<<Un livore antislavo poco conforme alle speranze di pacificazione>>


1. Di che cosa stiamo parlando? ESULI: INCONTRO ITALIA-CROAZIA A
FEBBRAIO PER INDENNIZZI

2. Un livore antislavo poco conforme alle speranze di pacificazione: A
TRIESTE GIORNATA DEGLI ESULI E DEI SUPERSTITI

3. Dare ai fascisti e ai postfascisti la possibilità di urlare la loro
menzogna-verità per oscurare la risonanza dei crimini nazisti e
fascisti... perpetuare la menzogna dell'italianità offesa e occultare
la realtà dell'italianità sopraffattrice: ALLE RADICI DELL'ODIO (di
Enzo Collotti, Il Manifesto del 10/02/2005)


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ESULI: INCONTRO ITALIA-CROAZIA A FEBBRAIO PER INDENNIZZI

(ANSA) - ZAGABRIA, 10 FEB - Italia e Croazia si incontreranno il
prossimo 17 febbraio a Roma per tentare di definire la questione degli
indennizzi spettanti agli esuli italiani per i beni abbandonati in
Istria, definiti dagli accordi di Osimo del 1975 e dal trattato di Roma
del 1984 ma mai corrisposti. All'incontro parteciperanno il capo della
diplomazia italiana Gianfranco Fini e il sottosegretario agli esteri
croato Hido Biscevic, in quanto il ministro e' dimissionario. L'esito
della riunione non e' per nulla scontato e non e' detto che si riesca
ad arrivare ad una soluzione: da parte del governo croato, assicura
l'ambasciatore italiano Alessandro Grafini, c'e' ''un'apertura'' e la
presa di coscienza che ''bisogna fare un gesto distensivo''. Allo
stesso tempo pero' ''non c'e' una posizione chiara'' su come affrontare
la questione. Solo negli ultimi anni sono state presentate tra le 2.500
e le 3.000 domande di risarcimento alla Croazia, da italiani costretti
ad abbandonare l'Istria lasciando li' i loro beni.(ANSA). GUI
10/02/2005 17:33


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FOIBE: A TRIESTE GIORNATA DEGLI ESULI E DEI SUPERSTITI/ ANSA

(ANSA) - TRIESTE, 10 FEB - E' stata una giornata di intense emozioni
quella dedicata oggi a Trieste al ricordo delle vittime delle foibe e
all' esodo dal confine orientale: un misto di orgoglio, speranza, ma
anche ricordi tristi, drammatici per alcuni, e qualche difficolta' a
tenere a bada rancori che pure la storia impone oggi di riporre in un
cassetto, anche se opportunamente inventariati. Che a Trieste la
memoria di quegli anni fosse ancora pulsante era cosa nota, ma la
partecipazione che ha accompagnato i vari momenti delle celebrazioni, e
in particolare il primo Convegno mondiale degli esuli istriani e
giuliano-dalmati fortemente voluto dal ministro per gli Italiani nel
mondo Mirko Tremaglia ha spiazzato, in qualche momento, le stesse
autorita', primo fra tutti il vicepresidente del Consiglio e ministro
degli Esteri Gianfranco Fini, al quale e' stato indirizzato qualche
fischio al termine del suo discorso. Preceduta da un appello di Ciampi
(letto anche a Trieste) a sostituire la ragione al rancore e da varie
dichiarazioni di leader storici della sinistra, tra cui Piero Fassino e
Walter Veltroni, a favore di una 'memoria condivisa', la giornata del
ricordo si e' aperta a Trieste con un omaggio alla foiba di Basovizza.
E' li' che il ministro Tremaglia ha parlato di 'giornata storica',
invitando i leader della sinistra a fare ancora un passo verso la
riconciliazione, ''cancellando per sempre Palmiro Togliatti, carnefice
numero uno delle foibe, dalla storia''. Concluso un percorso
commemorativo che ha toccato anche la foiba di Monrupino e i monumenti
ai Caduti e agli infoibati sul Colle di San Giusto, Tremaglia ha
raggiunto Piazza Unita' d' Italia dove, insieme a Fini e davanti a un
migliaio di persone, si e' svolto l' alzabandiera. Fini ha passato in
rassegna i reparti militari schierati e le insegne delle citta', dei
Comuni, delle Province e delle associazioni degli esuli. Alla cerimonia
hanno partecipato anche i Presidenti della Regione Friuli-Venezia
Giulia, Riccardo Illy e del Lazio, Francesco Storace. Subito dopo, le
celebrazioni si sono spostate al vicino Teatro Verdi, sede del Convegno
degli esuli, gremito in ogni ordine di posti. Tremaglia ha preparato
per mesi l' evento, curando personalmente i contatti in ogni parte del
mondo, e in diverse centinaia hanno aderito all' invito dall'
Argentina, dall' Australia, Stati Uniti, Canada e da molti altri Paesi.
Qualcuno ha raccontato la propria dolorosa esperienza di fuga ed
esilio, storie diverse ed uguali di genitori infoibati, abbandono di
case ed amici, viaggi tortuosi verso un futuro ignoto. Gente anziana,
ormai, ancora commossa dai ricordi ma che alle battaglie per gli
indennizzi e la restituzione dei beni, pur sempre vive, antepone la
conquista di una pagina nei libri di storia. Altri, piu' giovani e piu'
agguerriti, che quelle storie hanno sentito raccontare da genitori o
parenti sopravvissuti, non riescono a nascondere un livore antislavo
poco conforme alle speranze di pacificazione. E' in questo contesto,
ricco d' interruzioni, applausi, fischi e richieste d' intervento anche
da palchi e loggione, che Fini, Tremaglia e Illy hanno svolto i
discorsi ufficiali. Se il richiamo di Tremaglia a un proseguimento
della battaglia per la restituzione dei beni abbandonati ha strappato
alla platea lunghi applausi, assai meno entusiasmo hanno suscitato gli
appelli alla pacificazione e a guardare al futuro di Illy, che alla
fine e' stato applaudito, e Fini. ''Ora che la storia e la politica
sono su binari diversi, che non ci sono piu' le ideologie che
sostengono la superiorita' di un popolo sull' altro - ha detto Fini -
c' e' il senso di una storia comune. Questo Giorno del ricordo - ha
aggiunto - e' importante perche' sancisce che oggi non c' e' piu' una
versione di parte, un' opinione di comodo, una verita' di destra e una
sinistra, ma la verita', e lo stanno capendo anche i Paesi ex
confinanti''. ''Ha ragione Ciampi'' ha quindi insistito Fini
sovrastando i fischi, ricordando agli esuli di aver sostenuto le loro
ragioni ''anche quando altri pensavano che fosse propaganda''.
''Bisogna capirli - ha poi commentato il deputato triestino promotore
del Giorno del ricordo Roberto Menia - 60 anni di sofferenza non si
cancellano in un giorno'', ma la via indicata da Ciampi appare ormai
intrapresa. (ANSA). CNT
10/02/2005 17:41


