Patrick Barriot ed Eve Crépin
Ufficio di Rappresentanza del
Governo in esilio della RSK [Repubblica Serba di Krajna]

dr.barriot(a)free.fr
t : 06 11 98 29 24


Lunedi 25 luglio 2005

All'avvicinarsi del 4 agosto, ci teniamo a ricordare ai media ed
all'opinione pubblica quella che fu la più vasta operazione di pulizia
etnica nella ex-Jugoslavia, la cosiddetta "Operazione Tempesta",
eseguita il 4 agosto 1995 dall'esercito croato contro il popolo serbo
della Krajina. La Krajina era una zona di protezione delle Nazioni
Unite che non disponeva
di nessun armamento pesante.
L' "Operazione Tempesta" ha provocato l'esodo di 250 000 serbi e la
morte di più di 2000 di essi, ivi comprese donne, bambini, vecchi ed
invalidi. Durante la guerra civile in ex-Jugoslavia, più dei due terzi
dei serbi della Croazia sono stati espulsi con la forza delle armi.
Essi vivono oggi in condizioni miserabili, i loro diritti sono
umiliati e nessuna organizzazione umanitaria viene loro in aiuto.

Mentre la commemorazione dell' 11 luglio scorso ha dato luogo ad un
grande slancio di compassione per le vittime musulmane di Srebrenica,
speriamo che il triste anniversario del 4 agosto prossimo non
confermerà l'indifferenza dei difensori dei diritti dell'uomo rispetto
alle vittime serbe di Krajina.

Vi inviamo dunque questo articolo a nome dei 600 000 serbi di Croazia
che abbiamo l'onore di rappresentare e di difendere.

Patrick Barriot ed Eva Crépin.


Knin, Venerdì 4 agosto 1995 - già
dieci anni!

Patrick Barriot ed Eve Crépin
Rappresentanti del governo in esilio della Repubblica Serba di Krajina
Primi testimoni francesi per il presidente Slobodan Milosevic davanti
al TPIY
Autori di "Stanno assassinando un popolo - I serbi di Krajina"
Edizioni L'Age d'Homme, Losanna, 1995.


Lo scorso 11 luglio è stato commemorato il decimo anniversario della
presa di Srebrenica da parte dell'esercito serbo della Bosnia.
Numerose personalità politiche, tra cui il ministro francese degli
Affari Esteri, sono andate al cimitero di Potocari per raccogliersi
sulle spoglie di circa 2000 uomini esumati nella regione durante gli
ultimi dieci anni. Il signor Philippe
Douste-Blazy ha pubblicato su di un quotidiano francese un articolo
intitolato: "Srebrenica, la nostra casa comune". In modo unanime, i
media hanno riferito in dettaglio esclusivamente sugli atti di accusa
contro i serbi, riferendosi agli argomenti dei procuratori del TPIY e
dando la parola ai testimoni a carico. Ogni argomentazione
contraddittoria, qualsivoglia testimonianza della difesa, sono state
semplicemente eliminate da questi documentari "storici". Le terribili
angherie delle milizie bosniaco-musulmane di Naser Oric contro i
contadini serbi dei dintorni di Srebrenica, dal 1993 al 1995, non sono
state neanche rievocate. Eppure, esse furono direttamente all'origine
di quel desiderio di vendetta che ha condotto agli avvenimenti tragici
dell' 11 luglio 1995. Vogliamo ricordare che il territorio che cinge
Srebrenica contiene altrettanti cadaveri serbi ortodossi che cadaveri
musulmani? Fino ad oggi parecchie decine di testimoni sono venuti a
contestare, alla barra del TPIY, la versione della signora Carla del
Ponte a proposito di Srebrenica. Perché un tale silenzio mediatico
sulle loro deposizioni, che hanno posto spesso il procuratore della
TPIY dinanzi alle sue contraddizioni ed alla sua analisi faziosa dei
fatti? È forse questo il ruolo dei media, di servire da portavoce
all'ufficio del procuratore, che pure è attrezzato abbastanza bene per
ciò?

