GUERRA BIPARTISAN CONTRO L'IRAN

1. Due Lettere Aperte, a Fassino ed a Veltroni
2. Minacce di guerra bipartisan contro l'Iran (S. Cararo)
3. Fiaccole romane (R. Rossanda)

4. 18-19 novembre: INIZIATIVE PER LA PALESTINA


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G.A.MA.DI. (Gruppo Atei Materialisti Dialettici
Via di Casal Bruciato, 15 Roma
Telefono 0339 3873909
Sito Internet: www.gamadi.it

LETTERA APERTA
All’ attenzione dell’ onorevole Piero Fassino

Questa organizzazione fondata da partigiani nella lotta di liberazione
contro il nazi fascismo, si rivolge a te, compagno Fassino, facendo una
chiara premessa: per noi nessun Paese e sottolineiamo NESSUN Paese deve
venir cancellato dalla carta geografica e questo, logicamente, vale
anche per Israele il cui popol, non è colpevole dei continuati reati
contro il popolo palestinese, compiuti dal suo governo.

Fatta questa premessa, noi restiamo allibiti che tu vada a dar una mano
alla grottesca e spudoratamente di parte manifestazione inscenata da
Ferrara, azzeccagarbugli politico degli USA.

Onorevole Fassino!

Ti sei mai accorto che c’è un Paese clamorosamente cancellato dalla
carta geografica, un paese a noi vicino, compagno di lotta nella
guerra contro il nazifascismo, Paese che si chiamava “Jugoslavia” ?

Perché non sei mai sceso a manifestare contro questo grave misfatto,
fatto in pratica con bombe e distruzione e non solo di “parole”
pronunciate dal leader iraniano per cui andrai a manifestare?

Noi tutti siamo elettori di sinistra, e certe “cantonate” sono gravi e
pregiudicano, in certi casi, la partecipazione alle urne.

Capisco che oggi non è facile, per te, tornare indietro... ma noi
Gramsciani sappiamo che “la verità è sempre rivoluzionaria” e non
temiamo mai la critica e la verità.

A nome di tutta l’ organizzazione ti facciamo molti auguri, per il bene
della sinistra e ti salutiamo con cordialità.

Presidente
Miriam Pellegrini Ferri

2 novembre 2005

> -------Messaggio originale-------
>
> Da: Daniele Frongia
> Data: 10/31/05 16:22:19
> A: v.veltroni@...
> Cc: posta@...; PACIFISTAT; g.mannino@...;
> albeman@...
> Oggetto: bandiere senza vento
>
> Caro Veltroni,
> giovedi' ci incontreremo all'ambasciata iraniana per manifestare
> contro le dichiarazioni di Ahmadinejad ("Israele va cancellato"). Il
> diritto all'esistenza, tuttavia, non e' appannaggio del solo stato
> ebraico. Da quasi sessant'anni Israele sta di fatto "cancellando" i
> palestinesi e i loro diritti. Il ritiro di Gaza non e' l'inizio della
> fine dell'occupazione. Come rilevato dall'inviato del quartetto James
> Wolfensohn, ''il governo di Israele, nonostante le preoccupazioni
> sulla sicurezza, e' lontano dal cedere il controllo, agisce anzi come
> se non ci fosse stato alcun ritiro, rinviando ogni decisione ad altre
> riunioni". La Striscia di Gaza, senza poter usufruire dei propri
> confini, del mare e dello spazio aereo, e' diventata un enorme ghetto.
> In Cisgiordania le cose non vanno meglio: l'estensione della colonia
> illegale Ma'ale Adumim intorno a Gerusalemme est sta raggiungendo
> quella della Striscia, il muro (costruito non sul confine ma dentro le
> terre palestinesi) separa famiglie e villaggi, e gli oltre 700 check
> point rendono ulteriormente invivibile il tutto.
> Tuttavia il dramma palestinese non sembra interessarLa piu' di tanto:
> non una protesta, non un momento di riflessione sul dramma del muro,
> nemmeno la piu' volte richiesta via dedicata ad Arafat. Al comune di
> Marano son stati piu' coraggiosi e, nonostante la valanga di insulti e
> minacce ricevuti da autoproclamati "amici di Israele", hanno
> inaugurato Via Yasser Arafat.
> Ci vediamo giovedi'. Ferrara invita i partecipanti a portare e a
> sventolare la bandiera di Israele. Mi auguro che il mio Sindaco non
> scenda cosi' in basso.
> Daniele Frongia
>
> FONTE: http://groups.yahoo.com/group/aa-info/