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Alle radici dell'odio tragedie incomparabili sull'orlo di una foiba

di Enzo Collotti

su Il Manifesto del 10/02/2005

La destra paladina del nuovo patriottismo celebra la Giornata del
Ricordo isolando quella storia dalla cornice dei drammi che hanno
lacerato l'Europa nei quali il fascismo ha trascinato, da protagonista
e non da vittima, il nostro paese


Non era difficile prevedere che collocare la Giornata del Ricordo, per
onorare le vittime delle foibe, a quindici giorni dal Giorno della
Memoria in ricordo della Shoah, avrebbe significato dare ai fascisti e
ai postfascisti la possibilità di urlare la loro menzogna-verità per
oscurare la risonanza dei crimini nazisti e fascisti e omologare in una
indecente e impudica par condicio della storia tragedie incomparabili,
che hanno l'unico denominatore comune di appartenere tutte
all'esplosione sino allora inedita di violenze e sopraffazioni che
hanno fatto del secondo conflitto mondiale un vero e proprio mattatoio
della storia. Nella canea, soprattutto mediatica, suscitata intorno
alla tragedia delle foibe dagli eredi di coloro che ne sono i massimi
responsabili la cosa più sorprendente è l'incapacità dei politici della
sinistra di dire con autorevolezza ed energia: giù le mani dalle foibe!
Come purtroppo è già avvenuto in altre circostanze, l'incapacità di
rileggere la propria storia, ammettendo responsabilità ed errori
compiuti senza per questo confondersi di fatto con le ragioni degli
avversari e degli accusatori di comodo, cadendo in un facile e ambiguo
pentitismo, non contribuisce a fare chiarezza intorno a un nodo reale
della nostra storia che viene brandito come manganello per
relativizzare altri e più radicali crimini.

È assolutamente inutile girare intorno al centro dei problemi senza
aggredirne il cuore. Continuare a deprecare le foibe senza porsi
l'obiettivo di contestualizzarne l'accaduto contribuisce a fare della
retorica, ad alimentare il vittimismo e a offendere ulteriormente la
memoria di chi è stato coinvolto in una atroce vicenda e soprattutto di
chi ha pagato innocente per responsabilità altrui. La vicenda delle
foibe ha molte ascendenze, ma certamente la più rilevante è quella che
ci riporta alle origini del fascismo nella Venezia Giulia. È una storia
nota e arcinota, su cui hanno lavorato storici della mia generazione, a
cominciare da Elio Apih, ancora legati alla lezione e se si vuole anche
ai limiti dell'irredentismo democratico di Salvemini, e su cui lavora
una più giovane generazione di storici, Anna Vinci, Giampaolo Valdevit,
Raoul Pupo per citare i più impegnati, con posizioni diverse tra loro
ma tutti tesi a costruire le linee interpretative di un passato storico
che, tenendo conto della complessità della situazione di un'area
crocevia di culture diverse, contribuisca a creare una nuova cultura
politica capace di fare uscire i comportamenti politici e culturali
dalle secche dello scontro frontale fra gli opposti nazionalismi, la
cui cecità si alimenta a vicenda delle speculari pretese di esclusione.

