Vivere al tempo della disinformazione strategica

1) Progressisti sudamericani e non (progressisti)

2) Report sul Forum "Informazione-ideologia-guerra" del 28 gennaio


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Progressisti sudamericani e non (progressisti)

Fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/aa-info/message/11068

da AprileOnLine.Info n. 91 del 31/01/2006

E' quasi un appello: sul sito www.gennarocarotenuto.it si tenta di star dietro e di
confutare le affermazioni false e tendenziose fatte quotidianamente contro i
governi progressisti latinoamericani. Ieri, la Bonino, sul Corriere della Sera, afferma che
"in Venezuela non esistono istituzioni democratiche". L'altro ieri, sul GR3, il neocon
Pipes paragona Salvador Allende ad Adolf Hitler. Tre giorni fa si fa affermare a
Vargas Llosa l'astrusa teoria per la quale Evo Morales sarebbe un razzista.
La settimana scorsa una macchinazione ha fatto il giro del mondo per
presentare Hugo Chávez addirittura come antisemita (vedi la pagina web
http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=1431) .
Nel mezzo si magnifica come novità l'elezione di Michelle Bachelet (la sua coalizione è
al quarto mandato consecutivo) e si fa passare quasi sotto silenzio quella di Evo
Morales (una svolta in tutti i sensi). La Repubblica si preoccupa per la sorte degli
assassini di Ernesto Guevara: "processarli sarebbe una ritorsio ne" e Massimo
D'Alema, quello stesso che difendeva Fernando de la Rúa quando questi fece sparare
sulla folla a Buenos Aires, lancia accuse contro Nestor Kirchner o Hugo Chávez. Ma forse
la perla di questo inizio d'anno è quella offerta dal settimanale L'Espresso.

Il settimanale storico della sinistra progressista italiana, nel numero del 19 gennaio
2006, commissiona l'articolo di apertura di uno speciale sull'America Latina a tale
Moises Naim presentandolo SOLO come direttore del periodico statunitense
"Foreign Policy". Al lettore sarebbe piaciuto conoscere il perché un settimanale
italiano commissionasse un importante articolo sull'America Latina né a un
giornalista italiano esperto di temi latinoamericani né ad un latinoamericano.
Ebbene, anche se il lettore dell'Espresso non è stato messo in condizione di saperlo,
non solo Naim non è statunitense, ma mascherato come direttore della prestigiosa
(sic!) rivista "Foreign Policy", viene celato (nascosto al lettore) che Naim non è
un latinoamericano qualsiasi.

Naim è stato ministro dell'Industria in Venezuela negli anni '90 al tempo delle più
selvagge privatizzazioni, quando fiumi di denari da tangenti finivano nei paradisi
fiscali delle Bahamas, quando la grande maggioranza dei venezuelani si impoveriva
come mai nella storia, quando il governo massacrava migliaia di persone con il
Caracazo (da 2.000 a 10.000 morti in un solo giorno nel 1992). Né l'Espresso né
Naim, sentono il pudore di spiegare che Naim stesso non è un osservatore neutrale, ma
un membro di quella classe politica corrotta spazzata via dal Movimento Bolivariano.
E' come se l'Espresso avesse commissionato a Pinochet un articolo su Allende, a Ménem
un articolo su Kirchner o a Collor de Mello un articolo su Lula, dimenticando di
spiegare chi furono Pinochet, Ménem o Collor de Mello ed anzi spacciandoli
come osservatori neutrali.

L'Espresso fa così passare per analisi politica insulti come "pericoloso buffone
populista Chavez" (ch issà perché scritto sempre senz'accento) facendo credere al
proprio lettore che siano prodotto di un prestigioso osservatore neutrale e non di
un rancoroso esponente di una delle classi politiche più corrotte della storia. E'
così ingenua la direzione dell'Espresso da non capire che questa è una pessima maniera
di fare giornalismo?

Tutto ciò in pochi giorni in questo inizio di 2006 e chissà quante ne abbiamo perse o
ci sono sfuggite, come la perla pubblicata dal supplemento Donna di Repubblica a
firma Alessandro Oppes che, sotto il titolo "Chávez visto da vicino", intervista da
lontano solo ed esclusivamente oppositori particolarmente avvelenati e poco lucidi.

E' in corso un'operazione decisa e sistematica che vuole distaccare l'opinione
pubblica occidentale dalle sorti dei governi progressisti latinoamericani, presentarli
come velleitari, autoritari, pericolosi, non democratici, per potere domani mettere in
atto la minaccia del ministro della difesa statunitense che m inaccia l' "asse del
male latinoamericano da colpire".

