[ En francais:
La Constitution contribue-t-elle à faire de l'Union européenne une
"contre-puissance" face aux Etats-Unis ?
http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/message/681
Par Diana Johnstone voir aussi: La Constitution et la guerre
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-04-23%2016:31:13&log=invites
]

Da: "rifondazione.paris"
Data: Lun 23 Mag 2005 09:54:51 Europe/Rome
A: "info_prc_paris" <info_prc_paris @yahoogroups. com>
Oggetto: [info_prc_paris] D. Johnstone sulla Costituzione Europea ed
il rapporto USA-UE


(di Diana Johnstone vedi anche: La Costituzione e la guerra
http://it.groups.yahoo.com/group/info_prc_paris/message/641 )

La Costituzione contribuisce a fare dell'Unione europea una
"contro-potenza" di fronte agli Stati Uniti?

Di Diana Johnstone

Alla questione: "quale è la più potente delle argomentazioni
a favore del SI?", François Bayrou risponde: "Il mondo è
dominato dalla potenza americana, che è oggetto di
concorrenza dalla potenza cinese. Vogliamo accettare la
sovranità di questi imperi, ed il loro modello di società? O
vogliamo contare anche noi, per difendere i nostri valori?
(...) Tutti gli avversari dell'idea europea sognano di
vederci votare NO, gli ambienti neoconservatori americani, i
conservatori britannici antieuropei, la destra estrema
europea e la sinistra estrema, Le Pen e Besancenot."

Dominique Strauss-Kahn è ancora più chiara: "C'è bisogno del
trattato costituzionale europeo per contrastare l'egemonismo
americano".

Sotto una forma o sotto un'altra, quest'argomentazione
ritorna costantemente nelle difese ed illustrazioni del SI.
L'idea alla base è che questa Costituzione è la condizione
necessaria (e forse anche sufficiente) perché l'Unione
europea si affermi come "contro-potenza" di fronte agli
Stati Uniti.

Vorrei mostrare che quest'argomentazione è falsa nelle sue
premesse ed a maggior ragione nelle sue conclusioni. Allo
stesso tempo, vorrei sottolineare ciò che appare sincero in
quest'argomentazione, cioè il suo significato profondo nello
spirito di quasi tutta la classe politica francese. Poiché
non si tratta qui di una menzogna volgare ma piuttosto
dell'espressione di una grande confusione per quanto
riguarda "l'idea europea".

Innanzitutto, si possono individuare due premesse errate: a)
questa Costituzione rafforza l'Ue come contro-potenza, e
quindi: b) gli egemonisti americani sperano di vedere i
francesi votare NO. Dunque il SI sarebbe, in un certo qual
modo, una dichiarazione sottile d'indipendenza dell'Europa
rispetto all'egemonia di oltre Atlantico.

La prima premessa è contraddetta dal testo anche di questa
Costituzione. Poiché i "valori" espressi ribadiscono i
"valori" neoliberali che sono attualmente quelli della
superpotenza americana. Peggio ancora, questa Costituzione
va molto più lontano di quella degli Stati Uniti in questa
direzione. La parte III riprende la politica neoliberale già
presente nei trattati da Maastricht, pietrificandola di
fatto in una "Costituzione" il cui emendamento esige
l'unanimità. Contrariamente agli Stati Uniti, che conservano
la possibilità di cambiare politica economica in modo
pragmatico, ad esempio stimolando la crescita con i
disavanzi di bilancio, l'Unione europea vuole chiudersi in
un giogo neoliberale il cui scopo principale dichiarato -
attirare gli investimenti produttivi per creare impieghi -
non cessa di allontanarsi.

