Foibe: una mistificazione storica

1. Presentazione del libro SCAMPATI O NO di Pol Vice (Kappa Vu)

2. INTERVENTO di Claudia Cernigoi al convegno PARTIGIANI! (Roma 7
maggio 2005)

NOTA IMPORTANTE: diversamente da quanto precedentemente indicato, il
testo di Giacomo Scotti sulle foibe istriane messo in circolazione
alcuni giorni fa (
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/4399 ) NON È
il testo dell'intervento al convegno PARTIGIANI! bensì un testo
diverso, consegnato da Scotti a margine della iniziativa. Ci scusiamo
per l'equivoco.


=== 1 ===

www.resistenze.org - segnalazioni resistenti - libri - 18-05-05

Pol Vice: Scampati o No. I racconti di chi "uscì vivo" dalla foiba


Diciamo subito che "SCAMPATI o NO" non è un (altro) saggio sulla
storia delle foibe e degli infoibati.

E' invece una denuncia puntuale,rigorosamente documentata, non solo e
non tanto dell'uso politico di quella storia, quanto delle palesi
contraffazioni sulla cui base è stata costruita e diffusa la leggenda
delle foibe. "Sovrapposta" alla storia, continuamente alimentata da un
gruppo ben determinato di manipolatori dell'informazione negli
ambienti degli esuli giuliano ­ dalmati, e a partire dal 1991 (data
non casuale) diffusa a livello nazionale con mezzi sempre più potenti,
tale leggenda è diventata ormai luogo comune nella cosiddetta opinione
pubblica, sull'onda del dilagante revisionismo storico,con
l'autorevole avallo anche di alcuni fra gli studiosi più seri.
La tesi specifica qui sostenuta, sempre più evidente man mano che
l'autore ci accompagna alla sua scoperta nel difficile percorso di
analisi comparata dei testi documentari, è che le "testimonianze
dirette di chi si salvò dopo essere stato gettato nella foiba"
dimostrano senza alcun dubbio una sola cosa: la loro completa
inattendibilità.

Introdotto da un prologo (narrante) che inquadra nel contesto
dell'epoca la figura (peraltro piuttosto misteriosa) del primo
protagonista, il discorso poi affronta i vari temi della storia
organizzando opportunamente i riferimenti alle numerose fonti
documentarie, per non disperdere l'attenzione del lettore fra le
diverse e confuse ipotesi di ricostruzione dei fatti, che continuano a
sovrapporsi ed intrecciarsi, in un groviglio "solo apparentemente
casuale", fino alle inevitabili conclusioni (con tanto di premio) per
chi riesca a trovare un finale coerente alla storia che, da
documentaria, si è via via trasformata in un thrilling con finale
aperto, appunto.

In appendice, oltre ad illuminanti schede personali dei protagonisti e
dei loro interpreti (in gran parte basate su preziose informazioni
fornite da C. Cernigoi), anche alcune note di commento testuale e
storico su altri interessanti documenti collegati alla operazione foibe.

Pol Vice
SCAMPATI O NO
I racconti di chi "uscì vivo" dalla foiba
Edizioni Kappa Vu 2005 - collana Resistenza storica
Prezzo di copertina: 9.50 Euro


=== 2 ===

Claudia Cernigoi

INTERVENTO PER IL CONVEGNO "PARTIGIANI!", ROMA 7/5/05

È in atto ormai da diversi anni uníoperazione di riscrittura della
storia delle vicende della seconda guerra mondiale, operazione non
solo italiana ma europea, il cui scopo finale Ë líequiparazione delle
due cosiddette ìideologieî del Ventesimo secolo, fascismo e comunismo
(gli artefici di questa rilettura storica evidentemente non
considerano che esistono anche altre ìideologieî nÈ che non Ë
possibile semplificare cosÏ categoricamente i due fenomeni),
classificate ambedue come ìtotalitarismiî che hanno causato lutti e
sofferenze in eguale maniera e per questo devono venire condannate e
rimosse dalla societ‡ cosiddetta ìdemocraticaî, allíinterno della
quale dovrebbe avere quindi diritto di cittadinanza soltanto quella
ìideologiaî (che perÚ, chiss‡ perchÈ, non viene mai considerata tale),
cioË il liberismo capitalista, che governa ormai quasi uniformemente
tutti i paesi del cosiddetto blocco occidentale.

