https://www.cnj.it/PARTIGIANI/resoconto.htm


P A R T I G I A N I !
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo

RESOCONTO DEL CONVEGNO SVOLTOSI A ROMA IL 7-8 MAGGIO 2005

1. Motivazioni ed adesioni
2. Gli interventi
3. I documenti video
4. Un antifascismo inattuale??
5. Le iniziative successive


L'incontro internazionale PARTIGIANI! si è tenuto a Roma, nell'arco di una
giornata e mezzo, presso la Casa delle Culture in Trastevere, con la
partecipazione
di ospiti provenienti da varie regioni d'Italia e dall'estero. In merito
hanno riferito organi di stampa di vari paesi - ad esempio i croati "Novi
List" e "La Voce del Popolo", di Rijeka/Fiume, e la Radiotelevisione della
Repubblica di Albania. In qualità di promotori dell'iniziativa proviamo a
raccontarla qui, abbozzando anche se possibile un provvisorio bilancio dal
lato politico.


1. MOTIVAZIONI ED ADESIONI

Avevamo deciso di cogliere l'occasione del 60.mo anniversario della
Liberazione
per organizzare, con il contributo di tutti i soggetti interessati e
sensibili,
una iniziativa di testimonianza e di informazione incentrata sul carattere
internazionale ed internazionalista della lotta partigiana in Europa
(1941-1945).
Una iniziativa senza precedenti nel panorama italiano e non solo italiano,
dai contenuti non rituali, dunque piuttosto ambiziosa. Allo scopo ci siamo
avvalsi di svariati contatti esistenti tra le nostre organizzazioni
promotrici
e realtà antifasciste di numerosi paesi.


Inizialmente promosso da Radio Città Aperta (RCA), Coordinamento Nazionale
per la Jugoslavia (CNJ), Gruppo Atei Materialisti Dialettici (GAMADI), e
Rivista Contropiano, l'appello per PARTIGIANI! ha catalizzato via via
numerose
adesioni e contributi. Hanno aderito alcune sezioni dell'ANPI e comitati
antifascisti, organizzazioni internazionaliste e contro la guerra, gruppi
comunisti e realtà culturali, partiti politici come il greco KKE e lo
jugoslavo
NKPJ. E poi: storici di prestigio come Angelo Del Boca e Nicola
Tranfaglia,
molti ex combattenti e dirigenti partigiani - si pensi a Giovanni Pesce,
a Leon Landini, a Ferdinando De Leoni o a Ettore Bonavolta -, ed
ancora riviste
e case editrici, artisti, e persino corali quali il Coro delle Mondine di
Novi (Modena) ed il Coro Partigiano "Pinko Tomazic" (Trieste).
Tra i messaggi di adesione e di saluto ricordiamo alcuni tra i più
significativi,
pervenuti dal Pôle de Reinassance Communiste en France, dal Coro
Partigiano
Triestino, dal partigiano Nerino Gobbo "Gino", dal Comitato Antifascista
di Oleggio (Novara), dall'Associazione Rom e Sinti "Aven Amentza", e dal
Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia, al cui rappresentante è stato
negato
il visto dal Consolato italiano a Belgrado.

Nel corso della "due giorni" sono intervenuti anche rappresentanti del
popolo
palestinese, di quello cubano e di quello della Repubblica Popolare
Democratica
di Corea. Hanno preso la parola in particolare Bassam Saleh per la
comunità
palestinese del Lazio e Maria Fierro per Italia-Cuba. Della vicenda
coreana
è stato ricordato il legame strettissimo con la lotta di liberazione dal
nazifascismo in Europa: proprio 60 anni fa, infatti, la Corea si liberava
dal giogo del Giappone pagando un prezzo terribile in termini di vite
umane
e di distruzioni. Ma dopo pochissimi anni, l'aggressione statunitense
costringeva
il popolo coreano ad impegnarsi in una nuova guerra di Liberazione,
insieme
drammatica ed eroica, che purtroppo non può dirsi ancora terminata.

