Il Kosmet dai pogrom alle nuove elezioni-farsa (1)

(collezione di documenti e segnalazioni in lingua italiana)

1. Holbrooke e Thaci pianificarono il terrore (Blic 25/3/2004) /
KOSOVO: USA, PER HOLBROOKE VIOLENZA PREVEDIBILE (ANSA - 24/3/2004)

2. Le testimonianze oculari degli operatori di ICS ed AssoPace

3. Rugova reclama l'indipendenza (Il Manifesto, 10/9/2004)

4. Segnalazioni e link a vari articoli, spec. di Osservatorio Balcani


=== 1 ===

http://www.blic.co.yu/ -- 25.03.2004
("Tajna vecera u Vašingtonu":
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3353 )

Holbrooke e Thaci pianificarono il terrore (Blic)

Meno di una settimana prima degli scontri in Kosovo e Metohija, un
gruppo di lobbisti Albanesi in USA ebbero un meeting in cui decisero di
aiutare i Kosovo-Albanesi a forzare la comunità internazionale a
fornire l'indipendenza al Kosovo.
Blic ricevette tale informazione da fonti ben-informate negli USA. Come
Blic scoprì in seguito, tale informale meeting si ebbe su iniziativa di
David Philips, direttore del Center for preventive action
dell'International
Relations Council a New York.
Il meeting si ebbe in una casa dopo una cena leggera. A parte Philips,
noto al nostro pubblico per aver offerto alle autorità Serbe di
comprare il Kosovo per tre miliardi di euro, Richard Holbrooke,
ex-inviato USA nei Balcani era presente. Vi erano anche Randy Bears,
vecchio consigliere politico del Senatore John Kerry, l'attuale
candidato presidenziale USA, e molte persone dell'ex amministrazione di
Clinton, vicini alla lobby Albanese.
Ospite d'onore della cena era Hashim Thaci, ex leader del KLA, in
visita negli USA all'epoca. Secondo nostre fonti ufficiose Richard
Holbrooke affermò, nel meeting, che l'indipendenza del Kosovo e i suoi
membri nell'UE era il miglior modo per stabilire la pace nei Balcani.
L'ospite discusse le possibilità per una campagna mediatica e accettò
certe linee guida per azioni future.
Fonti di Blic dicono che gli ospiti erano d'accordo che la prima buona
opportunità dovrebbe essere attesa all'inizio dell'attacco. Con una
opportunità che si ebbe per molti giorni dopo che gli Albanesi usarono
la tragica scomparsa di loro tre bambini come una scusa per iniziare la
campagna di terrore contro i Serbi.
Thaci informò la pubblica opinione che "interruppe la sua visita negli
USA per ritornare e calmare la situazione."
Mentre Holbrooke e Thaci erano ben noti alla nostra pubblica opinione,
Philips e Bears sono persone ignote, che vengono dall'ombra. Un fatto
su Bears è che è di origini Albanesi. Si crede che in caso che John
Kerry vinca le elezioni presidenziali, Bear prenderebbe la carica di
Segretario di Stato USA. Riguardo Philips, il sito Internet ufficiale
dell'influente ONG USA Council for international Relations, è descritto
come direttore del Center for preventive
action del CFR.
Il centro studia i conflitti e i modi per prevenirli. Il suo articolo
sui Balcani, in cui ha presentato soprattutto istanze anti-Serbe, venne
pubblicato su importanti quotidiani, inclusi The New York Times, The
Christian Science Monitor, e The International Herald Tribune.
Le fonti di Blic, vicine all'amministrazione USA, affermano in
condizione di anonimato che Philips aveva avuto a che fare con i
Balcani per molto tempo e che era regolarmente presente in tutti i
meeting relativi alle questioni balcaniche.
Nel periodo precedente la crisi, Philips era assai vicino al regime
dell'ex presidente Slobodan Milosevic così come a molti leader
dell'opposizione. Presiedette il team di esperti e ufficiali USA che
lavorò sulla cosiddetta questione Albanese negli anni '90.
Nel Dicembre 1995, David Philips e altri sei statunitensi giunsero a
Belgrado e si incontrarono con il presidente Serbo Milosevic. Ottenne,
in quell'occasione, il permesso da Milosevic di aprire l'American
information office di Pristina. Da Belgrado Philips andò a Pristina e
incontrò dei politici Albanesi. Quindi andò a
Skopje e, infine, a Washington dove incontrò Richard Holbrooke e
l'informò sulle impressioni del viaggio in Serbia.
Poco dopo, tali impressioni vennero pubblicate in un rapporto chiamato
Towards Permanent Peace in Southeast Europe. In questo rapporto era
richiesto che le sanzioni contro Belgrado dovessero rimanere e che si
doveva lavorare per rafforzare l'American office di Pristina. Solo otto
mesi dopo, nell'agosto 1996, Philips andò nuovamente a Belgrado,
assieme ai suoi soci e incontrò Milosevic. All'epoca cercava di far
aprire delle scuole in Kosovo e iniziò dei negoziati per un meeting
Milosevic-Rugova. I seguito, Philips si occupò dell'opposizione Serba
che attivamente partecipava nei meeting in cui i più importanti
politici Serbi partecipavano.
Uno dei più importanti meetings, senza dubbio, si ebbe nell'Aprile 1997
a New York quando una tavola rotonda sulle relazioni Serbe-Albanesi si
ebbe presso una organizzazione per le relazioni etniche, PER. Gli
Albanesi erano guidati da Fehmi Agani, Mahmut Bakali, Adem Demaci,
Hidajet Hiseni e Veton Suroi.
David Philips guidava gli statunitensi. Cyrus Vance, Rudolph Perina e
alcuni altri esperti dei Balcani erano presenti. I Serbi erano
rappresentati da Vuk Draskovic, Miroljub Labus, Dragoljub Micunovic,
Vesna Pesic e Dusan Janjic.
Si concordò che un trattato sul Kosovo tra Albanesi e Serbi sarebbe
stato raggiunto attraverso i negoziati. Si concordò anche che i
principi di Helsinki sull'inviolabilità dei confini dovevano essere
rispettati. La vendita del Kosovo, per quello che ne sappiamo, non
venne discussa.