Per la riuscita di questo obiettivo di condanna del ìcomunismoî Ë
fondamentale líoperazione alla quale stiamo assistendo da tempo, e che
ha avuto una recrudescenza a livello nazionale negli ultimi mesi,
líoperazione di criminalizzazione della Resistenza di classe, cioË
quella che si ispirava a valori di sinistra e non accettava il
riciclaggio nei Comitati di Liberazione di ìvecchi arnesiî del
fascismo o di militari che comunque avevano operato perfettamente
inquadrati sotto il regime fascista. In questo contesto di
criminalizzazione della Resistenza si inserisce anche la
riabilitazione dei combattenti repubblichini di SalÚ, dove il
risultato finale Ë la parificazione delle due componenti in una logica
di ìopposti estremismiî.

Rientra in questa logica di equiparazione anche líistituzione della
ìGiornata del ricordo delle foibe e dellíesodoî, da celebrare il 10
febbraio, richiesta a gran voce dalle organizzazioni della destra
nostalgica e nazionalista (ma poi approvata acriticamente da quasi
tutto il centrosinistra) subito dopo líistituzione della ìGiornata
della memoriaî del 27 gennaio, dedicata questa alle vittime del
genocidio nazista.

Questíanno, nellíambito delle celebrazioni della ìGiornata del ricordo
delle foibe e dellíesodoî, si Ë scatenata a livello politico e
mediatico una potente campagna di denigrazione della Resistenza,
soprattutto di quella jugoslava per i presunti ìcrimini delle foibeî
(ricordiamo líorribile fiction falsificatrice della storia prodotta
dalla televisione di stato su suggerimento del ministro Gasparri,
nella quale i partigiani ìslaviî sono rappresentati come barbari
animati unicamente da feroce livore antiitaliano), ma che si Ë poi
allargata anche alla Resistenza italiana, con la ripresa della
propaganda sul cosiddetto ìtriangolo rossoî e delle altre esecuzioni
sommarie che sono avvenute alla fine del conflitto, senza considerare
che, pur deprecabili a livello morale, tali avvenimenti non
rappresentano altro che una fatale conseguenza del comportamento
criminale dei regimi nazifascisti che gettarono líEuropa in un baratro
di violenza e devastazione.

Nel mio intervento vorrei stigmatizzare la cosiddetta ìquestione delle
foibeî, che Ë stata un poí il punto di partenza di questa campagna di
denigrazione della Resistenza nel suo insieme. Mentre a Trieste ed in
genere nelle regioni del Nordest la destra nazionalfascista ha sempre
tirato fuori le ìfoibeî come uno dei propri cavalli di battaglia per
propagandare líanticomunisno e líodio etnico e politico controla
Jugoslavia, Ë solo negli ultimi anni che il fenomeno Ë esploso a
livello nazionale, coinvolgendo nella non comprensione del fenomeno,
anche esponenti della sinistra, arrivando addirittura alle posizioni
estreme della dirigenza di Rifondazione comunista, che, pur non
conoscendo assolutamente líentit‡ dei fatti, si Ë arrogata il diritto
di condannare senza appellola Resistenzajugoslava ed i partigiani
italiani che con essa hanno collaborato, per dei presunti ìcriminiî
dei quali non solo non vi Ë prova, ma che dalle risultanze storiche
risultano addirittura non avvenuti.

Il problema Ë che di ìfoibeî si Ë parlato finora molto, ma a livello
di mera propaganda. Per decenni si Ë parlato di ìmigliaia di infoibati
sol perchÈ italianiî, senza che i propagandisti esibissero le prove di
questo loro dire. Per decenni i propagandisti hanno scritto e
riscritto sempre le stesse cose, citandosi líun líaltro e non
producendo alcun documento ad avvalorare quanto da loro asserito: e si
Ë giunti, nel corso degli ultimi cinque anni, al fatto che questo ìsi
diceî senza alcun valore storico sia stato avvalorato anche da storici
considerati ìseriî e ìprofessionaliî, in quanto facenti parte degli
Istituti storici della Resistenza.