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MINACCE DI GUERRA BIPARTIZAN CONTRO L'IRAN

di Sergio Cararo*

Mentre gli USA sono pesantemente impantanati in Iraq, Israele e Gran
Bretagna spingono per aprire un nuovo fronte di guerra contro l'Iran.
Il prestesto dell'atomica iraniana non regge alla prova dei fatti. Che
forze politiche e personalità del centro-sinistra italiano si rendano
complici di questa operazione è vergognoso.

 
Diversamente dall’Iraq, questa volta anche importanti paesi europei
come Francia e Germania sembrano essersi fatti influenzare pesantemente
dalla Gran Bretagna. La “trojka” europea a cui gli USA hanno lasciato
parziali spazi di manovra nei negoziati con l’Iran,  in questa
occasione pare ripetere a pappagallo i luoghi comuni e le menzogne
diffuse a piene mani dai giornali reazionari statunitensi ed
israeliani. La posizione degli europei è talmente subalterna agli USA
da aver provocato la sospensione dei colloqui con le autorità iraniane
e il riavvio del piano nucleare di Teheran. Al momento solo uno
Schroeder azzoppato dalle elezioni  si è limitato a dire no all’opzione
militare contro l’Iran visti i guasti prodotti da questa opzione in
Iraq, ma se il cancelliere tedesco questa volta è un’anatra zoppa, il
suo partner francese – Chirac – lo è altrettanto a causa delle ripetute
batoste accumulate sul piano interno ed internazionale.

In tale contesto, un parte dei dirigenti e dei partiti dell'Unione (il
centro-sinistra italiano) si va rendendo complice di una campagna
politico-mediatica messa in piedi dal "Likudzik-System" esistente in
Italia. Vedere Fassino e Folena sfilare con Giuliano Ferrara contro
l'Iran e a sostegno di Israele è quantomeno disgustoso, anche perchè la
realtà dei fatti demolisce lo tsunami disinformativo messo in piedi
sulle dichiarazioni anti-israeliane del presidente iraniano.

Una cosa è certa, se la resistenza irachena non avesse inchiodato le
forze armate americane, l’escalation aggressiva statunitense ed
israeliana contro l’Iran oggi non sarebbe ancora limitata alle minacce.

I giornali ed i governi europei, hanno passato sotto silenzio il
rapporto indipendente di un gruppo plurinazionale di scienziati
rivelato dal “Washington Post”. Il rapporto, ha ulteriormente demolito
la campagna mediatica, politica e diplomatica contro l’Iran sulla
vicenda del nucleare. Questo gruppo di scienziati ha scoperto che i
residui di uranio “per la bomba iraniana”, appartengono in realtà ad un
vecchio silos pakistano portato pubblicamente (per l’Agenzia Atomica
Internazionale) in Iran per essere bonificato. Il Washington Post ha
affermato perentoriamente che questa rapporto priva la campagna
anti-iraniana dell’amministrazione Bush del suo argomento principale
(1).

E’ noto a tutti che gli artefici principali di questa campagna siano i
cosiddetti “likudzik” cioè i progetti e i soggetti convergenti della
fazione filo-israeliana nell’amministrazione Bush con le autorità
israeliane vere e proprie.

