenza multietnica, frutto
delle conquiste della rivoluzione. Come non riflettere sul fatto che,
ai tempi dell'aggressione nazifascista, quando gli occupanti cercarono,
come era ovvio, di sfruttare le tensioni interetniche, il tentativo di
strumentalizzazione cadde praticamente nel vuoto e tutti i popoli
caucasici con l'eccezione dei ceceni e delle piccole etnie dei balkari
e dei karaciaj, che pagarono poi con la tragica deportazione
staliniana" (2). Inoltre, "contrariamente alle tesi primordialiste dei
nazionalisti, nel Caucaso la formazione di 'nazioni' legate ad un
territorio dotato degli attributi della statualità è stata una
creazione delle autorità sovietiche". (3)

E invece Antonio Moscato, che evidentemente all'ideale unitario
dell'Unione Sovietica staliniana preferisce quello dell'Impero
Ottomano, scrive: "I ceceni non si sono mai piegati. Hanno lottato
contro lo zar (...), hanno accolto con favore la rivoluzione d'ottobre,
ma hanno ripreso a ribellarsi contro la russificazione forzata del
periodo di Stalin e sono stati deportati in massa nell'Asia centrale
durante la seconda guerra mondiale". Qui va detto che i leader ceceni
antisovietici accolsero a braccia aperte Hitler, come fecero d'altronde
tanti altri micro-nazionalismi, dai paesi Baltici alla Grande Albania.
Di che cosa stiamo parlando? E' presto detto: nel 1936 il "Congresso
delle Nazionalita'" di Ginevra, riunione annuale di tutte le
organizzazioni per la difesa dei piccoli popoli europei sostenute dal
nazismo, si pronuncio' per una "suddivisione" dell'Europa su base
micro-etnica: "Il riconoscimento di una soggettivita' del 'Volk' come
base fondante dello sviluppo europeo non significa altro che tracciare
i contorni di una nuova Europa". Il serissimo relatore era uomo di
fiducia dei servizi segreti nazionalsocialisti, impegnato proprio in
quell'epoca contro lo Stato cecoslovacco. Ancora piu' chiaramente, in
un documento riservato del 15/5/1940 il capo delle SS Himmler esprimeva
la convinzione che:

"Nel trattamento delle etnie straniere dell'Oriente dobbiamo vedere di
riconoscere e di badare quanto piu' possibile alle singole popolazioni,
vale a dire oltre ai Polacchi e gli Ebrei gli Ucraini, i Russi Bianchi,
i Gorali, i Lemchi ed i Casciubi. Ed ovunque si trovino pure solo
frammenti etnici, ebbene anche a quelli. Con questo voglio dire che noi
non solo abbiamo il piu' grande interesse acche' le popolazioni
dell'Oriente non siano unite, ma che al contrario siano suddivise nel
numero maggiore possibile di parti e di frammenti. Ma anche all'interno
delle stesse popolazioni non abbiamo alcun interesse a portarle
all'unita' ed alla grandezza, a trasmettere loro forse pian piano una
coscienza nazionale ed una cultura nazionale, bensi' piuttosto a
scioglierle in innumerevoli piccoli frammenti e particelle..." (4)

Pero', secondo Antonio Moscato, dire che i ceceni avrebbero "appoggiato
Hitler" sarebbe "una svista [SIC] influenzata dalla versione ufficiale
staliniana, dura a morire anche se smentita fin dagli anni Settanta da
storici rigorosi come Aleksandr Nekriç e Roy Medvedev" - perbacco!
Dopodiche' Moscato si lancia in una discettazione su popoli sovietici
piu' o meno comunisti e piu' o meno collaborazionisti dei nazisti,
rivoltando completamente la "frittata" della verita' storica. Poi si
rende conto di avere esagerato con i paradossi e cambia registro:

"Ma questi antefatti lontani sono solo indirettamente all'origine
dell'attuale disperazione e quindi della scelta di mezzi tremendi e
ingiusti per «far parlare della Cecenia». Veniamo invece alla storia
più recente." Magari! La "storia piu' recente" di Moscato e' lo
stravolgimento dei fatti: si tessono le lodi di Djokar Dudayev e di
"più di tre anni [in cui] la piccola repubblica è di fatto
indipendente", ma si dimentica di parlare degli attentati e della
pulizia etnica dei russofoni, e si prosegue dando ad intendere che
tutte le grandi stragi contro la popolazione di Mosca, attribuite ai
separatisti ceceni, sarebbero state il frutto della perfidia di Putin e
dei servizi segreti russi. Infine si parla delle recenti fasi della
guerra in Cecenia come di un unico indiscriminato massacro commesso dai
russi contro i civili inermi (ceceni): "Ecco da dove vengono fuori le
'vedove nere' disposte a sacrificarsi, tanto più ferocemente, quanto
più hanno di fronte la ferocia dell'avversario, dalle bombe dell'agosto
1999 che mezza Russia e tutta la Cecenia attribuiscono a Putin, alla
strage di combattenti e di innocenti ostaggi russi compiuta
nell'ottobre 2002 nel teatro Na Dubrovke dai corpi speciali di Putin.
Non vogliamo giustificare [SIC], vogliamo solo che non si dimentichi
chi ha innescato la barbarie."