La Costituzione proposta lega l'Unione europea alla NATO -
strumento della sovranità statunitense sull'Europa - ed
anche alla sua crociata attuale: la "lotta contro il
terrorismo". Cosa potrebbe dunque sperare più di Washington?
Che l'Europa ed i suoi Stati membri siano completamente
privati di qualsiasi possibilità di definire e perseguire
una politica estera indipendente chiara ed efficace! Ebbene,
questa Costituzione risponde anche a questo desiderio,
costringendo tutti gli Stati ad accordarsi su di una
politica estera decisa all'unanimità. La ricetta perfetta
dell'impotenza. Eccetto per quelli che, come il Regno Unito,
sceglierebbero di seguire gli Stati Uniti a tutti i costi.

La lezione della guerra

Alcuni sostengono che gli Stati Uniti sarebbero ostili alla
costruzione europea. In realtà, dalla seconda guerra
mondiale, gli Stati Uniti hanno costantemente sostenuto
l'unificazione europea così come si è sviluppata, cioè come
un grande mercato economicamente aperto e politicamente
inoffensivo. Economia forte e politica debole vanno insieme
(si potrebbe stabilire un parallelo rispetto al blocco
sovietico del dopo-guerra, dove l'economia socialista doveva
cancellare le differenze politiche, ma è un altro
argomento). È l'idea secondo la quale, per evitare di
ricominciare le guerre del 1914-18 e 1939-45 che avevano
rovinato le grandi potenze capitalistiche del continente,
occorre innanzitutto legare insieme l'essenziale delle
industrie tedesche e francese perché diventino troppo
strettamente legate per opporsi una all'altra.
Quest'unificazione economica comporterebbe allora
inevitabilmente una unificazione politica che va nello
stesso senso di una pacificazione. Per garantire questo,
l'angelo custode di oltre Atlantico legherebbe le forze
militari dei vecchi belligeranti in una sola alleanza sotto
la sua direzione. Tutto ciò andava nello stesso senso:
quello di un rilascio dell'antagonismo della "coppia"
franco-tedesca, presunta incapace di gestire i suoi
contenziosi senza finire nella guerra e nel genocidio.

Si tratta di un'esagerazione? Non realmente. Questa visione
dell'Europa la cui irresponsabilità bellicosa cronica
esigerebbe un freno ed una tutela americana è quella che
prevale nella rappresentazione del continente fatta dai mass
media e nella concezione di un grande numero di dirigenti
politici negli Stati Uniti. Se non lo dicono molto, tuttavia
lo pensano. D'altra parte, è ovvio che lo stesso pensiero è
lungi dall'essere assente nei mass media e nella classe
politica del vecchio continente.

Quest'interpretazione dell'incapacità degli europei di
comportarsi decorosamente al di fuori da una cornice
americana si riassume in una parola: "Auschwitz". È la
parola chiave dell'egemonia ideologica americana in Europa,
basata su di una mitizzazione della seconda guerra mondiale
ridotta alla sola liberazione degli ebrei dai loro boia da
parte degli Anglo-Americani. Perché, di fronte all'Europa
genocida, gli Stati Uniti appaiono come innocenti, dunque
degni di assumere la direzione morale dell'Europa affetta da
un peccato imperdonabile. Come del resto il mondo intero.
Gli europei atlantisti, liberali più sinceri, credono che
questo doppio laccio - Unione europea economica e politica,
tutela statunitense riguardo alla sicurezza - è il solo
mezzo per garantire la pace e la prosperità dei loro paesi.

Per quanto riguarda la pace, ciò sarebbe più probabile se
gli Stati Uniti avessero tratto la stessa lezione dalle due
guerre mondiali che hanno tratto la maggior parte dei
tedeschi, francesi ed italiani, i quali, avendo sofferto per
le distruzioni, le occupazioni straniere e le sconfitte,
hanno voluto infine rinunciare alla guerra. Questo vale
anche per i Russi che, sebbene vincitori, subirono le più
grandi perdite materiali ed umane.

Il problema è che, per gli Stati Uniti, la lezione non è per
niente la stessa. Nella mitologia americana (nonchè
britannica) la seconda guerra mondiale fu la "buona guerra"
con la quale il bene ha schiacciato il male, tramite la
potenza militare degli Stati Uniti, con la benedizione di un
dio interconfessionale. E sono pronti a ricominciare.

