STRAGI DI STATO - STRAGI DELLA N.A.T.O.


In seguito al nostro messaggio "Un 'traditore' nella NATO" sul
caso Bunel ( http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/377 )
abbiamo ricevuto da M. Cristaldi il seguente commento:


> Constatata la mancata resurrezione delle BR, richiesta a gran voce dai
> responsabili di governo, siamo in attesa di un traditore della CIA che ci
> chiarisca altrettanto bene la vicenda dell'omicidio D'Antona eseguito a
> Roma durante l'attacco bellico alla Jugoslavia.


Sulla strategia della tensione a venti anni dalla strage della stazione
di Bologna segnaliamo invece da "La Repubblica" di oggi:


http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20000804/interni/06malet.html

Maletti, la spia latitante
"La Cia dietro quelle bombe"

"Andreotti, Leone e i silenzi interessati della politica"
Dal Sudafrica parla l'uomo del Sid condannato per depistaggio. "Saldo il
mio
debito di verità con l'Italia"

dal nostro inviato DANIELE MASTROGIACOMO

JOHANNESBURG - "Sono stanco di pagare per altri. Obbligato all'esilio,
condanne per 31 anni, nove ancora da scontare. Mi sembra un po'
troppo... so
di avere un debito di verità nei confronti dell'Italia". Gli occhi della
vecchia spia si perdono oltre il parco del quartiere residenziale di
Rosebank, Sudafrica. Bugie, misteri, faide e lotte intestine. E poi quei
morti, gli attentati, nelle banche, sui treni, nelle piazze. Gianadelio
Maletti, classe 1921, generale di divisione, cittadino sudafricano dal
1980,
assistito dall'avvocato Michele Gentiloni, è disposto a rivelare ciò che
sa.
La sua verità. Di sicuro ci sono le sue condanne: per depistaggio, per
avere
aiutato i neofascisti Giannettini e Pozzan, per avere deviato le
indagini
sulla bomba di Bertoli alla questura di Milano. Propone la sua verità
vista
"da dentro". Nel 1971 è nominato capo del reparto D: punta di diamante
del
nostro controspionaggio militare.
Generale, avrà saputo della relazione di minoranza della Commissione
Stragi.
Si afferma che la strategia della tensione fu di stampo atlantista.
"Ho saputo e letto qualcosa. E immagino che quall'atlantista stia per
americano. Usa".
Sì. Lei cosa ne pensa?
"Era una necessità della Nato raccogliere notizie ed elaborarne il più
possibile. Ma chi le usava e le manipolava era il Servizio americano, la
Cia".
Ne ebbe prova diretta?
"Avevo personalmente rapporti con la Cia. Con Stone, detto Rocky, capo
della
stazione di Roma e Mike Sedinuoui, un agente di origini algerine.
Eravamo in
contatto per motivi di controspionaggio".
Lei sospettava che la strategia delle bombe avesse una regia
internazionale?
"Sospettavo, senza precisi riscontri".
E questo non era sufficiente per allarmarsi, per avviare un lavoro di
intelligence?
"Noi, come Sid, non eravamo in condizioni di fare nulla. Almeno nei
confronti degli americani. Poi il tempo ci portò le prime conferme. La
Cia,
in Italia, aveva la più importante sezione sulla sicurezza di tutta
l'Europa
occidentale. Le informazioni venivano poi confrontate con l'altra
potentissima centrale presente in Germania".
Germania?
"Sì, la Germania era stato un paese di reclutamento sin dalla fine della
seconda guerra mondiale. La Cia voleva creare, attraverso la rinascita
di
una nazionalismo esasperato e con il contributo dell'estrema destra,
Ordine
nuovo in particolare, l'arresto di questo scivolamento verso sinistra.
Questo è il presupposto di base della strategia della tensione".
In che modo?
"Lasciando fare".
E i nostri servizi ne erano consapevoli o addirittura complici?
"Non c'era piena consapevolezza. Ma esisteva un orientamento nei servizi
favorevole a questo progetto".
In che modo la Cia utilizzò Ordine nuovo?
"Con i suoi infiltrati e con i suoi collaboratori. In varie città
italiane e