Con l'iniziativa PARTIGIANI! abbiamo provato a superare l'angusta
dimensione
nazionale in cui per decenni è stata sostanzialmente confinata la memoria
dell'epopea partigiana. Un "confinamento" dovuto a tante ragioni: un certo
opportunismo "patriottardo", la strumentalizzazione della memoria per
interessi
nazionali e specifici, differenziazioni ideologiche (quali quelle tra i
movimenti
comunisti dei vari paesi, che oggi appaiono fortemente anacronistiche), o
persino semplice ignoranza delle vicende storiche.

Nel nostro paese, ad esempio, l'enfatizzazione della funzione della
Resistenza
come liberatrice del territorio dall'occupante tedesco e "fondatrice"
della
Repubblica antifascista ha indotto in passato a trascurare le vicende
drammatiche
eppure allo stesso tempo gloriose dei partigiani italiani mobilitati
all'estero,
e quelle dei partigiani provenienti da altri paesi che hanno immolato le
loro vite per liberare il suolo italiano. Analogamente in altri paesi: si
pensi ad esempio alla Francia, dove la Liberazione è stata forse
soprattutto
il frutto del sacrificio di militanti di origine non-francese, tra cui
moltissimi
italiani, la cui vicenda è pressochè ignorata da entrambi i lati del
confine.


Non si è trattato solo quindi una "analisi comparativa" delle varie
Resistenze,
ma anche una analisi del loro reciproco intrecciarsi, legarsi e
potenziarsi
a vicenda: una analisi del loro carattere internazionale ed
internazionalista.
Una analisi possibile solo liberando il dibattito politico e storiografico
sulla Resistenza da censure, falsificazioni, rimozioni ed omissioni che
sussistono
ed anzi purtroppo si acuiscono, in questa triste fase segnata a livello
internazionale
dal revanscismo di quelli che la II Guerra Mondiale l'hanno persa sul
campo,
ma vorrebbero trasformare quella sconfitta militare e morale di allora in
una vittoria politica dell'oggi, da conseguire "a tavolino", in maniera
storiograficamente
disonesta ed eticamente indegna.



2. GLI INTERVENTI

Dopo l'apertura formale della iniziativa da parte di Miriam Pellegrini
Ferri,
già partigiana di Giustizia e Libertà ed ora presidentessa del G.A.MA.DI.,
sulla Resistenza italiana hanno parlato Spartaco Ferri, che combattè in
Appennino
e fu imprigionato, e Rita Roda, con una riflessione sulla lotta partigiana
vista dai giovani di oggi.
Franco Alunni, autore di una importante testimonianza scritta, ha
ricordato
i fatti di Porta San Paolo, avvenuti a Roma subito dopo l'8 settembre
1943.

In gran parte incentrato sulla Resistenza a Roma anche l'intervento di
Ferdinando
De Leoni - già presidente dell'ANPI regionale del Lazio -, che ha però
allargato
la riflessione, con vis polemica ed inevitabile amarezza, sulla scandalosa
situazione italiana attuale.
Come ricordare il sacrificio dei partigiani, si è chiesto De Leoni, se
oggi
sono gli eredi del fascismo al governo?


La successiva sessione ha trattato delle vicende simmetriche dei
partigiani
sulle due sponde del mare Adriatico.

Di Giuseppe Maras, che fu comandante della Divisione Garibaldi che
inquadrava
molte migliaia di italiani combattenti contro il nazifascismo in
Jugoslavia
dopo l'8 settembre 1943, è ricorso il 12 maggio 2005 il terzo anniversario
della scomparsa. Nel corso del convegno, attraverso il ricordo del figlio
Armando ed avvalendosi anche di una efficace testimonianza
audio/video, "Pino"
è sembrato presente, quasi impegnato a discutere insieme a noi del senso
delle sue battaglie. Di Maras, nelle parole del figlio, è emerso un
ritratto
inedito, intimo, dell'uomo e del padre oltrechè dell'eroe, un ritratto che
ha commosso molti dei presenti alla iniziativa, che lo conobbero
personalmente.