Per i primi la liquidazione – anche manu militari – dell’Iran significa
il completamento del progetto “Grande Medio Oriente”, per i secondi
rappresenta l’eliminazione di una potenza regionale rivale che sostiene
apertamente organizzazioni come gli Hezbollah libanesi e rimane l’unico
fattore di equilibrio nei confronti della strapotenza militare e
nucleare israeliana. A questa campagna si è unito "volenterosamente" il
premier britannico Blair, che ha accusato l'Iran - ma senza averlo
dimostrato - di appaoggiare la resistenza irachena nel sud del paese.


Una ragnatela contraddittoria nelle relazioni con l'Iran

Che i rapporti tra Iran, Stati Uniti ed Israele oggi non siano buoni è
evidente a molti. Sono meno noti i ripetuti tentativi delle varie
amministrazioni repubblicane (e degli israeliani) di utilizzazione
dell’Iran per i loro giochi di destabilizzazione in Medio Oriente.

Nonostante la crisi degli ostaggi che costò la rielezione a Carter nel
1980 e nonostante l’Iran degli ayatollah definisse gli USA “Il Grande
Satana”, sono note sia operazioni triangolari come l’Iran-Contras sia
il doppio gioco degli USA per scatenare l’Iran contro l’Iraq e
viceversa nella devastante guerra che ha dissanguato i due paesi tra il
1980 e il 1988. Lo stesso Rafsanjani, fortunatamente e clamorosamente
uscito sconfitto dalle recenti elezioni in Iran, rappresentava la
corrente dell’establishment iraniano che intendeva riaprire a tutto
campo le relazioni con gli Stati Uniti.

Abboccamenti c’erano stati durante l’invasione dell’Afganistan nel 2001
(i taleban non erano affatto amici degli iraniani, anzi contro la
minoranza sciita in Afganistan erano stati assai pesanti). E
abboccamenti ci sono stati anche per cooptare e dare potere nell’Iraq
occupato dagli USA alle milizie filo-iraniane dello Sciri che si vanno
configurando (insieme a quelle curde) come il vero braccio armato del
governo fantoccio scaturito dalle elezioni farsa.

Non solo. Nel 1998, Paul Wolfowitz (oggi collocato alla Banca Mondiale)
ma uomo chiave nel team della prima amministrazione Bush, pubblicava un
rapporto sul Medio Oriente in cui diceva quattro cose esplicite: gli
USA devono attaccare l’Iraq, non si può permettere che i prezzi del
petrolio siano troppo bassi, occorre impedire la destabilizzazione
dell’Arabia saudita, occorre riaprire il “dialogo con l’Iran”. Se un
falco come Wolfowitz auspicava il dialogo con Teheran, vuol dire che in
quell’ambito esistevano canali aperti, probabilmente lo stesso
Rafsanjani e settori dei cosiddetti “riformisti” (2)

Diverso è invece il rapporto tra Israele e Iran. In questo caso
possiamo parlare più di interessi oggettivi che di dialogo. La destra
israeliana infatti è dagli anni Ottanta che ha in mente la riscrittura
della mappa geopolitica del Medio Oriente funzionale ai propri progetti
(3)

In tal senso ha sempre cercato di dare vita ad una diplomazia di
interessi verso i paesi “non arabi” dell’area in funzione
destabilizzante nei confronti dei paesi arabi. E’ il caso dei cristiani
maroniti in Libano, della Turchia e dello stesso Iran. Gli effetti di
questa politica si sono visti nel prolungamento/dissanguamento della
assurda guerra tra Iran e Iraq, nelle ingerenze della Turchia contro
Siria e Iraq, nel sostegno ai falangisti libanesi, ai curdi iracheni o
ai gruppi secessionisti in Sudan ed infine nel pervicace tentativo di
balcanizzazione dell’Iraq in tre cantoni (curdo a nord, sciita a sud e
sannita al centro). L’approvazione della Costituzione federale in Iraq
segnerebbe un indubbio successo israeliano che non a caso ha inviato
numerosi “consiglieri” nella regione curda-irachena e parecchi
specialisti di controguerriglia al fianco delle truppe statunitensi.