traduzione di Alessandro Lattanzio
e-mail:alexlattanzio@ yahoo.it
URL: www.aurora03.da.ru

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KOSOVO: USA, PER HOLBROOKE VIOLENZA PREVEDIBILE

(ANSA) - WASHINGTON, 24 MAR - L'esplosione di violenza nel Kosovo era
prevedibile perche' la comunita' internazionale non ha mai risolto la
questione dello status definitivo della provincia serba, secondo l'ex
ambasciatore americano all'Onu Richard Holbrooke. Secondo
Holbrooke, architetto degli accordi di Dayton del 1995, l'Unione
europea, le Nazioni Unite e gli Stati Uniti dovranno affrontare il
problema della definizione giuridica del Kosovo ''ma solo se la
violenza si diminuira' in entrambi le parti''. In un'intervista
telefonica con l'agenzia di stampa Reuters, Holbrooke ha detto di aver
messo in guardia Harry Holkeri, il governatore Onu per il Kosovo,
circa l'inevitabilita' della recrudescenza delle violenze se si
continuava a rinviare una soluzione definitiva della provincia durante
una visita a Pristina nell'ottobre scorso. ''Purtroppo Holkeri non
ha preso provvedimenti per accelerare i colloqui sullo status perche'
non si e' reso conto che il tempo non stava dalla sua parte'', ha
detto Holbrooke. Secondo l'ambasciatore all'Onu
dell'Amministrazione dell'ex presidente Bill Clinton, gli Stati Uniti
''abbandonarono la questione del Kosovo quando George W. Bush divenne
presidente, relegandola in un livello basso della burocrazia''.
(ANSA). FS 24/03/2004 00:12
http://www.ansa.it/balcani/kosovo/kosovo.shtml