Qui vorrei aprire una parentesi per citare i triestini Raoul Pupo e
Roberto Spazzali, che hanno dato alle stampe nel 2003 un libretto dal
titolo ìFoibeî edito da Bruno Mondadori, redatto, stando a quanto
sostenuto dagli stessi autori, in previsione di un suo uso negli
istituti scolastici, nel quale vengono riproposte acriticamente le
stesse affermazioni che per decenni erano state patrimonio della
propaganda nazionalfascista, avallando testimonianze che non hanno
fondamento di verit‡ e dando addirittura interpretazioni del tutto
personali e fuorvianti a documenti díarchivio che in realt‡
asseriscono líesatto contrario di quanto sostengono i due storici. Ma
su questo particolare tornerÚ pi˘ avanti.

In seguito a questa escalation mediatica, abbiamo deciso di
riproporre, in forma ampliata e corretta delle precedenti
imprecisioni, lo studio che avevo pubblicato nel 1997, ìOperazione
foibe a Triesteî, che metteva in luce gli aspetti pi˘ eclatanti della
propaganda sulle foibe nel dopoguerra, rispetto agli avvenimenti
triestini del maggio 1945: innanzitutto in merito alla quantificazione
dei presunti ìinfoibatiî (che a Trieste non furono ìmigliaiaî, ma
cinquecento e per la maggior parte non furono uccisi nelle ìfoibeî, ma
morirono in campi di prigionia per militari oppure furono condannati a
morte dopo essere stati processati per crimini di guerra), ma anche
sulle ìqualificheî di questi, stante che le vittime delle esecuzioni
sommarie e gli arrestati e giustiziati erano in gran parte
appartenenti a forze armate collaborazioniste oppure collaborazionisti
ìciviliî. Un capitolo a parte era stato dedicato al monumento
nazionale noto come ìfoiba di Basovizzaî (un vecchio pozzo di miniera
abbandonato), dove sia la propaganda, sia la motivazione ufficiale per
dichiararlo monumento asseriscono che vi siano state gettate
ìmigliaiaî o ìcentinaiaî di vittime. In realt‡, stando ai documenti
che avevo pubblicato gi‡ allíepoca e che sono poi stati integrati con
altri nella nuova edizione del libro, appare chiaramente che non solo
non vi sono testimoni oculari delle presunte esecuzioni sul posto, ma
che il pozzo era stato esplorato e svuotato pi˘ volte nel dopoguerra,
dopo essere stato usato spesso come discarica, e che nel corso di
tutte queste esplorazioni erano stati recuperati pochi corpi,
presumibilmente di militari germanici e quindi non di ìinfoibati sol
perchÈ italianiî.

Per comprendere a quale punto sia arrivato il livello di
disinformazione sullíargomento, va detto che, per quanto concerne le
testimonianze su questi mai avvenuti ìinfoibamentiî, viene spesso
citato un rapporto redatto da un anonimo ìinformatoreî angloamericano
che si firma ìSourceî, il quale avrebbe intervistato due sacerdoti che
avrebbero ìassistitoî alle esecuzioni. Il commento introduttivo a
questo documento che appare nel libro ìFoibeî di Pupo e Spazzali Ë il
seguente:

< Va sottolineato che dal testo si puÚ evincere sia che alcuni degli
infoibati erano ancora vivi quando vennero gettati nel pozzo, sia che
a Basovizza vennero fucilati anche coloro che non erano stati
condannati a morte >.

PerÚ se leggiamo il rapporto, non comprendiamo assolutamente come i
due storici arrivino ad ìevincereî un tanto:

< Il 2 maggio egli (don Scek, n.d.a.) andÚ a Basovizza (...) mentre
era lÏ aveva visto in un campo nelle vicinanze circa 150 civili ìche
erano riconoscibili dalle loro facce quali membri della Questuraî. La
gente del luogo voleva far giustizia in modo sommario ma gli ufficiali
della IV Armata erano contrari. Queste persone furono interrogate e
processate alla presenza di tutta la popolazione che le accusÚ (...)
Quasi tutti furono condannati a morte. (...) Tutti i 150 civili furono
fucilati in massa da un gruppo di partigiani, e poi, poichÈ non
cíerano bare, i corpi furono gettati nella foiba di Basovizza >. A
questo punto vogliamo evidenziare una successiva affermazione
attribuita al sacerdote, che viene invece regolarmente omessa da
coloro (storici e no) che citano il rapporto: < quando Source chiese a
don Scek se era stato presente allíesecuzione o aveva sentito gli
spari questi rispose che non era stato presente nÈ aveva sentito gli
spari >.