 
L'atomica iraniana. Due pesi, due misure...

Alcuni dei commentatori che si prestano alla campagna contro l’Iran,
giocano su un argomento semplice ma di una certa efficacia. L’Iran
infatti è uno dei principali produttori di petrolio e dunque non ha
problemi di approvvigionamento energetico. Che bisogno ha del nucleare
se non per fare le bombe atomiche? E’ un ragionamento che su menti
semplici può fare effetto. Si potrebbe rispondere che anche paesi
petroliferi come Russia o Stati Uniti hanno le centrali nucleari, ma
potrebbe non bastare, in fondo il senso comune guarda sempre con
rispetto e timore alle grandi potenze.

Altri sostengono che solo le democrazie possono detenere le armi
atomiche. Ragione per cui non si trova nulla da eccepire se gli USA,
Francia, Gran Bretagna e Israele possiedono centinaia di testate
nucleari.

I meccanismi di controllo interno dei sistemi democratici
“impedirebbero” che vengano usate impropriamente. Qualcuno potrebbe
contestare il fatto che nella storia le uniche bombe atomiche sulle
città le hanno sganciate i “democratici” Stati Uniti. Ma anche su
questo vale il ragionamento fatto prima. Inoltre gli USA hanno la vinto
la guerra, la storia la scrivono come gli pare e piace e buona parte
del mondo “civilizzato” è disposto a credergli. Qualcun altro però
potrebbe contestare questa tesi accomodante e rammentare che le armi
atomiche ce l’hanno anche la Russia, la Cina, l’India e perfino il
Pakistan. Questi ultimi due paesi – sette anni fa – furono sottoposti a
sanzioni per gli esperimenti nucleari che sorpresero il mondo, incluso
il vertice del G 8.

Cina e Russia sono troppo grossi e potenti per vedere rimesso in
discussione il loro potere di deterrenza nucleare e poi sono membri
permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ma l’India ha assai
migliorato le sue relazioni con gli USA mentre il Pakistan,
collaborando all’occupazione dell’Afganistan, si è magicamente
trasformato da una dittatura militare in una democrazia alleata della
coalizione antiterrorismo.

Secondo questa logica assai eccepibile, l’Iran non avrebbe alcuna
legittimità per dotarsi di impianti nucleari. Non ne ha bisogno, non è
una democrazia, gli ayatollah sono “matti”, non è una potenza
permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non è neanche parte
della coalizione dei volenterosi contro il terrorismo quindi…l'Iran non
ha diritto a dotarsi dell'energia nucleare.

Stando così le cose un pò di verità non guasta, soprattutto alla luce
dell’esperienza di questi ultimi dieci anni e dello scatenamento della
guerra preventiva. Che la verità costringa talvolta al cinismo è una
causa ed un effetto della storia.

 
Il nucleare iraniano. Una minaccia o un fattore di riequilibrio?

I programmi nucleari sono stati sviluppati in moltissimi paesi nel
corso degli anni Novanta. Se vogliamo parlare di paradossi, il paese
che negli anni Novanta ha fatto incetta di plutonio e uranio… è stato
il Giappone. Pochi ricordano quante navi hanno preso la strada del Sol
Levante provenienti dalla Francia o dagli Stati Uniti con carichi
nucleari.

Diversamente che in Europa o nei paesi capitalisti, il ricorso al
nucleare in molti paesi emergenti corrispondeva più a standard di
sviluppo tecnologico (anche militare) che ad esigenze energetiche.

Va ricordato in tal senso il tentativo iracheno di costruire un
impianto nucleare a Osirak che fu stroncato unilateralmente dagli
israeliani con un bombardamento.

