Europei e americani nel supermercato serbo

Fonte: il manifesto - 7 Dicembre 2004

Con appena quattro anni di ritardo, al "Manifesto" timidamente danno
segno di essersi accorti che la "rivoluzione democratica" in Serbia ha
portato solo privatizzazioni, corruzione e malversazioni, insieme ad un
attacco generalizzato ai diritti ed all'inglobamento nella sfera di
influenza della NATO. Ci rallegriamo con "Il Manifesto" per queste
conclusioni, benchè tardive e benchè tuttora condite di gratuiti,
demagogici e "politically correct" attacchi contro "vecchi arnesi di
regime" (veri o presunti tali). Auguriamo al "Manifesto" di impiegare
un po' meno tempo per una analisi critica di altri simili scenari,
quale quello ucraino, al di là del pensiero unico dominante. AM


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art133.html

SERBIA

Le bollicine nel canestro

Dietro la privatizzazione della più importante acqua minerale serba, la
Knjaz Milos, un tourbillon di interessi, malaffari politici e giganti
del basket come Divac e Danilovic. E la Danone
Crisi politica in un bicchier d'acqua
Anche il governo Kostunica rischia di affogare nella Knjaz Milos. La
joint venture Danone-Divac nell'occhio del ciclone: la concorrenza
slovena offre di più
IGOR FIATTI

Il canestro da segnare ad ogni costo. Volano via gli ultimi secondi di
gioco. Il tempo corre veloce come i giocatori sul parquet. Smarcato da
un assist perfetto, il campione è solo sulla lunetta pronto a infilare
i punti della vittoria. Ma l'arbitro lo ferma sul filo della sirena:
fallo in attacco e si va al tempo supplementare. Inizia così la storia
di Vlade Divac e Danone alla conquista di Knjaz Milos, la principale
azienda produttrice di acqua minerale della Serbia. Nella gara per
privatizzare la società che vende il maggior numero di bottiglie nei
Balcani, il talento del pivot serbo però non conta. Il mondo degli
affari non è infatti quello del basket, e le regole, soprattutto a
Belgrado, sono molto diverse. Adesso è tutto da rifare. A Vlade Divac
non resta che sedersi in panchina, mettersi l'asciugamano al collo e
aspettare la ripresa del gioco. E dire che ormai sembrava cosa fatta.
Forte dell'appoggio della Danone, la stella serba Nba dei Los Angeles
Lakers aveva conquistato il pacchetto azionario di maggioranza della
Knjaz Milos. Dopo quattro mesi di estenuanti trattative, di accordi e
dissidi, di pour parler e intrallazzi, l'alleanza tra il gigante
sportivo e il colosso economico si era assicurata oltre il 54% dei
titoli della società. Per aggiudicarsi la privatizzazione e vincere
l'asta, insieme avevano fondato una compagnia ad hoc chiamata Apurna.
Ma schierare un asso, a volte non è sufficiente per battere gli
avversari; ci vuole qualcos'altro. Un po' di fortuna, ad esempio.
Oppure, se la buona sorte non ti viene incontro, serve un aiuto esterno
ed estremo.

E ad aiutare l'atipica joint venture franco-serba è arrivato in
extremis Predrag Danilovic, talentaccio del basket oramai a riposo e
amico per la pelle di Divac. Forse ricordandosi lo spot natalizio che
ha girato qualche anno fa in Italia, «Babbo» Danilovic ha pensato bene
di regalare l'equivalente di 50 euro ai piccoli azionisti per
convincerli a vendere i loro titoli all'ex compagno di squadra e di
nazionale e alla sua Apurna. E se non si fosse intromessa la
commissione parlamentare serba per i valori immobiliari, che ha
giudicato «irregolare» il regalo del (fu) zar della (fu) Virtus
Bologna, il racconto si chiuderebbe qui. E tutti (la Divac&Danone, gli
azionisti e il governo serbo) sarebbero felici e contenti e la Knjaz
Milos - finalmente - privata. Ma la vittoria a scapito degli altri due
contendenti non è stata solo annullata: i produttori di birra sloveni
della Pivovarna Lasko e la finanziaria delle isole Cayman Fpp Balkan
limited hanno difatti subito presentato ricorso. E per non fare torto a
nessuno, l'agenzia per le privatizzazioni ha riammesso in gara tutti e
tre gli sfidanti e ha prorogato i termini dell'asta.

Chi sono i padroni?

