(english / italiano)

Quelli che vogliono squartare la Russia (2)

1. F. Grimaldi: terroristi ceceni a "Liberazione" e "Manifesto"

2. Terror strikes in Russia (Vladimir Radyuhin)
3. The West sets terrorists on Russia


=== 1 ===

TERRORISTI CECENI A “LIBERAZIONE” E “MANIFESTO”

Mondocane fuorilinea

6/9/04

di Fulvio Grimaldi

Rientrare in Italia dopo una mesata nel Venezuela bolivariano è come
rientrare tra le capre del proprio villaggio di capanne dopo aver
girato con Odisseo per le terre di Alcinoo, Nausicaa, Circe e Polifemo,
Calipso e Ilio. Gli anglofobi lo chiamano anticlimax, il contrario di
una vetta, un vertice, o di un orgasmo. E’ come riprecipitare nel
sottosviluppo provenendo da una civiltà avanzata. E basterebbe il
confronto tra la buona educazione, l’allegria, la gentilezza, il
buonumore universale e pandemico dei venezuelani, andini o della piana,
metropolitani o della selva tropicale, e la nevrosi collettiva dei
romani, sconvolti da decenni di devastazioni capitoline,  pronti alla
rissa al primo sorpasso giudicato protervo, al primo pestone subito
sull’autobus della compenetrazione dei corpi, al primo scataracchio da
enfisema automobileindotto., al centesimo sacco di rifiuti sparso tra i
piedi e sotto i nasi. Basterebbe vedere come la rivoluzione bolivariana
ha sottratto alla manomorta degli infiltrati dell’oligarchia l’azienda
di Stato degli idrocarburi, rilanciandola a terza impresa sudamericana
e a motore dell’integrazione ed emancipazione sociale continentali, a
fronte di quanto l’esperto di devastazioni industriali e sociali a un
miliardo al mese, Cimoli, va facendo all’Alitalia, sul modello del
degrado da lui già inflitto a quelle che erano le migliori ferrovie
d’Europa e oggi farebbero pena al Mali. Basterebbe anche, l’esperienza
della serietà, competenza, maturità politica, modestia di modi e di
beni, al limite del pauperismo, di coloro che pur dirigono la più
importante rivoluzione dei nostri tempi: la sede centrale del partito
di maggioranza, MVR è una casetta gialla a due piani con un televisore
in bianco e nero, l’ufficio nel Comando Maisanta, quartier generale
elettorale, del braccio destro di Chavez, Willian Lara, è un
bugigattolo dove a stento ci stanno lui e la segretaria, le redazioni
dell’unico quotidiano di sinistra, dell’unico canale governativo, delle
tante tv e radio di quartiere, ricordano le atmosfere, i mezzi, gli
arredi del nostro passato extraparlamentare. E poi, a ogni livello, la
cordiale fraternità tra tutti i partecipanti a questa grande
rivoluzione di popolo che non conosce gradi e gerarchie, che ovunque
piega il verticale all’orizzontale. E, di fronte, le degenerazioni
salottiere, le cadute di stile, i quaquaraquismi, le serpentine
dell’opportunismo, le familistiche e compiaciute disponibilità ai
Vespa, Costanzo, Socci, Carrà , chiunque abbia a disposizione una
telecamera, di certa gente di qui. Ricordo un ministro del governo
venezuelano che riteneva incompatibile con la sua funzione e la sua
etica accogliere l’invito a uno “show” televisivo. Non ci ho mai visto
nessuno dei bolivariani sulle ginocchia di un qualche locale principe
mediatico. C’è classe politica e classe politica, da noi abbiamo
scambiato per tale una banda di arraffoni, arruffoni e guitti. Un bagno
nella rivoluzione bolivariana e il grano si separa dal loglio come per
miracolo.

Ma è la chiarezza delle cose della vita, cioè della politica, che da
quelle parti riflette la limpidezza del cielo, mentre da noi le cose
della vita si confondono e mescolano in melmosa omologazione,
rivaleggiando con le turbolenze tossiche delle polveri sottili e del
biossido di carbonio dello smog. Fin dal primo momento, nessuno tra i
compagni venezuelani si sarebbero sognato di fraintendere le tanto
turpi quanto evidenti provocazioni di un “Esercito Islamico” che agisce
a parla in sincrono con il mercenario Cia Ayad Allawi, a sua volta
sgambettante dai fili di Donald Rumsfeld, Ariel Sharon e neonazisti
vari. Prima - hanno scritto sui loro giornali i bolivariani, che non
hanno la vista ottenebrata dalla fregola di andare al governo con i
propri opposti – questo “Esercito Islamico”, né islamico, né iracheno,
chiede il ritiro di 50 insignificanti filippini che, comunque, se ne
sarebbero dovuti andare un mese dopo. E si accredita come grande
vincitore nei confronti di una presidente Gloria Arroyo, che, amichetta
di Clinton in gioventù, come sente un fischio statunitense arriva al
godimento e, dunque, ritirando i suoi ragazzi, ha danzato al trillo di
uno zufolo pseudoiracheno il cui fiato sapeva distintamente di stelle e
striscie. Acquisita credibilità resistenziale, questi specialisti
Mossad si sono rivolti al bersaglio vero: giornalisti ficcanaso e non
embedded (con qualche magagna dal punto di vista iracheno, tipo la
familiarità con l’agente occidentale Scelli e le intimità con le
soldatesse USA), e il vero, massimo stato canaglia, la Francia laica e
del rispetto per gli arabi e musulmani, la Francia, magari imperialista
di suo, ma massimo intralcio allo “scontro di civiltà” finalizzato alla
conquista sion-statunitense del mondo. Ora, per capire queste cosucce
elementari, basterebbe saper distinguere tra oro e piombo. Cosa che
d’acchito hanno fatto tutti gli arabi e tutti i musulmani del mondo,
compresi 60 milioni di francesi, da Chirac a Monsiù Benoit., nonché una
gran massa di compagni che si sono allenati a studiare la differenza
tra un comunista e, che so, il segretario di Rifondazione.