Noi, per capire chi ha innescato veramente la barbarie, suggeriamo
piuttosto i seguenti elementi:

1. i separatisti ceceni hanno goduto dell'appoggio militare USA
attraverso Bin Laden - agente CIA dalla guerra antisovietica in
Afghanistan fino, perlomeno, a pochi anni fa (5);

2. i separatisti ceceni hanno goduto dell'appoggio militare USA anche
attraverso i Lupi Grigi turchi (6);

3. tutti i siti internet dei separatisti ceceni fanno base su server
statunitensi (vedi ad esempio kavkaz.org - lo stesso d'altronde si puo'
dire anche per la maggiorparte dei siti dei gruppi che si dice siano
legati a Bin Laden, ma questo e' un altro discorso, forse...);

4. uno dei piu' grandi sponsor dichiarati del separatismo ceceno, a
livello internazionale, e' Zbignew Brzezinski, il notissimo
"think-tank" dell'establishment USA, quello della "Grande scacchiera":
egli adesso dirige un "American Committee for Peace in Chechnya" [SIC]
(7); in questa veste nel 2002 si espose clamorosamente, chiedendo (ed
ottenendo) la liberazione del leader terrorista ceceno Akhmed Zakayev
fatto arrestare dai russi in Danimarca;

5. in Cecenia passa(va) l'oleodotto che porta(va) il petrolio di Baku
sulle coste russe del Mar Nero; ma, come e' noto, gli statunitensi
(cioe' Zbignew Brzezinski ed Antonio Moscato) preferiscono la rotta
turca...

6. per brevita', omettiamo di commentare sul problema della espansione
della NATO ad Est... E chiudiamo invece con una ciliegina:

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CECENIA
Pannella: «Sono partigiani»

«Né kamikaze né terroristi», regisce a caldo Marco Pannella nel
tentativo di capire l'azione dei ceceni morti all'alba di ieri a Mosca.
«Questa è un'azione chiaramente, manifestamente, nelle modalità e
nelle finalità, guerrigliera, partigiana. Guerriglieri come quelli cui
pensava Gandhi: dinanzi la guerra omicida si può essere violenti o no,
ma se si è inerti si può essere solamente codardi», ha aggiunto.
Secondo Pannella, le finalità del comando ceceno non era quella di
fare strage di civili (o lo avrebbero fatto, prima o comunque), quanto
piuttosto «richiamare l'attenzione del mondo democratico sulla guerra
in Cecenia».

(da "Il Manifesto" del 27/10/02)
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NOTE:

(1) L'articolo di Antonio Moscato "Le premesse dell'orrore e i nostri
silenzi" si puo' leggere integralmente alla pagina:
http://www.liberazione.it/giornale/040903/default.asp
http://www.liberazione.it/giornale/040903/LB12D680.asp

(2) "Alcune riflessioni sulla Questione Cecena" di Mauro Gemma:
http://www.resistenze.org/sito/te/po/ru/poru2m08.htm
L'autore giustamente consiglia, per dare una "ripassata" alla storia
del Caucaso, di leggere vari passaggi comparsi sull'argomento nella
Storia Universale dell'Accademia delle scienze dell'URSS (Teti Editore)
che alle "aree periferiche" sovietiche ha dedicato un'attenzione
considerevole. Si veda anche il testo dell'appello approvato dai
delegati al "Primo congresso dei popoli del Caucaso" e altri documenti
sulla questione cecena, apparsi in "L'Ernesto", n.6/1999. La stessa
rivista è ritornata varie volte sull'argomento, anche nelle annate
seguenti.

(3) Cristiano Codagnone, "Questione nazionale e migrazioni etniche: la
Russia e lo spazio post-sovietico", Milano 1997. Citato in: Mauro
Gemma, op. cit.

(4) Heinrich Himmler, capo delle SS, citato in: R. Opitz,
"Europa-Strategien des deutschen Kapitals 1900-1945", Colonia 1977
(pag. 653)

(5) "Il Manifesto", 20 Settembre 2001: L'utile mostro "wanted". Chi è
Osama bin Laden / 2. Una chiave per le operazioni militari e
d'intelligence americane nei Balcani e nell'ex-Urss
Dopo l'89. Il fondamentalismo islamico diventa utile agli
interessi strategici di Washington |nell'ex Unione sovietica
MICHEL CHOSSUDOVSKY

(6) Vedi ad esempio:

http://www.cnnitalia.it/2000/DOSSIER/01/18/reportage/
A Istanbul la porta della guerra santa
19 gennaio 2000 - di Ali Isingor - CNNItalia

http://www.cnnitalia.it/2000/DOSSIER/01/18/intervista/
Parla un mujaheddin: "Perchè ho combattuto a Grozny"
19 gennaio 2000 - di Ali Isingor - CNNItalia

http://www.dweb.repubblica.it/archivio_d/2000/03/14/attualita/dalmondo/
082cas19282.html
Reportage - Il tesoro del Caspio
La posta in gioco è un'immensa ricchezza in petrolio. La realtà
d'oggi, tensioni, contrabbando e popoli in fuga dalle sue rive
 di Luca Rastello
"... quando le alleanze maturate sulle rotte dell'oppio - per
esempio nei rapporti con le potenti organizzazioni criminali legate
all'estrema destra turca, e in particolare ai famosi lupi grigi -
incominciarono a determinare la politica estera di Baku, le
cose cambiarono. Se oggi la Russia indica proprio nell'Azerbaigian la
principale base di azioni criminali nel Caucaso (dopo la
Cecenia, ovviamente), è probabilmente perché, secondo Mosca, il clan di
Aliev ha avanzato troppe pretese nei negoziati sulla
formidabile produzione caspiana di oro nero..."

(7) http://www.peaceinchechnya.org/about.htm


(a cura di A. Martocchia)