La “bomba islamica” l’ha costruita il Pakistan con i finanziamenti
ricevuti da tutti i paesi arabi ed islamici. Il Pakistan non lo ha
fatto per assicurarsi una fonte di approvvigionamento energetico
alternativo al petrolio ma per acquisire uno status di potenza
regionale nei confronti di India e Cina e per dare “un punto di forza”
alla nazione islamica nei confronti dell’arsenale nucleare israeliano.

La stessa Israele, ha creato l’impianto nucleare di Dimona non per
produrre energia di cui non dispone e aggirare così l’embargo
petrolifero arabo ma per produrre decine di testate nucleari operative.
Il povero Vanunu sta ancora passando i suoi guai per averlo rivelato al
Sunday Times.

Cosa hanno in comune la bomba islamica pakistana, quella indiana e
quelle israeliana? Che tutte e tre sono nate di nascosto e in paesi che
hanno rifiutato di firmare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare
per evitare le ispezioni dell’AIEA nei loro impianti.

Al contrario, la Repubblica Islamica Iraniana, ha firmato il Trattato,
ha ospitato sistematicamente le ispezioni dell’AIEA ed ha dato vita
pubblicamente e legalmente al suo programma nucleare. Ma perché un
importante paese produttore di petrolio ha dato vita ad un programma
nucleare?

Le ragioni dell’accelerazione del piano nucleare iraniano, vanno viste
nel contesto del “Grande Gioco” apertosi pesantemente in Asia Centrale
a metà degli anni Novanta. Tra gli obiettivi dichiarati del “Silk Road
Strategy Act” statunitense vi era quello di tagliare fuori dai corridoi
energetici la Russia e l’Iran. (4)

La guerra degli oledotti che si è aperta e combattuta nel Caucaso e
nelle repubbliche asiatiche ex sovietiche non è ancora terminata ed è
stata di una durezza che pochi hanno saputo cogliere (se non in
occasione della guerra NATO nei Balcani).

Gli Stati Uniti puntavano a isolare ed estromettere l’Iran dalle
dinamiche della geografia mondiale del petrolio. Di questo erano
consapevoli il ricco Rafsanjani e i cosiddetti riformisti iraniani che
hanno quindi cercato di riallacciare i contatti con gli USA.

A complicare ed a chiarire le cose, ci si è messo però il Progetto per
il Nuovo Secolo Americano, il rafforzamento dei “likudzik” a Washington
ed a Tel Aviv e lo scatenamento della guerra preventiva da parte degli
Stati Uniti. La realtà infatti ha dimostrato fino ad oggi che le bombe
atomiche, è meglio averle che non averle e che se un paese dispone di
bombe atomiche può decidere da solo se farsi “esportare o meno la
democrazia in casa”. Lo scenario visto prima in Afganistan e poi in
Iraq è stato un serio deterrente per l’Iran. Questo paese infatti si
trova preso in mezzo ai due paesi occupati militarmente dagli USA e
l’amministrazione statunitense non nasconde affatto l’ambizione di
chiudere anche territorialmente questa parte dell’Arco di Crisi
indicato da tempo da Brzezinski e Kissinger.

Oggi l’amministrazione Bush è seriamente impantanata in Iraq ed è
ancora lontana dal raggiungimento degli obiettivi strategici prefissati
dal “Grande Medio Oriente”. La tabella di marcia del Nuovo Secolo
Americano deve fare i conti con la realtà e con la resistenza di popoli
e di Stati all’egemonia globale USA. Gli USA sono sottoposti a
fortissime pressioni israeliane per mettere in moto le operazioni
contro l’Iran. Bush non ha affatto escluso l’opzione militare ma deve
però prendere tempo e incentivare la campagna perché l’Iraq non è solo
una rogna dal punto di vista militare ma lo è ancora di più dal punto
di vista politico e della credibilità. Inoltre due potenze come Russia
e Cina hanno emesso un serio monito contro una eventuale aggressione
contro l’Iran.