Non così da noi. Per esempio e limitandosi a RC, i vari dirigentoni
Consolo, Migliore (quello dal cognome-presa per il culo), Bertinotti
stavano a Caracas per il referendum e sapeste quanto erano
antimperialisti, filocubani e internazionalisti, al fianco di tutte le
resistenze, da quelle parti (non che avessero convinto: ricordo
deputati bolivariani che mi chiedevano angosciati come fosse possibile
che comunisti antimperialisti, antiliberisti almeno, andassero al
governo con D’Alema, autorevole sponsor dei locali fascisti). Gli è
bastato farsi mezza dozzina di fusi orari e rientrare nella rete di
ragno delle “maggioranze”, delle “coalizioni democratiche”, dei
ministri di Rifondazione, della non violenza alla faccia dei cani di
Abu Ghraib attaccati alle palle, del Risiko per le regionali, che le
resistenze sono tornate a essere “terrorismi”, tutti uguali, tutti
orrendi, saddamisti, muktadisti, eserciti islamici, zarkawisti,
alqaidisti, kamikaze palestinesi. Ma il top l’hanno davvero raggiunto e
superato con la Cecenia. Devo dire che il “Manifesto” ci ha messo del
suo, una cazzuolata di calce sulla tragica faccia della verità e
buonanotte ai suonatori (e meno male che c’è stata la rettifica a muso
duro di Marina Forti, che ha raccontato l’oscena verità sulle “donne
martiri” cecene!). Il cerchio, poi, l’ha chiuso sul giornaletto di RC
Antonio Moscato, un “intellettuale organico” di Bertinotti, che da anni
si muove in perfetto sincrono con gli estremisti della comunità ebraica
statunitense, detti neocon ma in tutta evidenza neonazi, ex-trotzkisti
come lui (anzi, a dispetto di Trotzki, Moscato trotkista si dice
ancora, quanto il capetto della combriccola, Salvatore Cannavò, che
edita una fanzina, “Erre”, e scrive editoriali in cui altalena
giocosamente tra acrobazie rivoluzionarie e inchini a sovrani e
distributori di poltrone).

L’assonanza di Moscato con la banda di tagliagole di Wolfowitz non è
solo nominale. Va nel profondo. Mi ritrovai a dibattere sulla
Jugoslavia con questo luminare dell’università di Lecce. Dopo una sua
“ricostruzione” storica dell’indipendentismo kosovaro e della necessità
genetica della Grande Albania, della stessa disinvoltura onirica con
cui su “Liberazione” del 3/8/04 ha inventato una storia del popolo
ceceno (vedi This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it. “Antonio Moscato e Zbigniew
Brzezinski in prima linea per squartare la Russia”, originato da
“Coord.Naz.per la Jugoslavia”), Moscato è arrivato ad attribuire ai
tagliagole e narcotrafficanti dell’UCK di Hashim Thaci, guidati da
Osama Bin Laden e foraggiati da Germania e USA, i meriti e la nobiltà
di un’autentica lotta di liberazione. Il tutto anche allora corredato
dall’ampio ventaglio di invenzioni e menzogne sulle “atrocità serbe”
con cui le agenzie apposite (Ruder & Finn, Hill & Knowles), oltre al
Pentagono e ai media assoldati, hanno accompagnato la pulizia etnica
contro i serbi e lo sbranamento della Jugoslavia. E il tutto anche
assolutamente privo di riferimenti alla strategia nazifascista, prima,
e imperialista eurostatunitense, poi, di sbriciolare i Balcani a forza
di “piccole patrie”, identitarismi tribali, etnici e confessionali,
strategia identica a quella che oggi, utilizzando i soliti mercenari di
Al Qaida, strumento privilegiato dei nazisionisti di Washington e Tel
Aviv dall’11/9 in poi, viene sostenuta da Moscato per il Caucaso del
petrolio appetito dagli USA e da altri. E qui è assai istruttivo
citare, dal testo del Coord. Naz. per la Jugoslavia, un documento di
pugno del capo delle SS Himmler: “Nel trattamento delle etnie straniere
dell’Oriente dobbiamo vedere di riconoscere e di badare quanto più
possibile alle singole popolazioni... Ed ovunque si trovino pure solo
frammenti etnici, ebbene anche quelli. Con questo voglio dire che noi
non solo abbiamo il più grande interesse acchè le popolazioni
dell’Oriente non siano unite, ma che al contrario siano suddivise nel
numero maggiore possibile di parti e frammenti. Ma anche all’interno
delle stesse popolazioni non abbiamo alcun interesse a portarle
all’unità ed alla grandezza, a trasmettere loro forse pian piano una
coscienza nazionale ed una cultura nazionale, bensì piuttosto a
scioglierle in innumerevoli piccoli frammenti e particelle...” Non vi
ricorda niente? La Nato in Jugoslavia, Israele nel mondo arabo, gli USA
in Medio Oriente, in Iraq, nell’Afghanistan affidato a fantocci e
“signori della guerra” rifornitori di eroina alle banche amiche? Come
ideologo di riferimento non c’è male.