E' necessario dunque un lavoro di denuncia ed informazione che va ben oltre le
possibilità del sito e che tuttavia è necessario ed urgente se non vogliamo trovarci
con un'opinione pubblica cucinata a puntino nel caso non remoto che le attuali
campagne di calunnie sfocino in qualcosa di peggiore. Non si può dire, "Kirchner non
ci piace", "Morales è razzista", "in Venezuela non esistono istituzioni democratiche",
senza spiegare mai con competenza e proprietà la sostanza di affermazioni così gravi.
E' quello che sta avvenendo. E' una goccia di bile quotidiana di disinformazione che
sta avvelenando i pozzi dell'informazione in senso antilatinoamericano. E' la stessa
goccia quotidiana di veleno che spargeva menzogne su Salvador Allende fino a far
credere che il colpo di stato voluto dagli Stati Uniti fosse la soluzione migliore
per terminare un caos che non esisteva o che se esisteva era stato creato ad arte.


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Report sul Forum "Informazione-ideologia-guerra" del 28 gennaio

E' stata una bella giornata di discussione, scambio di esperienze e tentativi di
individuare le possibilità di una strategia di attacco dei movimenti contro l'informazione
di guerra, sabato 28 gennaio in occasione del forum organizzato dal Comitato
nazionale per il ritiro dei militari dall'Iraq e da Radio Città Aperta.
Una sala gremita di attivisti del movimento no war, di mediattivisti, di studiosi e
di operatori dell'informazione e numerosi gli interventi nel corso di cinque ore e mezzo
di lavori. L'ambizione di uscire da una posizione che abbiamo definito "consolatoria",
ossia la lamentazione sui mali dell'informazione embedded, ha dovuto fare i conti con
una difficoltà spesso obiettiva ma altrettanto spesso soggettiva nel far emergere
proposte di iniziativa per contrastare quello che Giulietto Chiesa definì lo
"tsunami mediatico". Ma questo era uno dei limiti con cui la stessa convocazione
del Forum sapeva di dover fare i conti.

Nel dibattito, aperto da un breve ricordo di Cynthia D'Ulizia direttrice di Radio Città
Aperta e dall'introduzione del Comitato per il ritiro dei militari dall'Iraq, sono intervenuti
il segretario della FNSI Paolo Serventi Longhi, il giornalista tedesco autore di "Menzogne
di guerra" Jurgen Elsaesser che ha ricostruito il processo di costruzione
della manipolazione mediatica che prepara le crisi umanitarie e poi le "guerre
umanitarie", sottolineando un interessante paragone tra l'esperienza della Jugoslavia
e quella in corso nel Darfur. Giulietto Chiesa ha snocciolato una serie di dati che svelano
la complessità del sistema informativo e la limitatezza con cui anche la sinistra e
i movimenti si misurano con tale complessità, ha invitato a studiare meglio il sistema
dei media (fino a proporre un apposito gruppo di studio e di lavoro) ed ha segnalato
la campagna di una legge di iniziativa popolare sulla democratizzazione del sistema
delle comunicazioni su cui raccogliere le firme entro giugno prossimo. Maurizio
Torrealta ha raccontato brevemente la storia del video su Fallujah trasmesso da Rai
news 24 ma si è soffermato soprattutto sull'inchiesta al quale stanno lavorando
relativa alle micidiali nuove armi "non letali" che gli USA stanno sperimentando in
Iraq. Maurizio Musolino e Stefano Chiarini hanno portato il loro contributo di giornalisti
da tempo impegnati a seguire lo scenario mediorientale con le distorsioni informative
e le reticenze politiche che ne derivano. Alberto Burgio e Vladimiro Giacchè,
autori dell'ottimo libro "Escalation. Anatomia della guerra infinita" hanno sottolineato
le responsabilità della politica dell'Unione (Burgio) e lo snaturamento delle categorie
con cui la politica che determina l'informazione di guerra destruttura, snatura e riscrive
la propria egemonia sulla verità (Giacchè). Alberto Tarozzi (Scienziate/i contro la
guerra) ha documentato come le guerre ecologiche in realtà proseguano anche dopo
la fine delle attività militari lasciando sul terreno e nell'ambiente agenti mortali per
le popolazioni ricordando il caso di Pancevo in Jugoslavia. E' stato poi il turno di
giornalisti e mediattivisti impegnati da anni sul terreno della controinformazione,
da Doriana Goracci (Donne in Nero Viterbo) che ha segnalato l'urgenza
dell'uscire effettivamente dal silenzio con tutti i mezzi a disposizione e che spesso
è determinato anche da incrostazioni presenti nelle nostre file a Rita Pennarola (Voce
della Campania) che ha socializzato la loro inchiesta sulla DSSA (una inchiesta
giudiziaria praticamente scomparsa dopo che gli imputati avevano invocato il
"segreto NATO" sulle loro attività), da Valter Lorenzi (Comitato contro Camp darby di
Pisa) che ha resocontato sul questionario diffuso tra le popolazioni che vivono intorno
alla base militare e sulle preoccupate reazioni delle autorità politiche e militari di fronte
ad una capacità di fare informazione sulle basi militari che vada oltre la solita denuncia,
a Silvio Serino (Red Link) che si è detto meno pessimista di Giulietto Chiesa a fronte di
un sistema (punto di origine dello tsunami mediatico) che mostra anche le sue crepe
sul piano interno ed internazionale, da Mauro Manno (Reseau Voltaire-Italia)
ha denunciato i ripetuti tentativi di mettere a tacere le fonti e le iniziative che
sostengono la causa del popolo palestinese attraverso l'accusa di antisemitismo, a
Luca Bajada che ha invece sottolineato con dovizia di particolari e di osservazioni
le contraddizioni, le discriminazioni e i pericoli per la democrazia introdotte dai
decreti Pisanu nel rapporto con le comunità islamiche in Italia e nella riscrittura
di categorie come quella della Resistenza e del terrorismo.
Bassam Saleh ha denunciato con forza l'ipocrisia dei commenti sui risultati
elettorali palestinesi che hanno visto la vittoria di Hamas. Nonostante la
propria professione laica e di militante della sinistra palestinese, Saleh ha invitato tutti
a rispettare i risultati prodotti dall'esercizio della sovranità popolare del
popolo palestinese. Dagli Stati Uniti è giunta una lettera di Sergio Finardi, autore di
"La strada delle armi", che per primo svelò la strategia dei sequestri e dei voli segreti
della CIA, Finardi ha segnalato come la distruzione di una istruzione critica e pubblica
che incombe oggi sull'Italia, negli Stati Uniti agisca già concretamente con
risultati devastanti.