=== 2 ===

------- Forwarded message follows -------
Date forwarded: Thu, 18 Mar 2004 16:31:20 +0100
Date sent: Thu, 18 Mar 2004 15:45:15 +0100
To: news@ peacelink.it
From: "Catherine Dickehage" (by way of Carlo Gubitosa)
Subject: ICS: ULTIMORA KOSOVO
Forwarded by: news@ peacelink.it

ULTIMORA DAL KOSOVO
“Tramite telefono siamo riusciti a contattare colleghi e amici
sparsi per il Kosovo durante la serata di ieri. E la situazione non e’
per niente bella”. Così ci racconta Marco Bruccoleri, responsabile ICS
in Kosovo. “Qui a Pristina ci sono stati colpi di armi da fuoco fino a
notte tarda, hanno assaltato la sede generale delle nazioni unite che
e’ stata evacuata ma questa mattina la situazione appare calma anche
se la citta’ e’ blindata”. A Mitrovica tutti gli internazionali sono
stati evacuati dentro la Jugobanka a sud della citta’ “protetti” dalle
forze di polizia internazionale e della KFOR. “A Prizren, purtroppo, la
folla scatenata ha dato alle fiamme “Il Bogoslovia” - il
piu’grande seminiario ortodosso del Kosovo – già Rifugio Collettivo
Temporaneo (TCS) riabilitato e gestito da ICS dopo la guerra del 1999”
prosegue Bruccoleri. Inoltre, sono state date alle fiamme la parte alta
della citta’ vecchia dove c’erano le case serbe, tutte le chiese
ortodosse della citta’, sfasciate le vetrate del palazzo delle NU e
bruciato parecchie vetture sempre delle NU. A Caglavica dove era stato
ferito il ragazzo serbo lunedi’ notte ci sono stati scontri violenti
fino a notte tarda e i serbi sono stati evacuati. “Delle altre citta’
(Giljane, Urosevac, Pec) sappiamo di certo che sono successe le stesse
cose anche se siamo in attesa di riscontri diretti” conferma sempre
Bruccoleri. I morti sembra siano saliti a 22 di cui 8 a Mitrovica e 12
nelle altre aree coinvolte dagli scontri; i feriti salgono a circa 600.

Per interviste sul campo:
Catherine Dickehage
348 5814954
--
Catherine Dickehage
Relazioni Esterne / Fund raising
ICS - Via Salaria 89 00198 Roma
Tel +39 06 85355081 Fax +39 06 85355083
www.icsitalia.org
--
Catherine Dickehage
Responsabile Ufficio Stampa
ICS - Via Salaria 89, 00198 Roma
Tel +39 06 85355081 Fax +39 06 85355083
Cell. +39 38 5814954
www.icsitalia.org

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Resent-From: balcani@ peacelink.it
Da: Associazione per la Pace
Data: Gio 25 Mar 2004 10:30:47 Europe/Rome
A: balcani@ peacelink.it
Oggetto: Kosovo:ultime notizie dall'Associazione per la Pace

primi giorni di scontri a Mitrovica

Dal nostro collaboratore Giambattista Pace

*Pristina*. Qualcuno mi chiedeva di scrivere degli appunti su quel che
accadeva. Gli appunti ci sono, tutti segnati, per sempre, sul bloc
notes della memoria. Le penne quelle non c'erano, rimaste con tutto il
resto nella mia casa a Mitrovica sud.
Finalmente siamo liberi, noi comodi e privilegiati profughi di questa
battaglia che non volevamo, non speravamo e di cui siamo stati inermi
testimoni.