L’accantonamento totale che questo collateralista, oggettivo o
soggettivo (la responsabilità per questi sconvolgimenti di menti
indifese resta uguale nell’un caso e nell’altro), compie delle
strategie di genocidio terroristiche e imperialiste e del quadro
geopolitico degli interessi in cui si inserisce la ferocia sanguinaria
senza pari dei gangster teleguidati di Cecenia o Kosovo, (esaminato,
invece, con competenza e onestà dal non-comunista, ma professionista e
persona perbene, Giulietto Chiesa) la ritroviamo anche in altri
sostenitori slavofobi dell’UCK e della causa grandalbanese: Astrid
Dakli e K.S. Karol, ahinoi sul “Manifesto”. Dakli, del resto, si era
già fatto notare al tempo della distruzione della Jugoslavia quando, a
pulizia antiserba in corso, seppe percorrere il Kosovo ormai
albanesizzato e postribolo di Nato e ONG, come fosse un giardino
all’italiana, senza vedere neanche un fil di fumo spiraleggiante dai
150 monasteri medievali inceneriti dall’UCK, o una casa bruciata con le
famiglie serbe e rom dentro, o qualcuno dei 300.000 serbi in fuga dalla
propria terra. All’indomani della carneficina, i due esperti di Cecenia
del quotidiano, del quale non possiamo fare a meno, si sono superati. A
che pro dilungarsi su un’analisi della natura e composizione e
motivazione di “combattenti”, “guerriglieri”, “indipendentisti” (mai
terroristi, quelli stanno solo in Palestina e Iraq), sul retroterra di
un fondamentalismo d’importazione, guidato da stranieri scaturiti da Al
Qaida, cioè dalla Cia, che acchiappa disperate e soggiogate donne, le
carica di tritolo e le fa esplodere a distanza (pure, queste cose sul
“Manifesto” sono uscite! Elettra Deiana, Imma Barbarossa, Lidia
Menapace, voi così pronte a saltare con artigli affilati come Freddy
Kruger sulle aberrazioni patriarcali, perché tacete?)? Perché indugiare
ancora sull’abominio agghiacciante, inedito in qualsiasi autentico
movimento di liberazione, di un terrorismo macellaio che colpisce nei
metrò, sugli aerei, negli ospedali, nelle scuole, che pratica i
sequestri per riscatto? Perché attardarsi sui risultati di elezioni
che, sistematicamente, danno maggioranze schiaccianti e verificate da
terzi a coloro che vogliono restare in uno Stato degno del nome,
piuttosto che in una colonia USA amministrata da lanzichenecchi? Basta
ripetere “elezioni farsa”, non c’è bisogna di dimostrarlo, non fanno
così anche gli amici di D’Alema e dell’Internazionale
massonico-socialista in quella “Coordinadora Democratica” che esegue i
golpe Cia in Venezuela? E, soprattutto, perché andare a sfrucugliare su
cosa significhi oggi, alla luce della “Grande Scacchiera”
dell’annientatore di Stati Brzezinski, il Caucaso degli idrocarburi e
degli oleodotti, che ha in Cecenia il suo nodo decisivo? O il petrolio
continua ad andare verso Nord e arriva nel mondo passando, con le
relative remunerazioni politico-economiche, per la Russia, o questo
Nord viene tagliato fuori e messo alla mercè dei rubinetti occidentali
con un percorso, controllato dagli USA, dalle origini alla Turchia, al
Kosovo appunto, all’Albania? Cosa c’è di vero nelle voci sulle cisterne
di dollari che dalla Exxon arrivano al socio di Osama (l’altro è Bush)
Shamil Bassaev? Qualcuno potrebbe vedersi offuscare la vista da un
conglomerato di analogie tra 11 settembre, assalto alla Jugoslavia,
transito rivale delle risorse e serratura antimperialista, assalto
all’Afghanistan dell’Unocal cui i Taleban negavano un oleodotto e
piantagioni di papaveri (le avevano sradicate), assalto all’Iraq che
teneva duro da quarant’anni a difesa del suo petrolio e del suo Stato
sociale, a sostegno dei palestinesi, a spiraglio del riscatto arabo. E
Moro che parlava di “convergenze parallele”! Già, si era reso
conto. Non per nulla le BR... E poco vale la parziale correzione di
rotta del Dakli del giorno dopo, forse imposta da una sana rivolta
della redazione, in cui, detta qualche parola di biasimo per gli
“orrori” della guerriglia, torna al fondo del suo abisso politico
falsificando le cause dell’eccidio, attribuite, contro ogni evidenza
accettata perfino dai tg di regime, alla ferocia sanguinaria di Putin e
non ai mostri che fanno scoppiare le proprie donne in mezzo ai bambini,
imponendo ineluttabilmente il blitz.