Quindi secondo il rapporto di ìSourceî don Scek fu testimone oculare
sÏ, ma dei processi e non degli infoibamenti. Inoltre, nonostante
questo rapporto venga costantemente presentato come la prova degli
infoibamenti a Basovizza, se andiamo a verificare quanti ìmembri della
Questuraî sono scomparsi nel corso dei ìquaranta giorniî di
amministrazione jugoslava, arriviamo ad un totale di circa 150 nomi,
della maggior parte dei quali si sa come e dove sono morti (fucilati a
Lubiana, recuperati da altre foibe, morti in prigionia).

Questo Ë un chiaro esempio di come i documenti storici possono venire
manipolati a seconda della teoria che si vuole dimostrare: quello che
a mio parere risulta inaccettabile in questo caso, Ë che questa
operazione sia fatta non tanto da propagandisti quanto da due storici
considerati ìseriî e preparati e che vengono spesso intervistati ed
invitati a tenere conferenze sullíargomento.

Nella seconda edizione del libro, che si intitola ìOperazione foibe
tra storia e mitoî, ho ampliato lo studio anche agli avvenimenti
dellíIstria del settembre í43, dove la vulgata parla di ìmigliaia di
infoibati sol perchÈ italianiî. Nel periodo, dopo che líarmistizio
dellí8 settembre aveva lasciato allo sbando líesercito italiano e le
sue stesse istituzioni, in alcune zone dellíIstria, nel corso di una
rivolta popolare furono uccise sommariamente circa quattrocento
persone, per lo pi˘ dirigenti ed esponenti del Fascio, squadristi,
possidenti, alcuni carabinieri e poliziotti. La cifra risulta sia dai
recuperi effettuati alcuni mesi dopo (dopo che líesercito nazifascista
ebbe ripreso il controllo dellíintera zona, al prezzo del massacro di
tredicimila ñ dicono le cronache dellíepoca, che forse riportano cifre
esagerate ñ istriani: ma forse, visto che questi erano per lo pi˘ di
etnia slovena e croata, non hanno diritto di cittadinanza tra le
vittime dellíIstria, secondo propagandisti e storici di regime?), sia
dai diversi necrologi apparsi sui giornali dellíepoca, nei quali
vengono inoltre evidenziati i ruoli rivestiti dalle varie vittime di
questa jacquerie.

Quanto agli ìinfoibatiî del 1945, bisogna dire che anche qui le cifre
sono sempre state esagerate: da Trieste scomparvero, nel corso dei
quaranta giorni di amministrazione jugoslava, meno di cinquecento
persone; da Gorizia circa 550, considerando in questo contesto tutti
coloro che furono arrestati da forze armate jugoslave (quindi
militari, che essendo prigionieri di guerra dovevano venire internati
in campi lontani dal posto dove erano stati catturati, ma anche
collaborazionisti che furono poi inviati per lo pi˘ a Lubiana per
essere processati) e non fecero ritorno, sia perchÈ morti nei campi,
sia perchÈ processati e condannati a morte; ma anche le vittime di
vendette personali e di esecuzioni sommarie, per le quali furono
celebrati diversi processi nel dopoguerra. E dei recuperi dalle
ìfoibeî triestine e goriziane effettuati tra il 1945 ed il 1948
risultano riesumati circa 450 corpi, la maggior parte dei quali erano
militari (per lo pi˘ germanici, ma anche partigiani) morti nel corso
della guerra, e soltanto per cinque di queste ìfoibeî, per un totale
di una quarantina di vittime, si puÚ parlare di esecuzioni sommarie,
compiute nel maggio 1945 o da singoli per vendetta personale, oppure,
nel caso della ìfoiba Plutoneî, da un gruppo di criminali comuni che
si erano infiltrati nelle formazioni partigiane e che derubarono ed
uccisero 18 persone.

Come si puÚ in questo contesto parlare di un unico ìfenomeno foibeî,
come pretendono oggi i propagandisti anche di sinistra? Come abbiamo
potuto vedere, si trattÚ di una serie di ìfenomeniî, il cui minimo
comune denominatore puÚ essere soltanto la guerra: perchÈ queste
esecuzioni si svolsero durante o subito dopo la guerra, una guerra che
non era stata iniziata certamente dai partigiani, nÈ dal popolo
jugoslavo, e che era stata preceduta, nella Venezia Giulia, da
ventíanni di fascismo che aveva negato ogni diritto ai popoli sloveno
e croato, che pure vivevano in quelle zone da sempre, persino il
diritto di parlare e pregare e nella propria lingua, e che aveva
ferocemente represso gli oppositori politici ed aveva commesso crimini
orribili nel corso dellíoccupazione della ìprovincia di Lubianaî,
aggredita senza alcuna dichiarazione di guerra.