in alcune basi della Nato: Aviano, Napoli... La Cia aveva funzioni di
collegamento tra diversi gruppi di estrema destra italiani e tedeschi e
dettava le regole di comportamento. Fornendo anche il materiale".
Esplosivi, armi?
"Numerosi carichi di esplosivo arrivavano dalla Germania via Gottardo
direttamente in Friuli e in Veneto".
E il Sid cosa faceva? Assisteva inerte o subiva?
"Ne parlavo spesso con i collaboratori. Ma non tutti dimostravano di
essere
consapevoli di questa situazione. O erano favorevoli al progetto".
E i suoi referenti politici?
"Li ho contattati, spesso scavalcando il mio capo, il generale Miceli.
Tanassi, Andreotti, Gui. Ma trovavo anche con loro un certo interesse
distaccato. Solo Andreotti...".
Cosa, Andreotti?
"Andreotti no, lui era invece molto interessato. Soprattutto del
terrorismo
di destra e dei tentativi di golpe in Italia. Anche se ogni mia
iniziativa
era vista come una fastidiosa ingerenza".
Ma avrà pure trasmesso, come capo ufficio D, una informativa al governo.
"Tantissime. Che restavano sempre lettera morta. Il Sid era visto con
diffidenza".
Forse perché anche il Sid sapeva ma faceva finta di niente.
"Ad Andreotti parlai personalmente dei tentativi di golpe. Miceli non
voleva
che il rapporto sul golpe Borghese finisse nelle sue mani e mi dissuase
dal
consegnarglielo. Aveva paura di quel rapporto perché risultava essere
stato
in contatto con alcuni uomini del golpe. Io mi resi conto che nel
dossier
figuravano nomi di alti ufficiali seduti in posti di comando e che se
fosse
stato trasmesso alla magistratura avrebbe provocato un terremoto".
E lei, lo nascose.
"Io lo portai ad Andreotti e gli spiegai le mie perplessità".
In quel rapporto c'era una prima prova del coinvolgimento Usa nei
tentativi
di golpe.
"C'era la prova del coinvolgimento di alti uffciali delle nostre forze
armate".
C'era stata piazza Fontana da poco. Lei credette alla pista di sinistra?
"Tutto lasciava pensare questo. Ma io sapevo benissimo che la matrice
era di
destra".
Ma continuò a svolgere il suo lavoro di intelligence e di infiltrazione
a
sinistra.
"La sinistra andava comunque controllata. Della destra sapevamo tutto".
Infiltravate anche Ordine nuovo?
"Certo. Bisognava ottenere quelle informazioni che la Cia conosceva
benissimo ma che noi ignoravamo".
Ma Ordine nuovo infiltrava anche voi del Sid. Chi, dunque, infiltrava
chi?
"Ebbi la sensazione di lavorare in un vero e proprio verminaio. Ma me ne
resi conto troppo tardi".
I suoi centri non le segnalarono mai niente su Ordine Nuovo?
"Molto spesso. Il problema era capire se le notizie erano vere o false.
Nel
1972 mi resi conto della gravità della situazione. Il centro di Padova
ci
segnala che dalla Germania, via Gottardo, arrivavano carichi di
esplosivi
destinati a Ordine nuovo. Lo segnalammo a livelli più alti".
E cosa accadde?
"Niente. Ma scoprimmo e segnalammo anche che l'esplosivo usato a piazza
Fontana proveniva da uno di questi carichi".
Quindi è logico sostenere che il mandante di piazza Fontana sia la Cia?
"Non ci sono le prove dirette, ma è così".
E voi del Sid, lei generale Maletti, cosciente di questa strategia ha
accettato la sudditanza dei nostri servizi alla volontà della Cia. Anche
davanti alle bombe e ai morti innocenti?
"Abbiamo attivato le nostre fonti e abbiamo fatto tutto quello che si
poteva
fare Il potere politico, che non poteva non sapere, non ci ha mai dato
una
direttiva".
Non sarebbe stato meglio dimettersi?
"Mi hanno accusato di simpatie verso Israele. Ma la cattura dei 5
palestinesi a Ostia decisi a far saltare in aria un aereo della El Al
evitò
altre centinaia di morti".
Salvava alcune vite, ma ne sacrificava altre. Anche lei prigioniero del
suo
potere dentro il Sid?
"Io sento un peso fortissimo, come italiano, di quello che è successo.
Mi