Tutto questo, con i Moscato, i Dakli, i Karol, i Barenghi del “meglio
gli occupanti americani”, va fatto sparire sotto il tappeto. Visto che
i neonazi di Washington hanno dato indicazione di sventrare nazioni
multietniche e laiche, soprattutto quelle che ostacolano la rapina
universale delle risorse, e di prevenire il sorgere di qualsivoglia
rivale al dominio universale degli USA, con Israele al guinzaglio (o
viceversa), la bisogna chiama alla criminalizzazione mediante
inquinamento, per trascorsi ed esperienza con ogni probabilità Mossad,
di chi resiste, sacrosante armi in mano, e alla benevola e indulgente
comprensione per chi delinque contro i futuri “rivali”, anche
straziando forzate kamikaze e centinaia di bambini. Fanno un buon
lavoro, questi “analisti”. Qualcuno li ricompenserà. Alla stregua di
Marco Pannella, che già solo sopravvivendo ferisce la dignità umana e
che non è mancato all’appuntamento con Moscato e soci. Da giorni quella
faccia devastata dalla corruzione sbraita che i “combattenti” della
scuola in Ossezia sono “partigiani alla Ghandi”. Ringraziamolo però, il
patron di quell’altro bravo giornalista, Antonio Russo, che dopo aver
berciato su Radio Radicale, da un nascondiglio in Macedonia, come
“dalla sua finestra a Pristina” si vedessero i serbi arrostire allo
spiedo bimbetti albanesi, è stato fatto fuori proprio dalle parti dei
cavernicoli attivati in Cecenia. Senza il parallelo con il capoccia
transnazionale, come potremmo comprendere fino in fondo la natura
del pensiero di Moscato?

Una citazione a parte merita Gennaro Migliore, un prodotto che pare
sfuggito al suo artefice prima delle rifiniture finali, uno che
Bertinotti ha reso responsabile delle relazioni internazionali, ma
anche uno che ha nel cognome il risarcimento per tutto il resto. Poteva
Gennaro Migliore esimersi dal rilasciare una “nota di commento”, al
pari di Ciampi, Schroeder, Chirac, Woytila? No, non poteva. Poteva il
tabloid “Liberazione” esimersi dal pubblicare in apertura e in
grassetto, sotto il titolo fuorviante “Migliore”, il testo di questa
esternazione? Ovviamente, non poteva, salvo attirarsi le ire del
fratello grande del Nostro. Gennaro non dice nulla di originale, se lo
si confronta con gli elucubrati ceceni di Dakli, Curzigliardi, Michele
Giorgio, Repubblica, Libero e via citando i fustigatori politically
correct di quanto avvenuto a Belsan, in Ossezia. Però lo dice in modo
Migliore (pensate se si chiamasse Peggiore!). In primis, prova di
intuito: “E’ l’ennesima prova che esiste una lotta al terrorismo che
viene utilizzata solo per compiere atti autoritari e di una ferocia
indescrivibile”. Poi, inesorabile e abbagliante, la conclusione: “Non
possiamo non sottolineare il fatto che il blitz delle forze speciali
russe ci conferma ancora di più che a Putin della vita umana non
interessa nulla”. Putin si deve contorcere a vedersi così smascherato.
Reso il costumario omaggio alla teoria del suo Grande Fratello, per cui
esiste e impregna di sé il mondo la famosa “spirale guerra-terrorismo”,
la formidabile intuizione risolutrice dei neonazi di Washington e della
cosca sionista di Tel Aviv, G.M. non esita a esprimere a voce alta, a
titolo di soluzione finale, quanto gli ex-trotzkisti di oltre Atlantico
osano solo sussurrarsi nelle fasi più esaltate dei festini chez
Condoleezza Rice: “Una comunità internazionale che si rispetti avrebbe
dovuto da tempo imporrea Putin una diversa gestione della questione
cecena...” (SIC!!!) E qui solo i bonaccioni possono nutrire un dubbio
se il detto Migliore si riferisse solo al dito minaccioso di Xavier
Solana, ai blandi embarghi iracheni da un milione e mezzo di morti, a
qualche alluvione di uranio, o piuttosto a una bella invasione da
200.000 vittime civili come quella delle Filippine, o a un bel golpe
con invasione di briganti tipo Haiti, insomma alla famosa “esportazione
della democrazia”.