Un altro partigiano italiano della Divisione Garibaldi è stato ricordato
da Ivan Pavicevac: si tratta di Ovidio Gardini, che fu attivo divulgatore
della memoria e dei valori della pace e fratellanza fra i popoli fino agli
ultimi momenti della sua vita, come attestato da alcune lettere e
documenti
audio presentati nel corso della iniziativa.

Nel cortometraggio "Teska breda", recentissima realizzazione a cura di
Tamara
e Boris Bellone e di Piera Tacchino, è contenuta invece la testimonianza
di 'Vinko' Giuglar, oggi anziano contadino della Val di Susa, che nel
1943,
ritrovatosi al seguito dell'esercito occupante italiano in Jugoslavia, fu
fatto prigioniero dai tedeschi. Dopo essere riuscito a sfuggire ai campi
di prigionia ed ai lavori forzati, si unì ai partigiani di Tito entrando
direttamente nella Terza Brigata Dalmatinska e partecipando alla
liberazione
di Knin.

Una storia simmetrica è quella dei partigiani jugoslavi in Italia:
generalmente
ex internati nei lager per slavi sul territorio italiano, dopo la caduta
del fascismo furono liberati e si unirono alla lotta sulla nostra
penisola,
svolgendo in numerose occasioni un ruolo-guida, di vera e propria
direzione
militare - ad esempio in Appennino, tra Lazio, Umbria e Marche.

Alessandra Kersevan, storica ed editrice friulana, autrice di
significativi
testi sulle vicende al confine orientale, ha parlato dei campi di
concentramento
per slavi sul territorio italiano, ed in particolare del campo di Gonars,
sul quale ha pubblicato di recente un testo ben documentato, fornendo
dettagli
che hanno lasciato profondamente impressionata la platea.

Si è entrati a questo punto nel vivo della discussione sulla Resistenza
jugoslava.
Vitomir Grbac, giornalista e scrittore fiumano, autore di "Bijela
Smrt" (La
morte bianca) ha raccontato del sacrificio dei partigiani della marcia di
Matic Poljana (Istria). Grbac era allora, con i suoi 16 anni, tra i
più giovani
combattenti nella Divisione di Tito. Nel suo libro descrive la marcia
nella
Lika, durante la quale morirono assiderati una quindicina di partigiani.
Alla marcia partecipava anche Antonija-Tonica Dovecar, una giovane incinta
di 7 mesi, che fu portata in salvo e che dopo poche settimane diede alla
luce il piccolo Ratimir (significativo il suo nome: "è nato in guerra, e
che viva nella pace"). Il memoriale di "Matic Poljana" è stato
recentemente
cambiato di nome dalle autorità revisioniste ed anticomuniste della
Croazia.
Tonkica è ancora viva: più anziana di Grbac, ma ancora lucida. Il piccolo
Ratimir, sorridente con la "titovka" bianca in testa all'età di 2-3 anni
nella foto pubblicata nel libro, oggi professore alla Facoltà di
navigazione
a Portoroz in Slovenia, era anch'egli presente in sala!

Giacomo Scotti, nel corso di un intervento molto atteso, ha svelato
particolari
meno noti della Resistenza sul confine orientale; rivelando tra
l'altro che
i primi resistenti italiani in verità non furono quelli che dopo l'8
settembre
1943 presero le armi contro il nazifascismo: bensì quelli che, in Istria
e Venezia Giulia, al fianco degli slavi ed inquadrati nelle loro
formazioni,
già nel 1941 partecipavano ad azioni antifasciste.
Scotti, storico, giornalista e scrittore, autore di numerosissimi lavori
dalla saggistica alla poesia, rappresenta oggi quasi la "memoria vivente"
degli italiani di Jugoslavia: cioè di quella comunità che dopo il 1945 è
rimasta lì per contribuire alla costruzione di una società diversa e più
giusta, avendo come vessillo il tricolore bianco-rosso-e-verde con la
stella
rossa al centro - proprio il vessillo cioè dei partigiani della Garibaldi.
Impegnato negli ultimi anni tra l'altro a chiarire le vicende delle
"foibe"
facendo luce sulle esagerazioni e sulla disinformazione in merito, Scotti
ha recentemente subito pesanti intimidazioni dalla destra al governo
in Italia.
Le minacce dei fascisti non sono purtroppo una novità per lui: in passato
fu pesantemente attaccato anche dall'estrema destra croata, quella di
Franjo
Tudjman, per averne denunciato i crimini (si veda anche il suo libro
"Operazione
Tempesta").