Mercoledi' 17 marzo era una mattina di splendida primavera a Mitrovica,
nessuno avrebbe potuto immaginare l'imminente cambio di stagione verso
il torrido non estivo ma infernale.
Contavano solo 6 giorni dal mio arrivo in questa terra tormentata, il
Kossovo.
Ero riuscito con circospezione e cautela a vivere qualche giorno di
normalita': lunedi' avevo conosciuto i nostri operatori locali,
proposto loro il mio progetto di comunicazione verso il quale sembrava
esserci un bell'entusiasmo, martedi' avevo partecipato alle prime
attivita' con i bambini nel quartiere misto a nord di Bosniak Mahala.
Tutto sembrava maledettamente normale, come quando avevo per la prima
volta messo piede in quella citta' e mi aveva colpito quella maledetta
normalita'. Dusan, Daniel, Sokol, Naser, Advje (che aveva subito preso
a chiamarmi Giovanni risultandole il mio nome piuttosto ostico) ora
posso solo collegare i loro nomi ai volti grazie alle premurose
comunicazioni che Simona, il mio capo progetto, mantiene con loro per
assicurarsi che stiano bene, loro che hanno creduto nell'integrazione,
in una Mitrovica migliore, in un Kossovo migliore.
Siamo ancora qui, non ce ne siamo andati, solo a poca distanza da voi,
per dire che la costruzione della pace e' un cammino difficile e che
non vi faremo mancare il nostro appoggio.
Noi non fuggiamo nelle nostre comode case o a riabbracciare i nostri
premurosi cari perche' se un mondo migliore e' possibile lo e' qui e
subito, non domani, non per conto di chissa' chi.

La notizia dell'annegamento dei bambini albanesi ci era giunta in
ufficio in mattinata, una mattinata apparentemente normale, sarebbe
stata l'ultima. Ci avevano riportato che erano stati i serbi a spingere
i bambini nel fiume. In seguito sarebbe arrivata prima la smentita del
portavoce UNMIK, Chapell, poi la conferma della mancanza di prove
<http://www.balkanpeace.org/hed/archive/mar04/hed6307.shtml> che
dimostrasse l'accaduto. Ci siamo precipitati in strada poco dopo
sentendo il vociare dalla strada, la scena ci si e' subito presentata
per quello che era: una sommossa, e il gas dei lacrimogeni sparati dal
carro UN ce lo confermava. Solo dopo avremmo saputo dai testimoni
privilegiati (gli UNMIK di Jugobanka, finestre vista ponte) che le
manifestazioni albanesi in mattinata erano state ben 3: due pacifiche
(la seconda con una corposa presenza di bambini), la terza violenta.
Di li' a poco il ponte metallico di Mitrovica si e' messo a suonare,
scosso dalle pietre che da una parte all'altra avevano cominciato a
volare, un triste preludio alle pietre di metallo che sputate dalle
armi da fuoco qualche istante dopo avrebbero ucciso. E in tutto questo
le pochissime forze KFOR ci sembravano inermi e impreparate ad
affrontare la situazione, curioso per un paese militarizzato ormai da
anni. Per noi giusto il tempo di attraversare la passerella pedonale
che permette
l'accesso alle tre torri abitate dagli albanesi nella parte nord,
nessuno ce lo ha impedito, nonostante la zona sia presidiata dai
soldati francesi (ce ne erano 4 in quel momento), tutto avveniva sul
ponte principale a pochi metri, e noi volevamo incontrare il nostro
operatore serbo che ci attendeva per quella che doveva essere la nostra
attivita' giornaliera nel quartiere di Bajnska. Non c'e' stato tempo
per quella attivita', perche' era iniziata la battaglia, che intanto si
era estesa anche alle torri con una fitta sassaiola da parte serba e
una donna a urlare la sua disperazione: "perche' ci tirate le pietre,
noi non siamo colpevoli". Lo stesso grido di dolore che sara' risuonato
poco dopo nei villaggi serbi in fiamme e dalle pietre, se solo avessero
la parola, dei monasteri e delle case ormai perduti per sempre. Noi, il
cuore in gola, iniziavamo il nostro piccolo calvario rifugiandoci prima
in casa dell'operatore Sokol, poi sarebbe stata la volta della
Jugobanka, per continuare con il Belvedere francese, l'abitazione di
una nostra funzionaria presso la rappresentanza diplomatica a Pristina
e infine quella di alcuni amici.
Cominciava la ridda di rumors, indiscrezioni, notizie carpite, ma non
avremmo piu' visto.
Purtroppo l'udito non ci ha impedito, per la prima volta in vita mia,
di ascoltare la guerra, gli spari che ci hanno accompagnato per due
notti intere, senza sapere dove fossero diretti ne' da chi fossero
sparati.