Ma lasciamo Migliore ai suoi collateralismi e veniamo alle conclusioni.
Sulle quali c’è poco da scherzare. Con il vindice dell’UCK Antonio
Moscato che attribuisce allo stesso Putin e al suo bisogno di
popolarità (sic!) gli orrendi attentati degli agenti imperialisti in
Cecenia e nel resto della Russia, quasi fosse un Bush, al Migliore che
chiede l’intervento di quella collaudata associazione per delinquere
che è la “comunità internazionale”, per imporre a Putin, al Caucaso
ambito dagli USA e dall’UE, e al popolo ceceno quello che i terroristi
Cia non sono ancora riusciti a imporre, il cerchio si chiude davvero.
Esperta di sillogismi, come il più raffinato dei sofisti, questa gente,
e i giornali che non si peritano di farsene infangare, argomentano:
Bush e Berlusconi solidarizzano con Putin, Bush e Berlusconi sono
cialtroni, ergo Putin è un cialtrone. E pensare che sono proprio quelli
che, rovesciandosi nel loro opposto (specialità di certi
pseudotrotzkisti), ci ammoniscono contro l’equazione: il nemico del mio
nemico (mettiamo, la Resistenza irachena, i martiri palestinesi) è mio
amico. Non gli passa per la mente (per la mente, magari sì, per la
penna falsa e bugiarda no) che se Bush e Berlusconi sostengono Putin è
perché devono a tutti i costi mantenere in piedi il teorema – oh,
quanto vincente! – del “terrorismo internazionale”, del “terrorismo
islamico” che richiede di essere combattuto, con le stragi dagli uni,
con la politica, ma non solo alla fine dei conti, dagli altri. Solo
così è possibile affogare nella nebbia le patenti motivazione degli
eterodiretti macellai ceceni: risuscitare gli oligarchi mafiosi amici
di Sion, del FMI e dei neonazi, tagliare la vena giugulare russa
dell’energia, far avanzare il progetto imperialista di eliminazione
degli ostacoli al dominio planetario.

Senza saperne assolutamente nulla, senza esibire uno straccio di prova,
automatizzano: le elezioni in Cecenia sono, a priori, “una farsa”. E
hanno sotto i piedi una democrazia che ha prodotto un
presidente mondiale con i brogli, che conduce guerre permanenti contro
nemici fabbricati in provetta e di cui dirige ogni passo, che permette
come un partito del 5% (RC) abbia 11 deputati e uno del 4% (la Lega) ne
abbia 50, che fa vincere le elezioni a chi ha avuto in dono dai poteri
occulti e criminali tutti i mezzi di comunicazione (facendo allineare
gli altri a questa imbattibile potenza di fuoco) e così si è rubato il
cervello anche dell’avversario, che finge alternanze o alternative
facendo correre uno contro l’altro due fantini sullo stesso cavallo,
ovviamente di razza. Quanto a me, le uniche votazioni che abbia mai
visto svolgersi in termini ineccepibili sono quelle del Venezuela della
rivoluzione bolivariana, nelle quali ha sempre vinto chi aveva contro
proprio i berlusconidi mangiatori di cervelli. Nelle sinapsi di questa
gente circolano vari tossici: razzismo eurocentrico, arroganza
cattolica apostolica romana, elettismo sionista (popolo eletto), dosi
massicce di islamofobia e slavofobia, la pluriscreditata teoria
negriana dell’intesa imperiale euro-russo-statunitense contro le
“moltitudini”.

Il trucchetto della disperazione è infine quello che avalla il gioco
delle parti tra un Shamil Bassaev, di cui è difficile giustificare
fanatismo integralista, ferocia sanguinaria e origini Al Qaida-Cia, e
un Maskhadov, “presidente” ceceno indipendentista moderato che,
tuttavia, con il primo prende il tè ogni pomeriggio alle cinque, si
schiera con gli angloamericani nella liquidazione dell’Iraq e, a parte
qualche strumentale presa di distanza dai massacri di bimbetti, a uso
mediatico e moscatiano, con i terroristi scatenati dagli USA condivide
in toto strategie e obiettivi: la Cecenia, l’Abkhazia, l’Ossezia, il
Daghestan, come la Georgia e altri stati caucasici, cioè tutto il
petrolio, all’imperialismo, in cambio del guiderdone riservato ai
proconsoli della criminalità organizzata dei sequestri e della droga.
Della sinergica accoppiata separatista e narcotrafficante albrightiana
Thaci-Rugova si sono scordati tutto.