Una contraddizione pericolosa risiede nel fatto che questa
Europa pacificata dai suoi eccessi guerrieri si crede al
sicuro quando affida la direzione dei suoi affari militari,
tramite la NATO, a questa grande potenza d'origine europea
che non ha rinunciato alla guerra proprio per niente. Così,
paradossalmente, questa Europa che non vuole più farsi la
guerra in casa si appresta, senza averne coscienza, a essere
trascinata in guerre senza fine contro il resto del mondo.

Questo non è il solo risultato infelice del riferimento
fatto agli Stati Uniti dall'Europa occidentale dopo il 1945.
Una visione idealizzata degli Stati Uniti predomina
l'immaginario europeo da sessanta anni. L'anti-americanismo
minoritario e sporadico non cambia nulla; l'influenza del
cinema, della musica, del modo di vita americani è più forte
in ogni paese europeo che non quella dei suoi vicini del
continente. I mass media di ogni paese dell'Ue danno più
posto all'attualità degli Stati Uniti che a quelle degli
altri stati membri, mentre l'inglese guadagna terreno e lo
studio delle altre lingue europee va a rotoli. Inoltre ciò
che collega gli europei non è una "cultura europea" (da
costruire) quanto piuttosto i riverberi della cultura
americana vista a distanza.

Un mimetismo analogo influisce sulla costruzione europea.
Gli Stati Uniti sono il modello di una federazione (o
confederazione, secondo le convinzioni) abbastanza collegata
e prosperosa da "pesare nel mondo". È a questo punto che
emerge la principale ambiguità dell'ambizione dichiarata
degli atlantisti, che vogliono rafforzare l'Europa perché
sia, dicono, capace di fare fronte alle altre grandi
potenze, ed in particolare agli Stati Uniti.

Il condominio imperiale

Cosa vogliono esprimere coloro che dichiarano che la
principale argomentazione a favore del SI sarebbe di
permettere all'Europa di tenere testa alla superpotenza
americana? Se ci si riferisce ai testi - in particolare
l'articolo I-41 che lega la politica di difesa alla NATO -
questa dichiarazione potrebbe essere liquidata come una
semplice contro-verità. Tuttavia, è forse più utile assumere
che la maggior parte di quelli che lo dicono non mentiscono
ma hanno un'idea particolare in testa, e tentare così di
comprendere la base di quest'idea.

In effetti, mi sembra che gli atlantisti che difendono la
Costituzione per rafforzare l'Ue di fronte agli USA
immaginano una vera rivalità tra i due, ma una rivalità
all'interno di uno stesso sistema socioeconomico e
geostrategico: un sistema che chiamo il condominio imperiale
(CI, anche conosciuto sotto il nome di "Comunità
internazionale"). Questa CI rappresenterebbe una soluzione
al problema posto dalle guerre tra potenze imperialiste che
hanno condotto al disastro del 1914-18. Si tratta di
collegare queste potenze imperialiste sotto l'egemonia degli
Stati Uniti per promuovere gli stessi "valori ed interessi"
ovunque nel mondo.

Questi "valori" sono i "diritti dell'uomo" che si sono
sviluppati in tempi relativamente recenti nei paesi ricchi.
Si tratta in generale innanzitutto più di libertà di
comportamento che di diritti reali rispetto alle necessità
della vita (prodotti alimentari, alloggio, sanità, lavoro,
istruzione). Questi diritti principalmente individuali sono
compatibili con le società liberali avanzate dove il tenore
di vita elevato permette di superare la "guerra di tutti
contro tutti" per la sopravvivenza. In sé, essi sono
incontestabilmente auspicabili per la felicità umana. Il
problema si verifica quando il riferimento a questi diritti
serve a rafforzare la buona coscienza dei ricchi quando
vogliono ingerirsi negli affari dei meno fortunati.