Sin quando si continuerà a voler parlare della Venezia Giulia, di una
regione italiana, senza accettarne la realtà di un territorio abitato
da diversi gruppi nazionali e trasformato in area di conflitto
interetnico dai vincitori del 1918, incapaci di affrontare i problemi
posti dalla compresenza di gruppi nazionali diversi, si continuerà a
perpetuare la menzogna dell'italianità offesa e a occultare (e non solo
a rimuovere) la realtà dell'italianità sopraffattrice. Non si tratta di
evitare di parlare delle foibe, come ci sentiamo ripetere quando
parliamo nelle scuole del giorno della memoria e della Shoah, ma di
riportare il discorso alla radice della storia, alla cornice dei drammi
che hanno lacerato l'Europa e il mondo e nei quali il fascismo ha
trascinato, da protagonista non da vittima, il nostro paese.

Ma che cosa sa tuttora la maggioranza degli italiani sulla politica di
sopraffazione del fascismo nei confronti delle minoranze slovena e
croata (senza parlare dei sudtirolesi o della popolazione francofona
della Valle d'Aosta) addirittura da prima dell'avvento al potere; della
brutale snazionalizzazione (proibizione di uso della propria lingua,
chiusura delle scuole, chiusura delle amministrazioni locali,
boicottaggio nell'esercizio del culto, imposizione di cognomi
italianizzati e cambiamento di toponimi) come parte di un progetto di
distruzione dell'identità nazionale e culturale delle minoranze e della
distruzione della loro memoria storica? I paladini del nuovo
patriottismo fondato sul vittimismo delle foibe farebbero bene a
rileggersi i fieri propositi dei loro padri tutelari, quelli che
parlavano della superiorità della civiltà e della razza italica, che
vedevano un nemico e un complottardo in ogni straniero, che volevano
impedire lo sviluppo dei porti jugoslavi per conservare all'Italia il
monopolio strategico ed economico dell'Adriatico. Che cosa sanno
dell'occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e della
sciagurata annessione della provincia di Lubiana al regno d'Italia, con
il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai
crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che
nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel
Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di S. Sabba e degli
impiccati di via Ghega?

Ecco che cosa significa parlare delle foibe: chiamare in causa il
complesso di situazioni cumulatesi nell'arco di un ventennio con
l'esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari,
sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più
acuta della seconda guerra mondiale. È qui che nascono le radici
dell'odio, delle foibe, dell'esodo dall'Istria. Nella storia non vi
sono scorciatoie per amputare frammenti di verità, mezze verità,
estraendole da un complesso di eventi in cui si intrecciano le ragioni
e le sofferenze di molti soggetti. Al singolo, vittima di eventi più
grandi di lui, può anche non importare capire l'origine delle sue
disgrazie; ma chi fa responsabilmente il mestiere di politico o anche
più modestamente quello dell'educatore deve avere la consapevolezza dei
messaggi che trasmette, deve sapere che cosa significa trasmettere un
messaggio dimezzato, unilaterale. Da sempre nella lotta politica,
soprattutto a Trieste e dintorni, il Movimento sociale un tempo e i
suoi eredi oggi usano e strumentalizzano il dramma delle foibe e
dell'esodo per rinfocolare l'odio antislavo; rintuzzare questo
approccio può sembrare oggi una battaglia di retroguardia, ma in realtà
è l'unico modo serio per non fare retrocedere i modi e il linguaggio
stesso della politica agli anni peggiori dello scontro nazionalistico e
della guerra fredda. I profughi dall'Istria hanno pagato per tutti la
sconfitta dell'Italia (da qui bisogna partire ma anche da chi ne è
stato responsabile), ma come ci esorta in queste settimane Guido Crainz
(in un prezioso libretto: Il dolore e l'esilio. L'Istria e le memorie
divise d'Europa, Donzelli, 2005) bisogna sapere guardare alle tragedie
di casa nostra nel vissuto delle tragedie dell'Europa. Non esiste
alcuna legge di compensazione di crimini e di ingiustizie, ma non
possiamo indulgere neppure al privilegiamento di determinate categorie
di vittime. Fu dura la sorte dei profughi dall'Istria, ma l'Italia del
dopoguerra non fu sorda soltanto al loro dolore. Che cosa dovrebbero
dire coloro che tornavano (i più fortunati) dai campi di concentramento
- di sterminio, che rimasero per anni muti o i cui racconti non
venivano ascoltati? E gli ex internati militari - centinaia di migliaia
- che tornavano da una prigionia in Germania al limite della
deportazione? La storia della società italiana dopo il fascismo non è
fatta soltanto del silenzio (vero o supposto) sulle foibe, è fatta di
molti silenzi e di molte rimozioni. Soltanto uno sforzo di riflessione
complessivo, mentre tutti si riempiono la bocca d'Europa, potrà farci
uscire dal nostro nazionalismo e dal nostro esasperato provincialismo.

Fonte:
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=3558