E così, cari compagni, i nostri vessilliferi politico-mediatici hanno
perfezionato il lavoro dei neonazi avanzanti in Medio Oriente e in
Asia: il delinquente vero non è chi ha scatenato l’inferno all’interno
della scuola di Belsan in Ossezia del Nord (o fa precipitare aerei,
proprio come l’11/9, o polverizza pendolari nella metropolitana, o
uccide malati negli ospedali), facendo esplodere povere donne ricattate
e mitragliando fagottini nudi in fuga, ma coloro che non potevano non
cadere nella trappola e intervenire alla cieca prima che morissero, non
300 o 400, ma tutti i 1500 ostaggi, ostaggi del mostro imperialista e
della subalternità di finti sinistri.

Un’ultima notarella per uno bravo, Alessandro Ribecchi, che da ogni
“Manifesto” della domenica ci consola e incoraggia con le sue
staffilate ai caporali di ogni risma. Anche lui ci parla ora di due
leadership di pazzi (Bush e i terroristi islamici) e di “queste due
bande di stronzi che sparano addosso a noi, noi sei miliardi di
ragazzini di Beslan”. Non sono due, le bande, caro Robecchi, è una
sola, anche se ha tante teste quante l’Idra. Sono stronzi in coppia,
tipo Osama-Oriana, che escono tutti dallo stesso sfintere.    


=== 2 ===

http://www.hindu.com/2004/09/06/stories/2004090601901000.htm

THE HINDU
Online edition of India's National Newspaper
Monday, Sep 06, 2004

Terror strikes in Russia

By Vladimir Radyuhin

The immediate goal of the Beslan raid was to spread violence beyond
Chechnya and set Russia's entire North Caucasus on fire.


AN UNPRECEDENTED wave of terrorist attacks in Russia that climaxed in
the bloody school hostage drama in the southern town of Beslan last
week has signalled a quantum jump in Chechnya-related violence. While
in the past terrorism was linked to and fuelled by Chechen separatism,
today it draws its strength from international terror networks.
The sheer scale and coordination of the latest terror strikes
demonstrated a level of planning and execution Chechen rebels never
showed before. Within the space of one week militants coordinated a
series of attacks against civilian targets outside Chechnya. On August
24 two Russian airliners were brought down by bomb blasts killing 90
passengers and crew. The explosives were apparently carried on board by
female suicide bombers of Chechen origin and detonated within nine
seconds of each other, as was registered by flight recorders. Days
later another suicide bomber detonated 2 kg of explosives outside a
Moscow metro station, killing 11 and wounding over 50 people. The next
day an armed group attacked a school in southern Russia and took
hostage over 1000 children, their parents and teachers.
The gang that captured the school displayed unheard-of ferocity. It is
for the first time that Chechen rebels targeted children. It is also
for the first time that they started killing hostages when no force was
used against them. The 52-hour siege ended in a carnage on Friday when
terrorists blew up the mined gymnasium where most of the hostages were
held and tried to break out of the building using the cover of fleeing
children.
In another first in the history of Russian terrorism a foreign-based
group took responsibility for some of the attacks. The Al-Qaeda-linked
"Islambouli Brigades" said its "shahidi" downed the Russian planes and
bombed the Moscow metro station. Out of 32 attackers killed in the
commando storming of the seized school on Friday, nine were identified
as Arabs and one as an African.
Chechen rebels are known to have long-standing ties with the Taliban
and Al-Qaeda. Taliban-ruled Afghanistan was the only country that
recognised breakaway Chechnya and opened its embassy in Kabul. Moscow
at the time condemned the move as an attempt "to create a terrorist
international."
There is evidence that the "terrorist international" has now matured
and taken over the Chechen rebel movement. Responsibility for the
Beslan hostage raid has been claimed "Salakhin Riadus Shahidi," a group
led by Chechnya's notorious warlord, Shamil Basayev, and linked to
Al-Qaeda. Security experts believe that Basayev received funding for
the Beslan hostage-taking and other attacks from an Al-Qaeda operative
of Saudi origin, Abu Omar al-Saif. He who pays calls the tune.
The Russian President, Vladimir Putin, described the Beslan attack as
"direct aggression by international terrorism against Russia." One
reason why terrorists declared war on Russia at this point is that they
fear losing Chechnya as their stronghold in Russia. Mr. Putin has
launched a large-scale programme of peaceful rehabilitation of the
war-ravaged region. The Centre has increased allocations for rebuilding
Chechnya's economy this year by 40 per cent, to nearly $170 million in
an effort to create more jobs and reduce the nearly 70 per cent
unemployment that makes young people easy prey for rebel recruiters.
Since last year Chechnya has an elected leader, and even though the
first Kremlin-backed President of Chechnya, Akhmad Kadyrov, was
assassinated in a bomb attack in May, the process of handing over power
in the region from the Russian military to the Chechen administration
has not been interrupted. A week ago Chechnya elected another Kremlin
loyalist, Alu Alkhanov, as its President. Terrorists apparently timed
their attacks to coincide with the election to play down the
significance of this victory for Moscow.
The immediate goal of the Beslan raid was to spread violence beyond
Chechnya and set Russia's entire North Caucasus on fire. In 1999
Basayev led a Chechen rebel invasion of neighbouring Dagestan under the
slogan of setting up a pan-Caucasian halifat. In June this year a large
rebel group attacked two towns in Ingushetia killing nearly 100 people.
This time terrorists aimed to trigger a new ethnic conflict between
North Ossetia and Ingushetia. The two Russian regions neighbouring
Chechnya clashed in 1992 over a disputed border territory, when Ingush
crowds marched into North Ossetia's Prigorodny Dictrict in an attempt
to reclaim land where they lived before Stalin exiled them to Central
Asia after World War Two. It took Moscow great efforts to end the
conflict, which claimed hundreds of lives and saw a massive eviction of
Ingush residents from their homes in North Ossetia. It is Ingush
militants who made up the core of the gang that seized the school in
Beslan and there are fears that Ossetins will now try to take revenge
on the neighbouring people. Their hostility is aggravated by the fact
that North Ossetia is the only predominantly Christian territory in
North Caucasus surrounded by Muslim regions. Also, the Ingush are
closely related to the Chechens and are largely seen as sympathising
with the Chechen rebel resistance.
"This attack (in Beslan) can blow a precarious balance of
inter-confessional and inter-ethnic relations in the region," Mr. Putin
said in televised remarks. "We will do everything we can to prevent the
situation from taking such a turn."
A new conflict in North Caucasus may also upset a wider balance of
power in the region. Addressing the nation after the Beslan tragedy,
Mr. Putin said Russia's enemies sought to tear off parts of the
country. He appeared to be hinting at Georgia, whose President, Mikhail
Saakashvili, has vowed to reimpose Georgia's control over the breakaway
regions of South Ossetia and Abkhazia. Russia's peacekeepers deployed
in South Ossetia are the only factor that keeps Tbilisi from using
force against the enclave, which voted in a referendum to unite with
their brothers in Russia's North Ossetia. Ethnic turmoil between North
Ossetia and Ingushetia could tie Russia's hands and enable Georgia to
redraw the map of North Caucasus. Significantly, Mr. Saakasvili said in
a recent interview that Chechen and Ingush people can be Georgia's
allies in its struggle to restore territorial integrity. In his address
to the nation, Mr. Putin also hit out at Georgia's Western supporters.