Il 12 luglio, France5 ed Arte hanno dedicato a quell' episodio
drammatico della guerra civile bosniaca una serata tematica,
mischiando documentari e telefilm "storici". Perché diavolo includere
una fiction in una serata tematica, laddove la ricerca della verità
avrebbe piuttosto imposto la presenza di storici ed universitari
specialisti dei Balcani, viceversa curiosamente assenti dai dibattiti?
La qualifica di genocidio è frutto della sola valutazione di un
tribunale ad hoc o dell'analisi congiunta di storici e di giuristi non
sospetti di partito preso? Dieci anni dopo i fatti, era forse tempo di
lasciare da parte le ricostruzioni manichee, per studiare i fatti alla
luce del rigore e della neutralità scientifica. Chi può seriamente
credere che una guerra civile balcanica può essere compresa con una
griglia di lettura tanto semplicistica ed assertrice? Il generale
Philippe Morillon l'ha dichiarato a più riprese senza ambiguità, tanto
nei suoi colloqui che nei suoi lavori e davanti alla commissione di
inchiesta parlamentare: Srebrenica è stata sacrificata dal governo
musulmano bosniaco di Sarajevo, Srebrenica è stata consegnata indifesa
alle forze serbe avide di vendetta su ordine del presidente Alija
Izetbegovic in nome degli "interessi superiori" dello Stato islamico.
Quanti decenni occorrerà aspettare affinché la verità, seppellita
dalla signora Carla del Ponte e dal signor Paddy Ashdown, sia esumata
infine?

Come avrebbero reagito i nostri concittadini se, negli anni 70, una
serata tematica dedicata alla guerra dell'Algeria avesse presentato
esclusivamente la versione delle vittime del FLN o esclusivamente la
versione delle vittime dell'OAS? Come avrebbero reagito i cittadini
del Regno Unito se, negli anni 80, una serata tematica dedicata
all'Irlanda del Nord avesse dato esclusivamente la parola alle vittime
dell'IRA o esclusivamente alle vittime del "Bloody Sunday"
dell'esercito britannico? Certamente questo è il modo migliore per
falsificare la realtà storica, per svegliare degli odi assopiti, e per
turbare la pace civile in modo totalmente irresponsabile. Chi potrebbe
mai vedere in un tale modo di procedere una condizione sine qua non di
una qualche riconciliazione nazionale? Oggi, anzichè contribuire alla
riconciliazione nei Balcani, il TPIY contribuisce a risvegliare i
vecchi odi, i rancori insoddisfatti ed il desiderio di vendetta.

In occasione della commemorazione dell' 11 luglio, i media hanno
ricordato ossessivamente che Srebrenica era una zona di protezione
delle Nazioni Unite, sottolineando il disonore dei caschi blu che
avevano fallito nella loro missione. Due mesi prima della caduta di
Srebrenica, il 1 maggio 1995, l'esercito croato, sostenuto da una
società militare privata americana (MPRI), aveva attaccato la Slavonia
occidentale, che era essa pure una zona di protezione delle Nazioni
Unite, totalmente disarmata. Tutti gli abitanti serbi della regione
sono stati cacciati e parecchie centinaia di essi sono stati uccisi
nella loro fuga dai bombardamenti croati. Nessuno ha accusato i caschi
blu di avere mancato alla loro missione per non essersi opposti a
questa operazione di epurazione etnica. Un mese dopo la caduta di
Srebrenica, il 4 agosto 1995, l'esercito croato, sempre sostenuto
dalla MPRI, ha attaccato la Krajina, che era essa pure una zona di
protezione delle Nazioni Unite, totalmente disarmata. Circa 250 000
serbi sono stati cacciati (deportati?) dalle loro terre. Più di 2 000
di essi sono stati massacrati (genocidio?), ivi comprese donne,
bambini e vecchi -contrariamente a Srebrenica, dove le donne ed i
bambini sono stati risparmiati. Chi ha rimproverato ai caschi blu di
non avere protetto queste povere persone? All'avvicinarsi del 4
agosto, c'è da scommettere che i serbi di Krajina non avranno diritto
alle formule stereotipate che amiamo tanto e che seminiamo ad ogni
vento mediatico: "Knin, già dieci anni! ", "Knin, mai più! ", "Siamo
tutti dei serbi di Krajina! ". Le donne violentate, i vecchi
martirizzati, i bambini mutilati dagli scoppi di granata sono privati
di ogni forma di compassione perché hanno la disgrazia "storica" di
essere serbi.
La storia dell'ex-Jugoslavia è scritta dai vincitori ed i vinti non
hanno neanche il diritto di esprimere le loro sofferenze. I serbi sono
stati esclusi definitivamente dalla nostra "casa comune."


Patrick Barriot ed Eve Crépin