Ancora in merito al problema del revisionismo storico, e sulla crescente
opera di diffamazione della Resistenza da parte di destre revansciste
e sinistre
opportuniste insieme, è seguito l'intervento di Claudia Cernigoi,
redattrice
del notiziario triestino La Nuova Alabarda ed autrice di testi di ricerca
storica quali "Operazione foibe, tra storia e mito". Eloquente il titolo
dell'intervento - "Attacco alla resistenza, riscrittura della storia" -
pervenuto
in forma scritta a causa di una indisposizione dell'ultimora dell'autrice.


Ne è seguito un dibattito, nel corso del quale è stato denunciato il falso
mito degli "italiani brava gente", e l'impunità della quale ha goduto la
classe dirigente italiana già implicata con il nazifascismo e responsabile
di crimini di guerra. Si è rimarcata la necessità di operare una netta
distinzione,
all'interno di ogni popolo e comunità nazionale, tra collaborazionisti del
nazifascismo e suoi oppositori - schieramenti spesso distinguibili
semplicemente
per la diversa condizione sociale. La guerra di Liberazione non fu tra le
nazionalità in quanto tali, bensì piuttosto tra le classi: quelle agiate
e possidenti da una parte, collaborazioniste o che comunque trassero
profitto
dal potere nazifascista, e quelle subalterne dall'altra, impegnate in una
lotta unitaria, internazionale ed internazionalista appunto, contro
l'oppressione,
nazionale e sociale, che ha sempre caratterizzato tutte le forme di
fascismo.


La giornata della domenica si è aperta con una sessione sulla Resistenza
in Albania. Essa è stata condotta da Miriam Pellegrini Ferri, grande
conoscitrice
di quel paese, che ha letto alcuni documenti sul contributo in quella
lotta
degli italiani, in gran parte inquadrati nella Brigata Gramsci ma non
solo.

Di grande spessore l'intervento di Xhemil Frasheri, veterano della LANÇ -
Movimento Antifascista di Liberazione Nazionale albanese - e tuttora
lucidissimo
critico della deriva filo-imperialista e fascistoide della odierna
Repubblica
di Albania. Storico e saggista, già docente di storia contemporanea
all'Università
di Tirana e collaboratore dell'Accademia delle Scienze di Albania fino ai
primi anni Novanta, Frasheri ha sottolineato in particolare il ruolo dei
comunisti guidati da Enver Hoxha nella guerra vittoriosa prima, e nella
ricostruzione
e modernizzazione del paese poi. L'Albania usciva infatti dal conflitto in
drammatiche condizioni di distruzione e di arretratezza sociale, a causa
di secoli di regime feudale.
È intervenuto dopo di lui Hulusi Hako, anch'egli veterano della LANÇ, che
ha tra l'altro stigmatizzato le difficoltà frapposte oggi alla libera
circolazione
in Europa, richiamando dunque la condizione drammatica dei lavoratori
immigrati
in Italia.


Di grandissimo interesse infine la sessione sulla Resistenza greca,
animata
da un prezioso intervento di Dora Moscou, responsabile del Dipartimento di
Storia del KKE (partito comunista di Grecia). La vicenda dei
partigiani greci
fu diversa e più drammatica di quella dei partigiani di tanti altri paesi
europei, ed è tuttora poco nota per il suo carattere politicamente
"scomodo".