*Giambattista Pace*
*Collaboratore Assopace*

***

*La scelta di rimanere in Kosovo*

A quasi una settimana dagli scontri che hanno scatenato l'ondata di
violenza in tutto il Kosovo, la situazione ad oggi sembra essersi
tranquilizzata in tutta l'area.
Oggi sono previsti i funerali dei morti durante gli scontri a
Mitrovica, c'è tensione ma si spera non ci sia una risposta violenta
durante la cerimonia funebre. I nostri operatori sabato sono usciti da
Mitrovica per ragioni di sicurezza, così come tutti gli internazionali
delle Ong presenti ancora in questa città. Insieme a Simona e
Giambattista, abbiamo deciso di non tornare in Italia ma aspettare che
la situazione si "calmasse" per poter ritornare a Mitrovica e
riprendere il lavoro.
Adesso i nostri operatori si trovano a Pristina e domani andranno a
Mitrovica per capire quando poter ritornare definitivamente.

Perché siamo rimasti.
Ce lo hanno chiesto in diversi, a partire dal Consolato Italiano che ha
provveduto alla nostra "evacuazione" dalla città. Rispetto ai giorni
scorsi, la situazione é "visibilmente" migliorata, ma questo credo non
deve farci "rilassare" troppo come spesso in passato si é fatto. Il mio
non vuol essere allarmismo, ma semplicemente un monito, la tensione
rimane e sarebbe ingenuo pensare che il ricordo di quanto appena
accaduto possa essere presto "dimenticato" . A testimoniare ciò ci
sono, oltre le persone che hanno dovuto rivivere per l'ennesima volta
il clima di violenza e terrore, qualcuno rimanendone anche vittima, i
villaggi serbi bruciati e 3.600 serbi evacuati dalle loro case (molte
presumibilmente distrutte) e accampati nelle basi militari della Kfor,
oltre ai monasteri ortodossi e alle moschee incendiate che non
rappresentavano solo un luogo di culto ma soprattutto la storia, la
cultura dell'intera Regione.
Siamo rimasti e continueremo a rimanere in Kosovo, a Mitrovica, perché
abbiamo un lavoro da portare avanti, che non é solo il progetto da
finire (tra l'altro i pochi soldi che ci rimangono dovrebbero
garantirci la presenza in loco solo per altri 3 o 4 mesi) ma bisogna,
adesso COME prima portare avanti il lavoro di riconciliazione e
mediazione che stavamo seguendo con le comunità locali. La ricerca
della pace non deve avere adesso più importanza di prima, questo stiamo
cercando di dire da diverso tempo, non bisogna aspettare che riscoppi
la violenza, quella più "visibile" come quella di questi giorni. Siamo
ancora lì e continueremo a starci, perchè Advjia, Zoltan, Sokol,
Daniel, Dusan, Nasser, Francika e tutti i nostri amici ci hanno chiesto
d farlo.
Perchè anche nel Kosovo di questi giorni ci sono persone di entrambe le
comunità che continuano a chiedere pace, democrazia e giustizia.