Nel sistema capitalista avanzato, gli interessi sono simili
nel senso che "la libertà" è centrale, ma, per la
precisione, si tratta soprattutto della libertà del capitale
finanziario di investire ovunque, e così determinare la
forma materiale e sociale delle società. Essendo questo
sistema, per natura, competitivo, è inevitabile che la
concorrenza esista al suo interno, tra le unità che lo
compongono. L'"indipendenza" che raccomandano gli atlantisti
non è nulla di diverso in fondo dal livello d'efficacia
competitiva che deve possedere l'Europa per proseguire
questa concorrenza con gli Stati Uniti pur restandovi
strettamente legata. Non si tratta mai di proseguire una
politica - che sia economica o geopolitica -
fondamentalmente diversa da quella degli USA.

Questa rivalità all'interno esiste già, ma i nostri
dirigenti ne parlano molto poco o in modo quasi codificato
dinanzi al loro pubblico. Così si perseguono politiche la
cui vera ragione, i fondamenti ed i risultati non sono
pubblicamente valutati né discussi.

Prendiamo un esempio: gli allargamenti affrettati dell'Ue
verso i paesi dell'Est appartengono a questa politica di
rivalità con gli Stati Uniti che non viene chiamata con il
suo nome. I pro- europei non hanno cessato di osservare che
sarebbe stato necessario innanzitutto "approfondire" l'Ue
prima di allargarla. Si tratta di buon senso: si può
rovinare tutto andando troppo rapidamente. Si sono già visti
i danni causati alla Germania dalla propria riunificazione
affrettata, ma si può considerarla come un caso distinto.
Per i paesi baltici, e adesso per la Romania e la Bulgaria
(e forse un domani per l'Ucraina e la Georgia), questa fuga
in avanti segue una logica diversa. Si potrebbe immaginare
che si tratti di rivalità con la Russia. Alcuni di questi
paesi (in particolare i paesi baltici) sembrano credersi
permanentemente minacciati dalla Russia, nonostante il
ritiro volontario e pacifico di questa. Ma i dirigenti
occidentali sanno bene che la Russia non è una minaccia.
Effettivamente, l'allargamento dell'Ue verso l'Est soddisfa
molto più le necessità della rivalità con gli Stati Uniti,
la cui influenza in questi paesi è già predominante e si
rafforza con la estensione della NATO. L'allargamento verso
la Turchia segue una logica simile.

L'ironia della storia è che l'Ue si trova così costretta ad
una corsa per l'influenza con gli Stati Uniti proprio quando
(attraverso la Costituzione) intende ribadire il suo
attaccamento ad un'alleanza atlantica completamente dominata
da Washington. L'allargamento verso i paesi dell'Est può,
certamente, contribuire a rafforzare l'influenza dei paesi
dell'Europa occidentale, ma al prezzo di un indebolimento
dell'indipendenza dell'Europa rispetto agli Stati Uniti.

Si osserva un fenomeno simile con il ruolo attivo (benché
secondario) giocato dall'Ue nelle "rivoluzioni" arancioni ed
altre, completamente teleguidate e generosamente finanziate
da Washington.

Queste "rivoluzioni" mirano chiaramente a sottoporre le
economie di questi paesi al capitale straniero tramite
dirigenti più fedeli agli Stati Uniti (dove la maggior parte
di questi hanno ricevuto la loro formazione) che non al loro
popolo. Tutto ciò - con la provocazione costante verso la
Russia che implica - è veramente nell'interesse dell'Ue e
dei suoi popoli? Ci si potrebbe almeno chiedere questo. Ma,
su queste questioni, il dibattito pubblico non esiste.

La "lezione dei Balcani"

La confusione che regna nella definizione di una politica
europea "d'indipendenza" raggiunge il suo massimo con la
cosiddetta "lezione dei Balcani". Il cliché dominante è bene
espresso da Henri de Bresson su Le Monde, quando questi
scrive a proposito della politica estera e di sicurezza
contenuta nella Costituzione: "Traendo la lezione dalle
guerre dei Balcani, che essi non hanno potuto impedire ed
alle quali hanno potuto porre fine soltanto con l'intervento
degli Stati Uniti, gli europei si dotano di uno strumento
che fornisce una credibilità nuova alla loro azione esterna.
È un grande passo."