Dopo il tracollo dell'invasore italiano - che si era reso responsabile di
gravi crimini, tra i quali centinaia di migliaia di morti per una carestia
che si sarebbe potuta evitare -, la Grecia fu sotto il tallone tedesco; e
dopo la cacciata dei tedeschi, i partigiani furono aggrediti, bombardati
ed infine massacrati a decine di migliaia dalle truppe inglesi e dai
settori
reazionari monarchici, che usarono ogni mezzo (fino alle
decapitazioni) per
impedire che la Grecia entrasse nell'orbita sovietica. La guerra
civile terminò
nel 1947, e nei decenni successivi nel paese una democrazia di facciata si
alternò ai regimi fascisti filo-NATO dei "colonnelli". Una storia amara e
scandalosa, che in Occidente non viene narrata.



3. I DOCUMENTI VIDEO

La due-giorni di dibattito è stata accompagnata da alcune altre proiezioni
significative, oltre a quelle già citate.
Innanzitutto il film "La Villeggiatura", di Marco Leto (con A. Celi, A.M.
Merli, R. Herlitzka, Italia 1973), che racconta la vicenda del professor
Franco Rossini - ispirato alla figura di Carlo Rosselli - al confino
in un'isola
del Sud. Resi già difficili dalla diversa estrazione sociale, i rapporti
tra Rossini e gli altri confinati sembrano guastarsi ancora di più quando
il professore, che dispone di soldi, può prendersi in affitto una villa e
chiamare presso di sé i familiari. Ma quando un altro confinato, il
comunista
Scagnetti, muore assassinato in una finta rissa, egli si schiera
decisamente
con i proletari ed evade con alcuni di loro dall'isola... Un film che
sviluppa
dunque la tematica dei rapporti sociali e del conflitto di classe nel
percorso
resistenziale.
Se ne è parlato direttamente con Adalberto Maria Merli, attore
protagonista
del film, che ha ricordato anche, amaramente, la difficile vicenda di
questa
pellicola, la cui circolazione fu in tutti i modi boicottata in Italia
subito
dopo l'uscita e che a tutt'oggi è stata proiettata troppo poco, nonostante
ad esempio abbia vinto all'epoca il più prestigioso premio della critica
francese.

Altro film proiettato a latere del dibattito è stato "Ne okreci se sine"
("Non voltarti figlio"), di Branko Bauer (RFS di Jugoslavia, 1956), nella
versione originale in serbocroato corredata da sottotitoli in italiano a
cura della sezione piemontese del Coordinamento Nazionale per la
Jugoslavia.
A questi ultimi ci si può rivolgere anche per gli altri video, e per
alcuni
dei più famosi film della cinematografia jugoslava, dei quali si
stanno curando
le versioni sottotitolate in italiano per facilitarne la circolazione nel
nostro paese. "Non voltarti figlio" è ambientato in Croazia nel 1941-1944:
ambientato in una Zagabria resa agghiacciante dalla violenza razzista
ustascia,
narra di un padre che, sfuggito all'internamento nel campo di sterminio di
Jasenovac, cerca di recuperare il giovanissimo figlio ai valori della
fratellanza
e della libertà, facendolo passare insieme a sé con i partigiani. Un film
emozionante, in grado anche di chiarire, a noi oggi, gli aspetti
"politicamente
scomodi" e dunque rimossi della storia jugoslava contemporanea.


Sui crimini italiani in Grecia è stato proiettata parte di un lungo video
inedito, a cura di Piera Tacchino, che raccoglie le testimonianze di
anziani
protagonisti e storici greci.

Sempre ai crimini italiani nelle zone di occupazione è dedicato il
documentario
"Fascist Legacy" ("L'eredità fascista") di Ken Kirby, del quale per
ragioni
di tempo sono stati proiettati solo alcuni estratti. Prodotto dalla BBC,
il documentario racconta e documenta i crimini di guerra italiani nei
Balcani
ed in Africa, e il loro successivo insabbiamento. Se ne è discusso con
Massimo
Sani, curatore di una edizione italiana che la RAI non ha mai trasmesso:
la RAI ha preferito infatti seppellire il nastro in qualche cassetto per
non turbare le cattive coscienze nazionali. La seconda parte del
video, che
meriterà di essere proiettata a Roma in qualche prossima occasione, spiega
d'altronde proprio le modalità e le ragioni di questa opera di
insabbiamento,
che ha consentito ai criminali di guerra italiani di uscire indenni e,
talvolta,
persino di riciclarsi e trovare nuovamente un ruolo ed un posto come
classe
dirigente nell'Italia del dopoguerra.