Mentre si attende che le promesse diventino realtà, il pubblico
s'interroga sull'identità dei nuovi padroni dell'azienda. Molti
abitanti di Arandelovac (la città dove viene imbottigliata la Knjaz
Milos) rispondono alla domanda con un proverbio. E, tra indifferenza e
scetticismo, ad ogni possibilità ribattono: «Moz' da bidne, ne mora da
znaci». Può anche essere, ma non significa nulla.

Nella guerra di nervi tra i concorrenti in lizza, tutte le opzioni sono
ancora aperte: sull'epilogo della vicenda peseranno infatti molte
inchieste e qualcuno potrebbe persino rivolgersi a Bruxelles. I più
determinati a seguire questa strada sono i birrai della Pivovarna
Lasko. Gli sloveni hanno già ingaggiato una squadra di avvocati per far
luce sull'asta. Chiederanno al ministro per le privatizzazioni, Predrag
Bubalo, di spiegare con quale logica matematica hanno ritenuto
l'offerta della Divac&Danone la migliore per il pacchetto azionario
dello Stato. Per controllare il 41,28% dell'azienda di Arandelovac in
mano al governo, la stella dei Lakers e l'agroalimentare francese hanno
sborsato solo 34 milioni di euro; i birrai ne promettevano invece oltre
37. Considerando inoltre ogni singola azione, l'offerta oscillava dai
17.500 dinari (250 euro) messi sul piatto dall'Apurna ai 23.000 (328
euro circa) promessi dalla Balkan limited, passando per i 19mila
assicurati della Pivovarna Lasko. Ma se la proposta più appetitosa non
è stata neanche esaminata perché la finanziaria caraibica non era
disposta a comprare tutto il pacchetto, gli sloveni erano più che
decisi e volevano portarsi a casa l'acqua di Serbia. E su questo punto,
il loro consulente legale ha attaccato: «Chiederemo alle autorità di
Belgrado di precisarci con quale formula hanno calcolato il valore
dell'offerta di Apurna e come hanno fatto a ritenerla migliore della
nostra. Se le istituzioni serbe non vogliono rispondere alle nostre
domande, forse altri organi dell'Unione europea lo faranno». Inoltre,
commentando il «regalo» di Danilovic ha aggiunto: «Può darsi che Babbo
Natale venga anche da noi».

I birrai non mollano

E mentre i birrai aspettano fiduciosi le loro strenne, la decisione
della commissione per i valori mobiliari ha scatenato un terremoto
politico. Il vicepremier Miroljub Labus, che fa il tifo apertamente per
Divac, ha minacciato di dimettersi dall'esecutivo. Dal partito
socialista serbo (Sps) è arrivato invece un monito; se saranno
confermati illeciti nella privatizzazione di Knjaz Milos, gli orfani di
Slobodan Milosevic ritireranno l'appoggio esterno necessario al
governo. E sul parquet sono scesi anche gli orfani illustri della
patria, quelli del leader radicale Vojislav Seselj (ospite del giudice
Carla del Ponte nelle celle d'Olanda). Prima formazione politica in
parlamento e anima balcanica del paese, il partito radicale (Srs) ha
accusato Labus di contatti sospetti con esponenti della Danone e ha
chiesto l'apertura di un'inchiesta parlamentare. Il premier Vojislav
Kostunica, che si è limitato a disporre indagini del ministero degli
interni e della procura, rischia però di pagare caro «l'affaire
Arandelovac»: anche se non ci sono ancora prove sulla corruzione di
qualcuno del suo consiglio dei ministri, le voci sul coinvolgimento di
Labus si fanno sempre più insistenti.

«La commissione parlamentare serba per i valori immobiliari voleva
estromettere irrevocabilmente la società di Divac e della Danone
dall'asta, ma il vicepremier Labus ha telefonato ai giudici e lo ha
impedito», ha dichiarato alla stampa il portavoce della Fpp Balkan
Limited, Srdan Muskatirovic. Secondo il direttore della Mv investiments
Dragijana Radonic-Petrovic, che rappresenta la finanziaria delle
Cayman, con la vendita del pacchetto azionario di maggioranza
all'Apurna i piccoli azionisti ci rimettono quasi nove milioni di euro
e lo stato 12 e mezzo. «L'offerta complessiva della Fpp Balkan Limited
è di 106,9 milioni di euro, mentre quella di Divac e della Danone è di
82,2 milioni di euro. Lo stato, che durante tutto il procedimento ha
favorito la cordata del colosso francese, deve spiegare ai cittadini
perché rifiuta questi soldi», ha detto Radonic-Petrovic.