Gli scienziati che hanno rivelato al Washington Post l’ulteriore
menzogna di guerra dell’amministrazione Bush e Sharon sul nucleare
iraniano, potrebbero essere più ascoltati e fortunati di quanto lo
furono quegli onesti ispettori dell’ONU che persero la voce a forza di
denunciare il fatto che di armi di distruzioni di massa in Iraq non ce
n’erano.

E’ possibile, anzi probabile, che nella prossima fase assisteremo ad
una escalation sempre più pericolosa contro l’Iran, ma sarà una
escalation la cui variabile indipendente non sarà rappresentata dagli
“ayatollah” ma da chi guiderà i governi israeliani. Per dirla con
Prodi: le chiavi della pace in Medio Oriente restano a Gerusalemme, non
a Bagdad né a Teheran.

Una conferenza o un piano che punti ad un processo di disarmo nucleare
del Medio Oriente riguarda certo l’Iran ma non può che includere anche
Israele. L'unico ad aver avanzato la proposta della denuclearizzazione
del Medio Oriente, è stato il Presidente iraniano intervendo alle
Nazioni Unite. Le potenze che vogliono attaccare o isolare l'Iran hanno
detto che non era credibile. Una domanda sorge semplice semplice:
perchè?

 * redazione di Contropiano

NOTE:
(1)  Washington Post del 23 agosto, riportato sulla stampa italiana il
24 agosto
(2)  Il rapporto di Wolfowitz è stato resto noto dal CorriereEconomia
del 14 dicembre del 1998
(3)  Vedi “Israele senza confini” a cura di Antonio Moscato e Sergio
Giulianati, edizioni Sapere 2000, 1984
(4)  Vedi Sergio Cararo “Il Grande Gioco in Asia Centrale”, Proteo nr.
4 del 2001

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Sito : http://www.contropiano.org


=== 3 ===

Fiaccole romane

di Rossana Rossanda

su Il Manifesto del 02/11/2005

Cominciamo con l'eliminare le bassezze. Un esponente della comunità
ebraica romana ha dichiarato che chiunque non sarà al suo fianco a
manifestare davanti all'ambasciata dell'Iran giovedì sera non soltanto
è nemico di Israele ma di tutti gli ebrei, e deve sapere che sarà
tenuto sotto osservazione. Il saggio amico Amos Luzzatto ha cercato di
rimediare osservando che qualcuno sarà impedito di esserci perché
ammalato o all'estero. Io sono in questa condizione. E però non a
Pacifici, che una volta mi ha additato come terrorista alle sassate dei
suoi seguaci, ma a Luzzatto voglio dire che non sarei andata alla
fiaccolata neanche se fossi a Roma e sana come un pesce. Primo, perché
nessuno mi farà andare o non andare a una manifestazione sotto minaccia
di essere schedata, e non preciserò che cosa questo mi ricordi;
secondo, perché non vedo ragioni di essere a fianco di Calderoli e di
Fini e sotto l'egida del Foglio. E con ciò chiuso. Che qualcuno della
comunità ebraica possa definirmi per questo antisemita è un problema
della medesima comunità. Delle intemperanze del Foglio, che sta
varcando il limite tra provocazione e stupidità, non meriterebbe
parlare se troppi e troppe non fossero frementi di frequentarne la
scena. E veniamo alle cose serie. Politicamente grave è stata l'uscita
di Ahmadinejad sulla necessità di cancellare Israele dalla carta
geografica, e miserrimo il rattoppo: «Ma non sarà l'Iran a cominciare,
e del resto sono cose che Khomeini e Khamenei hanno detto per
vent'anni». Grave che una folla di giovani e meno giovani e financo di
donne, trattate come sono da quel regime, si sia inebriata per le
strade di Tehran di questa minaccia simbolica.