4. UN ANTIFASCISMO INATTUALE??

Appare paradossale dover spiegare quale sia l'opportunità di organizzare
iniziative dedicate al 60.mo anniversario della Liberazione. Tuttavia,
purtroppo,
la condizione oggettiva, storica e politica, nella quale ci troviamo è
davvero
anomala, e ci impone dunque di ribadire cose che sarebbero scontate.
Persino
nel corso del processo di costruzione di PARTIGIANI! abbiamo rilevato
atteggiamenti
timorosi, quasi regnasse un malessere, addirittura una diffidenza verso la
tematica resistenziale "in se". Come se, a tanti decenni dallo svolgimento
dei fatti e mentre tanti temi urgentissimi e gravi premono sulle nostre
coscienze
civili, l'antifascismo "in senso stretto" non bastasse più a se stesso, ed
avesse bisogno di essere completamente ridefinito.
Ci hanno obiettato infatti: celebrare la Resistenza va bene, ma essa "va
attualizzata"; è inutile fare antifascismo "d'antan"; bisogna evitare
l'"eurocentrismo",
bisogna collocare quella Resistenza europea di 60 anni fa nell'ambito
delle
tante resistenze (al plurale) dei popoli, prima durante e dopo la II
Guerra
Mondiale, in ogni continente, a cominciare ovviamente da quei popoli che
hanno combattuto e combattono adesso fondamentali lotte di liberazione dal
colonialismo e dall'imperialismo.

Come è evidente dal resoconto degli interventi al convegno, anche queste
problematiche sono state ben presenti; allo stesso tempo però abbiamo
dovuto
e voluto evitare ogni tentazione "tuttologica", che avrebbe distolto
necessariamente
la nostra attenzione dal 60.mo anniversario della Liberazione. Ci
chiediamo
da cosa nasca in effetti questo "desiderio di fuga", questa tendenza a
volgere
lo sguardo altrove, verso un antifascismo inteso solo "in senso lato",
come
se l'antifascismo storico, l'"antifascismo in senso stretto", quello
vittorioso
in Europa nel 1941-1945, quello su cui (almeno sulla carta) sono state
fondate
le istituzioni ed il vivere comune di paesi come il nostro, non avesse più
molto da dire.

Certo, il ricordo di quelle vicende del 1941-1945 non può limitarsi al
puro
rito celebrativo o al freddo approfondimento storiografico: attitudini
queste
che, entrambe, rischiano davvero di relegare la Resistenza in un cassetto
della memoria, in uno spazio anacronistico che non avrebbe più nulla a che
fare con il presente. Ma sarebbe ben strano se quell'antifascismo "in
senso
stretto" non avesse più niente da dirci proprio oggi, mentre la
Costituzione
antifascista della nostra Repubblica viene umiliata e stravolta, a
cominciare
dal suo Articolo 11, e mentre soldati italiani sono impegnati nella
occupazione
militare di alcuni dei territori che furono occupati anche allora, sotto
il nazifascismo - si pensi ai Balcani - e tentazioni neocolonialiste
muovono
tutto l'Occidente.