Assolutamente tutto, in quest'analisi, è falso. Non insisto
sul fatto che l'attaccamento alla NATO è un vizio di
partenza di questo "strumento che fornisce una credibilità
nuova alla loro azione esterna". L'errore è allo stesso
tempo più profondo e molto rivelatore.

Innanzitutto, non è, come ci si ostina a ripetere, la
debolezza militare dell'Europa la responsabile del suo
fallimento nei Balcani. È piuttosto la sua debolezza
politica. L'Ue non ha mai bene analizzato né compreso le
cause del dramma jugoslavo. Non ha mai sviluppato - come
avrebbe potuto e dovuto fare - un programma chiaro verso
tutta la Jugoslavia per evitare le guerre di secessione. Ed
una volta che il peggio si è verificato, è stata incapace di
elaborare una politica suscettibile di portare la pace - che
avrebbe contrastato gli sforzi di Washington per evitare
ogni pace che non fosse quella americana (vedere a questo
riguardo le memorie di David Owen).

Questa debolezza era legata alla mancanza d'unità tra gli
Stati membri dell'Ue - ma più ancora alla volontà di
nascondere questa assenza d'unità dando l'impressione di
un'unità che non esisteva! Così la posizione della Germania
a favore di secessioni non negoziate - una posizione che
rendeva la guerra civile inevitabile - era respinta
all'inizio, e giustamente, da parte di tutti gli altri Stati
membri dell'Ue, soprattutto da parte della Francia, dal
Regno Unito, ed anche da parte di diplomatici tedeschi in
forza a Belgrado. Ma precisamente a causa della prossimità
della firma del trattato di Maastricht, e poiché non era
opportuno rivelare al mondo le sue divisioni, il buon senso
di questa maggioranza ha capitolato dinanzi al desiderio del
governo tedesco di uccidere il suo vecchio nemico, la
Jugoslavia, a profitto dell'indipendenza dei suoi vecchi
clienti, la Croazia e la Slovenia. E successivamente, tutti
i dirigenti - in particolare francesi - che avevano avuto
ragione, hanno cercato di giustificare una decisione
tragicamente sbagliata.

E non è tutto. Si è anche cercato di nascondere al pubblico
le rivalità sorde tra potenze - soprattutto tra gli Stati
Uniti e la Germania - per attirare i vari secessionisti
nella loro sfera d'influenza. In una grande manifestazione
d'unità occidentale in gran parte fittizia, la NATO ha
devastato nel 1999 quanto restava della Jugoslavia. Fino ad
oggi, nulla è stato realmente risolto, ma non se ne parla
più. È una situazione classica: i potenti regolano le loro
rivalità facendo pagare il conto ai deboli.

Quest'esempio dovrebbe far riflettere. Invece, viene
mistificato e travestito per giustificare una politica
militare che permetterà certamente "di agire", ma con gli
stessi pochi principi, poca serietà intellettuale e poca
visione del futuro che ha avuto l'Europa al momento della
crisi jugoslava. Una forza militare senza cervello, non è
precisamente ciò che viene rimproverato all'amministrazione
Bush? Una potenza militare, dunque, ma per che fare? Per
seguire che?

A queste questioni determinanti, la Costituzione ed i suoi
partigiani non offrono alcuna risposta chiara. A parte, come
diceva quel grandissimo umorista che era il generale di
Gaulle, il gridare: "l'Europa! L'Europa!".


FONTE: lista gestita da membri del Comitato di sorveglianza
NATO - http://fr.groups.yahoo.com/group/alerte_otan/
Trad. a cura del Circolo PRC di Parigi


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Notiziario del Circolo PRC "25 Aprile" Parigi

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