*Associazione per la Pace
Responsabile Area Balcani*
*Monica D'angelo*

---

Quel ponte che segna il confine

In questo momento il personale italiano dell'Associazione per la Pace,
una cooperante ed un volontario, sono rinchiusi all'interno della base
militare della Kfor francese a Kosovska Mitrovica. Non sono stati
"evacuati" come molto altro personale internazionale in queste ultime
ore in Kossovo, ma semplicemente "riallocati" in un luogo più sicuro
rispetto al quartier generale dell'Onu. Le condizioni di sicurezza per
trasportare il personale internazionale lontano dagli scontri non
c'erano. Sono stati scortati dai blindati ieri notte e ora si trovano
al sicuro all'interno della base miltare ma ancora vicini a quella
linea di confine geografico, politico ed etnico che è il fiume Ibar.

Quante volte abbiamo attraversato quel ponte dopo il 1999 non lo so.
Una volta non ci hanno permesso di attraversarlo con l'auto perché
c'era il coprifuoco, costringendoci a lasciare l'auto a sud e
trasportare i bagagli fino a casa nella parte nord. Eravamo presenti
l'ultima volta che si sono verificati scontri di una certa gravità,
nell'aprile del 2002, e in quell'occasione lo attraversammo solo dopo
24 ore di attesa, qualche serbo e un soldato francese feriti. Poi siamo
riusciti ad attraversarlo insieme al primo gruppo di turisti italiani
nel Kossovo del dopo-guerra, nell'estate di quello stesso anno. E siamo
riusciti a farlo attraversare per la prima volta anche ai bambini serbi
e rom per recarsi a realizzare il circo della pace a sud, nell'estate
2003, prima attività multi-etnica dopo anni di lavoro parallelo con le
comunità.

Lo abbiamo attraversato l'inverno scorso, quando una granata è stata
lanciata contro la sede della polizia dell'Unmik, e lo abbiamo
attraversato questo inverno quando neanche controllavano più i
documenti (e sembrava quasi una città normale), se non fosse che i
serbi a nord avevano già cominciato a bruciare le case dove si
apprestavano a ritornare gli albanesi, e gli albanesi a sud ogni tanto
ammazzavano qualche serbo tanto per scoraggiare ogni tentativo di
ritorno. I rom continuavano a bruciare solo vecchi legni e copertoni
per riscaldarsi, troppo poco coperti con i dieci gradi sotto zero delle
serate invernali.

Dopo di noi e insieme a noi hanno cominciato ad attraversarlo anche gli
operatori locali, serbi che con molta prudenza si sono spinti
dall'altra parte, albanesi e rom che con altrettanta prudenza hanno
messo il naso al di fuori delle loro enclave. Sono questi i segnali
"pericolosi" che hanno convinto le forze nazionaliste a imprimere
un'accelerata all'escalation di violenza da tempo programmata per
raggiungere la tanto agognata soluzione definitiva?

Anche questi.

Fanno paura, a chi fomenta i disordini, a chi guadagna con il traffico
di armi, a chi si arricchisce in un sistema economico poco trasparente,
a chi si autolegittima con le armi, tutti i segnali di ripresa del
dialogo e di democratizzazione. Le ultime dichiarazioni di Rexhepi e
Ivanovic andavano in questo senso. La gente lo voleva.

Abbiamo incontrato decine e decine di giovani durante questi anni e in
tutti era forte l'esigenza di tornare alla normalità, anche se questo
significava lavorare con la controparte. I fatti dimostrano il
contrario? No, i fatti dimostrano semplicemente che non appena queste
esigenze si manifestano vengono stroncate sul nascere. E' questa la
prima guerra che si combatte in Kosovo come in altri territori non
pacificati come la Bosnia. Troppi interessi economici e politici dietro
il conflitto per consentire il ritorno alla normalità.