Come cartina di tornasole, guardiamo all'attitudine della controparte
verso
quel passato: guardiamo ad esempio all'andamento delle cerimonie ufficiali
per il 60.mo, guardiamo a Mosca, alle polemiche di questi giorni, al fatto
che nei paesi Baltici vengono autorizzate le cerimonie dei veterani delle
SS, e la storia viene ovunque riscritta, ribaltandola. Di seguito alcuni
titoli dal principale quotidiano tedesco, la Frankfurter Allgemeine
Zeitung,
del 6 maggio 2005: "Bush rispetta il boicottaggio dei baltici" (con
riferimento
alla non partecipazione di questi alle celebrazioni di Mosca). "Il 9
maggio
portò una nuova occupazione" (intendendo l'aggregazione all'Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche). Ed ancora titoli ambigui sulle
"maggiori
pulizie etniche del XX secolo", intendendo quelle presunte a danno dei
tedeschi
dopo il 1945... Il 9 maggio sarebbe infatti per la Germania "il giorno
della
sua più grande catastrofe... il giorno della sua morte": questa l'opinione
dei portavoce del complesso militare-industriale germanico, anno 2005.

Ecco che cosa è diventata l'Europa negli ultimi anni, ecco chi è che
la governa:
innanzitutto in casa nostra, dove una classe politica compromessa con il
fascismo è oggi al potere. E poi guardiamo appena fuori dalla finestra, ad
esempio nei Balcani, dove hanno ripreso il potere quei settori (ustascia
croati, cetnici serbi, islamisti bosniaci, balisti albanesi) che
avendo perso
la II Guerra Mondiale speravamo fossero finiti per sempre
nell'immondezzaio
della storia.
Infine, guardiamo al modo in cui vengono ridefiniti i confini interni ed
esterni del nostro continente.
Proprio oggi, dunque, mentre settori revanscisti ed imperialisti invertono
in Europa gli esiti della II Guerra Mondiale, ritroviamo pienamente il
senso
di quella lotta internazionale ed internazionalista che fu dei partigiani.


La paura di parlare della Resistenza - la Resistenza al singolare, quella
europea di 60 anni fa - va invece a braccetto con certe smanie di
rimozione
del Novecento, con i tentativi di dimenticarne la storia per cancellarne
le conquiste.

Qualche decennio fa nessuno si sarebbe mai sognato di dover spiegare,
quasi
fosse una eccezionale scoperta, che non furono certo i partigiani a
macchiarsi
di crimini contro l'umanità, bensì che l'odio nazionale e l'odio
etnico erano
coltivati regolarmente tra le fila dei nazifascisti, avvezzi per intima
ispirazione
ideologica a combattere guerre nazionalistiche e praticare pulizie
etniche.
Ad ispirare la lotta dei partigiani era al contrario un desiderio di
giustizia,
di fratellanza e di pace fra i popoli. Curioso doverlo ribadire. Ma
non possiamo
fare altrimenti: dobbiamo infatti constatare che gli attacchi di stampo
revisionista,
provenienti purtroppo non solo da destra, mirati ad infangare o comunque
a gettare nell'oblio la lotta eroica dei partigiani contro il
nazifascismo,
sono incessanti.

Negli ultimi mesi, alcuni progetti di legge presentati dalla destra al
governo,
hanno inteso addirittura equiparare i partigiani a chi ha militato nelle
formazioni collaborazioniste dei fascisti e dei nazisti - questi ultimi,
dunque, al servizio dell'occupante straniero: altro che "patrioti"!

Ma particolarmente insistenti sono state ultimamente proprio le campagne
di disinformazione con le quali si è cercato di negare il carattere
multinazionale
ed internazionalista della Resistenza, dipingendo i partigiani come bande
di violenti impegnati in aggressioni contro questa o quella nazionalità o,
addirittura, in "pulizie etniche". Assai discutibile e tendenziosa ci
è apparsa
ad esempio l'istituzione per l'Italia di una specifica "Giornata della
Memoria
delle vittime dell'Esodo e delle Foibe" (10 febbraio). Riteniamo poi
ingiustificabile
la trasmissione in TV, tra assurdi programmi dedicati a riabilitare figure
irrimediabilmente compromesse col fascismo (a partire dai familiari
del duce),
di fiction con le quali vengono diffuse concezioni bugiarde e razziste
sulla
guerra di Liberazione sul confine orientale ("Il cuore nel pozzo"). Ed
inopportune
o insufficienti sono le prese di posizione in proposito di esponenti
democratici
e della sinistra, anche comunista: tutti ricordiamo viceversa, purtroppo,
le parole di qualche leader opportunista, ex-comunista, sui "ragazzi
di Salò",
sull'"espansionismo slavo" ed i "territori perduti", o sulla
"angelizzazione
della Resistenza".