PerÚ accomunare le vendette dei singoli o le condanne a morte eseguite
in Jugoslavia dopo la fine della guerra a tutti i crimini commessi
dallíesercito fascista occupante non Ë assolutamente accettabile, nÈ
da un punto di vista storiografico nÈ da un punto di vista politico:
nÈ Ë accettabile, a mio parere, trinciare giudizi di tipo moralistico,
perchÈ se Ë vero che oggidÏ Ë giusto essere contrari alla guerra ed
alla violenza e condannare tutti questi fenomeni di violenza, tale
giudizio nostro dovrebbe essere sospeso per quanto riguarda i
combattenti del movimento di liberazione dellíepoca, perchÈ noi siamo
vissuti in uníepoca di relativa pace e non abbiamo mai dovuto patire
quello che hanno patito i resistenti, i morti come i sopravvissuti.
Non possiamo noi oggi ergerci a giudici del comportamento di questi
combattenti: avranno anche sbagliato coloro che alla fine si sono
fatta giustizia da soli, perÚ non sta a noi giudicarli.

NÈ Ë possibile liquidare come ìviolenza di statoî e quindi condannare
per questo líallora costituendo stato jugoslavo, il fatto che delle
persone siano state arrestate, giudicate e condannate a morte, senza
entrare nel merito dei processi che furono celebrati e del ruolo che
avevano svolto questi condannati, perchÈ ricordiamo che nel dopoguerra
la pena di morte non esistÈ soltanto in Jugoslavia.

Ed in ogni caso non Ë accettabile che carnefici e vittime vengano
giudicati con gli stessi pesi e misure, per cui oggi si vogliono
parificare i combattenti di SalÚ ai combattenti partigiani ed erigere
monumenti alle vittime di tutti i totalitarismi.

» inoltre inaccettabile la manovra che si sta svolgendo a Trieste che
vuole delegittimare tutti coloro che combatterono con líEsercito di
Liberazione Jugoslavo, compresi i partigiani triestini (italiani e
sloveni) che facevano riferimento alla Osvobodilna Fronta ñ Fronte di
Liberazione ed ai nuclei di Unit‡ Operaia ñ Delavska Enotnost ed ai
GAP, asserendo che il 1∞ maggio 1945, quando líEsercito di Liberazione
arrivÚ a Trieste coadiuvato dallo sforzo insurrezionale delle altre
forze collegate presenti in citt‡, questa non fu una vera liberazione,
perchÈ portÚ alla ìoccupazione titinaî della citt‡, mentre la ìveraî
insurrezione sarebbe stata quella (subito rientrata per carenza di
forze) del CLN triestino collegato alla Osoppo e non aderente al
CLNAI, che aveva cercato allíultimo momento di riciclare formazioni
collaborazioniste per scongiurare líannessione di Trieste alla
Jugoslavia ed in previsione dellíarrivo degli angloamericani. Quel CLN
che, secondo le parole di uno dei suoi attuali esponenti, sarebbe
rimasto in clandestinit‡ fino al 1954 per lottare per líitalianit‡ di
Trieste (ricordiamo che Trieste fu amministrata dagli angloamericani
fino al 1954); e che avrebbe lottato con le armi che venivano
segretamente passate dallíItalia tramite la struttura Gladio (questo
almeno Ë quanto risulta da incartamenti dellíinchiesta di Carlo
Mastelloni su Argo 16): ed Ë questo lo stesso CLN nel quale operato si
identifica uno storico come Raoul Pupo.

Questi sono fatti molto gravi, forse ancora pi˘ gravi
dellíequiparazione tra fascisti e comunisti, tra repubblichini e
partigiani, tra carnefici e vittime. Sono pi˘ gravi perchÈ legittimano
un sistema che si dice democratico ma ha basato la propria continuit‡
su strutture occulte armate che al momento giusto hanno operato
violentemente, senza voltarsi indietro se rimanevano sul terreno delle
vittime innocenti. E sono questi i fatti che bisogna mettere in
evidenza ed ai quali opporci, se vogliamo che democrazia sia una cosa
concreta e non solo una parola che legittima il capitalismo e non la
libert‡ di opinione.