Quali mezzi abbiamo messo in campo per condurre questa guerra? Pochi ed
inadeguati. Distolti verso nuove emergenze, Afghanistan prima, Iraq
dopo. Chi come noi è rimasto a Mitrovica, lo ha fatto con pochi
spiccioli della cooperazione decentrata (grazie al Comune e alla
Provincia di Venezia). Il grosso della cooperazione internazionale ha
finanziato la ricostruzione delle case (ora ridistrutte), delle strade
(che i mezzi cingolati pesanti distruggeranno nuovamente), o degli
ospedali (ancora divisi etnicamente), oppure il ritorno dei profughi
(prima discriminati, poi sfollati, poi vittime) ma solo una piccola
parte la formazione al dialogo e alla tolleranza, l'empowerment dei
gruppi nonviolenti, la democratizzazione diffusa e dal basso, il
disarmo delle milizie di entrambe le parti. L'Uck non solo è stato
tollerato (tranne alcuni esponenti di spicco incriminati dal Tpi con
conseguenti proteste dei nazionalisti) ma è stato trasformato in
formazione di polizia ufficiale, i paramilitari serbi tollerati per par
condicio. Si dice ora: "il fallimento dei tentativi di dialogo", "il
fallimento delle politiche inter-etniche": si tenta di costruire (sul
terreno paludoso dei bombardamenti Nato) un palazzo con dieci sacchi di
sabbia e uno di cemento, il palazzo crolla e si da la colpa al cemento.

*Associazione per la Pace *
*Coordinatore Nazionale *
*Davide Berruti


=== 3 ===

il manifesto - 10 Settembre 2004
KOSOVO

Rugova reclama l'indipendenza

«Gli Stati uniti e l'Unione europea dovrebbero risconoscere
direttamente l'indipendenza del Kosovo che per noi e' una questione
esistenziale e non tecnica». Lo ha detto il leader kosovaro-albanese
Ibrahim Rugova a Tirana. Rugova e' giunto in Albania per la prima volta
in 7 anni. Il presidente kosovaro ha incontrato il capo dello stato
albanese Alfres Moisiu e avra' colloqui con il premier Fatos Nano, con
il leader dell'opposizione Sali Berisha e con il pretendente al trono
Leka Zogu.
«Solo l'indipendenza del Kosovo calmera'  la regione». ha detto Rugova.
In alternativa all'indipendenza proclamata da Usa e Ue, Rugova propone
«un forum internazionale allargato ai paesi confinanti». Rugova ha
esortato la minoranza serba del Kosovo a partecipare alle elezioni
politiche fissate per ottobre: «se i serbi partecipassero al voto
aumenterebbero il loro peso e la loro influenza» nella provincia ha
concluso Rugova, ricordando che i serbi controllano due ministeri nel
governo di Pristina e hanno 20 seggi in parlamento ma dimenticando che
stanno subendo, da quando la provincia - formalmente ancora
appartenente alla Serbia-Montenegro - e' sotto amministrazione Onu e'
in corso una vera pulizia etnica ai loro danni.


=== 4 ===

http://www.limesonline.com/ultimo.htm
LIMES 2/2004 - L'IMPERO SENZA IMPERO

Kosovo roadmap: Stato a stelle e strisce o protettorato europeo

di Fabio MINI
(ex comandante della missione militare KFOR in Kosovo)
Una terra in mano alle mafie e ai razzisti armati. Le responsabilità
delle potenze occidentali e dell'Onu. La pulizia etnica contro i serbi.
Due ipotesi: annettere la regione agli Usa o affidarla alla gestione
Ue. Un percorso per uscire dall'emergenza.

---

Kossovo: boicottare o non boicottare?

Intrappolata tra l’estremismo albanese ed una poco efficace
amministrazione da parte dell’ONU, la minoranza serba in Kossovo è
pronta a boicottare le imminenti elezioni. Un articolo tratto da TOL
(18/08/2004) Di Sasha Grubanovic – corrispondente di TOL da Belgrado
- Traduzione a cura di Daniela Mezzena - Osservatorio sui Balcani

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3311

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Nuovo amministratore del Kossovo: è la volta buona?