"There are those who want to tear off parts of Russia and those who
help them. They help, supposing that Russia, as one of the biggest
nuclear powers, still poses a threat to them, so they have to get rid
of that threat," the Russian leader said. "Terrorism is of course
merely an instrument for achieving this goal."
Terrorism may also be an instrument in the internal power struggle in
Russia. Chechnya has long been used as such an instrument. In 1994 the
then President, Boris Yeltsin, sent troops to Chechnya to boost his
plummeting popularity with a small victorious war. In 1999 the Yeltsin
clan and powerful business moguls timed the launching of the popular
second Chechen war with a presidential election campaign to propel
their hand-picked successor to Mr. Yeltsin to power. Mr. Putin has
since turned against his benefactors, moving to reassert government
control over Russia's rich oil resources that Mr. Yeltsin sold out to
Kremlin-linked oligarchs and encroaching on their oil windfall.
Russia's most outspoken political leader, Vladimir Zhironovsky, is one
of those who thinks that the recent surge in terror strikes in Russia
is linked to an intensifying power struggle in Russia. In a television
interview after the Beslan tragedy, he said Mr. Putin fell a victim of
an internal conspiracy masterminded by his sworn enemy, the exiled
billionaire, Boris Berezovsky, together with other business tycoons
unhappy with Mr. Putin's policies. Their aim is to weaken and humiliate
Mr. Putin to make him vulnerable to manipulation.
The conspiracy theory gained credence when Russia's TV Channel Three
reported on Saturday that investigators found evidence of Russian
business groups financing Chechen terrorists. The report named two
Russian companies — the oil major Yukos, whose owner, Mikhail
Khodorkovsky, is on trial for fraud and tax evasion, and Logovaz, a
company set up by Mr. Berezovsky.
Whatever the hidden springs that put in motion the terror machine in
Russia, it is clear that the only way to stop it is to solve the
problem of Chechnya where all terrorist attacks have come from. Winning
the people of Checnya over to peaceful life will take time, and in the
meantime Russia must brace up to face more terror strikes, Mr. Putin
said.
"We have shown weakness [in the face of new challenges] and the weak
get beaten up," the Russian President admitted, vowing to upgrade the
country's security system, overhaul the corruption-ridden law
enforcement structures and create effective crisis management
mechanisms.