I fatti storici che abbiamo ricordato e documentato nel nostro convegno,
ed in primo luogo l'impegno comune, fianco a fianco, di combattenti di
diversa
origine nazionale sui vari fronti della Guerra di Liberazione, sbugiardano
le tesi revisioniste, ma ci impongono anche di interrogarci sulla
drammatica
degenerazione politica e culturale del presente.


5. LE INIZIATIVE SUCCESSIVE

Nell'intervento di chiusura della iniziativa, Sergio Cararo (per Radio
Città
Aperta) ha posto un quesito doloroso eppure inevitabile. A questi compagni
che hanno combattuto, ed ai quali va la nostra ammirazione e persino
invidia
per avere partecipato a tante battaglie vittoriose, auguriamo di
vivere altri
cento anni. Ma non possiamo non porci oggi il problema di come tenere viva
la sensibilità antifascista per il futuro, di come coinvolgere le nuove
generazioni.
Una legge biologica destina infatti queste donne e questi uomini che hanno
combattuto a lasciarci, e resta il problema di quale eredità trasmettere,
e come. La generosa domanda di impegno politico dei giovani trova, sul
"mercato"
politico reale, gli sbocchi ed i mezzi che trova, non altri: la risposta
al quesito non può essere altro, dunque, che una risposta in termini
politici
ed organizzativi, tutti ovviamente da precisare.

Alessandro Hobel, intervenendo a nome dell'Archivio Storico del Movimento
Operaio e del centro Culturale La Città del Sole di Napoli, ha
invitato tutti
quelli che hanno contribuito a costruire l'iniziativa PARTIGIANI! ad
intenderla
come un punto di partenza per un lavoro di testimonianza e di
in/formazione
da protrarre nel tempo, coinvolgendo le realtà attive a livello locale e
gli studenti.

Le iniziative incentrate sul carattere internazionale ed internazionalista
della Resistenza, nel 60.mo anniversario della Liberazione, non sono state
molte. Si è trattato di solito evidentemente di omaggi resi a
luoghi-simbolo,
quali i monumenti ai caduti nelle zone di confine, o tributi resi da
realtà
istituzionali o para-istituzionali.
Nel nostro caso, a partire da una esigenza tutta spontanea e senza alcun
sostegno di tipo istituzionale, siamo riusciti a mobilitare per un giorno
e mezzo una sala-teatro nel centro di Roma, stimolando e raccogliendo
numerose
testimonianze che restano disponibili, e potranno innanzitutto
motivare tante
simili iniziative nel futuro. Iniziative per le quali non sarà certo
necessario
attendere qualche prossimo anniversario: anzi, è proprio l'attualità
urgente
di certi temi, interni ed internazionali, a richiedere che i valori della
lotta partigiana siamo riproposti continuamente.

Una prima iniziativa "gemella" di PARTIGIANI! si è svolta subito dopo, il
lunedi 9 maggio, a Bussoleno (Torino), con il patrocinio del Comune.
Intitolata
"La Resistenza: dentro e fuori i confini", essa ha visto intervenire
Giacomo
Scotti, Fulvio Perini (sindacalista) ed Ugo Berga (ANPI).
Noi rimaniamo a disposizione per ogni contatto, contributo ed idea che
vogliate
farci pervenire. E mettiamo ovviamente a disposizione tutte le
testimonianze
ed i materiali che abbiamo raccolto. Per entrare in contatto con noi:

P A R T I G I A N I !
https://www.cnj.it/PARTIGIANI
Una iniziativa internazionale ed internazionalista
nel 60.esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo
Per contatti: PARTIGIANI! c/o RCA/CNJ,
Via di Casal Bruciato 27, I-00159 Roma
partigiani7maggio @ tiscali.it - FAX +39-06-43589503


(a cura di A. Martocchia per il Comitato organizzatore)