Tra le varie domande alla base della convocazione del forum, vi erano anche due
"allarmi preventivi" che il Comitato per il ritiro dei militari dall'Iraq e Radio Città
Aperta hanno voluto sollevare nell'introduzione segnalando in primo luogo il
"come dobbiamo attrezzarci di fronte al fatto che governi europei e USA –
diversamente dall'Iraq - sembrano concordare e non dividersi nell'escalation contro
l'Iran e la Siria o nella chiave di lettura della nuova situazione palestinese o sulla crisi
nel Darfur ? Si sta formando l'epicentro di un nuovo tsunami mediatico che
cavalcherà l'escalation in Medio oriente?" e in secondo luogo segnalando il "convitato
di pietra" ossia il rischio di attentati nel nostro paese simili a quelli avvenuti in Spagna e
in Gran Bretagna e la necessità di "discutere preventivamente una strategia di
iniziativa politica, informativa e di massa su questa minaccia che indebolisca i
sostenitori della guerra e non i movimenti che vi si oppongono".

Dunque nel forum del 28 gennaio ci sono state più domande che risposte e forse
era giusto ed inevitabile che fosse così. Tra le proposte scaturite (la legge di
iniziativa popolare per la democratizzazione del sistema comunicativo, il gruppo di
studio e di lavoro sulla comunicazione) e gli spunti portati dai vari interlocutori,
le conclusioni hanno segnalato alcune cose da fare: presidiare e sviluppare gli spazi
della comunicazione alternativa, diffondere nel DNA dei movimenti gli "anticorpi"
rispetto ai nuovi tsunami mediatici in preparazione su Iran, Palestina, Siria e Sudan,
fare "rete" per agire insieme con tutti gli strumenti a disposizione, la partecipazione
alle iniziative di solidarietà e alle udienze che riguarderanno gli studenti di Firenze per
la contestazione all'ambasciatore israeliano. Abbiamo potuto verificare
possibilità, necessità ed esigenze comuni sul come sia urgente inserire la comunicazione
e la lotta contro l'informazione di guerra nell'agenda dei movimenti e della sinistra
nei prossimi mesi, a partire dai prossimi appuntamenti che sono stati segnalati
nelle conclusioni del forum tirate da Sergio Cararo:

l'11 febbraio l'assemblea nazionale a Firenze del movimento contro la guerra e
la manifestazione nazionale No Vat (Vaticano) a Roma convocata dal
coordinamento "Facciamo breccia", la manifestazione nazionale per la Palestina del
18 febbraio, l'assemblea nazionale dei movimenti sociali del 4 marzo a Bologna e
la manifestazione internazionale contro la guerra del 18 marzo a Roma.

Comitato nazionale per il ritiro dei militari dall'Iraq; Radio Città Aperta
Per contatti: viadalliraqora @...; segreteria @...