Perché è un mero simbolo, ancorché pessimo. Non solo Israele è uno
degli stati più difesi, più armati e per certi versi più aggressivi del
mondo, e quindi non è certo messa in pericolo dall'Iran, ma quel che
gli ebrei hanno subito nel `900 fa dell'esistenza di una terra loro,
dove non possano mai sentirsi perseguitati o indesiderati, il minimo
che l'umanità deve a se stessa. Se c'è qualcosa da cancellare è
l'incapacità di molte comunità della diaspora di liberarsi dal senso di
essere in un ghetto, di essere isolata e perseguitata, e la parallela
incapacità di Israele di presentarsi come in stato d'assedio e quindi
di agire in modo conseguente per uscire da quel conflitto in
medioriente, nel quale sia ebrei sia palestinesi, spossessati della
loro terra, hanno perduto troppe vite e stanno dando il peggio di sé.
Non è vero che un forsennato presidente iraniano voglia cancellare lo
stato di Israele mentre il saggio Sharon riconosce pienamente
l'esistenza di uno stato palestinese. Ambedue rifiutano di
riconoscersi, si rilanciano minacce di sterminio che fortunatamente non
possono mettere in atto, svicolano dai loro problemi reali e danno
corda ai reciproci fondamentalismi.

Su questo l'appello a partecipare al presidio di giovedì non dice né
solo né tutta la verità. E' una manovra che fa comodo alla destra,
viene da uno dei suoi uomini, pretende di misurare la temperatura
democratica della sinistra di fronte a uno dei problemi più dolorosi
del tempo nostro. Soprattutto è una misera cosa davanti al vero
problema di civiltà dal quale è impossibile stornare ormai lo sguardo.
Da tutte le parti del mondo ci viene infatti un'analoga immagine: al
venir meno di un conflitto civilizzato come è stata e vissuta nel `900
la lotta di classe e quella di emancipazione dei popoli, sono
conseguite da parte della sinistra l'abbandono di ogni principio, e nei
paesi terzi la retrocessione dalla emancipazione all'identità di sangue
e terra. E' giocoforza constatare che alla fine di un messianesimo
terrestre per ingenuo che fosse, dai primi illuministi all'ambizione di
creare un soggetto sociale rivoluzionario internazionalista, è
sopravvenuta non altro che una regressione dell'una e dell'altra molto
al di qua del punto da cui si era partiti.
La fine dei laicismi arabi è una catastrofe per quei paesi: davvero
solo gli ayatollah potevano liberare l'Iran dalla modernità poliziesca
e filoamericana dello scià? Davvero solo la disperazione dei kamikaze
può ormai far fronte a Sharon? O Al Qaeda e la sue ramificazioni al
venire meno di ogni progressismo arabo? E sono le sette
fondamentaliste, musulmane o indu, che si danno reciprocamente fuoco ma
convincono e spesso organizzano i reietti della crescita indiana. Ma
anche in occidente sembra che alla mera forza della tecnica del mercato
non possa opporsi che la mera visceralità. Non è questa che ha dato
spazio negli Stati Uniti ai neocons, in Francia a Le Pen, a Bossi in
Italia, ai Kaczynski in Polonia, e si potrebbe continuare? Il modello
occidentale trionfante moltiplica i reietti, e i reietti non sono - su
questo ha ragione Dahrendorf - il terreno delle rivoluzioni. Sono
terreno del populismo. Così quel che potrebbe essere stato, anche nel
caso del presidente iraniano, un dibattito serio nel conflitto politico
italiano degenera di colpo in una brutta commedia. Bisognerà pure che
qualcuno si decida a dirlo.


=== 4 ===

PER LA PALESTINA:

Appello delle comunità palestinesi in Cisgiordania per il 3° anno della
campagna internazionale contro il muro dell’Apartheid.