=== 3 ===

http://www.rbcnews.com/komment/komment.shtml

The West sets terrorists on Russia

Shortly before recent terrorist attacks, Russia was warned that it
would face problems unless it withdraws from the Caucasus and
surrenders it to Western countries


We have got used to the sympathetic attitude to rebels attacking Russia
from Western media and politicians. European and American media do not
like to speak about innocent victims of terrorist attacks. Instead,
they focus on the sufferings of suicide terrorist bombers and their
rightful revenge. In fact, they encourage terrorists, offering them
moral and political support. It is no secret that odious figures like
exiled tycoon Boris Berezovsky and bandit Akhmet Zakayev, who changed
his camouflage uniform for expensive civilian clothes, found a warm
welcome in the West. This is not new. Having realized that it cannot
change Russia’s policy through the rat race of human rights
campaigners, protests by the OSCE and the threats of “new leaders” like
Mikhail Saakashvili, the West turned to open pressure on Moscow.
Perhaps, this is just a coincidence. But maybe not. Days before the
deadly school siege in North Ossetia, which claimed hundreds of
innocent lives, a number of very influential foreign media, expressing
the position of the establishment, warned Vladimir Putin that Russia
should withdraw from the Caucasus, otherwise his career would end. When
the Russian President said in his address to the nation that Russia was
facing a war, he was speaking not only about “international terrorism”.

Throughout the weekend, all foreign leaders expressed their condolences
to President Putin and the Russian people. But were they sincere? It is
with the sanction of these countries’ leaders that their top officials
warmly receive envoys of Chechen separatist leader Aslan Maskhadov and
offer them political support. Public statements that Russia should
start a political dialog with “legitimately elected” Chechen
authorities work for the same purpose (under the “legitimately elected”
authorities they mean Maskhadov and his people, who expelled almost all
non-Chechens from the republic and enslaved hundreds of people). It is
the EU’s and the US’s pandering to terrorists that inspires the bandits
for new “feats”.

Following the school siege drama, foreign media became hysterical
again, repeating that Russia only knows how to kill peaceful Chechens
and Russian hostages, blaming it all on the Kremlin. This approach
stroke a cord with foreign audiences. Just a day before, they saw a
“nice” picture on TV screens and the BBC’s comments, referring to the
bandits firing at children as “rebels”. TF1’s reporter said it was not
the first time that Putin had arranged a bloodbath under the pretext of
freeing hostages. For his part, Dutch Foreign Minister Bernard Bot said
in a statement on behalf of EU foreign ministers, that the EU would
like to know from Russian authorities how the tragedy could have
happened. So, it is not surprising that the killed and wounded Russian
children are seen as the victims of Russian imperialism. And
terrorists, who gather moral and financial strength in European
capitals, where headquarters of various Islamic groups are located,
seem to be not to blame, again.

But Russia got used to that long ago, and all this cannot change
Russia’s policy on the Caucasus. Even direct military provocation by
Georgian President Mikhail Saakashvili, who seems to have been
encourage to ‘bark’ at Moscow, did not change Moscow’s line. The new
“Caucasian tsar” even threatened to start a war on Russia. Pressure
from the OSCE and organizations calling themselves human rights
campaigners, did not help, either. It seems the West decided to
directly dictate its conditions to Moscow.

A week before a series of recent terrorist attacks in Russia, the West,
through its influential media, sent an ultimatum to Moscow. The
position of the Western establishment, in the first place, the
Anglo-Saxon establishment, was clearly expressed in The Economist
magazine. It published an article suggesting that the Kremlin should go
away from the Caucasus, where its policy failed, and invite the West to
come there instead. On the other hand, the West should breed leaders
like Mr. Saakashvili, “whose openness to interethnic co-existence and
commitment to Western values make him the most promising leader for
decades”. In order words, do what we tell you, and you will remain in
power as long as you want. Russia must review its policy on Caucasus,
and Western leaders should put all these issues clearly before Vladimir
Putin. The reputation of Mr. Putin and Russia is at stake, the magazine
stressed.

But Russia did not heed the warning, and it indeed faced the problem
days after the publication. First came a double air crash and a suicide
bomb attack outside a Moscow metro station, and then – the school siege
in Belsan which ended in carnage. Those behind the siege hoped that it
would splash over the whole Caucasus. So far, it is unclear who was
behind the international brigade of bandits and cannibals. But it is
clear that it is impossible to carry out a series of well-coordinated
and professional terrorist attacks without involvement of highly
qualified “experts”.

It seems that, having bet on large scale terrorist acts, forces behind
them turned to direct involvement in the “changing” of political
situation in the Caucasus, provoking new ethnic wars in Russia, in the
North Caucasus. The only way to resist is to show that we are ready for
a new war, we are ready to fight by the new rules and new methods, not
against mythical “international terrorists”, which do not exist, but
against those behind “rebels and fighters for freedom”, geopolitical
puppeteers who are ready to kill thousands of Russian people to achieve
their goal of re-dividing the world.

Analytical department of RIA RosBusinessConsulting