sento quasi umiliato di ciò che non abbiamo fatto per impedire tanti
morti.
Chi ha portato avanti questo progetto, che ha ucciso tanti italiani è
italiano. E lo ha fatto, aderendo ad un progetto portato avanti da un
servizio straniero, per ottenere un proprio vantaggio. Di potere".
Ma i politici dominanti del momento, sapevano?
"E' ovvio che sapevano. Anche se non ci saranno mai le prove per
incastrarli. Se i vari capi dei servizi, da Miceli a Casardi, hanno
informato i politici, come era loro interesse, lo hanno fatto anche
attraverso riunioni informali".
Un silenzio che conveniva?
"Da parte dei politici? No, sarebbe criminale. La vera responsabilità
politica nella strategia della tensione è che nessuno ha mai preso delle
decisioni, mai nessun uomo politico ha parlato e agito in termini
politici.
Forlani, l'ho conosciuto troppo poco e mi ha silurato quando ero
diventato
un fastidio. Andreotti, è un uomo intelligente e furbo. Due qualità che
raramente si incontrano assieme, nello stesso individuo. Mi ricorda il
grande vecchio creato da una certa pubblicistica".
E oggi cosa pensa?
"E' un ruolo che gli si addice".
Ma come poteva continuare ad avere i contatti con la Cia, generale, pur
sapendo cosa tramava?
"Non si può dire che la Cia avesse un ruolo attivo e diretto nelle
stragi.
Ma che sapessero e conoscessero obiettivi e autori è vero".
La loro strategia, che puntava a fronteggiare il pericolo comunista, era
talmente cinica da passare sopra centinaia di morti innocenti?
"La Cia ha cercato di fare ciò che aveva fatto in Grecia nel '67 quando
il
golpe mise fuori gioco Papandreu. In Italia, le è sfuggita di mano la
situazione. L'effetto che alcuni attentati dovevano produrre è andato
oltre.
Per piazza Fontana, che io sappia, è andata così. Devo presumere anche
per
piazza della Loggia, per l'Italicus, per Bologna. Riguardo ai politici,
voglio aggiungere una sensazione che per me è quasi una certezza. A quel
tempo, molti di loro, compreso il Capo dello Stato, Leone, furono
costretti
ad accettare il gioco. Perché ognuno aveva avuto la garanzia che il
gioco
non avrebbe superato certi limiti".
E lei, oggi, si sente con la coscienza a posto? Anche per Argo 16,
l'aereo
del Sid precipitato a Marghera?
"Su quell'aereo sono morte persone che conoscevo benissimo".
E' stato sabotato?
"Quando i 5 palestinesi presi ad Ostia vennero rinchiusi nel carcere di
Viterbo, il capo della stazione del Mossad a Roma, Asa Leven, mi venne a
trovare. Mi disse di aver saputo che il governo italiano aveva
intenzione di
restituirli alla Libia. Lui mi chiese di agire assieme, noi e loro, per
sequestrarli".
Nel carcere?
"Sì. Avevano già messo a punto un piano. Noi dovevamo procurarci un
documento giudiziario falso e con una scusa trasferirli dal carcere
verso un
presunto Tribunale. Loro, il Mossad, avrebbero pensato al resto.
Avrebbero
assaltato il furgone, addormentato con un narcotico i 5, li avrebbero
bendati, caricati su un aereo pronto a decollare e trasferiti a Tel
Aviv".
E lei?
"Non se ne fa nulla. I 5, dopo un sommario processo, vengono trasferiti
in
Libia ma l'aereo fa uno scalo a Malta. Qui, tutti si fanno una bella
mangiata di pesce, e vengono notati da degli agenti del Mossad. Una
sosta
infelice. Forse, è stata la conferma definitiva, se ce n'era bisogno,
che i
5 avevano preso il volo. Lungo la rotta di ritorno, Argo 16 precipita".
Altri morti innocenti...
"Una sequela di morti. In un clima da scontro tra servizi che non si
sopportavano e non si fidavano l'uno dell'altro".
Ma le bombe continuavano a esplodere. E voi, del Sid, niente.
"Non c'era più alcuna strategia. I gruppi di estrema destra si erano
sganciati. Ormai c'era solo terrore".


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
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