Una girandola di amministratori. I kossovari guardano con disillusione
all’arrivo di Jessen Petersen, il danese incaricato da Kofi Annan di
fare in modo che il Kossovo non sia più il buco nero sulla mappa dei
Balcani.

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=3327

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Dopo 7 anni Rugova a Tirana per l’indipendenza

20.09.2004 scrive Indrit Maraku
Dopo sette anni di assenza dalla capitale albanese, il presidente
kosovaro vi fa ritorno alla vigilia delle elezioni in Kosovo, previste
per il 23 ottobre prossimo. Nella sua visita Rugova insiste
sull'indipendenza della provincia

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3402/1/51/

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Kosovo, l’autunno dello scontento

24.09.2004 scrive Andrea Rossini
Il Kosovo a poche settimane dal voto, primo appuntamento importante
dopo le violenze del marzo scorso. Alcuni spunti di approfondimento
sullo stato del Paese dal punto di vista economico e demografico. Il
caso di Mitrovica

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3422/1/51/

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Lo status del Kosovo

07.10.2004 Da Pristina, scrive Andrea Rossini
Abbiamo incontrato a Pristina Shkelzen Maliqi, direttore del Centro per
gli Studi Umanistici “Gani Bobi” e noto intellettuale albanese. Maliqi
parteciperà al convegno annuale di Osservatorio sui Balcani, “L’Europa
dei protettorati”, che si terrà il 3 e 4 dicembre prossimi a Venezia

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3484/1/51/

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Pristina: vita da Serbi

08.10.2004 Da Pristina, scrive Andrea Rossini
Dopo le violenze del 17 marzo scorso, i soli Serbi rimasti a vivere a
Pristina sono una comunità di poche decine di persone. Abitano quasi
tutti nello “Ju program”, un palazzo a pochi minuti dal centro città,
conosciuto anche come “the cage”, la gabbia. Biserka I., serba di
Croazia, a Pristina dal 1995, vive qui. Ci racconta come

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3495/1/51/

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Viaggio tra i Serbi del Kosovo: “the cage”, la gabbia

16.10.2004 Da Pristina, scrive Andrea Rossini
Il Kosovo a una settimana dalle elezioni. Pubblichiamo la versione
originale del servizio realizzato da Osservatorio sui Balcani in
collaborazione con “la Repubblica delle Donne” sui Serbi che vivono a
Pristina e nella enclave di Gracanica. Tutte le immagini sono
cortesemente di Gughi Fassino

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3516/1/51/

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Elezioni in Kosovo: i punti di vista di Belgrado

08.10.2004 Da Belgrado, scrive Danijela Nenadić
Le elezioni in Kosovo del 23 ottobre prossimo dividono la Belgrado
ufficiale, da un lato il premier e dall'altro il presidente della
Repubblica. Nel frattempo si è tenuta nella capitale serba una tavola
rotonda con l'intento di analizzare la situazione della provincia

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3497/1/51/

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Kossovo: confusione elettorale

11.10.2004 scrive Alma Lama
Una corsa affannata contro il tempo. E’ quella della Comunità
internazionale per convincere i serbi del Kossovo ad andare a votare.
Schede elettorali ristampate, continue eccezioni sulla procedura. Ma
sia tra gli albanesi che i serbi del Kossovo sembra regnare lo
scetticismo.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3502/1/51/

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UE verso il Kossovo: ma senza strategia

18.10.2004 - Se Bruxelles mira a sostituire le Nazioni Unite nel
protettorato, deve innanzitutto rendere più univoca e significativa la
propria attuale presenza in Kossovo. Un articolo di Markus Bickel,
redatto per IWPR e tradotto a cura di Osservatorio sui Balcani.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/3520/1/51/