Vecchi arnesi di regime

Nella partita per il controllo della Knjaz Milos, si scontrano anche i
tycoon del vecchio regime. Per il ministro delle finanze Mladjan
Dinkic, l'ex ministro senza portafoglio e gran faccendiere di Slobo,
Milan Beko (il suo nome è comparso più volte nel corso di varie
inchieste, compresa quella su Telekom Serbia) sarebbe «interessato» a
comprare l'azienda di Arandelovac. Alcuni giornali suggeriscono invece
che dietro la Divac&Danone ci sia in realtà Bogoljub Karic, il magnate
convertitosi recentemente alla politica fondando il partito «Forza
Serbia».

La commissione per i valori mobiliari intanto smobilita: il presidente
Milko Stimac non ha neanche partecipato alla decisione di estromettere
- provvisoriamente - Apurna dall'asta perché ricoverato in ospedale.
Ragione ufficiale della degenza: problemi cardiaci. Ma per molti si è
trattato di un ricovero opportuno per sfuggire alle pressioni. Un altro
membro della commissione, Dusan Bajec, ha annunciato invece le
dimissioni. E a chiederle, come ha confermato alla stampa il ministro
delle finanze Dinkic, è stato il presidente democratico Boris Tadic.

Comunque vada, per il governo di Kostunica lo scacco è pesante: quella
di Knjaz Milos - che ha il 55% del mercato interno, senza considerare
le esportazioni negli altri paesi - è infatti la più importante
privatizzazione in agenda quest'anno, e il premier aveva fatto della
trasparenza negli affari pubblici un cavallo di battaglia della sua
campagna elettorale.

Ma oltre alle stelle del basket, ai colossi economici, ai politici e ai
tycoon, nella storia ci sono delle comparse chiamate operai. Zoran
Pavlovic, ad esempio, che imbottiglia la Knjaz Milos da 27 anni,
illustra la vicenda così: «Adesso siamo divisi come nel 1941. Da una
parte i partigiani e dall'altra i cetnici, il padre da una parte e il
figlio dall'altra. Un fratello per la Danone e l'altro per la Balkan».
E per «Vukojica», che con il suo camion trasporta l'acqua di
Arandelovac in tutta la Serbia, la storia e tutti i suoi protagonisti
si ritrovano in una frase di Maksim Gorkij: «Chi è nato per strisciare
sulla terra, non può volare in cielo».


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MENO STATO

Europei e americani nel supermercato serbo

Per il momento è un'operazione da 1,39 miliardi di euro. Lanciata nel
2001 in Serbia dal governo del premier Zoran Djindic, la campagna di
privatizzazione delle aziende nazionali sinora ne ha messe sul mercato
1.256. Ma l'obbiettivo finale è quello di arrivare a quota quattromila
entro 2005. Solo l'anno scorso, Belgrado ha venduto 220 compagnie,
mentre nel biennio precedente ne ha consegnate ai privati ben 1.036.
Per il governo serbo, la cessione più importante è stata quella
dell'industria del tabacco: gli stabilimenti di Nis e di Vranje sono
stati infatti acquistati nel 2003 dalla Philip Morris e dalla British
American Tobacco (Bat), per un totale di 605 milioni di euro. Sempre
l'anno scorso, la filiale europea della russa Lukoil ha comprato le
raffinerie della Beopetrol per 117 milioni di euro. Al terzo posto
della classifica dei saldi di stato si piazza invece il cementificio
Novi Popovac: gli svizzeri della Holcim lo hanno pagato 60 milioni di
euro. Ma il settore interessava anche i francesi e i greci. E così la
società d'oltralpe Lafarge si è aggiudicata la fabbrica di cementi
Beocin, sborsando 59 milioni di euro, mentre con 40 milioni di euro
l'ellenica Titan si è assicurata quella di Kosjeric. Il terzo settore
più «gettonato» è quello dell'industria farmaceutica: la Merima è
andata agli austriaci della Henkel per 14 milioni di euro; gli
islandesi della Pharmaco, pagandola tre milioni e mezzo, si sono
garantiti invece la Zdravlje (salute in serbo). Ma a spartirsi la torta
sono arrivati anche i croati; con 11 milioni di euro infatti, l'Agrokor
ha conquistato l'agroalimentare serba Frikom.