 
Contro la distruzione della terra e dei suoi frutti che sono da sempre
la ricchezza e la bellezza della Palestina; Contro i muri colonizzatori
e ghettizzanti, contro la militarizzazione, le case, le strade e le
infrastrutture solo per i coloni, volte all’estinzione dell’eredità e
del futuro del nostro popolo; Contro la pulizia etnica di Gerusalemme –
il cuore della Palestina – e l’espulsione in corso della nostra gente
dalla propria casa.Per rafforzare la resistenza di massa palestinese e
isolare l’apartheid messa in atto da Israele sono necessarie azioni di
boicottaggio nei confronti delle compagnie che appoggiano l’occupazione
israeliana dei territori palestinesi, ed è indispensabile fare
pressioni sui governi per imporre un’applicazione delle sanzioni emesse
contro il muro dalla Corte Internazionale dell’Aja.

        
Proseguire e rilanciare la solidarietà e la mobilitazione a fianco del
popolo palestinese è una priorità di tutti i democratici del nostro
paese.

 
IL SILENZIO E’ COMPLICE DELL’OCCUPAZIONE DELLA PALESTINA

 
I territori palestinesi continuano ad essere occupati e Gaza continua
ad essere assediata. In Cisgiordania proseguono la colonizzazione e
l’annessione delle terre palestinesi di cui il Muro della vergogna è
uno strumento. Sharon e la dirigenza israeliana continuano ad agire
contro il diritto internazionale per impedire la nascita di uno Stato
palestinese indipendente.

 
ABBATTIAMO IL MURO DELL’APARTHEID IN PALESTINA
DIRITTO AL RITORNO PER I PROFUGHI
LIBERTA’ PER MARWAN BARGHOUTI E PER TUTTI
I PRIGIONIERI POLITICI PALESTINESI


IL 18 E 19 NOVEMBRE

Manifestazione Nazionale


VENERDI 18 NOVEMBRE 2005

Ore 21.30 alla Tenda del Villaggio Globale

Musica per la Palestina - CONCERTOCON LUCA ZULU IN THE AL MUKAWAMA
EXPERIMENT 3 dalle ore 20 nella sala cinema del Villaggio Globale
Mostre e filmati sull’occupazione israeliana e sulla resistenza
palestinese

Lancio della proposta di costituzione del comitato per la liberazione
di Marwan Barghouti con la partecipazione di Fadua Barghouti

 
SABATO 19 NOVEMBRE 2005

Facoltà diArchitettura Roma Tre (ex mattatoio Testaccio) via Aldo
Manuzio,72

Ore 16.30 INCONTRO PUBBLICO con:

Faruk Qaddumi (segretario di Al Fatah) Fadua Barghouti (comitato per la
liberazione di Marwan Barghouti)

Kassem Ayna (ONG profughi palestinesi in Libano)

Performance di Luca Zulu sul progetto Libano

COMITATO PER NON DIMENTICARE SABRA E CHATILA

Alle iniziative sono state invitate le forze politiche e sociali della
sinistra italiana


Info, contatti e adesioni: Palestina_novembre2005 @ yahoo.it

Prime adesioni e partecipazioni:

Comitato con la Palestina nel cuore; Associazione giovani palestinesi
Wael Zuaiter; Associazione culturale libera informazione; forum
Palestina; Associazione nazionale punto critico; settimanale “la
Rinascita”; rivista l’Ernesto; Contropiano; Radio Città aperta;
Comitato di solidarietà con l’Intifada; Centro sociale Intifada;
Associazione amici della mezzaluna rossa palestinese; Centro sociale
autogestito Villaggio Globale; CPA Firenze-Sud; Coordinamento toscano
di solidarietà con la Palestina; Circolo arci Agorà di Pisa; Campagna
Stop the Wall; Un ponte per; Associazione di amicizia italo-palestinese
di Firenze; Comitato donne RdB per la Palestina; Centro di cultura
popolare Tufello;Comitato pisano di solidarietà con la palestina